Rettocolite ulcerosa (RCU)

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Rettocolite ulcerosa (RCU)
1) Introduzione
2) Epidemiologia
3) Segni e sintomi
4) Cause
5) Diagnosi
6) Terapia
1) Introduzione
La RCU è un disordine infiammatorio del colon ad eziologia sconosciuta con decorso cronico
ricorrente, con alternanza di periodi di remissione con benessere soggettivo e di fasi di acuzie. La
causa della malattia e i fattori che ne determinano l’andamento cronico sono sconosciuti. Le lesioni
(infiammazione, erosioni, ulcere) sono confinate alla mucosa ed alla sottomucosa ed interessano
sempre il retto con eventuale coinvolgimento del restante colon che viene interessato in modo
continuo ed uniforme dall’ano al cieco.
Come il morbo di Crohn può essere una malattia debilitante e può portare allo sviluppo di
complicanze.
Non esiste un trattamento curativo, ma esistono farmaci che possono ridurre in maniera
considerevole i segni e i sintomi della colite ulcerosa e che possono anche indurre una remissione
per lunghi periodi.
2) Epidemiologia
L’esordio della malattia avviene generalmente nei giovani adulti con un picco di incidenza tra i 25 e
i 40 anni, ma tutte le età possono esserne colpite.
In Italia la distribuzione della malattia non differisce da quella degli altri Paesi Europei con 5 -6
nuovi casi/100.000 persone/anno ed una prevalenza di 60 – 70 casi/100.000 persone; tali dati
epidemiologici sono rimasti stabili negli ultimi 25 anni.
3) Segni e sintomi
Il sanguinamento rettale è il sintomo cardine di questa condizione patologica, ma il quadro clinico è
variabile in relazione alla estensione ed alla severità della malattia.
In circa il 30% dei casi la malattia è confinata al retto (proctite), mentre nel 40-50% dei casi le
lesioni si estendono sino al sigma (proctosigmoidite). Nel 30-40% la malattia si localizza sino al
colon discendente (colite sinistra) e nel restante 15-30% sino al trasverso (colite estesa) o sino al
cieco (pancolite) (figura 1).
Le manifestazioni tipiche più frequentemente descritte dai pazienti sono la diarrea con muco e
sangue rosso vivo nelle feci. Altri sintomi che possono essere presenti sono il dolore addominale,
che si risolve con la defecazione, il tenesmo rettale, l’urgenza alla defecazione e l’incontinenza.
La sintomatologia accusata dal paziente dipende più dall’estensione della malattia, mentre l’entità
dei sintomi è secondaria alla gravità delle lesioni; l’esordio può essere subdolo, con possibili ritardi
nella diagnosi, o acuto con anche necessità di ricovero ospedaliero per la presenza di sintomi
sistemici come la febbre, la tachicardia, il dimagramento e l’anemia severa.
La RCU ha in più dei tre quarti dei casi un andamento cronico intermittente con fasi di riaccensione
della malattia seguite a fasi di remissione (spontanea o indotta farmacologicamente), mentre nel
20% circa dei casi la malattia ha un decorso di tipo cronico continuo.
4) Cause
La causa della colite ulcerosa resta sconosciuta; le ipotesi principali riguardano un’origine infettiva,
l’allergia a componenti della dieta, la risposta immunitaria anomala ad antigeni batterici. Nella
patogenesi della malattia sono implicati meccanismi immunologici a livello della lamina propria
che coinvolgono sia la risposta umorale sia quella cellulare. La difficoltà nel capire il meccanismo
immunologico alla base della malattia risiede nel fatto che non è ancora chiaro se le risposte
immunologiche sono appropriate rispetto a un maggior challenge antigenico secondario ad una
risposta infiammatoria, se rappresentano una risposta ad uno specifico agente eziologico o se sono
dovute ad un difetto di base della regolazione della risposta immunitaria a livello della mucosa.
