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Uomini del Nuovo Mondo - Isabella Tokos 3A

Uomini del Nuovo Mondo: le civiltà pre-colombiane
Nel 1492 Cristoforo Colombo scoprì il continente americano e i suoi abitanti.
Sono noti i cambiamenti che gli anni successivi apportarono alle vite degli uomini
del Vecchio e del Nuovo Mondo: nuovi alimenti, nuove malattie, nuovi stermini di
massa.
Ma chi erano e come vivevano le civiltà americane prima dell’arrivo degli
europei, prima che le loro esistenze fossero state messe a soqquadro per sempre?
Allo sbarco di Cristoforo Colombo sulle coste dell’America, molti popoli erano
già scomparsi, la maggior parte per cause a noi sconosciute.
È oggetto di forte dibattito il periodo dell’inizio del popolamento nel continente
americano; indubbia è, però, l’identità di una tra le più antiche e fiorenti civiltà,
chiamata da alcuni studiosi anche ‘cultura madre’ mesoamericana: la civiltà degli
Olmechi. Non si conosce con esattezza il periodo in cui questo popolo visse, né si
conoscono con precisione le circostanze della sua decadenza; solitamente viene
collocato fra il 1400 e il 200 a.C. circa, anche se la datazione non è tuttora certa.
Insediatisi nell’attuale Messico centro-meridionale, gli Olmechi erano
presumibilmente gli inventori della scrittura mesoamericana, sebbene le
testimonianze siano scarse. Furono gli Aztechi, un altro popolo americano, a
denominarli ‘olmechi’ nella loro lingua, il nahuatl, a significare gente della gomma,
nomenclatura giustificata dalla forte presenza nella zona di alberi della gomma, da
cui si estraeva il lattice.
Gli Olmechi vennero scoperti dagli studiosi moderni soltanto nel 1862, quando
il viaggiatore messicano María Melgar y Serrano si imbattè a Hueyapan (Messico
centrale) in una testa gigantesca che inizialmente venne attribuita alla civiltà maya.
Nel tempo si stabilì che le teste colossali erano tipiche della civiltà olmeca e si
scoprirono, inoltre, testimonianze scultoree della notevole arte olmeca: erano,
infatti, abilissimi scultori, sia nel rendere figure animali o umane stilizzate, che nel
ricreare la naturalezza dell’anatomia, spesso raggiungendo una perfezione tale da
essere paragonabile all’arte maya nel suo periodo più fiorente. Ma gli Olmechi
erano abilissimi anche nella lavorazione della ceramica: sapevano, infatti, utilizzare
forni in grado di superare i 900*C, al pari dei lontani Egizi. A causa dell’assenza di
testi scritti, non si conosce la religione e la mitologia olmeca se non attraverso
l’osservazione delle sculture sopravvissute al tempo e delle credenze dei popoli
successivi, i quali, è possibile che ne siano stati fortemente influenzati; è questa la
ragione, quindi, per cui molto spesso la religione olmeca viene paragonata a quella
dei Maya, politeista e avente per Dei maggiori il dio-giaguaro, di cui il popolo degli
Olmechi si riteneva il discendente, Quetzalcoatl (il serpente alato), e altri Dei
come il Dio del Sole, il Dio del Mais o il Dio della Pioggia.
Un altro popolo pressoché contemporaneo agli Olmechi (infatti visse tra il
1000/200 a.C. e il 300/600) fu quello dei Vicùs, nell’antico Perù. Esso prediligeva
le zone desertiche costiere ed era noto per i suoi ottimi prodotti in ceramica, rame
e oro. I suoi vicini, però, presenti nel territorio americano già dal 5500 a.C., i
Muiscos, un popolo dedito alla caccia, all’agricoltura e all’artigianato, si
cominciarono poi a imporre, tra il 1000 e il 500 a.C., come una fra le quattro
maggiori civiltà americane dell’epoca, riuscendo ad avere abbastanza forza da
sopravvivere, secoli più tardi, ai conquistadores europei.
