56-58 India Storto_Layout 1 13/06/13 00.13 Pagina 56 DOSSIER LE TIGRI D’ORIENTE Contadini alla fame e semi sterminatori È la più grande ondata di suicidi nella storia dell’umanità: circa uno ogni mezz’ora. Accade in India, dove, tra il ’95 e il 2010, più di 250mila agricoltori si sono tolti la vita. Ingerendo, nella maggior parte dei casi, pesticidi utilizzati per coltivare i campi. di Antonio Storto 56 È come un’epidemia, spaventosa, insensata. Eppure nascosta. Gli ultimi dati circolati a livello internazionale sono stati diffusi nel 2011, in un rapporto redatto da Vandana Shiva, scienziata e attivista per la difesa della biodiversità. Le cause sono molteplici e controverse. Nonostante il grandioso boom dell’industria tecnologica, l’India resta ancora oggi un paese a vocazione agraria. Il 60 per cento della sua forza lavoro, la più numerosa del pianeta, è impiegata nel settore agricolo, secondo per produttività solo a quello cinese. I cambiamenti climatici e la riduzione dei monsoni hanno comportato un calo nella produzione, richiedendo ai contadini un massiccio acquisto di prodotti chimici, per proteggere raccolti sempre più scarsi. Non riuscendo a ottenere alcun accesso al credito, la maggior parte di loro è finita nella morsa degli strozzini. Secondo Shiva, però, la responsabilità di questa epidemia sarebbe da addebitare soprattutto a una sigla di recente introduzione. Due semplici lettere che, da sole, hanno rivoluzionato il settore cotonifero indiano. B.T. come “bt cotton”. Ovvero il primo cotone geneticamente modificato. Distribuito a partire dal 2002, il cotone bt ha segnato l’apertura ufficiale dell’agricoltura indiana al mercato degli Ogm. A commercializzarlo, nel 1996, è stata la statunitense Monsanto, multinazionale leader indiscussa nel settore delle biotecnologie. Questa varietà oggi è coltivata nell’85 per cento dei campi di cotone indiani. Secondo Monsanto, la ragione di questa irresistibile ascesa è banale: la pianta Ogm garantirebbe una resa maggiore rispetto alla controparte naturale, richiedendo al contempo un minor uso di coadiuvanti chimici. Ma la comunità ambientalista, capitanata da Navdanya, organizzazione fondata da Vandana Shiva, racconta una storia diversa. “Quando l’India ha legalizzato il commercio di cotone Ogm – ricorda Ruchi Shroff, coordinatrice internazionale di Navdanya – i rappresentanti della Monsanto sono andati di villaggio in villaggio. Radunavano i contadini, offrivano banchetti, giuravano sulle proprietà miracolose dei semi bt. Oggi, dieci anni dopo, sappiamo che molte di quelle promesse erano false. Nei terreni coltivati a Ogm, l’uso dei pesticidi è aumentato e così i piccoli agricoltori hanno continuato a indebitarsi. Il passaggio al cotone Ogm ha comportato un vertiginoso incremento del prezzo, schizzato da nove a quattromila rupie per chilogrammo. Buona parte di questa cifra va a coprire i diritti di proprietà intellettuale della Monsanto, detentrice del brevetto sulla tecnologia genetica.” Il cotone bt prometteva di essere la soluzione a molti dei mali dell’agricoltura indiana. Ma oggi al cotone Ogm viene contestata una resa molto minore rispetto alle promesse iniziali, oltre a una scarsa resistenza ai più comuni parassiti. Lo scorso anno, lo stato del Maharashtra ne ha vietato la vendita e la distribuzione. Una simile decisione era già stata presa nello stato dell’Andhra Pradesh, che aveva inoltre imposto alla Mahyco-Monsanto di risarcire i danni agli agricoltori. Ruchi Shroff è coordinatrice della banca dei semi del Vidharba, uno dei cento depositi per lo stoccaggio, la conservazione e la distribuzione di semi di cotone, mais e vegetali, east european crossroads 56-58 India Storto_Layout 1 13/06/13 00.13 Pagina 57 DOSSIER LAIF/CONTRASTO INDIA sparsi nei 28 stati dell’India. Grazie a queste strutture, gli attivisti dell’organizzazione hanno iniziato a redistribuire semi nativi ai contadini che ne fanno richiesta, formandoli alla coltivazione biologica. Secondo Vandana Shiva, più che a spezzare un monopolio, la dottrina della conservazione delle sementi è