La tua guida alle decisioni di investimento Gennaio/Febbraio 2012 — Usa e Cina, la partita dell’anno Cina, da pedone a re Ma gli Usa non giocano in difesa 4.700 promotori finanziari Banca Fideuram e Sanpaolo Invest, un’offerta bancaria completa e 100 sportelli su tutto il territorio. Scopri il meglio del private banking su www.bancafideuram.it e www.sanpaoloinvest.it Società del Gruppo Dati al 30 giugno 2011 Gennaio/Febbraio 2012 Attualità Scenari Gli Usa non fanno marcia indietro 14Cosa manca a Shanghai 215 domande a Pierpaolo Valerio Baselli La crescita economica non si fermerà. L’incognita è l’Europa. Paul Cloonan per essere Wall Street Marco Caprotti L’Intervista Benigno (economista) 16Gli americani rivalutano il risparmio, i cinesi provano a ridurlo Azzurra Zaglio La Cina ha molte carte da giocare La crescita rimarrà sostenuta e l’inflazione fa meno paura. Anthony Bolton In Primo Piano 18 Imprese di stato, è tempo di cambiare Zhao Hu 20Compro la Cina da Milano Giuseppina Parini 3 Gennaio/Febbraio 2012 Rubriche 6 Hanno scritto per noi 7 L’Editoriale Sara Silano 22 Rischio super-potenze, 26 Cina e Usa, motori 40 Cina e Usa sono big Cosa fare in caso di hard landing cinese. Come tutelarsi dalla tagliola delle agenzie di rating negli Stati Uniti. Marco Frittajon Alcuni gestori trovano meno opportunità di investimento in queste due economie. Vediamo perché. Dario Portioli Gli azionari specializzati nei due paesi sono i maggiori per dimensione. Prediligono le large cap e le aziende con forte vantaggio competitivo. Alice Bravi 8 Per cominciare Valerio Baselli Asset Allocation strategie di copertura Analisi Morningstar difettosi? 34 Usa e Cina negli Etf La gamma sul mercato americano è più vasta di quella sull’Asia. Ma le differenze non finiscono qui. Azzurra Zaglio 40 Gli affari d’oro di New York a Pechino Morningstar ha selezionato le aziende Usa avvantaggiate dalla crescita cinese e quelle asiatiche protette dalle barriere alla libera concorrenza. Francesco Lavecchia 4 Gli Strumenti Morningstar anche nei fondi “Ciprendiamocura deltuoinvestimento. Editutto ilsuovalore.” Z Platform per la tua pianificazione finanziaria e assicurativa. Coltivare un valore importante e al tempo stesso proteggerlo è possibile. Con un’unica soluzione: Z Platform. Z Platform è un’innovativa polizza finanziaria assicurativa di tipo unit linked* a vita intera, emessa da Zurich Life Assurance plc Rappresentanza Generale per l’Italia. Z Platform permette di scegliere fra un’ampia gamma di proposte di investimento per tutte le condizioni di mercato. Con Z Platform è possibile adeguare la strategia di investimento e protezione al variare delle proprie esigenze, lungo l’arco della vita. 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Dal dicembre 1979 fino alla fine del 2007, ha gestito il fondo Fidelity Special Situations, best performer tra i fondi retail inglesi per oltre 28 anni. Bolton si è occupato anche di formare i giovani fund manager e gli analisti finanziari e supervisionare il processo di investment management di Fidelity. Direttore editoriale: Davide Pelusi Direttore responsabile: Sara Silano Editor & Analyst team: Valerio Baselli, Alice Bravi, Marco Caprotti, Marco Frittajon, Francesco Lavecchia, Dario Portioli, Azzurra Zaglio Senior contributor: Anthony Bolton, Paul Cloonan, Zhao Hu, Giuseppina Parini. Progettazione editoriale: Sghermersino Romano e Sara Silano Progetto grafico: Renée Benz Grafica: Adnan Alicusic Production designer: Daniela Johns Illustrazioni: Michael Pettit Web developer: Fabio Gilardoni Responsabile pubblicità: Emanuela Bassi Responsabile marketing e sales: Corrado Cassar Scalia Paul Cloonan Paul Cloonan è il responsabile della ricerca azionaria Usa di Pioneer Investments ed è anche responsabile della gestione di alcuni fondi azionari. Cloonan è entrato in Pioneer Investments nel 1997 come analista sui mercati emergenti. Successivamente si è occupato di ricerca per diversi settori nell’ambito del mercato azionario americano, in particolare quello delle telecomunicazioni, dei semiconduttori e dei media. Prima di entrare in Pioneer Investments, Paul era manager nel Financial Advisory Services Group di Ernst & Young, LLP, dove si occupava di analisi e ricerca su società e settori. Ha conseguito un MBA al Babson College ed è CFA dal 1998. Per informazioni pubblicitarie: [email