Efficacia e sicurezza del bevacizumab nei glioblastomi Sulla rivista Current Medicinal Chemistry (gennaio 2012) è stato pubblicato un articolo sull’efficacia e sicurezza di un farmaco biologico anti-VEGF: il bevacizumab. Si è valutato il profilo di sicurezza del farmaco nel trattamento del glioblastoma (GBM), tumore maligno e molto aggressivo della glia la cui sopravvivenza è stimata in circa 14 mesi dopo la diagnosi , a seguito di radioterapia, intervento chirurgico e chemioterapia. Negli ultimi anni gli approcci terapeutici sono enormemente migliorati, anche se tutt’oggi rappresenta una patologia letale. Solo circa il 3.4% dei pazienti sopravvive a quasi cinque anni dall’inizio della terapia. Altro problema dei GBM è legato al fatto che tutti si ripresentano dopo la terapia iniziale, limitando cosi la sopravvivenza dei pazienti del 20-25% entro 1 anno dalla diagnosi di recidiva. Lo sviluppo di una terapia target-mirata che blocchi l’angiogenesi portò all’utilizzo del bevacizumab in questo tipo di tumore, sia in progressione che recidivo. Come agisce il bevacizumab? Si tratta di un anticorpo monoclonale umanizzato che lega il VEGF-A, responsabile dell’angiogenesi. Si impedisce cosi l’interazione della citochina con i suoi recettori (VEGFR1VEGFR2) a livello endoteliale. Si blocca cosi l’angiogenesi e l’accrescimento della massa tumorale. Come accennato prima il glioblastoma multiforme presenta una prognosi molto bassa, 14-15 mesi,ma fortunatamente l’incidenza è molto bassa, tanto è vero che si può parlare di malattia rara. Il 18.5% di tutti i tumori cerebrali è rappresentato dai GBM. Le cellule gliali espletano diverse funzioni, oltre a quella dell’ossigenazione, anche sviluppo, nutrimento e trasduzione di segnali nonché sono coinvolte nella neurotrasmissione. Si è visto come geni come quello dell’ Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR) sul cromosoma 7, sia sovra espresso o amplificato nei gliomi. Oppure, come il gene oncosoppressore p53 sul cromosoma 17, o il PTEN , che regola in negativo il fattore di proliferazione, sono deficienti nei casi di glioblastoma. Come tutte le cellule cancerogene, anche in quelle gliali-tumorali abbiamo un aumento del metabolismo e quindi una carenza di ossigenazione: ipossia. Ciò induce un aumento nella trascrizione del gene pro-oncogeno HIF (fattore inducente ipossia). Quest’ultimo,come sappiamo, è direttamente coinvolto nella trascrizione del VEGF-A, oltre che di altre citochina quali il TGF α e β. Il GBM è uno dei tumori più vascolarizzati, in cui il VEGF è un importante fattore altamente espresso in alcune aree necrotiche , a rischio di ipossia e in quelle regioni caratterizzate da elevata proliferazione endoteliale. VEGF and Angiogenesi VEGF Fisiologia e regolazione Col termine angiogenesi intendiamo la formazione di nuovi vasi sanguigni, che negli adulti in condizioni fisiologiche espleta il suo effetto durante il ciclo mestruale e nella placenta in gravidanza. Alcune malattie, però, sono state associate ad un riarrangiamento del processo angiogenetico (tumori, diabete, infiammazioni). Il gene del VEGF (localizzato sul cromosoma 6) comprende diverse isoforme, VEGF-A, VEGF-B, VEGF-C, VEGF-D, VEGF-E e il fattore di crescita della placenta (PIGF). VEGF e trasduzione del segnale Attualmente sono stati individuati tre recettori del VEGF: VEGFR1-2-3. Il VEGFR2 è il recettore coinvolto nell’angiogenesi e nella permeabilità vasale, recettore di tipo tirosin-chinasico che determina la cascata delle chinasi (sono coinvolti Raf-MAPK chinasi, MEK). Il VEGFR1,invece, modula l’attivazione del VEGFR2 e sembra giochi un ruolo più marginale nell’angiogenesi dell’adulto. Nelle cellule tumorali è il VEGF-A che viene secreto, attivando il VEGFR2 sito sulle cellule endoteliali; si stimola la crescita e mitosi endoteliale. Sempre più sta emergendo il ruolo importante delle neuropiline (NRP family), recettori del VEGFA non tirosin chinasici, isolati per la