Geometria 2015: Esercizi e Note Sophie M. Fosson [email protected] June 11, 2015 ii Queste note • seguono l’ordine cronologico delle mie esercitazioni in aula; • non necessariamente riportano tutto quello fatto in aula; • includono tutto il materiale delle mie slide; • possono includere materiale aggiuntivo; • includono la teoria necessaria per svolgere gli esercizi; • sono scritte in forma schematica e piuttosto informale; • sicuramente sono piene di errori (ogni segnalazione sarà gradita!); • saranno aggiornate e riviste almeno ogni due/tre settimane (ottimisticamente, ogni settimana). Buon lavoro, s.m.f. Contents 1 4 Marzo 1.1 Informazioni e materiale . . . . . . . . . . . . 1.2 Vettori nel piano e nello spazio (R2 , R3 ) . . . 1.3 Operazioni tra vettori nel piano e nello spazio 1.4 Operazioni tra vettori nel piano e nello spazio 1.5 Prodotto vettoriale (R3 ) . . . . . . . . . . . . 1.6 Prodotto misto (R3 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 1 2 2 3 4 2 11 Marzo 2.1 Spazio vettoriale (SV) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Spazi e sottospazi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 5 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 18 Marzo 11 3.1 Combinazioni lineari di vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 3.2 Basi e dimensioni di un spazio vettoriale . . . . . . . . . . . . . . 11 4 25 marzo 17 4.1 Matrici: riduzione e rango . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 4.2 Sistemi lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 5 1 aprile 23 5.1 Determinante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 5.2 Regola di Cramer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 5.3 Inversione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 6 15 aprile 29 6.1 Applicazioni lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 7 22 aprile 33 7.1 Matrice associata ad un’a.l. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 7.2 Cambiamento di base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 7.3 Applicazioni lineari e cambiamenti di base . . . . . . . . . . . . . 36 8 29 aprile 39 8.1 Autovettori, autovalori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 8.2 Molteplicità e diagonalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 9 6 maggio 45 9.1 Matrici simmetriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 iii iv CONTENTS 10 13 maggio 49 10.1 Coniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 10.2 Riduzione di coniche alla forma canonica . . . . . . . . . . . . . . 49 11 20 maggio 53 11.1 Geometria nello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 12 27 maggio 57 12.1 Studio di funzioni in due variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 13 10 giugno 61 13.1 Esercizi di riepilogo: “simulazione” esame . . . . . . . . . . . . . 61 Chapter 1 4 Marzo 1.1 Informazioni e materiale • [email protected] • http://calvino.polito.it/∼fosson → note, esercizi (trovate anche materiale degli anni scorsi, in inglese) • Portale della didattica → note, esercizi • Libri: Baldovino - Lanza, Algebra lineare e geometria, Esercizi e Temi d’esame, Esculapio 1.2 Vettori nel piano e nello spazio (R2 , R3 ) Notazioni: 1. v vettore 2. i, j, k versori (modulo=1) degli assi x, y, z 3. v = v1 i + v2 j = (v1 , v2 ) vettore nel piano (R2 ) 4. v = v1 i + v2 j + v3 k = (v1 , v2 , v3 ) vettore nello spazio (R3 ) 5. vi = i-esima componente di v Nel seguito, userò per lo più la notazione v = (v1 , v2 , · · · ), cioè per me un vettore è una sequenza di numeri reali. Per ora ci limitiamo a sequenze di n = 2, 3 numeri reali; in futuro generalizzeremo a qualunque n (e ad altre tipologie di oggetti, per esempio numeri non reali....) Ora iniziamo a fare operazioni sui vettori nello spazio R3 . Osservazione 1 Per le operazioni uso prevalentemente definizioni “algebriche”, perché generalizzabili a n > 3. Tutti gli esercizi con n = 2, 3 si possono anche risolvere con le tecniche geometriche/trigonometriche (per esempio, per prodotto scalare e vettoriale). 1 2 CHAPTER 1. 4 MARZO 1.3 Operazioni tra vettori nel piano e nello spazio 1. Somma tra vettori: componente per componente u + v = (u1 + v1 , u2 + v2 , . . . ) 2. Prodotto tra uno scalare a ∈ R e un vettore: av = (av1 , av2 , . . . ) 3. Prodotto scalare: hv, wi = v · w = v1 w1 + v2 w2 + . . . 4. Norma (o modulo): |v| = kvk = √ v·v 5. v e w sono ortogonali se v · w = 0 6. v e w sono paralleli se esiste a ∈ R tale che v = aw Esercizio 1 Dati u = (1, 2, 1) e v = (−1, 0, 1/3), calcolare w = 2u − (u · v)(−9v) . u e w sono ortogonali? Soluzione u = (1, 2, 1), v = (−1, 0, 1/3) u · v = 1 · (−1) + 2 · 0 + 1 · 1/3 = −2/3 w = 2(1, 2, 1) + 2/3(9, 0, −3) = (4, 2, 4) + (6, 0, −2) = (10, 2, 2) u · w = 10 + 4 + 2 = 16 ⇒ non ortogonali Per esercizio, provare ad usare anche la definizione “trigonometrica” di prodotto scalare (|u||v| cos ∠(u, v)) 1.4 Operazioni tra vettori nel piano e nello spazio Esercizio 2 Come sono fatti i vettori ortogonali u = (1, 2, 1)? E quelli ortogonali a v = (−1, 0, 1/3)? E quelli ortogonali sia ad u che a v? Soluzione (1, 2, 1) · (r1 , r2 , r3 ) = r1 + 2r2 + r3 = 0 (−1, 0, 1/3) · (s1 , s2 , s3 ) = −s1 + 1/3s3 = 0 ⇒ s3 = 3s1 r1 + 2r2 + 3r1 = 0 ⇒ r2 = −2r1 r = (r1 , −2r1 , 3r1 ) = r1 (1, −2, 3) Provare ad usare anche la definizione “trigonometrica” di prodotto scalare (|u| |v| cos ∠(u, v)). 1.5. PRODOTTO VETTORIALE (R3 ) 1.5 3 Prodotto vettoriale (R3 ) Per calcolare il prodotto vettoriale, anticipo due concetti che studiermo in futuro, quello di matrice e di determinante. Per matrice intendo semplicemente una tabella di numeri. Per esempio, a11 a12 A= aij ∈ R, i = 1, . . . , m; j = 1, . . . , n (1.1) a21 a22 è un matrice 2 × 2 a componenti reali. Il determinante è un numero associato alla matrice (di cui vedremo in futuro l’importanza). Il determinante di una matrice 2 × 2 si calcola cosı̀: a11 a21 a12 a22 = a11 a22 − a12 a21 (1.2) Il determinante di una matrice 3 × 3 si puà calcolare cosı̀: considero a turno gli elementi della prima riga. Parto da a11 1. immagino di cancellare la riga e la colonna contenenti a11 2. mi rimane una sottomatrice 2×2: ne calcolo il determinante e lo moltiplico per a11 Ripeto il procedimento per a12 e a13 e poi sommo tutto, però alternando i segni. In conclusione: a11 (a22 a33 − a23 a32 ) − a12 (a21 a33 − a23 a31 ) + a13 (a21 a32 − a31 a22 ) Il prodotto vettoriale si calcola come un determinante: w =u∧v =u×v = i u1 v1 j u2 v2 k u3 v3 = (u2 v3 − v2 u3 )i − (u1 v3 − v1 u3 )j + (u1 v2 − v1 u2 )k Osservazione 2 w·u=0 w·v =0 Osservazione 3 i, j, k non sono numeri (scalari), ma vettori! Quindi tecnicamente stiamo abusando della definizione di matrice; a livello simbolico comunque il calcolo funziona. Esercizio 3 Dati u = (−3, −1, 1) e v = (1, 1/3, −1/3) calcolare (a) u · v (b) u ∧ v (c) u · u ∧ (v − 1/3j) Soluzione (a) u · v = −3 − 1/3 − 1/3 = −11/3. (b) (0, 0, 0). u e v sono paralleli. Infatti, u = −3v. 4 CHAPTER 1. 4 MARZO • (c) Soluzione standard: u ∧ (v − 1/3j) = u ∧ (1, 0, −1/3) = (1/3, 0, 1) e infine u · (1/3, 0, 1) = 0. • (c) Soluzione smart: Qualunque w, (u · u ∧ w) = 0, poiché u ∧ w è ortogonale ad u e anche a v. Provare ad usare anche la definizione “trigonometrica” di prodotto vettoriale (|u| |v| sin ∠(u, v) per il modulo e regola mano destra per direzione e verso) 1.6 Prodotto misto (R3 ) Il prodotto misto tra 3 vettori è u · v ∧ w. Si può calcolare facendo prima il prodotto vettoriale e poi il prodotto scalare1 , oppure attraverso il calcolo del seguente determinante (riuscite a spiegare perché?): u · (v ∧ w) = u1 v1 w1 u2 v2 w2 u3 v3 w3 Se il prodotto misto è nullo, i tre vettori sono complanari (riuscite a spiegare perché?). Esercizio 4 u = (1, 0, 0), v = (1/2, 1/2, 0) e w = (3, 1, 0) sono complanari? Soluzione • Sol. smart: Sı̀, si vede subito, perché la componente lungo k è 0 per tutti e tre. • Sol. standard: Se non si vedesse subito → prodotto misto, verificare che è nullo. 1 c’è sempre qualche studente che “prova” l’ordine inverso: prima il prodotto scalare e poi quello vettoriale: vi è chiaro perché questo non funziona? Chapter 2 11 Marzo 2.1 Spazio vettoriale (SV) • Un campo è un insieme K su cui possiamo definire due operazioni, che chiamiamo somma e prodotto, con tutte le “solite” proprietà che hanno la somma e il prodotto sui numeri reali (commutativa, associativa, elemento neutro, esistenza opposto e inverso, proprietà associativa) • Noi useremo principalmente i campi R (reali) e C (complessi) • Chiameremo scalari gli elementi di un campo Uno SV è un insieme V associato ad un campo K con a un’operazione tra elementi di V che chiamiamo somma con le seguenti proprietà: a.1 chiusura: ∀u, v ∈ V , u + v ∈ V a.2 solite proprietà: commutativa, associativa, elemento neutro, opposto b un’operazione tra un elemento di V e uno di K che chiamiamo prodotto (o prodotto esterno) con le seguenti proprietà: b.1 chiusura: ∀u ∈ V , a ∈ K au ∈ V b.2 solite proprietà: commutativa, associativa, distributiva, elemento neutro (= elemento k ∈ K tale che ku = u, ∀v ∈ V ) 1 Esempio di SV: Rn con il campo R con le operazione viste l’altra volta 2.2 Spazi e sottospazi Sottospazio dello SV V : sottoinsieme S di V che mantiene le proprietà di SV ereditate da V . 1 Potrebbe sembrare strano che non venga richiesto l’inverso per il prodotto, ma se ci pensiamo un momento non è nemmeno chiaro come definire un inverso per il prodotto tra un elemento di K e uno di V 5 6 CHAPTER 2. 