Uomini del Nuovo Mondo: le civiltà pre-colombiane Nel 1492 Cristoforo Colombo scoprì il continente americano e i suoi abitanti. Sono noti i cambiamenti che gli anni successivi apportarono alle vite degli uomini del Vecchio e del Nuovo Mondo: nuovi alimenti, nuove malattie, nuovi stermini di massa. Ma chi erano e come vivevano le civiltà americane prima dell’arrivo degli europei, prima che le loro esistenze fossero state messe a soqquadro per sempre? Allo sbarco di Cristoforo Colombo sulle coste dell’America, molti popoli erano già scomparsi, la maggior parte per cause a noi sconosciute. È oggetto di forte dibattito il periodo dell’inizio del popolamento nel continente americano; indubbia è, però, l’identità di una tra le più antiche e fiorenti civiltà, chiamata da alcuni studiosi anche ‘cultura madre’ mesoamericana: la civiltà degli Olmechi. Non si conosce con esattezza il periodo in cui questo popolo visse, né si conoscono con precisione le circostanze della sua decadenza; solitamente viene collocato fra il 1400 e il 200 a.C. circa, anche se la datazione non è tuttora certa. Insediatisi nell’attuale Messico centro-meridionale, gli Olmechi erano presumibilmente gli inventori della scrittura mesoamericana, sebbene le testimonianze siano scarse. Furono gli Aztechi, un altro popolo americano, a denominarli ‘olmechi’ nella loro lingua, il nahuatl, a significare gente della gomma, nomenclatura giustificata dalla forte presenza nella zona di alberi della gomma, da cui si estraeva il lattice. Gli Olmechi vennero scoperti dagli studiosi moderni soltanto nel 1862, quando il viaggiatore messicano María Melgar y Serrano si imbattè a Hueyapan (Messico centrale) in una testa gigantesca che inizialmente venne attribuita alla civiltà maya. Nel tempo si stabilì che le teste colossali erano tipiche della civiltà olmeca e si scoprirono, inoltre, testimonianze scultoree della notevole arte olmeca: erano, infatti, abilissimi scultori, sia nel rendere figure animali o umane stilizzate, che nel ricreare la naturalezza dell’anatomia, spesso raggiungendo una perfezione tale da essere paragonabile all’arte maya nel suo periodo più fiorente. Ma gli Olmechi erano abilissimi anche nella lavorazione della ceramica: sapevano, infatti, utilizzare forni in grado di superare i 900*C, al pari dei lontani Egizi. A causa dell’assenza di testi scritti, non si conosce la religione e la mitologia olmeca se non attraverso l’osservazione delle sculture sopravvissute al tempo e delle credenze dei popoli successivi, i quali, è possibile che ne siano stati fortemente influenzati; è questa la ragione, quindi, per cui molto spesso la religione olmeca viene paragonata a quella dei Maya, politeista e avente per Dei maggiori il dio-giaguaro, di cui il popolo degli Olmechi si riteneva il discendente, Quetzalcoatl (il serpente alato), e altri Dei come il Dio del Sole, il Dio del Mais o il Dio della Pioggia. Un altro popolo pressoché contemporaneo agli Olmechi (infatti visse tra il 1000/200 a.C. e il 300/600) fu quello dei Vicùs, nell’antico Perù. Esso prediligeva le zone desertiche costiere ed era noto per i suoi ottimi prodotti in ceramica, rame e oro. I suoi vicini, però, presenti nel territorio americano già dal 5500 a.C., i Muiscos, un popolo dedito alla caccia, all’agricoltura e all’artigianato, si cominciarono poi a imporre, tra il 1000 e il 500 a.C., come una fra le quattro maggiori civiltà americane dell’epoca, riuscendo ad avere abbastanza forza da sopravvivere, secoli più tardi, ai conquistadores europei. Questo periodo (1500 a.C.) determinò anche la comparsa di un altro popolo, più nordico rispetto ai precedenti: gli Anasazi, il cui nome, che venne dato da alcuni pastori Navajo alle rovine ritrovate nell’Ottocento e che si pensava, erroneamente, che significasse Nemici, secondo