Inoltre, la maggior possibilità di sviluppare la rettocolite ulcerosa in presenza di un parente già
affetto da malattia infiammatoria intestinale indica che un substrato genetico possa giocare un ruolo
importante nello sviluppo della malattia. Vi sono al momento numerosi studi in corso alla ricerca di
mutazioni genetiche in grado di aumentare la suscettibilità alla malattia.
5) Diagnosi
La diagnosi si basa sul quadro clinico, sul quadro endoscopico e sull’esame istologico dei prelievi
bioptici eseguiti durante la colonscopia.
Dal punto di vista dell’attività clinica la malattia può essere distinta in quattro diverse forme:
malattia in remissione e malattia in fase di attività clinica lieve, moderata e severa.
Quando la malattia è in remissione vi è assenza di sintomi e gli esami ematochimici sono nella
norma. La RCU si presenta in forma lieve nel 60% circa dei pazienti: il numero delle scariche
diarroiche è inferiore a 4 nelle 24 ore, il sanguinamento è lieve, incostante o assente e non vi sono
sintomi sistemici. La forma moderata si accompagna a 5-6 scariche diarroiche nelle 24 ore con
sanguinamento costante e sintomi sistemici di accompagnamento di lieve entità. La forma severa,
che insorge improvvisamente o come progressione di un quadro precedente meno severo, è
caratterizzata da più di 6 scariche al dì, sanguinamento evidente e costante, incremento degli indici
di flogosi e segni e sintomi di interessamento sistemico (astenia, febbre, tachicardia).
L’aspetto endoscopico è caratteristico; non è necessario per la diagnosi fare una pancolonscopia, ma
è sufficiente eseguire una rettosigmoidoscopia senza preparazione intestinale. I segni più precoci di
RCU sono la perdita del disegno vascolare sottomucoso con edema ed iperemia della mucosa. Per
determinare l’estensione della malattia è invece indicata l’esecuzione di pancolonscopia.
Nell’infiammazione di grado più severo la mucosa diviene granulare, si osserva friabilità con la
comparsa di piccole emorragie puntiformi (petecchie). Infine, nella forma severa, la malattia si
associa al sanguinamento ed alla presenza di ulcere. Nei pazienti con malattia di lunga durata
possono essere presenti pseudopolipi.
La biopsia andrebbe sempre eseguita: esiste spesso una discrepanza tra l’aspetto macroscopico e
quello istologico. L’infiammazione è prevalentemente confinata alla mucosa: è presente un
infiltrato infiammatorio di leucociti neutrofili, linfociti, plasmacellule e macrofagi che si
localizzano nelle cripte, dando origine a criptite e infine ad ascessi criptici con distorsione della loro
architettura; aumentando l’infiammazione le cellule epiteliali si appiattiscono e vanno incontro
all’ulcerazione.
Nei pazienti con RCU sono comunemente presenti manifestazioni extraintestinali; queste possono
essere sicuramente correlate all’attività della malattia (artropatia periferica, eritema nodoso,
episclerite, afte orali, statosi epatica), possibilmente correlate all’attività della malattia (pioderma
gangrenoso, uveite anteriore), non correlate all’attività della malattia (sacroileite, spondilite
anchilosante, colangite sclerosante) e rare (pericardite, dermatosi neutrofila febbrile acuta o
sindrome di Sweet ed amiloidosi).
La complicanza più seria della rettocolite ulcerosa è il megacolon tossico, urgenza chirurgica,
dovuto ad una dilatazione acuta del colon (diametro trasverso > di 6 cm e perdita delle austrazioni
all’RX addome diretto) durante un attacco severo di colite ulcerosa. Questa complicanza si verifica
nel 5% degli attacchi severi e può essere scatenata dalla somministrazioni di oppiacei e può
necessitare di colectomia d’urgenza.
Il rischio di cancro del colon è un’altra seria complicanza della malattia; la maggior parte degli studi
concorda sull’incremento del rischio dopo 10 anni di attività di RCU totale o estesa,
Il rischio di cancro nei pazienti con proctite ulcerosa (localizzazione di malattia sono nel retto) non
è invece aumentato mentre è minimamente aumentato nella colite sinistra.
