MODELLI EZIOPATOGENETICI E PROGRAMMAZIONE DELL’INTERVENTO COGNITIVOCOMPORTAMENTALE NEI DISTURBI D’ANSIA E DELL’UMORE Davide Dèttore Università degli Studi di Firenze Istituto Miller, Genova La curva di Yerkes-Dodson • L’ansia è uno STATO: ha un inizio e una fine. • Nel 1908, Yerkes e Dodson descrissero una relazione tra l’ansia e il rendimento. • Nel caso di compiti che richiedono abilità, il rendimento migliora quando cominciano ad aumentare attenzione e vigilanza. • Pertanto, inizialmente l’ansia è facilitante. Una volta che la persona è attivata, la prestazione raggiunge livelli elevati e stabili Aumenti dell’ansia oltre questo livello ottimale possono avere effetti debilitanti, riducendo rapidamente la prestazione Teoria bifattoriale di Mowrer (1960) • L’ansia viene appresa per condizionamento classico, tramite associazione tra una situazione stimolo (che diviene lo stimolo condizionato) e una risposta emotiva negativa, e successivamente si mantiene per condizionamento operante (tramite rinforzo negativo prodotto dalla riduzione dell’ansia causata dall’evitamento della situazione temuta). Il fenomeno di Napalkov (I) • Eysenck (1967) ha richiamato l’attenzione su di una serie di esperimenti condotti su cani originariamente dallo studioso russo Napalkov (1963). • Gli animali venivano esposti al rumore dello sparo di una pistola per 25 volte in rapida successione. In conseguenza all’abituazione si riscontravano risposte incondizionate di paura sempre più deboli. • Se invece gli animali subivano una sola prova di condizionamento e in seguito venivano esposti al solo stimolo condizionato (la vista della pistola), si registra un marcato incremento della risposta di attivazione (elevazione della pressione). Il fenomeno di Napalkov (II) • In altre parole, i cani manifestavano molta più paura dopo 100 prove in cui non avevano sentito spari, ma avevano visto la pistola, di quanta paura avesse suscitato in loro lo sparo vero e proprio. • Dunque, la paura e l’ansia possono aumentare anche in assenza di eventi traumatici subiti dal soggetto, ma in base alla semplice presentazione ripetuta di stimoli discriminativi e stimoli condizionati connessi a tali eventi tramite: condizionamento classico (esperienza diretta), condizionamento vicariante (esperienza indiretta) e mediazione cognitiva. • Da ciò Eysenck ha tratto il suo concetto di “incubazione dell’ansia”, cioè la possibilità che l’ansia aumenti anche senza contatto diretto con gli SI. Il fenomeno di Napalkov (III) Modello cognitivo dei disturbi d’ansia (I) • L’ansia è collegata a distorsioni ed errori sistematici nell’elaborazione delle informazioni connesse alle situazioni stimolo, a causa dell’attivazione di schemi cognitivi inadeguati per la corretta valutazione dell’evento. Gli schemi che assumono particolare rilievo nei disturbi d’ansia sarebbero: - Schema di Sé: “Io sono personalmente vulnerabile”. Schema Interpersonale : “Il mondo è pericoloso”. • A ciò è connessa la percezione delle risorse che l’individuo è in grado di porre in campo per fronteggiare la potenziale minaccia, sia che si tratti di un evento (coping mirato al problema), sia che si tratti della tensione emotiva attesa o esperita in relazione a questo (coping mirato all’emozione). Modello cognitivo dei disturbi d’ansia (II) • Specifici modelli di disturbi, come l’attacco di panico, la fobia sociale e il disturbo d’ansia generalizzata, sarebbero legati specifiche modalità di valutazione e a specifici schemi. • Per esempio, nell’attacco di panico, il soggetto è portato a interpretare erroneamente le proprie sensazioni corporee come prodromi di un’imminente disgrazia (fisica, sociale o mentale). Predominano valutazioni e assunzioni circa la natura minacciosa dei sintomi