protected] Morningstar Investor N. 5/2012 Registrazione Tribunale di Milano n. 234 del 3 maggio 2011 Morningstar Italy Via Pergolesi, 25 20124 Milano Tel. 02 30301295 www.morningstar.it Morningstar Investor appartiene a Morningstar, che conserva l’intera proprietà intellettuale dei documenti contenuti così come l’esclusività dei diritti di riproduzione, traduzione e presentazione degli stessi. La diffusione delle informazioni contenute in questo documento e la loro riproduzione anche parziale e in qualsiasi modalità senza l’autorizzazione preventiva di Morningstar è vietata. Zhao Hu Giuseppina Parini 6 Zhao Hu è analista azionario di Morningstar China e segue le società industriali e di materie prime. Prima di entrare a far parte di Morningstar nel dicembre 2009, Hu è stato analista finanziario e gestore presso Hni Corporation per due anni. Hu ha conseguito una laurea in finanza e sistemi di gestione delle informazioni al College of Business dell’Iowa State University, dove ha ottenuto una borsa di studio internazionale. Attualmente, Hu sta studiando per ottenere il CFA. Giuseppina Parini è responsabile azionario di Aletti Gestielle Sgr e gestore del fondo Gestielle obiettivo Cina, unico fondo di diritto italiano con prevalente investimento nei titoli cinesi per la parte azionaria. Parini è laureata in Lingue e letterature straniere all’università Ca’ Foscari di Venezia. Grazie a una borsa di studio del Ministero della pubblica istruzione giapponese ha frequentato un Master alla facoltà di sociologia dell’università di Hitotsubashi a Tokyo. Ha lavorato alla Daiwa Securities e alla Lehman Brothers come broker sui mercati giapponesi e asiatici, prima di entrare in Aletti Gestielle. Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 Attenzione, le informazioni sono unicamente indicative. Esse non hanno nessun valore contrattuale e non possono essere considerate come esaustive o esenti da errori accidentali. Morningstar declina ogni responsabilità relativa ai risultati d’investimento realizzati sulla base delle informazioni e delle opinioni presentate all’interno di questa pubblicazione. Esse sono infatti soggette a evoluzioni in ogni momento e senza preavviso, specialmente in funzione delle condizioni del mercato. Non si tratta in nessun caso di una proposta o di un consiglio di investimento. Il magazine non può in nessun caso essere utilizzato per sottoscrivere o vendere i prodotti menzionati nello stesso. Gli investitori sono invitati a verificare se le strategie presentate o discusse corrispondono ai loro obiettivi d’investimento e a consultare i prospetti e tutti gli altri documenti regolamentati relativi ai prodotti. I rendimenti passati non sono per forza dei buoni indicatori delle performance future. L’Editoriale Partita aperta Sara Silano è direttore di Morningstar Investor Nel 1913, Srinivas Ram Wagel pubblicava a Shanghai un libro intitolato Finance in China, nel quale prevedeva che l’ex celeste impero avrebbe superato economicamente l’occidente, perché aveva una popolazione molto più numerosa dell’insieme dei paesi dell’ovest e un costo del lavoro più basso. Siamo appena dopo la fine della dinastia Qing (268 anni di regno), l’ultima prima della trasformazione del paese in Repubblica popolare. Il sorpasso non è ancora avvenuto, nonostante sia passato quasi un secolo. Era dunque sbagliata la previsione? Non proprio, secondo Zhiwu Chen, professore all’università di Yale e uno dei massimi esperti al mondo sulla Cina, che è stato recentemente intervistato da Morningstar. Il punto è che la storia, dopo il 1913, è andata in un’altra direzione: è scoppiata la prima guerra mondiale, il paese è stato invaso dal Giappone, poi è stata la volta della seconda guerra mondiale, di quella civile e, infine, della rivoluzione culturale. Oggi, l’ex celeste impero è secondo solo agli Stati Uniti in termini di prodotto interno lordo, ben distaccato dal Giappone. Le previsioni parlano di un sorpasso nei prossimi anni (secondo le stime del Fondo monetario internazionale avverrà nel 2016), ma esse sono basate sul presupposto che i tassi di crescita rimangano quelli degli ultimi 30 anni, ossia intorno al 10%. In realtà, il paese si trova davanti a grandi sfide per non rimanere vittima del suo passato. La prima è il passaggio da un’economia basata sulle esportazioni a una più orientata ai consumi privati. La seconda