Questo periodo (1500 a.C.) determinò anche la comparsa di un altro popolo,
più nordico rispetto ai precedenti: gli Anasazi, il cui nome, che venne dato da
alcuni pastori Navajo alle rovine ritrovate nell’Ottocento e che si pensava,
erroneamente, che significasse Nemici, secondo recenti studi vorrebbe significare
in lingua Navajo Antichi. Purtroppo, molte delle ipotesi che si erano fatte con le
prime scoperte di questa civiltà, nel tempo si sono rivelate fasulle, proprio come la
traduzione stessa del nome.
Si ritiene che dopo il periodo di massima fioritura
(X secolo), gli Anasazi si fossero divisi per dare
vita alle varie tribù dei Pueblos, tra cui gli Hopi,
gli Zuñi, i Keres e i Tano, ma è possibile che,
invece, questi ultimi fossero all’epoca già
esistenti e indipendenti, pur avendo tutti una
cultura se non comune, simile. In ogni modo, ciò
che si sa degli Anasazi è che vivevano in villaggi.
Secondo studi svolti fino a oggi, non
possedevano alcuna scrittura, ma sicuramente, a
causa di alcuni petroglifi che raffigurano una
società complessa e prospera, conoscevano
molto bene l’arte rupestre.
Erano ottimi astronomi, a tal punto da costruire i
propri edifici e da allinearli seguendo i fenomeni
astronomici. La loro religione era animistica ed è probabile che i rituali
comprendessero anche l’utilizzo dei Kiva, stanze perfettamente circolari, che non
erano mai assenti all’interno dei villaggi degli Anasazi, coperte da tetti di legno e
con un foro al centro, il quale avrebbe permesso agli abitanti di mettersi in contatto
con le forze della terra e con gli spiriti degli antenati.
È molto probabile che la stessa sorte dei Maya fosse capitata anche agli
Anasazi: infatti, la loro decadenza è quasi certamente dovuta al riscaldamento
globale e alla conseguente siccità, che sarebbe testimoniata anche dallo studio dei
tronchi d’albero e dei loro anelli, più spessi in periodi umidi e più stretti in periodi di
siccità. Secondo studi delle ossa ritrovate nei vari siti archeologici, poi, è probabile
che nel periodo di decadenza questa civiltà fosse tanto stremata da dover ricorrere
a pratiche di cannibalismo nella speranza di sopravvivere.
Ancora più settentrionali e tuttora viventi in due grandi ceppi, gli Inuit e gli
Yupik, gli Eschimesi erano una delle civiltà precolombiane, che segnarono il loro
passaggio attraverso l’incisione delle rocce dell’Alaska, attraverso pitture, o con la
realizzazione di oggetti e statuette in legno oppure in avorio decorate da scene
realistiche.
Verso l’XI secolo, in America centrale, fa la sua comparsa un nuovo popolo: i
Toltechi. Essi erano un popolo nomade e guerriero, che parlava la stessa lingua
degli Aztechi, il nahuatl. Ebbero un’enorme influenza sui vicini Maya e si dice che
furono loro a portare il culto di Quetzalcoatl, che per i Toltechi era il re leggendario
che li aveva portati nello Yucatàn (la zona centrale dell’America). Tuttavia si sa che
questa divinità era presente già nella civiltà olmeca. Secondo i Toltechi, credenza
poi ripresa anche dagli Aztechi, Quetzalcoatl, il serpente piumato, aveva come
proprio rivale Tezcatlipoca, Dio della Notte, del Nord, delle Tentazioni, della
Bellezza e della Guerra, che con il suo specchio sprigionava fumo e uccideva i
suoi nemici e il primo, secondo le nostre attuali conoscenze ad aver chiesto il
sacrificio umano, in particolare del proprio cuore.
Secondo gli studiosi, il 1168 fu l’anno della distruzione della loro capitale,
Tullàn (odierna Tula de Allende), da parte di un popolo seminomade e guerriero
che nel giro di qualche anno sottomise totalmente la civiltà dei Toltechi: i
Cicimechi. La personalità bellicosa di questa popolazione la spinse anche a
combattere strenuamente contro gli invasori spagnoli; tuttavia, in pochi riuscirono a
sopravvivere e quelli che lo fecero si ritrovarono inglobati all’interno di altre civiltà,
alcune lontane dai propri culti, tra cui il credo religioso nella divinità di Mixcoatl, il
serpente delle nuvole, la Stella Polare.