I pazienti con colite ulcerosa estesa, che dura da più di 10 anni, dovrebbero iniziare una
sorveglianza endoscopica con colonscopia e mappaggio bioptico con ulteriori biopsie nelle
eventuali aree sospette. Se non risulta displasia la colonscopia andrebbe ripetuta ogni 1-3 anni,
meglio annualmente. In caso di riscontro di displasia severa all’esame istologico vi è indicazione
all’esecuzione di colectomia profilattica.
6) Terapia
Quando ci troviamo di fronte ad un paziente con malattia attiva il primo obiettivo terapeutico è
quello di ridurre i sintomi e di indurre la remissione; il secondo obiettivo è quello di mantenere la
remissione a lungo termine. Queste due fasi del trattamento possono necessitare di una serie di
farmaci, impiegati in dosi diverse e per differenti vie di somministrazione, con il passaggio
dall’induzione della remissione al mantenimento della remissione stessa dopo poche settimane.
I farmaci che hanno dimostrata efficacia nella colite ulcerosa sono la mesalazina, il cortisone e gli
immunosoppressori; da pochi mesi è disponibile nel prontuario terapeutico anche l’infliximab, un
anticorpo monoclonale contro il TNF, fattore fondamentale del processo infiammatorio.
I farmaci che abbiamo a disposizione possono essere utilizzati da soli o in combinazione e con
diverse modalità di somministrazione a seconda del grado di severità della malattia e della sua
localizzazione.
Se la malattia è localizzata distalmente ed ha una attività lieve o moderata si preferisce l’utilizzo per
via topica di preparati a base di mesalazina (figura 3), ai quali si può eventualmente aggiungere
terapia steroidea sempre per via topica. Se la malattia è di grado severo alla mesalazina per via
topica si aggiunge mesalazina e prednisone per via orale. Se compare steroidodipendenza o
resistenza si aggiunge terapia immunosoppressiva con azatioprina o 6-mercaptopurina.
In presenza di malattia maggiormente estesa si inizia con mesalazina orale, quindi si aggiunge
eventualmente mesalazina topica. Se non si ottiene risposta clinica si inizia terapia cortisonica orale
(per i casi meno severi con beclometasone dipropionato, cortisone a bassa biodisponibilità con
minori effetti collaterale rispetto allo steroide tradizionale, per quelli severi con prednisone). Se il
paziente diviene dipendente dal cortisone per il mantenimento della remissione clinica vi è
l’indicazione ad iniziare la terapia con immunosoppressori, mentre nel caso di forme
particolarmente acute, in presenza di un elevato rischio di intervento chirurgico, può essere fatto, in
regime di ricovero ospedaliero, un tentativo terapeutico con cortisone endovenoso e se inefficace
con ciclosporina per via endovenosa. I pazienti con RCU severa, a rischio di colectomia, in
trattamento con cortisone o ciclosporina somministrati per via endovenosa, necessitano di una
stretta sorveglianza clinica (medica e chirurgica) e strumentale (radiografia diretta dell’addome).
Siamo oggi entrati anche per la rettocolite ulcerosa in una nuova era terapeutica, l’era della terapia
biologica: infliximab, farmaco introdotto nella pratica clinica negli USA nel 1998 che si è
dimostrato efficace nella malattia di Crohn luminale e penetrante non responsiva ai trattamenti
“tradizionali”, ha dato evidenza di efficacia in numerosi studi recenti anche nel trattamento della
rettocolite ulcerosa. Può essere utilizzato in quei pazienti che non hanno raggiunto una adeguata
risposta clinica con la terapia convenzionale: i pazienti che rispondono alla terapia di induzione
dovrebbero ricevere successivamente una terapia di mantenimento.
Numerosi studi supportano (evidence-based data) l’utilizzo di steroidi, immunosoppressori e
biologici nel trattamento della colite ulcerosa, ma vi sono alcuni aspetti della terapia con questi
agenti che ancora scarsi o inadeguati.