riguarda l’indebitamento: la spesa pubblica è lievitata nel 2008 per contrastare la crisi finanziaria internazionale, così come i prestiti erogati alle amministra- zioni locali. Inoltre, i privati hanno beneficiato delle politiche monetarie espansive. Il rischio è che molti debiti diventino insolvibili. Altre sfide dovranno essere affrontate sul fronte delle privatizzazioni e della valuta. Viste da New York, le debolezze di Pechino rappresentano un’opportunità per riaffermare il primato mondiale. L’economia americana ha molti acciacchi, tra cui gli squilibri di bilancio, i postumi della crisi finanziaria. Tuttavia, è molto meno dipendente dall’estero della Cina, in particolare dalla malata Europa. Inoltre, un rallentamento dell’ex celeste impero ridurrebbe la pressione sui prezzi delle materie prime, a beneficio dei consumatori americani. D’altro canto, lo sviluppo della classe media cinese (che è considerato un trend di lungo periodo) è un boccone ghiotto per le multinazionali e per i marchi del lusso. Infine, l’economia statunitense dà segnali incoraggianti, soprattutto nella componente dei consumi privati, che rappresenta la fetta più importante del Pil. Gran parte degli analisti ragionano sulle conseguenze negative della crisi europea e del raffreddamento asiatico, pochi osano previsioni su quali effetti positivi potrebbe produrre il miglior posizionamento dell’economia americana rispetto a quella del resto del mondo. Il punto è chi darà scacco matto nella complessa scacchiera planetaria: la Cina è data per favorita, ma gli Usa potrebbero fare la mossa che non ti aspetti. Sara Silano, Direttore di Morningstar Investor [email protected] Morningstar.it 7 Per Cominciare Potenze a confronto Di Valerio Baselli Il dollaro è la carta vincente degli Stati Uniti sul piano internazionale. Lo sviluppo economico rende forte la Cina. Usa appesantiti dai debiti Già molto grande e sviluppata sul finire dell’Ottocento, l’economia Usa ha cominciato a decollare davvero solo dopo la seconda guerra mondiale. Cresciuta a grandi passi negli anni ‘50 e ’60, oggi gli Stati Uniti d’America sono la più grande economia del mondo, con un Pil di circa 14.300 miliardi di dollari. Ma per quanto? Secondo l’analisi del Fondo monetario internazionale, gli Usa hanno chiuso il 2011 con una crescita del 2,8% (leggermente sopra al 2,3% stimato in autunno), risultato che dovrebbero replicare anche quest’anno (previsioni del 2,9%). Per quanto riguarda il mercato del lavoro, l’Fmi ipotizza un miglioramento nel tasso di disoccupazione, che potrebbe scendere dall’8,5 al 7,8% nel corso del 2012. Tuttavia, la creazione di nuovi posti di lavoro rimane deludente se si considera il tracollo avuto dopo il fallimento della banca Lehman Brothers. I problemi principali, comunque, restano legati al debito pubblico (ha raggiunto nel 2010 i 14,46 mila miliardi di dollari, circa il 100% del Pil, quasi triplicando rispetto al 2000, quando era inferiore ai 5.500 miliardi) e al disavanzo delle partite correnti, in pratica i conti con l’estero. Infatti, gli Usa presentano, a partire dal 1981, uno squilibrio che si è andato approfondendo e che, secondo l’Fmi, andrà peggiorando anche in futuro. In particolare, tale deficit è dovuto ad un forte disavanzo commerciale. Tra le cause principali di questo trentennale disavanzo ci sono i bassi livelli di risparmio delle famiglie, ai quali corrispondono consumi altissimi (intorno al 70% del Pil). 8 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 L’importanza di chiamarsi dollaro Uno dei punti di forza degli Usa è rappresentato dalla moneta: il dollaro statunitense è la valuta di riferimento a livello mondiale, con cui sono quotate le materie prime ed alcuni paesi adottano il biglietto verde come divisa nazionale. Questo vuol dire che gli Stati Uniti possono emettere più moneta di quella necessaria per soddisfare il bisogno nazionale, con conseguente aumento del signoraggio incamerato dalla banca centrale. Il vero vantaggio consiste nell’avere una maggiore libertà di usare gli strumenti di politica monetaria per la stabilizzazione interna. Il Dragone frena ma non si ferma L’economia cinese si affaccia al nuovo millennio come una delle più potenti sul piano internazionale, l’unica in grado di soffiare agli Usa lo scettro di “economia più forte al mondo”. Lo sviluppo economico della Cina è cominciato in