11 MARZO Ovvero, S è uno SV con le operazioni di V (e valgono le proprietà a, b viste prima) Da ora in avanti, chiameremo vettore un elemento di uno spazio vettoriale. Dalla prima settimana ad oggi, la nostra definizione di vettore ha quindi subı̀to un “processo di generalizzazione”: 1. Vettori applicati nel piano (bidimensionale) e nello spazio (tridimensionale) 2. Sequenze di n numeri 3. Elementi di uno Spazio Vettoriale Le diverse definizioni non sono in contrasto, anzi: 1. ⊂ 2. ⊂ 3.. La somma tra due sottospazi U e S è un insieme (che chiamiamo U + S) composto da tutte le possibili somme tra un elemento di U e uno di S. Se U ∩ S = {0}, la somma viene detta diretta e si indica con U ⊕ S. Se U, S sottospazi U ∩ S, U + S(o U ⊕ S) sono sottospazi U ∪ S non necessariamente è sottospazio Esercizio 5 Per ognuno dei seguenti sottoinsiemi di R4 , dire quali sono sottospazi: (a) A = {(x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 tale che x1 = x2 }. (b) B = {(x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 t. c. x1 = x2 e x1 + x2 + x3 + x4 = 0}. (c) C = {(x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 t. c. x1 = x22 }. (d) D = {(x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 t. c. x1 + x2 + x3 + x4 ≤ 0}. Soluzione (a) A = {x = (x1 , x1 , x3 , x4 ), x1 , x3 , x4 ∈ R}. (0, 0, 0, 0) ∈ A. Se x, y ∈ A, allora x + y = (x1 + y1 , x1 + y1 , x3 + y3 , x4 + y4 ) ∈ A cx = (cx1 , cx1 , cx3 , cx4 , ) ∈ A per ogni c ∈ R. A è un sottospazio (b) B ⊂ A e A = {x = (x1 , x1 , x3 , −x3 − 2x1 ), x1 , x3 ∈ R}. Dati x, y ∈ B, allora x + y = z ∈ B poiché z1 = z2 e z1 + z2 + z3 + z4 = x1 + y1 + x2 + y2 + x3 + y3 + x4 + y4 = 0; cx ∈ B poiché cx1 + cx2 + cx3 + cx4 = c(x1 + x2 + x3 + x4 ) = 0. B è un sottospazio. (c) C non è un sottospazio poiché non è chiuso rispetto a somma e prodotto. Per esempio, se x, y ∈ C e x + y = z, allora z1 = x1 + y1 = x22 + y22 6= z22 = (x2 + y2 )2 . 2.2. SPAZI E SOTTOSPAZI 7 (d) D non è un sottospazio: per esempio (−1, 0, 0, 0) ∈ D, ma −1(−1, 0, 0, 0) = (1, 0, 0, 0) ∈ / D. Esercizio 6 Quale dei seguenti insieme è uno SV su campo R ? (a) R≤2 [x] = {polinomi a coefficienti reali in x di grado ≤ 2}. (b) R=2 [x] = {polinomi a coefficienti reali in x di grado = 2}. Soluzione (a) Un generico elemento di R≤2 [x] ha la forma a0 + a1 x + a2 x2 , ai ∈ R, i = 0, 1, 2. – Somma: usiamo la somma usuale tra polimoni. Per ogni ai , bi ∈ R, i = 0, 1, 2, a0 + a1 x + a2 x2 + b0 + b1 x + b2 x2 + b3 x3 = (a0 + b0 ) + (a1 + b1 )x + (a2 + b2 )x2 ∈ R≤2 [x] ⇒ chiusura rispetto alla somma: – Elemento nullo: P (x) ≡ 0 ∈ R≤2 [x] – Prodotto: usiamo il prodotto usuale tra polimoni e scalari. λ ∈ R, λ(a0 + a1 x + a2 x2 ) = λa0 + λa1 x + λa2 x2 ∈ R≤2 [x] ⇒ chiusura rispetto al prodotto Questo è sufficiente per concludere che R≤2 [x] è uno spazio vettoriale. (b) P (x) ≡ 0 ∈ / R=2 [x]: sufficiente per concludere che R=2 [x]non è uno spazio vettoriale. Altro controesempio: x2 ∈ R=2 [x], −x2 + x ∈ R=2 [x], ma la loro somma x ∈ / R=2 [x]. Ovviamente questo esercizio si può estendere a R≤n [x] con n = 3, 4, ... Provare a ripetere l’esercizio con coefficienti complessi: C≤2 [x], C=2 [x]: cambia qualcosa? Osservazione 4 • Nella maggior parte degli esercizi che faremo, i campi vettoriali saranno del tipo Rn e quindi i vettori saranno sequenze di n numeri. Questo esercizio era però per sottolineare che ci sono anche spazi vettoriali meno “convenzionali”, in cui per esempio i vettori sono polinomi. Possono anche capitare altri tipi di funzioni... • In questo esercizio, ricordarsi che non ci interessa studiare l’andamento del polinomio: dal punto di vista dell’algebra lineare, cioò che conta sono in fondo i coefficienti del polinomio; i singoli valori di x non ci interessano per nulla. • E’ capitato che studenti dicessero: R≤2 [x] contiene lo zero perché a0 + a1 x + a2 x2 è una parabola e ha due zeri... attenzione: lo zero di un polinomio non ha nulla a che fare con il polinomio nullo, che è zero dello SV R≤2 [x]. • Se crea confusione lavorare con i polinomi, notate che c’è un’equivalenza (dal punto di vista dello SV) tra R≤n [x] e Rn+1 : a0 + a1 x + a2 x2 + . . . è equivalente alla sequenza (a0 , a1 , a2 , . . . ). Provate a pensare alle operazioni: non cambia nulla! 8 CHAPTER 2. 11 MARZO • Riuscite ad intuire se questo genere di equivalenza tra uno SV qualsiasi e uno Rn è sempre possibile? [Risposta la prossima settimana] Esercizio 7 1. Determinare se i seguenti sottoinsiemi di R3 sono sottospazi (a) A = {(x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 t.c. x2 = x3 }. (b) B = {(x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 t.c. x3 = 1}. (c) C = {(x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 t.c. x1 = 2x2 = 2x3 }. (d) D = {(x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 t.c. x1 = 1, x2 = x3 }. (e) E = {(x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 t.c. x1 = 0}. 2. Calcolare intersezione e unione tra i sottospazi 3. Calcolare somma tra i sottospazi 4. Riuscite a dare una descrizione geometrica di questi sottoinsiemi? 2 Soluzione 1. (a) A = {x = (x1 , x2 , x2 ), x1 , x2 ∈ R}. Chiaramente, (0, 0, 0, 0) ∈ A. Se x, y ∈ A, allora x + y = (x1 + y1 , x2 + y2 , x2 + y2 ) ∈ A perché le seconde due componenti sono sempre uguali. Infine, anche cx = (cx1 , cx2 , cx2 ) ∈ A per qualsiasi c ∈ R. A è un sottospazio. (b) (0, 0, 0, 0) ∈ / B , B non è un sottospazio. (c) C è un sottoinsieme di A. In particolare, se chiamo x2 = α ∈ R, C = {(2α, α, α), α ∈ R}. E’ facile provare che lo zero sta in C e che che C è chiuso rispetto a somma e prodotto. (d) D è un sottoinsieme di B, quindi non può essere sottospazio (non contiene lo zero). (e) E è un sottospazio (contiene lo zero; la somma di due vettori con prima componente nulla ha ancora la prima componente nulla; moltiplicando per un qualsiasi scalare un vettore con la prima componente nulla, ottengo ancora un vettore con la prima componente nulla) 2. • C ⊂ A, quindi A ∩ C = C e A ∪ C = A. • A∩E = {(0, α, α), α ∈ R} (che chiaramente è ancora un sottospazio); A ∪ E = {x ∈ R3 tali che x1 = 0 oppure x2 = x3 }. Non è un sottospazio, perché per esempio (0, 1, 2) + (1, 0, 0) = (1, 1, 2) ∈ / A ∪ E. • C ∩ E = {(0, 0, 0)}. C ∪ E = {x ∈ R3 tali che x1 = 0 oppure x1 = 2x2 = 2x3 }; come nel caso precedente si vede facilmente che non è un sottospazio 3. • A + C = A. Infatti se il generico elemento di A è del tipo (β, γ, γ) e il generico elemento di C è (2α, α, α), con α, β, γ ∈ R la loro somma è (2α + β, α + γ, α + γ) che evidentemente sta ancora in A (seconda 2 E’ un argomento che vedremo più avanti e non è necessario per risolvere l’esercizio, però se riuscite ad intuire la geometria può essere utile per velocizzare la risoluzione! 2.2. SPAZI E SOTTOSPAZI 9 e terza componente sono uguali). Quindi A + C ⊂ A. D’altra parte, per l’arbitrarietà di β, la prima componente può assumere qualsiasi valore, quindi ogni elemento di A può essere scritto come (2α+β, α+ γ, α + γ). In conclusione, A + C = A. • A + E = R3 . Infatti se il generico elemento di A è del tipo (β, γ, γ) e il generico elemento di E è (0, α, ω), con α, ω, β, γ ∈ R, qualsiasi elemento di R3 può essere scritto come loro somma. Infatti dato un qualsiasi (x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 , basta porre (x1 , x2 , x3 ) = (β, γ +α, γ +ω), ovvero β = x1 , α = x2 − γ, γ = x3 − ω (e a ω si assegna un valore a piacere). Precisiamo quindi che qualsiasi elemento di R3 può essere scritto come loro somma in modo non univoco (= la somma non è diretta). • C ⊕ E = R3 e la somma è diretta in quanto la loro intersezione è solo {(0, 0, 0)}. Possiamo fare un’ulteriore verifica: se il generico elemento di C è del tipo (2γ, γ, γ) e il generico elemento di E è (0, α, ω), con α, ω, γ ∈ R, qualsiasi elemento di R3 può essere scritto come loro somma. Infatti dato un qualsiasi (x1 , x2 , x3 ) ∈ R3 , basta porre (x1 , x2 , x3 ) = (2γ, γ + α, γ + ω), ovvero γ = x1 /2, α = x2 − γ, ω = x3 − γ (e non ci sono parametri liberi). 4. (Le seguenti spiegazioni sono molto informali e poco rigorose. Vedremo più avanti il discorso in modo rigoroso.) Si pensi al sistema di riferimento xyz. A è un piano. Proiettato sul piano yz è la bisettrice; se aggiungo la terza dimensione x mi viene un piano (ortogonale appunto a yz e contenente la sua bisettrice). B è il piano parallelo a xy alla “quota” z = 1. E è il piano yz. C è una retta. Dalla sua definizione, essa è un qualsiasi “multiplo” del vettore applicato nell’origine di componenti (2, 1, 1). Prendere un multiplo per me significa variare il modulo e il verso a piacere, per cui ottengo di fatto una retta Come per A, poiché x2 = x3 la proiezione di D sul piano yz è la bisettrice; ma qui ho un vincolo in più: x1 = 1, che significa che D è contenuto in un piano parallelo a yz; D è quindi una retta. Da queste decrizioni, possiamo trarre due osservazioni: ci sono piani e rette che sono sottospazi, altri che non lo sono. Quelli che sono sottospazi contengono lo zero. Possiamo concludere che ogni piano e retta in R3 che contiene l’origine, cioè (0, 0, 0), è un sottospazio? [Risposta tra qualche settimana] Usando queste intuizioni geometriche, possiamo dire qualcosa di più per esempio sul calcolo delle intersezioni. Per esempio se A è un piano e C è una retta, in senso geometrico, che tipo di interesezioni posso aspettarmi? (a) Nessuna, (b) A, (c) un unico punto dello spazio tridimensionale. Nel terzo caso, se si tratta di sottospazi (che abbiamo detto contengono per forza l’origine (0, 0, 0)), tale punto deve essere per forza (0, 0, 0). 10 CHAPTER 2. 