Vissuti a partire dal 1000 a.C., i Zapotechi furono, secondo l’esonimo
proveniente dalla lingua nahuatl, gli abitanti delle terre del sapote, un grande frutto
dolce e morbido; secondo il nome endonimo Be’ena’a, invece, erano il popolo.
I Zapotechi erano un popolo molto avanzato: bravi nelle arti (basti pensare
alle ceramiche, alle costruzioni, alle tombe e agli ornamenti funebri, ai gioielli in
oro, tutti di alta qualità), avevano ottime conoscenze astronomiche: erano in
possesso, infatti, di due calendari, uno rituale di 260 giorni (piye), suddivisi in 4
stagioni da 65 giorni (cocijo) ciascuna, a loro volta comprendenti 5 periodi di 13
giorni (cocii) e uno pagano, di 365 giorni (yza), ripartito in 18 lune (di 20 giorni) e
un periodo di 5 giorni. I Zapotechi furono tra i primi a ideare un sistema di scrittura,
nel loro caso ad ideogrammi sillabici (ogni segno, o glifo, indica una sillaba), che
sarebbe stato usato successivamente anche dai Maya, dagli Aztechi e dai
Mixtechi. Dal punto di vista religioso, anche i Zapotechi erano politeisti, venerando
gli Dei della Pioggia (Cocijo, o il Tlaloc azteco) e della Luce (Coquihani). Questo
popolo cercava le sue origini nelle caverne, nella terra o in alberi/giaguari
tramutatisi in umani; similmente, i governanti degli Zapotechi, che consideravano di
derivare da esseri soprannaturali che inizialmente vivevano tra le nuvole, erano
convinti che la morte fosse una fase di passaggio per ritornare alla dimora iniziale,
quella celeste. I Zapotechi furono conquistati dagli Aztechi verso la fine del XV
secolo, ma non furono mai completamente sottomessi e divennero uno dei popoli
che, 30 anni più tardi avrebbero combattuto contro i conquistadores. Ma prima
dell’arrivo degli europei, spostatisi nella capitale azteca Tenochtitlàn, ebbero il
compito di occuparsi della gioielleria dei governanti aztechi, insieme a membri di
un altro popolo sottomesso dagli Aztechi, i Mixtechi.
Secondo l’etimologia, i Mixtechi erano ‘il popolo delle nuvole’. Facevano
parte delle civiltà più importanti dell’America centrale. Produttori di oggetti ricercati
in pietra, legno e metallo, hanno lasciato in eredità numerosi codici geroglifici su
pelli di cervo, in cui raccontavano la loro storia e la loro genealogia.
Numerosi sono stati i popoli nativi americani, ma forse i tre più conosciuti
prendono il nome di Aztechi, Maya e Inca.
Tutti e tre vivevano in un clima tropicale, che modellò il paesaggio americano
portando vastissime foreste pluviali (l’Amazzonia), deserti (ad es. il deserto di
Atacama, tra gli odierni Perù e
Cile), laghi di sale (ad es. il
Salar de Uyuni, in attuale
Bolivia) e paludi, in un
continente trapassato
verticalmente da una lunga
catena montuosa che nel
subcontinente settentrionale
prende il nome di Rocky
Mountains, le Montagne
Rocciose, mentre nel
subcontinente meridionale
diventa Cordillera de los
Andes, la Cordigliera delle
Ande.
Per costruire le loro capitale, Tenochtitlàn, nella zona più fresca dello
Yucatàn, gli Aztechi dovettero bonificare alcune paludi; riuscirono a costruire su
alcune isolette collegate da ponti sul lago di Texcoco una città simile a Venezia.
Nella parte più calda e umida dello Yucatàn vivevano i Maya, i quali avevano
avviato un processo di deforestazione per costruire centri urbani (ad es. la capitale
Tikal), piramidi e per trovare terreno adatto alla coltivazione del mais.
