Disabilità e
qualità di vita
nelle strutture
sociosanitarie
Ricerca di
2013
Francesca
Cardini
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PRESENTAZIONE
Questo lavoro muove da una attenzione alla società che ci circonda e che appare
molto variegata non solo a livello economico, lavorativo… ma diversificata
anche a livello di status, di capacità ed abilità personali e anche di gruppo come
se gli esseri umani non fossero, appunto, tali. La riflessione che nasce è quella di
reperire un metodo di indagine, il più generale ma non generico per supplire al
malessere del nostro tempo. Occorre infatti individuare, attraverso un’attenta
analisi, un insieme di prescrizioni relative allo svolgimento di una attività di
operatori attenti alla formazione e allo Sviluppo delle Risorse Umane per tentare
di risolvere in modo ottimale il problema del rapporto tra ‘’Salute’’ in senso lato
e ‘’Qualità della Vita’’. Sono convinta che ogni ricerca, ogni progetto ha la sua
significanza nella struttura che lo supporta e che lo adotta al fine di risultare la
più rigorosa possibile. Un metodo consta, di solito, di prescrizioni negative o
‘’igieniche’’ intese ad evitare gli errori, e di prescrizioni positive o regole
euristiche, finalizzate alla costruzione della conoscenza. La questione è dunque
primariamente metodologica.
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CAPITOLO I
DISABILITÀ E QUALITÀ DI VITA
Excursus storico sulla disabilità
Negli ultimi decenni la tendenza a considerare il problema delle persone
diversamente abili in una prospettiva basata sui diritti umani si è affermata a
livello internazionale. Nel corso del '900 emergono diverse visioni della
disabilità che si differenziano per il ruolo attribuitogli dalla comunità.
In primis, secondo un approccio caritativo-assistenziale, la disabilità viene vista
come la conseguenza di un danno o di una malattia che determina una reazione
individuale di pietà. La società risponde con interventi di tipo riparatorio,
utilizzando soluzioni istituzionali e creando luoghi segregati per accogliere
queste persone alle quali la comunità non riconosce veri e propri diritti.
In un secondo momento predomina un approccio medico o biologico: la
disabilità viene vista come la conseguenza di una patologia e il paziente deve
affidarsi completamente al medico o ad un ambiente sanitario che cercherà di
guarirlo. Tale approccio privilegia la prevenzione e la riabilitazione, grazie alle
quali, conosciuta la causa dell'handicap, è più agevole prevenirne la comparsa ed
apportare appropriati strumenti farmacologici (Meazzini, 2006). Il compito della
comunità è quello di destinare risorse allo sviluppo di attività riabilitative e al
mantenimento di strutture e personale.
A partire dagli anni '60 convergono diversi fattori che concorrono a sviluppare
un approccio sociale al problema della disabilità, che viene ora intesa come una
condizione umana che procura un elevato rischio di discriminazione sociale per
la persona. La società è responsabile dell’eliminazione di eventuali barriere che
impediscono la soddisfazione dei diritti dei cittadini diversamente abili che,
come tutti gli altri, devono avere la possibilità di esercitare il proprio ruolo
(Corsolini, 2002). Emerge l'importanza di prospettare efficienti modalità di
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prevenzione, migliorare la qualità dei servizi e favorire l'integrazione sociale
(Meazzini, 2006). A partire dagli anni '90 aumenta l'attenzione riguardo ad una
politica basata sui diritti e sulla difesa della dignità umana, che diventano il
punto centrale per la progettazione di interventi. Nel 1993 l'Assemblea Generale
delle Nazioni Unite adotta la convenzione delle Regole standard sulle pari
opportunità per persone con disabilità (United Nations, 1993), un approccio che
sancisce l'universalità, l'individualità, l'interdipendenza e l’interrelazione di tutti
i diritti umani e libertà fondamentali e la necessità di garantirne il pieno
godimento da parte delle persone diversamente abili senza discriminazioni.
Un termine utilizzato frequentemente e talvolta in modo superficiale è quello di
handicap, che nel lessico comune è inteso come menomazione fisica, psichica,
malattia o sofferenza. Tale visione è riduttiva in quanto tende a trascurare
l'insieme dei fattori sociali e ambientali che di fatto costituiscono la principale
fonte di ostacolo (handicap) ed è proprio l'Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) a predisporre una serie di strumenti di classificazione capaci di
consentire una migliore osservazione e analisi delle patologie organiche,
psichiche e comportamentali delle popolazioni allo scopo di migliorare la qualità
delle diagnosi.
L 'International Classification Diseases (ICD)
Negli ultimi anni si sono registrati cambiamenti riguardo la tematica della
valutazione e della classificazione.
Nel 1975 l'OMS decide di affiancare all'International Classification Diseases
(ICD; WHO, 1969) un’appendice relativa alle conseguenze delle malattie e di
diffondere successivamente l'International Classification of Impairments,
Disabilities and Handicaps (lCIDH; WHO, 1980).
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La Classificazione Internazionale delle malattie include disturbi e lesioni visti in
ottica bio-medica, pone l'attenzione sulla parola diseases, ovvero sul concetto di
malattia, e risponde all'esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo
per ogni sindrome, una descrizione delle principali caratteristiche cliniche e
indicazioni diagnostiche. Si delinea come una classificazione causale,
focalizzando l'attenzione sull'aspetto eziologico della patologia e le diagnosi
vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la
ricerca e l'analisi dei dati. La sequenza che caratterizza tale classificazione
considera in modo lineare e intra-individuale le relazioni, come schematizzato di
seguito:
EZIOLOGIA --> PATOLOGIA --> MANIFESTAZIONE CLINICA
L'ICD rivela svariati limiti di applicazione e ciò induce l'OMS ad elaborare un
nuovo manuale in grado di focalizzare l'attenzione non solo sulle cause delle
patologie ma anche sulle loro conseguenze.
L 'International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps
(ICIDH)
- Nel1980 l'Organizzazione Mondiale della Sanità propone la prima edizione
dell'International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps
(lCIDH; WHO, 1980) con la finalità di considerare attraverso un approccio, bio psico-sociale le conseguenze delle malattie. Nasce come strumento destinato a
molteplici usi: statistico per studi demografici, di ricerca per la valutazione dei
risultati dei servizi socio-sanitari, clinico per l'assessment a fini riabilitativi ed
educativi.
L'OMS dichiara l'importanza di utilizzare l'ICD e ICIDH in modo
complementare, favorendo l'analisi e la comprensione delle condizioni di salute
dell'individuo in una prospettiva più ampia, in quanto i dati eziologici vengono
integrati dall'analisi dell'impatto che quella patologia può avere sull'individuo e
sul contesto ambientale in cui è inserito.
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L'ICIDH è caratterizzato da tre componenti fondamentali che possono essere
schematizzate nel modo seguente:
MALATTIA O DISTURBO --> MENOMAZIONI --> DISABILITA' -->
HANDICAP
-Impairment o menomazione, che l'Organizzazione Mondiale della Sanità
(WHO, 1980) definisce come "perdite o anormalità, transitorie o permanenti
caratterizzate dall' esistenza o dall'evenienza di anomalie, difetti o perdite a
carico di arti, organi, tessuti o altre strutture del corpo incluso il sistema delle
funzioni mentali. Rappresenta l’esteriorizzazione di uno stato patologico e
riflette i disturbi a livello d'organo";
- disabilità definita come "qualsiasi restrizione o carenza della capacità di
svolgere un 'attività nel modo e nei limiti ritenuti normali per un essere umano;
può essere transitoria o permanente, reversibile o irreversibile, progressiva o
regressiva, una conseguenza diretta di una menomazione o una reazione
psicologica a una menomazione fisica, sensoriale o di altro tipo";
- l'handicap, come "condizione di svantaggio vissuta da un determinato soggetto
in conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita o impedisce la
possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quell’individuo in
relazione all'età, al sesso e ai fattori socioculturali"; è una condizione soggetta a
possibili miglioramenti o peggioramenti (Soresi, 2007, pp.16-17).
Da tale suddivisione emerge la considerazione che l'handicap non è una malattia
ma la ripercussione che i danni provocati da un evento morboso hanno sulla vita
di un individuo in relazione al suo contesto. Un evento di questo tipo può
condurre a danni primari e secondari che possono dar luogo a disabilità, che si
traduce a sua volta in handicap, anche in relazione alle barriere che il soggetto
incontra quotidianamente. Per barriere si intendono ostacoli di tipo fisico
(barriere architettoniche), di tipo psicologico e sociale. Le barriere psicologiche
hanno a che fare con l'impatto che la disabilità ha sul soggetto stesso e sulle
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persone che lo circondano. Le barriere sociali sono relative al clima culturale
prevalente in una data epoca, allo stato socio-economico dei soggetti e possono
condurre a esiti diversificati di situazioni di partenza simili (Zanobini et al.,
2003).
Un individuo non può essere considerato globalmente disabile poiché al variare
dei contesti può manifestare abilità o disabilità e nemmeno considerato
handicappato perché in alcuni ambiti, a causa di specifiche menomazioni e
disabilità, sperimenta vissuti di svantaggio. Anche se le menomazioni
continuano ad essere presenti, le disabilità compaiono solo quando è necessario
emettere specifiche prestazioni, invece per gli handicap si attendono livelli di
prestazione standard senza tenere in considerazione le effettive possibilità della
persona (Soresi, 2007).
L'International Classification of Impairments, Activities and Participation
(ICIDH-2)
La presenza di limiti concettuali della classificazione ICIDH ha portato l'OMS
ad
un’elaborazione
dello
strumento,
l'International
Classification
of
Impairments, Activities and Participation (ICIDH-2, WHO, 1997). Tale
classificazione è fondata su una concezione della disabilità come fenomeno
complesso che richiede la considerazione di molteplici aspetti, tra i quali la
relazione tra funzioni ed attività. E’ necessario infatti che la valutazione di
persone con disabilità non venga effettuata su parametri astratti ma su ciò che il
soggetto concretamente è in grado di fare; il livello di partecipazione che le
persone con disabilità vivono all'interno della società e l'importanza del ruolo
dei fattori contestuali che favoriscono o ostacolano le persone diversamente
abili.
Lo strumento mantiene la sua valenza diagnostica e risulta utile per rilevare
l'impatto complessivo di una condizione di salute a partire da una prospettiva
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bio-psico-sociale che viene ulteriormente rinforzata e valorizzata rispetto alla
precedente versione.
L' ICIDH-2 è strutturato in tre dimensioni, quali le funzioni e la struttura del
corpo (nell' ICIDH erano chiamate menomazioni); le attività che si riferiscono
ad azioni che possono subire delle limitazioni (corrispondono alle disabilità) e la
partecipazione che riguarda l'interazione tra le menomazioni, le attività e i fattori
contestuali in tutte le aree della vita (handicap). Le tre dimensioni possono
subire a loro volta l'influenza dei Fattori Ambientali fisic i, sociali o inerenti gli
atteggiamenti e dei Fattori Personali che sono correlati alla personalità e alle
caratteristiche individuali (Buono et al., 2003).
L 'International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF)
Nel 2011 l’OMS pubblica l'International Classification of Functioning,
Disability and Health (ICF; WHO, 2001), che è stata sottoscritta da 191 paesi tra
i quali l'Italia. Come precisato nell'introduzione dell'ICF le condizioni di salute
quali malattie e disturbi vengono presentate e classificate principalmente
nell'ICD-10 (Classificazione internazionale delle malattie e dei problemi sanitari
correlati, 100 revisione, WHO, 1993) che ne fornisce una struttura
principalmente eziologica. Quest'ultima classificazione rispetto alle precedenti
versioni comprende oltre alle malattie e disturbi, le procedure mediche e
disabilità. Essa non è tuttavia un manuale diagnostico approfondito ma un
sistema per assegnare codici statistici al fine di indicare condizioni di salute.
ICD-1O e ICF sono complementari, dove il primo fornisce una diagnosi delle
malattie o altre condizioni di salute, il secondo la arricchisce di informazioni a
carico del funzionamento della persona. Con la classificazione ICF le malattie,
compresi i disturbi mentali e cognitivi, vengono poste sullo stesso piano, al
medesimo livello delle patologie fisiche e questo indipendentemente dalle cause
che le hanno determinate; considera ino ltre due prospettive differenti: quella del
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funzionamento organico e delle strutture anatomiche e quella delle attività svolte
e dei livelli di partecipazione.
Tale classificazione, pur nascendo dall'ICIDH, non prende più in considerazione
le conseguenze delle malattie (menomazioni, disabilità ed handicap), ma le
componenti della salute intese come quei fattori fondamentali e costituitivi la
salute e il benessere. Se prima veniva ipotizzata una relazione di tipo lineare tra
lo stato di malattia, le menomazioni, le disabilità e gli handicap adesso questa
relazione causale tra le differenti componenti non è sempre sostenibile. Le
compromissioni che si osservano sono l'espressione di un'interazione che
include anche variabili di tipo contestuale e permette la correlazione tra lo stato
di salute e ambiente arrivando alla definizione di disabilità come condizione di
salute in un ambiente sfavorevole. L'aspetto che emerge con chiarezza
nell'evoluzione delle classificazioni OMS (ICIDH, ICDH-2, ICF) è l'abbandono
del termine handicap e dei suoi derivati, che hanno connotazioni fortemente
negative (handicappato) in favore di termini più aggiornati. Solo una valutazione
positiva rappresenta il punto di partenza di qualsiasi percorso educativo pensato
per garantire il diritto alla non-omologazione e quindi all'originalità, alla
diversità, all'unicità di una persona.
L'applicazione dell'ICF può avvenire attraverso due versioni, estesa e breve:
quest'ultima, pur considerando le principali categorie della classificazione,
propone un numero ridotto di sottoarticolazioni e si presenta come una cheek list
più agevole. Lo strumento fornisce una struttura concettuale per la
comprensione degli stati di funzionamento e di disabilità correlati alla salute, un
linguaggio comune per migliorare la comunicazione sulla disabilità fra operatori
provenienti da ambienti differenti e un sistema di classificazione e di codifica
sistematica che permette di confrontare dati statistici derivati da discipline
sanitarie diverse (AAMR, 2002).
Dimensioni dell' ICF
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L 'International Classification of Functioning, Disability and Health considera
quattro dimensioni fondamentali che spiegano il funzionamento degli individui.
La Dimensione del corpo la quale comprende le funzioni corporee, fisiologiche
e psicologiche, quelle che riguardano il funzionamento del cervello e il sistema
nervoso centrale nonchè la struttura corporea che si riferisce alle parti strutturali
o anatomiche del corpo (organi, arti e le loro componenti). Le menomazioni
costituiscono problemi nelle funzioni o strutture corporee, come una disfunzione
o una perdita significativa. La dimensione delle attività semplici e complesse è
relativa all'esecuzione di un'azione da parte di un individuo e rappresenta la
prospettiva individuale del funzionamento; le difficoltà che una persona può
avere nella loro esecuzione vengono denominate limitazione delle attività.