11 MARZO Chapter 3 18 Marzo 3.1 Combinazioni lineari di vettori • Sia V uno spazio vettoriale su campo K, siano v1 , v2 , . . . vn vettori di V • Combinazione lineare (cl): w = a1 v1 + a2 v2 + . . . an vn , ai ∈ K, i = 1, 2, . . . , n • L(v1 , . . . , vn )= insieme di tutte le possibili c.l. di v1 , . . . , vn • Insieme di generatori: G = {v1 , . . . , vn } genera V se qualsiasi vettore in V può essere scritto come c.l. di vettori di G, ovvero V = L(G) • Vettori linearmente indipendenti (li) : a1 v1 + a2 v2 + . . . an vn = 0 =⇒ a1 = a2 = · · · = an = 0 • Se v1 , v2 , . . . vn sono li, {v1 , . . . , vn } è detto libero (o linearmente indipendente) 3.2 Basi e dimensioni di un spazio vettoriale • Una base di uno SV V è un qualsiasi insieme ordinato B che 1. genera V : V = L(B) 2. è li • Uno SV ha infinite basi, ma tutte le basi hanno una proprietà in comune: il numero di elementi • Il numero di elementi di una base è detto dimensione dello SV; indico la dimensione di V con dim(V ). • Classico esempio: base canonica di Rn {e1 , . . . , en } dove ei = (0, 0, . . . , 0, 1, 0, . . . , 0) è una sequenza di n numeri, tutto zero tranne un 1 in posizione i (i = 1, . . . , n) 11 12 CHAPTER 3. 18 MARZO • Rn ha dimensione n • EX: (1, 2, 3) = 1e1 + 2e2 + 3e3 • Tranne casi triviali, uno SV è un insieme infinito; se però la sua dimensione è finita, esso può essere completamente descritto da un insieme finito (una sua base) Esercizio 8 Trovare una base e la dimensione del sottospazio B = {(x1 , x2 , x3 , x4 ) ∈ R4 t. c. x1 = x2 e x1 + x2 + x3 + x4 = 0}. Soluzione • Un generico vettore di B lo posso scrivere come (α, α, β, −2α − β) α, β ∈ R • Inizio da un vettore di B a mia scelta, per esempio pongo α = 1 e β = 0: (1, 1, 0, −2). • Parto da B = {(1, 1, 0, −2)} e cerco di completare la base, cioè aggiungo elementi a B fino ad ottenere una base. • Una sola regola: posso aggiungere a B solo vettori l.i. a quelli che già sono in B • Mi fermo quando B genera lo spazio • Provo con α = 0, β = 1: (0, 0, 1, 0) a1 (1, 1, 0, −2) + a2 (0, 0, 1, −1) = (a1 , a1 , a2 , −2a1 − a2 ) = (0, 0, 0, 0) ⇔ a1 = a2 = 0 ⇒ (1, 1, 0, −2) e (0, 0, 1, 0) sono l.i. • B = {(1, 1, 0, −2), (0, 0, 1, 0)} genera B? Cioè dato un qualsiasi (α, α, β, −2α− β) ∈ B posso scriverlo come c.l. di elementi di B, cioè esistono a1 , a2 ∈ R tali che (α, α, β, −2α − β) = a1 (1, 1, 0, −2) + a2 (0, 0, 1, −1) Sı̀, basta scegliere a1 = α, a2 = β. Ho finito. La dimensione è 2. Osservazioni: • Abbiamo detto che dim(B) = 2. Notare il numero di parametri liberi nella definizione del vettore generico di B: è proprio pari alla dimensione. Questo è vero sempre! • Quali sono le “basi migliori”? Per noi, le più semplici, perché nei nostri esercizi dovremo spesso farci dei calcoli. Per esempio, in questo esercizio ho scelto inizialmente α = 1 e β = 0. Nulla mi vietava di scegliere numeri più complicati... 3.2. BASI E DIMENSIONI DI UN SPAZIO VETTORIALE 13 • Se conosco la base, posso rappresentare i vettori con i soli coefficienti a1 e a2 . • Ex: w = (π, π, 1, −2π − 1) = π(1, 1, 0, −2) + (0, 0, 1, −1), allora (π, 1) è la rappresentazione di w rispetto a B Applications corner [per dare una speranza a chi trova tutto questo troppo astratto!] Qual è un’applicazione pratica in cui usiamo la rappresentazione di un vettore rispetto ad un certa base? Quando usiamo il formato JPEG. La conversione di un’immagine in JPEG è una procedura di compressione che prevede diversi step. Il primo step è rappresentare la nostra immagine di partenza (che può essere pensata come un matrice o un vettore) rispetto ad una base particolare. Quest’operazione è nota come DCT (Discrete cosine transoform). Spesso, le rappresentazioni di immagini rispetto a questa base hanno molti valori vicino a zero e questo è utile perché rende l’immagine comprimibile. Il paragrafo intitolato “The Discrete Cosine Transform” nell’articolo http://msemac.redwoods.edu/ darnold/math45/laproj/f09/isnyder/paper.pdf a fine corso dovrebbe essere totalmente leggibile per voi. Esercizio 9 Trovare una base per A = {polinomi ∈ R≤2 [x] con termine noto nullo } Soluzione Se i polinomi confondono, si può equilantemente lavorare in Rn , con n opportuno. In questo caso: • Sappiamo che R≤2 [x] ⇔ R3 • Togliendo il termine note, deduciamo che A ⇔ R2 (a1 x + a2 x2 ⇔ (a1 , a2 )) • Una base di R2 è BR2 = {(1, 0), (0, 1)} • base di A è BA = {x, x2 } (che è l’equivalente di BR2 nello spazio dei polinomi di grado ≤ 2) Esercizio 10 Quale di questi insiemi è una base per R3 ? 1. A = {(1, 2, 0), (0, 0, 2)} 2. B = A ∪ {(1, 2, π)} 3. C = A ∪ {(0, 1, 0), (1, π, 0)} 4. D = A ∪ {(1, π, 0)} Soluzione D è una base. Nello specifico si veda la seguente tabella, dove riassumiamo i risultati dei “test” sulle proprietà per essere base: 14 CHAPTER 3. 18 MARZO A B C D gen NO NO SI SI li SI NO NO SI base NO NO NO SI Esercizio 11 L’insieme delle matrici del tipo 0 a , a, b ∈ R b 2b è uno spazio vettoriale? Di che dimensione? Trovare una base. Soluzione Questo esercizio è analogo ai precedenti, solo ci troviamo di fronte a matrici invece che a vettori. Se la cosa ci spaventa, possiamo sempre cambiare forma alla matrice e scriverla per esempio come un vettore (0, a, b, 2b) e lavorare in R4 invece che in R2,2 . Da quanto detto prima, vediamo immediatamente che tutti i vettori del tipo (0, a, b, 2b) formano uno SV, che è di dimensione 2 (2 parametri a e b) e scrivendo (0, a, b, 2b) = a(0, 1, 0, 0) + b(0, 0, 1, 2) otteniamo facilmente una base B = {(0, 1, 0, 0), (0, 0, 1, 2)}. E’ chiaro infatti che B genera lo SV e che i suoi elementi sono l.i. Per concludere l’esercizio torniamo a R2,2 e scriviamo la base come 0 1 0 0 B={ , }, a, b ∈ R 0 0 1 2 Esercizio 12 Dato l’insieme V = {funzioni f ∈ C 0 [0, 1]} quale delle seguenti affermazioni è vera? 1. V non è uno SV 2. dim(V )=1 in quanto ogni f ∈ V è derivabile una volta 3. V ha una sola base 4. una base di V contiene infiniti elementi Soluzione 4. Le funzioni continue e derivabili (in questo caso su [0, 1], ma il dominio di fatti importa poco) formano uno spazio vettoriale, poiché la funzione identicamente nulla f = 0 è continua e derivabile; la somma di funzioni continue e derivabile è continua e derivabile; il prodotto per uno scalare non altera la natura continua e derivabile di una funzione. Ma che dimensione ha questo spazio? Infinita, perché non ho modo di trovare una base finita che mi generi tutte le funzioni continue e derivabili. Esercizio 13 Dato l’insieme V = {funzioni f ∈ C 0 [0, 1] tali che f 0 (x) = x2 } quale delle seguenti affermazioni è vera? 3.2. BASI E DIMENSIONI DI UN SPAZIO VETTORIALE 15 1. V non è uno SV 2. dim(V )=1 3. V ha una sola base 4. una base di V contiene infiniti elementi Soluzione 1. Qui dobbiamo risolvere una piccola equazione differenziale: otteniamo che f (x) = x3 /3 + c, c ∈ R. E’ chiaro che se sommo due funzioni di questo tipo ottengo qualcosa del tipo 2x3 /3 più qualche costante, quel 2 iniziale mi fa essere fuori da V , che quindi non è uno SV. Esercizio 14 Dato l’insieme V = {funzioni f ∈ C 0 [0, 1] tali che f 0 (x) = x2 f (x)} quale delle seguenti affermazioni è vera? 1. V non è uno SV 2. dim(V )=1 3. V ha una sola base 4. una base di V contiene infiniti elementi Soluzione 2. f (x) = kex/3/3 , k ∈ R. Ma allora f = 0 ∈ V , se sommo f (x) = kex/3/3 e g(x) = hex/3/3 ottengo (k + h)ex/3/3 ∈ V , e facilmente si verifica anche la chiusura rispetto al prodotto. V è dunque uno SV. La sua dimensione è 1 perché qualsiasi vettore di V (cioè qualsiasi funzione del tipo kex/3/3 è univocamente determinata dallo scalare k ∈ R. Una base è semplicemente {ex/3/3 }. 16 CHAPTER 3. 18 MARZO Chapter 4 25 marzo 4.1 Matrici: riduzione e rango • Elemento speciale di una matrice: elemento 6= 0 al di sotto del quale ci sono solo zeri • Matrice ridotta (per righe): ogni riga non nulla ha un elemento speciale • Riduzione per righe: possiamo sostanzialmente scambiare righe e fare c.l. di righe RANGO ρ k dim dello SV generato dalle righe k dim dello SV generato dalle colonne k num di righe l.i. k num di colonne l.i. k num di righe non nulle della ridotta per righe 4.2 Sistemi lineari Dati • A ∈ Rm,n • b ∈ Rm,1 • (A|b) = matrice completa (aggiungi colonna b ad A) 17 18 CHAPTER 4. 25 MARZO Theorem 1 Teorema di Rouché-Capelli: Il sistema Ax = b ha soluzione x ∈ Rn,1 se ρ(A) = ρ(A|b). Se ρ(A) = ρ(A|b) = ρ, il sistema ha ∞n−ρ soluzioni, cioè n − ρ variabili libere. Esercizio 15 Risolvere il sistema Ax = b 1 0 A= 2 1 3 0 con 1 0 −1 (4.1) e b = (1, 0, 0)T . Soluzione Procedura: • Ridurre • Applicare Rouché-Capelli per capire se ci sono soluzioni e quante • Trovare le soluzioni (dopo aver ridotto è semplice) Per ridurre in modo “ordinato” possiamo usare il metodo di eliminazione di Gauss, che prevede di ottenere l’elemento speciale della prima riga nella prima colonna, l’elemento speciale della seconda riga nella seconda colonna, e via dicendo, in modo da ottenre una matrice a “scalini”, con tutti gli zeri in basso a sinistra. Procediamo con Gauss su su (A|b). Le trasformazioni che facciamo sono, nell’ordine (ri indica la riga i-esima): 1. r3 → r3 − 3r1 2. r2 → r2 − 2r1 Queste due trasformazioni ci permettono di ottenere l’elemento speciale della prima riga in posizione (1, 1) e poi notiamo che la matrice cosı̀ ottenuta è già ridotta, con forma a scalini (le componenti evidenziate sono gli elementi speciali): 0 1 1 1 0 (4.2) 1 −2 −2 0 0 −4 −3 Questo non è l’unico modo di procedere per la riduzione, ma è quello che ci dà la struttura più ordinata. In certi casi, un intuito algebrico più allenato può consigliare riduzioni più rapide (come noteremo in seguito), nelle quali si ottengono “più zeri in un colpo solo”: il che può essere vantaggioso! Ma può anche generare più confusione nei calcoli e indurre più facilmente all’errore. I metodi meccanici tipo Gauss sono usati dai software, che chiaramente non hanno intuito. Inoltre Gauss ci permette di ottenre la ridotta sia di A che di (A|b) semplicemente riducendo (A|b). Nel caso precedente vediamo subito che ρ(A) = 19 4.2. SISTEMI LINEARI ρ(A|b) = 3 e poiché n = 3 è il numero di componenti incognite, sappiamo subito che il sistema ha un’unica soluzione. Ottenuta la forma a scalini, scriviamo le equazioni esplicitamente partendo dall’ultima riga e risalendo, in modo da calcolare a cascata le variabili: −4x3 = −3 ⇒ x3 = 3/4 x2 − 2x3 = −2 ⇒ x2 = −1/2 (4.3) x1 + x3 = 1 ⇒ x1 = 1 − 3/4 = 1/4 La soluzione è quindi il vettore: x = 41 (1, −2, 3)T Esercizio 16 Risolvere il sistema Ax = b 1 0 A= 2 1 3 2 con 1 0 −1 (4.4) e b = (1, 0, 0)T . Soluzione Si può procedere esattamente come 1 0 0 prima e si ottiene 0 1 1 1 −2 −2 2 −4 −3 Questa non è ancora ridotta: procediamo con r3 → r3 − 2r2 : 1 0 1 1 0 1 −2 −2 0 0 0 1 (4.5) (4.6) Notiamo che 2 = ρ(A) < ρ(A|b) = 3, quindi il sistema non ha soluzione. Esercizio 17 Per quali α ∈ R il sistema Ax = b con 1 0 1 A= 2 1 0 3 2 −1 (4.7) e b = (1, 0, α)T ha • ∞1 soluzioni • ∞2 soluzioni • ∞0 = 1 soluzione • nessuna soluzione Soluzione Si procede come nell’esercizio precedente e si ottiene 1 0 1 1 0 1 −2 −2 0 0 0 α+1 A questo punto studiamo il parametro α e notiamo che (4.8) 20 CHAPTER 4. 