ansiosi e dei segnali corporei. • Nella fobia sociale dominano assunzioni legate alla necessità di piacere a ogni costo agli altri e nel disturbo ossessivo-compulsivo le assunzioni sono relative all’importanza del controllo/perfezionismo. AREE SPECIFICHE D’INTERVENTO E OBIETTIVI NEL TRATTAMENTO DEI DISTURBI D’ANSIA • Valutare la necessità di inviare il paziente a visita medica per l’eventuale trattamento farmacologico. Spiegare gli effetti collaterali dei farmaci • Identificare la fonte di ansia e paura • Migliorare le capacità di coping • Aumentare la capacità di risoluzione dei problemi • Migliorare la cura di sé • Favorire sentimenti controllo • Migliorare la comunicazione • Favorire la ristrutturazione cognitiva • Aumentare l’autostima • Facilitare la gestione dello stress • Informare la famiglia 1. VALUTARE LA NECESSITÀ DI INVIARE IL PAZIENTE A VISITA PSICHIATRICA PER L’EVENTUALE TRATTAMENTO FARMACOLOGICO. SPIEGARE GLI EFFETTI COLLATERALI DEI FARMACI (I). • Avere uno psichiatra di riferimento e con lui un rapporto di stima/fiducia reciproca. • Tale psichiatra dovrebbe avere un linguaggio comune collo psicoterapeuta. • Lo psicoterapeuta deve conoscere bene gli psicofarmaci, i loro effetti, le loro indicazioni e controindicazioni, e gli effetti collaterali e le interazioni. • Psichiatra e psicoterapeuta devono rimanere in contatto. • Lo psicoterapeuta se invia il proprio paziente dallo psichiatra consegna al primo una lettera di accompagnamento in cui viene spiegata brevemente ma in modo significativo il quadro del paziente allo psichiatra stesso. 1. VALUTARE LA NECESSITÀ DI INVIARE IL PAZIENTE A VISITA PSICHIATRICA PER L’EVENTUALE TRATTAMENTO FARMACOLOGICO. SPIEGARE GLI EFFETTI COLLATERALI DEI FARMACI (II). • Controllare se il paziente ha compreso la spiegazione dello psichiatra circa gli eventuali effetti collaterali della farmacoterapia; tali concetti vanno ripresi più volte per rassicurare il paziente affrontando temi come: dipendenza fisica e psicologica; aumento dei sintomi di depressione; sonnolenza; nausea/vomito; ipotensione ortostatica; secchezza della fauci; discrasie ematiche (in caso di ecchimosi, mal di gola, febbre, malessere, o sanguinamento eccessivo, riferire immediatamente questi sintomi allo psichiatra). • Informare la famiglia. 2. IDENTIFICARE LA FONTE DI ANSIA E PAURA (I) • Valorizzare le esperienze emotive del paziente. • Identificare i fattori che contribuiscono all’insorgenza dell’ansia. • Fornire al paziente un modello interpretativo dell’ansia come segnale e una teoria delle emozioni, intese come qualcosa di utile, di normale. • Presentare, coerentemente con quanto sopra esposto, un modello al paziente del disturbo specifico d’ansia di cui soffre. • Individuare soluzioni ai problemi che contribuiscono all’insorgenza dell’ansia, cercandone delle soluzioni: – Identificare il problema. – Proporre strategie alternative a quelle adottate dal paziente per gestire il problema. – Prendere una decisione e seguirla fino in fondo. Preparare un piano alternativo. – Qualora il problema non sia sotto il controllo del paziente, egli può essere incoraggiato a ignorarlo. 2. IDENTIFICARE LA FONTE DI ANSIA E PAURA (II) • Valutare l’efficacia e gli effetti collaterali del trattamento farmacologico. • Educare il paziente a riconoscere i segnali che indicano l’insorgenza dell’ansia e insegnargli tecniche per interrompere il progressivo aumento dei sintomi. • Fornire tecniche e procedure di gestione della paura: – Esaminare le fonti della paura. – Chiarire quale elemento reale abbia causato la paura; incoraggiare l’espressione dei sentimenti di paura; qualora la paura sia irrazionale, il paziente dovrà accettare la realtà della situazione prima che si verifichi un cambiamento. – Sviluppare strategie alternative di coping richiedendo la partecipazione attiva del paziente. – Incoraggiare il paziente a fare le proprie scelte e preparare un piano alternativo. 