IL clima: Veneto DESCRIZIONE GENERALE E CENNI SUL CLIMA INTRODUZIONE LE ORIGINI DEL NOME Al tempo dei Romani la Regione si chiamò Venetia dal nome dell’antico popolo che l’abitava. Questa regione si chiamò anche Venezia Euganea, derivante sempre da antichi abitanti (Euganei) che vennero poi assorbiti dai Veneti. Con la Venezia Tridentina e la Venezia Giulia, la Venezia Euganea forma le cosiddette ‘Tre Venezie’. IL VENETO NELLA CARTINA POLITICA: DATI E NUMERI. Il Veneto del 2005 è una Regione amministrativa dell’Italia settentrionale. Si affaccia a sud-est sul mare Adriatico e confina a ovest con la Lombardia e il Trentino-Alto Adige, a nord per un breve tratto con l’Austria, a nord-est con il Friuli-Venezia Giulia, a sud con l’Emilia-Romagna. È suddivisa nelle province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza. Il capoluogo regionale è Venezia. Il Veneto, che si estende per 18.379 km² e conta 4.577.408 abitanti (2002), è tra le più popolate regioni d’Italia; la densità è molto superiore alla media nazionale (249 abitanti per km² contro 198). I confini sono segnati solo in parte da elementi fisici. A sud il limite è segnato in larga misura dal fiume Po, a ovest dalla sponda orientale del lago di Garda (condiviso con Trentino-Alto Adige e Lombardia), a nord dalle Dolomiti e dalle Alpi Carniche, a est dalle Prealpi carniche e dai fiumi Livenza e Tagliamento. TERRITORIO E PAESAGGIO Il territorio veneto presenta molteplici aspetti: la parte montuosa ha valli e verdi boschi mentre i laghi sorgono in mezzo ai pascoli. Le colline sono ricoperte soprattutto di vigneti, da olmi e roveri. Il Lago di Garda, con il suo clima mite, fa prosperare ulivi e oleandri, mentre la pianura è coltivata da vigneti e frutteti. Le strade hanno un intenso traffico e non mancano neanche i grigi stabilimenti industriali. Alcuni altopiani si alternano da un panorama brullo e roccioso a distese di boschi e prati dove sorgono piccoli villaggi e località di soggiorno con alberghi moderni. La morfologia del territorio, racchiuso tra mare Adriatico, Pianura Padana e Alpi, è piuttosto complessa. Nel Veneto si possono comunque riconoscere·quattro grandi subregioni, ciascuna con un ambiente, un paesaggio, un’economia e condizioni di popolamento propri: 1········la parte settentrionale, interamente compresa nella provincia di Belluno, la più estesa della regione, corrisponde al Veneto montano, e possiede i caratteri sociali ed economici tipici dell’area alpina: un popolamento rado, un’agricoltura modesta, una debole industrializzazione, ma con molte e importanti località di villeggiatura e di turismo sportivo; 2········il Veneto mediano, compreso tra le Prealpi e la pianura, si estende nelle province di Treviso, Padova, Vicenza e Verona. È la parte più vitale e ricca della regione, con una florida agricoltura intensiva, un allevamento sviluppato, una solida economia commerciale e industriale, una fitta rete di città e cittadine di antica ricchezza, illustri per storia e cultura; 3········il Veneto meridionale, che corrisponde alla pianura compresa tra l’Adige e il Po (vedi Polesine); 4········il Veneto orientale e marittimo, con le sue coste lagunari e le basse pianure spesso minacciate dalle alluvioni del Po. Un posto a parte occupa, anche geograficamente, la laguna di Venezia, al centro della quale si trova la città di Venezia, interamente edificata su isole e terre affioranti dall’acqua. La zona montuosa del Veneto, alpina e prealpina, non è molto estesa (corrisponde a circa il 30% del territorio), ma è assai varia, con valli popolose, altipiani, massicci rocciosi, al di sopra di dorsali fitte di boschi. La fascia alpina è formata dalla sezione occidentale delle Alpi Carniche (che culminano nella cima Vanscuro, 2.678 m) e da una sezione delle Dolomiti, con le loro creste seghettate e gli isolati torrioni. Qui si innalzano alcune montagne tra le