I più meridionali, gli Inca, i quali dovevano sopportare il freddo delle Ande,
perfezionarono le loro abilità di ingegneria, riuscendo a fondare città, come la
capitale Cuzco, anche a quote altissime (sulle Ande si arriva a 4000 metri).
Tralasciando le differenze, le tre civiltà avevano numerosi aspetti in comune.
Parlavano una lingua proveniente da uno stesso ceppo linguistico originario,
eseguivano sacrifici umani durante i rituali e costruivano i templi in cima alle tipiche
piramidi:
Era pratica comune lo sciamanesimo, insieme di riti effettuati da uno sciamano
(letteralmente un uomo che vede nel buio, uno stregone o una strega, un
veggente, un guaritore, che entrava in contatto con spiriti o forze naturali e
soprannaturali al fine di aiutare la comunità).
Non sembrava sapessero dell’esistenza della ruota, ma conoscevano e
sapevano sfruttare nella loro architettura l’arco e la volta: un esempio sono
certamente i ponti sospesi, spesso realizzati con materiali vegetali, degli Aztechi,
ma anche e soprattutto quelli degli Inca, che raggiungevano altezze vertiginose.
Per quanto riguarda, poi, la scrittura, siamo a conoscenza solo di quella dei
Maya e degli Aztechi, nonostante si potrebbe accettare come sistema di scrittura
anche l’usanza tipica degli Inca di utilizzare delle corde colorate annodate per i
conti. Purtroppo ci restano pochissime testimonianze letterarie di questi popoli. Il
motivo principale fu la conquista spagnola, che portò il saccheggio e il rogo di
numerosi reperti; tuttavia, tra le opere letterarie più significative a noi giunte,
ricordiamo il Popol Vuh (una raccolta di leggende e miti riguardanti la creazione del
mondo) e l’Apu Ollantay, il poema drammatico inca più antico a noi sopravvissuto
attraverso manoscritti, che narra la storia d’amore tra il generale inca Ollantay e la
principessa Qoyllur, impedita dalla condizione sociale del giovane, ma a lieto fine.
La società era fortemente gerarchizzata, con al vertice il re divinizzato, e,
dall’alto verso il basso, la classe molto influente dei sacerdoti, i quali avevano il
monopolio sulla scrittura e sulle decisioni della comunità essendo in rapporto con
le divinità, la classe dei nobili costituita dai guerrieri e dai mercanti, la classe degli
uomini liberi e, infine, la classe degli schiavi (che però era assente nella società
inca).
Le loro erano società complesse. Alla base c’era la famiglia, qualche volta
facente parte di un clan; tutte le famiglie delle classi sociali medie erano vincolate
alla monogamia, ma esisteva il divorzio; l’adulterio era punito con la pena di morte
(solitamente gli adulteri venivano infilzati vivi con spine e venivano lasciati morire
dissanguati). Al contrario, i nobili avevano il privilegio della poligamia e del
concubinaggio, ciò che portò a numerosi figli illegittimi.
L’attività sociale più importante era l’educazione dei figli, i quali venivano
spesso affidati alle madri. Nonostante ciò però, l’intera società era guidata
dall’educazione piramidale: i figli venivano educati dai genitori, a loro volta educati
dagli anziani; i civili erano educati dai sacerdoti; e, colui che educava tutti era la
figura dell’imperatore.
Nelle classi sociali medie, i figli avevano una diversa educazione a
seconda del loro genere: i maschi dovevano apprendere l’arte dell’agricoltura, della
caccia, dell’artigianato (ceramiche) e l’intreccio delle piume, mentre le femmine
dovevano imparare a pulire e cucinare; nel caso di bisogno di punizioni, queste
erano crudeli: si veniva fustigati, graffiati con spine o anche obbligati a inalare il
fumo del peperoncino piccante.
Per quanto riguarda, invece, la classe sociale dei nobili, i figli venivano
affidati a scuole ‘pubbliche’, dove si insegnava loro la lettura e la scrittura, oltre che
arti come la musica, il ballo, l’arte bellica e le buone maniere, che comprendeva il
rispetto per gli anziani e la sopportazione di condizioni di vita sfavorevoli, come
fatiche, cibo pessimo, veglie abbondanti con scarsi riposi...