prima volta a livello neuronale e poi evidenziati anche nell’endotelio. Sembra siano coinvolte anche nello sviluppo neuronale. Molecole come le angiopoietine (Ang-1 e Ang-2) sono implicate nel mantenimento del sistema vascolare e si sta facendo strada un loro potenziale uso nella terapia mirata del GBM. VEGF and Glioma E’ stato dimostrato come nei casi di GBM si produca 11 volte più VEGF-A rispetto ad altri tumori a basso grado di malignità. Si deduce, quindi, che più alto è il grado di malignità e maggiore la progressione della proliferazione incentivata dagli alti livelli di VEGF-A,come succede dei glioblastomi. L’espressione del VEGF nei gliomi coinvolge le aree con necrosi ed ipossia Uso del bevacizumab e trattamento dei glioblastomi Il bevacizumab (Avastin; Genentech, South San Francisco, CA) è un anticorpo monoclonale umanizzato IgG1 che lega il VEGF-A, impedendone l’interazione con i suoi due recettori più importanti per l’angiogenesi (VEGFR1-2). Si tratta del primo agente anti-angiogenetico autorizzato dalla Food and Drugs Administration (FDA). Gli studi pre-clinici dimostravano come l ‘uso del farmaco in ratti affetti da glioma portava ad un decremento dell’angiogenesi tumorale e stimolava l’apoptosi. Successivamente vennero osservati una riduzione del diametro vasale, della permeabilità insieme ad una riduzione della pressione del fluido interstiziale. Da qui l’utilizzo del farmaco in sinergismo alla chemioterapia classica. Alcuni autori, oggi, sostengono che la molecola induca una normalizzazione morfologica e funzionale della vascolarizzazione del GBM ed una riduzione della permeabilità vasale. La dose di bevacizumab nei tumori maligni va da 5 mg/Kg a 15 mg/Kg ogni 2-3 settimane (vedi tab 1.1 per valori di farmacocinetica). Nel Maggio 2009 la FDA ha approvato l’uso del farmaco in monoterapia in pazienti affetti da GBM in progressione, alla dose di 10 mg/Kg e.v. ogni 2 settimane. Caratteristiche farmacocinetiche Valori Note Calcolata a 0, 28, 35 e Farmacocinetica alla dose 0.3-10 mg/Kg 42 giorni. Cmax 0.1 mg/kg = 2.80 g/mL 10 mg/kg = 284 g/mL Emivita 20 giorni Bevacizumab + Bevacizumab-VEGF Accumulation Ratio 2.8 Clearance Maschi 0.262 L/giorno Femmine 0.207 Dose of 10 mg/kg q2w L/giorno Clearance in pazienti con tumore Maschi 0.249 L/giorno Femmine 0.199 L/ giorno Volume di distribuzione Maschi 3.25 L Femmine 2.66 L Eliminazione-metabolismo Sistema reticoloendoteliale Variabili influenzanti la farmacocinetica Interazioni farmacologiche Sesso Correlazione Peso sconosciuta Albumina Fosfatasi alcalina Somministrazione di chemioterapici Transaminasi Doxorubicin; La carboplatino/paclitaxel; concentrazione di FU/leucovorin BV non è influenzata da altri chemioterapici associati BV modifica la concentrazione di altri chemioterapici Paclitaxel; Doxorubicin e FU (~30%); Capecitabine -36% di AUC; SN-38 (irinotecan active metabolite) +33% di AUC o -20% Non vi sono studi di BV in gravidanza , risulta teratogeno nei ratti. Dati prelevati da : 1) http://www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_docs/nda/2008/125085_s091_avastin.pdf (FDA approval Documents) 2) Gordon et al., 2001. J Clin. Oncol. 19: 843-850. 3) Lin et al., 1999. J. Pharmacol. Exp. Ther. 288: 371-378. 4) Shih & Lindley. 2006. Clin Ther. 28: 1779-1802 Tab. 1.1. Farmacocinetica del Bevacizumab Efficacia del bevacizumab nel Glioblastoma L’intervento chirurgico, la radioterapia e l’aggiunta di temozolamide (in fase III di trial) hanno dato buoni risultati sulla sopravvivenza dei pazienti affetti da GBM, ed attualmente è uno standard terapeutico utilizzato. Sono stati provato diversi agenti chemioterapici nei casi di GBM ricorrente, ma le risposte erano drammaticamente basse, tra 5-9%. Dapprima sono stati considerati trials clinici a base di bevacizumab con irinotecan (terapia già in uso nel Ca colon-retto metastatico). La fase II del trial dimostrava che 20 dei 35 pazienti (57%) mostravano una parziale risposta