IL clima: Veneto
DESCRIZIONE GENERALE E CENNI SUL CLIMA
INTRODUZIONE
LE ORIGINI DEL NOME
Al tempo dei Romani la Regione si chiamò Venetia dal nome
dell’antico popolo che l’abitava. Questa regione si chiamò
anche Venezia Euganea, derivante sempre da antichi abitanti
(Euganei) che vennero poi assorbiti dai Veneti. Con la Venezia
Tridentina e la Venezia Giulia, la Venezia Euganea forma le
cosiddette ‘Tre Venezie’.
IL VENETO NELLA CARTINA POLITICA: DATI E NUMERI.
Il Veneto del 2005 è una Regione amministrativa dell’Italia
settentrionale. Si affaccia a sud-est sul mare Adriatico e
confina a ovest con la Lombardia e il Trentino-Alto Adige, a
nord per un breve tratto con l’Austria, a nord-est con il
Friuli-Venezia Giulia, a sud con l’Emilia-Romagna. È suddivisa
nelle province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia,
Verona, Vicenza. Il capoluogo regionale è Venezia.
Il Veneto, che si estende per 18.379 km² e conta 4.577.408
abitanti (2002), è tra le più popolate regioni d’Italia; la
densità è molto superiore alla media nazionale (249 abitanti
per km² contro 198). I confini sono segnati solo in parte da
elementi fisici. A sud il limite è segnato in larga misura dal
fiume Po, a ovest dalla sponda orientale del lago di Garda
(condiviso con Trentino-Alto Adige e Lombardia), a nord dalle
Dolomiti e dalle Alpi Carniche, a est dalle Prealpi carniche e
dai fiumi Livenza e Tagliamento.
TERRITORIO E PAESAGGIO
Il territorio veneto presenta molteplici aspetti: la parte
montuosa ha valli e verdi boschi mentre i laghi sorgono in
mezzo ai pascoli. Le colline sono ricoperte soprattutto di
vigneti, da olmi e roveri. Il Lago di Garda, con il suo clima
mite, fa prosperare ulivi e oleandri, mentre la pianura è
coltivata da vigneti e frutteti. Le strade hanno un intenso
traffico e non mancano neanche i grigi stabilimenti
industriali. Alcuni altopiani si alternano da un panorama
brullo e roccioso a distese di boschi e prati dove sorgono
piccoli villaggi e località di soggiorno con alberghi moderni.
La morfologia del territorio, racchiuso tra mare Adriatico,
Pianura Padana e Alpi, è piuttosto complessa. Nel Veneto si
possono comunque riconoscere·quattro grandi subregioni,
ciascuna con un ambiente, un paesaggio, un’economia e
condizioni di popolamento propri:
1········la parte settentrionale, interamente compresa nella
provincia di Belluno, la più estesa della regione, corrisponde
al Veneto montano, e possiede i caratteri sociali ed economici
tipici dell’area alpina: un popolamento rado, un’agricoltura
modesta, una debole industrializzazione, ma con molte e
importanti località di villeggiatura e di turismo sportivo;
2········il Veneto mediano, compreso tra le Prealpi e la
pianura, si estende nelle province di Treviso, Padova, Vicenza
e Verona. È la parte più vitale e ricca della regione, con una
florida agricoltura intensiva, un allevamento sviluppato, una
solida economia commerciale e industriale, una fitta rete di
città e cittadine di antica ricchezza, illustri per storia e
cultura;
3········il Veneto meridionale, che corrisponde alla pianura
compresa tra l’Adige e il Po (vedi Polesine);
4········il Veneto orientale e marittimo, con le sue coste
lagunari e le basse pianure spesso minacciate dalle alluvioni
del Po. Un posto a parte occupa, anche geograficamente, la
laguna di Venezia, al centro della quale si trova la città di
Venezia, interamente edificata su isole e terre affioranti
dall’acqua.
La zona montuosa del Veneto, alpina e prealpina, non è molto
estesa (corrisponde a circa il 30% del territorio), ma è assai
varia, con valli popolose, altipiani, massicci rocciosi, al di
sopra di dorsali fitte di boschi. La fascia alpina è formata
dalla sezione occidentale delle Alpi Carniche (che culminano
nella cima Vanscuro, 2.678 m) e da una sezione delle Dolomiti,
con le loro creste seghettate e gli isolati torrioni. Qui si
innalzano alcune montagne tra le più famose e belle delle
Alpi, come la Marmolada, le Tofane, il monte Civetta, tutte
superiori ai 3.200 metri.