La Partecipazione riguarda il livello di coinvolgimento, di integrazione di una
persona in una situazione di vita quotidiana e rappresenta la prospettiva sociale
del funzionamento. I problemi che un soggetto può incontrare, nelle situazioni di
vita, sono definiti restrizioni della partecipazione anche se dovrebbero essere
definite come problemi di interazione risultanti da una limitata disponibilità o
accessibilità di risorse e servizi, in rapporto alle menomazioni e alle limitazioni
della persona, svantaggi che limitano l'adempimento dei ruoli sociali tipici di un
individuo in relazione ad età, genere e cultura. Attività e partecipazione si
riferiscono agli stessi domini o aree di vita, la differenza è nella prospettiva
individuale o sociale.
I Fattori Contestuali rappresentano il background completo della vita di una
persona che può influenzare lo stato di funzionamento e comprendono due
domini: fattori ambientali e personali. I primi riguardano gli ambienti fisici,
sociali e attitudinali in cui le persone vivono e conducono la loro vita. I fattori
personali comprendono età, razza, genere, benessere e stili di coping (AAMR,
2002).
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Nella tabella 1.1 sono riportate le dimensioni con le relative macrocategorie. Per
l'accertamento delle funzioni e strutture corporee sono necessarie competenze di
tipo sanitario e clinico, per l'analisi delle attività, dei livelli di partecipazione e
fattori contestuali è fondamentale il ricorso a strumenti di indirizzo
prevalentemente psico-sociale.
Per quanto riguarda la valutazione è fondamentale considerare l'intensità dei
problemi che le persone possono presentare ricorrendo ad una scala a sei livelli
(0 indica assenza di difficoltà, 1 presenza di lieve difficoltà, 2 difficoltà
moderata, 3 difficoltà abbastanza consistente, 4 grave difficoltà, 5 incapacità
completa o danno totale) e la qualità e quantità di supporto necessario misurato
su una scala a 5 livelli (0 non necessita di assistenza, 1 necessita di protesi, 2
necessita di assistenza, 3 necessita di protesi e assistenza, 4 livello di assistenza
sconosciuto o non valutato). Queste modalità di valutazione consentono
l'individuazione di obiettivi rilevanti quale la prevenzione nei confronti della
possibilità di incremento delle difficoltà e il mantenimento delle abilità
acquisite. Il modello ICF sottolinea il fatto che una disabilità non può mai essere
spiegata con la sola presenza di una compromissione primaria (limit azioni
significative nel funzionamento intellettivo) ma dovrebbe essere compresa
all'interno di un complesso di condizioni fisiologiche, psicologiche e sociali
(AAMR, 2002).
Le funzioni corporee sono classificabili in otto macrocategorie:
1- funzioni mentali;
2- funzioni sensoriali;
3- funzioni della voce e della parola;
4- funzioni dei sistemi cardiovascolare, ematologico, immunologico e
respiratorio;
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5-funzioni digestive, nutrizionali, metaboliche ed endocrinologiche;
6- funzioni genito-urinarie e riproduttive;
7- funzioni neuro-muscolo-scheletriche e correlati al movimento;
8- funzioni della pelle e strutture correlate.
Le strutture corporee sono raggruppate in otto macrocategorie:
1- strutture del sistema nervoso;
2- occhio e strutture correlate;
3- strutture coinvolte nella voce e nella parola;
4- strutture dei sistemi cardiovascolare, immunologico e dell’apparato
respiratorio;
5- strutture correlate all'apparato digerente e ai sistemi metabolici ed endocrini;
6- strutture del sistema urogenitale e di riproduzione;
7 - strutture correlate al movimento;
8- pelle e strutture correlate.
La dimensione delle attività si riferisce a:
1-attività di apprendimento e di applicazione di conoscenze;
2- attività comunicative;
3- attività motorie;
4- attività relative agli spostamenti nell'ambiente;
5- attività relative alla cura della propria persona;
6- attività di vita quotidiana;
7- attività interpersonali;
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8- attività relative allo svolgimento di compiti e prestazioni.
La partecipazione comprende:
1- partecipazione alle cure personali;
2- partecipazione alla motilità;
3- partecipazione allo scambio di informazioni;
4- partecipazione alle relazioni sociali;
5- partecipazione alla vita domestica e all'assistenza degli altri;
6- partecipazione all'istruzione;
7- partecipazione al lavoro;
8- partecipazione alla vita economica;
9- partecipazione alla vita sociale civile e di comunità.
I fattori contestuali sono riuniti in sei raggruppamenti riguardanti le seguenti
caratteristiche:
1- della produzione, dell'economia e della tecnologia;
2- dell'ambiente naturale e artificiale di vita;
3- della relazione e reti sociali importanti per le persone;
4- degli atteggiamenti e dei valori;
5- dei servizi;
6- dei sistemi ideologici e delle politiche in vigore.
Tabella 1.1 Dimensioni e macrocategorie dell'ICF (Soresi, 2007, pp. 19-20).
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L'Analisi Funzionale del Comportamento
L'Analisi Funzionale ha lo scopo di fornire dati diversi e complementari rispetto
a quelli prodotti dalI' osservazione diretta e sistematica, fornendo informazioni
riguardanti la dinamica dei comportamenti, ovvero i rapporti mutevoli che li
legano alla situazione. Attraverso tale metodologia vengono registrate le
situazioni che precedono la comparsa dei pattern comportamentali di interesse, i
comportamenti stessi e le conseguenze da essi prodotti. Essa viene generalmente
identificata mediante l'acronimo ABC (antecedenti, behaviour, conseguenze).
Gli antecedenti sono costituiti da tutte le situazioni-stimolo che sono presenti
prima che venga manifestato il comportamento oggetto di valutazione e si
suddividono in antecedenti interni, antecedenti esterni prossimi e antecedenti
esterni remoti. I primi riguardano particolari vissuti dell'Io che fungono da
stimolo scatenante per la comparsa di anomalie comportamentali. Gli
antecedenti esterni prossimi sono relativi a tutte quelle situazioni, presenti
attualmente, alle quali la persona risponde. Gli antecedenti esterni remoti
comprendono le esperienze vissute nel passato che si possono ripresentare e
fungere da stimolo condizionato per specifiche risposte comportamentali.
Wolfensberg (1972) ha constatato che la comparsa di elementi inadeguati nella
persona con handicap grave può essere attribuita a situazioni ecologiche p recise.
Le conseguenze sono costituite da tutti quei cambiamenti apportati all'ambiente
dai comportamenti manifestati dalla persona. Queste modificazioni possono
svolgere un ruolo punitivo o rinforzante (Meazzini, 2006). Tale metodologia si
propone di individuare i pattern che si presentano con regolarità e che sono
relativi al soggetto e alle altre persone con cui la persona interagisce.
L'analisi funzionale è costituita dall' osservazione
e dall'interpretazione
funzionali. L'osservazione funzionale consiste nel considerare gli antecedenti e il
contesto, mentre l'interpretazione funzionale indica l'importanza di comprendere
la funzione che ha quel determinato comportamento. Una tale interpretazione
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consente di capire il motivo scatenante dell'azione deviante e permette agli
operatori di cercare di sostituire tale modalità di risposta con altre più
appropriate.
Per condurre una buona analisi è fondamentale scegliere i momenti in cui
realizzarla sulla base dei dati raccolti attraverso altre modalità di oss ervazione
diretta e sulle ipotesi formulate riguardo ai fattori che possono contribuire a
mantenere il comportamento inadeguato, e replicarla più volte in modo da
iniziare a delineare con certezza i fattori sottostanti che concorrono a stimolare e
mantenere un determinato comportamento problematico (Soresi, 2007).
Le Classificazioni e le Valutazioni in ambito riabilitativo
Un sistema di classificazione deve fondarsi su fatti concreti definiti in termini
operazionali fornendo informazioni pertinenti alla situazione clinica ed avere un
valore predittivo. La finalità principale è quella di classificare i disturbi e non i
soggetti, evitando il rischio di etichettare le persone e sottolineando il fatto che
ogni individuo presenta una gamma ampia e diversificata di moduli
comportamentali sia adattivi che disadattivi che possono migliorare o
modificarsi attraverso interventi specifici progettati ad hoc (Rutter et al., 1980).
Gli interventi a favore della persona handicappata dovrebbero analizzare
l'ambiente in tutte le sue componenti per coglierne le richieste ed effettuare un
bilancio delle reali potenzialità presenti nella persona, delle abilità presenti e dei
punti di forza del soggetto cercando di stimolarne l'utilizzo e di evitare interventi
eccessivamente assistenziali che potrebbero inibire il desiderio e la possibilità
della persona di svolgere e affrontare autonomamente le attività che sarebbero in
grado di compiere anche se con qualche difficoltà.
Gli obiettivi abilitativi e riabilitativi da perseguire, abilità che non sono presenti
nel repertorio della persona prima dell'intervento, devono essere descritti in
modo operazionale definendo le prestazioni che le persone dovranno essere in
grado di manifestare e il criterio di padronanza, inteso come la qualità e la
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quantità di prestazione auspicata, che si ritiene necessaria per poter considerare
efficace l'intervento realizzato.
Gli strumenti di analisi delle disabilità sono basilari in fase di assessment per
una prima valutazione dei punti di forza e debolezza delle persone esaminate
(Nota et al., 2002) sia in sede di programmazione dei trattamenti per individuare
quali attività si adattano meglio al livello di abilità di ogni persona (Reid et al.,
2001) sia in fase di monitoraggio per controllare l'andamento dei livelli di abilità
di una persona diversamente abile (Rondal, 2004) e sia in sede di valutazione dei
servizi e programmi di intervento realizzati (Luckasson et al., 1992).
Il Costrutto di Qualità di Vita (QOL)
Negli ultimi decenni il concetto di Qualità della Vita (QOL) sta assumendo un
ruolo centrale per la validazione degli interventi biomedici, abilitativi e
riabilitativi che vengono realizzati, poiché lo scopo di ogni trattamento è quello
di far sperimentare alla persona che lo riceve condizione di vita e livelli di
soddisfazione per la propria esistenza più consistenti di quelli precedentemente
esperiti. I tassi di mortalità e morbilità che venivano tradizionalmente
considerati indicatori di salute, oggi sono ritenuti insoddisfacenti per descrivere
lo stato di benessere delle persone perché prendono in considerazione le loro
patologie piuttosto che la loro salute. L'Organizzazione Mondiale della Sanità
(WHO, 1948) definisce la salute come "uno stato di completo benessere fisico,
mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia o infermità "(Soresi
2007, p.207). Vi è il passaggio dal modello biomedico a quello biopsicosociale
dal quale emerge una visione generale dell'attività umana che include
dimensioni biologiche, psicologiche e sociali; il benessere o malessere
dell'individuo risiede non solo nell'organismo biologico ma anche nella qualità
delle sue relazioni con l'ambiente e nella capacità di affrontare e risolvere i
problemi in modo soddisfacente e flessibile all'interno del proprio contesto
(Pietrantoni, 200l). Se le precedenti definizioni ponevano l'accento sulla salute
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propriamente fisica, ora per salute si vuole indicare tutta la sfera dell'individuo,
che viene considerato come entità composta di corpo e mente strettamente
integrati fra loro. Da tale definizione si comprende come il vero concetto che
l'OMS vuole esprimere sia quello di Qualità di Vita che va intesa come una
stima particolarmente appropriata dello stato di benessere e salute delle persone,
stati che non possono essere raggiunti una volta per tutte, né analizzati in termini
dicotomici di presenza o assenza, ma valutati lungo un continuum sul quale ad
un estremo si colloca lo stato di patologia e malessere e nell' altro quello di
benessere. La maggioranza delle persone si situa tra questi due estremi perché il
loro livello di benessere potrebbe essere sempre incrementabile e mai raggiunto
in modo definitivo. La percezione del raggiungimento di una buona Qualità di
Vita è soggettiva e individuale, dipende dalle aspettative di ciascuna persona e
dal suo stato clinico di partenza (disabilità, costrizione all'immobilità, ritardo
mentale). L'essenza di tale costrutto fa riferimento in modo rilevante alle
persone che vivono ai margini della società e a come sia possibile prod urre
cambiamenti a livello individuale e sociale per migliorare il benessere degli
individui e ridurne l'esclusione nel corso dell'esistenza.
Definizioni, Modelli e Domini
Il termine Qualità di Vita viene utilizzato sia nel linguaggio comune sia in
quello delle scienze sociali riferendosi agli aspetti economici, sociali, culturali,
relazionali che contribuiscono a migliorare le condizioni di vita di una persona.
È un termine che fa pensare a standard ottimali associati a caratteristiche umane
e valori positivi come felicità, successo, benessere, salute e realizzazione che
hanno
a
che
fare
con
gli
aspetti essenziali
dell'esistenza
umana
(Lindstrom,1992).
Emerson (1985) sottolinea il legame fra la percezione individuale delle proprie
condizioni oggettive e i bisogni, i valori e le aspettative della persona.
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La Qualità di Vita viene riferita al grado di autonomia, di realizzazione
personale e di integrazione sociale di una persona; un suo miglioramento è
considerata la misura fondamentale dell'efficacia dei programmi di riabilitazione
e sviluppo e come indicatore del grado di adattamento delle persone al loro
ambiente di vita (Schalock et al., 1989).
Tra le dimensioni considerate più frequentemente, parlando di tale costrutto,
emergono il benessere psicologico e la soddisfazione personale, le relazioni
sociali sperimentate, l'occupazione, il benessere fisico e materiale, l'
autodeterminazione e l'autonomia, la competenza personale e l'adattamento
comunitario, l'integrazione comunitaria, l'accettazione sociale e lo status, la
realizzazione personale, la qualità dell' ambiente residenziale, il tempo libero, la
normalizzazione, gli aspetti demografici, sociali e individuali, la responsabilità e
il supporto ricevuto dai servizi (Hughes et al., 1995). La combinazione di tutti
questi fattori e dimensioni ha dato vita a numerosi modelli di Qualità di Vita che
risultano applicabili anche alle situazioni che sperimentano le persone con
disabilità.
Schalock, (1991) propone un modello multidimensionale nel quale viene
attribuita particolare rilevanza a tre aspetti, quali le caratteristiche personali, le
condizioni oggettive di vita e la percezione che gli altri hanno riguardo le
persone con disabilità. In tale modello vengono inglobati sia aspetti del
macrosistema, quali tendenze e fattori culturali e aspetti del microsistema che si
riferiscono all'individuo e alla sua famiglia, alla tipologia e alla qualità dei
programmi riabilitativi sperimentati. Secondo l'Autore i fattori più rilevanti che
determinano la Qualità di Vita e che costituiscono la struttura del Quality of Life
Questionnaire (Schalock et al., 1990) sono l'indipendenza, intesa come la
possibilità di esercitare un controllo sul proprio ambiente ed effettuare delle
scelte; la produttività, relativa alla possibilità di ottenere risultati positivi dal
lavoro, l'integrazione comunitaria relativa alla partecipazione della persona ad
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attività solitamente svolte da soggetti non disabili e la soddisfazione dei propri
bisogni.