più famose e belle delle Alpi, come la Marmolada, le Tofane, il monte Civetta, tutte superiori ai 3.200 metri. A ridosso delle Alpi venete si allunga la più vasta fascia delle Prealpi, una serie di rilievi elevati dai 700 ai 2.200 metri, dalla morfologia assai varia, che dalla sponda orientale del lago di Garda giungono sino alla riva destra del Piave. Includono altipiani verdeggianti, come quello di Asiago e dei monti Lessini, massicci rocciosi, come quello del Grappa, la dorsale del monte Baldo, sovrastante il lago di Garda. La zona collinare è limitata: una serie di modesti rilievi dai profili dolcissimi segna il graduale passaggio alla pianura padano-veneta, da cui emergono i colli Euganei (in provincia di Padova) e i monti Berici (in provincia di Vicenza). Il 56,5% del territorio veneto è formato da pianure: nessun’altra regione italiana ha una così estesa superficie pianeggiante rispetto alla superficie regionale. Ricca di acque fluviali che talvolta straripano, quest’area, generalmente molto fertile, ha necessitato e necessita tuttora di lavori di bonifica e, comunque, di un’attenzione continua alle sue sistemazioni idrauliche. Ancor più delicato è il sistema delle lagune, che orlano quasi tutta la fascia marittima della regione, caratterizzata, su un arco di quasi 200 km, da coste basse e sabbiose. Di particolare importanza è la laguna di Venezia, il cui regime idraulico fu regolamentato nei secoli passati dalla Repubblica di Venezia, ma che in tempi assai più recenti è stato manomesso da improvvidi interventi. Altro elemento di spicco del sistema costiero veneto è il delta del Po, un complesso apparato di canali e di terre alluvionali che si protende nel mare. Una rete fittissima di fiumi e canali attraversa tutta la pianura veneta. Il Po interessa la regione solo nel suo tratto inferiore; a differenza dei fiumi piemontesi e lombardi, i maggiori fiumi del Veneto sono indipendenti dal corso del Po, sfociando direttamente nell’Adriatico. Il più importante è l’Adige, secondo fiume d’Italia per lunghezza (410 km), il cui corso superiore scorre nel Trentino-Alto Adige; tra gli altri si segnalano il Brenta (160 km), il Piave (220 km, il maggiore fiume che scorre interamente nel Veneto), il Bacchiglione (118 km, che bagna Vicenza), il Sile (95 km, che bagna Treviso) e il Livenza (112 km). Oltre al lago di Garda, diviso con la Lombardia e il Trentino-Alto Adige, il Veneto vanta numerosi laghetti alpini molto suggestivi, come quelli di Misurina e di Alleghe, oltre a numerosi laghi artificiali.. Torna all’inizio 1. ASPETTI GENERALI SUL CLIMA Il clima del Veneto, pur rientrando nella tipologia mediterranea, presenta proprie peculiarità, dovute principalmente alla posizione climatologica di transizione soggetta a varie influenze: l’azione mitigatrice delle acque mediterranee; l’effetto orografico della catena alpina la continentalità dell’area centro-europea. In ogni caso mancano alcune delle caratteristiche tipicamente mediterranee quali l’inverno mite (in montagna, ma anche nell’entroterra, prevalgono effetti continentali) e la siccità estiva a causa dei frequenti temporali di tipo termoconvettivo. Si distinguono: a) le peculiari caratteristiche termiche e pluviometriche della regione alpina con clima montano di tipo centro-europeo; b) il carattere continentale della Pianura Veneta, con inverni rigidi. In quest’ultima regione climatica si differenziano due subregioni a clima più mite: quella lacustre nei pressi del Lago di Garda, più limitata, e quella litoranea della fascia costiera adriatica. Nel presente lavoro si troveranno indicazioni relative ai dati medi del trentennio 1961-1990 raffrontati con i dati rilevati nel quinquennio 1995-1999 dalle stazioni gestite da ARPAV – Centro Meteorologico di Teolo. 