A ridosso delle Alpi venete si allunga la più vasta fascia
delle Prealpi, una serie di rilievi elevati dai 700 ai 2.200
metri, dalla morfologia assai varia, che dalla sponda
orientale del lago di Garda giungono sino alla riva destra del
Piave. Includono altipiani verdeggianti, come quello di Asiago
e dei monti Lessini, massicci rocciosi, come quello del
Grappa, la dorsale del monte Baldo, sovrastante il lago di
Garda. La zona collinare è limitata: una serie di modesti
rilievi dai profili dolcissimi segna il graduale passaggio
alla pianura padano-veneta, da cui emergono i colli Euganei
(in provincia di Padova) e i monti Berici (in provincia di
Vicenza).
Il 56,5% del territorio veneto è formato da pianure:
nessun’altra regione italiana ha una così estesa superficie
pianeggiante rispetto alla superficie regionale. Ricca di
acque fluviali che talvolta straripano, quest’area,
generalmente molto fertile, ha necessitato e necessita tuttora
di lavori di bonifica e, comunque, di un’attenzione continua
alle sue sistemazioni idrauliche. Ancor più delicato è il
sistema delle lagune, che orlano quasi tutta la fascia
marittima della regione, caratterizzata, su un arco di quasi
200 km, da coste basse e sabbiose. Di particolare importanza è
la laguna di Venezia, il cui regime idraulico fu regolamentato
nei secoli passati dalla Repubblica di Venezia, ma che in
tempi assai più recenti è stato manomesso da improvvidi
interventi. Altro elemento di spicco del sistema costiero
veneto è il delta del Po, un complesso apparato di canali e di
terre alluvionali che si protende nel mare.
Una rete fittissima di fiumi e canali attraversa tutta la
pianura veneta. Il Po interessa la regione solo nel suo tratto
inferiore; a differenza dei fiumi piemontesi e lombardi, i
maggiori fiumi del Veneto sono indipendenti dal corso del Po,
sfociando direttamente nell’Adriatico. Il più importante è
l’Adige, secondo fiume d’Italia per lunghezza (410 km), il cui
corso superiore scorre nel Trentino-Alto Adige; tra gli altri
si segnalano il Brenta (160 km), il Piave (220 km, il maggiore
fiume che scorre interamente nel Veneto), il Bacchiglione (118
km, che bagna Vicenza), il Sile (95 km, che bagna Treviso) e
il Livenza (112 km). Oltre al lago di Garda, diviso con la
Lombardia e il Trentino-Alto Adige, il Veneto vanta numerosi
laghetti alpini molto suggestivi, come quelli di Misurina e di
Alleghe, oltre a numerosi laghi artificiali..
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1. ASPETTI GENERALI SUL CLIMA
Il clima del Veneto, pur rientrando nella tipologia
mediterranea, presenta proprie peculiarità, dovute
principalmente alla posizione climatologica di transizione
soggetta a varie influenze:
l’azione mitigatrice delle acque mediterranee;
l’effetto orografico della catena alpina
la continentalità dell’area centro-europea.
In ogni caso mancano alcune delle caratteristiche tipicamente
mediterranee quali l’inverno mite (in montagna, ma anche
nell’entroterra, prevalgono effetti continentali) e la siccità
estiva a causa dei frequenti temporali di tipo termoconvettivo.
Si distinguono:
a) le peculiari caratteristiche termiche e pluviometriche
della regione alpina con clima montano di tipo centro-europeo;
b) il carattere continentale della Pianura Veneta, con inverni
rigidi.
In quest’ultima regione climatica si differenziano due
subregioni a clima più mite: quella lacustre nei pressi del
Lago di Garda, più limitata, e quella litoranea della fascia
costiera adriatica. Nel presente lavoro si troveranno
indicazioni relative ai dati medi del trentennio 1961-1990
raffrontati con i dati rilevati nel quinquennio 1995-1999
dalle stazioni gestite da ARPAV – Centro Meteorologico di
Teolo.