Le figlie, invece, raggiunti gli otto anni, erano destinate alle scuole dei templi,
dove venivano sottoposte, come i maschi, a lunghe veglie e a duri digiuni, mentre
imparavano la tessitura, l’accensione del fuoco tramite lo sfregamento di bastoncini
di legno, il ballo e il canto.
Anche il sistema giuridico era complesso. Esistevano due tipi di delitti, quelli
contro lo Stato e quelli contro privati. I castighi erano nelle mani del popolo affinchè
fosse il popolo, infatti, il difensore del proprio equilibrio sociale.
Le punizioni, però, dipendevano anche dalla classe sociale della vittima e del
criminale. Esistevano, comunque, alcuni delitti le cui pene erano prestabilite:
• l’omicidio: era il crimine peggiore; la sua punizione variava a seconda
dell’intenzionalità: se premeditato, l’assassino andava incontro alla morte (ad es.
attraverso la lapidazione, lo strangolamento o la bastonatura); se invece
avveniva durante una rissa o per gelosia, i casi potevano essere due: se la
vittima era un uomo comune, l’assassino era frustato, se la vittima era un nobile,
l’assassino veniva squartato.
• gli stupri: era un crimine posto alla pari dell’omicidio; a un uomo, di qualsiasi
classe sociale fosse, che avesse disonorato una donna, veniva tagliato
pubblicamente in piazza, il volto su entrambi i lati, a partire dal mento fino alla
fronte.
• delitti contro le proprietà private (ad es. furti da proprietà private come i campi) o
ai danni delle strutture pubbliche (ad es. atti di vandalismo, o furti di beni
comuni, come le acque per l’irrigazione): venivano puniti in vari modi, tra cui il
taglio dei capelli (atto vergognoso che rendeva i delinquenti simili agli schiavi), la
fustigazione, il taglio del naso.
• in caso di un ragionevole dubbio: l’imputato era rinchiuso per due giorni in un
carcere insieme a animali feroci; la sua sopravvivenza, nella mentalità dei nativi
americani, dipendeva dalla sua innocenza o dalla sua colpevolezza.
Dal punto di vista dell’alimentazione, nei territori dell’America centrale e
meridionale erano presenti molte categorie di piante e cibi: mais, patate (tra cui
anche patate dolci, o batate), zucche, girasole, tabacco (che inizialmente costituiva
una medicina), fagioli, peperoncini (chiamati cili) e peperoni, pomodori, cacao,
ananas, fichi d’India, cetrioli... Alla base del sistema alimentare c’era anche la
carne: lepri, fagiani, anatre, ma anche scimmie, cani, bisce, serpenti d’acqua e, in
grande quantità, formiche. Esistevano però animali sacri le cui carni non venivano
cucinate; essi erano gli animali presenti nei miti più antichi, come il giaguaro, il
serpente o il cervo (anche se le corna del cervo erano indossate da alcuni
guerrieri).
I nativi americani avevano pochi animali domestici, tra cui il tacchino, i cani, i
porcellini d’India e i lama (che utilizzavano principalmente per il trasporto di merci).
Gli Aztechi
Gli Aztechi erano il popolo più religioso di tutti. Il loro anno era di 360 giorni;
durante ogni anno venivano celebrate 8 feste di 20 giorni ciascuna, a cui venivano
affiancati 5 giorni funesti. Ogni festa veniva accompagnata da riti, preghiere,
processioni, danze, canti, offerte e sacrifici agli Dei, animali e umani; a seconda
dalla classe sociale, ogni Azteco aveva il proprio tempio con i propri Dei da
venerare. Non meno importanti erano i riti di guerra, quelli privati familiari e quelli
individuali, delle quattro fasi di vita: nascita, passaggio da adolescenza a maggiore
età, matrimonio e morte.
