p.119 Il missile e la sciabola « La produzione bellica diretta (armamento) assomiglia dunque sempre più alla produzione industriale a fini pacifici. E questo appare ancora più sorprendente se si considerano non tanto i proiettili (prodotti finali o di " consumo ") quanto le macchine automatiche, anch'esse articolate su " telai " fissi o mobili la cui manovra è sempre più automatizzata. In questo senso, cannoni o razzi fissati su piattaforme di lancio di navi, aerei o veicoli di ogni tipo assomigliano sempre più al parco di macchine di una fabbrica moderna. Una portaerei di oggi, una base di missili, un gruppo aereo-trasportato sono organizzati come una fabbrica di produzione di massa, pronti a produrre un mezzo di distruzione invece di un mezzo di consumo positivo. Ecco perché chi si occupa di questi organismi, i militari, sono sempre più paragonabili a lavoratori, con le proprie conoscenze professionali, la propria formazione ed il proprio addestramento, la propria cooperazione,disciplina e gerarchia. Per contro, gli operai sono organizzati sempre più sul modello dell'esercito D. P. Naville, Lavoro e guerra, in G. Friedmann - P. Naville, Trattato di sociologia del lavoro, Milano 1963, vol. II, p. 457. Nello studio delle istituzioni militari come fatto sociale l'analisi delle armi ha subito finora pesanti deformazioni interpretative, in cui convergono sia l'idealismo delle scienze sociali borghesi sia il luddismo della sinistra. Da un lato, la sociologia militare ufficiale ha letto i sistemi d'arma come la risultante di due variabili principali: dei livelli tecnologici della struttura sociale che li produce e delle esigenze tattico-strategiche che li ispirano. Dall'altro, ha ridotto l'organizzazione tecnica: sarebbero i requisiti tecnici degli strumenti bellici — dunque le modalità di lavoro richieste per massimizzare la loro efficacia produttiva » — a determinare sia le forme e l'evoluzione della divisione sociale del lavoro nell'esercito, che le strutture di potere, i sistemi di valori, etc., ad essa correlati. Attraverso questa riduzione, la neutralità ideologica delle tecnologie e la ovvietà politica della necessità strategiche finiscono col legittimare l'organizzazione interna dell'istituzione, la presentano come una loro lineare proiezione, la spiegano come razionale e funzionale. A questa sociologia militare, dunque, il costante ricorso teorico e analitico ai sistemi d'arma e alle tecnologie belliche serve ad eludere tutto il complesso nodo dei rapporti esercito-società civile, così come esso si esprime nell'organizzazione sociale del lavoro nell'esercito, di cui l'organizzazione tecnica (la gestione dei p.120 sistemi d'arma) è solo un elemento 1. I sociologi borghesi enfatizzano il tecnico per eludere il p o litico; l'analisi sociale del movimento operaio, all'opposto, rischia di cogliere solo il politico, dimenticando il tecnico. Finora la riflessione della sinistra ha visto le armi sotto 1 p.121 Uno dei casi più clamorosi di totale indifferenza per il ruolo sociale delle armi è la pur fondamentale opera di S. Stouffer et al., The American Soldier, 2 voll., Princeton 1950, che esamina il comportamento, le strutture di potere e l'organizzazione interna formale/informale dei gruppi primari di soldati, ignorando del tutto la Loro organizzazione tecnica, legata alla specifica mansione nel sistema sociale militare, Questa indifferenza, tuttavia, è insolita nella sociologia militare. Ben più diffuso appare infatti l'approccio che abbiamo descritto. Se ne vedano classici esempi in M. JANOWITZ - R. LITTLE, Sociology and the Military Establishment; New York 1970; K. LANG, Technology and Career Management in the Military Establishment, in M. JANOWITZ (a.c.), The New Military, New York 1964; K. LANG, Military Organization, in J.G. MARCH (a.c.), Handbook of Social Organizations, Chicago 1964; e ancora K. LANG Career-Management: Formen organisatorischen Anpassung an den technischen Wandel in den amerikanischer Streitkraf ten, a Kölner Zeitschrift für Soziologie and Socialpsychologie », Sonderheft 12, 1968. Altri contributi di rilievo, che confermano la tendenza a ricondurre l'organizzazione sociale del lavoro alla sua organizzazione tecnica, sono [quelli di J.H. von HEISELER, Militar and Technik: Arbeitssoziologische Studien zum Einfluss der Technisierung auf die Socialstruktur des modernen Military, in G. PTCHT (a.c.), Studien zur Politischen and Gesellschaftlichen Situation des Bundeswehr, 2 voll., Witten and Berlin 1966 e quello di W. Mosen, Eine Militarsoziologie: Technische Entwicklung and Autoritdtsprobleme in Modernen Armeen, Neuwied, 1967. Per l'influenza delle trasformazioni tecnologiche sui rapporti gerarchico-disciplinari, cfr. M. PURKRABEK, Influence of Social Changes and the Modern Military Technology on Discipline: Some Remarks on the Sociological Model of a Socialist Military Discipline, in Current Issues of Military Discipline. Proceedings of the Conference on the Disciplinary and Military Social Structure in F.A. GELDARD (a.c.), Defence Psychology, New York 1962. L'evoluzione tecnica degli eserciti implicherebbe una progressiva identificazione dell'organizzazione sociale del lavoro militare con quella civile; per questa tesi, che ci sembra tipica dell'approccio riduzionista e del suo formalismo sociologico, cfr. A.D. BIDERMAN - L.M. SHARP, The Convergence of Military and Civilian Occupational Structures: Evidencie from Studies of Military Retired Employment, in a American Journal of Sociology », 1968, pp. 381-389; H. Woof, Military and Civilian Occupational Structures, a due aspetti: a) come indizi, spesso involontari, delle funzioni e delle intenzioni reali del a braccio armato » della classe dominante (ad esempio l'armamento dell'esercito italiano come rivelatore del suo ruolo repressivo interno) 2; b) come merci in rapporto alla questione dell'industria bellica, delle esportazioni di armi verso aree subimperialiste di conflitto, del ruolo dei produttori e dei mercanti di cannoni nelle fasi di recessione. Malgrado la lezione marxiana ed engelsiana 3, ci si è dimenticati che i sistemi d'arma rappresentano anche le « macchine » che « producono alcune delle funzioni istituzionali 4; ci si è dimenticati Monthly Labor Review », 1966, pp. 29-33. 