2. PRECIPITAZIONI MEDIE ANNUE
La precipitazione media annua (fig. 1), considerando i dati
del periodo 1961-90, varia da poco meno di 700 mm
riscontrabili nella parte più meridionale della Regione Veneto
(provincia di Rovigo) fino ad oltre 2.000 nella zona di
Recoaro-Posina nelle Prealpi vicentine.
L’andamento delle precipitazioni medie annuali si può ritenere
crescente da Sud a Nord, almeno fino al primo ostacolo
orografico costituito dalla fascia prealpina; nella pianura,
infatti, via via che ci si sposta verso Nord si passa dai
circa 700 mm medi annui riscontrabili a Rovigo fino ai 1.200
di Bassano del Grappa o ai quasi 1.300 di Conegliano.
Alla relativa uniformità della pianura, si contrappone una
notevole variabilità riscontrabile nella fascia pedemontana e
montana. Notevole è l’effetto imputabile ai rilievi prealpini:
fra le stazioni di Isola Vicentina e Recoaro, ad esempio,
distanti meno di 20 km l’una dall’altra e con un dislivello di
meno di 400 m, si passa da una piovosità media annua di meno
di 1.300 ad una di circa 2.000 mm.
La zona mediamente più piovosa risulta compresa nella fascia
che va dai Monti Lessini, dai Massicci del Carega e del
Pasubio, passando attraverso le pendici meridionali
dell’Altopiano di Asiago e il Monte Grappa fino al Cansiglio e
all’Alpago: in questa fascia mediamente vengono raggiunti i
1.500 mm annui.
La precipitazione media annua considerando i dati del periodo
1995-99 (fig. 2) conferma i tratti fondamentali della
distribuzione delle piogge nel territorio così come
evidenziata dall’analisi storica.
Si nota comunque una diminuzione abbastanza generale dei
valori registrati sulla fascia prealpina, cioè dei valori
massimi regionali.
Per quanto riguarda la precipitazione media stagionale, dal
confronto fra i dati degli anni 1995-99 e i dati storici si è
osservato che gli ultimi inverni sono stati decisamente meno
piovosi con gran parte della regione al di sotto dei 150 mm in
tre mesi.
Fig. 1 – Precipitazioni medie annue periodo 1961 -1990
Fig. 2 – Precipitazioni medie annue periodo 1995 -1999
3. TEMPERATURA MASSIMA STAGIONALE
Nel presente paragrafo viene presa in considerazione la
temperatura dal punto di vista della media delle massime
stagionali, maggiormente indicative delle climatologie locali
rispetto alle medie assolute giornaliere o alle medie delle
minime stagionali, influenzate dal mutante andamento
meteorologico (nuvolosità, umidità, precipitazioni) nel corso
del periodo di riferimento.
Dalla distribuzione dei valori di temperatura su base
stagionale si evince che, per quanto riguarda i valori massimi
in primavera ed estate (fig. 3 e 4), le temperature più
elevate vengono misurate nelle pianure veronese e vicentina,
nella bassa padovana e nel Polesine occidentale, con valori
medi superiori a 28°C in estate. Queste sono zone
prevalentemente continentali con debole circolazione.
Valori leggermente inferiori si osservano lungo il litorale e
nelle zone dell’entroterra che beneficiano della brezza di
mare. Un altro settore più fresco è la fascia pedemontana, a
nord della quale la temperatura diminuisce abbastanza
regolarmente con la quota.
Fig. 3 – Temperatura massima estiva (anni 1961-1990).
Fig. 4 – Temperatura massima estiva (anni 1995-1999).
In autunno e in inverno (fig. 5 e 6) l’area a temperature
massime più alte si sposta sulla fascia pedemontana dato che
le zone meridionali e occidentali sono interessate dalle
nebbie e subiscono quindi un riscaldamento inferiore. Nel
semestre freddo si evidenzia anche la zona del Garda con
valori leggermente più elevati delle aree circostanti.
Fig. 5 – Temperatura massima invernale (anni 1961-1990).
Fig. 6 – Temperatura massima invernale (anni 1995-1999).