2. PRECIPITAZIONI MEDIE ANNUE La precipitazione media annua (fig. 1), considerando i dati del periodo 1961-90, varia da poco meno di 700 mm riscontrabili nella parte più meridionale della Regione Veneto (provincia di Rovigo) fino ad oltre 2.000 nella zona di Recoaro-Posina nelle Prealpi vicentine. L’andamento delle precipitazioni medie annuali si può ritenere crescente da Sud a Nord, almeno fino al primo ostacolo orografico costituito dalla fascia prealpina; nella pianura, infatti, via via che ci si sposta verso Nord si passa dai circa 700 mm medi annui riscontrabili a Rovigo fino ai 1.200 di Bassano del Grappa o ai quasi 1.300 di Conegliano. Alla relativa uniformità della pianura, si contrappone una notevole variabilità riscontrabile nella fascia pedemontana e montana. Notevole è l’effetto imputabile ai rilievi prealpini: fra le stazioni di Isola Vicentina e Recoaro, ad esempio, distanti meno di 20 km l’una dall’altra e con un dislivello di meno di 400 m, si passa da una piovosità media annua di meno di 1.300 ad una di circa 2.000 mm. La zona mediamente più piovosa risulta compresa nella fascia che va dai Monti Lessini, dai Massicci del Carega e del Pasubio, passando attraverso le pendici meridionali dell’Altopiano di Asiago e il Monte Grappa fino al Cansiglio e all’Alpago: in questa fascia mediamente vengono raggiunti i 1.500 mm annui. La precipitazione media annua considerando i dati del periodo 1995-99 (fig. 2) conferma i tratti fondamentali della distribuzione delle piogge nel territorio così come evidenziata dall’analisi storica. Si nota comunque una diminuzione abbastanza generale dei valori registrati sulla fascia prealpina, cioè dei valori massimi regionali. Per quanto riguarda la precipitazione media stagionale, dal confronto fra i dati degli anni 1995-99 e i dati storici si è osservato che gli ultimi inverni sono stati decisamente meno piovosi con gran parte della regione al di sotto dei 150 mm in tre mesi. Fig. 1 – Precipitazioni medie annue periodo 1961 -1990 Fig. 2 – Precipitazioni medie annue periodo 1995 -1999 3. TEMPERATURA MASSIMA STAGIONALE Nel presente paragrafo viene presa in considerazione la temperatura dal punto di vista della media delle massime stagionali, maggiormente indicative delle climatologie locali rispetto alle medie assolute giornaliere o alle medie delle minime stagionali, influenzate dal mutante andamento meteorologico (nuvolosità, umidità, precipitazioni) nel corso del periodo di riferimento. Dalla distribuzione dei valori di temperatura su base stagionale si evince che, per quanto riguarda i valori massimi in primavera ed estate (fig. 3 e 4), le temperature più elevate vengono misurate nelle pianure veronese e vicentina, nella bassa padovana e nel Polesine occidentale, con valori medi superiori a 28°C in estate. Queste sono zone prevalentemente continentali con debole circolazione. Valori leggermente inferiori si osservano lungo il litorale e nelle zone dell’entroterra che beneficiano della brezza di mare. Un altro settore più fresco è la fascia pedemontana, a nord della quale la temperatura diminuisce abbastanza regolarmente con la quota. Fig. 3 – Temperatura massima estiva (anni 1961-1990). Fig. 4 – Temperatura massima estiva (anni 1995-1999). In autunno e in inverno (fig. 5 e 6) l’area a temperature massime più alte si sposta sulla fascia pedemontana dato che le zone meridionali e occidentali sono interessate dalle nebbie e subiscono quindi un riscaldamento inferiore. Nel semestre freddo si evidenzia anche la zona del Garda con valori leggermente più elevati delle aree circostanti. Fig. 5 – Temperatura massima invernale (anni 1961-1990). Fig. 6 – Temperatura massima invernale (anni 1995-1999). FENOMENI PARTICOLARI La grandine La grandine si forma solo nel cumulonembo ad incudine (Cb capillatus incus); all’interno di questa nube temporalesca una gran quantità di acqua liquida si trova a temperature negative, sotto forma di cristalli di ghiaccio (parte alta) e goccioline sopraffuse, che sono più abbondanti