Una maturità da valorizzare

a cura del
O sservatorio Strategico
UNA MATURITÀ DA VALORIZZARE
Centro Militare
Studi Strategici
FRANCESCO LOMBARDI
Non è la specie più forte che sopravvive né la più intelligente,
ma quella più ricettiva ai cambiamenti”. E’ una frase di Charles
Darwin che ha campeggiato di recente su alcuni quotidiani per
pubblicizzare un’iniziativa editoriale nelle stesse settimane in
cui i media annunciavano che, a causa di preannunciati tagli ai
budget della Difesa, vi sarebbero state forti riduzioni anche
nell’immissione di nuovi giovani nelle compagini militari. Infatti,
quando, nel quadro delle riduzioni di fondi per le Difesa, si ridimensionano anche quelli destinati al Personale, non è possibile,
per far “quadrare” i bilanci, intervenire con una immediata
riduzione sugli effettivi se non limitando il numero dei “futuri
ingressi” nelle Forze Armate. Un problema che può essere spiegato, ben lontano da paragoni irriverenti, come una questione
“idraulica”. Infatti, la carriera, i rapporti di impiego, gli emolumenti,
il collocamento in pensione del personale, al pari (e forse in
misura maggiore) di altre figure pubbliche, sono disciplinati da
norme stringenti che, contemperando le aspettative del
personale e le esigenze di corretto funzionamento delle strutture,
regolamentano le “quantità” in “entrata” e quelle in “uscita”,
affinché l’entità e la qualità dei soggetti che compongono lo
strumento sia stabile nel tempo, attagliata alle necessità e, soprattutto, siano garantiti i requisiti economico-finanziari di
base. Tali norme sono redatte sulla base di un preciso progetto
e strutturate su stringenti parametri. Ridurre l’entità della
spesa del Personale comporta, come ovvia conseguenza, la
riduzione degli effettivi, perseguibile in modo immediato solo
comprimendo le nuove immissioni, stante l’impossibilità di intervenire, con altrettanta semplicità, sulle “fuoriuscite” che,
come accennato, sono regolate da strumenti difficilmente
modificabili.
La conseguenza, nel medio e soprattutto nel lungo periodo, è
evidente. Un progressivo invecchiamento dell’intera compagine
con una percentuale di personale giovane in continua riduzione.
Aspetto che presenta ulteriori margini di criticità se si tiene
conto del fatto che la preannunciata riduzione del volume di
riferimento degli effettivi (attuali 190.000 unità), dopo un
confronto che non potrà non interessare le autorità politiche, in
assenza di strumenti per ampliare (in modo forzoso o volontario)
le “fuoriuscite” del personale più anziano, rischia di doversi realizzare mediante un ulteriore freno agli arruolamenti (qualora
vi siano ancora spazi di manovra al riguardo). Tradizionalmente,
il ricambio generazionale dello strumento militare è stato
assicurato dalla vigenza, fino al decennio scorso, del servizio
di leva, in ragione dell’esistenza di uno strumento caratterizzato
più da una capacità potenziale che da una effettiva esplicazione
di potenza; successivamente, il ricambio è stato garantito, in
parte, dalla procedura che impegna i giovani per alcuni anni
nelle Forze Armate quale ineludibile premessa per l’accesso
alle carriere delle Forze di Polizia e similari. Un freno marcato
all’immissione di nuovi giovani nelle Forze Armate in sostituzione
di un pari contingente in uscita genera problematiche da considerare con largo anticipo rispetto al loro verificarsi. I problemi
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che crea l’invecchiamento non attengono solo ad una generale
riduzione della vigoria fisica. Non è solo una questione di
capacità prestazionali, anche se è certo che un fisico giovane
sopporta molto meglio ed in misura più prolungata l’insieme
degli stress dovuti agli addestramenti ed agli impieghi in
condizioni difficili. La tecnologia che, in misura sempre maggiore,
governa l’impiego degli strumenti militari, richiede di certo
sforzi muscolari ridotti rispetto al passato ma non da meno necessita di una attitudine al rinnovamento ed un’adattabilità all’innovazione che è certamente marcata nelle giovani generazioni.
Personale più maturo ha certamente più esperienza ma è
anche meno ricettivo ai cambiamenti.
Non va poi sottaciuto che questi ultimi hanno una maggiore
adattabilità ai disagi che punteggiano la vita e la quotidianità
del militare: dai frequenti trasferimenti di sede alle lunghe
assenze dalla famiglia, per citare quelli più evidenti. Senza dimenticare le diverse aspettative ed il differente quadro motivazionale riscontrabile in soggetti giovani e con un impiego “a
termine” rispetto a soggetti maturi e con un impiego che
caratterizza l’intera esistenza. Questi aspetti vanno valutati nel
ridisegnare la struttura ed i processi interni della realtà militare.
Anche eventualmente con varianti legate alla specificità delle
componenti terrestre, marittima ed aerea. Vi è da attendersi,
dunque, un effetto sulla capacità operativa complessiva tanto
più marcato quanto minore sarà il tempo destinato al transitorio.
Effetti da valutare anche sotto il profilo sociale ed organizzativo.
Oltre agli elementi appena citati, infatti, vanno pure valutati gli
impatti sulle metodologie addestrative, sui processi formativi e
sull’insieme delle variabili che incidono sugli strumenti di incentivo/disincentivo. Pertanto, nel momento in cui si valuteranno
e si formalizzeranno le varie scelte al riguardo, occorre tenere
sempre ben presente che gli effetti distorsivi si manifesteranno
nel medio e lungo periodo.
A scelte di carattere squisitamente finanziario andranno
affiancati ulteriori provvedimenti che dovranno incidere anche
su altri elementi strutturali dello strumento: aspetti di natura
legislativa, sociale e organizzativa, ma anche riguardanti il reclutamento, l’addestramento, la formazione e l’impiego. Un
impegno arduo, se tiene conto delle difficoltà a suo tempo
riscontrate nel dare effettività al “Modello” in vigore. I tentativi
di annullare le sperequazioni tra l’entità degli effettivi ed i
volumi preventivati nelle differenti categorie nel passaggio al
Modello ancora vigente hanno avuto vita difficile. Sia quando
si è trattato di incentivare le fuoriuscite, in quanto ciò comporta
esborsi straordinari per le casse statali, sia quando si è provato
a dirottare obbligatoriamente i militari “in esubero” in altri
impieghi “civili”, soprattutto per la forte opposizione manifestata
dalle categorie civili interessate. Un impegno arduo, da affrontare
senza sottrarsi a valutazioni scomode, palesando i veri costi e
le dimensioni dei reali benefici; un impegno che, stavolta di
certo, richiede tutta la saggezza, l’equilibrio ed il senso di responsabilità d’un uomo maturo.