FENOMENI PARTICOLARI
La grandine
La grandine si forma solo nel cumulonembo ad incudine (Cb
capillatus incus); all’interno di questa nube temporalesca una
gran quantità di acqua liquida si trova a temperature
negative, sotto forma di cristalli di ghiaccio (parte alta) e
goccioline sopraffuse, che sono più abbondanti nella zona
intermedia. La concentrazione di vapor d’acqua in equilibrio
con le goccioline sopraffuse è maggiore di quella in
equilibrio con i cristalli di ghiaccio, per cui le molecole
del vapor d’acqua si depositeranno sul cristallo di ghiaccio
mediante sublimazione, mentre le goccioline presenti
evaporeranno per cercare di ristabilire l’equilibrio: ciò
avviene nella parte alta della nube.
Una volta ingrossatosi il cristallo cade all’interno della
nube più velocemente delle goccioline sopraffuse e nel suo
percorso discendente le catturerà provocandone l’istantaneo
ghiacciamento al contatto (meccanismo simile a quello della
galaverna): per cui l’adesione di goccioline sopraffuse sul
chicco (o embrione) comincerà solamente quando questo scende
nella parte intermedia della nube dove la concentrazione di
goccioline è massima. A questo punto un nuovo meccanismo entra
a far parte della fase di crescita: quando le goccioline
sopraffuse si attaccano al cristallo cedono ad esso una parte
del calore latente di solidificazione; infatti nel passaggio
da acqua a ghiaccio si libera calore. L’embrione perciò si
riscalda e può arrivare a temperature prossima a 0°C, mentre
nell’ambiente circostante essa è fortemente negativa
(-15°C/-20°C); questa è la crescita secca. Poichè ora
l’embrione di ghiaccio ha temperatura prossima a 0°C, le
goccioline sopraffuse ghiacciano parzialmente e una certa
quantità d’acqua viene reimmessa nell’ambiente: è la crescita
bagnata.
Le fortissime correnti ascendenti (updraft) e discendenti
(downdraft) proprie del Cb fanno sì che l’embrione compia
molte salite e discese all’interno della nube: naturalmente
più intense saranno le correnti ascendenti maggiori saranno le
dimensioni che i chicchi potranno raggiungere.
In Veneto i fenomeni temporaleschi associati alla
manifestazione di grandinate sono purtroppo relativamente
frequenti: particolarmente colpite al riguardo sono le zone
della media/bassa pianura veronese, dei Colli Berici, della
pedemontana veronese, vicentina e trevigiana, come risulta
dalla cartina di seguito riportata (fig. 7).
Fig. 7 – Eventi grandinigeni del Veneto nel periodo 1978 –
2003
LA NEBBIA
Nella nostra regione il fenomeno nebbia colpisce maggiormente
le zone costiere e la bassa pianura, quindi principalmente le
province di Rovigo, Venezia, Padova, Verona, il basso
vicentino e trevigiano. Man mano che ci avviciniamo alle zone
montane la frequenza con qui il fenomeno si manifesta si
riduce drasticamente e acquisisce carattere di eccezionalità
e marginalità fino a diventare raro e sporadico nella fascia
collinare e montana escluse le vallate interne il cui
microclima favorisce il ristagno dell’aria. Negli anni
fortemente dominati da campi di alta pressione con scarsa
ventilazione e conseguente ristagno dell’aria, nel basso
veneto il fenomeno (compreso la foschia) si verifica con una
media annua che può superare gli 80 giorni.
Ma che cos’è la nebbia?
Fondamentalmente è una nube, ma una nube a livello del suolo(o
del mare, lago, fiume ecc…). Come le nubi che vediamo in cielo
essa si forma per la
circostante che viene
presenza di umidità nell’ aria
poi condensata in microscopiche
goccioline in sospensione nell’ aria. Queste sono piccolissime
e navigano in aria senza cadere limitando fortemente la
visibilità in rapporto allo spessore della Nebbia e alla
dimensione delle gocce. La nebbia si forma generalmente per la
condensazione dell’ umidità in eccesso contenuta nell’ aria in
seguito al raffreddamento della massa d’ aria presente sul
luogo. Raggiungendo il punto di rugiada ( temperatura alla
quale si ha il 100% di umidità relativa ) il vapor acqueo
condensa in minuscole goccioline creando la nebbia. In zone
ricche di nuclei di condensazione ( minuscole particelle di
fumo o elementi di sostanze, cristalli ecc… ) si può aver la
formazione della nebbia anche prima che l’ aria raggiunga la
saturazione. Questo si verifica spesso nelle aree industriali
ricche di pulviscolo in sospensione.