2 Un breve ma denso contributo — a nostra conoscenza l'unico in Italia che da parte marxista affronti specificamente questo tipo di problemi — è G. MAJORINO, Forze armate e armamenti, in a Quaderni piacentini » n. 52, 1974 che ipotizza la crisi della polivalenza dei ruolo (in terno ed esterno) degli eserciti contemporanei. Per un recente tentativo francese, cfr. La questione des armase nucleaires tactiques et le débat de 1975 sur les Plutons, in « Paix et conflits », n. 1, 1975 3 « La guerra si è sviluppata prima della pace: modo in cui certi rapporti economici come lavoro salariato, macchinismo, ecc., sono stati sviluppati dalla guerra e negli eserciti, prima che all'interno della società borghese. Anche il rapporto tra la forza produttiva e i rapporti di traffico diviene particolarmente evidente nell'esercito». K. M AR X, Introduzione a Per la critica dell'economia politica, Roma 1971, p. 197 .Cfr. anche ivi, p. 191, e la lettera di Marx a Engels del 25 settembre 1857; « La storia dell'Army mette in luce con maggior evidenza di qualsiasi altra cosa la esattezza della nostra concezione del rapporto esistente tra le forze produttive e le condizioni sociali. L'Army in generate è importante per lo sviIuppo economico. Per es. presso gli antichi il sistema salariale si è sviluppato completamente anzitutto nell'esercito. Così presso i romani il peculium castrense è la prima forma giuridica in cui si riconosce la proprietà mobiliare di quelli che non sono padri di famiglia. Così il regime corporativo nella corporazione dei fabbri. Così si trova qui il primo impiego delle macchine in grande. Perfino il valore particolare dei metalli e il loro use come denaro pare che originariamente si basi — appena passata l'età della pietra di Grimm — sulla loro importanza bellica. Anche la divisione del lavoro all'interno di un determinato settore si compì primamente negli eserciti ». K. M.ARX - F. ENGELS, Carteggio, Roma 1950-53, vol. I I I , p. 94. Si veda, infine, la fondamentale analisi storica che Engels compie nell'Antidülrring (Roma, 1968). Per una ricostruzione del noto processo produttivo istituzione militare — lotta di classe, cfr. l 'Introduzione a F. BA TT IS T EL L I ( a. c .) , Esercito e società borghese. L'istituzione militare moderna nell'analisi marxista, Roma 1976. 4 Essendo obiettivo precipuo dell'istituzione militare non la produzione di merci, bensì la riproduzione delle condizioni della produzione (si veda in questo senso quanto dice dell'apparato repressivo di Stato L, ALTHVSSER, Ideologia e apparati ideologici di Stato, in « Critica marxista », n. 5, 1970), solo per translato possiamo definire « macchine » le armi (e lavoro » il lavoro, ovviamente improduttivo, dei militari). L'arbitrarietà dell'applicazione alle armi della categoria di « macchine » è in parte attenuata dalla comune origine storica delle une e delle altre: « Vi è sempre p.122 che, come tutte le macchine, i sistemi d'arma costituiscono le articolazioni materiali del e lavoro » nelle forze armate. Un fattore cruciale, dunque, dell'organizzazione sociale del lavoro nell'istituzione, lo spazio in cui le tensioni inerenti al rapporto esercito-società civile si traducono in conflitti istituzionali. Non si è così capito che, con forme e contenuti da accertare, i sistemi d'arma si collegano direttamente alle contraddizioni interne all'istituzione. Dimenticanze ed incomprensioni grosse, frutto, oltre che del luddismo più o meno latente nella sinistra, della legittima (e in tempi recenti particolarmente acuta) diffidenza nei confronti di quanto può trasformarsi in veicolo per l'ideologia della neutralità della tecnica e delle sue « ragioni ». Più specificamente, è da ricordare che nella sua elaborazione della questione militare la classe operaia italiana ha inizialmente (non a torto) assunto la prospettiva del soldato di leva e non del soldato di carriera, di colui che subisce la manipolazione istituzionale e non di colui che « lavora » nell'istituzione e dunque, direttamente o indirettamente, è coinvolto nella gestione della manipolazione. Dimenticanze ed incomprensioni che nell'attuale situazione italiana sono anacronistiche e dannose. Le contraddizioni della società civile sono penetrate infatti in un organismo militare che sempre meno riesce a mantenersi separato e hanno investito frontalmente i quadri, mettendone in crisi l'identità sociale; la nuova organizzazione tecnico-militare del lavoro implicita nel modello neocapitalista di esercito assimila progressivamente il militare di carriera ai tecnici subalterni civili, di cui riproduce problemi, ansie, conflitti e nuove scelte ideologico-sociali. Il movimento operaio ha cominciato a comprendere e ad assumere queste trasformazioni, abbandonando la pregiudiziale antimilistata un'ambivalenza di effetti tra i mezzi di produzione e i mezzi di combattimento. Oggi come diecimila anni or sono, il coltello può servire altrettanto bene a distruggere come a incidere il legno. Le armi in origine non sono che semplici utensili. La loro funzione dipende meno dalla loro struttura materiale che dall'uso dal quale l'uomo le destina in seguito o immediatamente. L'evoluzione tecnica delle armi è così legata a quella degli utensili. Inversamente, lo sviluppo dell ' armamento ha spesso anticipato il progresso degli utensili e delle macchine. Nel campo della concezione