recenti studi vorrebbe significare in lingua Navajo Antichi. Purtroppo, molte delle ipotesi che si erano fatte con le prime scoperte di questa civiltà, nel tempo si sono rivelate fasulle, proprio come la traduzione stessa del nome. Si ritiene che dopo il periodo di massima fioritura (X secolo), gli Anasazi si fossero divisi per dare vita alle varie tribù dei Pueblos, tra cui gli Hopi, gli Zuñi, i Keres e i Tano, ma è possibile che, invece, questi ultimi fossero all’epoca già esistenti e indipendenti, pur avendo tutti una cultura se non comune, simile. In ogni modo, ciò che si sa degli Anasazi è che vivevano in villaggi. Secondo studi svolti fino a oggi, non possedevano alcuna scrittura, ma sicuramente, a causa di alcuni petroglifi che raffigurano una società complessa e prospera, conoscevano molto bene l’arte rupestre. Erano ottimi astronomi, a tal punto da costruire i propri edifici e da allinearli seguendo i fenomeni astronomici. La loro religione era animistica ed è probabile che i rituali comprendessero anche l’utilizzo dei Kiva, stanze perfettamente circolari, che non erano mai assenti all’interno dei villaggi degli Anasazi, coperte da tetti di legno e con un foro al centro, il quale avrebbe permesso agli abitanti di mettersi in contatto con le forze della terra e con gli spiriti degli antenati. È molto probabile che la stessa sorte dei Maya fosse capitata anche agli Anasazi: infatti, la loro decadenza è quasi certamente dovuta al riscaldamento globale e alla conseguente siccità, che sarebbe testimoniata anche dallo studio dei tronchi d’albero e dei loro anelli, più spessi in periodi umidi e più stretti in periodi di siccità. Secondo studi delle ossa ritrovate nei vari siti archeologici, poi, è probabile che nel periodo di decadenza questa civiltà fosse tanto stremata da dover ricorrere a pratiche di cannibalismo nella speranza di sopravvivere. Ancora più settentrionali e tuttora viventi in due grandi ceppi, gli Inuit e gli Yupik, gli Eschimesi erano una delle civiltà precolombiane, che segnarono il loro passaggio attraverso l’incisione delle rocce dell’Alaska, attraverso pitture, o con la realizzazione di oggetti e statuette in legno oppure in avorio decorate da scene realistiche. Verso l’XI secolo, in America centrale, fa la sua comparsa un nuovo popolo: i Toltechi. Essi erano un popolo nomade e guerriero, che parlava la stessa lingua degli Aztechi, il nahuatl. Ebbero un’enorme influenza sui vicini Maya e si dice che furono loro a portare il culto di Quetzalcoatl, che per i Toltechi era il re leggendario che li aveva portati nello Yucatàn (la zona centrale dell’America). Tuttavia si sa che questa divinità era presente già nella civiltà olmeca. Secondo i Toltechi, credenza poi ripresa anche dagli Aztechi, Quetzalcoatl, il serpente piumato, aveva come proprio rivale Tezcatlipoca, Dio della Notte, del Nord, delle Tentazioni, della Bellezza e della Guerra, che con il suo specchio sprigionava fumo e uccideva i suoi nemici e il primo, secondo le nostre attuali conoscenze ad aver chiesto il sacrificio umano, in particolare del proprio cuore. Secondo gli studiosi, il 1168 fu l’anno della distruzione della loro capitale, Tullàn (odierna Tula de Allende), da parte di un popolo seminomade e guerriero che nel giro di qualche anno sottomise totalmente la civiltà dei Toltechi: i Cicimechi. La personalità bellicosa di questa popolazione la spinse anche a combattere strenuamente contro gli invasori spagnoli; tuttavia, in pochi riuscirono a sopravvivere e quelli che lo fecero si ritrovarono inglobati all’interno di altre civiltà, alcune lontane dai propri culti, tra cui il credo religioso nella divinità di Mixcoatl, il serpente delle nuvole, la Stella Polare. Vissuti a partire dal 1000 a.C., i Zapotechi furono, secondo l’esonimo proveniente