servita a porre rimedio a un’emergenza ambientale. In India, infatti, la maggioranza delle piante di cotone è affetta da una forma di sterilità. Producono frutto, ma non altri semi. Questa condizione non interessa le sole varietà Ogm: gradualmente, anche le piante native hanno smesso di produrre sementi. numero 48 luglio/agosto 2013 Molte organizzazioni ambientaliste accusano l’industria del cotone transgenico, il cui monopolio sarebbe basato proprio sull’impossibilità – da parte dei contadini – di conservare parte dei semi. La Monsanto è stata spesso accusata di aver utilizzato in India la cosiddetta tecnologia “Terminator”: una sequenza genetica che, impiantata nelle sementi, ne provoca la sterilità. Contaminando, con l’ impollinazione incrociata, anche le piante native. Nel 2000, la Convenzione sulle biodiversità delle Nazioni Unite ha stabilito una moratoria su pratiche di questo tipo. E proprio l’India, insieme al Brasile, ha varato una legge che ne proibisce l’utilizzo. \ Navdanya, India, delle coltivatrici di riso essiccano il raccolto. Nonostante il boom dell’industria tecnologica, l’India resta ancora oggi un paese dalla vocazione agraria. 57 56-58 India Storto_Layout 1 13/06/13 00.13 Pagina 58 DOSSIER LE TIGRI D’ORIENTE St. Louis un collega del dipartimento di ricerche agricole mi parlò di esperimenti in corso per introdurre i geni della cosiddetta varietà Terminator. Sapevo cosa significasse tutto questo e ne fui disgustato.” Tra le prime persone a cui Jagadisan ha rivelato questo episodio c’è un’italiana, Barbara Ceschi. Vicentina, ex produttrice cinematografica, Ceschi lavora oggi come imprenditrice nella bioedilizia. Proprio la disputa sul cotone Ogm l’ha spinta a finanziare la produzione di Behind the label, documentario girato in India da Cecilia Mastrantonio e Sebastiano Tecchio. “Il film è stato realizzato contro ogni logica di profitto o persino di pareggio dei costi. Per me è stato una sorta di regalo al mondo: volevo che la gente sapesse, che si parlasse di una questione capitale, del tutto nascosta…” tore generale Monsanto in India. Che racconta di essersi dimesso proprio dopo aver discusso di sterilità indotta con uno dei suoi omologhi americani. “Era il maggio del 1987 – ricorda Jagadisan, che oggi ha 86 anni – e a LAIF/CONTRASTO Ufficialmente, i semi Terminator non sono mai stati messi in commercio. Già nel 1999, la Monsanto si era impegnata pubblicamente a non farlo. Ad avallare l’ipotesi contraria, però, è Tiruvadi Jagadisan, ex diret- andana Shiva è una scienziata, ambientalista ed eco-femminista indiana. Figlia di una guardia forestale e di una convinta ecologista, Shiva cresce nel municipio di Dehradun, nello stato dell’Uttarakhand, nel nord-est del Paese. Nel 1977, dopo la laurea in fisica, consegue il Master in Filosofia della Scienza all’università del Guelph, in Ontario (Canada). Nel ’78 completa il dottorato di ricerca in Fisica Nucleare all’università Western Ontario, con una tesi in Meccanica quantistica. Tornata in India, si interessa ai temi dell’agricoltura etica, della biodiversità e della globalizzazione, divenendo una delle voci più influenti, a livello internazionale, nella difesa dell’ambiente. Nel 1991 è tra i fondatori di Navdanya, organizzazione che attualmente ruota attorno a un network V 58 di depositi per la conservazione e la distribuzione delle sementi native indiane. A oggi, Navdanya ha formato più di 500 mila agricoltori alla coltivazione biologica. Ha inoltre pubblicato numerosi studi e rapporti sullo stato dell’agricoltura in India e nel resto del mondo, che l’hanno resa un autentico think tank planetario del movimento ambientalista e anti-Ogm. L’organizzazione è membro di Terra Madre, la rete delle comunità del cibo fondata nel 2004 dal movimento Slow food a Torino. Nel 1994, Vandana Shiva è stata inoltre tra i fondatori del Forum Internazionale sulla Globalizzazione, unione di sessanta tra i maggiori attivisti, studiosi, economisti e scienziati sul tema dell’economia globale. BERND JONKMANNS/LAIF/CONTRASTO Chi è Vandana Shiva east european crossroads