nella zona intermedia. La concentrazione di vapor d’acqua in equilibrio con le goccioline sopraffuse è maggiore di quella in equilibrio con i cristalli di ghiaccio, per cui le molecole del vapor d’acqua si depositeranno sul cristallo di ghiaccio mediante sublimazione, mentre le goccioline presenti evaporeranno per cercare di ristabilire l’equilibrio: ciò avviene nella parte alta della nube. Una volta ingrossatosi il cristallo cade all’interno della nube più velocemente delle goccioline sopraffuse e nel suo percorso discendente le catturerà provocandone l’istantaneo ghiacciamento al contatto (meccanismo simile a quello della galaverna): per cui l’adesione di goccioline sopraffuse sul chicco (o embrione) comincerà solamente quando questo scende nella parte intermedia della nube dove la concentrazione di goccioline è massima. A questo punto un nuovo meccanismo entra a far parte della fase di crescita: quando le goccioline sopraffuse si attaccano al cristallo cedono ad esso una parte del calore latente di solidificazione; infatti nel passaggio da acqua a ghiaccio si libera calore. L’embrione perciò si riscalda e può arrivare a temperature prossima a 0°C, mentre nell’ambiente circostante essa è fortemente negativa (-15°C/-20°C); questa è la crescita secca. Poichè ora l’embrione di ghiaccio ha temperatura prossima a 0°C, le goccioline sopraffuse ghiacciano parzialmente e una certa quantità d’acqua viene reimmessa nell’ambiente: è la crescita bagnata. Le fortissime correnti ascendenti (updraft) e discendenti (downdraft) proprie del Cb fanno sì che l’embrione compia molte salite e discese all’interno della nube: naturalmente più intense saranno le correnti ascendenti maggiori saranno le dimensioni che i chicchi potranno raggiungere. In Veneto i fenomeni temporaleschi associati alla manifestazione di grandinate sono purtroppo relativamente frequenti: particolarmente colpite al riguardo sono le zone della media/bassa pianura veronese, dei Colli Berici, della pedemontana veronese, vicentina e trevigiana, come risulta dalla cartina di seguito riportata (fig. 7). Fig. 7 – Eventi grandinigeni del Veneto nel periodo 1978 – 2003 LA NEBBIA Nella nostra regione il fenomeno nebbia colpisce maggiormente le zone costiere e la bassa pianura, quindi principalmente le province di Rovigo, Venezia, Padova, Verona, il basso vicentino e trevigiano. Man mano che ci avviciniamo alle zone montane la frequenza con qui il fenomeno si manifesta si riduce drasticamente e acquisisce carattere di eccezionalità e marginalità fino a diventare raro e sporadico nella fascia collinare e montana escluse le vallate interne il cui microclima favorisce il ristagno dell’aria. Negli anni fortemente dominati da campi di alta pressione con scarsa ventilazione e conseguente ristagno dell’aria, nel basso veneto il fenomeno (compreso la foschia) si verifica con una media annua che può superare gli 80 giorni. Ma che cos’è la nebbia? Fondamentalmente è una nube, ma una nube a livello del suolo(o del mare, lago, fiume ecc…). Come le nubi che vediamo in cielo essa si forma per la circostante che viene presenza di umidità nell’ aria poi condensata in microscopiche goccioline in sospensione nell’ aria. Queste sono piccolissime e navigano in aria senza cadere limitando fortemente la visibilità in rapporto allo spessore della Nebbia e alla dimensione delle gocce. La nebbia si forma generalmente per la condensazione dell’ umidità in eccesso contenuta nell’ aria in seguito al raffreddamento della massa d’ aria presente sul luogo. Raggiungendo il punto di rugiada ( temperatura alla quale si ha il 100% di umidità relativa ) il vapor acqueo condensa in minuscole goccioline creando la nebbia. In zone ricche di nuclei di condensazione ( minuscole particelle di fumo o elementi di sostanze, cristalli ecc… ) si può aver la formazione della nebbia anche prima che l’ aria raggiunga la