Le riforme che hanno trasformato l’economia della Cina e le implicazioni che ciò ha per le altre economie mondiali. Un libro di Alessia Amighini e Stefano Chiarlone, L’economia della Cina, analizza in particolare i principali rischi, Cina: identikit di una grande potenza ECONOMIA di Vittorio Borelli interni e internazionali, di una crescita eccessiva della potenza asiatica e indica i passi necessari per la sua stabilizzazione: flessibilizzazione del cambio, creazione di un welfare State, modernizzazione del sistema finanziario a crescita e l’integrazione internazionale dell’economia cinese sono uno dei fenomeni più importanti della storia economica mondiale. La Cina ha – in parte – recuperato la rilevanza che vantava prima della Rivoluzione industriale del Diciannovesimo secolo e che aveva perduto nei secoli successivi, a causa della più rapida industrializzazione dei Paesi occidentali e della lunga parentesi di chiusura internazionale e pianificazione centralizzata del Ventesimo secolo. Nel 2006, a tassi di cambio di mercato, essa è ormai la quarta economia del mondo e la seconda se il PIL viene valutato in parità di poteri d’acquisto. Secondo varie fonti, se dovesse mantenere tassi di crescita sostenuti, anche inferiori a quelli attuali, nei prossimi 40 anni il PIL cinese supererebbe quello americano. Non è possibile dire se ciò accadrà davvero, ma la Cina è ormai un attore primario dell’economia mondiale, al punto che la sostenibilità del suo ciclo economico è diventata cruciale per quello globale. Purtroppo, gli elevati tassi di crescita registrati dalla Cina e il fatto che essi dipendano soprattutto dagli investimenti, mentre i consumi sono meno dinamici, fanno temere che questa crescita possa avere alimentato un’enorme bolla speculativa, la quale potrebbe L 114 sfociare in un crollo rovinoso, non dissimile da quello che ha colpito buona parte dell’Asia sud-orientale nella seconda metà degli anni Novanta. Questa eventualità è particolarmente preoccupante perché non potrebbe che avere effetti catastrofici sul benessere del Paese e su quello mondiale, come si può dedurre dalle profonde interdipendenze – industriali, commerciali e finanziarie – fra Cina e resto del mondo, che vengono discusse nel volume. Alla luce di questi fattori, è molto importante per la stabilità dell’economia internazionale che la crescita economica della Cina proceda in modo stabile e che ogni eventuale surriscaldamento sia assorbito in modo graduale. Per capire se ciò è possibile, il volume analizza le cause della trasformazione della Cina in una delle più dinamiche economie del mondo. Sebbene non sia facile elencare i fattori alla base di una crescita economica prolungata come quella cinese senza correre il rischio di eccessive semplificazioni, nel volume vengono identificate due grandi forze propulsive: l’apertura internazionale, sia al commercio, sia agli investimenti diretti, e un vasto e graduale programma di riforme strutturali, che ha posto le basi per la nascita di un sistema industriale privato. Liberando Grazia Neri_Sinopix gli animal spirit, le riforme hanno rimesso in moto le forze industriali necessarie a rinnovare il sistema produttivo, sia dal punto di vista dell’allocazione settoriale delle risorse, sia da quello della modernità dell’organizzazione produttiva. Il sistema privato ha progressivamente affiancato l'industria di Stato fino a superarla, per numero di occupati, produttività e valore aggiunto, nonostante che il settore finanziario non l’abbia agevolata, a causa di un’erogazione creditizia squilibrata a favore delle imprese pubbliche, anche per le forti pressioni politiche a loro vantaggio. In sintesi, le riforme sono partite dal settore agricolo e, in particolare, dal graduale smantellamento delle comuni popolari a favore di un sistema semi-privato di gestione della terra che introduceva il diritto di vendere sul