2. IDENTIFICARE LA FONTE DI ANSIA E PAURA (III) – Eliminare la paura utilizzando la tecnica dell’esposizione graduata o le tecniche implosive o di flooding. – Informare il paziente sull’importanza del dialogo interiore positivo per superare i sentimenti di paura e individuare frasi appropriate per contrastarla. • Gestire i pensieri ossessivi e i comportamenti ossessivi: – I pazienti con pensieri ossessivi vanno incoraggiati ad affrontare la realtà e a impegnarsi in attività produttive e distraenti. – I pazienti con comportamenti compulsivi devono ridurre progressivamente i propri comportamenti ritualistici (prevenzione della risposta; possibile anche l’uso di farmaci). • Feedback e rinforzi positivi per tentativi e risultati ottenuti. 3. MIGLIORARE LE CAPACITÀ DI COPING • Identificare i fattori che provocano un aumento dell’ansia e difficoltà di coping (far fronte a situazioni difficili e impegnative). • Identificare schemi di comportamenti ritualistici. • Chiarire il rapporto tra emozioni e comportamento disfunzionale/compulsivo. • Sviluppare un programma di attività quotidiane. • Ridurre il tempo assegnato ai comportamenti ritualistici utilizzando un programma di attività quotidiane che faciliti la loro sostituzione con comportamenti più adattivi. • Feedback e rinforzi positivi per i tentativi e i progressivi cambiamenti. • Facilitare le interazioni sociali in modo da ridurre i comportamenti di evitamento. 4. AUMENTARE PROBLEMI LA CAPACITÀ DI RISOLUZIONE DEI • Sviluppare abilità di risoluzione dei problemi. • Proporre esempi di problemi e chiedere al paziente di esercitare le nuove capacità nella ricerca di soluzioni. • Identificare i vantaggi secondari che inibiscono il progresso verso il cambiamento. 5. MIGLIORARE LA CURA DI SÉ • Incoraggiare il paziente a eseguire quotidianamente e autonomamente le attività di cura e di igiene personale. Seguire un’alimentazione equilibrata. • Proporre esercizi fisici da svolgere regolarmente. • Promuovere l’impegno in attività e facilitare il contatto con altre persone. • Favorire il dialogo interiore positivo. • Feedback e rinforzi positivi per i tentativi e i risultati ottenuti. • Migliorare la gestione del tempo e attribuire priorità a richieste esterne o a compiti. • Favorire lo sviluppo e l’utilizzazione di un sistema di sostegno. 6. FAVORIRE SENTIMENTI CONTROLLO • • • • Suddividere attività complesse in piccole fasi, facili da gestire. Offrire un ventaglio di scelte gestibili dal paziente. Sostenere lo sviluppo di obiettivi e risultati realistici. Incoraggiare la partecipazione ad attività che abbiano un’alta probabilità di produrre successo e soddisfazione. • Migliorare le abilità di soluzione dei problemi. • Favorire l’interazione sociale con l’obiettivo di ridurre i comportamenti di evitamento. 7. MIGLIORARE LA COMUNICAZIONE • • • • Suddividere attività complesse in piccole fasi, facili da gestire. Offrire un training di Comunicazione assertiva. Gestione della rabbia. Role playing ed esercitazioni sulla scelta di risposte adeguate in diverse situazioni problematiche. • Feedback e rinforzi positivi. • Sviluppare la capacità di dire “no”, evitare la manipolazione, stabilire norme di comportamento. 