saturazione. Questo si verifica spesso nelle aree industriali ricche di pulviscolo in sospensione. La foschia, che spesso precede la nebbia, non è altro che lo stesso fenomeno a livelli più tenui e blandi; la visibilità infatti è superiore al chilometro. Un caso simile è lo smog (dalle parole inglesi Smoke e Fog – Fumo e Nebbia ) costituito da una coltre caliginosa di inquinanti sospesi nell’ aria e spesso trattenuti entro le prime centinaia di metri di quota da inversioni termiche. Per chiarire le cose definizione della nebbia: ecco alcuni parametri di Dicesi nebbia un fenomeno atmosferico ( idrometeora ) simile alle nubi, il quale limita la visibilità orizzontale entro 1 chilometro. Tipi di nebbia: esistono 4 tipi fondamentali di nebbia. · Nebbia da Irraggiamento: · Nebbia da Avvezione; · Nebbia Frontale; · Nebbia da Evaporazione. La nebbia si denota in intensità come segue: · Nebbia moderata: Visibilità inferiore ai 1000 m; · Nebbia: Visibilità inferiore ai 400 m; · Nebbia spessa: Visibilità inferiore ai 200 m; · Nebbia densa: Visibilità inferiore ai 40 m. Tipi di nebbia. La nebbia si forma di solito nelle ore notturne o prima dell’alba, perché sono le più fredde della giornata, e soprattutto col cielo sereno; tuttavia vi sono eccezioni. La nebbia più conosciuta è quella da irraggiamento: essa si forma a causa della serenità del cielo che favorisce la dispersione del calore del terreno ( irraggiamento ) verso lo spazio. Se vi è mancanza di vento, forte umidità relativa e presenza di nuclei di condensazione ecco che la possibilità di avere Nebbia è notevole. La nebbia da avvezione invece accade quando giunge aria più calda e umida dall’ esterno. Essa scivolando sul terreno o sull’ acqua più freddi genera una condensazione del proprio vapore acqueo e dà luogo a quegli insidiosi banchi di Nebbia marittima o di pianura che sono anche molto estesi e fitti. Possono avvenire anche in stagioni diverse dall’ Autunno e dall’ Inverno se vi sono le condizioni di sviluppo adatte. La nebbia da evaporazione si forma su laghi e mari quando l’ acqua è a temperatura maggiore dell’ aria. La nebbia frontale è invece legata ai fronti, cioè alle perturbazioni che sopraggiungendo su una determinata zona generano apporti umidi ( anche con le piogge ) che poi scorrendo su superfici più fredde e su rilievi danno luogo a condensazione e quindi a nebbie ( nebbia prefrontale ). Anche dietro al fronte può formarsi la nebbia ( nebbia postfrontale ) quando i fronti sono quasi stazionari e l’ aria fredda è stabile e vi sono piogge. Durante il passaggio del fronte la nebbia può formarsi temporaneamente se il vento è debole e l’ aria è quasi satura oppure se passa un fronte freddo e piovoso su terreno umido. Esiste anche una nebbia ghiacciata che si genera nelle zone polari. A temperature di vari gradi sotto zero le emissioni di carburanti combusti, generate dalle attività umane, creano cristalli di ghiaccio che permangono anche per giorni su piste di volo o strade. C’ è poi una nebbia velata artica consistente di cristalli di ghiaccio in sospensione in buona parte della Troposfera sui bacini artici nella stagione invernale. Similmente a nubi cirriformi essa si estende dal mare fino a quote anche rilevanti. Quando la nebbia si solleva per aumento della temperatura del suolo può dar luogo agli Strati che sono nubi basse e informi che nascondono il Sole. Se la temperatura cambia o giunge aria più umida la Nebbia può generare una debole precipitazione ( pioviggine ). Se l’ aria è intorno allo 0°C si può avere una deposizione di ghiaccio su oggetti e superfici simile alla brina (galaverna). Le nebbie avvengono sul mare, sulle pianure e anche nelle vallate interne per le medesime ragioni qui esposte. Lungo i pendii dei rilievi spesso si hanno banchi di Nebbia in giornate umide e con vento debole. Dissolvimento della nebbia. La scomparsa della nebbia è legata a diversi