come in quello della fabbricazione, lo scienziato, da Archimede a Oppenheimer, l ' ingegnere o l'operaio sono stati al vertice del progresso tecnico e scientifico delle arti militari. Il termine stesso di Macchina proviene dal vocabolario militare come quello di strategia, che designa una trappola, forma primitiva di ogni macchina automatica. Solo in una fase molto avanzata della divisione del lavoro, le armi si sono distinte nettamente dagli utensili per confondersi di nuovo nella nostra epoca, ma ad un livello ben altrimenti complesso e generale ». P. NAVILLE, Lavoro e guerra, cit., p, 454. p.123 tare (che era qualcosa di diverso e di più che antimilitarista soltanto): è così che oggi nel nostro paese gli ufficiali e i sottufficiali vengono scoperti come potenziali interlocutori, da valutarsi e da accettarsi nella loro specificità di lavoratori » dell'istituzione militare, destinatari in quanto tali (e non semplicemente in quanto « cittadini » ) di una proposta politica. La corretta collocazione teorica degli strumenti del « lavoro » militare diventa così il requisito necessario (seppure certo non sufficiente) per una comprensione dei fattori che determinano le dinamiche della società militare, e dunque un requisito necessario per una prassi politica scientifica. In questa prospettiva cercheremo di fornire un primo accenno di sistemazione teorica del problema delle « macchine » militari. Chiariremo poi con degli esempi l ' importanza della lettura di classe dei sistemi d'arma per l'interpretazione delle trasformazioni di fondo dell'esercito neocapitalista, e delle contraddizioni che queste trasformazioni aprono fra i quadri. Le " macchine " per la guerra Analogamente alle altre istituzioni dello Stato, l'esercito esprime nelle sue funzioni e nelle sue modalità organizzative i rapporti economico-sociali di produzione, così come vengono mediati dai livelli e dalle forme dello scontro di classe in un contesto storicamente determinato. In questo senso l'analisi marxista è l'unica che sia totalizzante, l'unica cioè che consenta di interpretare globalmente l'istituzione militare: a) come totalità definita dalle sue funzioni in rapporto al suo contesto, analizzato in termini di classe; b) come totalità che esprime queste sue funzioni in specifiche modalità di organizzazione interna. Funzioni e organizzazione strutturale-ideologica dell'esercito non solo non possono essere scisse — come invece ha fatto sistematicamente la sociologia militare borghese — ma sono comprensibili nella loro interdipendenza unicamente se viste a partire dalla dialettica politico-sociale della società civile. E' la società civile che, con i suoi livelli di conflitto politico e di classe, costruisce in un certo modo una determinata organizzazione militare, attribuendole certe specifiche funzioni politicosociali. E' dunque sempre alla luce del rapporto esercitosocietà civile che è possibile capire realmente l'istituzione militare e ciò che avviene al suo interno 5 . Cosi, ad esempio, nell'Italia postunitaria, lungamente paleo-capitalistica, all'esercito italiano erano state assegnate funzioni assai diverse da quelle degli eserciti di capitalismi trionfanti come nel caso della Francia, dell'Inghilterra, della 6 stessa Germania . Ridimensionato l'imperialismo aggressivo a subimperialismo straccione, rimanevano p.124 all'esercito italiano ruoli assai meno nobili, ma perfettamente funzionali al livello di sviluppo delle forze produttive e dei rapporti sociali: il controllo antinsurrezionale degli strati popolari, la scuola reazionaria di massa, l'assorbimento delle eccedenze sul mercato del lavoro, il controllo politico della gioventù, la fornitura all'industria nazionale nascente di commesse, libere da ogni concorrenza straniera attraverso il protezionismo del segreto militare. Per assolvere questi obiettivi, l'esercito antipopolare di popolo doveva rimanere ben separato dal popolo. Nasce così l'esercito nazionale come corpo separato, organismo che, a livello strutturale e sovrastrutturale, ha le sue basi nel mondo rurale, in settori sociali che sono separati dalle linee di sviluppo del capitalismo industriale, ma che nello stesso tempo costituiscono componenti irrinunciabili del blocco sociale dominante. E separa è anche la gerarchia di questo esercito, ufficiali provenienti dalla media e piccola borghesia agraria e dall 'aristocrazia decaduta, sottufficiali usciti dal sottoproletariato urbano e dalla lumpenbourgeoisie rurale. Non è un caso, dunque, che la struttura sociale dell'esercito riproduca al suo interno la struttura di potere (proprietari terrieri per capi, coadiuvati da uno strato di fattoriintendenti-campieri) e quella ideologica (autoritarismo, paternalismo, sciovinismo, atomizzazione; valori di dovere, sacrificio, eroismo, etc.) caratteristici del suo referente 5 Di qui la pericolosità metodologica del concetto di istituzione totale, se utilizzato fine a se stesso e non strumentalmente, cioè come semplice interprete della storica astoricità dell'istituzione militare 6 Mancano studi scientificamente e politicamente attendibili sull'esercito italiano e sul suo rapporto con la società civile per gli anni che vanno dall'unità alla I guerra mondiale. Si riferiscono a periodi successivi, ma elaborano ipotesi pertinenti al nostro discorso, i lavori di G. ROCHAT, in particolare L'Esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini (Bari 1967); id., L'esercito e il fascismo, in G. QUAZZA (a.c.), Fascismo e società italiana, Torino 1973; id., Militari e politici nella preparazione della campagna di Etiopia (193236), Milano 1971; id., II controllo politico delle FF.AA. dall’Unità d'Italia alla II guerra mondiale, in AA.VV., Il potere militare in Italia, Bari 1971. p.125 sociale e politico. Insomma, un legame organico tra funzioni e