particolare sul finire degli anni ’70, quando lo Stato comunista della Repubblica popolare cinese decise di porre fine a decenni di chiusura al mercato (nel 1979 il governo abolisce le restrizioni sul commercio estero). Da allora, l’ex celeste impero ne ha fatta di strada, fino ad arrivare ad essere la seconda economia mondiale subito dopo gli Usa. Dal 2003 al 2011, infatti, la crescita economica non è mai scesa sotto l’8% annuo, arrivando anche al 12% nel 2008. La più grande risorsa dell’economia cinese è sicuramente la manodopera, numerosa e a basso costo, ma anche con segmenti altamente specializzati. La Cina, non a caso, ha basato le proprie fortune sulle esportazioni. E per il 2012? Secondo quanto reso noto dal Libro blu dell’economia, pubblicato lo scorso 7 dicembre dall’Accademia delle scienze sociali cinese, per il 2012 è previsto un progressivo rallentamento della crescita economica. Si prevede che il tasso di crescita del Pil per il 2012 raggiungerà l’8,9%, mentre il Cpi arriverà a quota 4,6%. Sempre lo scorso dicembre la banca d’investimento Barclays Capital ha pubblicato un rapporto, nel quale si osserva che, influenzate dall’ammorbidirsi della recessione economica dell’Eurozona e dall’ulteriore bilanciamento del mercato immobiliare cinese, le previsioni della crescita economica cinese per il 2012 sono ribassate dall’8,4% all’8,1%. Inoltre, si prevede che, alla fine del 2012, la banca centrale cinese possa ribassare di almeno quattro volte il tasso dei depositi di riserva, facendo sì che il deficit finanziario occupi il 2,2% del Pil. Il giorno 6 dicembre l’agenzia Standard & Poor’s ha confermato il rating del credito sovrano a lungo termine della Cina come “AA-” con outlook stabile. K Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy Glossario Pil = Prodotto interno lordo Fmi = Fondo monetario internazionale Cpi = Consumer price index (Indice dei prezzi al consumo) ©2011Morningstar.Allrightsreserved.Productspecificationsaresubjecttochangewithoutnotice. 198 5 198 199 200 4 6 6 198 199 200 7 7 5 “BlackSwan”financialeventsreallyaren’tso rare—itseemsliketheyturnupevery fewyears.Yettraditionalmean-variance optimization,thestandardformore thanhalfacentury,doesn’taccommodate theseextremeoutcomes. Beyond Normal Distributions MorningstarDirect’snewassetallocation functionalityletsyouchoosefromrisk andreturnassumptionsthatincludenormal distributions,aswellas“fat-tailed”and skeweddistributions.Youcanalsogenerate efficientfrontiersthatbetterincor- poratetailriskbyusingmeasuressuchas 198 199 200 6 8 8 198 199 200 9 9 7 ConditionalValueatRisk(CVaR)insteadof standarddeviation.Thesefeaturesandother newstatisticaltechnologiesallowyouto createstrategiesthatbetteraccountforthe volatilityoftherealworld. 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Per il 2012, la nostra aspettativa è per un altro anno di crescita, ancorché modesta, dell’economia d’oltreoceano, con i consumi che rappresentano ancora una componente importante del Pil, mentre sul fronte governativo l’austerità farà da zavorra alla crescita. Comunque il miglioramento congiunturale continuerà e, nelle nostre previsioni, non vediamo scenari recessivi per gli Stati Uniti. Questa previsione è, tuttavia, soggetta a determinate condizioni. I rischi maggiori vengono da fattori esterni come la crisi del debito in Europa o un possibile hard landing dell’economia cinese. Ma se non ci saranno shock esterni la crescita americana ha i mezzi per poter continuare. Sulla strada della crescita Nello scenario che si sta delineando mancano quegli eccessi che di solito caratterizzano la fine di un ciclo economico: bassi tassi di disoccupazione che fanno aumentare il costo del lavoro, investimenti eccessivi e improduttivi, magazzini pieni. Quelli della grande distribuzione, ad esempio, sono quasi vuoti per cui un rallentamento nell’andamento della spesa non dovrebbe punire eccessivamente i 10 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 negozi e i produttori. I consumi, la voce principale del Pil americano, ha sorpreso favorevolmente nella seconda metà del 2011, grazie al buon andamento delle vendite al dettaglio e agli acquisti di auto. Le spese, tuttavia, sono state sostenute in parte da una riduzione dei risparmi e dai tagli delle tasse sugli stipendi. I secondi, in particolare, potrebbero non essere riproposti, per cui il quadro dei consumi