mercato la produzione in eccesso rispetto al livello stabilito dal governo. Il successo della riforma del settore agricolo ha spinto il governo a intervenire sui settori industriali, promuovendo una serie di liberalizzazioni e consentendo alle imprese di tenere per sé i propri profitti, al netto di un’aliquota fiscale progressiva. Queste scelte hanno favorito la competitività delle imprese e un forte afflusso di forza lavoro dalle campagne alle indu- strie. Nel 1992, inoltre, il Congresso del Partito Comunista Cinese ha riconosciuto la liceità della proprietà privata nel settore industriale, ponendo le basi per la quotazione in borsa di molte imprese di Stato e per la nascita di molte imprese private. Tuttavia, aver mantenuto in vita il sistema delle imprese pubbliche ha lasciato al governo un rilevante ruolo economico. Da un lato esso ha sussidiato le SOE più deboli per non farle fallire, invertendo – in parte – questa prassi solo dal 2003. Dall’altro, ha continuato a sostenere con una serie di aiuti le più grandi e importanti SOE per trasformarle in campioni globali. Questo supporto ha alterato significativamente la competizione con le imprese straniere, come nel caso delle acquisizioni internazionali compiute da imprese pubbliche che vengono finanziate a condizioni di estremo favore dal governo, attraverso le ingenti riserve estere di cui dispone (oltre 1000 miliardi di dollari), stimolando reazioni protezionistiche a loro svantaggio. Le riforme hanno interessato anche il sistema finanziario, nel quale si è posto fine al sistema di banca unica, attribuendo la responsabilità della politica monetaria alla banca centrale – la People's Bank of China, PBOC – e quella della funzione creditizia 115 CINA: IDENTIKIT DI UNA GRANDE POTENZA se competenze di risk management di molti istituti bancari. Queste fragilità del sistema bancario della Cina sono analizzate in particolare dettaglio nel volume, sottolineando i rischi che esse comportano per la sostenibilità della crescita cinese e discutendo il contributo positivo che potrebbe derivare da una maggiore apertura alle banche straniere. Le riforme industriali e finanziarie sono state, inoltre, strumentali per l’apertura internazionale dell’economia cinese. Infatti, argomenta il volume, essa richiedeva un aumento della competitività delle imprese cinesi per consentire loro di confrontarsi con i concorrenti stranieri. L’apertura internazionale del Paese si è sviluppata attraverso una politica che ha preso il nome di open door policy che ha liberalizzato il commercio con l’estero (soprattutto le esportazioni e solo successivamente le importazioni) e introdotto una profonda liberalizzazione degli inve- _Nel sistema finanziario, si è posto fine al sistema di banca unica, attribuendo la responsabilità della politica monetaria alla banca centrale e quella della funzione creditizia alle banche commerciali Grazia Neri_Sinopix alle banche commerciali. Successivamente, si è iniziato a rendere funzionanti altri canali di mercato di trasmissione dei fondi verso il sistema delle imprese, sebbene essi siano ancora piccoli e inefficienti, e si è consentito la nascita di un vasto insieme di altri intermediari finanziari. Tuttavia, le riforme del sistema bancario non sono state, tuttora, in grado di rendere più efficiente il rapporto fra banche e imprese, anche per la scarsa attitudine commerciale degli istituti bancari cinesi, peraltro gravati da una quota significativa di prestiti non esigibili che sono il retaggio dei finanziamenti eccessivi concessi alle imprese di Stato. Inoltre, la prevalenza di un approccio amministrativo alla politica monetaria e creditizia ha limitato la loro capacità di sviluppare strumenti e processi di valutazione del rischio di credito: solo nel 2005, si ricorda nel volume, l’abolizione degli spread sui tassi interesse passivi ha rappresentato un rilevante passo in