25 MARZO • se α = −1, ρ(A) = ρ(A|b) = 2 e il sistema ha ∞1 soluzioni (cioè una variabile libera) • se α 6= −1, il sistema non ha soluzioni ∞2 soluzioni • per nessun valore di α abbiamo ∞0 = 1 o ∞2 soluzioni Per α = −1, abbiamo x2 − 2x3 = −2 ⇒ x2 = −1/2 x1 + x3 = −1 ⇒ x1 = −1 + 3/4 = −1/4 (4.9) Una variabile è libera, per esempio x3 = β ∈ R, da cui x2 = −2β − 2 e x1 = −1 − β. La soluzione, o meglio, la famiglia di soluzioni è quindi: (−1, −2, 0) + β(−1, −2, 1), ∀β ∈ R Sapete dire se questa famiglia di soluzione forma uno spazio vettoriale? La risposta è no, perché non esiste β tale che (0, 0, 0) sia uguale a (−1, −2, 0)+ β(−1, −2, 1). Avremmo uno spazio vettoriale se non ci fosse (−1, −2, 0). Di fatto abbiamo qualcosa di “non tanto diverso” da uno spazio vettoriale: si tratta in fondo di uno spazio vettoriale traslato di (−1, −2, 0). Geometricamente parlando, vedremo in futuro che si tratta di un piano (non contenente l’origine) in R3 . Esercizio 18 Consideriamo il sistema 1 2 A= 1 π Ax = b con 0 0 1 2 1 2 π π (4.10) e b = (1, 0, α, β)T con α, β ∈ R. Quale delle seguenti affermazioni è vera? 1. Esistono α, β per cui il sistema ha infinite soluzioni 2. ∀α ∈ {−1, 0, 1}, se β = −π, allora il sistema ha soluzione. 3. Per α = −1 e β = −π, il sistema ha soluzione (1, 1, −2 − 2a, a)T , ∀a ∈ R 4. Il sistema non ammette mai soluzione, indipendentemente da α e β, perché ci sono più equazioni che incognite 5. Esistono α, β per cui l’insieme delle soluzioni è uno SV 6. Esistono α, β per cui (1, −2, 0)T è soluzione del sistema Soluzione Due affermazioni sono palesemente false: la 4. (può essere vero, ma non lo è in generale), e la 3., perché la soluzione è un vettore di lunghezza 3, non 4! Per il resto, procediamo con la riduzione e poi ci occuperemo dei parametri α, β. 21 4.2. SISTEMI LINEARI Qui non usiamo Gauss: il nostro occhio algebrico nota che la seconda riga di A è somma delle prima e della terza, quindi abbiamo un modo di annullarla subito tutta: r2 → r2 − r1 − r3 1 0 0 1 0 0 0 −1 − α (4.11) 1 1 2 α π π π β Ora riordiniamo: π 1 1 0 π 1 0 0 π 2 0 0 β α 1 −1 − α (4.12) e poi facciamo r2 → r2 − r1 /π π 0 1 0 π 0 0 0 π 1 0 0 β α − β/π 1 −1 − α (4.13) Quindi ρ(A) = 2 indipendentemente dai parametri. β non ha nessun ruolo nel rango, mentre ρ(A) = ρ(A|b) = 3 se α = −1. Poiché il numero di variabili è n = 3, per Rouché-Capelli abbiamo in tal caso un’unica soluzione, una volta fissato anche il parametro β. Proviamo a vedere se v = (1, −2, 0)T è soluzione per qualche β: e e eb la 2. è falsa perché per α = 0 e α = 1 il sistema non ha soluzione. Siano A e matrice e il termine noto ottenuti dopo la riduzione in (4.13): Av = (−π, 0, 1, 0), che coincide con eb = (β, −1 − β/π, 1, 0) per β = −π. 6. è quindi vera. Il sistema ha al più una soluzione, fissati α e β, quindi 1. è falsa. 6. è falsa perché un vettore solitario non costituisce mai uno spazio vettoriale, a meno che non si tratti del vettore nullo. 22 CHAPTER 4. 25 MARZO Chapter 5 1 aprile 5.1 Determinante Come già accennato all’inizio del corso, il determinante è un numero associato ad ogni matrice quadrato. E’ un numero che da solo può dirci alcune informazioni importanti sulla matrice, per esempio la sua invertibilità e informazioni sul suo rango. Si calcola cosı̀: In R2,2 : a b a b = ad − bc (5.1) det = c d c d In R3,3 : a d h b e i c f j =a e i f j −b d h f j +c d h e i (5.2) (qui ho “fissato” la prima riga, ma si può usare qualsiasi riga o colonna)... e poi si estende per induzione a Rn,n con n ≥ 3. 5.2 Regola di Cramer Risoluzione di sistemi lineari n × n usando determinanti: Data A ∈ Rn,n e il sistema Ax = b, allora xi = det Ai det A i = 1, . . . , n. (5.3) Ai è la matrice ottenuta A sostituendo la i-esima colonna con b. Chiaramente dobbiamo avere det A 6= 0 (cioè A invertibile) Dimostrazione di Cramer: Data una matrice quadrata, se facciamo la trasformazione sulle colonne: ci → ci + αcj il determinante resta lo stess; se invece facciamo: ci → αci , α ∈ R, il determinante della nuova matrice è il determinante della vecchia moltiplicato per α. 23 24 CHAPTER 5. 1 APRILE Consideriamo ora A1 = b1 b2 .. . a12 a22 .. . a13 a23 .. . ... ... .. . a1n a2n .. . bn an2 an3 ... ann (5.4) Pn e poiché bi = j=1 aij xj , i = 1, . . . , n, abbiamo det A1 = x1 det A che prova la tesi per x1 . Iterando la procedura per gli altri xi , i = 2, 3, . . . otteniamo la regola di Cramer. Esercizio 19 Risolvere Ax = b 1 A= 1 1 dove 2 1 2 0 3 1 0 b= 0 1 (5.5) usando Cramer. Avrebbe senso risolvere con Cramer il sistema omogeneo con questa stessa A? Soluzione 1 1 1 2 1 2 0 3 1 =1 1 2 3 1 0 0 1 1 1 1 2 1 2 0 0 1 1 1 −2 =1 2 1 2 1 2 3 1 + 0 = (1 − 6) − 2(1 − 3) = −1. 0 3 1 = −2 1 1 1 0 0 1 0 1 0 3 1 −2 0 1 3 1 = 6. = −3 1 1 0 1 (5.6) (5.7) (5.8) + 0 = 1 − 2 = −1. (5.9) Quindi x1 = −6, x2 = 3, x3 = 1. 5.3 Inversione Inversa di un matrice quadrata A: matrice X tale che AX = I (I= identità). Scriviamo: X = A−1 . Invertibilità: A ∈ Rn,n ammette inversa ⇔ |A| = 6 0 ⇔ ρ(A) = n (è massimo) 25 5.3. INVERSIONE Esercizio 20 1 A= 0 3 0 1 0 1 0 . −1 (5.10) A ammette inversa? Se sı̀, calcolare A−1 Soluzione |A| = −4 quindi la matrice è invertibile. Calcoliamo l’inversa. Metodo 1: risoluzione di un sistema lineare (con incognita vettoriale) per ogni colonna Sia b = (1, 0, 0)T e si risolva Ax = b dove x = (x11 , x21 , x31 )T è la prima colonna dell’inversa. Si ottiene x31 = 34 , x21 = 0, e x11 = 41 . Ripetere con b = (0, 1, 0)T e b = (0, 0, 1)T per ottenere la seconda e la terza colonna. Metodo 2: super riduzione Se A−1 esiste, AX = In . Poiché AA−1 = −1 A A = In , moltiplichiamo ambo i membri AX = In per A−1 : A−1 AX = A−1 In , quindi In X = A−1 , da cui X = A−1 . Quindi se super riduciamo (A|In ), cioè otteniamo (In |B), allora B = A−1 . In questo caso: 1 0 1 1 0 0 0 1 0 0 1 0 (5.11) 3 0 −1 0 0 1 By r3 → r3 − 2r1 1 0 0 1 0 0 Procediamo con r1 → 4r1 + r3 : 4 0 0 1 0 0 1 0 −4 1 0 −3 0 0 1 0 0 1 (5.12) 0 0 −4 1 0 −3 0 1 1 0 0 1. (5.13) 0 1/4 1 0 0 −1/4. (5.14) In seguito, r1 → r1 /4, r1 → −r1 /4: 1 0 0 1/4 0 1 0 0 0 0 1 3/4 Per concludere, A−1 1/4 = 0 3/4 0 1/4 1 0 0 −1/4. Metodo 3: Complementi algebrici Consigliato per chi è veloce nel calcolare i determinanti. A−1 = dove Cij sono ottenuti come segue: 1 CT det(A) (5.15) 26 CHAPTER 5. 1 APRILE • eliminare riga i e colonna j in A • calcolare il determinante della matrice cosı̀ ottenuta • moltiplicare il risultato per (−1)i+j 0 In questo caso, si calcola facilmente che C11 = (−1) det = −1, −1 C12 = 0, C13 = −3, C21 = 0, C22 = −4, C23 = 0, C31 = −1, C32 = 0, C33 = 1, da cui si ottiene la matrice finale dividendo il tutto per |A| = −4. 1/4 0 1/4 0 A−1 = 0 1 (5.16) 3/4 0 −1/4. 2 1 0 Esercizio 21 E’ vero che qualunque vettore di R4 può essere scritto come c.l. di vettori in B = {(2, −1, 2, 1), (3, −1, 1, 3), (1, −2, 2, 2), (0, 1, 2, 3)}? Quanti modi conoscete per risolvere questo esercizio? Soluzione La domanda finale è per farci riflettere sul fatto che spesso gli esercizi che facciamo si possono risolvere conoscendo poche nozioni di teoria, ma più teoria sappiamo, meno tempo ci mettiamo. Chiamo: b1 , b2 , b3 , b4 gli elementi di B (nell’ordine presentato sopra). • Se conosciamo solo il concetto di c.l. e le relative operazioni: Prendiamo un generico v ∈ R4 e usiamo la definizione di c.l., cioè ci domandiamo se esistono αi , i = 1, 2, 3, 4 tali che, fissato un qualsiasi v v= 4 X αi bi . i=1 Abbiamo quindi un sistema lineare nelle variabili αi (v è un parametro, non una variabile). Tempo di risoluzione: non poco. • Se conosciamo anche le matrici e Rouché-Capelli: P4 Pensiamo ai bi come vettori colonna. Allora i=1 αi bi = Bα dove B è la matrice che ha sulle colonne b1 , . . . b4 e α è il vettore colonna (α1 , . . . , α4 )T . Abbiamo quindi il sistema: v = Bα. Ora ci basta notare che B ha rango massimo (o determinante diverso da zero) per usare Rouché-Capelli e concludere che tale sistema ha un’unica soluzione, indipendentemente da v. Quindi per qualunque v fissato, trovo α tale che v può essere scritto come c.l. di elementi di B. Tempo di risoluzione: qualche minuto per calcolare il determinante o il rango della matrice 4 × 4. 5.3. INVERSIONE 27 • Se conosciamo anche il concetto di dimensione e base, e sappiamo che R4 ha dimensione 4: ci basta verificare che B è l.i. per dedurre che è una base (e quindi genera ogni vettore in R4 ). Mettiamo i suoi elementi in una matrice e verifichiamo tramite rango o determinante. Tempo di risoluzione: come prima, qualche minuto per calcolare il determinante o il rango della matrice 4 × 4. Qui però non si pensa nemmeno al sistema lineare, quindi si guadagna qualche secondo. Esercizio 22 (difficile) Sia n = p + q e B C A= D E dove B e E sono matrici quadrate rispettivamente p × p e q × q. Dimostrare cge (a) Se p < q e E = 0, allora det(A) = 0. (b) Se p = q e C = 0, allora det(A) = det(B) det(E). (c) Se C = 0 e D = 0, allora det(A) det(B) det(E). 