nel 2012 sarà ostaggio dell’andamento del mercato del lavoro. Fortunatamente il quadro del settore occupazionale è abbastanza incoraggiante, visto che praticamente tutti gli indici del lavoro mostrano qualche segnale di miglioramento. Le assunzioni nel settore privato stanno crescendo, mentre i licenziamenti e le richieste di sussidi di disoccupazione stanno scendendo. A questo va aggiunto che molti lavoratori stanno lasciando volontariamente il proprio posto: segno che, presumibilmente, ne hanno trovato uno migliore. Nel frattempo ci attendiamo un proseguimento del trend visto nel 2011 sul fronte della crescita degli investimenti aziendali, anche se saranno eliminati gli incentivi fiscali. Anche sull’attività manifatturiera domestica ci attendiamo una crescita grazie a condizioni più favorevoli sul fronte dei costi energetici e del lavoro e grazie a richieste più regolari di pezzi di ricambio per i macchinari dal Giappone. Le Corporation hanno liquidità da investire grazie a buoni flussi di cassa, introiti vicini ai livelli record e un indebitamento sotto controllo. Il contante è disponibile grazie ai prestiti concessi dalle banche e a un mercato obbligazionario che continua ad accogliere bene le nuove emissioni. Le esportazioni sono una fonte di forza per l’economia americana. Si tratta di un settore sensibile all’andamento della crescita globale che, grazie alle richieste che arriveranno dai paesi sviluppati e da quelli emergenti (sia per quanto riguarda le materie prime, sia per i prodotti finiti), continuerà a contribuire al rafforzamento della congiuntura. A meno che, si intende, non si assista ad un forte rallentamento economico a livello globale. Ma, mentre l’Europa potrebbe entrare in una fase recessiva nella prima parte del 2012 (sempre che non lo sia già), i paesi in via di sviluppo potrebbero registrare una nuova fase di accelerazione grazie alle politiche monetarie meno restrittive inaugurate ad agosto 2011. L’attività di costruzione immobiliare ha subito un periodo di stallo dopo gli anni della bolla immobiliare. Adesso, tuttavia, i rischi di un calo sembrano limitati, anche alla luce dei livelli depressi che stiamo vedendo in questo periodo. Qualche segnale di speranza non manca: i prezzi degli affitti, ad esempio, stanno registrando un risveglio. Il settore governativo potrebbe rappresentare un freno alla crescita complessiva in Usa. Non si tratterà di un’austerità sul modello di quella che verrà portata avanti in alcuni stati europei. Tuttavia, si faranno passi avanti sul fronte dei tagli ai budget federali, mentre non ci saranno nuovi stimoli fiscali. Nel frattempo si verificherà un aumento delle tasse sugli stipendi mentre a partire dal 2013 ci sarà un nuovo regime fiscale per le entrate. Rischio Europa Il rischio maggiore per questo scenario è rappresentato dalla crisi del debito in Europa. Mentre gli istituti centrali hanno dato liquidità al sistema bancario, il grado di solvibilità degli stati (e di chi detiene bond governativi) sono elementi di forte preoccupazione. La nostra idea è che lo scenario peggiore sia stato evitato: nessuno dei paesi membri abbandonerà Eurolandia, i governi svilupperanno le riforme strutturali che servono a migliorare la competitività, ad accelerare la crescita economica e a ribilanciare le loro finanze, risolvendo in questo modo i dubbi dei mercati. Gli stati dell’Eurozona, inoltre, creeranno una sorta di meccanismo di finanziamento del debito e delle banche, affrontando il problema della liquidità. Ovviamente non c’è garanzia che tutto questo accada senza incidenti e ci rendiamo conto dei rischi. La Cina fa meno paura Per quanto riguarda la Cina, la possibilità di un hard landing, scatenato da un calo delle esportazioni verso l’Europa, da una discesa dei prezzi delle case o da un problema derivante dai prestiti concessi alle imprese di stato, rappresenta un altro rischio per le nostre previsioni. Tuttavia si tratta di pericoli meno probabili se confrontati con quelli rappresentati dall’Europa. Un rallentamento delle esportazioni verso la Cina maggiore di quello verso il Vecchio continente e una frenata del Paese del Drago farebbero comunque abbassare i prezzi delle materie prime dando un po’ di ossigeno ai consumatori americani. Meglio le azioni Con la Federal Reserve impegnata a tenere bassi i tassi di interesse per un altro anno o due, con