I sacrifici umani erano al centro della loro religione a causa della genesi:
secondo il mito della creazione, tutti gli Dei erano stati generati da una Coppia
Suprema; una volta generati, essi divisero il Caos, creando la Terra e, sostenuto da
quattro pali, il Cielo. La Coppia Suprema, oltraggiata, si vendicò trasformando i pali
in alberi: l’unica irrigazione possibile era il sangue. Nel frattempo, nel Cielo che si
era diviso in strati, avevano trovato dimora il Sole e la Luna, che, per muoversi,
richiesero anch’essi sangue. Fu per questo quindi che gli Dei, sostituiti da altri Dei,
si sacrificarono, volendo evitare un ritorno al Caos con la conseguente distruzione
del Cielo e della Terra. E per onorare il loro sacrificio, gli uomini sacrificano a loro
volta il proprio sangue.
Come si vede nell’immagine, i teschi
sono simbolo del sacrificio degli uomini,
ciascuno posto alle radici dei quattro alberi
che sostengono il Cielo. Il quinto albero
centrale rappresenta il Templo Mayor di
Tenochtitlàn, reputato centro del mondo.
Gli Aztechi, come moltissimi altri popoli,
erano convinti che la Morte fosse
necessaria affinchè nascesse la Vita. Era
questo, quindi, il motivo per cui si compiva
una quantità innumerevole di sacrifici.
Esistevano, poi, anche degli autosacrifici
parziali (taglio vene gambe o altre parti del corpo) per penitenza, per aver finito la
scultura di una statuetta divina o per aver scritto il nome di un Dio (pratica che
riguardava i sacerdoti).
Dal punto di vista architettonico, la capitale Tenochtitlàn era piena di
abitazioni, giardini, e piramidi con i corrispettivi templi. La posizione era strategica:
era lì che tutte le merci dell’America centrale dovevano fare sosta; ed erano i
mercanti aztechi, abilissimi e a capo di vere e proprie ‘compagnie commerciali’ a
dettare legge.
I Maya
Anche la vita dei Maya, seppure in quantità minore, era influenzata dalla
religione; erano venerati molti Dei, tra cui quelli del Vento, del Mais, della Guerra e
della Morte, in onore del quale, in rare eccezioni, venivano svolti sacrifici. Come gli
Aztechi, credevano nella vita dopo la morte, e anche nel paradiso e nell’inferno,
entrambi suddivisi in scompartimenti; ciascun uomo era destinato a una categoria
in base alla sua classe sociale di appartenenza. I buoni, quindi i destinati al
paradiso, erano coloro che osservavano i rituali in modo scrupoloso.
I Maya erano ottimi astronomi; conoscevano a fondo i cicli lunari e i
movimenti del sistema solare, nonché il tema delle eclissi, a pieno studiato dai
sacerdoti maya. Avevano già correlato la Stella Polare al Nord, avevano
riconosciuto le costellazioni zodiacali e avevano anche identificato la Via Lattea,
venerata come “Strada Bianca”. I loro calendari erano, nella loro esattezza, basati
sulle stagioni dell’agricoltura. Le osservazioni astronomiche servivano per predire il
futuro, interpretare i segni divini e poter consigliare così i re. I Maya erano
abilissimi inoltre anche in aritmetica, sapendo già usare il sistema decimale e lo
zero, scoperto molti secoli prima degli Indiani.
La loro scrittura era una cosiddetta ‘scrittura a rebus’, in cui ogni glifo poteva
rappresentare sia un oggetto che la lettera iniziale dell’oggetto stesso, molto simile,
quindi alla scrittura egizia.
Gli Inca
Gli Inca amavano vivere tra le nuvole. Il loro regno montuoso era costellato
di centri urbani, molti dei quali a più di 4000 metri di altezza. Le città, testimonianze
delle loro formidabili capacità edilizie, erano collegate fra loro sia da ponti sospesi
che da strade lastricate lunghe 16.000 km. Ogni città aveva la sua piramide; la più
conosciuta, forse, quella di Machu Picchu, situata a circa 2500 metri di altezza e
che era un santuario esclusivamente femminile.
Dal punto di vista politico-governativo, la situazione degli Inca era molto
simile a quella europea: i nobili, perlopiù mercanti e guerrieri, erano tutti parenti del
re; il momento della successione al trono costituiva sempre, quindi, un bagno di
sangue.