28 CHAPTER 5. 1 APRILE Chapter 6 15 aprile 6.1 Applicazioni lineari • Dati due SV U e V su campo K, un’applicazione f : U → V è detta lineare se per ogni α, β ∈ K e per ogni u, w ∈ U , f (αu + βw) = αf (u) + βf (w). • Nucleo di un’a.l.: kerf = {u ∈ U : f (u) = 0V } • Immagine di un’a.l.: Imf = {v ∈ V tale che esiste u ∈ U : f (u) = v} • Teorema: ker e Im sono sottospazi risp. di U and V , e dim(kerf ) + dim(Imf ) = dimU • Un’a.l. è determinata se è definita su una base di U Esercizio 23 Trovare l’a.l. f : R3 → R tale che f (1, 2, 1) = f (0, 0, 1) = 0 and f (0, 1, 0) = 1. Trovare kerf e Imf . Soluzione Prima di tutto, notiam che B = {b1 , b2 , b3 }, dove b1 = (1, 2, 1), b2 = (0, 0, 1), b3 = (0, 1, 0), è un base di R3 . Il nostro obiettivo è srcivere esplicitamente f (u) = ... per ogni u ∈ R3 . Poiché B è una base sappiamo che esistono (e sono unici) α, β, γ ∈ R tali che u = αb1 + βb2 + γb3 , da cui calcoliamo α = u1 , β = u3 − u1 , γ = u2 − 2u1 . Ora, usando la linearità: f (u) = f (αb1 + βb2 + γb3 ) = αf (b1 ) + βf (b2 ) + γf (b3 ) = u1 f (b1 ) + (u3 − u1 )f (b2 ) + (u2 − 2u1 )f (b3 ) = u2 − 2u1 . In conclusione, f (u) = u2 − 2u1 . 29 30 CHAPTER 6. 15 APRILE dim(kerf ) + dim(Imf ) = dim(U ) = 3. Ora, Imf ⊆ R, quindi la sua dimensione può essere 0 o 1. Se fosse 0, Imf = {0}, ma non è cosı̀ perché 1 è contenuto in essa. Quindi dim(Imf ) = 1, e dim(kerf ) = 2. Dalle dimensioni ricostruiamo subito gli spazi. Infatti, Imf = R (per ogni U ss di W , se dimU = dimW , allora U = W ), e poiché {b1 , b2 } ⊂ kerf e b1 and b2 sono linearmente indipendenti, allora kerf = L{b1 , b2 }. Quiz 1 Quale delle seguenti non è un’a.l.? 1. U = V = R3 , ∀u = (u1 , u2 , u3 ) ∈ R3 , f (u) = (u3 , u2 , u1 ) 2. U = C[0, 1], V = R, ∀g ∈ U , f (g) = g(0) 3. U = R2 , V = C[0, 1], ∀u ∈ R2 f (u) = u1 ex + u2 e2x 4. U = R2 , V = C[0, 1], ∀u = (u1 , u2 ) ∈ R2 f (u) = u1 u2 ex . Soluzione 1. ∀u, v ∈ R3 , α, β ∈ R, f (αu + βv) = f (αu1 + βv1 , αu2 + βv2 , αu3 + βv3 ) = (αu3 + βv3 , αu2 + βv2 , αu1 + βv1 ) = αf (u) + βf (v) ⇒ a.l.. 2. ∀g, h ∈ U , α, β ∈ R, f (αg + βh) = (αg + βh)(0) = αg(0) + βh(0) =αf (g) + βf (h) ⇒ a.l.. 3. ∀u, v ∈ R2 , α, β ∈ R, f (αu + βv) = (αu1 + βv1 )ex + (αu2 + βv2 )e2x = αu1 ex + αu2 e2x + βv1 ex + βv2 e2x = αf (u) + βf (v) ⇒ a.l.. 4. ∀u, v ∈ R2 , α, β ∈ R, f (αu + βv) = (αu1 + βv1 )(αu2 + βv2 )ex αf (u) + βf (v)(αu1 u2 βv1 v2 )ex ⇒ NO a.l.. Un’a.l. f : U → V è detta iniettiva se f (u) = f (v), (u, v ∈ U ) implica u = v, mentre è detta suriettiva se Imf = V . E’ facile provare che f iniettiva ⇔ kerf = {0} ⇔ dim(kerf ) = 0 Quiz 2 Sia f : R≤2 [x] → R3 un’a.l. tale che f (1) 6= 0, f (19x) 6= 0, f (2x2 −x) 6= 0. Quale delle seguenti affermazioni è necessariamanete vera? 1. f è iniettiva 2. f è suriettiva 31 6.1. APPLICAZIONI LINEARI 3. dim(Imf ) ≥ 1 4. dim(kerf ) = 2 Soluzione dimR≤2 (x) = 3, allora dim(ker(f )) + dim(Im(f )) = 3. Le possibili combinazioni sono: 0+3; 1+2; 2+1; 3+0. Poiché f (1) 6= 0 sappiamo che ker(f ) 6= R≤2 (x),quindi dim(kerf ) < 3 . 3. è vera necessariamente perché se dim(ker(f )) ∈ {0, 1, 2}, allora dim(Imf ) ∈ {3, 2, 1}. Possiamo costruire facilmente un controesempio di f con nucleo di dimensione 1 per verificare che 1., 2., 4. sono false. Per esempio, possiamo considerare la f tale che kerf = L{x2 }, f (1) = (0, 0, 1), e f (x) = (1, 0, 0). Quiz 3 Data l’a.l. f tale che (1, −1) ∈ kerf e (2, −1) ∈ f −1 (1, −1, 1, −1) (f −1 = controimmagine), la matrice M t.c. ∀u ∈ R2 , f (u) = M u è 1. 2 −1 2 −1 1 −1 1 −1 2 −1 M = 2 −1 2. 1 −1 M = 1 −1 3. 1 1 −1 −1 1 1 −1 −1 1 1 −1 −1 1 1 −3 −1 M= 4. M= Quiz 4 Data f definita nel Quiz 3, quale delle seguenti è vera? 1. ker(f ) = L{(1, −1)} e Im(f ) = L{(1, −1, 1, −1)} 2. dim(kerf ) + dim(Imf ) = 4 3. ker(f ) = L{(1, −1), (0, 1)} 4. Una base per ker(f ) è {(1, −1), (0, 0)} Esercizio 24 Data f definita nel Quiz 3, e data g : R4 → R2 definita da g(v) = (v1 , 0), studiare Im(g ◦ f ) e ker(g ◦ f ) Soluzione Quiz 3: 2. 32 CHAPTER 6. 15 APRILE 3. e 4. sono false perché la dimensione di M deve essere 4 × 2, not 2 × 4. La condizione sul nucleo vale sia per 1. che per 2., ma 2 −1 2 1 0 f = 2f −f = 2 −1 0 1 −1 Soluzione Quiz 4: 1. Sappiamo che dim(kerf ) + dim(Imf ) = dim(R2 ) = 2. Quindi 2. è falsa. Nulceo e immagine contengono almeno un vettore non nullo, quindi dim(kerf ) ≥ 1, dim(Imf ) ≥ 1, ma poiché la somma è 2, dim(kerf ) = dim(Imf ) = 1, e 1. è vera. 3. è falsa perché kerf non può essere generata da due vettori l.i. e 4. è falsa perché (0, 0) non appartiene mai ad una base! (mentre kerf = L{(1, −1), (0, 0)} sarebbe stato corretto!). Provare a risolvere l’esercizio anche in modo costruttitivo, cioè senza guardare le risposte multiple. Come si deve procedere? Chapter 7 22 aprile 7.1 Matrice associata ad un’a.l. Applicazione lineare ⇔ Matrice • B = {b1 , . . . , bm } base di U u = λ1 b1 + · · · + λm bm , indichiamo con (u)B = (λ1 , . . . , λm ) la rappresentazione (unica) di u rispetto a B. • Rappresentazione = sequenza coefficienti rispetto ad una base • Attenzione all’ordine degli elementi della base! • f : U → V a.l., B = {b1 , b2 , . . . , bm } base di U , C base di V MfB,C associata a f rispetto alle B e C: .. . (f (b = 1 ))C .. . MfB,C .. . (f (b2 ))C .. . .. . ··· .. . .. . (f (bm ))C .. . MfB,C ha dim(V ) righe e dim(U ) = m colonne 2 0 1 Esercizio 25 Data M = 1 −1 0 sia f : R3 → R3 l’endomorfismo 0 0 3 1 tale che f (u) = M u. Trovare la matrice MfB 2 associata a f rispetto a B = {b1 , b2 , b3 } = {(1, 0, 0)T , (0, 1, 0)T , (1, 1, 1)T } Soluzione f (b1 ) = (2, 1, 0)T = 2b1 + b2 ⇒ 1 colonna: (f (b1 ))B = (2, 1, 0)T f (b2 )T = (0, −1, 0)T = −b2 ⇒ 1 colonna: (f (b2 ))B = (0, −1, 0)T 1 Chiamiamo 2 Per endomorfismo ogni a.l. del f : V → V (da uno SV in se stesso) brevità, scriviamo MfB invece di MfB,B quando la base è la stessa 33 34 CHAPTER 7. 22 APRILE [Notare che in questi due casi vettori e rappresentazioni rispetto a B coincidono... perché b1 e b2 sono vettori della base canonica!] f (b3 ) = (3, 0, 3)T = 3b3 − 3b2 3 colonna: (f (b3 ))B = (0, −3, 3)T . 2 0 0 MfB = 1 −1 −3 0 0 3 Quiz 5 Sia f endomorfismo di R2 tale che per u = (1, 2) f (u) = 2u e per v = (−1, 3), f (v) = u 3 3 è la matrice associata a f rispetto alla base canonica (a) = 8 6 E = {e1 , e2 } = {(1, 0), (0, 1)} (b) MfE 1 5 MfE 1 5 = (c) MfB = 2 0 1 8 3 6 1 0 è la matrice associata a f rispetto a E è la matrice associata a f rispetto alla base B = {u, v} 2 1 = è la matrice associata a f rispetto alla base B = (d) 0 0 2 2 {u, f (v)}, dove f (u) = f (f (u)). MfB Soluzione Iniziamo a lavorare sulla (c), dato che conosciamo già i valori di f sugli elementi u e v della base data. f (u) = 2u ⇒ (f (u))B = (2, 0)T f (v) = u ⇒ (f (u))B = (1, 0)T Quindi (c) è vera. Per completezza, calcoliamo MfE Notiamo che f (u) = f (e1 ) + 2f (e2 ) f (v) = −f (e1 ) + 3f (e2 ) Sommando e sottraendo questo due equazioni otteniamo facilmente 1 (4, 8)T 5 1 f (e2 ) = − (3, 6)T 5 f (e1 ) = cioè 4 3 = 8 6 (d) è falsa perché f 2 (v) = f (f (v)) = f (u = 2u, quindi u e f 2 (u) sono linearmente dipendenti e non formano una base! MfE 1 5 35 7.2. CAMBIAMENTO DI BASE 7.2 Cambiamento di base • v ∈ V , V s.v. di dimensione N • B = {b1 , . . . , bN }, C = {c1 , . . . , cN } basi di V • (v)B (risp. (v)C ) rappresentazione di v rispetto a B (risp. C) • Esiste una matrice quadrata P B,C (v)B = P B,C (v)C • P B,C ha per colonne (c1 )B , . . . (cN )B • P B,C è invertibile e (P B,C )−1 = P C,B ; • P B,C è detta matrice di cambiamento di base. Esercizio 26 Sia E la base canonica di R3 e C = {(1, 2, 3), (1, 0, 0), (0, 0, 1)}. • Calcolare P E,C ... • ... e P C,E • Qual è la rappresentazione di v = (1, 2, 3) rispetto a C? Soluzione P E,C 1 = 2 3 1 0 0 0 0 1 (Nessun calcolo è necessario per P E,C , basta aver capito la definiizione di matrice di cambiamento di base) In seguito, notiamo facilmente che e1 = c2 = 0c1 + 1c2 + 0c3 ⇒ (e1 )C = e2 (e3 ) = c3 = 0c1 + 0c2 + 1c3 ⇒ (e3 )C = e3 1 3 1 1 (e2 ) = c1 − c2 − c3 ⇒ (e2 )C = (1, −1, −3)T 2 2 2 2 L’espressione per e2 richiede qualche calcolo in più, di fatto si risolve il sistema e2 = x1 c1 + x2 c2 + x3 c3 , che però è molto semplice (suggerimento: scrivere l’equazione sulla seconda componente, poi sula terza, infine sulla prima). In conclusione, 1 0 0 2 P C,E = 1 − 12 0 0 − 32 1 (Volendo P C,E si puà anche calcolare come inversa di P E,C : per esercizio, verificare che sono l’una l’inversa dell’altra.) Per v = (1, 2, 3)T , si ha (v)C = (1, 0, 0)T . 36 CHAPTER 7. 22 APRILE 7.3 Applicazioni lineari e cambiamenti di base • f :U →V • B, B 0 basi di U • C, C 0 basi di V • Vale la relazione: 0 P C,C MfB 0 ,C 0 = MfB,C P B,B 0 Esercizio 27 Siano • U = R≤2 [x], B = {1, x, x2 − 5} base di U . • C = {(1, 0), (1, 1)} base di V = R2 . • D = {(0, 1), (1, 2)} base di V = R2 . • f : U → V data da f (a0 + a1 x + a2 x2 ) = (a0 + a1 , a1 − a2 ) 1. Trovare la matrice associata a f rispetto a B e C. 2. Trovare la matrice associata a f rispetto a B e D. 3. Discutere iniettività e suriettiva di f . Soluzione 1. f (1) = (1, 0)T ⇒ (f (1))C = (1, 0)T f (x) = (1, 1)T ⇒ (f (x))C = (0, 1)T f (x2 − 5) = (−5, −1)T ⇒ (f (x2 − 5))C = (−4, −1)T da cui MfB,C = 1 0 0 1 −4 −1 2. Possiamo usare la relazione (7.1), che in questo caso è P C,D MfB,D = M B,C P B,B quindi MfB,D = P D,C M B,C P B,B . Chiaramente P B,B è l’identità, quindi MfB,D = P D,C M B,C . Ci manca solo PD,C : c1 = −2d1 + d2 ⇒ (c1 )D = (−2, 1)T c2 = −d1 + d2 ⇒ (c1 )D = (−1, 1)T (7.1) 37 7.3. APPLICAZIONI LINEARI E CAMBIAMENTI DI BASE quindi P D,C = −2 1 −1 1 In conclusione: MfB,D = −2 1 −1 1 1 0 0 1 −4 −1 = −2 1 −1 1 9 −5 In alternativa, si poteva procedere come per il calcolo di MfB,C . 