una crescita economica modesta e con un’alta avversione al rischio, i rendimenti dei bond americani dovrebbero restare bassi ancora per qualche tempo, mostrando poco valore (i rendimenti sono inferiori all’inflazione su quasi tutta la curva). Anche se la curva degli yield resta ripida, preferiamo puntare sul rischio di credito piuttosto che sulla duration all’interno dei nostri portafogli obbligazionari. Per quanto riguarda le obbligazioni corporate le valutazioni sono attraenti se rapportate alle probabilità di bancarotta scontate dal mercato, specialmente alla luce di uno scenario di crescita. Dal punto di vista delle valutazioni le azioni Usa sono ancora più interessanti dei bond: i dividend yield delle azioni quotate sull’indice S&P500 sono più alti dei rendimenti offerti dai bond decennali, mentre il rapporto fra prezzo e utili è ai livelli più bassi degli ultimi 20 anni. La direzione che prenderanno i titoli azionari e obbligazionari nel 2012, in ogni caso, dipenderà più dalle decisioni che saranno prese a livello politico che da considerazioni puramente fondamentali. K Gennaio/Febbraio: Usa vs Cina, partita aperta La Cina ha ancora molte carte da giocare, ma l’America non lascerà facilmente il podio di super potenza. Cosa manca a Shanghai per essere come Wall Street. Come coprirsi dal rischio hard landing nell’ex celeste impero e dalla tagliola delle agenzie di rating sul debito Usa. Paul Cloonan è responsabile della ricerca azionaria Usa di Pioneer Investments Glossario Hard landing: il termine indica la fase in cui l’economia passa direttamente da uno stato di espansione a uno di recessione. Yield: termine inglese che indica rendimento. In questo caso ci si riferisce al rendimento dei titoli di stato. Quando si parla di dividend yield, invece, si indica il rapporto tra dividendo e prezzo di un titolo azionario. Nel prossimo numero, Markowitz 2.0 e le frontiere dell’asset allocation per il 21° secolo. Nelle edizioni successive si parlerà di previdenza, mercati di frontiera, politiche monetarie e commodity. Per informazioni sulla pubblicità contattare [email protected] Morningstar.it 11 Scenari La Cina ha molte carte da giocare Di Anthony Bolton La crescita rimarrà sostenuta e l’inflazione fa meno paura. Ci sono le condizioni per il rally delle azioni. I prossimi 12 mesi saranno probabilmente decisivi per il mercato cinese poiché gli investitori si renderanno conto che l’economia non si trova in una fase di brusca caduta e l’inasprimento della politica monetaria sarà concluso. L’ultimo anno è stato caratterizzato da una volatilità straordinaria, ma ritengo che non appena si saranno calmate le acque gli investitori si concentreranno sui tassi di crescita relativi che le diverse regioni del mondo possono offrire. Credo fermamente che, alla luce di queste nuove considerazioni, i flussi di denaro si sposteranno progressivamente dai mercati sviluppati, alcuni dei quali presentano gravi problemi di debito pubblico e prospettive di crescita limitate nei prossimi anni, per affluire verso i mercati emergenti, come la Cina, dove la crescita è più sostenuta. Economia in espansione Con questo non intendo dire che la Cina sia immune dal rallentamento che sta attanagliando i mercati sviluppati. Il suo tasso di crescita sarà ovviamente meno brillante, ma l’economia continuerà ad espandersi, con un ritmo compreso fra il 7,5% e l’8%, il che appare molto allettante rispetto al resto del mondo. L’inflazione, pur avendo svolto un ruolo di primo piano nel 2011, ha iniziato a ridimensionarsi. Il rallentamento ha consentito alle autorità cinesi di mettere fine alla politica di inasprimento monetario e questa circostanza dovrebbe favorire i mercati. La rapidità e le 12 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 forme con cui verranno attuate le nuove misure di allentamento dipenderanno in parte dall’evoluzione che seguirà l’economia interna nel prossimo futuro e dall’eventualità che il mondo sviluppato ricada in recessione. Fra i temi all’ordine del giorno, gli investitori attivi in Cina guardano con apprensione al problema dei crediti bancari inesigibili e alla flessione dei prezzi degli immobili residenziali. Sul versante dei crediti bancari potenzialmente inesigibili, gli ostacoli non mancano, tuttavia il governo dispone delle risorse finanziarie necessarie per far fronte alla situazione. Un’attenzione