dalla lingua nahuatl, gli abitanti delle terre del sapote, un grande frutto dolce e morbido; secondo il nome endonimo Be’ena’a, invece, erano il popolo. I Zapotechi erano un popolo molto avanzato: bravi nelle arti (basti pensare alle ceramiche, alle costruzioni, alle tombe e agli ornamenti funebri, ai gioielli in oro, tutti di alta qualità), avevano ottime conoscenze astronomiche: erano in possesso, infatti, di due calendari, uno rituale di 260 giorni (piye), suddivisi in 4 stagioni da 65 giorni (cocijo) ciascuna, a loro volta comprendenti 5 periodi di 13 giorni (cocii) e uno pagano, di 365 giorni (yza), ripartito in 18 lune (di 20 giorni) e un periodo di 5 giorni. I Zapotechi furono tra i primi a ideare un sistema di scrittura, nel loro caso ad ideogrammi sillabici (ogni segno, o glifo, indica una sillaba), che sarebbe stato usato successivamente anche dai Maya, dagli Aztechi e dai Mixtechi. Dal punto di vista religioso, anche i Zapotechi erano politeisti, venerando gli Dei della Pioggia (Cocijo, o il Tlaloc azteco) e della Luce (Coquihani). Questo popolo cercava le sue origini nelle caverne, nella terra o in alberi/giaguari tramutatisi in umani; similmente, i governanti degli Zapotechi, che consideravano di derivare da esseri soprannaturali che inizialmente vivevano tra le nuvole, erano convinti che la morte fosse una fase di passaggio per ritornare alla dimora iniziale, quella celeste. I Zapotechi furono conquistati dagli Aztechi verso la fine del XV secolo, ma non furono mai completamente sottomessi e divennero uno dei popoli che, 30 anni più tardi avrebbero combattuto contro i conquistadores. Ma prima dell’arrivo degli europei, spostatisi nella capitale azteca Tenochtitlàn, ebbero il compito di occuparsi della gioielleria dei governanti aztechi, insieme a membri di un altro popolo sottomesso dagli Aztechi, i Mixtechi. Secondo l’etimologia, i Mixtechi erano ‘il popolo delle nuvole’. Facevano parte delle civiltà più importanti dell’America centrale. Produttori di oggetti ricercati in pietra, legno e metallo, hanno lasciato in eredità numerosi codici geroglifici su pelli di cervo, in cui raccontavano la loro storia e la loro genealogia. Numerosi sono stati i popoli nativi americani, ma forse i tre più conosciuti prendono il nome di Aztechi, Maya e Inca. Tutti e tre vivevano in un clima tropicale, che modellò il paesaggio americano portando vastissime foreste pluviali (l’Amazzonia), deserti (ad es. il deserto di Atacama, tra gli odierni Perù e Cile), laghi di sale (ad es. il Salar de Uyuni, in attuale Bolivia) e paludi, in un continente trapassato verticalmente da una lunga catena montuosa che nel subcontinente settentrionale prende il nome di Rocky Mountains, le Montagne Rocciose, mentre nel subcontinente meridionale diventa Cordillera de los Andes, la Cordigliera delle Ande. Per costruire le loro capitale, Tenochtitlàn, nella zona più fresca dello Yucatàn, gli Aztechi dovettero bonificare alcune paludi; riuscirono a costruire su alcune isolette collegate da ponti sul lago di Texcoco una città simile a Venezia. Nella parte più calda e umida dello Yucatàn vivevano i Maya, i quali avevano avviato un processo di deforestazione per costruire centri urbani (ad es. la capitale Tikal), piramidi e per trovare terreno adatto alla coltivazione del mais. I più meridionali, gli Inca, i quali dovevano sopportare il freddo delle Ande, perfezionarono le loro abilità di ingegneria, riuscendo a fondare città, come la capitale Cuzco, anche a quote altissime (sulle Ande si arriva a 4000 metri). Tralasciando le differenze, le tre civiltà avevano numerosi aspetti in comune. Parlavano una lingua proveniente da uno stesso ceppo linguistico originario, eseguivano sacrifici umani durante i rituali e costruivano i templi in cima alle tipiche piramidi: Era