8. FAVORIRE LA RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA (I) • Identificare le affermazioni negative che il paziente rivolge a se stesso. • Identificare la connessione tra ansia e dialogo interiore. • Favorire lo sviluppo di affermazioni basate sulla realtà sostituendole a quelle negative. • Chiedere al paziente di trascrivere giornalmente su di un diario i propri pensieri disfunzionali affinché aumenti la consapevolezza della loro frequenza e della loro influenza sullo stato emotivo. • Eliminare i pensieri disfunzionali aumentando la consapevolezza degli effetti del dialogo interno, favorendo la distrazione, con l’ausilio di tecniche di rilassamento, di arresto del pensiero, esercizio fisico o altre attività positive. • Convinzioni irrazionali. – Identificare le convinzioni false (idee radicate in età infantile, dichiarazioni dei genitori assunte come proprie). 8. FAVORIRE LA RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA (II) – Contrapporre alle convinzioni sbagliate altre affermazioni razionali che servono a contrastarle. – Identificare l’effetto delle convinzioni irrazionali sulle emozioni, sul rapporto con se stessi e gli altri e sulle scelte personali. • Convinzioni/comportamenti autodistruttivi che aumentano l’ansia; identificare i fattori che predispongono il paziente all’ansia: – bisogno di controllo; – perfezionismo; – eccessivo bisogno di compiacere gli altri e di ricevere approvazione esterna; – tendenza a ignorare i sintomi di stress; – autocritica; – costante ruolo di vittima; – atteggiamento pessimistico/catastrofico; – preoccupazione cronica. 9. AUMENTARE L’AUTOSTIMA (I) • Cura di sé. – Identificare i bisogni. – Stabilire limiti e confini. – Fornire un ambiente sicuro e stabile. • Identificare obiettivi, aspettative e limitazioni realistici. • Identificare i fattori esterni che influiscono negativamente sull’autostima. • Superare gli atteggiamenti negativi verso se stessi. • Favorire il benessere (esercizio e alimentazione) e conseguentemente sviluppare un’immagine positiva del proprio corpo. • Elaborare la capacità di attendere alle proprie sensazioni corporee, cercando di coglierne tutti gli aspetti piacevoli e gradevoli. • Facilitare la comunicazione assertiva. • Identificare i sentimenti che sono stati ignorati o negativi. 9. AUMENTARE L’AUTOSTIMA (II) • Favorire il dialogo interno positivo. • Concentrarsi su tentativi e successi. • Feedback e rinforzi positivi. 10. FACILITARE LA GESTIONE DELLO STRESS • Insegnare tecniche di gestione dello stress: respirazione profonda; rilassamento muscolare progressivo; tecniche immaginative/meditazione; gestione del tempo; cura di sé. 11. INFORMARE LA FAMIGLIA • Spiegare l’eziologia del disturbo, la terapia e il ruolo della famiglia nella sua gestione. Proporre una visita medica, per escludere eventuali cause organiche. • Incoraggiare la partecipazione del paziente nella pianificazione del trattamento. • Informare il paziente sul funzionamento del sistema nervoso, sull’impossibilità di sentirsi contemporaneamente rilassati e ansiosi. In questo modo la padronanza di tecniche di gestione dello stress, quale il rilassamento muscolare progressivo, agisce gradualmente per alleviare i sintomi d’ansia. • Informare il paziente sull’uso dei farmaci, sul loro funzionamento, sugli effetti collaterali e del fatto che devono avvertire il medico che li prescrive di ogni possibile reazione nei confronti del trattamento (il paziente ansioso può avere frequentemente bisogno di rassicurazione sulla terapia e su come usarla). Alcune terapie ansiolitiche possono aggravare uno stato depressivo. Modelli comportamentali dei disturbi dell’umore (I) • • • • MODELLO DI FERSTER (1965) Il comportamento depressivo include i seguenti aspetti: 1. Diminuzione dei rinforzi positivi. 