struttura sociale dell'istituzione militare, tra questa struttura e la struttura e l'ideologia delle classi a separate » usate dalla borghesia contro un movimento popolare che cresce e che minaccia il suo potere 7. L'esercito è così chiarito come reciproca interdipendenza di funzioni, organizzazione e valori in una società civile giunta a certi livelli di sviluppo dei rapporti di produzione e della lotta di classe. E un'analoga totalizzazione potrebbe essere tentata senza difficoltà per l'esercito neocapitalista che si va f ormando in questi anni in Italia. Capace di cogliere in modo unitario, e riferendole alla dialettica di classe, le varie dimensioni dell'istituzione militare, l'analisi marxista ha spesso dimenticato — malgrado Engels — un parametro essenziale: il sapere tecnico-scientifico così come si concreta nello strumento bellico nel sistema d'arma. Sapere applicato, le « macchine per la guerra » consentono all'istituzione militare di « produrre » le sue funzioni politico-sociali (la ri7 « Nell 'esaminare questo ordine di avvenimenti di solito si trascura di dare un giusto posto all'elemento burocratico, civile e militare, e non si tiene presente, inoltre, che in tali analisi non devono rientrare solo gli elementi militari e burocratici in atto, ma gli strati sociali da cui, nei complessi statali dati, la burocrazia è tradizionalmente reclutata [...] La prima ricerca da fare è questa: esiste in un determinato paese uno strato sociale diffuso per il quale la carriera burocratica, civile e militare, sia elemento molto importante di vita economica e di affermazione politica (partecipazione effettiva al potere, sia pure indirettamente, per "ricatto")? Nell'Europa moderna questo strato si può identificare nella borghesia rurale media e piccola che è più o meno diffusa nei diversi paesi a seconda dello sviluppo delle forze industriali da una parte e dalla riforma agraria dall'altra [...] E' da notare come questo carattere "militare" del gruppo sociale in questione, che era tradizionalmente un riflesso spontaneo di certe condizioni di esistenza, viene ora consapevolmente educato predisposto organicamente. In questo movimento consapevole rientrano gli sforzi sistematici per far sorgere e per mantenere stabilmente associazioni varie di militari in congedo e di ex-combattenti dei vari corpi ed armi, specialmente di ufficiali, che sono legate agli Stati Maggiori e possono essere mobilitate all'occorrenza senza bisogna di mobilitare l'esercito di leva, che manterrebbe così il suo carattere di riserva allarmata, rafforzata e immunizzata dalla decomposizione politica di queste forze "private" che non potranno mai influire sul suo "morale ", sostenendolo e irrobustendolo. Si può dire che si verifica un movimento del tipo " cosacco ", non in formazioni scaglionate lungo i confini di nazionalità, come avveniva per i cosacchi zaristi, ma lungo i " confini " di gruppo sociale) D. Osservazioni su alcuni aspetti della struttura dei partiti politici nei periodi di crisi organica, par. 23 del quaderno 13 (XXX), Noterelle sulla politica del Machiavelli, in Quaderni del carcere, Torino 1975, vol. I I I , pp. 1605-1608. produzione delle condizioni della produzione) che sono metaforicamente la sua « merce ». E come avviene per le macchine rispetto alla produzione delle merci e al sistema dei rapporti sociali di produzione, così le « macchine » militari sono condizionate-condizionanti rispetto all'esercito e al rapporto esercitosocietà civile. Condizionate in primo luogo dal livello dello sviluppo dell'apparato produttivo, delle scienze e delle tecnologie in una società storica data, presso i suoi alleati e presso i suoi nemici politici. Per produrre delle armi occorre un sapere scientifico e p.126 tecnologico. Sapere che è, certo, la risultante molto mediata dei rapporti sociali di produzione (la non neutralità della scienza edella tecnica) e della autonomia-dipendenza politica della classe dominante nazionale (ad esempio la colonizzazione scientifico-tecnica dell'Italia da parte degli USA in questo dopoguerra); e tuttavia un sapere che nell'immediato finisce col pesare in sé e per sé come una variabile indipendente. Per produrre delle armi e mantenerle in funzione occorre anche un sistema produttivo e adeguato a quel sapere (o, nel caso di dipendenza da altri strati, non troppo lontano dai livelli di questi ultimi). Per usarle, occorre un'adeguata distribuzione sociale di quel sapere: maggiori o minori livelli d'istruzione delle aree sociali di reclutamento e così via. Condizionate in secondo luogo dalle funzioni che — in quella società e in quella fase dello sviluppo produttivo e della dialettica di classe e politico-internazionale — vengono attribuite dalla classe dominante alle forze armate: un esercito con funzioni antiinsurrezionali chiederà « macchine » belliche assai diverse rispetto ad un esercito con funzioni di difesa esterna o di ag gressione imperialista. Lo stesso vale per un esercito-scuola di massa di valori conservatori (come nel caso dell'Italia postunitaria), rispetto ad un esercito che pretenda di socializzare una ideologia tecnocratica. Lo stesso, ancora, per un esercito-pattumieri per i residuati bellici dei paesi amici, rispetto ad un esercito-volano di un'economia recessiva, e trainante per settori tecnologicamente vitali dell'apparato produttivo nazionale (dal 1950 al 1970 l'Italia è passata dalla prima alla seconda situazione; si veda il ruolo delle commesse militari per l'industria aerospaziale o elettronica, per i cantieri navali ,etc.). “Macchine” condizionate, dunque, ma anche macchine condizionanti. Innanzitutto, per il sapere scientifico-tecnico: il rapporto sempre più stretto tra esigenze militari e ricerca p.127 scientifica, l'integrazione crescente tra esercito e università hanno portato nei paesi