avanti in direzione di un approccio di mercato alla gestione del credito. Il sistema finanziario, quindi, è portatore di una profonda inefficienza allocativa che mette a rischio la sostenibilità della crescita, argomenta il volume, sia per le diffuse commistioni fra credito e politica, sia per le scar- ECONOMIA stimenti diretti esteri (IDE). L’impatto positivo dell’apertura internazionale ha anche beneficiato della crescita economica che ha attratto IDE market seeking e dalla trasformazione di questo Paese in un’interessante base di delocalizzazione che, invece, ha attratto IDE asset seeking da parte di multinazionali straniere. L’apertura alle esportazioni, l’integrazione nelle catene internazionali di produzione e la presenza di multinazionali estere hanno trasformato il modello di specializzazione della Cina verso i beni nei quali gode di un vantaggio comparato, cioè quelli intensivi in lavoro poco o non qualificato, incluse le fasi produttive standardizzate ad alta intensità di lavoro delle produzioni più avanzate e hanno ulteriormente favorito la modernizzazione delle imprese, contribuendo a generare un benefico effetto di circolarità. Il Paese è ormai diventato un nodo cruciale del sistema manifatturiero globale e il suo mercato interno è uno dei più importanti del mondo. Il volume mostra gli impatti di questa trasformazione sul resto del mondo, che sono notevoli: da un lato, il modello di specializzazione della Cina può costituire una minaccia per i Paesi che ne condividono lo schema di vantaggi comparati dato che le multinazionali localizzate in Cina (che si mostra che rappresentano più della metà delle esportazioni cinesi) e le imprese cinesi possono sfruttare il basso costo per aumentare la loro competitività ai danni di chi produce altrove; e, dall’altro, la sterminata popolazione cinese e la crescita del suo potere d’acquisto, unite all’elevato livello di investimenti domestici, fanno della Cina un mercato di sbocco irrinunciabile per molte imprese, soprattutto nei settori dei beni di investimento e più tecnologici o di consumo di elevato livello qualitativo. In altre parole, argo- TASSO DI CRESCITA DEL PIL REALE E DELLE SUE COMPONENTI (PREZZI COSTANTI, PERCENTUALE) 1980-88 9,8 10,2 7,5 8,9 18,8 18,6 PIL Consumo privato Consumo pubblico Capitale fisso lordo Esportazioni di beni e servizi Importazioni di beni e servizi 1990-99 10,0 8,3 9,4 12,8 14,0 12,7 2000-05 9,3 7,4 8,1 14,1 20,5 22,0 2003 10,0 6,5 5,1 19,8 20,2 27,0 2004 10,1 7,8 6,9 15,1 21,9 22,1 2005 9,9 8,0 6,0 14,0 19,7 17,9 1995 149 126 101 18 2000 249 215 193 28 2005 762 629 318 46 Fonte: IMF, IIF INDICATORI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE (MDL DI DOLLARI USA) Esportazione di merci Importazione di merci Investimenti diretti all’estero (stock) Investimenti diretti dall’estero (stock) 1980 18 20 1 nd 1985 27 42 6 0,9 1990 62 51 21 4 Fonte: UNCTAD, IIF VALORE AGGIUNTO PER PROPRIETÀ D’IMPRESA (PERCENTUALE DEL TOTALE) Settore privato Settore pubblico controllate dallo Stato collettive 1988 43 57 40,5 16,5 2003 57 42,9 34,1 8,8 Fonte: OECD (2006) 117 CINA: IDENTIKIT DI UNA GRANDE POTENZA menta il volume, i maggiori svantaggi dell’integrazione della Cina dovrebbero riguardare i produttori (e i Paesi) specializzati in beni standardizzati, tradizionali e a basso valore aggiunto, avvantaggiando invece chi questi beni tende a importarli, come le nazioni con un forte settore distributivo e chi si specializza in beni primari o di investimento. L’afflusso di multinazionali costituisce, tuttavia, un rischio per le imprese cinesi che potrebbero perdere quote di mercato domestico nei segmenti di consumo più sofisticati: per questo motivo, esse hanno iniziato a orientarsi maggiormente verso i mercati stranieri, rafforzando le esportazioni, ma anche tramite investimenti diretti all’estero: proprio per rispondere a questa sfida, le principali