fattori. Il sole che sorge e riscalda il terreno fa dissolvere il banco di nebbia, a meno che questo non sia particolarmente spesso ( 200-300 m ,) come accade in pianura Padana dove la Nebbia può permanere per tutto il giorno. Il vento è un altro fattore di dissolvenza perché rimescola gli strati d’aria e quindi elimina la causa della nebbia. Il Foehn, vento secco, elimina rapidamente la Nebbia L’ arrivo di una perturbazione e della pioggia produce lo stesso effetto. * Per convenzione 1 chilometro è la distanza orizzontale a cui la visibilità può giungere in caso di nebbia. Se è superato si parla di foschia. LA NEVE Come si può notare dalla cartina nazionale, la nostra regione esclusa la parte montana e pedemontana, risulta essere una delle regioni con precipitazione media nevosa più bassa di tutto il catino padano. La nostra regione non avendo barriere montuose a sud sud/est infatti subisce molto l’influenza delle masse d’aria tiepida e umida da sud che normalmente precedono i peggioramenti nevosi e se questo da un lato accentua la fenomenologia spesso comporta la trasformazione della precipitazione da solida a liquida. Le situazioni meteorologiche favorevoli alla caduta di neve nella nostra regione possono essere quanto mai varie, e generalmente diversificate dalla parte nord della regione rispetto a quella meridionale. Infatti spesso quando affluisce aria fredda dai quadranti orientali con una componente principalmente nord orientale, assistiamo a nevicate seppur deboli lungo le coste e il rodigino , mentre le zone più a nord rimangono con clima secco e freddo. Viceversa dopo l’afflusso di aria fredda con la conseguente formazione di un cuscino di aria fredda nei bassi strati, quando le correnti che precedono un peggioramento ruotano a sud sud/ovest o sud/est , assistiamo a delle nevicate da scorrimento che interessano principalmente le zone nord della regione, quelle che subiscono la minor mitigazione o meglio la mitigazione avviene in ritardo di qualche ora rispetto le zone costiere. In questo caso assistiamo a nevicate copiose che però spesso in pianura si trasformano in pioggia dopo poche ore. Diverso infatti il discorso per la zona montuosa, dove gli accumuli grazie alle correnti umide provenienti dall’adriatico sono spesso notevoli. Molti sono comunque i parametri che determinano una nevicata ed ogni episodio ha origine e sviluppo da condizioni climatiche magari simili ma comunque sempre diverse, che fanno nella nostra regione dai molteplici microclimi e da un’orografia molto diversificata un fenomeno di difficile prevedibilità. UN FENOMENO STRANO: L’ACQUA ALTA Il fenomeno dell’acqua alta, noto sin dall’antichità, è tipico della parte settentrionale dell’Adriatico. Consiste in un temporaneo rialzo del livello del mare ben oltre le normali alte maree. In generale è il frutto di una combinazione di fattori astronomici e meteorologici. L’acqua alta nelle lagune e nei litorali veneti è dovuta al passaggio di campi di bassa pressione a sud dell’arco alpino e al contemporaneo instaurasi del vento di scirocco (SUD/SUDEST) su tutto il bacino adriatico. Fattori oceanografici seguono, e spesso si associano, ai fattori meteorologici. Si tratta dei cosiddetti fenomeni di “sessa” tra i quali quello più significativo è rappresentato da un’onda lunga, con periodo di circa 22 ore, in oscillazione tra il golfo di Venezia e il canale d’Otranto. è questo il cosiddetto “effetto memoria” dell’Adriatico che determina la ricomparsa dell’acqua alta per più giorni dopo la cessazione degli effetti perturbativi dovuti al vento e alla pressione atmosferica. Gli aspetti più conosciuti legati al fenomeno dell’acqua alta sono gli allagamenti della città di Venezia. A questo proposito, è bene ricordare che con il termine di acqua alta vengono normalmente indicate quelle altezze di marea superiori alla soglia dei 110 cm sopra lo Zero Mareografico