2. Tale diminuzione determina un aumento della frequenza dei comportamenti di fuga o evitamento di fronte a stimoli aversivi. • 3. I due punti precedenti sono determinati o favoriti dalla mancanza nel repertorio comportamentale del soggetto di abilità sociali adeguate. Modelli comportamentali dei disturbi dell’umore (II) • MODELLO DI LEWINSOHN (1974) Modelli comportamentali dei disturbi dell’umore (III) • MODELLO SELF-CONTROL DI REHM (1975) • Controllo depressivo come conseguenza di processi disadattivi nel sistema self -control: • 1.SELF-MONITORING: attenzione selettiva su aspetti negativi e su effetti a breve termine del proprio comportamento. • 2. SELF-EVALUATION: rigidità nei criteri di valutazione; attribuzione di merito per i successi personali a fattori ambientali e attribuzione di responsabilità per fallimenti solo a se stesso. • 3. SELF-REINFORCEMENT: auto-rinforzo dipendente da rinforzi esterni, scarsa presenza di autorinforzatori, notevole presenza di autopunizioni. Modelli comportamentali dei disturbi dell’umore (IV) • MODELLO “LEARNED HELPLESSNESS (Seligman, 1974) • 1. Rottura del legame S-R tra comportamento emesso e conseguenza positiva da esso prodotta. • 2. Consapevolezza di una impossibilità a raggiungere mete gratificanti attraverso azioni personali. • 3. Convincimento della presenza di meccanismi esterni che regolano e controllano i comportamenti prodotti. • 4. Reazione finale di learned helplessness, cioè apprendimento di uno stato di passività come reazione agli eventi di un ambiente non più modificabile e controllabile in funzione propria. Modelli comportamentali dei disturbi dell’umore (V) • INSERIMENTO DELLA TEORIA ATTRIBUZIONALE HELPLESSNESS AL MODELLO “LEARNED (Abramson, Seligman e Teasdale, 1978) • Introduzione di attribuzioni causali come cotrutti ipotetici mediatori. • Nell’esperire una situazione di incontrollabilità, l’individuo tende a formulare attribuzioni di carattere causale agli eventi. • In tale processo sono rilevanti: locus of control, stabilità, grado di generalità ( il depresso tende ad attribuire cause interne, stabili e globali agli eventi negativi e cause esterne, instabili e specifiche a quelli positivi). Modelli cognitivi dei disturbi dell’umore (I) • MODELLO DI BECK (1967) Modelli cognitivi dei disturbi dell’umore (II) • MODELLO DI BECK (1967) • Nella depressione gli schemi idiosincrasici che riguardano tematiche quali difetti personali, autocritica e aspettative negative dominerebbero i processi di pensieri. • Una determinata situazione stressante potrebbe attivare nei suggetti vulnerabili gli schemi depressogeni. Una volta attivati tali schemi portano a - pensieri automatici negativi: bassa considerazione di sé, idee di privazione, autocritiche e autorimproveri, problemi e doveri opprimenti, autocomandi e ordini e desideri di fuga e suicidio. - errori (distorsioni) cognitivi: deduzione arbitraria, astrazione selettiva, ipergeneralizzazione, ingigantire o minimizzare, definizione inesatta, pensiero dicotomico e personalizzazione. Modelli cognitivi dei disturbi dell’umore (III) • MODELLO DI BECK (1967) • Ne conseguono manifestazioni cognitive: - Scarsa stima di se stessi (senso di fallimento, inadeguatezza, inutilità e impotenza). - Prospettive negative (“Le cose andranno sempre male per me”). - Autoaccusa e autocritica (“La gente mi disprezzerebbe se mi conoscesse”): • Ma anche emozioni negative: tristezza, sentirsi giù, solitudine, infelicità; ansia, preoccupazione, paura, sentirsi spaventati, tesi; rabbia, essere infuriati, irritati e seccati; provare vergogna, imbarazzo, umiliazione; delusione; gelosia, invidia; senso di colpa; sentirsi feriti; essere sospettosi. AREE SPECIFICHE D’INTERVENTO E OBIETTIVI NEL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DELL’UMORE • • • • • • • • • • • • • Valutare la pericolosità per se stessi e gli altri Fornire un ambiente sicuro Valutare l’opportunità di un trattamento farmacologico Migliorare le capacità di risolvere i problemi Migliorare la capacità di far fronte a situazioni difficili (copi9ng) Sviluppare e incoraggiare il ricorso a sistemi di sostegno Facilitare l’elaborazione di eventi di perdita Aumentare l’autostima Pervenire a una ristrutturazione cognitiva Migliorare le abitudini alimentari Regolarizzare i ritmi sonno/veglia Sviluppare un programma finalizzato a gestire il disturbo depressivo Favorire la compliance a un’eventuale terapia farmacologica 1. VALUTAZIONE DEI RISCHI DI SUICIDIO • • • • • • • • • • • • Idee suicidarie o persistente desiderio di morte. Progetto di suicidio. Modalità di realizzazione del progetto. Disponibilità dei mezzi per effettuare il suicidio. Sentimenti di disperazione. Pregressi tentativi di suicidio messi in atto dal paziente o da persona a lui vicina. Perdite recenti. Abuso di sostanze. Scarso controllo degli impulsi. Limitata capacità di giudizio. Presenza di convinzioni religiose o di altri motivi che possono trattenere il paziente dal mettere in atto gesti suicidari. Presenza di comportamenti in cui il paziente “mette a posto” le sue cose e chiude pendenze in atto. 2. FORNIRE UN AMBIENTE SICURO • Verificare se il paziente mostra un’adeguata collaborazione (eliminazione di armi da fuoco, farmaci ecc., che possa usare). • Valutare l’adeguatezza del sostegno sociale. • Prevedere, se necessario, diversi tipi di trattamento: • Trattamento urgente: flessibilità dei tempi delle sedute, con eventuale prolungamento degli stessi, in modo da consentire al pz. di esternare le proprie emozioni e dare vita alla risoluzione dei problemi. Dare disponibilità al contatto telefonico. Avvertire i familiari e/o i conviventi. • Ricovero presso servizio di trattamento diurno. • Ricovero in struttura ospedaliera aperta. • Ricovero in struttura ospedaliera chiusa. 3. EVENTUALE INVIO A VISITA PSICHIATRICA • Nel casi di una prima visita e qualora si evidenzi una storia di depressione che abbia chiaramente influenzato qualità di vita e funzionalità, inviare allo psichiatra per un eventuale trattamento farmacologico. • Nel caso di una terapia già avviata, con presenza di sintomi depressivi acuti che interferiscono col livello di funzionalità, inviare dallo psichiatra per una valutazione del trattamento farmacologico. • Valutare l’eventuale presenza di manifestazioni psicotiche congruenti con l’umore che possano non essere state identificare. Nel caso se ne appurasse la presenza, informare lo psichiatra che ha in cura il paziente. 4. RIDOTTA CAPACITÀ DI RISOLUZIONE DI PROBLEMI • • • • Definire i problemi. Immaginare tutte le possibili soluzioni. Identificare i risultati in relazione alle varie soluzioni. Prendere la decisione che meglio si adatti alle esigenze imposte dal problema. • Preparare il paziente riguardo la possibilità che la soluzione prescelta non porti all’esito previsto; predisporre, pertanto, un piano alternativo. 5. RIDOTTA CAPACITÀ DI AFFRONTARE LA REALTÀ (COPING) (I) • Aiutare il paziente a capire che è possibile fare soltanto una cosa alla volta. • Insegnare tecniche di rilassamento da utilizzare in caso di stress più elevato. • Spiegare al paziente la necessità di stabilire delle priorità tra le questioni da affrontare. • Provvedere al chiarimento dei confini, soprattutto in relazione alla tendenza a compiacere il prossimo trascurando se stessi. • Escludere i vantaggi secondari. • Affrontare il senso di impotenza: • Incoraggiare la capacità di assumersi la responsabilità e prendere decisioni. • Coinvolgere il paziente nello stabilire gli obiettivi della terapia. • Offrire feedback positivi riguardo al prendere decisioni. 