imprese cinesi stanno divenendo investitori internazionali con la cosiddetta politica del go global. Essa è iniziata verso altri mercati emergenti e si sta spostando verso un approdo più significativo nei Paesi più ricchi, dove le imprese cinesi iniziano a dotarsi delle reti distributive, dei marchi e della tecnologia necessaria a spostare la loro pressione concorrenziale verso i segmenti più sofisticati del mercato. Tutto ciò non fa altro che intensificare gli impatti della loro specializzazione sulle imprese straniere con cui esse concorrono. Il volume mostra che questo percorso di sviluppo industriale è stato accompagnato da una crescita straordinaria: il PIL è passato da 147 a oltre 2200 miliardi di dollari fra il 1978 e il 2005, aumentando mediamente di più del 9% all’anno. Dal lato della domanda, la crescita è dipesa nettamente dalle esportazioni, sebbene anche le importazioni siano cresciute, e dalla forza della domanda inter- na. Un fattore di particolare preoccupazione è che i cicli economici più recenti sono stati caratterizzati soprattutto dall’aumento degli investimenti e da un crescente avanzo commerciale, mentre i consumi sono rimasti stagnanti: il boom degli investimenti sembra dipendere – in parte – da una bolla speculativa il cui esaurimento potrebbe avere gravi conseguenze sull’economia mondiale, mentre l’espandersi dell’avanzo commerciale potrebbe innescare ritorsioni protezionistiche. La bolla dipende – secondo il volume – in parte dal fatto che la Cina non è ancora un’economia di mercato in senso pieno: la ristrutturazione delle imprese pubbliche è incompleta e lo Stato protegge e sovvenzio- GRADUATORIA DEI PRINCIPALI ESPORTATORI E IMPORTATORI DI MERCI (IMPORTAZIONI DI MERCI) Usa Germania Cina Francia Regno Unito Giappone Italia India 118 QUOTA MONDIALE (PERCENTUALE) 1995 2000 2004 14,6 18,8 16,1 8,8 7,4 7,6 2,5 3,4 5,9 5,5 5,0 4,9 5,1 5,1 4,9 6,4 5,7 4,8 3,9 3,6 3,7 0,7 0,8 1,0 1995 1 2 11 4 5 3 6 27 2000 1 2 8 5 4 3 7 25 POSIZIONE 2005 1 2 3 4 5 6 7 23 Grazia Neri_CFP Grazia Neri_Sinopix ECONOMIA _L’apertura internazionale della Cina si è sviluppata attraverso la cosiddetta “open door policy”, che ha liberalizzato il commercio con l’estero e introdotto una profonda liberalizzazione degli investimenti diretti esteri na molte imprese inefficienti, oltre a spingere il sistema bancario a erogare credito al di là delle valutazioni prudenziali. Il governo, argomenta il volume, sembra consapevole della necessità di completare le riforme, lasciando più spazio all’iniziativa privata in molti settori, sebbene sia determinato a creare un gruppo di campioni nazionali pubblici nei settori ritenuti strategici; e rendendo puramente commerciale l’attività di erogazione delle banche. Il volume conclude la sua analisi argomentando che un passaggio cruciale verso una maggiore sostenibilità della crescita economica cinese è che i consumi divengano un motore alternativo di crescita: ciò consentirebbe di contrarre gli investimenti senza rallentamenti eccessivi del PIL e favorirebbe un rientro benigno dall’elevato avanzo commerciale grazie alle importazioni. Per ottenere questo risultato è necessario, secondo l’analisi presentata, completare le riforme, concentrandosi sulla flessibilità del tasso di cambio, sul welfare State e sul funzionamento del mercato finanziario: La rigidità (e debolezza) del cambio favorisce, infatti, un ampio afflusso di valuta este- IMPORTAZIONI CINESI PER TIPO DI IMPRESA 1985/2003 (MDL DI DOLLARI USA) Imprese a capitale estero Imprese nazionali Totale 400 350 300 250 200 150 100 50 0 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2003 119 CINA: IDENTIKIT DI UNA GRANDE POTENZA ra (speculativa e di tipo commerciale) che determina un forte eccesso di liquidità sul mercato, dato che l’offerta di valuta estera deve essere assorbito per difendere la parità e i tentativi di sterilizzazione