La foschia, che spesso precede la nebbia, non è altro che lo
stesso fenomeno a livelli più tenui e blandi; la visibilità
infatti è superiore al chilometro. Un caso simile è
lo smog (dalle parole inglesi Smoke e Fog – Fumo e Nebbia )
costituito da una coltre caliginosa di inquinanti sospesi
nell’ aria e spesso trattenuti entro le prime centinaia di
metri di quota da inversioni termiche.
Per chiarire le cose
definizione della nebbia:
ecco
alcuni
parametri
di
Dicesi nebbia un fenomeno atmosferico ( idrometeora ) simile
alle nubi, il quale limita la visibilità orizzontale entro 1
chilometro.
Tipi di nebbia: esistono 4 tipi fondamentali di nebbia.
·
Nebbia da Irraggiamento:
·
Nebbia da Avvezione;
·
Nebbia Frontale;
·
Nebbia da Evaporazione.
La nebbia si denota in intensità come segue:
·
Nebbia moderata: Visibilità inferiore ai 1000 m;
·
Nebbia: Visibilità inferiore ai 400 m;
·
Nebbia spessa: Visibilità inferiore ai 200 m;
·
Nebbia densa: Visibilità inferiore ai 40 m.
Tipi di nebbia.
La nebbia si forma di solito nelle ore notturne o prima
dell’alba, perché sono le più fredde della giornata, e
soprattutto col cielo sereno; tuttavia vi sono eccezioni.
La nebbia più conosciuta è quella da irraggiamento: essa si
forma a causa della serenità del cielo che favorisce la
dispersione del calore del terreno ( irraggiamento ) verso lo
spazio. Se vi è mancanza di vento, forte umidità relativa e
presenza di nuclei di condensazione ecco che la possibilità di
avere Nebbia è notevole.
La nebbia da avvezione invece accade quando giunge aria più
calda e umida dall’ esterno. Essa scivolando sul terreno o
sull’ acqua più freddi genera una condensazione del proprio
vapore acqueo e dà luogo a quegli insidiosi banchi di Nebbia
marittima o di pianura che sono anche molto estesi e fitti.
Possono avvenire anche in stagioni diverse dall’ Autunno e
dall’ Inverno se vi sono le condizioni di sviluppo adatte.
La nebbia da evaporazione si forma su laghi e mari quando l’
acqua è a temperatura maggiore dell’ aria.
La nebbia frontale è invece legata ai fronti, cioè alle
perturbazioni che sopraggiungendo su una determinata zona
generano apporti umidi ( anche con le piogge ) che poi
scorrendo su superfici più fredde e su rilievi danno luogo a
condensazione e quindi a nebbie ( nebbia prefrontale ).
Anche dietro al fronte può formarsi la nebbia ( nebbia
postfrontale ) quando i fronti sono quasi stazionari e l’ aria
fredda è stabile e vi sono piogge.
Durante il passaggio del fronte la nebbia può formarsi
temporaneamente se il vento è debole e l’ aria è quasi satura
oppure se passa un fronte freddo e piovoso su terreno umido.
Esiste anche una nebbia ghiacciata che si genera nelle zone
polari. A temperature di vari gradi sotto zero le emissioni di
carburanti combusti, generate dalle attività umane, creano
cristalli di ghiaccio che permangono anche per giorni su piste
di volo o strade.
C’ è poi una nebbia velata artica consistente di cristalli di
ghiaccio in sospensione in buona parte della Troposfera sui
bacini artici nella stagione invernale. Similmente a nubi
cirriformi essa si estende dal mare fino a quote anche
rilevanti.
Quando la nebbia si solleva per aumento della temperatura del
suolo può dar luogo agli Strati che sono nubi basse e informi
che nascondono il Sole. Se la temperatura cambia o giunge aria
più umida la Nebbia può generare una debole precipitazione (
pioviggine ). Se l’ aria è intorno allo 0°C si può avere una
deposizione di ghiaccio su oggetti e superfici simile alla
brina (galaverna). Le nebbie avvengono sul mare, sulle pianure
e anche nelle vallate interne per le medesime ragioni qui
esposte. Lungo i pendii dei rilievi spesso si hanno banchi di
Nebbia in giornate umide e con vento debole.
Dissolvimento della nebbia.
La scomparsa della nebbia è legata a diversi fattori.