pratica comune lo sciamanesimo, insieme di riti effettuati da uno sciamano (letteralmente un uomo che vede nel buio, uno stregone o una strega, un veggente, un guaritore, che entrava in contatto con spiriti o forze naturali e soprannaturali al fine di aiutare la comunità). Non sembrava sapessero dell’esistenza della ruota, ma conoscevano e sapevano sfruttare nella loro architettura l’arco e la volta: un esempio sono certamente i ponti sospesi, spesso realizzati con materiali vegetali, degli Aztechi, ma anche e soprattutto quelli degli Inca, che raggiungevano altezze vertiginose. Per quanto riguarda, poi, la scrittura, siamo a conoscenza solo di quella dei Maya e degli Aztechi, nonostante si potrebbe accettare come sistema di scrittura anche l’usanza tipica degli Inca di utilizzare delle corde colorate annodate per i conti. Purtroppo ci restano pochissime testimonianze letterarie di questi popoli. Il motivo principale fu la conquista spagnola, che portò il saccheggio e il rogo di numerosi reperti; tuttavia, tra le opere letterarie più significative a noi giunte, ricordiamo il Popol Vuh (una raccolta di leggende e miti riguardanti la creazione del mondo) e l’Apu Ollantay, il poema drammatico inca più antico a noi sopravvissuto attraverso manoscritti, che narra la storia d’amore tra il generale inca Ollantay e la principessa Qoyllur, impedita dalla condizione sociale del giovane, ma a lieto fine. La società era fortemente gerarchizzata, con al vertice il re divinizzato, e, dall’alto verso il basso, la classe molto influente dei sacerdoti, i quali avevano il monopolio sulla scrittura e sulle decisioni della comunità essendo in rapporto con le divinità, la classe dei nobili costituita dai guerrieri e dai mercanti, la classe degli uomini liberi e, infine, la classe degli schiavi (che però era assente nella società inca). Le loro erano società complesse. Alla base c’era la famiglia, qualche volta facente parte di un clan; tutte le famiglie delle classi sociali medie erano vincolate alla monogamia, ma esisteva il divorzio; l’adulterio era punito con la pena di morte (solitamente gli adulteri venivano infilzati vivi con spine e venivano lasciati morire dissanguati). Al contrario, i nobili avevano il privilegio della poligamia e del concubinaggio, ciò che portò a numerosi figli illegittimi. L’attività sociale più importante era l’educazione dei figli, i quali venivano spesso affidati alle madri. Nonostante ciò però, l’intera società era guidata dall’educazione piramidale: i figli venivano educati dai genitori, a loro volta educati dagli anziani; i civili erano educati dai sacerdoti; e, colui che educava tutti era la figura dell’imperatore. Nelle classi sociali medie, i figli avevano una diversa educazione a seconda del loro genere: i maschi dovevano apprendere l’arte dell’agricoltura, della caccia, dell’artigianato (ceramiche) e l’intreccio delle piume, mentre le femmine dovevano imparare a pulire e cucinare; nel caso di bisogno di punizioni, queste erano crudeli: si veniva fustigati, graffiati con spine o anche obbligati a inalare il fumo del peperoncino piccante. Per quanto riguarda, invece, la classe sociale dei nobili, i figli venivano affidati a scuole ‘pubbliche’, dove si insegnava loro la lettura e la scrittura, oltre che arti come la musica, il ballo, l’arte bellica e le buone maniere, che comprendeva il rispetto per gli anziani e la sopportazione di condizioni di vita sfavorevoli, come fatiche, cibo pessimo, veglie abbondanti con scarsi riposi... Le figlie, invece, raggiunti gli otto anni, erano destinate alle scuole dei templi, dove venivano sottoposte, come i maschi, a lunghe veglie e a duri digiuni, mentre imparavano la tessitura, l’accensione del fuoco tramite lo sfregamento di bastoncini di legno, il ballo e il canto. Anche il sistema