particolare andrà inoltre dedicata all’analisi dei cambiamenti politici che avverranno nei prossimi 18 mesi e che potrebbero indurre le autorità a imboccare una direzione nuova in termini di politica economica. Bene consumi e servizi Per quanto riguarda la strategia di portafoglio, continuo a credere che i settori dei consumi e dei servizi andranno molto bene. Mantengo invece un posizionamento di sottopeso sui settori che fanno capo a banche, export, materie prime, infrastrutture e immobili. Consumi e servizi sono sensibili ad un rallentamento dell’economia cinese, tuttavia li ritengo i settori con le prospettive migliori a lungo termine. Anche se la crescita del Pil dovesse decelerare, prevedo che questi segmenti metteranno a segno performance superiori a quelle dell’economia nel suo complesso. Se le mie previsioni si rivelassero inesatte e ci fosse davvero una nuova recessione che costringerebbe la Cina a varare ulteriori manovre di incentivazione, consumi e servizi ne sarebbero probabilmente i diretti beneficiari. La mia indole contrarian mi spinge ad essere ottimista riguardo alle prospettive dei mercati azionari. Le valutazioni restano molto interessanti rispetto ai dati storici e gli acquisti di azioni da parte dei manager di aziende a Hong Kong non sono mai stati così sostenuti da 11 anni a questa parte, 2008 escluso. L’avversione al rischio regna sovrana e, di solito, l’andamento dei mercati dà torto alla maggioranza. Ritengo quindi probabile una forte ripresa nei prossimi mesi. Un mondo che procede a due velocità Molti osservatori stanno cercando di tracciare un parallelismo tra la situazione odierna sui mercati globali e quella successiva al crollo di Lehman. Tuttavia, per quanto anch’io ritenga che alcune somiglianze ci siano, le differenze esistono. Dopo il fallimento di Lehman, l’attività industriale è praticamente crollata. Oggi, invece, i mercati sono in calo in previsione di contraccolpi sull’attività e di una nuova recessione in Occidente. Non è del tutto escluso che il pessimismo dei mercati finanziari finisca davvero per generare una fase recessiva, ma non credo che sarà così. Innanzitutto, nella maggior parte dei casi le recessioni fanno seguito a periodi in cui l’attività supera il tasso tendenziale e nel ciclo attuale non si è verificato niente del genere. In secondo luogo, i dati economici che arrivano dagli Stati Uniti sono contrastanti e, tutto considerato, i fattori positivi prevalgono su quelli negativi. Infine, a giudicare dal modo in cui viene attualmente gestita l’economia statunitense, penso che le autorità faranno tutto il possibile per evitare una recessione a breve termine. Trovo interessante il contrasto che c’è tra le modalità di reazione alla crisi attuale manifestate dagli investitori e quelle che credo metteranno in campo le aziende. Con lo scenario post-Lehman del 2008 ancora vivo nei loro ricordi, gli investitori stanno riducendo le esposizioni. Le aziende, invece, potrebbero assumere un atteggiamento diverso. Nel 2008, molte società hanno contratto gli investimenti, il capitale circolante e l’organico per poi essere costrette a fare marcia indietro solo un anno più tardi. Questa volta, potrebbero trattenersi dal reagire così repentinamente. L’inflazione in Cina Offerta moneta – M1 Indice Prezzi al Consumo % % 40 8 6 30 4 20 2 0 10 -2 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 La crescita cinese Crescita obiettivo (%) % Annua Crescita (%) 20 20 20 20 20 20 20 Cina ed Europa legate a doppio filo Veniamo ora all’Europa, che è di fatto l’epicentro della crisi attuale. La situazione è stata inquadrata perfettamente nel corso del mio incontro, alcune settimane fa, con uno dei migliori strategist sell-side in Cina il quale, partendo dalla convinzione che il futuro della Cina sia legato a doppio filo con quello dell’Europa, ha parlato di Europa in circa metà della sua presentazione. Per quanto concerne la situazione dell’Euro, i policy maker dovranno decidere se rompere l’Unione monetaria o procedere all’integrazione politica, ma credo che la resa dei conti non avverrà prima di qualche anno. A breve termine, resta da vedere se l’ultimo piano varato si dimostrerà sufficiente a placare i mercati. Detto questo, anche se le nubi si addensano all’orizzonte dell’Europa, non significa che una recessione grave sia inevitabile. Anzi, ritengo errata