capitalisti avanzati (emblematicamente negli Stati Uniti, ma in embrione anche nel nostro paese) ad un sapere « militarizzato » 8 . E' così che la committenza determina in larga misura le priorità, le direzioni teoriche e applicative della ricerca scientifica e tecnica, la sua stessa or g anizzazione del lavoro; la logica delle a macchine » belliche finisce per determinare modalità e linee dello sviluppo scientificotecnico della società civile (il cosiddetto fall out tecnologico della ricerca e della produzione militare). Ma le macchine sono condizionanti anche nei confronti delle funzioni dell'esercito: al di là delle intenzioni della casta, sono i sistemi d'arma di cui un esercito effettivamente dispone che definiscono — e talvolta delimitano e contraddicono — contenuti e modalità di queste funzioni. In Italia, ad esempio, i1 passaggio dalle funzioni tipiche di un esercito neocapitalistico e tecnocratico è stato fortemente ostacolato dalla difficoltà per il nostro capitalismo arretrato di finanziare sistemi d'arma adeguati al nuovo modello militare (si vedano le battute d'arresto della ristrutturazione tuttora in corso) 9 . 8 Per un'analisi dei rapporti esercito-università-ricerca scientifica in due situazioni dove il modello neocapitalistico si è affermato da tempo, cfr. R. MASTROMÀTTEI, Università e potere militare negli Usa, Bari 1976 e P. MENAHEM, La science et le militaire, Paris 1976. La situazione italiana è certo più arretrata, tuttavia anche presso di noi sono da rilevare tentativi delle forze armate di stabilire una maggiore presenza nella ricerca scientifico-tecnica, attraverso il crescente accento che la casta e i suoi fiancheggiatori politici pongono sul ruolo trainante delle commesse militari e sui fall out tecnologico che esse implicano (cfr. l 'intervista del Ministro per la ricerca scientifica, on. Pedini, al Corriere della sera del 13 ottobre 1975). 9 Nel processo di ristrutturazione delle forze armate italiane sono riconoscibili tre fasi. La prima (1970-72) ha visto il progressivo emergere di un gruppo di potere tecnocratico ai vertici delle FF.AA., culminato con la nomina di H e n k e allo Stato maggiore difesa; in 1questa fase la ristrutturazione è ancora allo stato di progetto e deve fare i conti con le resistenze dei conservatori. Nella seconda fase (1973-74) esplodono le ambizioni tecnocratiche e pur tra avvii prudenti e dichiarazioni rassicuranti, i vertici militari prefigurano un esercito sul modello tedesco, relativamente poco numeroso ma dotato di grande mobilità, forza d'urto e potenza di fuoco, altamente automatizzato etc . La terza fase (1975-76) vedrà fortemente ridimensionati questi obiettivi; s'incaricheranno di questo l'inflazione e il conseguente pauroso aumento dei costi per gli armamenti, le faide all'interno della casta, la recessione economica che frena gli aumenti di bilancio, i timori dei politici per le contraddizioni che il processo tecnocratco esaspera nell'istituzione, creando nuove aspettative politiche e capacità di dissenso tra i quadri. Si andrà così ad una A prescindere da altre contraddizioni importanti, troppo incongrue sono le “macchine” (alcune delle quali decisamente obsolete) in dotazione alle forze armate italiane, rispetto alle funzioni da “produrre“ auspicate dai tecnocrati puri, e rispetto all'organizzazione militare che queste funzioni avrebbero richiesto. Infine, le “macchine” costituiscono l'ossatura dell'organizzazione tecnica del “lavoro” nell'esercito; essi condizionano perciò — insieme ad altri fattori — la divisione sociale del lavoro nelle forze armate, nei suoi aspetti strutturali e ideologici. I moderni sistemi d'arma, infatti, tendono ad implicare una crescente professionalizzazione dei quadri, gradualmente assimilati ai tecnici civili mediante lo svuotamento, nell'ambito del team, della gerarchia dei gradi in favore della qualifica funzionale e la crisi delle differenziazioni tastali (parziale attenuazione della frattura ufficialisottufficiali, ufficiali subalterni-ufficiali superiori); e dunque, sul piano dei valori, l'enfasi posta sui temi tecnocraticoaziendalististi della competenza e dell'efficienza, l'abbandono del modello eroico di soldato, il passaggio dall'autorità brutale fondata sugli status ascritti alla ricerca del consenso garantito dagli status ascritti alla ricerca del consenso garantito dagli status assegnati. Correttamente situate in uno schema analitico, le armi si presentano perciò come un complesso nodo di prospettive sul rapporto esercito-società civile e sulle forme in cui questo rapporto si esprime nelle strutture e nell'ideologia dell'istituzione militare. Lavoro di squadra e automatizzazione: due tendenze dei moderni sistemi d'arma Ci sembra a questo punto indispensabile delineare un paio di situazioni che forniscano un'indicazione concreta sul nesso “macchine”-militari-nuova organizzazione del lavoro. Faremo ristrutturazione spuria, in cui alla prevista diminuzione degli effettivi e alla revisione dell'organigramma non è possibile fare corrispondere un adeguato ammodernamento tecnologico. Tutto ciò è evidente nel Libro bianco, in quello azzurro e in quello verde, che delineano i programmi di sviluppo e di ammodernamento di Marina, Aeronautica ed Esercito per il prossimo decennio. Gli interventi sulla ristrutturazione, ad opera di osservatori militari e non, sono assai numerosi. Per una compiuta indicazione bibliografica, rinviamo alla sezione struttura e ristrutturazione delle forze armate nel bollettino d'informazione sulla «Questione militare», n. 1., 1976, a cura del gruppo di sociologia militare dell'Istituto di sociologia dell'Università di Roma. p.128 p.129 questo attraverso una rapida incursione sul terreno tecnico dei sistemi d'arma — anche a costo di apparire noiosi ad alcuni e semplicistici ad altri — perché crediamo che tecnico e politico siano dimensioni di una stessa realtà, ciascuna delle quali non può essere separata all'altra né, di volta in volta, sopravvalutata o ignorata. Tenteremo innanzitutto, mediante la succinta descrizione del sistema missilistico Nike-Hercules (una scelta in qualche misura convenzionale, presentando numerosi altri sistemi missilistici, aerei, navali, terrestri caratteristiche utilizzabili per il nostro discorso) di cogliere l'affermazione nell'istituzione militare della nuova organizzazione del lavoro, che sostituisce alla direzione di uno-esecuzione di molti il lavoro di squadra, alla disciplina il consenso, al carisma del comando la leadership fondata sulla competenza, al modello eroico il modello tecnocratico. In secondo luogo, cercheremo di identificare nella cosiddetta << automatizzazione del campo di battaglia >> — perseguita oggi attraverso l'applicazione sempre più massiccia e capillare agli armamenti di una tecnologia estremamente sofisticata (caso tipico, sebbene non unico, le << bombe intelligenti >> — la generale tendenza al ridimensionamento quantitativo dell'elemento umano nei moderni eserciti capitalistici. Uno dei primi missili teleguidati superficie-aria, il NikeHercules diviene operativo negli Stati Uniti nel 1958, succedendo al Nike-Ajax, di cui perfeziona le prestazioni. Destinato, con una duplice capacità nucleare e convenzionale, alla difesa aerea a media e ad alta quota, il sistema Nike è per caratteristiche tecniche e d'impiego un'arma tipica degli ultimi '50 e degli anni '60 e rappresenta per molti paesi europei, tra cui l'Italia, una delle prime adozioni di un sistema d'arma moderno articolato e complesso. Tuttora in servizio in Belgio, Danimarca, Francia, Germania occidentale, Grecia, Italia, Norvegia, Olanda, Turchia, ed inoltre a Taiwan e nella Corea dei sud, dal 1971 al 1974 il Nike viene gradualmente disattivato negli USA, dov'era in dotazione all'esercito e alla guardia nazionale, mentre rimane operativo nelle postazioni americane all'estero. Traiamo dal J a n e ' s alcuni dati riguardanti l'impiego del sistema Nike-Hercules, dal quale è possibile valutare il tipo di operazioni che il personale è chiamato a svolgere in esso. << Unità del sistema sono un radar d'acquisizione a bassa potenza, un radar d'acquisizione ad alta potenza, un radar d'inseguimento del bersaglio, un apparato elettronico di elaborazione dei dati, rampe di lancio comandate a distanza. Un'aggiunta al sistema relativamente recente, il radar di acquisizione ad alta potenza (HIPAR) consente alle unità mobili Nike-Hercules di conseguire la stessa capacità di piena rilevazione dell'obiettivo delle batterie a sede fissa [...] Quando il bersaglio è rilevato dal radar di acquisizione, viene interrogato dal congiunto interrogatore AN/ TPX-46 IFF Mark XII e, se riconosciuto ostile, la sua localizzazione viene trasferita ai radar d'inseguimento che lo individua per intercettarlo, il radar che segue il missile orienta la traiettoria ed emette ordini per il missile. Ogni batteria del Nike-Hercules può operare come parte di una rete di difesa o come un'entità autonoma, in grado di individuare, inseguire ed impegnare bersagli. Gli operatori del sistema sono collocati in un carro di controllo della batteria, in un carro di controllo del radar d'inseguimento e in un carro di controllo della rampa di lancio >> 10 . Affidato in Italia all'Aeronautica, il sistema Nike-Hercules è articolato, operativamente e topograficamente, in due settori: l'area di controllo e quella di lancio del missile. Per quanto riguarda i1 personale adibito al controllo — il << cervello » del sistema — esso è costituito da un team di operatori (un ufficiale, alcuni sottufficiali e graduati, alcuni militari di leva) ognuno dei quali è preposto alla gestione di un apparato (direzione dell'operazione, controllo dei radar e dell'elaborazione dei dati). E' intuitivo come, dalle normali procedure quotidiane alle esercitazioni annuali con lanci reali, l'esito delle operazioni dipenda in modo sostanzialmente equo dalla prestazione fornita da ciascuno e come gerarchia di importanza delle diverse mansioni sia difficile o impossibile da stabilire. Inoltre, al team operativo se ne affianca un altro, addetto alla manutenzione, che con il primo lavora in contatto stretto e quotidiano. Dalla struttura di lavoro che — analogamente ad altri sistemi d'arma — il Nike-Hercules comporta, derivano due fenomeni, empiricamente rilevabili all'osservazione diretta, per tutta la fase operativa del sistema: — l'attenuazione o addirittura la scomparsa del dislivello gerarchico tra i componenti dei team; — l'affermazione della competenza corne sostanziale principio direttivo dell'attività del team. Favorita anche da fattori di altra (e comunque non estranea) natura, quali la contiguità del livello gerarchico del personale — avieri semplici, graduati, sottufficiali, ufficiale 10 J a n e ' s W e a p o n S y s t e m 1 9 7 4 - 7 5 , London 1975, p. 5 7 . p.130 inferiore (in parte diversa la situazione in cui al comando del team si trova eccezionalmente un ufficiale di grado più elevato) — la sostanziale parità funzionale tende a diventare anche una parità disciplinare, sociale e psicologica tra i membri del gruppo (non a caso è ad altre istanze che l'istituzione militare dovrà rinviare il ripristino della divisione gerarchica e di classe, ad esempio tra ufficiali e sottufficiali). Ancora, la leadership ed il prestigio ad essa connesso diventano funzione dalle qualità reali ( o ritenute tali) del singolo individuo, assai più che del grado rivestito 11 (l'uffciale che ha quello che i piloti chiamano « il manico l'operatore che « ci sa fare » cogli apparati; la contraddizione gerarchia-competenza diviene plateale nel caso del capitano, geometra o perito di formazione scolastica, di fronte al sottotenente di complemento, fisico o ingegnere elettronico nella vita civile) 1 2 . Ad una nuova organizzazione del lavoro e ad un nuovo rapporto, in termini qualitativi e quantitativi, uomini-macchine contribuisce potentemente l'automatizzazione del campo di battaglia, fenomeno i cui primi sintomi sono stati osservati nell'ultima fase della guerra del Vietnam e nel corso del conflitto arabo-israeliano del 1973 13. 