giuridico era complesso. Esistevano due tipi di delitti, quelli contro lo Stato e quelli contro privati. I castighi erano nelle mani del popolo affinchè fosse il popolo, infatti, il difensore del proprio equilibrio sociale. Le punizioni, però, dipendevano anche dalla classe sociale della vittima e del criminale. Esistevano, comunque, alcuni delitti le cui pene erano prestabilite: • l’omicidio: era il crimine peggiore; la sua punizione variava a seconda dell’intenzionalità: se premeditato, l’assassino andava incontro alla morte (ad es. attraverso la lapidazione, lo strangolamento o la bastonatura); se invece avveniva durante una rissa o per gelosia, i casi potevano essere due: se la vittima era un uomo comune, l’assassino era frustato, se la vittima era un nobile, l’assassino veniva squartato. • gli stupri: era un crimine posto alla pari dell’omicidio; a un uomo, di qualsiasi classe sociale fosse, che avesse disonorato una donna, veniva tagliato pubblicamente in piazza, il volto su entrambi i lati, a partire dal mento fino alla fronte. • delitti contro le proprietà private (ad es. furti da proprietà private come i campi) o ai danni delle strutture pubbliche (ad es. atti di vandalismo, o furti di beni comuni, come le acque per l’irrigazione): venivano puniti in vari modi, tra cui il taglio dei capelli (atto vergognoso che rendeva i delinquenti simili agli schiavi), la fustigazione, il taglio del naso. • in caso di un ragionevole dubbio: l’imputato era rinchiuso per due giorni in un carcere insieme a animali feroci; la sua sopravvivenza, nella mentalità dei nativi americani, dipendeva dalla sua innocenza o dalla sua colpevolezza. Dal punto di vista dell’alimentazione, nei territori dell’America centrale e meridionale erano presenti molte categorie di piante e cibi: mais, patate (tra cui anche patate dolci, o batate), zucche, girasole, tabacco (che inizialmente costituiva una medicina), fagioli, peperoncini (chiamati cili) e peperoni, pomodori, cacao, ananas, fichi d’India, cetrioli... Alla base del sistema alimentare c’era anche la carne: lepri, fagiani, anatre, ma anche scimmie, cani, bisce, serpenti d’acqua e, in grande quantità, formiche. Esistevano però animali sacri le cui carni non venivano cucinate; essi erano gli animali presenti nei miti più antichi, come il giaguaro, il serpente o il cervo (anche se le corna del cervo erano indossate da alcuni guerrieri). I nativi americani avevano pochi animali domestici, tra cui il tacchino, i cani, i porcellini d’India e i lama (che utilizzavano principalmente per il trasporto di merci). Gli Aztechi Gli Aztechi erano il popolo più religioso di tutti. Il loro anno era di 360 giorni; durante ogni anno venivano celebrate 8 feste di 20 giorni ciascuna, a cui venivano affiancati 5 giorni funesti. Ogni festa veniva accompagnata da riti, preghiere, processioni, danze, canti, offerte e sacrifici agli Dei, animali e umani; a seconda dalla classe sociale, ogni Azteco aveva il proprio tempio con i propri Dei da venerare. Non meno importanti erano i riti di guerra, quelli privati familiari e quelli individuali, delle quattro fasi di vita: nascita, passaggio da adolescenza a maggiore età, matrimonio e morte. I sacrifici umani erano al centro della loro religione a causa della genesi: secondo il mito della creazione, tutti gli Dei erano stati generati da una Coppia Suprema; una volta generati, essi divisero il Caos, creando la Terra e, sostenuto da quattro pali, il Cielo. La Coppia Suprema, oltraggiata, si vendicò trasformando i pali in alberi: l’unica irrigazione possibile era il sangue. Nel frattempo, nel Cielo che si era diviso in strati, avevano trovato dimora il Sole e la Luna, che, per muoversi, richiesero anch’essi sangue. Fu per questo quindi che gli Dei, sostituiti da altri Dei, si sacrificarono, volendo