Il sole che sorge e riscalda il terreno fa dissolvere il banco
di nebbia, a meno che questo non sia particolarmente spesso (
200-300 m ,) come accade in pianura Padana dove la Nebbia può
permanere per tutto il giorno. Il vento è un altro fattore di
dissolvenza perché rimescola gli strati d’aria e quindi
elimina la causa della nebbia. Il Foehn, vento secco, elimina
rapidamente la Nebbia L’ arrivo di una perturbazione e della
pioggia produce lo stesso effetto.
* Per convenzione 1 chilometro è la distanza orizzontale a cui
la visibilità può giungere in caso di nebbia. Se è superato si
parla di foschia.
LA NEVE
Come si può notare dalla cartina nazionale, la nostra
regione
esclusa la parte montana e pedemontana, risulta
essere una delle regioni con precipitazione media nevosa più
bassa di tutto il catino padano. La nostra regione non avendo
barriere montuose a sud sud/est infatti subisce molto
l’influenza delle masse d’aria tiepida e umida da sud che
normalmente precedono i peggioramenti nevosi e se questo da un
lato accentua la fenomenologia
spesso comporta la
trasformazione della precipitazione da solida a liquida.
Le situazioni meteorologiche favorevoli alla caduta di neve
nella nostra regione
possono essere quanto mai varie, e
generalmente diversificate dalla parte nord della regione
rispetto a quella meridionale. Infatti spesso quando affluisce
aria fredda dai quadranti orientali con una componente
principalmente nord orientale, assistiamo a nevicate seppur
deboli lungo le coste e il rodigino , mentre le zone più a
nord rimangono con clima secco e freddo. Viceversa dopo
l’afflusso di aria fredda con la conseguente formazione di un
cuscino di aria fredda nei bassi strati, quando le correnti
che precedono un peggioramento ruotano a sud sud/ovest o
sud/est , assistiamo a delle nevicate da scorrimento che
interessano principalmente le zone nord della regione, quelle
che subiscono la minor mitigazione o meglio la mitigazione
avviene in ritardo di qualche ora rispetto le zone costiere.
In questo caso assistiamo a nevicate copiose che però spesso
in pianura si trasformano in pioggia dopo poche ore. Diverso
infatti il discorso per la zona montuosa, dove gli accumuli
grazie alle correnti umide provenienti dall’adriatico sono
spesso notevoli. Molti sono comunque i parametri che
determinano una nevicata ed ogni episodio ha origine e
sviluppo da condizioni climatiche magari simili ma comunque
sempre diverse, che fanno nella nostra regione dai molteplici
microclimi e da un’orografia molto diversificata un fenomeno
di difficile prevedibilità.
UN FENOMENO STRANO: L’ACQUA ALTA
Il fenomeno dell’acqua alta, noto sin dall’antichità, è tipico
della parte settentrionale dell’Adriatico. Consiste in un
temporaneo rialzo del livello del mare ben oltre le normali
alte maree. In generale è il frutto di una combinazione di
fattori astronomici e meteorologici. L’acqua alta nelle lagune
e nei litorali veneti è dovuta al passaggio di campi di bassa
pressione a sud dell’arco alpino e al contemporaneo instaurasi
del vento di scirocco (SUD/SUDEST) su tutto il bacino
adriatico. Fattori oceanografici seguono, e spesso si
associano, ai fattori meteorologici. Si tratta dei cosiddetti
fenomeni di “sessa” tra i quali quello più significativo è
rappresentato da un’onda lunga, con periodo di circa 22 ore,
in oscillazione tra il golfo di Venezia e il canale d’Otranto.
è questo il cosiddetto “effetto memoria” dell’Adriatico che
determina la ricomparsa dell’acqua alta per più giorni dopo la
cessazione degli effetti perturbativi dovuti al vento e alla
pressione atmosferica. Gli aspetti più conosciuti legati al
fenomeno dell’acqua alta sono gli allagamenti della città di
Venezia.