5. RIDOTTA CAPACITÀ DI AFFRONTARE LA REALTÀ (COPING) (II) • Favorire lo sviluppo di obiettivi, limiti e aspettative realistici. • Identificare le aree di vita o della cura di sé in cui il paziente dimostri di avere pieno controllo e quelle in cui si rivela incapace di gestirle. • Incoraggiare e facilitare il paziente a esprimere i suoi sentimenti collegati ad aree che sfuggano alla sua capacità di controllo. Insegnargli a cercare di accettare cose che comunque non può cambiare. 6. INSUFFICIENTE SVILUPPO E/O UTILIZZAZIONE DI RISORSE (I) • Resistere al desiderio di chiudersi in se stessi e isolarsi. • Identificare supporti sociali ed emotivi potenzialmente utili, ma di fatto evitati dal paziente. • Sviluppare la capacità di utilizzare quotidianamente risorse e supporti. • Informare sul ruolo dell’isolamento nel perdurare della depressione. • Intervenire sulla compromissione sociale: • Comunicare accettazione e considerazione positiva. Creare un ambiente sicuro e non giudicante. • Identificare persone e attività considerate piacevoli in passato. • Incoraggiare l’utilizzazione di sistemi di sostegno. • Incoraggiare un’adeguata assunzione di rischi. • Insegnare la comunicazione assertiva. • Offrire feedback diretti riguardo all’interazione con il prossimo evitando di esprimere giudizi. 6. INSUFFICIENTE SVILUPPO E/O UTILIZZAZIONE DI RISORSE (II) • Suggerire modi alternativi per affrontare efficacemente situazioni che provocano stress. • Insegnare abilità di tipo sociale che possano servire a entrare in rapporto con gli altri e a partecipare alle conversazioni. • Fare esperienza di role-playing ed esercitare quelle abilità di tipo sociale che possano ottenere risultati positivi e aumentare le capacità del paziente di comprendere come è percepito dagli altri. • Fare in modo che ogni giorno ci sia qualche attività sociale. 7. MANCATA ELABORAZIONE DEL LUTTO • Valutare quale fase del lutto stia attraversando il paziente. • Mostrare attenzione ed empatia. • Verificare se il paziente ha subito precedenti perdite non risolte. • Incoraggiare l’espressione dei sentimenti. • Utilizzare la tecnica della sedia vuota o la scrittura di una lettera a una persona che il paziente ha perso. Ciò può dare l’avvio a un processo di risoluzione del lutto. • Fornire informazioni al paziente sui vari stadi del lutto e far sì che riconosca come normali anche sentimenti come la rabbia e la colpa. • Sostenere il paziente nell’esternazione delle proprie percezioni idealizzate, affinché accetti gli aspetti positivi ma anche quelli negativi dell’oggetto della perdita. • Rinforzare positivamente la capacità di gestire in modo adattivo le esperienze di perdita (pur considerando differenze sociali ed etniche). • Inviare il paziente a un gruppo di sostegno per persone in lutto. • Esplorare tematiche religiose e di sostegno spirituale. 8. SCARSA AUTOSTIMA • Concentrarsi sui punti di forza e sui risultati ottenuti. • Evitare di focalizzarsi sui fallimenti passati. • Riconsiderare fallimenti o esperienze negative come parte del processo di apprendimento. • Identificare le aree nelle quali si desidera produrre dei cambiamenti per conseguire gli obiettivi. • Incoraggiare gli sforzi volti a ottenere un adeguato livello di autonomia e che implicano l’assunzione di responsabilità. • Insegnare le comunicazione assertiva, stabilire limiti e confini adeguati. • Insegnare tecniche di comunicazione efficace, che prevedano l’uso del parlare in prima persona, richieste di chiarimenti che non contengano supposizioni, eccetera. • Rinforzi positivi per attività svolte autonomamente. 9. DISTORSIONI DEL PENSIERO • Identificare l’influenza di un atteggiamento negativo sulla depressione e insegnare ad avere un dialogo interiore positivo. • Richiedere chiarimenti quando ciò che viene comunicato appare distorto. • Rinforzare il pensiero basato sul senso di realtà. • Promuovere l’utilizzazione di tecniche terapeutiche specifiche, quali l’aumento della mindfulness, lo sviluppo della capacità di decidere su cosa concentrarsi (positive thinking), le tecniche di arresto del pensiero e quelle per affrontare un pensiero alla volta. • Facilitare il chiarimento delle caratteristiche del pensiero razionale rispetto a quello irrazionale. 10. DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE • Valutare lo stile alimentare e le modalità di assunzione di liquidi. • Informare sull’importanza di una buona alimentazione per avere un buon funzionamento fisico e mentale. 11. DISTURBI DEL SONNO • • • • • Valutare le modalità e la quantità totale di sonno. Favorire un ciclo di sonno appropriato e adeguato. Scoraggiare nel paziente la tendenza a dormire durante il giorno. Scoraggiare l’uso di caffeina e di altri stimolanti. Invitare a eseguire esercizi di rilassamento o ascoltare musica rilassante, prima di dormire. • Incoraggiare a eseguire quotidianamente esercizi aerobici, come ad esempio passeggiate. • Somministrare eventuali farmaci ansiolitici di sera, anziché in altri momenti della giornata. • Stimolare quelle attività che possano conciliare il sonno, come bagni caldi, massaggi, tisane, spuntini eccetera. 12. DIFFICOLTÀ DEPRESSIONE NEL GESTIRE ADEGUATAMENTE LA • La gestione della depressione richiede un impegno da parte del paziente, il quale deve assumersi la responsabilità di rendere migliore la qualità della propria vita. • Un progetto finalizzato alla gestione della depressione prevede alcune componenti: • Attività quotidiane di tipo strutturato. • Sviluppo e possibilità di avvalersi di supporti sociali. • Atteggiamento positivo e capacità di identificare gli aspetti positivi della vita. • Mindfulness. • Svolgimento regolare di esercizi di tipo aerobico. • Alimentazione corretta. • Vivere in base al proprio sistema di valori. 13. DARE INFORMAZIONI SULLA TERAPIA FARMACOLOGICA (I) • Sottolineare l’importanza di seguire la terapia farmacologica. • Consigliare al paziente di informarsi su eventuali restrizioni collegate all’assunzione di farmaci. • Suggerire al soggetto di chiarire dubbi relativi alla terapia farmacologica collo psichiatra di riferimento. • Dare informazioni in merito allo squilibrio chimico associato alla depressione. • Informare in merito al possibile scompenso legato alla mancanza osservanza della terapia antidepressiva. • Informare sui possibili effetti collaterali della terapia antidepressiva: • Effetto sedativo. • Effetti anticolinergici: • Secchezza delle fauci. • Stipsi. • Visione indistinta (difficoltà di messa a fuoco). 13. DARE INFORMAZIONI SULLA TERAPIA FARMACOLOGICA (II) • Ritenzione urinaria. • Ipotensione ortostatica. • Tachicardia/aritmia. • Fotosensibilizzazione. • Diminuzione della soglia di convulsione epilettica. • Crisi ipertensiva (soprattutto in caso di IMAO; controllare la presenza di sintomi quali palpitazioni, nausea, vomito, sudorazione, dolore al torace, forte cefalea occipitale, febbre, aumento della pressione sanguigna, coma). • Perdita o aumento di peso. • Priapismo. BIBLIOGRAFIA • Beck, J.S. (2002). Terapia cognitiva. Fondamenti e prospettive. Milano/Firenze/Roma: Mediserve. • Dèttore, D. (2003). Il disturbo ossessivo-compulsivo. Milano: McGraw-Hill. • Galeazzi, A., & Meazzini, P. (2004). Mente e comportamento. Trattato italiano di psicoterapia cognitivo-comportamentale. Firenze: Giunti. • Martin, G., & Pear, J. (2000). Strategie e tecniche per il cambiamento. Milano: McGraw-Hill. • O’Donohue, W.T., & Fisher, J.E. (2009). General principles and empirically supported techniques of cognitive behavior therapy. Hoboken, NJ: Wiley. • Sanavio, E. (1991). Psicoterapia cognitiva e comportamentale. Roma: Carocci. • Wells, A. (1999). Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia. Milano: McGraw-Hill.