evitare un ritorno al Caos con la conseguente distruzione del Cielo e della Terra. E per onorare il loro sacrificio, gli uomini sacrificano a loro volta il proprio sangue. Come si vede nell’immagine, i teschi sono simbolo del sacrificio degli uomini, ciascuno posto alle radici dei quattro alberi che sostengono il Cielo. Il quinto albero centrale rappresenta il Templo Mayor di Tenochtitlàn, reputato centro del mondo. Gli Aztechi, come moltissimi altri popoli, erano convinti che la Morte fosse necessaria affinchè nascesse la Vita. Era questo, quindi, il motivo per cui si compiva una quantità innumerevole di sacrifici. Esistevano, poi, anche degli autosacrifici parziali (taglio vene gambe o altre parti del corpo) per penitenza, per aver finito la scultura di una statuetta divina o per aver scritto il nome di un Dio (pratica che riguardava i sacerdoti). Dal punto di vista architettonico, la capitale Tenochtitlàn era piena di abitazioni, giardini, e piramidi con i corrispettivi templi. La posizione era strategica: era lì che tutte le merci dell’America centrale dovevano fare sosta; ed erano i mercanti aztechi, abilissimi e a capo di vere e proprie ‘compagnie commerciali’ a dettare legge. I Maya Anche la vita dei Maya, seppure in quantità minore, era influenzata dalla religione; erano venerati molti Dei, tra cui quelli del Vento, del Mais, della Guerra e della Morte, in onore del quale, in rare eccezioni, venivano svolti sacrifici. Come gli Aztechi, credevano nella vita dopo la morte, e anche nel paradiso e nell’inferno, entrambi suddivisi in scompartimenti; ciascun uomo era destinato a una categoria in base alla sua classe sociale di appartenenza. I buoni, quindi i destinati al paradiso, erano coloro che osservavano i rituali in modo scrupoloso. I Maya erano ottimi astronomi; conoscevano a fondo i cicli lunari e i movimenti del sistema solare, nonché il tema delle eclissi, a pieno studiato dai sacerdoti maya. Avevano già correlato la Stella Polare al Nord, avevano riconosciuto le costellazioni zodiacali e avevano anche identificato la Via Lattea, venerata come “Strada Bianca”. I loro calendari erano, nella loro esattezza, basati sulle stagioni dell’agricoltura. Le osservazioni astronomiche servivano per predire il futuro, interpretare i segni divini e poter consigliare così i re. I Maya erano abilissimi inoltre anche in aritmetica, sapendo già usare il sistema decimale e lo zero, scoperto molti secoli prima degli Indiani. La loro scrittura era una cosiddetta ‘scrittura a rebus’, in cui ogni glifo poteva rappresentare sia un oggetto che la lettera iniziale dell’oggetto stesso, molto simile, quindi alla scrittura egizia. Gli Inca Gli Inca amavano vivere tra le nuvole. Il loro regno montuoso era costellato di centri urbani, molti dei quali a più di 4000 metri di altezza. Le città, testimonianze delle loro formidabili capacità edilizie, erano collegate fra loro sia da ponti sospesi che da strade lastricate lunghe 16.000 km. Ogni città aveva la sua piramide; la più conosciuta, forse, quella di Machu Picchu, situata a circa 2500 metri di altezza e che era un santuario esclusivamente femminile. Dal punto di vista politico-governativo, la situazione degli Inca era molto simile a quella europea: i nobili, perlopiù mercanti e guerrieri, erano tutti parenti del re; il momento della successione al trono costituiva sempre, quindi, un bagno di sangue. Il territorio inca era suddiviso in tanti distretti quanti erano i clan (cioè insieme tribale di famiglie con un antenato in comune). I prodotti di ciascun distretto venivano così spartiti: un terzo rimaneva per il clan, un terzo era offerto ai sacerdoti per il Dio Sole, Inti, e un terzo veniva spedito all’imperatore inca nella cassa dello stato. Gli Inca erano anch’essi agricoltori e allevatori. Il