11 La situazione delineata ci sembra non venga sostanzialmente modificata dalla routine e dal quietismo che contrassegnano tutte le istituzioni burocratiche e quella militare in particolare ( c i ò c h e nella militologia americana viene chiamato il protectionnisme e nella naja, più dimessamente, i l a tirare a campare »), fenomeni dai quali anche un'unità operativa di un'arma tecnica , come un gruppo Nike-Hercules dell'Aeronautica militare italiana, non va affatto esente. Sarebbe anzi interessante approfondire il tipo d i adattamento che in una situazione istituzionale come quella italiana, arretrata rispetto alle omologhe occidentali, subiscono categorie e strumenti dell'ideologia « aziendalistica » importata dalle forze armate USA (si pensi, per fare il primo esempio che capita, al briefing che, in teoria occasione di informazione, confronto e dibattito collettivi, spesso non è altro che la vecchia adunata o i 1 vecchio rapporto ufficiali, imperniati sul « discorso del comandante »). 12 Sulla progressiva perdita della legittimità del potere dei quadri, fra l'altro per la mancata superiorità di status culturale » nei confronti del personale di leva, cfr. E. POZZI, Contraddizioni della casta militare e conflitti nel potere politico in Italia dal 1959 al 1974, in « La critica sociologica »,n.3 1 , 1974, p.68. 13 Già nel 1969, tuttavia, l'allora capo di Stato maggiore dell'esercito americano, gen. Westmoreland, ipotizzava che « Sul campo di battaglia del futuro le forze nemiche saranno individuate e mirate quasi istantaneamente grazie a collegamenti elettronici tra calcolatori, a valutazioni di dati militari per mezzo di calcolatori e ad artiglierie automatizzate. Con una stragrande probabilità di successo al primo colpo, e con mezzi in grado di sorvegliare costantemente il nemico, il bisogno di grosse forze per neutralizzare fisicamente l'opposizione del nemico diventerà meno importante D. Cit. in T. CLIFFE, Innovazioni p.131 Analogamente a quanto è avvenuto per i sistemi d'arma strategici , per gli stessi armamenti convenzionali il costante i ncremento delle prestazioni si è fondato non tanto sull'aumento assoluto delle potenzialità distruttive dell'arma, quanto sul perfezionamento delle condizioni del suo impiego, cioè dei sistemi di avvistamento e di guida. Ha consentito questo 1'elettronicizzazione sia delle strutture che, appunto, dei supporti d'arma; è così che attualmente un solo uomo è in grado mediante un missile di neutralizzare un mezzo — il carro armato — a lungo ritenuto inattaccabile dalla fanteria, rivoluzionando insieme concezioni tattiche e valutazioni finanziarie. Questo è ciò che accade con le cosiddette a bombe intelligenti » (PGM: precision guided munitions): missili, bombe, proiettili di artiglieria aria-aria, aria-superficie, superficie-aria, superficie-superficie che, utilizzando sistemi di guida altamente sofisticati (laser, TV, raggi infrarossi, etc.), possiedono probabilità elevatissime (superiori al 50% ) di colpire con un colpo solo il bersaglio 15. Come sempre, all'evoluzione tecnica fa 14 tecnologiche ed equilibrio militare, in F. GUSMAROLI (a.c.), I si e i no della difesa europea, Bologna 1974, p. 55. 14 Nell'ordine, dagli anni '50 ad oggi: bombardieri a lungo raggio, mîssili balistici intercontinentali con base a terra (ICBM), missili balistici lanciati da sottomarini (SLBM), tutti ad armamento nucleare. Un quarto sistema, capace di rivoluzionare ancora una volta i criteri dottrinali e, soprattutto, di innescare una nuova corsa fra le due superpotenze, appare a metà del '70: il missile di crociera a lungo raggio (LRCM) . A differenza dei missili intercontinentali, che raggiungono il territorio nemico attraverso una traiettoria balistica prefissata e che per le loro dimensioni possono essere installati solo a terra o sui sottomarini più potenti, questi nuovi missili, agili e relativamente piccoli, sono in grado di cambiare continuamente traiettoria durante la loro «crociera » verso l'obiettivo, volando a quote molto basse per eludere il radar e seguendo l'orografia del terreno. Operativi entro la fine del decennio, i missili di crociera potranno raggiungere distanze di 2.500-4.000 km., portando un'ogiva nucleare di 200 kiloton (pari a 200.000 tonnellate di tritolo) del tipo MIRVizzato, cioè costituita da un grappolo di ogive più piccole, ognuna delle quali può essere guidata su un bersaglio diverso. 15 « La guida di una PGM al laser avviene nel modo seguente. Due aerei si alzano in volo: il primo lancia il fascio di luce laser sul bersaglio il secondo sgancia la PGM che, seguendo la luce riflessa dal bersaglio, arriva a fare centro. In base agli ultimi sviluppi tecnologici è oggi possibile che un solo apparecchio sia in grado di svolgere entrambi i ruoli (lanciare il laser e sganciare la PGM). Non solo, ma l'apparecchio in questione può addirittura essere completamente automatizzato e quindi volare senza pilota'>. F. GUSMAROLI, Costose ma intelligenti le bombe al « laser ,, « Paese sera » 29-1. 