positiva. Successivamente, lo studio BRAIN (sponsorizzato dalla Genetech) con bevacizumab, con o senza irinotecan, e dopo temozolamide, dimostrava una risposta del 38%. I pazienti furono divisi in due gruppi: solo bevacizumab alla dose di 10 mg/Kg (85 pz), e bevacizumab in combinazione con irinotecan (82 pz). Per i pazienti trattati con bevacizumab e irinotecan la risposta positiva era del 50.3% e la sopravvivenza media di 8.9 mesi; nell’altro trial clinico il bevacizumab dava risposta positiva in quasi il 28% dei casi, con una media di sopravvivenza di 9.2 mesi. Da qui l’approvazione del bevacizumab da parte della FDA nel GBM. Oltre a trial con il bevacizumab, recentemente in fase II è stato valutato l’uso della temozolamide (50 mg/m2) aggiunto al bevacizumab. Nel 2011 ci si cimentò nella procedura del trial AVAglio per valutare l’efficacia del bevacizumab in combinazione con radioterapia e temozolamide per pazienti affetti da nuova diagnosi di GBM. I risultati sono stati incoraggianti, con risposte positive nel 87% dei casi. Furono, poi, portati avanti trials clinici per la valutazione di casi di GBM ricorrente; venne considerato un trattamento a base di carboplatino, irinotecan e bevacizumab. La percentuale di sopravvivenza a 6 mesi (PFS-6) fu del 46.5%, non mostrando dei vantaggi rispetto all’uso di bevacizumab solo ed inoltre portava ad un peggioramento della qualità della vita. In Europa il bevacizumab non è approvato ancora per il trattamento dei GBM, cosi sono cominciati studi di fase III in pazienti con nuova diagnosi di GBM. Recentemente, Wong et al riportarono una meta-analisi di 15 studi pubblicati dal 2005 al 2009, che avevano coinvolto 548 pazienti facenti uso di bevacizumab in caso di GBM ricorrente. La media di sopravvivenza era di 9.3 mesi. I risultati sottolineavano come nel 6% dei casi avevamo risposta completa, nel 49% risposta parziale e 29% malattia stabile. La riduzione dell’edema era comunque un punto a favore dell’anticorpo monoclonale. Si vide , però, che la terapia antiangiogenetica, sola o in combinazione con radioterapia, induceva ad un aumento della motilità delle cellule tumorali e quindi dell’invasione metastatica..Ciò perché il blocco vascolare portava ad un aumento dell’ipossia che indurrebbe acidosi, fattore protettivo per le cellule tumorali. In realtà il meccanismo di azione del bevacizumab rimane ancora poco chiaro e si pensa che possa essere regolato da fattori intratumorali, suggerendo cosi il bisogno di una terapia target specifica o farmaci che agiscano sul metabolismo a fianco della terapia anti-angiogenetica. Infatti, a livello molecolare si è visto un aumento di lattato e alanina, insieme con un induzione del HIF1α ed una attivazione della via del fosfatidil-inositol-3-kinasi e come sappiamo,infatti, il metabolismo glicolitico gioca un ruolo importante nell’invasione metastatica. Sicurezza del Bevacizumab E’ molto difficile valutare il reale rischio di una terapia a base di bevacizumab nei GBM, dal momento che molti studi sono poco controllati e pochi sono in fase III. E’ stato notato come per i pazienti affetti da GBM aumenta il rischio di episodi tromboembolici; attualmente in uno studio di 9489 casi di glioma questa patologia è presente in 715 casi (7.5%) e quindi il GBM è stato considerato un fattore di rischio al tromboembolismo venoso. Eventi avversi Frequenza Regime Perforazioni 2-4 % BV+IR BV+IR+radioterapia gastrointestinali Mielosoppressione 9.8-36% BV + Ir o Carboplatinp BV + radioterapia Complicazioni ferite e 1.3-4% BV+IR Tromboembolismo Grado ≥ 3 BV+IR+radioterapia cicatrizzazoni Emorragie Note 0-9.8%. 