Il territorio inca era suddiviso in tanti distretti quanti erano i clan (cioè insieme
tribale di famiglie con un antenato in comune). I prodotti di ciascun distretto
venivano così spartiti: un terzo rimaneva per il clan, un terzo era offerto ai sacerdoti
per il Dio Sole, Inti, e un terzo veniva spedito all’imperatore inca nella cassa dello
stato.
Gli Inca erano anch’essi agricoltori e allevatori. Il loro alimento principale
era il mais, capace di adattarsi alle alte quote, che venivano piantati sui terreni resi
fertili attraverso il guano, un fertilizzante prodotto con gli escrementi degli uccelli di
mare della costa pacifica. Gli Inca avevano inoltre appreso come conservare gli
alimenti attraverso la disidratazione (odierna liofilizzazione, chiamata anche
crioessiccamento): gli alimenti venivano esposti al sole e al gelo notturno per una
decina di giorni, dopodiché venivano ricoperti di paglia e poi compresse, per
perdere i residui di acqua. Al momento del consumo, le donne idratavano
nuovamente gli alimenti.
Come animali domestici, gli Inca più di tutti facevano affidamento sul lama, sul
guanaco e sulla vigogna, tutte e tre specie di cammelli, abilissime sulle montagne.
Questi animali garantivano la lana e il latte necessari al sostentamento, in
particolare il lama veniva utilizzato per trasportare i carichi e per il latte, il guanaco
per la lana, particolarmente calda anche se ruvida, mentre la vigogna, dalla lana
morbidissima, era destinata ai nobili.
Gli Inca erano, però insuperabili orefici. Le loro montagne erano piene di oro,
cosa di cui, però, non si interessavano granché: infatti, per i nativi americani
avevano più valore le piume degli uccelli rari, simbolo di potere imperiale.
Gli Inca eccellevano anche nel campo medico: gli scheletri rinvenuti
dimostrano una conoscenza della chirurgia talmente avanzata da saper sanare le
fratture o da saper trapanare il cranio ed estrarre un tumore.
Infine, gli Inca, più di altri, furono legati agli sciamani, figure che, nella mentalità
inca, rimanevano l’unico modo di entrare in contatto e comunicare con gli antenati;
per questo motivo, i defunti di alto rango venivano mummificati, con la speranza di
conservarli; il cadavere veniva avvolto in salme da cotone, riposto in tombe
riempite di sabbia, in grado di rendere l’ambiente più asciutto e il tutto veniva
affidato al clima secco montuoso. Tra le mummie ritrovate, ci sono anche bambini,
vestiti con abiti di taglia più grande come augurio di crescita nella vita dell’aldilà,
che erano stati offerti come sacrificio alla Montagna, molto presumibilmente storditi
da droghe prima della loro uccisione.
Con l’arrivo degli Spagnoli, i nativi americani erano decisamente popoli evoluti,
che avevano avuto le proprie esperienze e che avevano acquisito le proprie
conoscenze; conoscenze che, però, vennero brutalmente annullate da invasori,
che con la prepotenza dell’ignoranza, vollero imporre cultura, religione, usi e
costumi, fingendosi Dei sulla terra. “Tra gli Indiani d’America...”, però, “...
nonostante il processo di deculturazione dovuto all’uomo bianco, c’è tuttora
chi tra i giovani va a parlare con chi non è più giovane per chiedergli
consiglio.” (Enzo Braschi, La conoscenza segreta degli Indiani d’America). Ed è
così che saranno portate avanti le reminiscenze di queste civiltà tanto travagliate.
Isabella Tokos, 3A
Fonti:
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https://it.m.wikipedia.org/wiki/Civiltà_precolombiane
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https://it.m.wikipedia.org/wiki/Zapotechi
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https://it.m.wikipedia.org/wiki/Maya
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https://www.studiarapido.it/le-civilta-precolombiane-riassunto/
https://www.studiarapido.it/i-maya-cultura-arte-religione/
https://www.studiarapido.it/gli-aztechi-impero-cultura-arte-religione/
https://www.studiarapido.it/impero-inca-cultura-arte-religione/