comunicato stampa - embargo fino alle 15 dell`11 ottobre

COMUNICATO STAMPA - EMBARGO FINO ALLE 15 DELL’11 OTTOBRE
Milano, i risultati di uno studio internazionale al Congresso europeo di oncologia (ESMO)
TUMORE DELL’OVAIO, ORA È POSSIBILE RITARDARE LE RECIDIVE
Milano, 11 ottobre 2010 - Si aprono nuove strade nel trattamento del tumore dell’ovaio,
che ogni anno in Italia colpisce circa 4500 donne (nella forma più frequente, quella
epiteliale) e provoca 3000 decessi. Il bevacizumab, farmaco biologico che agisce inibendo
l’angiogenesi, ha infatti dimostrato di aumentare del 15% a un anno la probabilità per
le donne di vivere più a lungo senza che la neoplasia peggiori. Un risultato importante
per un tipo di cancro che nell’80% delle pazienti tende a recidivare. I dati vengono dallo
studio internazionale ICON7 e sono stati presentati oggi, suscitando grande interesse dei
15mila esperti riuniti, al 35° Congresso della Società europea di oncologia medica
(ESMO) in corso fino a domani a Milano, il più importante appuntamento continentale
del settore. “Si tratta di una svolta importante nel trattamento di una malattia che negli
ultimi anni non ha offerto nuove opzioni terapeutiche - spiega il prof. Sandro Pignata
dell’Istituto Tumori Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli -. In questa forma di cancro la
diagnosi precoce è difficile perché non vi sono sintomi che la permettano. Con la
conseguenza che nell’80% dei casi il tumore viene scoperto solo quando è già in fase
avanzata”. Lo studio ICON7 ha coinvolto 1528 donne, suddivise in due gruppi: al primo
è stato somministrato il trattamento standard, al secondo la chemioterapia tradizionale
associandola a bevacizumab. “Siamo riusciti a cronicizzare la malattia grazie alle armi
che abbiamo oggi a disposizione - continua il prof. Pignata -. Uno dei problemi più
importanti nel trattare questa patologia non è la risposta iniziale alla chemioterapia, ma
il fatto che per la maggior parte delle pazienti il tumore si ripresenta dopo un certo
periodo di tempo, nella maggior parte dei casi entro 15 mesi dalla diagnosi iniziale”.
“Anche se non vi sono fattori di rischio chiaramente dimostrati - sottolinea il prof.
Marco Venturini, presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica
(AIOM) - è importante puntare sulla prevenzione. Attenzione quindi allo stile di vita,
seguendo un’alimentazione corretta ed evitando il fumo di sigaretta. Sappiamo inoltre
che le donne con una parente di primo grado colpita da carcinoma ovarico hanno un
rischio più elevato di svilupparlo. Si tratta di tumori causati da mutazioni genetiche
ereditarie. E oggi sono disponibili test per accertare queste alterazioni”.
I dati dello studio ICON7 presentati all’ESMO sono ancora preliminari (quelli definitivi
saranno disponibili tra due anni), ma confermano fortemente i risultati positivi già evidenziati
dal trial GOG 0218 al Congresso americano di oncologia medica (ASCO) dello scorso
giugno. I ricercatori americani hanno infatti dimostrato che bevacizumab somministrato
durante e dopo la chemioterapia è in grado di ritardare la recidiva di mesi rispetto alle pazienti
trattate con sola chemio. Il carcinoma ovarico è il sesto tumore più diffuso fra le donne, ma i
sintomi sono difficili da individuare, in particolare in stadio iniziale e spesso vengono
scambiati per altri disturbi di minore entità. “L’approccio al trattamento di questa neoplasia conclude il prof. Pignata - è necessariamente multidisciplinare. La collaborazione tra
ginecologo e oncologo è fondamentale perché il carcinoma ovarico è una patologia per la
quale sono essenziali sia la componente chirurgica sia la terapia medica”. Bevacizumab agisce
inibendo l’angiogenesi, cioè la crescita di nuovi vasi sanguigni, e limitando ulteriormente
l’apporto di sangue al tumore. Il farmaco è già approvato in Europa per il trattamento degli
stadi avanzati di 4 tipi di tumori: il carcinoma del colon-retto, del seno, del polmone e del
rene.
Ufficio stampa Congresso ESMO 2010
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