3. Per studiare iniettività e suriettività possiamo usare il risultat. Sia Mf la matrice associata all’a.l. f : V → W , non importa rispetto a quale base. Allora, dim(Imf ) = ρ(Mf ); dim(kerf ) = dimV − ρ(Mf ) In questo caso, abbiamo ρ(MfB,C ) = 2 quindi dim(Imf ) = 2, cioè Imf = R2 . f è quindi suriettiva. Infine, dim(kerf )=1, quindi f non è iniettiva. 38 CHAPTER 7. 22 APRILE Chapter 8 29 aprile 8.1 Autovettori, autovalori 1. Data A ∈ Rn×n , v ∈ Rn (non nullo) è detto autovettore di A se esiste λ ∈ R tale che Av = λv 2. Tale λ è detto autovalore di A. 3. Calcolo autovalori: det(A − λI) = 0 det(A − λI) = polinomio caratteristico. 4. Dati gli autovalori, gli autovettori sono le soluzioni di (A − λI)v = 0. 5. Autospazio = SV generato da autovettori Quiz 6 1 0 3 1 −2 0 1 0 −1 (a) non ha autovettori perché è quadrata (b) ha solo autovalore λ = −2 (c) ha due autovalori complessi (d) ha due autovalori reali Infine, calcolare autovettori e autospazi (a) è falsa (gli autovettori si calcolano solo per matrici quadrate!). Per valutare le altre risposte, calcoliamo gli autovalori. Soluzione Autovalori: 1−λ det 0 3 1 −2 − λ 0 ⇒ λ1 = 2, λ2 = −2 39 1 = (2 + λ)(4 − λ2 ) = 0 0 −1 − λ 40 CHAPTER 8. 29 APRILE (d) è l’affermazione corretta. Autovettori per λ1 = 2: −1 0 3 1 −4 0 1 0 v = 0 ⇒ v = (α, 0, α)T = α(1, 0, 1)T , α ∈ R −3 Autospazio: L{(1, 0, 1)T }. Autovettori per λ = −2: 3 1 1 0 0 0 v = 0 ⇒ v = (α, 0, −3α) = α(1, 0, −3), α ∈ R 3 0 1 Autospazio: L{(1, 0, −3)T }. 8.2 Molteplicità e diagonalizzazione Sia λ autovalore di A ∈ Rn×n 1. µ = molteplicità algebrica di λ = esponente di (x − λ) nel polinonio caratteristico. 2. ν = molteplicità geometrica di λ = dim dell’autospazio generato dagli autovettori relativi a λ. 3. 1 ≤ ν ≤ µ sempre. Inoltre, la somma delle µ è n 4. Se per tutti gli autovalori si ha ν = µ, A è detta diagonalizzabile 5. o equivalentemente diciamo che l’endomorfismo f associato ad A è semplice 6. gli autovettori di un matrice diagonalizzabile formano una base. 7. A, B ∈ Rn×n sono simili se esiste P ∈ Rn×n tale che A = P BP −1 8. A è diagonalizzabile ⇔ è simile ad una matrice diagonale D (nello specifico, D = P −1 AP dove P è la matrice che ha sulle colonne gli autovettori di A) Quiz 7 Sia f un endomorfismo non suriettivo R3 che ha 2 e 4 tra i suoi autovalori (a) 2 e 4 sono gli unici autovalori di f (b) l’autospazio associato all’autovalore 2 può avere dimensione 3 (c) f è semplice (d) f è iniettivo Soluzione Soluzione of Quiz 7 (c) Un endomorfismo non suriettivo ha sempre l’autovalore 0. 8.2. MOLTEPLICITÀ E DIAGONALIZZAZIONE 41 Infatti se l’endomorfismo f non è suriettivo, il suo nucleo contiene sempre qualcosa di diverso da 0 (quindi in particolare (d) è falsa). Sia v 6= 0 nel nucleo f . Allora f (v) = 0, cioè f (v) = 0v. Quindi v è un autovettore associato all’autovalore 0. In questo esempio abbiamo quindi tre diversi autovalori λ1 = 0, λ2 = 2, λ3 = 4. (a) e (b) sono allora false. (c) è vera perché per ogni endomorfismo autovalori tutti diversi ⇒ endomorfismo semplice Ricordare che il viceversa è falso. Quiz 8 (a) (b) (c) (d) a 0 0 a a∈R non è diagonalizzabile ha tutti gli autovettori nulli ha due autospazi rispettivamente generati da (a, 0) e (0, a) ha autospazio R2 Soluzione La matrice ha autovalore λ = a con µ = 2 e autospazio R2 (ν = 2). La matrice è quindi diagonalizzabile (il che era anche ovvio semplicemente già osservando che la matrice è diagonale...). (d) è la risposta corretta. (b) è falsa in generale: gli autovalori non sono mai nulli. Esercizio 28 Sia fα , α ∈ R, l’endomorfismo di R2×2 definito da x y x + αy 2x + 2y fα = z t z + 2t 2z + t 1 1. Per α ∈ − 8 , 3 , fα è semplice? (8.1) 2. Per α = 3, scrivere una base C di R2×2 formata da autovettori 3. Per α = 3, scrivere la matrice di cambiamento di base dalla base canonica aC 4. Trovare tutti i valori di α per cui fα è semplice [LUNGO!] Soluzione Risoluzione del punto 4. Per valutare se si tratta di un endomorfismo semplice calcoliamo autovalori/autovettori di una matrice associata a f rispetto ad una certa base. La base la scegliamo noi e se non vogliamo complicarci la vita ci conviene scegliere la base canonica. Dobbiamo quindi costruire la matrice 4 che abbia su ogni colonna f (ei )E , i = 1, 2, 3, 4 dove E è la base canonica definita da: 1 0 0 1 0 0 0 0 E = {e1 , e2 , e3 , e4 } = , , , 0 0 0 0 1 0 0 1 x y x y Notare che per un qualsiasi v = ∈ R2,2 , (v)E = z . z t t 42 CHAPTER 8. 29 APRILE Quindi: f 1 0 0 0 = 1 0 2 0 1 2 ⇒ (f (e1 ))E = 0 0 Ripetendo il ragionamento per e2 , e3 , e4 , otteniamo 1 α 0 0 2 2 0 0 MfE = 0 0 1 2 . 0 0 2 1 (8.2) Calcoliamone gli autovalori: 1−λ 2 0 0 α 0 2−λ 0 0 1−λ 0 2 0 0 2 1−λ = (1 − λ)(2 − λ) − 2α (1 − λ)2 − 4 . Si tratta quindi di trovare gli zeri di due polinomi di secondo grado: • (1 − λ)2 − 4 = λ2 − 2λ − 3 ha zeri λ1 = −1 e λ2 = 3 • (1 − λ)(2 − λ) − 2α = λ2 − 3λ + 2 − 2α ha zeri: λ3,4 = √ 3± 1+8α 2 Notiamo che • λ3 = • λ4 = √ 3+ 1+8α 2 √ 3− 1+8α 2 • λ3 = λ4 = 3 2 > 0 e coincide con λ2 = 3 se α = 1 < 0 e coincide con λ2 = −1 se α = 3 se α = − 81 In tutti gli altri casi abbiamo 4 diversi autovalori, quindi l’endomorfismo è sempre semplice per α ∈ / {1, 3, − 18 }. Nei suddetti casi invece dobbiamo verificare le molteplicità per verificare se la matrice è diagonalizzabile (⇔ f è semplice) Nello specifico otteniamo (β, γ ∈ R): • α = − 18 Autovalori Autovettori Molt. alg. Molt. geom. λ1 = 3 0 0 v(1) = γ 1 1 µ1 = 1 ν1 = 1 ⇒ Non semplice λ2 = −1 λ3 = 0 0 v(2) = γ 1 −1 µ2 = 1 ν2 = 1 3 2 1 −4 v(3) = γ 0 0 µ3 = 2 ν3 = 1 43 8.2. MOLTEPLICITÀ E DIAGONALIZZAZIONE • α=1 λ2 = −1 β 2β v(2) = γ Autovettori v(1) = γ γ Molt. alg. µ2 = 1 µ2 = 1 Molt. geom. ν1 = 2 ν2 = 1 Autovalori λ1 = 3 0 0 1 −1 λ3 = 0 1 −1 v(3) = γ 0 0 µ3 = 1 ν3 = 1 ⇒ Semplice • α=3 Autovalori Autovettori Molt. alg. Molt. geom. λ1 = 3 0 0 v(1) = γ 1 1 µ2 = 1 ν1 = 1 λ2 = −1 λ3 = 4 1 1 v(3) = γ 0 0 µ3 = 1 ν3 = 1 β β v(2) = − 23 γ −γ µ2 = 2 ν2 = 2 ⇒ Semplice • α∈ / {1, 3, − 81 } √ 3− 1+8α 2 λ3 −2 2 λ1 = 3 λ2 = −1 λ3 = v(1) v(2) v(3) = γ 0 0 =γ 1 1 0 0 =γ 1 −1 1 0 0 λ4 = √ 3+ 1+8α 2 λ4 −2 2 v(3) = γ ⇒ Semplice (autovalori tutti distinti) 2. Base di R2,2 formata da autovettori di f3 : 3 0 0 1 0 0 −2 1 , , , 1 −1 0 1 1 0 0 1 0 C,E C,E 3. Dobbiamo calcolare la matrice tale che (v) (v)E , per ogni P C = P .. . · · · (e ··· v ∈ R2,2 . Sappiamo che P C,E = i )C .. . Quindi: 0 2 C,E − 5 P 0 2 5 0 1 2 2 5 0 3 5 0 0 1 2 1 2 0 − 12 0 1 0 0 44 CHAPTER 8. 29 APRILE Chapter 9 6 maggio 9.1 Matrici simmetriche A ∈ Rn,n • A simmetrica ⇒ A diagonalizzabile • A simmetrica ⇒ autovettori di A sono a due a due ortogonali • A simmetrica ⇒ autovettori di A (opportunamente normalizzati) formano una base ortonomale, cioè una base di vettori ortogonali tra loro e normalizzati (cioè con k·k2 = 1) Esercizio 29 Nell’esercizio precedente, si può dire per quali valori di α la matrice MfEα è simmetrica solo guardando gli autovettori? Soluzione Possiamo cioè usare le proprietà delle matrice simmetriche in negativo per escludere i casi in cui sicuramente non c’è simmetria: • A non diagonalizzabile ⇒ A non simmetrica • autovettori di A non ortogonali tra loro ⇒ A non simmetrica Inoltre ricordiamo che una matrice è diagonalizzabile se e solo ammette una base di autovettori e che • A ammette una base di autovettori, a due a due ortogonali ⇔ A è simmetrica Quindi abbiamo: Per α = −1/8, gli autovettori sono a due a due ortogonali, ma non formano una base, cioè la matrice non è diagonalizzabile e quindi non può essere simmetrica. For α ∈ 1, 3 gli autovettori non sono ortogonali,quindi la matrice non può essere simmetrica. Infine, per α ∈ / {− 81 , 1, 3}, gli autovettori formano una base, e sono ortogonali per α = 2. Infatti si verifica facilmente che tutti gli autovettori sono sempre ortogonali tra loro, indipendentemente da α, tranne v3 e v4 , per i quali dobbiamo impostare l’equazione: 45 46 CHAPTER 9. 6 MAGGIO v3 · v4 = 0. Possiamo concludere che la matrice simmetrica se e solo se α = 2 (il che può essere facilmente verificato mettendo tale valore nella matrice). Quiz 9 Dati U = L{(1, 0, 1), (0, 1, 0)} e V = L{(1, 2, 3)}, (a) ogni endomorfismo di R3 con autospazi U e V è semplice (b) ogni matrice con autospazio U ha (1, 1, 1)T sulla seconda colonna (c) esiste più di una matrice reale simmetrica con autospazi U e V (d) esiste un’unica matrice reale simmetrica con autospazi U e V Soluzione (a) è vero perché gli autovettori (= i vettori di base di U e V ) formano una base. (c) e (d) sono false perché gli autovettori non sono ortogonali (per esempio (1, 2, 3)·(0, 1, 0) = 2). Se pensiamo all’endomorfismo come una matrice A ∈ R3,3 sappiamo che dato un autovettore v ∈ R3 , esiste λ ∈ R tale che Av = λv. Se chiamiamo λU e λV gli autovalori (non noti) relativi rispettivamente a U e V , e indichiamo con A(i) l’i-esima colonna di A abbiamo A(1) + A(3) = λU (1, 0, 1)T A(2) = λU (0, 1, 0)T A(1) + 2A(2) + 3A(3) = λV (1, 2, 3)T da cui vediamo chiaramente che A(2) non può mai essere (1, 1, 1)T . Domanda: i soli autovettori definiscono univocamente la matrice? No. Nel caso sopra, diversi valori di λU e λV danno luogo a matrici diverse. Una volta però fissati gli autovalori la matrice è univocamente fissata. Con semplici calcoli, otteniamo infatti: 1 1 λU (1, 0, 1)T − λV (1, 2, 3)T − λU (0, 1, 0)T 2 2 = λU (0, 1, 0)T A(1) = A(2) 2A(3) = λV (1, 2, 3)T − λU (1, 0, 1)T − 2λU (0, 1, 0)T In generale, ogni matrice diagonalizzabile è univocamente definita una volta noti i suoi autovettori e autovalori. Quiz 10 Dati U = L{(1, 0, 1), (0, 1, 0)} e V = L{(1, 0, −1)}, (a) la matrice associata ad un endomorfismo di R3 con autospazi U e V non è diagonalizzabile (b) ogni matrice con autospazio U ha (1, 1, 1)T sulla seconda colonna (c) esiste più di una una matrice reale simmetrica con autospazi U e V (d) esiste un’unica matrice reale simmetrica con autospazi U e V 47 9.1. MATRICI SIMMETRICHE Soluzione (c) I vettori di U e V formano una base e sono ortogonali. Possiamo quindi sicuramente costruire matrici simmetriche che li hanno come autovettori. Con calcoli analoghi al quiz precedente, otteniamo: 2A(1) = λU (1, 0, 1)T + λV (1, 0, −1)T A(2) = λU (0, 1, 0)T 2A(3) = λU (1, 0, 1)T − λV (1, 0, −1)T quindi 1/2 A = λU 0 1/2 0 1/2 1/2 1 0 + λV 0 0 1/2 −1/2 0 −1/2 0 0 0 1/2 In conclusione A è sempre simmetrica e dipende dai valori di λU , λV ∈ R (→ infinite possibilità). 