Brown et al,. (1989) suggeriscono di considerare la Qualità di Vita sia a livello
macro, analizzando il clima economico, politico e gli atteggiamenti verso le
persone disabili caratterizzanti una comunità, che a livello micro prendendo in
considerazione elementi come la sicurezza del vicinato, il posto di lavoro, le
attività di tempo libero e i servizi. Prevede inoltre aspetti oggettivi e soggettivi:
tra i primi sono compresi il reddito, le caratteristiche dell'ambiente, la salute, i
repertori di abilità e la possibilità di incrementarle; tra i fattori soggettivi
emergono la soddisfazione della propria vita, il benessere psicologico e la
percezione delle proprie abilità e dei propri bisogni. La Qualità di Vita secondo
questo modello è determinata dalla quantità di discrepanza tra i desideri e i
bisogni appagati e non appagati e dal controllo che la persona riesce ad
esercitare sul proprio ambiente.
Felce e Perry (1995) ritengono che la qualità di Vita di una persona dipende
dalle condizioni oggettive di vita di un soggetto, dal grado di soddisfazione per
le proprie condizioni e dalla possibilità di rendere concrete aspirazioni, valori ed
aspettative. Il tutto è compreso all'interno di una cornice più ampia caratterizzata
dalle influenze esterne (storiche, culturali) che interagiscono con le altre
dimensioni citate.
Schalock (2000) individua otto domini della Qualità di Vita che accomunano i
modelli, quali benessere emozionale, relazioni interpersonali, benessere
materiale, sviluppo personale, benessere fisico, autodeterminazione, inclusione
sociale e diritti. Tali domini possono essere analizzati da una molteplicità di
indicatori come percezioni o comportamenti che riflettono la Qualità di Vita
reale o percepita. Tale modello, definito ecologico, è sensibile ai fattori che
influenzano la vita a vari livelli di prossimità alla persona. E' necessario quindi
considerare in una visione integrata i sistemi complessi che influenzano lo
20
sviluppo di convinzioni, comportamenti e atteggiamenti. Tale presupposto
deriva dal modello di Bronfenbrenner (1979) che propone una prospettiva
ecologica nel descrivere i differenti contesti del comportamento umano.
Secondo l'Autore i livelli che influiscono sulla Qualità di Vita di ogni persona
sono il microsistema che include l'ambiente sociale ristretto (la famiglia, la casa,
i coetanei, l'ambiente lavorativo) quello che incide direttamente sul soggetto; il
mesosistema che comprende il vicinato, la comunità, i servizi e le
organizzazioni le quali incidono sul funzionamento del microsistema; il
macrosistema che include gli schemi sovrastrutturali di cultura, tendenze sociopolitiche, sistemi economici e fattori connessi alla società che influenzano i
valori.
Il modello ecologico che prende in esame microsistema, macrosistema e
mesosistema permette di concentrarsi sui bisogni delle persone nei loro ambienti
di vita e di sviluppare strategie di sostegno più efficienti (Schalock e Alonso,
2002).
Qualità di Vita e Disabilità Intellettiva
Nell'ambito della salute mentale il costrutto di Qualità di Vita è associato ad
approcci che cercano di migliorare lo sviluppo personale e le condizioni di vita
delle
persone
con
problematiche
psicologiche.
E'
stata
studiata
approfonditamente la tematica della Qualità di Vita per le persone con disturbi
mentali cronici dimessi dagli ospedali psichiatrici, ricerche che hanno
sottolineato l'impatto dei diversi tipi di variabili ambientali e personali sulla vita
delle persone, sostenendo che più informale è l'ambiente di vita, più elevata è
l'autonomia, il benessere soggettivo e la soddisfazione percepita dal paziente
(Oliver et al.. 1992, 1996). L'obiettivo principale di tali ricerche è quello di
valutare gli effetti della deistituzionalizzazione sul comportamento quotidiano,
analizzando se le persone con disturbi mentali dimessi da istituti o ospedali
21
psichiatrici riescano a raggiungere normali condizioni di vita e una totale
integrazione nella comunità (Jones et al., 1986; Lamb, 1993).
La cura della salute mentale che avviene in ambito comunitario riesce
maggiormente e a lungo termine a promuovere la Qualità di Vita in confronto al
trattamento ospedaliero e i fattori che la influenzano riguardano principalmente
la qualità del sostegno sociale più che le caratteristiche legate ai trattamenti
(Roessler et al., 1999).
Abilità sociali e integranti
Le abilità sociali si differenziano dalla competenza sociale in quanto le prime si
riferiscono a "comportamenti specifici che un individuo pone in essere per
eseguire con successo compiti sociali" (iniziare una conversazione, fare un
complimento), la competenza sociale riguarda il "giudizio sociale che figure
importanti dell'ambiente del soggetto (genitori, insegnanti, riabilitatori)
possono esprimere riguardo alle prestazioni che la persona ha attivato in un
determinato contesto" (Soresi, 2007, p.182).
In letteratura vi sono numerosi studi che evidenziano il fatto che durante l'arco
dello sviluppo e nell'età adulta le persone con disabilità intellettiva manifestano
scarse o inadeguate interazioni sociali con gli altri e i bambini con difficoltà
cognitive, in confronto ad altri bambini, avviano un numero inferiore di contatti
e partecipano di meno ad attività di gruppo (Guralnick e Groom 1987; Kopp et
al., 1992). Scarsamente presenti sono anche le abilità sociali che facilitano neIl
'età adulta l'inserimento lavorativo e le abilità non centrate sul compito come
scherzare con i colleghi, chiedere informazioni sui familiari, qualità importanti
per la formazione di amicizie, la creazione di reti di supporto sociale e
l'incremento della soddisfazione nel lavoro (Soresi et al., 2003).
L'analisi delle abilità sociali permette di effettuare diagnosi differenziali anche
in presenza di adulti con storie di istituzionalizzazione (Soresi e Nota 2001c;
Marchesini e Nota 2001).
22
Le abilità integranti consentono di attivare relazioni significative con i diversi
ambienti di vita, permettendo agli individui con problemi mentali di acquisire i
mezzi per usufruire dei servizi offerti dalla comunità. Per stilare una tassonomia
delle abilità da promuovere è indispensabile effettuare una valutazione delle
richieste che i vari eco-sistemi pongono alla persona con disabilità intellettiva in
termini di comportamento adattivo (Ianes, 1984a); è necessario rendersi conto di
cosa l'individuo ha bisogno per interagire in modo produttivo con il proprio
ambiente. Tra le abilità integranti più rilevanti possiamo menzionare la
protezione personale, la gestione del denaro, la gestione di relazioni ed
emergenze, la gestione del tempo, la mobilità e vita in comunità, le attività
domestiche e la cura nell'ambiente di vita (Meazzini, 2006).
1.6.2 Sostegno sociale, integrazione nella comunità e inserimento lavorativo
L'integrazione sociale delle persone diversamente abili non può in alcun modo
prescindere dal contesto familiare. La condizione di disabilità fra i giovani
comporta una loro permanenza nel nucleo d'origine che rimane il punto di
riferimento fondamentale in queste persone. L'azione dei genitori e di persone
vicine al contesto familiare è fondamentale nell'assicurare uno sviluppo
cognitivo ed armonico della persona diversamente abile.
Dayson et al.,(1992) indicano nella mancanza di sostegno sociale un importante
fattore di rischio che può condurre all' ospedalizzazione ricorrente di persone
con gravi disturbi mentali che necessitano di sostegni intensi e a lungo termine
nell'ambito della comunità e di cure continuative sul piano sociale e clinico
(Lamb,1993).
Se sono carenti i sostegni sociali naturali è necessario fare affidamento su un
servizio di supporto individualizzato e strutturato in grado di integrare i diversi
bisogni in aree differenti come i trattamenti medici, il trattamento psicosociale e
l'occupazione lavorativa (Curtis et al., 1992; Ford et al., 1992; Wright et al.,
1989).
23
Le esperienze che sono emerse dalla promozione di progetti abitativi protetti
comprendono l'uso di abitazioni o alloggi integrati, flessibilità nel fornire i
servizi e possibilità di scelta per l'utente (Carling, 1993). E' fondamentale tenere
presente la prospettiva del paziente nella programmazione della riabilitazione
della salute mentale e nei processi decisionali; la percezione della loro Qualità di
Vita, dell'assistenza e dei sostegni sociali che ricevono potrebbero avere un
effetto centrale sull' adattamento e reinserimento.
Emerson e Hatton, (1996) sostengono che i servizi residenziali nella comunità
sono solitamente correlati a un aumento della partecipazione dei soggetti alle
attività quotidiane, al potenziamento del comportamento adattivo, a maggiori
opportunità di scelta e ad un livello maggiore di accettazione da parte della
società, aspetto quest'ultimo da non sottovalutare poiché vi sono ancora
molteplici pregiudizi e visioni distorte della comunità verso le persone
diversamente abili, e raggiungere un livello di accettazione sempre maggiore è
uno degli obiettivi più rilevanti per evitare di etichettare queste persone. Il
processo di trasferimento delle persone dagli istituti alle comunità residenziali
richiede una programmazione individualizzata se finalizzata al raggiungimento
di cambiamenti di vita significativi. E' necessario fornire le opportunità di
apprendimento in condizioni nuove in modo tale che la persona possa divenire
più competente e più indipendente all'interno di un gruppo sociale più ampio
anche se i comportamenti provocatori potrebbero aumentare a causa di un minor
controllo ambientale (Mansell, 1994).
Le soluzioni adottate per l'inserimento lavorativo della persona con handicap
mentale hanno dato luogo ad esiti molti diversificati tra loro. L'inserimento tout
court spesso finisce per trasformarsi in un'alternativa assistenziale e per
sottoporre la persona ad una frustrazione ulteriore. Collocata in una posizione di
lavoro che non è in grado di eseguire, la persona con handicap finisce per non
riuscire ad effettuare il lavoro adeguatamente e sviluppare una percezione di
auto-svalutazione. Gli impieghi lavorativi dovrebbero essere adeguati al
24
soggetto fornendo mansioni congrue alle possibilità effettive della persona in
modo da aumentare il senso di auto-efficacia. MacCraughrin et al. (1993) hanno
confrontato l'impiego supportato da sostegni e l'impiego protetto concludendo
che la prima tipologia occupazionale comporta nel lungo termine un rapporto
costo-efficacia migliore rispetto all'altro per soggetti con ritardo lieve, moderato
e grave.
Wehmeyer (1994), suggerisce che la percezione del locus of control correla con
lo status professionale, le persone con disabilità cognitive mostrano nell'impiego
competitivo un livello più alto di controllo interno rispetto ad altri soggetti non
occupati o con occupazione protetta.
Sinott-Osvald et al. (1991), hanno trovato che le persone con ritardo mentale
impegnate in un lavoro coadiuvato da sostegni presentano un livello di Qualità
di Vita più alto riguardo il controllo ambientale, la partecipazione alla comunità
e la percezione del cambiamento personale rispetto alle persone occupate in
lavori protetti. Lo studio svolto da EggeIton et al. (1999) indica che la Qualità di
Vita di persone occupate in lavori integrati è migliore rispetto a quella dei
disoccupati e non sono state rilevate differenze significative rispetto alla
percezione della Qualità di Vita tra persone con un impiego protetto e persone
prive di occupazione.
Una delle strategie più efficienti per raggiungere un’integrazione effettiva della
persona nel suo ambiente di lavoro è la promozione di sostegni naturali (Nisbet,
1992), supporti ricevuti dalle persone sul loro posto di lavoro, ausili con una
valenza ecologica in grado di produrre risposte altamente produttive in ambito
occupazionale. L'effettiva integrazione e la soddisfacente esperienza lavorativa
delle persone con menomazioni rappresentano l'indicatore più oggettivo del fatto
che i soggetti in questione stanno conducendo una vita di qualità grazie anche
alle terapie abilitative e riabilitative e ai supporti socio sanitari erogati.
Altre aree rilevanti nel campo della Qualità di Vita
25
Altre aree rilevanti della Qualità di Vita riguardano l'autodeterminazione, il
benessere soggettivo e l'autoefficacia (Schalock e Alonso 2002).
I temi che le accomunano sono la prospettiva centrata sulla persona, il
potenziale positivo dei soggetti, la necessità di concentrarsi sulla competenza
personale e il benessere psicologico nell' arco dell'esistenza.
Il costrutto di autodeterminazione è estremamente importante nelle persone con
disabilità poiché avere la possibilità di agire in modo indipendente, prendere
decisioni e fare scelte senza influenze esterne rende queste persone autonome e
permette loro di gestire la propria vita incrementando l'autoefficacia e il
controllo personale. I principi basilari dell'autodeterminazione comprendono la
libertà, intesa come la capacità personale di programmare, scegliere e valutare
tutti i sostegni desiderati; l'autorità che si riferisce alla capacità di controllare le
risorse disponibili e partecipare alle decisioni relative alle cure sanitarie e la
responsabilità che riguarda la compliance ai programmi di trattamento e
promuovere uno stile di vita salutare. Jones et al. (1986) hanno studiato
l'autodeterminazione in pazienti psichiatrici cronici integrati nella comunità, in
particolare l'autonomia, l'indipendenza, il prender decisioni e l'intimità. I risultati
mostrano che i pazienti che vivono nella società provano una maggiore
soddisfazione riguardo tali aspetti, anche se emerge che la cura della salute,
l'igiene personale e i bisogni basilari risultano meno problematici in pazienti
ospedalizzati.
La teoria dell'autodeterminazione (Ryan e Deci, 2000) ha avuto un ruolo
fondamentale sulla ricerca nell'ambito delle condizioni socio-contestuali che
possono favorire il processo verso uno sviluppo psicologico sano. Secondo gli
Autori, competenza, autonomia e legame sono i tre bisogni psicologici innati
che provocano effetti positivi sulla motivazione personale e sulla salute mentale
della persona. Qualsiasi progetto di riabilitazione e integrazione dovrebbe
tendere all'incremento dell'autodeterminazione anche in persone disabili con
26
conclamate difficoltà di tipo cognitivo ponendoli al centro degli interventi e
apportando modifiche ambientali in modo da stimolarle e mantenere
soddisfacenti livelli di autonomia. Gli ambienti familiari o quelli nei quali si
realizzano programmi di abilitazione, riabilitazione o integrazione favoriscono il
comportamento adattivo quando risultano privi di barriere e facilmente
accessibili, consentono movimenti e spostamenti, sono ambienti protesici
prevedendo supporti in grado di ridurre le capacità invalidanti delle
menomazioni (Robertson et al. 2001).
Gli operatori, i care-givers e il personale socio sanitario dovrebbero offrire
opportunità alle persone, di cui si occupano, di agire attivamente stimolando
scelte e incrementando le probabilità di successo, rinforzare anche i minimi
traguardi e ridurre l'iperprotezione e interventi assistenziali non necessari.