sono spesso infruttuosi per i bassi tassi di interesse sui titoli di Stato. Oltre a gonfiare la liquidità, ciò porta la Cina a finanziare il debito estero americano a un tasso di interesse basso, invece che investire le medesime risorse in attività a maggiore rendimento, generando in tal modo una perdita potenziale in conto capitale laddove la moneta americana dovesse svalutarsi. Potrebbe essere il prezzo che le autorità cinesi sono disposte a pagare per sostenere la loro export led growth, ma la necessità di sostenere la domanda interna dovrebbe spingere, invece, verso un cambio più forte e flessibile: infatti, i controlli sui movimenti di capitale sono sempre più inefficienti e un cambio fisso in presenza di un conto capitale sempre più aperto è foriero di crisi finanziarie. Una maggiore flessibilità del cambio, al contempo, agevolerebbe un aggiustamento di mercato dell’avanzo commerciale cinese, a sua volta strumentale per ridurre il rischio di azioni protezionistiche straniere contro la Cina. In Cina i servizi sociali sono sempre stati erogati dalle imprese pubbliche: la loro progressiva scomparsa ha comportato, per molti, la perdita di ogni beneficio assistenziale e previdenziale e della garanzia del posto di lavoro a vita senza che esistano sussidi di disoccupazione, mentre i costi per l’istruzione dei figli e per le abitazioni sono aumentati considerevolmente. Ciò ha innescato una Il libro È uscito da qualche settimana in libreria per i tipi di Carocci L’economia della Cina, scritto a quattro mani da due collaboratori abituali di east: Alessia Amighini e Stefano Chiarlone. Amighini, master in Economics alla Bocconi, lavora presso la United Nations Conference on Trade and Development. Chiarlone, master alla Warwick e dottorato ad Ancona, è oggi economista in UniCredit. 120 corsa al risparmio individuale che è costosa per i singoli (e per l’economia che viene privata del contribuito dei consumi), inefficiente e potenzialmente pericolosa. Infatti, per molti l’unica forma di risparmio è il deposito bancario e l’eccesso di risparmio si traduce in eccesso di liquidità per le banche. La scarsità di strumenti di finanziamento per l’acquisto di beni durevoli contribuisce a esacerbare questa situazione e a spiegare la debolezza dei consumi. È evidente che in assenza di un sistema di welfare universale (finanziato in parte con fondi attualmente utilizzati per sostenere le SOE inefficienti) i consumi sono destinati a rimanere deboli e la liquidità eccessiva. Rendere flessibile il tasso di cambio e riformare lo Stato sociale, ridurrebbe la liquidità in circolazione e le banche sarebbero costrette a utilizzare meglio i fondi disponibili, promuovendo in tal modo la modernizzazione dell’industria. Per ottenere questo risultato, tuttavia, occorre anche completare le riforme del sistema finanziario. È necessario, infatti, permettere lo sviluppo degli operatori non bancari che consentirebbe una diversificazione dei risparmi e fonti di finanziamento alternative per imprese e famiglie: ciò stimolerebbe le banche a una maggiore efficienza e produttività. Sarebbe opportuno, inoltre, accettare un più alto livello di fallimenti delle imprese per fare una vera pulizia dei libri bancari. Infine, occorrerebbe intervenire per eliminare le pressioni politiche e migliorare il livello di governance delle banche, spesso sprovviste di una cultura del credito, e delle imprese (soprattutto di Stato) per spingerle a comportamenti più trasparenti e orientati all’efficienza. L’apertura del sistema bancario cinese a operatori esteri, infine, può contribuire a promuovere questa modernizzazione, ma questo processo sarà lungo perché il governo farà di tutto per garantire prima che gli operatori domestici siano adeguatamente competitivi e non è chiaro se e quando le banche straniere potranno fare investimenti di maggioranza nel capitale di quelle cinesi.