3.8-4.8% arterioso BV+radioterapia Incluse BV+IR o carboplatino gastrointestinali e BV+etoposide cerebrali BV solo In pazienti con storie BV+IR precedenti e con età superiore a 65 anni Tromboembolismo 3.6-11.4% BV+IR venoso Ipertensione BV solo 3.4-10.7% BV solo Grado ≥ 3 BV+IR BV+Etoposide Proteinuria 1.2-3.8% BV+IR Grado ≥ 3 Ipofosfatemia 4.2% BV solo Grado ≥ 3 BV+IR Iponatriemia 24% BV+radioterapia Infezione 8.5 BV+Etoposide Tab.1.2. Eventi avversi del bevacizumab nei trials di Fase II dei glioblastomi Il primo trial di fase II sull’attività del bevacizumab fu condotto su 35 pazienti; su 23 pazienti alla dose di 10 mg/Kg, mentre su 12 pazienti alla dose di 15 mg/Kg. In entrambi i gruppi venne somministrato irinotecan alla dose di 340-350 mg/m2 in sei settimane di ciclo sia in pazienti che ricevevano antiepilettici (induttori CYP450) e alla dose di 125/m2 in pazienti che non ricevevano antiepilettici. Nonostante l’efficacia provata, con un PFS-6 di circa il 46%, 11 pazienti (31%) trattati presentarono eventi avversi che portarono a prediligere un trattamento discontinuo. I maggiori eventi avversi (ADRs) riguardavano complicazioni tromboemboliche (4 pz), proteinuria di grado 2 (2 pz) astenia (4 pz). Solo un paziente mostrò un caso di emorragia cerebrale. Nel trial BRAIN, grazie ad un maggior arruolamento di pazienti ( 82 con bevacizumab a 10 mg/kg q2w, e 85 in combinazione con irinotecan), fu possibile tracciare un miglior profilo sulla tossicità del trattamento chemioterapico con bevacizumab. In combinazione le ADRs più comuni erano convulsioni (13.9%), neutropenia (8.9%) ed astenia (8.9). Il 17.7% dei pazienti staccò la terapia combinata e solo 1 mori’ in seguito a crisi convulsive importanti. Il bevacizumab da solo portava, invece, a tromboembolismo arterioso (2.5%), complicazioni nelle cicatrizzazioni (1.3%), perforazioni gastrointestinali (2.5%), emorragie cerebrali (3.8%) e tromboembolismo venoso (10.1%). Anche se l’efficacia del bevacizumab nei glioblastomi non è stata completamente valutata dall’EMEA, esso rimane il primo anti-angiogenetico che abbia avuto effetti significativi nei pazienti con tumori di tessuti altamente vascolarizzati (NSCL, mammella, colon-retto). Dai dati clinici in possesso, si vide come il farmaco era ben tollerato e che le ADRs si verificavano indipendentemente dal tumore per il quale era usato. L’ipertensione risultava essere l’evento avverso più comune (più del 38% dei pazienti) e le emorragie muco cutanee (20-40%) (vedi tab.1.2). Conclusioni Stanno continuando gli studi per identificare i fattori genetici responsabili del GBM e cosi anche la sua progressione a partire dalle lesioni primarie degli astrocitomi. Sono, però, disponibili ancora poche informazioni. Uno dei problemi maggiori del bevacizumab, paradossalmente, è dato dal fatto che aumenta l’invasività delle cellule tumorali, riducendo cosi la risposta al farmaco; è comunque stato dimostrato come l’utilizzo di una terapia anti-angiogenetica non altera significativamente i patterns di ricaduta del glioblastoma. Alcuni studi preclinici hanno mostrato che il VEGF è sovra-regolato in risposta alle radiazioni, e questi aumenti potrebbero cosi contribuire alla protezione del tumore. Per questo l’uso del bevacizumab potrebbe essere importante nel contenere questa resistenza. I futuri trials ,come AVAglio [NCT00943826]) e un studio USA (RTOG-0825 [NCT00884741], sponsorizzato dal Radiation Therapy Oncology Group, indirizzerebbero verso una terapia combinata con differenti anti-angiogenetici . Bibliografia De Fazio S, Russo E, Ammendola M, Di Paola ED, De Sarro G. : Efficacy and Safety of Bevacizumab in Glioblastomas. Curr Med Chem. 2012 Jan 2. Stupp, R.; Mason, W.P.; Van Den Bent M.J.; Weller, M.; Fisher, B.; Taphoorn, M.J.; Belanger, K.; Brandes, A.A.; Marosi, C.; Bogdahn, U.; Curschmann, J.; Janzer, R.C.; Ludwin, S.K.; Gorlia, T.; Allgeier, A.; Lacombe, D.; Cairncross, J.G.; Eisenhauer, E.; Mirimanoff, R.O.; European Organisation for Research and Treatment of Cancer Brain Tumor and Radiotherapy Groups; National Cancer Institute of Canada Clinical Trials Group. Radiotherapy plus concomitant and adjuvant temozolomide for glioblastoma. N Engl J Med. 2005, 352, 987-996. CBTRUS. 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