48 CHAPTER 9. 6 MAGGIO Chapter 10 13 maggio 10.1 Coniche f (x, y) = a11 x2 + a22 y 2 + 2a12 xy + 2a13 x + 2a23 y + a33 = 0 a11 B = a12 a13 a12 a22 a23 a13 a23 a33 A= a11 a12 a12 a22 x x x f (x, y) = (x, y)A + 2(a13 , a23 ) + a33 = (x, y, 1)B y y y 1 det(A) > 0 ⇒ ellisse det(B) 6= 0 ⇒ non degenere Forme canoniche: • E: • I: x2 a2 x2 a2 + − y2 b2 y2 b2 < 0 ⇒ iperbole = 0 ⇒ parabola = 0 ⇒ degenere (punto, coppia di rette) = 1; = ±1; • P: y = ax2 , x = ay 2 . 10.2 Riduzione di coniche alla forma canonica Rotazione + Traslazione • Rotazione: matrice di rotazione P = ortogonale (P −1 = P T ) speciale (detP = 1) che diagonalizza A. A è simmetrica ⇒ P esiste; colonne di P = autovettori (normalizzati) di A 49 50 CHAPTER 10. 13 MAGGIO • Traslazione: completamento dei quadrati x x 1. (x, y)A + 2(a13 , a23 ) + a33 = 0 y y 2. P −1 AP = P T AP = D (D= matrice diagonale degli autovalori) 0 x x 3. =P (sistema di riferimento ruotato) y y0 4. Sostituisco 3. in 1. 0 T 0 0 x x x P AP + 2(a , a )P + a33 = 0 13 23 y0 y0 y0 0 0 T (x , y )P AP 0 0 (x , y )D x0 y0 x0 y0 x0 y0 + 2(a13 , a23 )P + 2(a13 , a23 )P λ1 x02 + λ2 y 02 + 2(a13 , a23 )P x0 y0 x0 y0 + a33 = 0 + a33 = 0 + a33 = 0 L’ultima equazione è quella che dobbiamo tenere a mente per gli esercizi e rappresenta la conica nel sistema di riferimento ruotato. In essa, non ci sono più termini “misti” in x0 y 0 . Procediamo poi con la traslazione, aiutandoci con il metodo del completamento dei quadrati. Esercizio 30 Classificare e ridurre 4x2 + 4xy + y + y 2 = 0 alla forma canonica Soluzione 4 B= 2 0 2 0 1 1/2 1/2 0 A= 4 2 2 1 (10.1) det A = 0, quindi la conica è una parabola. Gli autovalroi di A sono λ1 = 0 e λ2 = 5. Gli autospazi corrispondenti sono Vλ1 = L{(1, −2)} e Vλ2 = L{(2, 1)}. Normalizziamo gli autovettori di base, cioè dividiamoli per √ la loro norma. In questi caso entrambi gli autovettori di base hanno norma 5. Quindi la matrice ortogonale speciale P che determina la rotazione è: 1 1 2 P =√ (10.2) −2 1 5 Osservazione: si verifica facilmente che P è ortogonale e speciale. Cosa sarebbe successo se avessi scelto altri autovettori di base? Dal punto di vista dell’ortogonalità, nulla. Bisogna però controllare che il determinante sia +1. 10.2. RIDUZIONE DI CONICHE ALLA FORMA CANONICA 51 Per esempio, (−1, 2) è un autovettore di λ1 , ma darebbe luogo ad una P con determinante -1. Attenzione quindi a scegliere autovettori che diano determinante +1. Abbiamo quindi: 1 5y 02 + 2(0, 1/2)P (x0 y 0 )T = 5y 2 + √ (−2, 1)(x0 , y 0 )T = 5 1 0 2 0 02 5y − √ x + √ y = 0. 5 5 1 − √25 x0 = 0 da Infine, tramite completamento del quadrato: 5(y 0 + 101√5 )2 − 100 √ cui 5y 002 − √25 x00 = 0, dove y 00 = y 0 + 101√5 e x00 = x0 + 2005 . (x00 , y 00 ) è il nuovo sistema di riferimento ottenuto traslando (x0 , y 0 ), ovvero rototraslando (x, y). √ La forma canonica è quindi: x00 = 5 2 5 y 002 . Esercizio 31 Classificare e ridurre 4x2 + 4xy + y + y 2 + 2x = 0 alla forma canonica Soluzione A è uguale a prima, mentre detB = 0, quindi abbiamo una parabola degenere. Sfruttando lo studio degli autovalori e autovettori dell’esercizio precedente, otteniamo: 1 5y 02 + 2(1, 1/2)P (x0 y 0 )T = 5y 2 + √ (−2, 1)(x0 , y 0 )T = 5 √ 0 02 5y + 5y = 0. 1 y 0 (y 0 + √ ) = 0. 5 ovvero abbiamo due rette parallele y 0 = 0 e y 0 = − √15 . Notiamo che in questo caso (e spesso questo capita nelle coniche degeneri) avremmo potuto scoprire che si trattava di due rette parallele anche solo fattorizzando la forma quadratica di partenza: 4x2 + 4xy + y + y 2 + 2x = (2x + y)2 + 2x + y = (2x + y)(2x + y + 1). Uguagliando a 0, ottengo le rette parallele y = −2x e y = −2x − 1. Per esercizio: calcolare la distanza tra le due rette parallele cosı̀ ottenute (a) con la formula; (b) semplicemente guardando le loro equazioni in (x0 , y 0 ), √ Esercizio 32 Ridurre 3x2 + 2xy + 3y 2 + 2 2x = 0 alla sua forma canonica. Soluzione y 002 x002 3/4 + 3/8 = 1. Esercizio 33 Ridurre x2 + 2y 2 − 4x + 3y + 1 = 0 alla sua forma canonica. Soluzione y 02 x02 33/8 + 33/16 = 1 52 CHAPTER 10. 13 MAGGIO Esercizio 34 Ridurre x2 − 2y 2 + x + 1 = 0 alla sua forma canonica. Soluzione y 02 x02 3/4 − 3/8 = −1 Esercizio 35 Ridurre x2 + y 2 + 2xy − 3 = 0 alla sua forma canonica. Soluzione √ √ x + y = 3 e x + y = − 3. Quiz 11 Data f (x, y) = 4x2 + 12xy + 9y 2 (a) Esiste (x, y) tale che f (x, y) < 0 (b) f (x, y) = 1 è un’iperbole (c) f (x, y) = 0 implica (x, y) = (0, 0) (d) I punti che soddisfano f (x, y) = 0 formano una retta Soluzione (d). f (x, y) = 4x2 + 12xy + 9y 2 = (2x + 3y)2 quindi f (x, y) = 0 se e solo se 2x + 3y = 0, che è una retta Quiz 12 tx2 + 2xy + ty 2 + 2y = 0 (a) è un’ellisse t = 1 (b) è una parabola per un numeri finito di valori di t (c) non è mai un’iperbole (d) è una parabola per infiniti valori di t Soluzione t 1 0 (b). det 1 t 1 = −t quindi la conica è non degenere per t 6= 0. 0 1 0 t 1 det = t2 − 1 = 0 per t = ±1. 1 t For fun: Software che calcola e disegna coniche: https://www.wolframalpha.com/examples/ConicSections.html Chapter 11 20 maggio 11.1 Geometria nello spazio Equazione del piano ax + by + cz + d = 0 Equazione della sfera (x − c1 )2 + (y − c2 )2 + (z − c3 ) = r2 r = raggio; C = (c1 , c2 , c3 ) centro. Esercizio 36 In R3 , consideriamo H : x+y+1=0 S : x2 + y 2 + z 2 − 2x + 2y − 4z + 3 = 0 (a) H è tangente a S? (b) L’intersezione tra H e S è una circonferenza massimale? (c) Trovare un piano G parallelo a H e tangente a S. Soluzione Tramite completamento dei quadrati in x, y, z, vediamo che S è una sfera di √ raggio C = (1, −1, 2) e raggio 3. L’equazione canonica è (x − 1)2 + (y + 1)2 + (z − 2)2 = 3. H è un piano1 . L’interesezione tra un piano e una sfera può essere: un insieme vuoto; una circonferenza; un punto (in tal caso diciamo che piano e sfera sono tangenti). 1 Non confondere con una retta in R2 53 54 CHAPTER 11. 20 MAGGIO (a) Sostituendo y = −x − 1 nell’equazione di S, otteniamo x2 + (−x − 1)2 + 2 (z − 2)2 = 3, cioè x − 21 + (z − 2)2 = 3 + 41 . Questa è l’equazione di un’ellisse nel piano xz, H e S si intersecano in infiniti punti. Attenzione! Non stiamo dicendo che l’intersezione traS e H è un’ellisse (sappiamo che deve essere una circonferenza). (b) No, perché il centro di S non sta in H. √ (c) Dobbiamo trovare un piano G : x + y = D che ha distanza 3 dal centro di S. Impostanza l’equazione della distanza tra un punto e un piano, otteniamo √ D = ± 6. √ I piani paralleli a H e tangenti a√S sono x + y = ± 6. Per verifica, sostituire x+y = ± 6 in S ed osservare che si ottiene un punto. Circonferenza (in R3 ) = Sfera ∩ Piano (Non si può esprimere con una sola equazione) Esercizio 37 Sia γ : z = x2 + y 2 + z 2 − 6z − 16 = 0. (a) Verificare che γ è una circonferenza; calcolare centro e raggio. (b) Scrivere l’equazione del cilindro S che proietta γ in direzione parallela all’asse z. (c) Scrivere l’equazione del cilindro T che proietta γ in direzione parallela al L : x = y − z = 0. (d) Determinare h ∈ R tale che le intersezioni di S e T con z = h siano due circonferenze tangenti. Soluzione (a) γ è l’interesezione tra il piano z = 0 e la sfera x2 + y 2 + z 2 − 6z − 16 = 0: z=0 (11.1) x2 + y 2 = 16. quindi C = (0, 0, 0) e R = 4. (b) S : x2 + y 2 = 162 (c) E’ sufficiente pensare alla proiezione del centro: spostando (0, 0, 0) nella direzione di L. Quando z = k il centro è (0, k, k). Quindi x2 + (y − k)2 = 16. Generalizzando per ogni z, l’equazione è x2 + (y − z)2 = 16. (d) Le intersezioni di S e T con ogni piano z = h sono circonferenze di centri (0, 0, h) e (0, h, h). Le circonferenze sono tangenti quando k(0, 0, h) − (0, h, h)k = 8 ⇒ h = ±8. 2 In R2 sarebbe una circonferenza, mentre in R3 è un cilindro. 55 11.1. GEOMETRIA NELLO SPAZIO z h=8 x h = −8 Figure 11.1: Illustrazione dell’esercizio 37 (proiettato sul piano xz). Il segmento rosso è la proiezione della circonferenza, mentre le rette verde e blu definiscono i cilndri. In arancione, i valori di z per cui otteniamo circonferenze tangenti. Quiz 13 Q : z 2 = 2x2 + 3y 2 (a) Sia πc : z = c . Allora Q ∩ πc sono circonferenze (b) Esistono piani π tali che π ∩ Q sono iperboli (c) E’ un’ellisse (d) E’ una sfera Soluzione (b) Provare per esempio col piano x = 1. 56 CHAPTER 11. 20 MAGGIO Chapter 12 27 maggio 12.1 Studio di funzioni in due variabili ∂f • ∂x = derivata di f rispetto a x ∂f • ∂y = derivata di f rispetto a y • Gradiente: ∇f = • Matrice Hessiana: ∂2f • ∂x∂y = ∂f ∂f , ∂x ∂y Hf = . ∂2f ∂x2 ∂2f ∂y∂x ∂2f ∂x∂y ∂2f ∂y 2 ! ∂2f ∂y∂x • Punti critici: gradiente nullo • Per determinare la natura di un punto critico P : test sulla matrice Hessiana 1. det Hf (P ) > 0 e ∂2f ∂x2 (P ) > 0, P è un minimo; 2. det Hf (P ) > 0 e ∂2f ∂x2 (P ) < 0, P è un massimo; 3. det Hf (P ) < 0, P è un punto di sella. Esercizio 38 Studiare z = f (z, y) = 1 − p 1 − 2x2 − y 2 Soluzione Dominio: {(x, y) ∈ R2 : 2x2 + y 2 ≤ 1} (regione contenuta nell’ellise 2x2 + y = 1, bordo incluso)p Immagine: poiché 1 − 2x2 − y 2 ∈ [0, 1], z ∈ [0, 1] Cerchiamo i punti estremi (massimi, minimi) tra i punti critici (∇f = 0) e sul bordo. 