Un costrutto affine a quello di autodetenninazione è il concetto di empowerment,
che fa riferimento alla possibilità da parte delle persone più svantaggiate di
emanciparsi da una condizione caratterizzata da limitate opportunità. Attivare
interventi di empowering significa non curare qualcosa che è vista come
malattia, ma attivare risorse e competenze, accrescere nei soggetti la capacità di
utilizzare le loro qualità positive e quanto il contesto offre a livello materiale per
agire sulle situazioni e per modificarle. Il processo di empowerment dipende
dalle risorse oggettivamente disponibili materiali e non da fattori di natura
psicologica (valutare quanto una determinata situazione può essere utilizzata
come risorsa, fare progetti relativi a se stessi). La persona deve evolversi da una
condizione helpless (di impotenza) conquistando una condizione caratterizzata
da hopefullness (fiducia in sé). Il sistema di valori della persona empowered
comprende positività, fiducia nelle proprie capacità e nel supporto che potrà
trovare in caso di difficoltà e autoefficacia intesa come il sentimento di poter
raggiungere i propri obiettivi (Amerio, 2000).
27
Il benessere soggettivo si riferisce alla valutazione delle persone rispetto alla
loro vita e include valutazioni di tipo affettivo e cognitivo.
Diener (2000) ha identificato gli elementi costitutivi di tale costrutto,
indipendenti tra loro, quali la soddisfazione per la vita, soddisfazione per ambiti
importanti tra i quali il lavoro, le emozioni positive e bassi livelli di emozioni
negative.
Myers et al., (1996) hanno svolto un elevato numero di ricerche riguardanti i
predittori del benessere soggettivo che includono una combinazione di
caratteristiche personali e fattori socioculturali come l'appartenenza e il sostegno
sociale.
Le ricerche svolte dagli Autori sottolineano sostanzialmente due fattori: la
felicità e la soddisfazione. Anche se i due concetti sono correlati è fondamentale
precisare che la felicità rappresenta solo una componente della soddisfazione e
riflette i vissuti positivi e negativi legati alle emozioni e ai toni d'umore. La
soddisfazione rappresenta invece il giudizio complessivo della vita di ciascuno e
comprende domini come la situazione lavorativa o le condizioni di salute.
Il concetto di motivazione alla padronanza o efficacia suggerisce che ognuno ha
un intrinseco bisogno di sentirsi competente, associato al rinforzo, alla
padronanza nei confronti dell'ambiente.
Bandura (1997) ha per primo individuato il tema dell'autoefficacia, intesa come
la convinzione delle proprie capacità di realizzare le azioni necessarie per gestire
adeguatamente le situazioni in modo da raggiungere gli obiettivi prefissati. Si
struttura in alcune dimensioni, quali l'ampiezza che riguarda il numero di
compiti che il soggetto stima di poter gestire in situazioni problematiche, la
forza che riguarda la resistenza a critiche e la generalità intesa come estensibilità
o meno delle aspettative di efficacia ad altri contesti. L'Autore ritiene che
l'essere umano possieda le capacità per modificare gli impatti relativi a
situazioni negative, attraverso meccanismi di autoregolazione che si basano sulla
28
fiducia del soggetto di possedere capacità di pensiero e di azione e sull'equilibrio
psico-fisico. Tali cognizioni consentono al soggetto di sviluppare pensieri
positivi che alimentano la fiducia di poter attuare con successo il
comportamento necessario a realizzare i risultati voluti.
1.8 La valutazione della Qualità di Vita
Murrel e Norris (1983) sostengono che l'analisi da effettuare per una buona
indicazione della Qualità di Vita deve essere di tipo ecologico, corrispondere
cioè alle caratteristiche dell'ambiente di vita del soggetto comprendendo tutto
ciò che egli ritiene necessario per ricevere benessere, avere la possibilità di
intrecciare relazioni interpersonali, partecipare attivamente alla vita quotidiana
all'interno della comunità. La valutazione del costrutto è complessa e
multidimensionale e necessita di rilevare gli aspetti oggettivi, soggettivi,
personali e contestuali.
Felce et al., (1995) sottolineano il ruolo che, nell'autovalutazione della Qualità di
Vita, assumono la componente emotiva e i valori personali e che cambiamenti
nelle condizioni di vita possono modificare il grado di soddisfazione e i valori
delle persone.
La Qualità di Vita delle persone è sottoposta ad un controllo omeostatico
determinato da fattori di personalità e da fattori cognitivi (perc ezione di
controllo,
autostima,
ottimismo)
che
contribuiscono
a
mantenere
la
soddisfazione sperimentata entro determinati livelli prevalentemente positivi.
Tra gli strumenti di auto ed etero-valutazione che possono essere utilizzati anche
con persone che presentano difficoltà e livelli di gravità diversi possiamo
menzionare la Scala di valutazione della Qualità della Vita per adulti con ritardo
mentale (Nota, Soresi e Perry, 2006) che raccoglie le etero-valutazioni di
operatori sociosanitari riguardo alla qualità di vita delle persone che beneficiano
degli interventi dei servizi in cui sono professionalmente inseriti. I fattori
individuati riguardano la soddisfazione per la qualità del servizio ricevuto, la
29
possibilità di beneficiare di occasioni di integrazione sociale, la soddisfazione
per le caratteristiche dell'ambiente.
La check list, l’insieme degli indicatori oggettivi della Qualità della Vita (Soresi
e Nota, 2006b), è uno strumento utile per effettuare un'analisi complessiva della
Qualità di Vita delle persone disabili e per precisare i cambiamenti ambientali
che dovrebbero essere effettuati.
La Lifestyle Satisfaction Scale (Heal e Chasey-Rusch, 1985) è strutturata in 29
item che analizzano il livello di soddisfazione per il proprio domicilio, per le
attività di tempo libero e per i servizi disponibili.
Il Quality of Life Questionnaire (Schalock et al., 1990) utilizza una scala di
valutazione a tre livelli per definire il grado di benessere, soddisfazione e
caratteristiche negative come sentimenti di solitudine o sensazioni di
inadeguatezza. Il questionario ‘ La soddisfazione degli operatori (Soresi e Nota
2006b)’ analizza la Qualità di Vita degli operatori considerando la loro
gratificazione riguardo l'autodeterminazione avvertita nel corso dell'att ività
professionale, la qualità del proprio ambiente lavorativo, le relazioni con i
colleghi, la qualità della propria vita e la propria realizzazione.
Conclusioni
Una struttura riabilitativa cerca di assicurare il raggiungimento della massima
autonomia e indipendenza possibili della persona diversamente abile, un'elevata
integrazione nei diversi sotto sistemi ecologici come il sistema sociale e
lavorativo al fine di ottenere la massima Qualità di Vita. Ognuna di queste
finalità richiede il raggiungimento di un numero molto elevato di obiettivi
cognitivi, sociali e lavorativi che cambiano a seconda dell'età della persona,
della tipologia e gravità della menomazione. Le dimensioni sulle quali si può
lavorare per ottenere risultati ottimali sono la qualità tecnica, che si riferisce al
risultato dei processi riabilitativi, la qualità relazionale che comprende i
comportamenti, gli stili relazionali e gli atteggiamenti che caratterizzano la
30
struttura, in particolare gli specialisti e operatori della riabilitazione, la qualità
ambientale che include gli aspetti contestuali, la qualità organizzativa che
concerne un insieme di regole che consentono l' erogazione di servizi di elevata
qualità e la qualità economica (Meazzini, 2006).
La presenza di una mentalità abilitativa o riabilitativa in opposizione a quella
esclusivamente assistenziale è possibile se gli ambienti in cui viene praticata la
riabilitazione sono stati scelti in seguito ad una scrupolosa valutazione della loro
effettiva rispondenza nei confronti delle esigenze della persona e se la quantità e
la qualità di training che vengono realizzati puntano sul tipo di abilità che si
considera importante per il reinserimento della persona nel suo ambiente
naturale di vita (Nota e Soresi, 1997).
Un' attenzione particolare andrebbe riservata a coloro che vivono a contatto con
le persone disabili come la famiglia, i care-givers, gli operatori che
necessiterebbero di supporti e formazione specifiche affinché diventino
maggiormente autonomi nell'affrontare le difficoltà che quotidianamente
possono incontrare nella gestione della disabilità dei propri figli, amici, coniugi
ecc .. , divenire più abili del decision making e nel problem solving. Per quanto
riguarda la Qualità di Vita degli operatori è necessario il possesso di un'adeguata
e specifica formazione e il costante monitoraggio della qualità degli interventi
che realizzano affinché continuino a nutrire elevati livelli di efficacia e
soddisfazione verso il proprio operato.
CAPITOLO II
DISABILITÀ
INTELLETTIVA
E
SISTEMI
DI SOSTEGNO
IN
RIFERIMENTO ALLA QUALITÀ DI VITA
2.1 Definizione di Ritardo Mentale e Modello Teorico Multidimensionale
L' American Association on Mental Retardation nel 2002 (AAMR, 2002)
definisce il ritardo mentale come "una disabilità caratterizzata da limitazioni
31
significative sia del funzionamento intellettivo che del comportamento adattivo
che si manifestano nelle abilità adattive concettuali, sociali e pratiche. Tale
disabilità insorge prima dei 18 anni" (AAMR, 2002, p.30).
Per chiarire questa definizione vi sono cinque assunti.
"Le limitazioni del funzionamento devono essere considerate all 'interno del
contesto degli ambienti comunitari tipici per età e cultura del soggetto ", non in
ambienti isolati come le istituzioni dove le persone vengono separate in base alle
abilità possedute.
"Una valutazione efficace deve considerare sia le diversità culturali e
linguistiche, sia le differenze nella comunicazione e nei fattori sensoriali, motori
o comportamentali ", la cultura dell 'individuo o la sua etnia, la lingua parlata, la
comunicazione non verbale e i costumi potrebbero influenzare i risultati della
valutazione.
"In una stessa persona le limitazioni spesso coesistono con i punti di forza ", le
persone possono avere capacità e risorse che sono indipendenti dal loro ritardo
mentale.
"Un obiettivo fondamentale nella descrizione delle limitazioni è quello di
sviluppare un profilo dei sostegni necessari ", supporti di cui necessita la
persona per migliorare il proprio funzionamento.
"Con un adeguato sistema individualizzato di sostegni, forniti per un certo
periodo di tempo, il funzionamento della persona con ritardo mentale tende a
migliorare ", una mancanza di miglioramento nel funzionamento può servire
come base per riesaminare il profilo dei sostegni necessari (AAMR, 2002,
pp.30-31).
La definizione di Ritardo Mentale si fonda su un modello teorico
multidimensionale composto da cinque dimensioni quali capacità intellettive,
comportamento adattivo, partecipazione, interazioni e ruoli sociali, salute e
32
contesto (AAMR, 2002) e mantiene una prospettiva ecologica sugli elementi
basilari quali la persona, gli ambienti e i sostegni volti alla comprensione della
condizione di ritardo mentale e di funzionamento individuale. L'approccio
multidimensionale viene schematizzato nel modo seguente.
Figura 2.1 Modello Teorico per la Definizione di Ritardo Mentale (AAMR,
2002 p.32). Esso implica che la disabilità di una persona debba essere
considerata nel contesto dei fattori personali e ambientali e del bisogno di
sostegno individualizzato, valutata nel quadro della vita comunitaria del
soggetto, non rilevata in forma isolata.
Come si può notare dalla figura ciascuna delle influenze multidimensionali
esercitate sul funzionamento individuale è mediata attraverso i sostegni
disponibili. L'intelligenza viene definita come" una facoltà mentale generale che
comprende il ragionamento, la programmazione, il problem solving, il pensiero
astratto, la comprensione di idee complesse, l'apprendere rapidamente e
l'apprendere dall'esperienza" (AAMR, 2002, p.66; Gottfredson, 1997). La
valutazione del funzionamento intellettivo che dovrebbe essere misurato
attraverso test psicologici standardizzati somministrati individualmente da
33
professionisti è fondamentale per una diagnosi di ritardo mentale, poiché tutte le
definizioni
fanno
riferimento
ad
un
funzionamento
intellettivo
significativamente inferiore alla media che può richiedere una valutazione
interdisciplinare.
Nel sistema AAMR 2002, il criterio di funzionamento intellettivo è di circa due
deviazioni standard sotto la media, considerando l'errore standard di misurazione
per gli specifici strumenti utilizzati e i punti di forza e le limitazioni degli
strumenti stessi. Tale valutazione dovrebbe essere integrata a quella del
funzionamento adattivo per assicurare una migliore e più precisa diagnosi.
"Il comportamento adattivo è l'insieme della abilità concettuali, sociali e pratiche
che sono state apprese dalle persone per il funzionamento nella loro vita
quotidiana" (AAMR, 2002, p.l 03).
La seguente tabella riporta le abilità rappresentative per ciascuna delle tre aree di
comportamento adattivo.
Aree
di
abilità
adattivo
comportamento
Concettuali
Sociali
di
Abilità
rappresentative
per
ciacuna
area
- Linguaggio
-Lettura e scrittura
-Concetto di denaro
-Autonomia decisionale
-Salute e sicurezza
-Abilità interpersonali
- Responsabilità
-Autostima
- Raggirabilità
- Inesperienza
-Capacità di seguire le regole
-Rispetto delle leggi
34
Pratiche
-Evitare la vittimizzazione
-Attività di vita quotidiana
-Attività strumentali di vita
-Abilità lavorative
quotidiana
-Mantenimento della sicurezza
ambientale
Tabella 2.1 Abilità rappresentative per le aree di comportamento adattivo
(AAMR, 2002, p.112)
Le cause delle limitazione nelle abilità adattive comprendono la mancata
conoscenza di come compiere le abilità (deficit di acquisizione), la mancata
conoscenza di quando usarle (deficit di performance) e altri fattori motivazionali
che possono influenzarne l'espressione (deficit di performance). Quando una
persona possiede una limitata capacità intellettiva sia il deficit di acquisizione
che quello di performance possono essere attribuiti al ritardo mentale.
Per la formulazione della diagnosi "le
limitazioni significative
nel
comportamento adattivo devono essere stabilite attraverso l'uso di misure
standardizzate sulla popolazione generale che comprende persone con o senza
disabilità e definite operazionalmente come una performance che si trova
almeno due deviazioni standard sotto la media di uno dei comportamenti adattivi
(concettuale, sociale o pratico) o di un punteggio complessivo in una misura
standardizzata di abilità concettuali, sociali o pratiche (AAMR, 2002, p. l06).
I soggetti con Ritardo Mentale giungono talvolta all'osservazione più per le
compromissioni del funzionamento adattivo, che per il quoziente intellettivo
basso. Il funzionamento adattivo permette alle persona di far fronte alle esigenze
della vita e di adeguarsi agli standard di autonomia personale previsti per l'età, il
retroterra socioculturale e contesto ambientale; può essere influenzato da vari
fattori che includono l'istruzione, la motivazione, le caratteristiche di personalità,
le prospettive sociali e professionali, i disturbi mentali e le condizioni mediche
generali. L'adattamento comportamentale si riferisce alla capacità di conformarsi
35
alle norme sociali e alle aspettative presenti nei diversi contesti e, affinché tutto
ciò sia possibile, è necessario che la persona mantenga relazioni sociali efficaci.