E’ compito del gastroenterologo avere una chiara idea dei benefici e dei rischi di questi trattamenti
per assicurare al proprio paziente la cura migliore.
Il trattamento chirurgico della colite ulcerosa è limitato ai casi con complicanze o refrattari alla
terapia medica e deve essere affidata a chirurghi con una specifica esperienza nel trattamento delle
malattie croniche intestinali
Trattamento Chirurgico della RettoColite Ulcerosa
La rettocolite ulcero-emorragica (RCU) è una malattia infiammatoria cronica strettamente limitata
al grosso intestino (colon e retto) che risponde, a differenza del Morbo di Crohn, al trattamento
chirurgico. L’intervento chirurgico può essere eseguito in elezione, cioè programmato dopo una
adeguata preparazione o eseguito per necessità in urgenza.
L’intervento in elezione si esegue in caso di RCU ad evoluzione cronica invalidante, per il ripetersi
di crisi successive che influiscano negativamente sulla vita dei pazienti spesso giovani esponendoli
ai rischi di un trattamento corticosteroideo prolungato; è anche consigliato nelle forme con
manifestazioni extra-intestinali che possono avere un miglioramento con l’asportazione del colonretto. La procto-colectomia restaurativa è la procedura chirurgica attualmente accettata e consiste
nell’asportazione completa di tutto il colon e del retto con ricostruzione della continuità digestiva
attraverso una giunzione fra ileo e l’ano (anastomosi ileo-anale); quest’ultima è realizzata mediante
il confezionamento di un serbatoio ileale o pouch, ideato per evitare in mancanza del retto, il
fastidioso problema della diarrea.
La complicanza più temibile dopo questo tipo di intervento è la deiscenza dell’anastomosi cioè il
cedimento della giunzione fra ileo ed ano; per evitare questo grave problema si favorisce il
consolidamento dell’anastomosi deviando le feci all’esterno per i primi 2-4 mesi attraverso una
stomia temporanea sull’ileo. L’intervento può essere effettuato in due o tre tempi; l’intervento in
due tempi si svolge in due fasi: una prima durante la quale si esegue la procto-colectomia totale e la
ricostruzione ileo-anale con pouch protetta temporaneamente da un ileostomia, la seconda in cui si
chiude la stomia abilitando l’anastomosi al transito fecale. La tecnica che prevede tre tempi
chirurgici aggiunge alla tecnica precedente un primo intervento durante il quale si esegue soltanto
la colectomia totale con ileostomia. Questo ulteriore passaggio serve a mettere a riposo il retto per
favorire l’attenuazione o la risoluzione dell’infiammazione locale e quindi a garantire che la
successiva asportazione del retto e l’anastomosi ileo anale siano eseguite in un terreno più
resistente. Dopo una minuziosa valutazione del caso clinico spetta
procedura chirurgica più adatta alla circostanza.
al chirurgo scegliere la
Le condizioni che spesso richiedono un intervento chirurgico in urgenza sono la rettocolite
riacutizzata non sensibile a trattamento medico, la rettocolite acuta fulminante e il megacolon
tossico, condizione estrema nella quale si assiste ad una importante distensione del colon che può
esitare in perforazione. In assenza di miglioramento dopo 72 ore di trattamento medico intensivo è
indicato procedere ad intervento d’urgenza pena il rischio della vita del paziente; l’intervento scelto
dalla maggior parte dei chirurghi è la colectomia subtotale con ileostomia temporanea.
Dopo adeguato miglioramento delle condizioni generali del paziente ( 2-6 mesi circa) si può
procedere all’intervento ricostruttivo con rimozione del retto lasciato in sede e confezionamento del
serbatoio ileo anale.
Il trattamento chirurgico dei pazienti con rettocolite ulcerosa è affidato a chirurghi specialisti che
hanno completato un training specifico in chirurgia colo-rettale.
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