A questo proposito, è bene ricordare che con il termine di
acqua alta vengono normalmente indicate quelle altezze di
marea superiori alla soglia dei 110 cm sopra lo Zero
Mareografico di Punta della Salute (ZMPS), riferimento della
omonima fondamentale stazione di osservazione mareografica
istituita in centro storico nel 1923. In tabella I sono
riassunti i più elevati casi di alta marea eccezionale
registrati a Venezia. Tra questi spicca lo storico evento del
4 novembre 1966, con 194 cm sopra lo ZMPS, il più gravoso fra
quelli registrati dopo oltre un secolo di sistematiche
osservazioni. La frequenza degli allagamenti della città,
dovuti alle acque alte, hanno subito un deciso incremento a
partire dagli anni sessanta, come dimostra la statistica dei
casi di marea superiore ai 110 cm: 3 i casi registrati nel
periodo 1920-29, 8 i casi tra il 1930-39 e 5 casi tra il
1940-49. Ben diversa la situazione nel decennio 1960-69 con 31
casi; ancora 31 casi nel decennio 1970-79. Significativo è
invece il decennio 1990-99 con ben 44 casi. Dall’inizio del
nuovo decennio si sono osservati già una quindicina di casi.
Degno di rilievo è il caso dell’evento del 16 novembre 2002
con 147 cm sopra lo ZMPS, 7° caso storico dei massimi livelli
di marea registrati a Venezia. Su base annuale invece la
statistica dice che l’anno in cui il fenomeno si è registrato
con maggiore frequenza è stato il 1979 con 10 casi, mentre per
8 volte si è registrato nel corso del 1996 e del 1998. Il 2003
è stato invece un anno fortunato: non si sono registrati casi
di marea superiore ai 110 cm sopra lo ZMPS. Degne di rilievo
sono anche le cosiddette acque medio-alte, cioè quelle
comprese tra i 90 cm e i 110 cm sopra lo ZMPS che, pur
rappresentando condizioni meno critiche per la laguna in
generale, determinano comunque allagamenti in quelle zone
della città altimetricamente più svantaggiate. Anche questi
casi hanno subito significativi incrementi: si è passati
infatti dai 19 casi del decennio 1920-29 agli 85 casi del
decennio 1950-59, ai 166 casi del decennio 1990-99. 27 sono
invece i casi registrati nel corso del solo 2003.
L’aumento della frequenza degli allagamenti della città va
posta in relazione ai progressivi abbassamenti subiti dal
suolo veneziano rispetto al livello medio del mare. Nel corso
degli ultimi 100 anni tale abbassamento è stato valutato in
poco meno di 24 cm, ed è stato imputato a due fattori
distinti: la subsidenza, stimata in circa 11 cm, che
rappresenta l’abbassamento dovuto al costipamento dei suoli
per effetto della compattazione degli strati sabbiosi ed
argillosi per fatto naturale e, soprattutto, per opera dei
massicci emungimenti d’acqua dalle falde per uso industriale),
e l’eustatismo, cioè l’innalzamento del livello medio del mare
dovuto a fattori generali, che nell’alto adriatico viene
stimato in poco meno 13 cm. I fenomeni di acqua alta hanno una
portata che, tuttavia, va ben al di la del ristretto ambito
cittadino con effetti diversificati sia all’interno che
all’esterno della laguna stessa. Altri fattori di criticità
derivano ad esempio dal cosiddetto vento locale, cioè
dall’azione forzante del vento che si instaura localmente
sullo specchio lagunare in contemporanea ai cennati fattori
generali che scatenano l’acqua alta in tutto il nordadriatico.
In definitiva il fenomeno dell’acqua alta, al di la degli
aspetti pittoreschi che possono attrarre frotte di turisti più
o meno divertiti, costituisce in realtà uno dei fattori più
significativi
che caratterizzano il rischio idraulico in
tutta l’area nord orientale del nostro Paese.
Massimi livelli di marea a Venezia, Punta della Salute:
1.
2.
3.
4.
5.
4 novembre
1966
194 cm
22 dicembre 1979
166 cm
1 febbraio 1986
158 cm
15 gennaio 1867
153 cm
12 novembre
1951 151 cm
6. 16 aprile 1936
7. 16 novembre 2002
8. 15 ottobre 1960
9. 3 novembre 1968
147 cm
147 cm
145 cm
144 cm
10. 6 novembre 2000
11. 8 dicembre 1992
144 cm
142 cm
12. 17 febbraio 1979
13. 5 novembre 1967
140 cm
138 cm
14. 26 novembre 1969
15. 22 dicembre 1981
138 cm
138 cm
16. 24 novembre 1987
138 cm
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