L'adattamento sociale si riferisce alle abilità dell'individuo di sviluppare reti di
supporto, di amicizia che concorrono ad aumentare la Qualità di Vita di queste
persone e ad una gestione più agevole di situazioni difficili. Alcune delle abilità
e delle competenze che sottostanno all'adattamento sociale sono la condivisione,
la reciprocità, l'assistenza, la cooperazione, il rispetto dei diritti altrui e la
capacità di far rispettare i propri.
L'adattamento personale si riferisce alle abilità necessarie per riconoscere un
proprio ruolo all'interno della comunità e per condurre una vita indipendente,
pianificando e programmando la propria quotidianità.
Queste diverse capacità di adattamento sono richieste in differenti ambiti e
richiedono abilità e competenze svariate. Tutto ciò richiede alla persona la
capacità di cogliere le differenze contestuali (capacità discriminativa) e doti di
flessibilità cognitiva e comportamentale in quanto il successo che si può ottenere
in un ambiente non determina necessariamente il successo in un altro.
Gli ambienti sono specifici setting dove una persona vive, lavora e socializza e
favoriscono la crescita, lo sviluppo e il benessere della persona. Per i soggetti
con disabilità intellettiva il contesto è costituito da setting tipici per individui
della loro età e risultano conformi alla diversità culturale e linguistica.
All'interno della comunità la persona con ritardo mentale può sperimentare un
certo grado di partecipazione che si riferisce ad un livello di coinvolgimento del
soggetto nelle situazioni di vita quotidiana e inclusione necessaria per acquistare
un proprio status all'interno della società.
I ruoli sociali si riferiscono ad una serie di attività riconosciute socialmente che
possono essere considerate normative per uno specifico gruppo di età come il
setting lavorativo e lo stato di salute. Partecipazioni, interazioni e ruoli sociali
36
sono influenzati in modo rilevante dalle opportunità che si presentano o che
vengono concesse alle persone.
La salute è una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale. Per
la maggior parte delle persone con ritardo mentale le patologie sono simili a
quelle della popolazione generale (AAMR, 2002, p.201).
Contrarre una malattia infettiva dipende dall'esposizione e dalle condizioni del
sistema immunitario generale, un problema di salute è la causa più probabile di
un'alterazione dei comportamenti usuali e attesi nella routine comportamentale.
Per le persone che non sono in grado di comunicare in modo attendibile i propri
disturbi devono essere effettuati esami medici con regolarità in modo da tenere
sotto stretto controllo le varie patologie che possono essere concomitanti al
ritardo mentale, quali malattie cardiovascolari, respiratorie, disturbi convulsivi,
epilessia, diabete e obesità. I disturbi a carattere psichiatrico hanno una
prevalenza maggiore in persone con ritardo mentale rispetto alla popolazione
generale, tra i quali l'ansia, le psicosi, le depressioni, disturbi della personalità,
abuso di sostanze e demenza. In passato si osservava una tendenza ad attribuire
tutti i cambiamenti dell'umore e del comportamento alla diagnosi di ritardo
mentale, fenomeno definito oscuramento diagnostico (Reiss e Szyszko, 1983)
che priva la persona della possibilità di avere accesso ai trattamenti e di
conseguire un buon livello di funzionamento. Al contrario può accadere che vi
sia una sotto-stima delle menomazioni intellettive tra le persone con
depressione, psicosi o disturbi d'ansia. È necessario che i clinici e le équipe che
hanno in carico questi soggetti prestino attenzione a entrambi gli errori.
Per le persone con disabilità intellettiva gli effetti della salute fisica e mentale
sul funzionamento variano su un continuum, da molto facilitanti a molto
limitanti. Alcuni godono di buona salute e non presentano limitazioni
significative delle attività, il che permette loro di partecipare pienamente a ruoli
sociali, quali lavoro, attività ricreative e svago, altre persone sono caratterizzate
37
da una varietà di compromissioni importanti della salute come epilessia o
paralisi cerebrale che danneggiano notevolmente il funzionamento corporeo in
aree come la mobilità o la nutrizione cose che limitano gravemente le attività
personali e la partecipazione sociale. Per quanto riguarda l' eziologia viene
utilizzato un approccio multifattoriale composto da quattro categorie di fattori di
rischio: biomedico che comprende i fattori che si collegano a processi biologici
come patologie genetiche; sociale che si riferisce alle interazioni sociali o
familiari; comportamentale riguardante atteggiamenti che potrebbero avere un
ruolo causale come azioni pericolose ed educativo che comprende la
disponibilità di sostegni formativi che favoriscano lo sviluppo cognitivo e le
abilità adattive. Prendendo in considerazione il periodo di insorgenza, i fattori di
rischio possono instaurarsi a livello prenatale, perinatale e postnatale. Nella
seguente tabella sono riportati i fattori di rischio per il ritardo mentale tenendo in
considerazione sia le categorie che il periodo d'insorgenza.
INSERIRE TABELLA PAG. 31.32
Tabella 2.2 Fattori di rischio per il Ritardo Mentale (AAMR, 2002, p.l57)
Possono essere individuate tre tipologie di prevenzione. La prevenzione primaria
riguarda la prevenzione degli aspetti che possono causare il ritardo mentale, la
prevenzione secondaria si riferisce ad azioni volte ad evitare che una condizione
esistente provochi ritardo mentale e la prevenzione terziaria comprende gli
interventi volti a ridurre la gravità delle compromissioni funzionali associate
all'eziologia o per prevenire disturbi secondari associati alla diagnosi o che si
possono manifestare più avanti nel corso della vita (Pope, 1992).
38
Il contesto descrive il complesso delle condizioni in cui le persone vivono,
partecipano ed intrecciano relazioni. É fondamentale fornire ai soggetti con
disabilità intellettiva le opportunità di creare situazioni adeguate alla propria
persona per crescere e svilupparsi. La valutazione contestuale, anche se
solitamente non viene analizzata attraverso misure standardizzate, è una
componente necessaria per la comprensione del funzionamento della persona.
2.2 La Classificazione in base all'intensità dei sostegni necessari
Nel 1992 l' American Association on Mental Retardation ha proposto un nuovo
sistema di classificazione basato sull'intensità dei sostegni necessari alle persone
con ritardo mentale. Le necessità di sostegno in determinate aree variano tra i
soggetti, le situazioni e le fasi della vita e vengono classificate come
intermittenti, limitate, estensive e pervasive o generalizzate (modello ILEP)
indipendentemente dal quoziente intellettivo della persona (Luckasson et al.,
1992, 1996).
I sostegni intermittenti sono caratterizzati dalla natura episodica o a breve
termine e, quando forniti, possono avere intensità alta e bassa.
I sostegni limitati sono caratterizzati da consistenza nel tempo, durata limitata e
possono richiedere personale più limitato e costi inferiori rispetto ai livelli di
supporto più intensivi.
I sostegni estensivi sono regolari, continuativi in determinati ambienti e non
limitati nel tempo.
I sostegni generalizzati o pervasivi sono caratterizzati da continuità, intensità
elevata, erogazione in ambienti diversi la cui natura è di supporto per la vita e
richiedono un numero maggiore di operatori e un grado di intrusività più elevato
rispetto alle altre tipologie.
39
Operare una classificazione in base all'intensità dei sostegni necessari richiede
che vengano presi in considerazione diversi fattori quali la durata nel tempo che
indica quanto tempo un sostegno è necessario, la frequenza che indica quanto
spesso è necessario, le risorse richieste per il sostegno (come il personale) e il
grado di intrusività nella vita della persona.
2.3 I Sistemi di Classificazione ICF e AAMR a confronto
Il costrutto di Ritardo Mentale definito dall' AAMR e dall' ICF è centrato sul
funzionamento umano inteso come interazione persona-ambiente. Entrambi i
sistemi sono simili nella loro concezione ecologica di funzionamento, si
muovono verso la definizione di un modello biopsicosociale integrato (WHO,
2001) e sono guidati da un orientamento positivo verso il miglioramento di vita
delle persone diversamente abili.
La definizione di Ritardo Mentale dell' AAMR è composta da tre requis iti
(Luckasson
et
al.,
2001),
quali
limitazioni
corrispondenti
ad
una
compromissione delle funzioni corporee dell'ICF in particolare nel dominio
delle funzioni intellettive e le limitazioni del secondo corrispondenti alle
componenti di attività e partecipazione.
Il Modello Teorico Multidimensionale di Ritardo Mentale dell' AAMR
composto dalle cinque dimensioni è compatibile con i concetti ICF. Le funzioni
corporee possono essere utilizzate per descrivere le capacità intellettive
dell'AAMR. Le componenti ICF di attività e partecipazione che si riferiscono
alla performance e al coinvolgimento delle persone nelle attività di vita
quotidiana possono essere utilizzate per integrare la dimensione del
comportamento adattivo e della partecipazione dell'AAMR. La dimensione della
salute può essere efficacemente analizzata dalle componenti strutturali, dallle
funzioni corporee e dalla dimensione dei fattori contestuali ICF, può essere usata
come una checklist per la valutazione del contesto dell'AAMR.
40
Il Modello Teorico è compatibile con il modello del Processo di Disabilità e ciò
può avere implicazioni utili per analizzare in modo approfondito i punti di forza,
le limitazioni e la necessità di sostegno della persona (Buntinx, 2003).
I due modelli differiscono per il fatto che la classificazione OMS è un modello
generale di disabilità ed è stato creato come risultato di procedure di consenso
che coinvolgono il punto di vista internazionale professionale e degli utenti su
disabilità e funzionamento. Il sistema AAMR è specifico per il Ritardo Mentale,
include aspetti soggettivi del funzionamento quali la valutazione e soddisfazione
personale, ed è maggiormente orientato verso l'inclusione di punti di vista
empiricamente validati all'interno del modello concettuale di Ritardo Mentale.
Entrambe le classificazioni sono necessarie in materia di disabilità intellettiva ed
avere la possibilità di valutare il funzionamento di una persona attraverso più
prospettive permette di confrontare e integrare informazioni che ogni strumento
ci fornisce per avere una visione più accurata e dettagliata del funzionamento
della persona (AAMR, 2002).
2.4 I Sostegni
"I sostegni sono costituiti da risorse e strategie che hanno la finalità di
promuovere lo sviluppo, l'educazione, gli interessi e il benessere di una persona
e ne migliorano il funzionamento" (AAMR, 2002, p.175). Alla base del concetto
di sostegno c'è la convinzione del fatto che un'applicazione adeguata dei
supporti può migliorare le capacità funzionali di soggetti con Ritardo Mentale e
fornire una base naturale, efficiente e continuativa per favorire la riuscita delle
persone e potenziare l'indipendenza, le relazioni, la partecipazione nella
comunità e il benessere personale.
Vigotsky (1986), Scharnorst et al., (1990) ritengono che il funzionamento di una
persona può essere significativamente aumentato chiedendosi quali compiti è in
grado di svolgere in confronto a quelli che potrebbe risolvere con l'aiuto di una
persona più capace.
41
Il modello basato sui sostegni si fonda su un approccio ecologico per la
comprensione del comportamento che dipende da una valutazione del divario tra
capacità e abilità e tra abilità adattive della persona e competenze necessarie per
il funzionamento efficace in un determinato ambiente. Nella seguente tabella
vengono riportati le aree, le funzioni e gli esiti personali del sostegno.
Aree di sostegno
-Sviluppo
della
- Insegnamento ed
persona
educazione
-Vita nell'ambiente
domestico
Vita
nella
-Occupazione
comunità
-Salute e sicurezza
-Comportamento
-Socializzazione
-Protezione e tutela
legale
Funzioni
del
- Insegnamento
sostegno
-Favorire i legami
persone
tra
le
Programmazione
finanziaria
-Assistenza
sul
-Sostegno
lavoro
comportamentale
-Assistenza
nell'
domestico
ambiente e utilizzo
-Accesso
servizi
della
del
-Assistenza
comunità
sanitaria
Esiti personali
- Indipendenza
-Creazione
di
-Contributi
relazioni
-Partecipazione
personali
e alla vita di
scolastica
-Benessere
comunità
personale
Tabella 2.3 Aree, funzioni ed esiti personali del sostegno.
Le fonti dei supporti possono essere naturali o basate sui servizi.
I sostegni naturali sono risorse e strategie fornite dalle persone o attraverso
attrezzature presenti in un determinato ambiente che conducono agli esiti
personali e di performance desiderati. Sono disponibili e culturalmente
appropriate all'ambiente, provengono dall'interno del contesto e vengono fornite
dalla coordinazione dei servizi alla persona (Butterworth et al., 1996).
I sostegni basati sui servizi sono risorse e strategie fornite dalle persone o per
mezzo di attrezzature che non fanno parte dell'ambiente naturale del soggetto.
Un programma di intervento basato sui sostegni si pone molteplici obiettivi,
quali obiettivi costruttivi che riguardano la costruzione o l'incremento di risposte
42
non possedute precedentemente, obiettivi di implementazione che sono relativi
ad azioni verso classi di risposte già presenti, obiettivi di modificazione
comportamentale che comprendono le azioni rivolte verso gli ecosistemi
ambientali e obiettivi clinici che si configurano come il risultato di attività
dirette a prevenire il rischio di disturbi fisici e psichici a cui le persone con
disabilità intellettiva sono esposte e curare i disturbi in comorbidità (AIRIM,
2010).
Tenendo presente che il funzionamento della persona attraverso sostegni
personalizzati e adeguati tende a migliorare, l'intervento in ottica di promozione
del comportamento positivo dovrà prevedere una progressiva riduzione d ei
supporti in funzione del raggiungimento progressivo del massimo livello di
autonomia e autodeterminazione possibile.
La valutazione dei risultati rappresenta la verifica di efficacia delle azioni
intraprese. Gli esiti si possono suddividere in clinici, funzionali e personali.
Le variabili per la valutazione degli outcomes clinici devono essere in grado di
rappresentare l'evoluzione e l'andamento nel tempo della condizione di salute
della persona come ad esempio parametri biologici di laboratorio, il profilo
sintomatologico clinico e il quadro diagnostico. In considerazione del fatto che i
deficit cognitivi e di linguaggio possono compromettere la comunicazione dei
sintomi
nelle
persone
con
disabilità
intellettive
significative,
viene
raccomandato il fatto di valutare gli stessi outcomes clinici attraverso appropriati
indicatori comportamentali che possono rappresentare adeguatamente il decorso
nel tempo della condizione di salute della persona. Una valutazione completa
deve comprendere inoltre l'espressione del punto di vista soggettivo della
persona con disabilità intellettiva per quanto riguarda la percezione del proprio
benessere psicofisico relativamente ai domini del benessere fisico ed emozionale
di Qualità di Vita.
43
Gli outcomes funzionali devono essere oggetto di controllo esterno, di
quantificazione ed è necessario essere in presenza di una linea di base,
parametro che consente la capacità di considerare l'efficacia che rappresenta la
condizione precedente all'inizio dell'intervento. Per poter raccogliere e valutare
gli esiti, i comportamenti devono essere misurati attraverso quattro parametri
quali frequenza, durata, intensità e latenza.