76. Sulle PGM cfr. The nuclear nightmare, in « T he Unesco Co uri e r » nov. 1975 e, per una discussione approfondita, J.F. DIGBY, Precision guided weapons: new chances to deal with old dangers, Santa Monica s.d. p.132 seguito l'adeguamento dottrinale che, a livello tattico, sancisce la tendenza degli eserciti moderni ad articolare le proprie unità in gruppi sempre più piccoli, autosufficienti e potentemente armati, dotati di maggiore agilità e capacità di penetrazione nel fronte avversario e meno dipendenti dai supporti. Ma si avrebbe irrimediabilmente torto a ritenere l 'automatizzazione bellica la causa prima e indipendente della riduzione numerica delle truppe combattenti e di supporto: è vero piuttosto il contrario, e cioè che l'esigenza economica sociale e politica degli stati a capitalismo avanzato di ridimensionare l'entità numerica dei propri eserciti ispira oggi l'automatizzazione delle << macchine >> a militari e la conseguente contrazione, almeno quantitativa dell'elemento umano 16. << Data la scarsa disponibilità di manodopera, rileva un esperto occidentale, — la Nato richiede dei sistemi d'arma efficienti non solo in campo operativo ma anche in campo economico, cioè come utilizzazione di risorse umane [...] Il missile nucleare Lance avrà un equipaggio di 6 uomini, la metà di quello necessario al Sergeant o all'Honest John; il sistema missilistico Sam-D richiederà probabilmente solo un terzo della forza di rincalzo rispetto al Nike-Hercules o al Hawk >> 17 . Evidenti sono gli effetti della contrazione numerica del personale sulla sua organizzazione interna. La creazione e l'autonomizzazione delle piccole unità e il moltiplicato livello p.133 tecnologico degli armamenti in Loro dotazione modificano sostanzialmente, lungo la discriminante leva-mestiere, le caratteristiche del tradizionale esercito di massa. Nelle due componenti sociali dell'istituzione, la prima, quella di leva, viene progressivamente indebolita ed emarginata a compiti di supporto (bipartizione degli eserciti europei occidentali — Rft, Francia, la stessa Italia - in reparti territoriali e reparti operativi); mentre il grosso dell'impegno finanziario, tecnico, 16 Un'analogia con la tendenza del capitalismo avanzato di limitare, nella produzione, il peso della forza lavoro attraverso l'automatizzazione è un'ipotesi suggestiva e verosimile, la cui dimostrazione esula tuttavia dai limiti di queste note. 17 T. CLIFFE, op. Cit., pp. 72-73. Che i problemi posti dagli odierni eserciti da massa siano, oltre che finanziari, politici, è ammesso, sia pure in forme eufemistiche, dal vicedirettore dell'IISS di Londra, H un t: « Per quanto riguarda la dimensione numerica, il problema del reclutamento sembra verosimilmente crescere in un clima di distensione e in situazioni sociali in cui il servizio militare può presentare una immagine contrastante: valori sostenuti da molti giovani nelle democrazie occidentali D. K . HUNT, La difesa con meno uomini,, in F. GUSMAROLI,I si e i no... cit., p. 157. politico viene concentrato sulla seconda. Cresce così — in un assetto organizzativo nel quale criteri di ordine politico generale (il mantenimento della leva, inderogabile per un insieme di motivi) si affiancano e in parte contraddicono quelli di ordine tecnico — il peso relativo della componente professionale, con tutta una serie di importanti conseguenze sociali e politiche. I1 problema dei quadri professionali è un problema politico p.134 I due esempi precedenti mostrano che tipo d'impatto i sistemi d'arma hanno sull'organizzazione sociale del lavoro militare. L'organizzazione tecnica che le armi richiedono coinvolge dunque sia le strutture sociali e di potere, sia la dimensione ideologica della società militare. L'evoluzione di questa organizzazione tecnica, facendosi portatrice di modelli strutturali e sovrastrutturali nuovi, mutuati dalla società civile, si inserisce nelle contraddizioni che il rapporto esercito-società civile induce nell'istituzione militare e nella casta. Le « macchine » belliche non sono il fattore unico o privilegiato del mutamento sociale nell'istituzione, inteso come mero processo « di modernizzazione ». Tuttavia esse rappresentano uno dei vettori attraverso i quali un concreto rapporto storico tra istituzione militare e società civile si esprime in tensioni, contraddizioni e conflitti istituzionali. Anche nelle e tramite le « macchine « belliche come fatto sociale si articola perciò la dialettica interna del sistema sociale militare, e in particolare del quadro professionale. Ai caratteri generali dell'impatto sociale dei sistemi d'arma su di un'istituzione militare si aggiungono, nella situazione italiana, elementi del tutto specifici. Rispetto ad altri stati neocapitalistici, particolarmente grave è stato nel nostro paese il distacco tra esercito e società e difficile e contraddittorio è il processo di riavvicinamento dell'istituzione alla società civile. Serrata nella tenaglia di un capitalismo povero e dalla sorda resistenza di settori conservatori della casta, l'organizzazione sociale del lavoro nelle forze armate italiane non riesce né ad evitare le pressanti richieste tecniche, né a recuperarle integralmente nei propri modelli strutturali e ideologici. Di qui la disfunzionalità di un'organizzazione del lavoro ancora in gran parte neocapitalista, in permanente conflitto con le caratteristiche e con le spinte della società industriale avanzata, delle sue forze produttive, dei suoi stessi prodotti — le armi. Nell'ambito di questa disfunzionalità tecnica esplodono i conflitti della casta, esasperati dalla sua evoluzione sociale (la proletarizzazione dell'origine e dello status dei quadri) e progressivamente influenzati dall'alternativa sociale che la crescita del movimento operaio fa maturare in questi anni nella società italiana. E' compito della sinistra emancipare il disagio dei quadri dalle ambiguità e dai limiti che tuttora lo caratterizzano, traducendo in coscienza ed in scelta politica una crisi che è oggettiva e potenzialmente feconda, ma i cui esiti possono non essere univoci e comunque non sono affatto automatici. FABRIZIOBATTISTELLI ENRICO POZZI