di Punta della Salute (ZMPS), riferimento della omonima fondamentale stazione di osservazione mareografica istituita in centro storico nel 1923. In tabella I sono riassunti i più elevati casi di alta marea eccezionale registrati a Venezia. Tra questi spicca lo storico evento del 4 novembre 1966, con 194 cm sopra lo ZMPS, il più gravoso fra quelli registrati dopo oltre un secolo di sistematiche osservazioni. La frequenza degli allagamenti della città, dovuti alle acque alte, hanno subito un deciso incremento a partire dagli anni sessanta, come dimostra la statistica dei casi di marea superiore ai 110 cm: 3 i casi registrati nel periodo 1920-29, 8 i casi tra il 1930-39 e 5 casi tra il 1940-49. Ben diversa la situazione nel decennio 1960-69 con 31 casi; ancora 31 casi nel decennio 1970-79. Significativo è invece il decennio 1990-99 con ben 44 casi. Dall’inizio del nuovo decennio si sono osservati già una quindicina di casi. Degno di rilievo è il caso dell’evento del 16 novembre 2002 con 147 cm sopra lo ZMPS, 7° caso storico dei massimi livelli di marea registrati a Venezia. Su base annuale invece la statistica dice che l’anno in cui il fenomeno si è registrato con maggiore frequenza è stato il 1979 con 10 casi, mentre per 8 volte si è registrato nel corso del 1996 e del 1998. Il 2003 è stato invece un anno fortunato: non si sono registrati casi di marea superiore ai 110 cm sopra lo ZMPS. Degne di rilievo sono anche le cosiddette acque medio-alte, cioè quelle comprese tra i 90 cm e i 110 cm sopra lo ZMPS che, pur rappresentando condizioni meno critiche per la laguna in generale, determinano comunque allagamenti in quelle zone della città altimetricamente più svantaggiate. Anche questi casi hanno subito significativi incrementi: si è passati infatti dai 19 casi del decennio 1920-29 agli 85 casi del decennio 1950-59, ai 166 casi del decennio 1990-99. 27 sono invece i casi registrati nel corso del solo 2003. L’aumento della frequenza degli allagamenti della città va posta in relazione ai progressivi abbassamenti subiti dal suolo veneziano rispetto al livello medio del mare. Nel corso degli ultimi 100 anni tale abbassamento è stato valutato in poco meno di 24 cm, ed è stato imputato a due fattori distinti: la subsidenza, stimata in circa 11 cm, che rappresenta l’abbassamento dovuto al costipamento dei suoli per effetto della compattazione degli strati sabbiosi ed argillosi per fatto naturale e, soprattutto, per opera dei massicci emungimenti d’acqua dalle falde per uso industriale), e l’eustatismo, cioè l’innalzamento del livello medio del mare dovuto a fattori generali, che nell’alto adriatico viene stimato in poco meno 13 cm. I fenomeni di acqua alta hanno una portata che, tuttavia, va ben al di la del ristretto ambito cittadino con effetti diversificati sia all’interno che all’esterno della laguna stessa. Altri fattori di criticità derivano ad esempio dal cosiddetto vento locale, cioè dall’azione forzante del vento che si instaura localmente sullo specchio lagunare in contemporanea ai cennati fattori generali che scatenano l’acqua alta in tutto il nordadriatico. In definitiva il fenomeno dell’acqua alta, al di la degli aspetti pittoreschi che possono attrarre frotte di turisti più o meno divertiti, costituisce in realtà uno dei fattori più significativi che caratterizzano il rischio idraulico in tutta l’area nord orientale del nostro Paese. Massimi livelli di marea a Venezia, Punta della Salute: 1. 2. 3. 4. 5. 4 novembre 1966 194 cm 22 dicembre 1979 166 cm 1 febbraio 1986 158 cm 15 gennaio 1867 153 cm 12 novembre 1951 151 cm 6. 16 aprile 1936 7. 16 novembre 2002 8. 15 ottobre 1960 9. 3 novembre 1968 147 cm 147 cm 145 cm 144 cm 10. 6 novembre 2000 11. 8 dicembre 1992 144 cm 142 cm 12. 17 febbraio 1979 13. 5 novembre 1967 140 cm 138 cm 14. 26 novembre 1969 15. 22 dicembre 1981 138 cm 138 cm 16. 24 novembre 1987 138 cm torna su