Gli outcomes personali valutano se gli obiettivi stabiliti nel programma dei
sostegni riguardanti i desideri e le aspettative della persona diversamente abile
sono stati raggiunti e in che misura. Nel caso non siano stati raggiunti è
fondamentale identificare le probabili cause del mancato raggiungimento e
stabilire se gli esiti sono ancora raggiungibili in modo da orientare la successiva
programmazione (AIRIM, 2010). Nel settore sanitario sta emergendo un
consenso crescente circa la natura dei sostegni quando sono basati sulla
comunità e centrati sulla persona migliorandone il funzionamento e la
partecipazione, aspetti essenziali per una Qualità di Vita ottimale.
2.5 Le abilità di autonomia nella Disabilità Intellettiva
Le abilità di autonomia personale sono tra gli elementi che incidono
maggiormente sul livello di Qualità di Vita della persona con disabilità
intellettiva. L'indipendenza dall'assistenza è un prerequisito per l'indipendenza
nella comunità e per l'integrazione sociale. Si può infatti parlare di inserimenti
reali nella società quando l'ambiente è preparato all'accoglienza della persona
diversamente abile e quando il soggetto è in grado di padroneggiare
efficacemente quelle abilità funzionali necessarie per il soddisfacimento delle
richieste ambientali. Tutto ciò sottolinea l'importanza che le abilità di autonomia
assumono nella preparazione di un piano abilitativo o educativo.
Le abilità di autonomia personale si possono distinguere in abilità di base e
avanzate. Le prime sono quelle che si riferiscono al bisogno di assistenza, quali
le abilità di autoalimentazione, di igiene personale e le abilità di controllo
44
sfinterico. Le abilità avanzate sono costituite da quelle capacità che creano i
presupposti per il passaggio della persona alle abilità integranti e all' inserimento
nella società, quali il prendersi cura del proprio aspetto, della propria salute e dei
propri ambienti di vita. Saranno le condizioni di vita, gli stili comportamentali
degli agenti educativi, le richieste e le spinte all'autonomia che giungeranno
dall'ambiente esterno a determinare la comparsa o meno delle abilità di
autonomia avanzate. Spesso certe situazioni familiari caratterizzate da
iperprotezione e situazioni istituzionali basate sull' assistenzialismo impediscono
o rallentano l'acquisizione di tali abilità.
Sono presenti specifiche tecniche comportamentali per l'insegnamento delle
abilità di autonomia, tra le più rilevanti emergono il modeling, lo shaping, le
procedure di rinforzo e il prompting.
Il modeling o modellamento è una tecnica di insegnamento basata
sull'osservazione di un modello e l'imitazione del suo comportamento. Il
modello può essere l'operatore o altre persone vicine alla persona diversamente
abile. L'esposizione al modello può produrre sul comportamento della persona
l'emissione di risposte che fanno parte del suo repertorio comportamentale, il
modellamento di nuove risposte e l'estinzione di risposte inaccettabili.
Lo shaping o modellaggio è una tecnica utilizzata nell'insegnamento di
comportamenti complessi i cui elementi non fanno tutti parte del repertorio
comportamentale della persona. Attraverso tale tecnica il comportamento finale
viene raggiunto a piccoli passi e la prima risposta che viene chiesta alla persona
fa parte del suo repertorio comportamentale. Il tipo e il numero degli step
utilizzati dipende da come procede l'apprendimento.
Le procedure di rinforzo includono una serie variegata di tecniche. Il rinforzo è
"ogni evento la cui comparsa produce un aumento della frequenza di emissione
del comportamento che lo precede" (Meazzini, 2006, p.213). Tra i programmi di
rinforzo principali vi è il rinforzamento continuo e il rinforzamento
45
intermittente. Il rinforzamento continuo prevede che il comportamento venga
rinforzato tutte le volte che si presenta mentre il rinforzamento intermittente
prevede che il comportamento venga rinforzato secondo programmi specifici.
Con un programma di rinforzo continuo l'apprendimento è più rapido ad
istaurarsi ma meno stabile, con quello intermittente è più lento ma molto più
stabile. Nella pratica quotidiana è consigliabile utilizzare entrambi i programmi
iniziando con un programma continuo e procedendo con uno intermittente.
Il prompting consiste nello strutturare la situazione-stimolo nel modo più
adeguato possibile alla produzione delle risposte desiderate (Meazzini 1978). La
produzione di comportamenti è facilitata dall'uso di istruzioni, gesti e direttive
che permettono l'inizio dell'azione facendo sperimentare alla persona la risposta
richiesta. Attraverso un prompt verbale il soggetto viene guidato a voce
nell'emissione di un comportamento corretto, con un prompt fisico il soggetto
viene guidato fisicamente nell' esecuzione del comportamento e con un prompt
gestuale la persona viene supportata attraverso la gestualità. I prompt devono
essere attenuati gradualmente fino ad una loro eliminazione con il
raggiungimento della risposta finale (Meazzini, 2006). Nell'insegnamento della
abilità di autonomia personale di base e avanzate in soggetti con disabilità
intellettiva è necessario ricorrere all'utilizzo di sostegni e materiali protesici. I
sostegni erogati nell'ambiente di vita possono compensare la mancanza di abilità
o di prerequisiti compensando le disabilità del soggetto e permettendo il
raggiungimento degli obiettivi. Protesizzare l'ambiente significa creare una
riorganizzazione del contesto che riesca a supplire le disabilità e stimoli,
incentivi l'esercizio delle abilità residue rendendo autonoma e indipendente
dall'assistenza la persona diversamente abile. Si possono utilizzare ausili e
sostegni per favorire l'autonomia in qualunque settore sfruttando ausili già
esistenti o costruendone ad hoc. L'utilizzo di strumenti o materiali deve essere
conseguente ad un'analisi contestuale che valuti le richieste e le risorse
disponibili ed eventuali barriere architettoniche, tecnologiche e socioculturali
46
presenti nell'ambiente di vita della persona con disabilità intellettiva (Meazzini,
2006).
Coloro che lavorano con persone con disabilità conoscono perfettamente quanto
sia difficile e complesso il problema della generalizzazione degli apprendimenti
e il loro mantenimento nel tempo. Per quel che concerne il mantenimento delle
abilità le principali cause sono da ricercarsi nell' ecosistema di vita della persona
e nella funzionalità che il nuovo apprendimento ha in relazione a quest'ultimo.
Alla base della generalizzazione degli apprendimenti vi possono essere
meccanismi come l'iperselettività dello stimolo, l'incapacità di cogliere gli
stimoli rilevanti in una situazione e di sviluppare l'analisi e la sintesi categoriale.
Dato il fatto che la generalizzazione delle abilità non avviene sempre in modo
spontaneo è fondamentale programmarla scegliendo i diversi ambienti e
situazioni nei quali dovrà manifestarsi. Un ruolo fondamentale viene assunto
anche dalle abilità metacognitive come il problem-solving, il decision-making,
le autoistruzioni verbali e l' automonitoraggio per controllare e verificare il
proprio comportamento e le proprie prestazioni. Processi di autonomia e
indipendenza sono essenziali per permettere alla persona di svolgere una propria
vita passando da una condizione di dipendenza ad una di persona attiva in grado
di decidere e svolgere le attività in prima persona. Il paradigma dei sostegni è
estremamente importante a tale finalità poiché permette al soggetto attraverso
sostegni appropriati e
personalizzati di svolgere
determinate
azioni
autonomamente e con un'indipendenza maggiore rispetto alle condizioni di vita
precedenti.
CAPITOLO III
Questa parte è relativa all’attività di tirocinio svolta presso l’Istituto di Agazzi,
sotto la direzione del Dottor Giorgeschi e Scapecchi all’interno, la supervisione
47
esterna del Dottor Piras e della cooperativa Athena srl situata presso
Montevarchi e convenzionata con l’Università di Firenze.
3 Istituto Privato di Riabilitazione "Madre della Divina Provvidenza"
L'Istituto Privato di Riabilitazione "Madre della Divina Provvidenza" è un bene
dei Padri Passionisti, Ordine religioso fondato da San Paolo Danei (1694-1775),
che si pone come finalità il soddisfacimento dei bisogni delle persone che si
trovano in situazioni di difficoltà e sofferenza. La Struttura si trova ad Agazzi,
dal 1965, nei pressi di Arezzo, mentre la sede legale dell'Ente è a Roma e opera
da molti anni nel campo della disabilità con la finalità di promuovere un
concreto miglioramento delle condizioni fisiche e psicologiche delle persone che
vi accedono. Propone attività di abilitazione, riabilitazione, assistenza, supporto
all'autonomia, prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale di
soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali gestite da una
équipe multi-professionale in modo da garantire una presa in carico globale e
fornire risposte efficaci ed adeguate. Uno degli obiettivi principali dell’Istituto è
quello di adottare un Sistema di Gestione di Qualità allo scopo di monitorare e
verificare la coerenza dei processi attuati con standard qualitativi fissati
preventivamente e comprendere
i diritti della persona attraverso
il
coinvolgimento delle parti interessate quali assistiti, familiari e personale: la
Qualità che la struttura intende perseguire è Totale, data dal contributo di tutti
gli attori e soprattutto dagli utenti dei vari servizi. L'Istituto svolge una
formazione continua del personale che si traduce concretamente in una qualità
delle prestazioni e soddisfazione delle attese e dei diritti dell'utenza.
La struttura comprende il Centro Start, Futurabile, Auryn e Aria.
Start è un’organizzazione per persone con disabilità intellettiva. Il nome indica il
fatto che l'ingresso di un assistito in uno di questi servizi non rappresenta
l'evento definitivo della sua vita, ma deve costituire un punto di partenza, un
48
momento in cui egli può iniziare il proprio cammino verso l'autonomia e il
benessere. L'obiettivo di tale organizzazione è quello di garantire a ciascuno il
diritto fondamentale ad una vita adulta, partecipata ed integrata nella comunità
con il maggior livello di autodeterminazione possibile. l servizi che ne fanno
parte prevedono la presa in carico globale della persona con disabilità
intellettiva con età compresa dai 18 ai 65 anni con percorsi finalizzati
all'inserimento lavorativo e all'integrazione ed inclusione sociale organizzati in
varie tipologie che rappresentano percorsi differenti verso una vita autonoma:
- Centro diurno riabilitativo che ospita persone con disabilità intellettiva di varia
gravità che svolgono attività riabilitative differenti durante la giornata e una
volta terminate fanno ritorno a casa;
- Residenze Sanitarie per Disabili (RSD) è un servizio residenziale per disabili
non autosufficienti o con gravi limitazioni fisiche, mentali, sociali e un bisogno
sanitario continuativo, dove risulta impossibile l'assistenza domiciliare o
l'inserimento in un’altra struttura. Tali residenze sono costituite da tre servizi,
ciascuno con il proprio personale responsabile, psicologo e medico che
accolgono persone con disabilità intellettiva di varia gravità e soggetti con
disturbo dello spettro autistico. Sono suddivise in nuclei, ciascuno di c irca 20
persone. Le camere ospitano da 1 a 4 utenti, ma la maggioranza di esse dispone
di 3 letti. Le funzioni di assistenza tutelare ed infermieristica sono presenti nelle
24 ore, mentre educatori professionali e riabilitatori operano solo nei turni
diurni.
- Comunità Alloggio Protetta per disabili (CAP) sono residenze ad alta
integrazione socio-sanitaria che ospita disabili adulti che presentano un bisogno
di supporto assistenziale ma anche sufficienti capacità di autonomia,
autogestione, capacità relazionali, sociali e di inserimento lavorativo. Le
Comunità Alloggio Protette sono due strutture, una nel paese di Agazzi, l'altra
nel centro storico di Arezzo. Entrambe ospitano 12-14 persone e le camere sono
49
composte da 2 letti ciascuna. Il personale che viene messo a disposizione
comprende operatori di assistenza, educatori e riabilitatori, vi è la presenza di
infermieri professionali per fasce orarie, il responsabile è uno psicologo e sono
previste consulenze mediche.
- Appartamenti Assistiti sono due appartamenti adiacenti che complessivamente
ospitano circa 6 persone, utilizzati per utenti con disabilità intellettive complesse
come disturbi dello spettro autistico, o per persone che, alla disabilità
intellettiva, aggiungono disturbi di tipo psichiatrico. Per queste caratteristiche le
persone, con adeguati progetti riabilitativi, possono anche raggiungere buoni
livelli di autonomia, ma continuano ad avere bisogno della presenza di una
persona che possa fungere da guida e intervenire quando si trovano di fro nte a
situazioni impreviste che, da soli, non sarebbero capaci di fronteggiare
adeguatamente. Gli appartamenti, nel rispetto della privacy, sono dotati di un
impianto di video sorveglianza che è collegato con una centrale posta
nell'edificio dell'Istituto, dove, per una parte della notte, prendono servizio
alcuni educatori in modo da consentire al personale delle case di poter dormire
alcune ore.
- Appartamenti di Vita Indipendente sono situati in città, ospitano da 1 a 3
persone, utilizzati da utenti che hanno compiuto tutto il percorso assistenziale
per la disabilità intellettiva. Essi continuano ad essere seguiti, con un'intensità
proporzionata ai loro bisogni, ma solo attraverso la supervisione degli operatori
che si limitano però a visite, più o meno frequenti, senza mai rimanere
costantemente presenti come avviene negli appartamenti assistiti. In questa
tipologia di residenza si sono creati anche nuovi nuclei familiari costituiti da
persone disabili che hanno preso la decisione di vivere insieme.
Il gruppo di lavoro di Start è formato da équipe interdisciplinari, composte da
medici, psicologi, educatori, operatori socio-sanitari, addetti all'assistenza,
50
terapisti della riabilitazione ed altri operatori esperti in attività ludico-ricreative.
Le priorità che si propone sono:
a) l'inserimento lavorativo che rappresenta l'area dove viene restituita la
massima dignità alla persona, attraverso l'assegnazione di un ruolo e di benefici
materiali, psicologici, sociali ad esso collegati. Nel corso degli anni la s truttura
ha elaborato un percorso per tale inserimento, che richiede livelli crescenti di
abilità e autonomia e prevede un differente grado di supporto da parte degli
operatori. Le attività che sono caratterizzate da una supervisione continua
all'interno dell'Istituto sono le attività simul-lavorative (la gestione del bar, la
tipografia, la vendita dei giornali e la preparazione dei cesti natalizi); le attività
gestite attraverso Cooperative Sociali di Tipo B (Il Cenacolo, l’Ortocolto)
richiedono il supporto e supervisione continua degli operatori ma al contrario
delle precedenti vengono svolte all'esterno della Struttura (coltivazione di
ortaggi, olivi, viti; la coltivazione, trasformazione e vendita di piante
aromatiche; il confezionamento di oggetti in argento e metallo eseguiti conto
terzi; appalti di pulizie e il lavaggio di materassi antidecubito in convenzione
con l'ASL 8 di Arezzo). Le assunzioni in Cooperativa Sociale di tipo B
necessitano di una supervisione e supporto degli operatori non continuativa
(prevedono attività lavorativa all'Edicola dell'Ospedale San Donato di Arezzo, al
Ristorante-Pizzeria il Rintocco, la riparazione degli ausili in convenzione con la
ASL 8). Il tirocinio e l'assunzione in azienda sono un percorso che viene svolto
in autonomia e periodicamente monitorato dagli educatori per verificarne
l'andamento.
b) L'integrazione e l'inclusione sociale richiedono al personale di lavorare sulle
abilità presenti nelle persone con disabilità e potenziarle in modo tale da
consentire a tali soggetti di acquisire gli strumenti necessari per adattarsi alla
comunità.