loro alimento principale era il mais, capace di adattarsi alle alte quote, che venivano piantati sui terreni resi fertili attraverso il guano, un fertilizzante prodotto con gli escrementi degli uccelli di mare della costa pacifica. Gli Inca avevano inoltre appreso come conservare gli alimenti attraverso la disidratazione (odierna liofilizzazione, chiamata anche crioessiccamento): gli alimenti venivano esposti al sole e al gelo notturno per una decina di giorni, dopodiché venivano ricoperti di paglia e poi compresse, per perdere i residui di acqua. Al momento del consumo, le donne idratavano nuovamente gli alimenti. Come animali domestici, gli Inca più di tutti facevano affidamento sul lama, sul guanaco e sulla vigogna, tutte e tre specie di cammelli, abilissime sulle montagne. Questi animali garantivano la lana e il latte necessari al sostentamento, in particolare il lama veniva utilizzato per trasportare i carichi e per il latte, il guanaco per la lana, particolarmente calda anche se ruvida, mentre la vigogna, dalla lana morbidissima, era destinata ai nobili. Gli Inca erano, però insuperabili orefici. Le loro montagne erano piene di oro, cosa di cui, però, non si interessavano granché: infatti, per i nativi americani avevano più valore le piume degli uccelli rari, simbolo di potere imperiale. Gli Inca eccellevano anche nel campo medico: gli scheletri rinvenuti dimostrano una conoscenza della chirurgia talmente avanzata da saper sanare le fratture o da saper trapanare il cranio ed estrarre un tumore. Infine, gli Inca, più di altri, furono legati agli sciamani, figure che, nella mentalità inca, rimanevano l’unico modo di entrare in contatto e comunicare con gli antenati; per questo motivo, i defunti di alto rango venivano mummificati, con la speranza di conservarli; il cadavere veniva avvolto in salme da cotone, riposto in tombe riempite di sabbia, in grado di rendere l’ambiente più asciutto e il tutto veniva affidato al clima secco montuoso. Tra le mummie ritrovate, ci sono anche bambini, vestiti con abiti di taglia più grande come augurio di crescita nella vita dell’aldilà, che erano stati offerti come sacrificio alla Montagna, molto presumibilmente storditi da droghe prima della loro uccisione. Con l’arrivo degli Spagnoli, i nativi americani erano decisamente popoli evoluti, che avevano avuto le proprie esperienze e che avevano acquisito le proprie conoscenze; conoscenze che, però, vennero brutalmente annullate da invasori, che con la prepotenza dell’ignoranza, vollero imporre cultura, religione, usi e costumi, fingendosi Dei sulla terra. “Tra gli Indiani d’America...”, però, “... nonostante il processo di deculturazione dovuto all’uomo bianco, c’è tuttora chi tra i giovani va a parlare con chi non è più giovane per chiedergli consiglio.” (Enzo Braschi, La conoscenza segreta degli Indiani d’America). Ed è così che saranno portate avanti le reminiscenze di queste civiltà tanto travagliate. Isabella Tokos, 3A Fonti: • • • • • • • • • • • • • • • • • https://it.m.wikipedia.org/wiki/Civiltà_precolombiane https://it.m.wikipedia.org/wiki/Popol_Vuh https://it.m.wikipedia.org/wiki/Zapotechi https://it.m.wikipedia.org/wiki/Anasazi https://it.m.wikipedia.org/wiki/Inca https://it.m.wikipedia.org/wiki/Cultura_Vicús https://it.m.wikipedia.org/wiki/Muisca https://it.m.wikipedia.org/wiki/Maya https://it.m.wikipedia.org/wiki/Toltechi https://it.m.wikipedia.org/wiki/Aztechi https://it.m.wikipedia.org/wiki/Olmechi https://it.m.wikipedia.org/wiki/Zapotechi https://it.m.wikipedia.org/wiki/Mixtechi https://www.studiarapido.it/le-civilta-precolombiane-riassunto/ https://www.studiarapido.it/i-maya-cultura-arte-religione/ https://www.studiarapido.it/gli-aztechi-impero-cultura-arte-religione/ https://www.studiarapido.it/impero-inca-cultura-arte-religione/