Cecchetti, cronaca in versi, il tavolo antico

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Cecchetti, cronaca in versi, il tavolo antico
La voce di una comunità. Marisa Cecchetti, cronaca in versi con il tavolo
antico. Incidere nei versi gli avvenimenti di un territorio, di una
comunità.
Redazione
Cecchetti, cronaca in versi, il tavolo antico. La voce di
una comunità. Il libro di Marisa Cecchetti si apre con
una dichiarazione programmatica cui si atterrà per
tutto il corso della raccolta:
Raccatto i miei versi per strada
li rotolo insieme al pedale ed al passo
rammendo ed intaglio in cucina non amo
indagare soltanto le strade di dentro.
Intento operativo dichiarato e realizzato in maniera egregia, i versi di questo libro si
offrono come la voce di una comunità, come una serie di ritratti, una sequenza di
immagini, e comunque la traduzione verbale di situazioni legate a un ambiente dapprima
ristretto, che nell’incedere si allarga a ricomprendere nello sguardo esperienze più vaste.
Si parte infatti dallo spazio privato, anzi privatissimo di un tavolo antico, sodale di
scritture (Ora so / che lì ho scritto le righe più belle), per attraversare il dolore di certi
ricordi familiari, il dramma della malattia di un figlio (negli occhi / tuoi verdi grandi / io
leggevo paura mentre / cercavi di sorridere), il ricordo della casa della mamma, ora
abitata da altre persone: – che non era mia madre né era sua / la mano che ho intravisto -,
e il ricordo di un incidente familiare, con l’urlo della sirena ancora presente col suo
corollario di sciagura. Il discorso si estende, si apre sull’immagine di una chiesa dove si
benedicono gli animali, e dove sul sagrato: – paesani ognuno con il suo ricordo -.
Il presente delle nostre città si apre a persone provenienti da altri paesi, così: – lei è una
rumena di mezza età – che staziona sulla porta del bar e le augura buona giornata; e la
poesia successiva ritrae una giovane donna con gli orecchini d’argento ai lobi:- E’ bella.
Come può essere bella / una giovane donna africana -. E a seguire lo sconcerto per lo
sgombero di un campo rom. E il racconto della prima occhiata del mattino, che va alla
finestra in alto, al piano di sopra, per verificare che la vicina novantenne abbia iniziato la
sua nuova giornata.
In definitiva la cronaca in versi degli accadimenti del luogo in cui si vive: il prete anziano
che segue con lo sguardo protettivo il giovane diacono, i giovani studenti che inforcano le
bici: – vanno in ordine sparso le biciclette adolescenti-. Troviamo qui indagate non
soltanto le strade di dentro, ma il paesaggio dentro e fuori la città, il fiume che la
lambisce, i personaggi che la abitano.
Il procedimento richiama alla mente la vocazione originaria della poesia: incidere nei
versi gli avvenimenti di un territorio, di una comunità, per farne memoria, per sottrarli
alla tirannia del tempo e proiettarli in una dimensione futura, fermarli dentro le parole,
restituirli, all’interno di una privatissima visione, a una fruizione collettiva, ampliarne gli
orizzonti e il senso, farne una direzione di marcia, un progetto, divenire la voce di un
corpo che allargandosi ricomprende gli avvenimenti minimi privati e le vicende di una
città; fissa dentro immagini paradigmatiche lo spirito del tempo e insieme le cronache
che lo caratterizzano. Nei primi versi si accenna al pedale e al passo. E’ da rimarcare
questa situazione europea di civiltà ciclistica, perché se è il tavolo antico testimone della
nascita dei versi più belli, è la presenza della bicicletta ad averne propiziati altrettanti, o
almeno accompagnati nel loro accadere: Intorno all’ora nona vado nel sole con la bici – e
poi : – Hanno inforcato / le biciclette e sono scesi in fila – e ancora: pedalo per fare vento.
Viene da una tradizione antica, perché riaffiora anche nella memoria: …- mi è apparsa la
sagoma del nonno / in equilibrio sulla bicicletta con il sacco del grano -…
Di un libro di poesie rimangono i tratti più felici, le invenzioni linguistiche più riuscite,
quelle che s’incidono e chiedono di essere rilette, e nei versi che compongono Il tavolo
antico non fanno certo difetto le soluzioni memorabili, i versi la cui perfetta riuscita
invoglia a leggere e rileggere: Della mia terra ho riscoperto il grano
voltava al giallo chiacchierava basso
che ha il pregio di spalancare una visione d’insieme, un intero paesaggio adoperando
meno di una decina di parole. E anche:
…e quando
si fa zitta la strada parlano gli alberi
di un parlottare fitto d’uccelli.
Marisa Cecchetti padroneggia uno stile che trova antiche radici dentro la classicità, e
avanza in un’atmosfera di rigore formale, di essenzialità e di pulizia del verso, in una
visione chiara, ampiamente empatica, che fa apprezzare e amare i suoi versi:
Sull’argine la ruota della bicicletta
scorre sul ciglio che scende
obliquo verso il fiume e freme d’erba
piccola di un ottobre caldo
e le foglie cadute vi stanno
come stelle accese.
Recensione di Paolo Polvani ( http://www.larecherche.it )
Marisa Cecchetti “Il Tavolo Antico” Ed. Giovane Holden Edizioni, 2016, Euro,12,EAN –
13-9788863968842
Redazione
(13/02/2017)
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