51
c) Il benessere personale rappresenta una dimensione che non è facile assicurare
a tali soggetti ma che deve essere potenziata attraverso attività da svolgere
durante la giornata, come le stimolazioni multisensoriali, creando contesti
adeguati e utilizzando ausili personalizzati.
Futurabile è un servizio di abilitazione, riabilitazione che si rivolge a soggetti in
età evolutiva compresa tra O e 18 anni ed alle loro famiglie che presentano
difficoltà di vario genere che interferiscono con la salute psichica, fisica, con il
benessere del minore e di tutto il sistema familiare. I trattamenti riguardano
patologie quali i disturbi dell’apprendimento, della condotta, ritardi del
linguaggio, deficit dell’attenzione e iperattività e disturbi dello spettro autistico.
Il nome Futurabile si rivolge ad un futuro differente per questi soggetti, di
persona abile, in grado di esprimere le proprie abilità e raggiungere autonomia,
indipendenza e inclusione sociale. Il servizio è composto da un gruppo
interdisciplinare di professionisti quali neuropsichiatri infantili, psicologi,
logopedisti, neuropsicomotricisti, educatori professionali che si riunisce
settimanalmente in équipe dove avviene la stesura del progetto riabilitativo,
l'individuazione dei bisogni specifici di ogni utente, delle relative strategie di
intervento, la verifica di efficacia e riformulazione degli obiettivi a breve, medio
e lungo termine.
Il centro Auryn si occupa dei disturbi alimentari e obesità che costituiscono
problemi complessi per i quali è necessario un approccio integrato con differenti
figure professionali quali uno psichiatra, un endocrinologo, uno psicologo, una
dietista e operatori specializzati in attività riabilitative di sostegno come attività
motoria, equitazione. L'aspetto innovativo di tale servizio è la riabilitazione
psiconutrizionale mediante un training di familiarizzazione con il cibo (TFC), un
protocollo di intervento che, senza alcuna prescrizione dietet ica, mira ad un
cambiamento comportamentale nei confronti del cibo e alla messa in atto di
nuovi comportamenti secondo un modello di empowerment e autonomia. Il
Centro rifiuta l'idea e la pratica dell'alimentazione meccanica, in cui il cibo è
52
visto come una sorta di farmaco da assumere nelle dosi appropriate, si impegna
invece ad aiutare le persone a decidere nuovamente la propria alimentazione,
con la stessa responsabilità che ognuno ha della propria vita.
Aria è una struttura specialistica di riabilitazione extra-ospedaliera neurologica
ed ortopedica che accoglie persone che hanno subito eventi acuti intervenendo
subito dopo il periodo di ospedalizzazione, quando si è ripristinata una stabilità
clinica del paziente e non è più necessaria una sorveglianza medica nelle 24 ore.
La struttura opera in sinergia con il medico di base dell'assistito. Per ogni
paziente viene elaborato un progetto riabilitativo individuale che si articola in
specifici programmi riabilitativi per le aree di intervento clinico, motorio,
cognitivo, comportamentale, familiare e lavorativo ed è elaborato da una équipe
multidisciplinare.
Nel Maggio 2008 è stato sviluppato un percorso di Riabilitazione Funzionale
‘’in situazione’’, in cui le persone eseguono attività, in genere nell’ultima parte
del trattamento definita ‘’Riabilitazione Estensiva’’, sfruttando ambienti che
simulano la vita reale, sia lavorativa che di vita quotidiana, in un laboratorio con
PC. La creazione di questo nuovo percorso nasce dall’esigenza delle persone
con grave cerebro-lesione acquisita di effettuare attività riabilitative (recupero
funzioni cognitive) che possano consentirgli di riprendere un ruolo attivo nella
propria vita.
5.2 L'intreccio fra storia e politica nell'evoluzione delle strategie d'intervento
L'ispirazione etico-religiosa dell'istituto, la vocazione dei sacerdoti alla carità
verso i più deboli, la fondazione datata ad un periodo storico in cui si stava solo
intraprendendo
a conoscere i danni della carriera di una persona
istituzionalizzata, hanno caratterizzato l'istituto come assistenziale ma anche
come segregante e alienante. Infatti è stato osservato che in alcune situazioni gli
utenti provenienti dall' ambiente manicomiale e inseriti nell'istituto di Agazzi,
continuavano a mettere in atto i comportamenti alienati, retaggio della loro
53
storia di istituzionalizzazione (l'abitudine al disagio non consentiva loro per
esempio di dormire nel letto che avevano a disposizione continuando a dormire
per terra).
" La distruzione del manicomio non significa dunque abbandono del malato a se
stesso, ma significa creare le premesse perché egli possa essere seguito in modo
migliore ed aiutato in quelle che sono le sue reali difficoltà.” F. Basaglia,
“conversazione sulla legge 180” in Scritti vol. II, Torino, Einaudi 1982, pag. 479
Con il cambio della direzione sanitaria, l'organico direzionale ha cominciato a
creare le premesse per una migliore accoglienza centrata sulla persona, e la sua
presa in carico globale e dei suoi bisogni, mettendo in discussione e rivedendo la
vecchia logica istituzionale. Ciò senza clamori o campagne divulgative.
L'Istituto ha sempre avuto una dignità silenziosa e instancabile di lavoro a favore
della realizzazione di livelli di qualità di vita possibili per ogni individuo
disabile, mantenendo al proprio interno il valore del proprio lavoro.
L'evoluzione dell'Istituto in questi anni è andata seguendo alcune linee quali:
•
il recupero dei livelli di risorse strutturali e tecnologiche quali attrezzature
specifiche per esempio e il recupero delle condizioni abitative;
•
perseguendo l'obiettivo di qualificazione degli interventi è stata necessaria
ed è stata approntata anche una riqualificazione organizzativa e professionale
delle risorse umane;
•
diversificazione della sola attività residenziale precedentemente svolta per
mezzo della realizzazione di attività riabilitative Ambulatoriali, servizi diurni e
residenziali per patologie posi-acute, Ospedale di Comunità, Comunità alloggio
protetta (CAP), Residenza Sanitaria Assistenziale per Disabili (RSD), Comunità
Terapeutica (CT), l'appartamento assistito.
I valori dell’Istituto, la sua visione di un buon servizio, provengono dai valori
religiosi trasmessi dai Padri Passionisti quali il bene comune (l'umanità come
54
famiglia), la solidarietà, il riconoscimento della pari dignità e dell'uguaglianza
dei diritti ai disabili, la centralità di valore e ruolo della famiglia.
Negli anni passati, nonostante gli sforzi fin qui descritti e i cambiamenti
realizzati, l'immagine dell'Istituto, vista dagli occhi della popolazione, rimaneva
quella di un luogo dove gli assistiti erano rinchiusi e sostanzialmente
abbandonati, ciò a causa della non conoscenza di quello che invece avveniva
all’interno della struttura. A mio parere credo che la popolazione debba essere
sensibilizzata e informata rispetto a quanto la disabilità oggi si è allontanata
dall'obsoleta restrizione del disabile, per dirigersi verso il raggiungimento della
sua autonomia individuale, delle sue competenze sociali e della capacità
competitiva dei portatori di handicap .
Ad oggi da questo punto di vista l’Istituto vanta un prestigio indiscusso, vista la
qualità dell’ambiente, dei servizi e dell’operato raggiunto.
5.3 Filosofia e metodo dell'istituto di Agazzi per una migliore QdV
Durante i lavori di revisione dei servizi offerti dall'Istituto di Agazzi, andò
cambiando anche la filosofia perseguita al suo interno e si prese a lavorare sulla
riabilitazione a partire dalle abilità già presenti nel disabile. In riferimento all'
obiettivo dell’efficacia degli interventi sono fondamentali una buona gestione
delle risorse umane presenti e la formazione di un sistema di gestione della
qualità che sia maturo ed aperto. Il sistema di gestione della qualità si avvale di
una nuova Gestione delle Risorse Umane. L'Istituto ha riconosciuto la necessità
di attuare programmi di formazione. La formazione è l'elemento chiave di un
buon sistema di qualità di vita. Infatti prevedendo la somministrazione di
questionari e di sistemi di valutazione delle prestazioni individuali tecnicoprofessionali si possono indagare ambiti quali:
_ l'efficacia degli interventi abilitativi e riabilitativi sugli utenti seguiti dagli
operatori (stili relazionali e stili operativi nell' approccio ecologico);
55
_ rilevazioni sulla soddisfazione degli utenti (QdV soggettiva). Tale valutazione
proviene sia dalla conoscenza clinica e quotidiana con
l’utente, sia da
valutazioni espresse dagli educatori sui "ragazzi";
_ la rilevazione del grado di soddisfazione del personale da cui poi estrapolare le
aree che devono essere incrementate e modificate.
In base alle valutazioni quindi è possibile considerare e valutare il personale e
predisporre progetti formativi considerando i bisogni individuali emersi, i
bisogni di programmazione e i bisogni tecnico-strutturali per il miglioramento
della qualità riabilitativa dell’Istituto.
Migliorando il clima interno, formando il personale e organizzando e valutando
la QdV generale offerta dall'Istituto, aprendo l'Istituto all'esterno, puntando sulla
normalizzazione, la socializzazione e l'integrazione, oggi il medesimo vanta il
pregio di aver intrapreso il percorso dell'integrazione. Alcuni disabili oggi
vivono in appartamenti assistiti e sono autonomi per quanto riguarda l'economia
(lavorano e si recano al lavoro da soli, percepiscono uno stipendio), lavarsi i
vestiti, uscire per andare a fare acquisti, spostarsi autonomamente da soli e in
gruppo, a piedi, in autobus, il tutto in un progetto comune di "'istituto comunità".
L'Istituto punta al miglioramento della Qdv degli assistiti e alla trasparenza per
quanto riguarda le scelte operative effettuate, sia rispetto agli operatori che verso
le famiglie dei degenti.
Formare la mentalità operativa sull' evoluzione dei trattamenti apre la cultura
dell'Istituto. Tale ampliamento si lega al principio della normalizzazione il quale
riconosce il diritto ad ogni disabile di un lavoro, anche per i soggetti più gravi.
Migliorare la cultura e la mentalità che circonda i disabili è un impegno costante
dell’Istituto: ne è un esempio la ricerca assidua di lavoro per gli assistiti. Questo
perché avere un lavoro aumenta significativamente la QdV dei disabili in quanto
56
influisce sull'autostima e sull'autoefficacia percepita dagli stessi, che si vedono
riconosciuto un ruolo sociale; il lavoro è positivo in quanto associato alla
ricompensa in denaro con il quale possono soddisfare le loro necessità e i loro
desideri. Nel metodo portato avanti dall' Istituto si annovera anche la rinnovata
attenzione per quelle ore di tempo libero affinché non sia tempo vuoto, per dare
una prospettiva di vita ai disabili riconoscendone appieno la dignità.
L'Istituto si proietta nel futuro a partire dall' esperienza passata, nel tentativo di
superare le limitazioni intrinseche ad una struttura storicamente nata come
chiusa alla comunità e per fare ciò propone i diritti dei disabili intellettivi, il
diritto alla dignità e al lavoro e la necessità di poter seguire il miglioramento
attraverso valutazioni continue che possano fare luce sull' efficacia e sullo stato
del lavoro riabilitativo raggiunto fino a quel momento.
5.4 Mission, obiettivi generali e impegni dell'Istituto di Agazzi
Il campo di attività dell'istituto di Agazzi è quello del lavoro con i disabili
intellettivi di età inferiore ai 65 anni. Con le sue attività l'Istituto vuole garantire
gli interventi necessari ed adeguati affinché ciascun disabile ospite possa
raggiungere il livello più elevato possibile di autonomia, di qualità della vita e di
benessere psichico, fisico e sociale mettendosi al servizio delle persone disabili
in condizione di sofferenza e difficoltà, volendo offrire un aiuto concreto al
miglioramento della loro condizione. La ragion d'essere è perciò l'assistenza e la
riabilitazione delle persone a grave rischio di disabilità o in condizioni di
disabilità temporanea o permanente. Il modo di operare dell’istituto si spinge
nella ricerca di una reale ed effettiva presa in carico globale delle problematiche
delle persone con disabilità e non solo la semplice erogazione di prestazioni.
Gli obiettivi e le linee generali di indirizzo che l'istituto adotta per la sua attività
sono la diretta conseguenza delle scelte di fondo sopra enunciate:
•
Qualificazione degli interventi attraverso l’introduzione di un Sistema di
Qualità atto a fornire politiche di aggiornamento e formazione del personale,
57
delle strutture, delle attrezzature, in linea con il progresso tecnico-scientifico
delle attività di riabilitazione.
•
Differenziazione degli interventi e delle prestazioni fornite, per rispondere
agli effettivi bisogni del disabile per mezzo di progetti terapeutico -assistenziali
individuali.
•
Organizzazione di percorsi terapeutico-assistenziali per assecondare le
possibilità evolutive individuali verso i maggiori livelli possibili di autonomia,
di QdV, di inserimento sociale e lavorativo.
•
Disponibilità a progettare nuovi servizi o a cambiare impostazione a quelli
già esistenti quando nel corso della presa in carico globale delle pers one con
disabilità, si evidenzino bisogni senza risposte. Ciò gioca un ruolo
nell'adattamento dei servizi offerti sulla base dei bisogni emersi e sulla
necessaria flessibilità organizzativa degli interventi e degli operatori.
•
Disponibilità a lavorare in rete con tutti gli altri soggetti interessati ad
offrire risposte alla disabilità, nel quadro di una integrazione effettiva dei servizi
e dei percorsi, per evitare il più possibile inutili duplicazioni e dispendio di
risorse ed energie.