2 57 58 CHAPTER 12. 27 MAGGIO 1 ∇f = p (4x, 2y) = (0, 0) ⇔ (x, y) = (0, 0). 2 1 − 2x2 − y 2 (Notare che ∇f non è definita sul bordo, cioè sull’ellisse). Per verificare se il punto critico (0, 0) è un massimo o un minimo o una sella possiamo usare il test sulla matrice Hessiana. Per velocizzare il calcolo si può notare che la derivata rispetto a y di √ 1 2 2 (4x) è sicuramente nulla ∂ √ in (0, 0) perché è uguale a 4x ∂y 2 2 1−2x −y 1 , quindi qualsiasi 1−2x2 −y 2 sia il valore della derivata, sarà moltiplicata per −4x che si annulla in (0, 0). 2 2 Abbiamo poi ∂∂xf2 (0, 0) = 2 e ∂∂yf2 (0, 0) = 1. Quindi il determinante è 2 e secondo il test (0, 0) è un minimo. Potevano ottenere lo stesso risultato notando che f (0, 0) = 0, P = (0, 0) è certamente un minimo globale per quanto detto prima sull’immagine. Studiamo ora il bordo. Su 1 − 2x2 − y 2 = 0, f (x, y) = 1. Secondo quanto detto sull’immagine, tutti i punti sull’ellisse sono di massimo globale. p z = 1 − 1 − 2x2 − y 2 implica che 1 − 2x2 − y 2 = (1 − z)2 ⇒ 2x2 + y 2 = 1 − (1 − z)2 . Le curve di livello sono quindi delle ellissi. Le informazioni ottenute ci permettono di disegnare almeno approssimativamente il grafico della funzione. Esercizio 39 Studiare f (x, y) = p x|y| Soluzione Dominio: {(x, y) : x ≥ 0} Immagine: z ≥ 0 Punti critici: p q y x • per y > 0: ∇f = 12 x, y • per y < 0: ∇f = 1 2 p − xy , q − xy Non ci sono punti critici (dove si annullano i numeratori, si annullano anche i denominatori!) Sapendo che z ≥ 0, i punti per cui z = 0 sono punti di minimo. E li troviamo nell’insieme dei punti non derivabili e sul bordo del dominio, ovvero per x = 0 o per y = 0. Non ci sono punti di massimo. La funzione è chiaramente non limitata dall’alto (basti considerare x → ∞ o y → ∞). Poiché z 2 = x|y|, fissato il segno di y, le curve di livello sono iperboli. Quiz 14 f (x, y) = 3xe2y (a) (0, 0) è un punto critico (b) f è limitata (c) f è costante lungo la curva xy = 0 (d) la derivata di f in (0, 0) nella direzione di (0, 4) è nulla. 12.1. STUDIO DI FUNZIONI IN DUE VARIABILI 59 Soluzione 14 (d). f (x, y) = 3xe2y ha gradiente ∇f = e2y (3, 6x), che non si annulla mai. f non è limitata (basti mandare x o y all’infinito) ed è costante per x = 0, ma non per y = 0. La derivata direzionale nella direzione (0, 4) non è altro che la derivata parziale rispetto a y, che in (0, 0) è nulla. 60 CHAPTER 12. 27 MAGGIO Chapter 13 10 giugno 13.1 Esercizi di riepilogo: “simulazione” esame Rispetto al test d’esame, c’è un esercizio in meno. Tempo previsto: 1h. 2 3 Quiz 15 Sia M = 1 −1 . 2 3 (a) M 2 = M M ha rango 2 (b) M ha determinante 2 (c) M M T ha determinante nullo (d) M T M non ha rango massimo Quiz 16 Data una matrice quadrata A, (a) se le righe di A sono linearmente indipendenti, il sistema Ax = b è sempre risolubile per ogni vettore colonna b di dimensioni consistenti (b) se A è invertibile, I − A non è invertibile (c) se il determinante è non nullo, Ax = 0 ammette infinite soluzioni (d) se A è simmetrica, allora det(A) = 0 2 0 0 Quiz 17 Sia M = 1 1 1 . 2 2 2 (a) 3 non è autovalore di M (b) 0 non è autovalore di M (c) (0, 1, −1)T non è autovettore di M (d) M è diagonalizzabile Quiz 18 x = z = y + 2 (a) è una conica (b) è un sottospazio di R3 (c) è una retta di direzione (1, 1, 1) (d) è perpendicolare a (7, 7, 7) 61 62 CHAPTER 13. 10 GIUGNO Quiz 19 La curva γ(t) = (t, t, t2 ) (a) è contenuta nel piano x − y = 0 (b) non è una curva piana (c) è una circonferenza (d) in P = (1, 1, 1), il vettore tangente è parallelo a (1, 1, 1) Quiz 20 x2 − y 2 + 2x + 2y = 0 è (a) una parabola (b) un’iperbole non degenere (c) un’ellisse (d) una coppia di rette incidenti Quiz 21 Le circonferenze x2 + y 2 + 2ay = 0, a > 0 (a) hanno lo stesso raggio (b) hanno lo stesso centro (c) contengono l’origine per un numero finito di valori di a (d) contengono tutte l’origine Quiz 22 Dato il piano π : −2y + 2z = 1 e la retta l : x = z + y = 0 (a) l ⊂ π (b) l ∩ π è formata da due punti (c) l è normale a π (d) l ∩ π è vuoto Quiz 23 Data f (x, y, z) definita come prodotto vettoriale di (1, 0, 3) e (x, y, z) (a) f non è un’applicazione lineare (b) l’immagine di f è un sottospazio di R2 (c) è iniettiva (d) dim(Im(f ))=2 Quiz 24 f (x, y) = ex−y (a) è un endomorfismo (b) ha gradiente (1, −1)f (x, y) (c) ha un punto di sella (d) ha un minimo per x → −∞ Esercizio 40 Sia f (x, y) = y 2 ex 2 /(x−1) + 1. 1. Studiare il dominio di f 2. Studiare l’immagine di f . 3. Trovare gli eventuali punti di massimo, minimo e sella. 4. Trovare il piano tangente alla superficie S : z = f (x, y) at P = (0, 0, 1) 13.1. ESERCIZI DI RIEPILOGO: “SIMULAZIONE” ESAME 63 Soluzione Quiz 15 (c). (a) e (b) sono chiaramente false (M non è quadrata, quindi non ha determinante; M M non si può calcolare). Per il resto, si può fare una verifica numerica. O ancora meglio: si ricordi che in generale che ogni volta che abbiamo una matrice “snella” A (= n righe, m colonne e n > m), il prodotto AAT non può avere rango superiore a m. Soluzione Quiz 16 (a). Se le righe di A sono l.i., chiaramente posso fare x = A−1 b. (c) è falsa perché, di nuovo, A è invertibile e abbiamo solo la sol. nulla. (d) può essere vera o falsa a seconda dei casi. Soluzione Quiz 17 (d). Si calcolino gli autovalori: sono 0,2,3. Essendo tutti diversi, abbiamo una condizione sufficiente per la diagonalizzabilità. Soluzione Quiz 18 (c). Pongo x = t e ottengo (x, y, z) = t(1, 1, 1) + (0, 0, −2), quindi la direzione della retta è (1, 1, 1). Soluzione Quiz 19 (a). Per verificare se una curva è piana, sostituisco γ(t) = (x(t), y(t), z(t)) in un generico piano ax + by + cz + d = 0 e vedo se l’equazione che ottengo può avere soluzione per qualsiasi t. Nel caso specifico, ottengo: (a + b)t + ct2 + d = 0. Affinché l’uguaglianza sia verificata per ogni t, annullo i coefficienti dove compare t, impongo cioè a + b = c = 0. A questo punto devo anche avere d = 0. Il piano che ottengo è quindi ax − ay = 0, a 6= 0 (e ovviamente posso semplificare in x − y = 0). Provare lo stesso procedimento per γ(t) = (t, t2 , t3 ): vi verrà che l’unica soluzione è a = b = c = d = 0, quindi la curva non è piana. Soluzione Quiz 20 (d). Completando i quadrati otteniamo (x + 1)2 = (y − 1)2 , ovvero x + 1 = ±y − 1, cioè le due rette incidenti x − y + 2 = 0 e x + y = 0. Dall’analisi della matrice associata avremmo potuto dire che si trattava di iperbole degenere, da cui comunque avremmo potuto ottenere la risposta giusta per esclusione. Soluzione Quiz 21 (d). E’ sufficiente porre (x, y) = (0, 0) per vedere che tutte le circonferenze passo nell’origine, indipendentemente da a. Via completamento dei quadrati si trovano facilmente centro e raggio (che invece dipendono da a). Soluzione Quiz 22 (c). Sappiamo che un piano ax + by + cz + d = 0 ha vettore normale (a, b, c), quindi π ha vettore normale v = (0, −2, 2). In forma parametrica, ponendo y = t, la retta l è (x, y, z) = t(0, 1, −1), quindi l è parallela a v, ovvero l è normale a π. Soluzione Quiz 23 (d) i j k Impostiamo il prodotto vettoriale “simbolico”: f (x, y, z) = 1 0 3 = x y z (−3y, 3x − z, y) Qui possiamo notare subito che la prima e la terza componente sono un multiplo dell’altro. Più precisamente, (−3y, 3x − z, y) = y(−3, 0, 1) + x(0, 3, 0) + z(0, −1, 0), quindi {(−3, 0, 1), (0, 1, 0)} è un base dell’immagine di f . Lo stesso si poteva ottenere facilmente vedendo che il nucleo di f ha dimensione 1 e su usando il teorema dim(ker)+dim(im)=dim(spazio di partenza). Soluzione Quiz 24 (b). 64 CHAPTER 13. 10 GIUGNO Il gradiente è infatti (ex−y , −ex−y = (1, −1)f (x, y). Chiaramente non è un endomorfismo (non è lineare!). Per x → −∞ avrò un inf, non un min. Soluzione Ex 40 Il dominio è R2 \ {x = 1}. E’ formato quindi da due piani non connessi; è aperto, è illimitato. Per studio dell’immagine intendo quali valori può assumere z = f (x, y). Qui per esempio possiamo notare che y 2 ≥ 0, e... > 0, quindi z ≥ 1. Inoltre se per esempio calcolo il limite per y → ∞, vedo subito che f → ∞, quindi posso dire che z ∈ [1, ∞). So già quindi che non avrò massimi assoluti. Attenzione! In certi casi (e questo è uno di quei casi) l’analisi dell’immagine è fondamentale per completare l’esercizio! Per trovare i punti estremi, calcoliamo il gradiente: ex 2 /(x−1) y 2 g(x), 2y 2 x . Il valore di g(x) non è necessario per valutare dove g(x) è la derivata di x−1 dove il gradiente si annulla: è immediato vedere che il gradiente si annulla se e solo se y = 0. In altri termini, tutti i punti della retta y = 0 (escluso (1, 0) che non sta nel dominio) sono punti critici. Per classificare i punti critici uno potrebbe provare a calcolare la matrice Hessiana nei punti tali che y = 0. Tuttavia, non solo il calcolo è lungo, ma alla fine il test non risulta conclusivo. Come procedere? Basta notare che f (x, 0) = 1, cioè nei punti critici f è sempre pari a 1. Ma dal nostro studio dell’immagine, sappiamo che 1 è la quota minima che f può avere, quindi si tratta di punti di minimo assoluto! In generale il piano tangente π alla superficie z = f (x, y) è perpendicolare al gradiente di F (x, y, z) = f (x, y) − z, cioè, ∂f ∂f ∂x , ∂y , −1 . In questo caso, in P tale gradiente è ∇F (P ) = (0, 0, −1). Quindi π è dato da ax + by + cz + d = 0 dove possiamo sostiuire i coefficienti a, b, c con le componenti d ∇F (P ). Otteniamo −z + d = 0. Siccome P ∈ π, allora d = 1 e π : z = 1. Questo ha senso perché P è un punto di minimo (y = 0) e quindi il piano tangente deve essere orizzontale, cioè paralello a z = 0.