Tra gli impegni attuali e futuri dell'Istituto di Agazzi si ritrovano alcune delle
caratteristiche dell'approccio ecologico relativi alla QdV e al miglioramento
della medesima quali:
a. La umanizzazione dei servizi dichiarando esplicitamente nelle regole di
funzionamento dell'Istituto che disponibilità, gentilezza e rispetto corrispondono
a standard minimi invalicabili da parte degli operatori dell'Istituto, garantendo la
supervisione necessaria affinché tali standard siano mantenuti nel tempo;
b. L'Istituto adotta come metodo di lavoro la raccolta e la definizione dei bisogni
assieme alla valutazione della QdV
al momento della definizione di ogni
progetto terapeutico;
58
c. Favorendo ad ogni livello la personalizzazione (dell’ambiente di vita, dei
menù, della strutturazione del tempo);
d. Impegnandosi nell'attenzione alla QdV degli assistiti esercitando una continua
sorveglianza e attenta verifica sulla qualità dei servizi ai fini di provvedere e
promuovere il confort abitativo;
e. Impegnandosi nell'attenzione alla QdV degli assistiti inserisce, nella
definizione del progetto terapeutico e nelle verifiche periodiche di questo ,
valutazioni inerenti la QdV quali ad esempio:
1) Qualità e quantità delle relazioni familiari e sociali;
2) Il confronto fra livelli attesi e livelli realizzati di inserimento sociale e
lavorativo;
3) La presenza bilanciata nella strutturazione del tempo di momenti di assistenza
e terapia con quelli di svago e divertimento, ecc;
f. L'applicazione di un Sistema di Qualità per la verifica e revisione delle attività
e dei servizi svolti verso il miglioramento continuo degli stessi, integrato da
periodiche raccolte di informazioni sulla qualità percepita dalle diverse
componenti interessate;
g. Impegnandosi nella promozione di apertura e trasparenza, anche nella
comunicazione delle attività svolte, al fine di favorire la partecipazione di
associazioni degli utenti e dei familiari (per ricevere riscontri sui servizi svolti e
individuare forme di collaborazione per il loro miglioramento) e per incentivare
la partecipazione di associazioni intenzionate a collaborare con l'Istituto in
forme di volontariato organizzato;
h. Informazione corretta e chiara sull' organizzazione e sul funzionamento, sui
servizi e sulle modalità di erogazione degli stessi, sui progetti e i pro grammi
relativi agli interventi sui singoli utenti;
59
i. Si impegna nel rispetto della dignità delle persone assistite attraverso:
- La cura degli ambienti e degli spazi interni ed esterni affinché la struttura sia
decorosa, funzionale, accogliente, gradevole e pulita;
- Il rispetto del tempo di chi si rivolge all'Istituto (nei tempi di attesa, nello
svolgimento di tutte le pratiche in cui non è necessaria la presenza dell’assistito,
negli appuntamenti);
- La cura di tutti gli aspetti per una corretta informazione rispetto all’ attività
svolta, garantendo la privacy, assicurando la disponibilità della struttura
direzionale dell'Istituto per i bisogni di colloqui diretti.
CAPITOLO IV
Formazione e sviluppo risorse umane all’interno dell’Istituto “Madre della
Divina Provvidenza”
La formazione ha una funzione essenziale all’interno di ogni struttura, supporta
il progresso continuo organizzativo, la verifica operativa e soprattutto
incrementa la Qualità. Il sistema della gestione della Qualità si avvale, come già
detto precedentemente, di una nuova Gestione delle Risorse Umane, possibile
solo attraverso l’attuazione di programmi di formazione.
La formazione è un elemento chiave di un buon sistema di Qualità di vita e una
leva strategica per motivare il personale e attivare nuovi livelli di integrazione e
sviluppo. I programmi di formazione hanno una funzione trasversale in quanto
supportano lo sviluppo sia dell’organizzazione che dell’individuo ed essendo un
processo continuo intervengono:
- Sulle conoscenze, arricchendo le basi culturali, teoriche e professionali
- Sulle abilità, affinando tecniche operative e di intervento
- Sulla cultura del lavoro sviluppando un atteggiamento mentale positivo.
60
All’interno dell’Istituto di Agazzi i principali piani di formazione che orientano
l’organizzazione dell’Istituto sono:
- Garantire il benessere dell’ospite attraverso il miglioramento continuo di
tutti i processi;
- Sviluppare le capacità professionali del personale, in coerenza delle
strategie e delle esigenze organizzative;
- Stimolare e supportare in tutto il personale la crescita di capacità di
comunicazione e multiprofessionalità per la presa in carico globale del
paziente.
La formazione è orientata principalmente verso i seguenti filoni:
- Tematiche relative alla realizzazione del servizio: abilitazione –
riabilitazione, assistenza, inserimento ed integrazione sociale;
- Tematiche relative all’applicazione di Sistemi di Qualità in tutti i processi
dell’Istituto.
La formazione del personale, quindi, rappresenta nella visione dell’Istituto,
l’elemento essenziale, il fattore chiave fondamentale per la realizzazione
dell’intero quadro strategico perseguito, tanto che la formazione interna è estesa
in modo mirato anche al personale non direttamente coinvolto dall’obbligo della
formazione continua in medicina (ECM), allo scopo di sviluppare unitariamente
tutte le attività dell’Istituto.
A completamento delle azioni di formazione interna, l’Istituto organizza, in
qualità di provider riconosciuto ECM, eventi formativi di confronto scientifici,
aperti anche a medici e operatori impegnati in Riabilitazione nelle diverse
professioni e competenze, provenienti da strutture della Regione Toscana e
nazionali.
Programma di formazione dell’Istituto riguardo ai servizi dell’anno 2013
61
INSERIRE TABELLA
Come riportato nella tabella i programmi di formazione all’interno dell’Istituto
di Agazzi sono numerosi e suddivisi in tre categorie:
1- FAD
2- RES
3- INT
Particolare attenzione ho deciso di dedicare al corso interno sui fondamenti di
ABA anche in merito alla collaborazione che l’Istituto ha attuato con Gutemberg
Sicurezza in Sanità per la realizzazione di un Master di primo livello in grado di
formare operatori professionali, preparati sia sul piano teorico che pratico, per
implementare interventi intensivi e precoci, basati sui principi dell’Applied
Behavior Analysis (ABA) nei disabili autistici e piu’ in generale con persone
con disabilità dello sviluppo.
Questo percorso nasce dall’esigenza di uniformare la formazione degli operatori
in modo che gli interventi ABA rispecchino standard scientifici internazionali e
allo stesso tempo siano compatibili con la realtà scolastiche, sanitarie, sociali e
nazionali.
L’Analisi Comportamentale Applicata si pone come obiettivo lo sviluppo di
abilità verbali e comunicative, il potenziamento di abilità cognitive e di
autonomia individuale e sociale, una maggiore gestione della percezione di sè
nel tempo e nello spazio.
62
L’ABA, deriva dalla scienza di base Analisi del Comportamento (Skinner
1953) 1.
L’Analisi Comportamentale Applicata è l’area di ricerca finalizzata ad applicare
i dati che derivano dall’analisi del comportamento per comprendere e migliorare
le relazioni che intercorrono tra determinati comportamenti e le condizioni
esterne. L’ABA propone interventi tesi a migliorare comportamenti socialmente
significativi (Baer, Wolf e Risley 1968) intesi come abilità scolastiche, sociali,
comunicative e adattive. Essa è utilizzata per sostenere persone con autismo in
almeno sei modi:
- Aumentando comportamenti e abilità adattivi;
- Facilitando l’apprendimento di nuove abilità e conoscenze;
- Mantenendo comportamenti adattivi;
- Estendendo o generalizzando comportamenti o abilità da una setting e da
una situazione all’altra;
- Riducendo le condizioni in cui si verificano comportamenti-problema;
- Riducendo l’intensità e la frequenza dei comportamenti-problema.
L’ABA si basa sulla misurazione e sulla valutazione di comportamenti definiti
all’interno di setting significativi come la scuola, casa e comunità.
Il processo si articola nelle seguenti componenti:
- Identificazione e selezione dei comportamenti-problema o delle mancanze
di abilità;
- Identificazione degli obiettivi da raggiungere;
- Misurazione obiettiva di comportamenti e abilità;
- Valutazione dei livelli attuali di comportamento;
1
Il suo grande merito è quello di aver scoperto che i comportamenti umani sono prevedibili e controllabili attraverso
una opportuna gestione di due classi di stimoli dell’ambiente fisico: stimoli “antecedenti” che l’organismo riceve
prima di attuare un comportamento, e gli stimoli “conseguenti” che l’organismo riceve immediatamente dopo che il
comportamento è stato posto in essere.
63
- Progettazione e realizzazione di interventi per insegnare nuove abilità e
ridurre comportamenti problema;
- Monitoraggio continuo dei progressi verso gli obiettivi stabiliti per
controllare l’efficacia dell’intervento.
In Italia vi è stata una notevole difficoltà di diffusione dell’Analisi
Comportamentale Applicata a causa del persistere dell’idea comune della teoria
psicogenetica dell’autismo che faceva riferimento al pensiero di Bettelheim 2 .
Tappa fondamentale del processo formativo durante il corso è il tirocinio
all’interno del quale il candidato deve fare esperienza diretta di progettazione e
applicazione di procedure di analisi del comportamento con i bambini,
sviluppando un progetto di intervento intensivo e precoce.
RIFLESSIONI DI SINTESI
Affrontare un tema così complesso e delicato come quello della Qualità di vita
ha richiesto una attenzione particolare anche alle parole ed alle espressioni che si
utilizzano comunemente quando ci riferiamo ai problemi della disabilità al fine
di comprendere le trasformazioni e le motivazioni del processo di sviluppo del
medesimo.
Sono molti i termini con i quali siamo soliti indicare la condizione di svantaggio
delle persone con un danno fisico, sensoriale o mentale: handicap, disabilità,
minorazione, menomazione, invalidità, malattia, deficit, diversità.
2
I suoi studi s’incentrano s ulla psicoanalisti applicata all’età evolutiva. In particolare ebbero successo le sue teorie
sull’autismo, la sua ipotesi attribuiva la causa dell’autismo ad un rapporto inadeguato con la madre (madre
frigorifero) da cui si doveva essere staccati per una terapia riabilitativa (la cosiddetta parentectomia). Nel suo
celebre e discusso “la fortezza vuota” Bettleheim correlava anche il comportamento dei bambini autistici a quello di
alcune vittime delle SS nei lagher nazisti, coloro che erano totalmente rassegnati alla morte e si ritiravano dal
mondo.
64
Spesso li utilizziamo in modo intercambiabile senza pensare che mai, come in
questo caso, le parole hanno sfumature di significato importanti, non solo ai fini
della conoscenza di un fenomeno, ma in quanto riflettono diverse sensibilità e
sono capaci di condizionare la percezione e gli approcci operativi al problema
che lo descrivono.
Le parole, quando sono ben definite, aprono spazi nuovi di comprensione e di
azione, quegli spazi che la mancanza di distinzioni rende “invisibili o
inesistenti”. Per capire meglio l’importanza che assumono in questo campo
specifico le diverse scelte terminologiche è stato indispensabile fare riferimento
ai due documenti ufficiali dell’OMS e pubblicati a distanza di venti anni uno
dall’altro: L’ICDH del 1980 e l’ICF del 2001. L’impostazione dell’ICF propone
un modello universale, transculturale e soprattutto multifattoriale di valutazione
della salute e, per questo, appare molto avanzata e sembra fornire la chiave per
contrastare, tra l’altro, forme di pregiudizio e discriminazione ancora largamente
diffuse. In particolare quelle relative all’ ”effetto alone” che la disabilità sembra
produrre, ovvero il fatto che nell’integrazione sociale il deficit diventi tratto
“caratterizzante” della persona in tutti gli aspetti del suo comportamento.
Ad esempio: se un bambino disabile mostra uno scatto di collera, prima di
pensare che potrebbero esserci motivi oggettivi (situazionali) che l’hanno
generata, istintivamente siamo portati ad associare questo comportamento al suo
“status” di disabile, cosa che non faremmo con un soggetto normodotato. La
“rivoluzione copernicana” tentata dall’ICF sembra allora consistere proprio in
questo: nello spostare l’attenzione dalla disabilità alla persona nella sua
complessità e nel definire lo stato di salute come la risultante di una molteplicità
di variabili organiche, psicologiche, relazionali e sociali.
E così, dopo un periodo inziale di disorientamento, costellato da reazioni
emotive spesso di segno negativo, i genitori stessi dei bambini disabili, oggi
mostrano atteggiamenti di piena accettazione e di affettuosa accoglienza, anz i,
65
per molti, questa esperienza si trasforma in una “sfida” che attiva energie
nascoste e nuovi livelli di consapevolezza, di impegno personale e sociale.
Stiamo passando dalla logica dell’esclusione e della separazione a quella
dell’inclusione e dell’integrazione dei disabili nella scuola, nel lavoro, e più in
generale nella vita della comunità.
E’ un fatto ovvio e comprensibile che la maggior parte delle persone individui
nell’esser sano la prima cosa desiderabile. Ben più difficile risulta invece
definire in modo univoco le idee di salute e di malattia, che, come ci mostrano
gli storici e gli antropologi, hanno avuto molte declinazioni nelle diverse epoche
e nei diversi contesti socio-culturali.
L’idea di salute rimanda a quella più generale e positiva di benessere, che
comprende la forma psicofisica ma, anche, tutti quegli elementi che
costituiscono un ostacolo al benessere.
Al modello biomedico imperante, che vede nel corpo una macchina da
conoscere in tutte le sue parti per individuarne i guasti e ripararli, si va
contrapponendo un orientamento, definito bio-psico-sociale, che pone l’accento
sul soggetto e sul suo ambiente.
Si fa sempre più strada l’idea che la malattia ha a che fare con la persona nella
sua interezza ed è per questo che la valutazione medica e l’approccio terapeutico
non possono prescindere dall’esperienza globale (appunto fisica, psicologica,
sociale) del soggetto.
Guardare alla Qualità di vita ed in particolare a problematiche di disabilità
intellettiva, significa restituire dignità e diritto alla tutela della persona. E’ per
questo che la Qualità di Vita si pone come concetto ponte alla qualità
dell’intervento riabilitativo e di conseguenza, alla qualità del servizio erogato.
Così oggi il sistema sanitario nazionale italiano, prevede oltre che criteri di
qualità anche il ricorso alla medicina basata sull’evidenza, in modo tale che si
renda palese l’efficacia o meno di un intervento.
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Sapere se ciò che si fa riabilita o non riabilita un disabile, se un intervento è
funzionale all’adattamento, al miglioramento delle abilità di autonomia,
all’inserimento sociale non solo ci fornisce informazioni su ciò che si deve o
non si deve fare, ma anche su come è possibile migliorare un servizio, al fine di
farne un servizio attento alla propria qualità ed alla QdV del disabile utente.
E’ chiaro quindi che per realizzare un servizio di qualità, è necessaria una
revisione culturale e politica di quanto si è fatto e si continua a fare. Una
revisione che deve essere flessibile ed attenta ma che per essere a disposizione
di tutti (riconoscendo il diritto e la dignità della persona disabile) deve
coinvolgere il sistema legislativo e organizzativo della sanità pubblica. Ad oggi
si trovano enunciazioni e campagne rivolte a diffondere la cultura della
medicina basata sull’evidenza ma progettare valutazioni e interventi che siano
valutabili, è spesso un lavoro oneroso a livello di tempo, energia e forza lavoro,
pertanto ancora largamente disatteso nella maggior parte dei servizi sia pubblici
che privati.
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