l’idea che sia imminente. Le tempistiche degli investitori e quelle del mondo reale sono 20 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 Fonte: Elaborazione dati Fidelity spesso sfasate. Gli investitori, infatti, si aspettano che gli eventi abbiano conseguenze dirette sull’attività, ma spesso questo processo richiede mesi per concretizzarsi. Molti paragonano la situazione attuale degli istituti bancari europei con quella delle banche d’investimento all’indomani della crisi dei mutui subprime. A mio parere, invece, il paragone non regge. Allora si trattava principalmente di banche d’investimento, oggi ad essere coinvolte sono le banche commerciali. La crisi del 2008 è stata provocata dai mutui subprime e dalle obbligazioni di debito garantito, mentre la situazione odierna vede concentrarsi il rischio sul debito pubblico dei paesi europei periferici. Sono due cose molto diverse. Anche la reazione delle autorità sarà differente. A mio avviso, le principali banche europee che necessitano di capitale, garanzie e liquidità troveranno il sostegno dei rispettivi governi, che potrebbero essere più generosi nei confronti degli azionisti dato che la crisi attuale non è imputabile principalmente alla cattiva gestione delle banche stesse, come è successo nel caso precedente. Credo che nessun paese lascerà fallire una delle sue banche più importanti, anche se ciò dovesse comportare un declassamento del rating creditizio nazionale. Sono convinto che, in un contesto in cui l’Europa potrebbe manifestare una crescita debole per alcuni anni, gli investitori della regione guarderanno altrove per trovare opportunità di crescita. K Anthony Bolton è gestore del Fidelity China special situations Morningstar.it 13 In Primo Piano Cosa manca a Shanghai per essere Wall Street Di Marco Caprotti Più consumi interni e apertura agli stranieri hanno trasformato la Borsa americana nella più grande piazza finanziaria mondiale. La Cina sta imparando la lezione. Una Borsa aperta alle società straniere e una domanda interna forte. Sono questi i due elementi che mancano, almeno dal punto di vista finanziario, alla Cina per assomigliare sempre di più a un paese capitalista evoluto. Sviluppare questi due fattori, tra l’altro, porterà a pratiche di corporate governance sempre più evolute e a sistemi di lavoro maggiormente sostenibili. Se non per volontà del governo, almeno per la pressione che arriverà dagli investitori internazionali. Il modello di riferimento è l’America che, nonostante la crisi dei subprime scoppiata nel 14 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 2007 e la fatica a ripartire evidenziata anche l’anno scorso, resta il primo mercato azionario del mondo e la locomotiva della congiuntura mondiale. Per quanto riguarda i mercati regolamentati la differenza la fanno i numeri e l’organizzazione. Wall Street vs Shanghai e Shenzhen Il New York stock exchange (Nyse), soprannominato Big Board, è la più grande Borsa del mondo per volume di scambi e la seconda per numero di società. La capitalizzazione totale è di 21mila miliardi di dollari, di cui oltre 7mila miliardi di aziende non americane. Il suo orizzonte geografico si è ulteriormente ampliato da quando si è sposato con Euronext, entrando nelle contrattazioni effettuate nel Vecchio continente. Nelle Borse cinesi (principalmente Shanghai e Shenzhen) vengono trattati due tipi di azioni: le A e le B. Le azioni A sono titoli di aziende cinesi disponibili agli investitori locali (privati ed istituzionali) e agli operatori esteri (banche commerciali, merchant bank, compagnie di assicurazione e fondi di investimento), che sono riusciti ad ottenere dal governo di Pechino lo status di Qualified foreign institutional investors (Qfii). Nel dettaglio, tale status è assegnato dalla China securities regulation commission, mentre la Safe (State administration of foreign exchange) si occupa di regolare la quota di investimento che un investitore estero può collocare nel mercato cinese. Altra caratteristica fondamentale delle azioni A è che sono trattate nella valuta locale (renminbi-yuan). Le azioni B sono, invece, titoli di aziende cinesi contrattati in dollari statunitensi a Shanghai e in dollari di Hong Kong a Shenzhen. Dal 1992 al 2001 tali azioni sono state negoziate solamente da operatori stranieri. Dal febbraio 2001 il mercato delle azioni B è stato aperto anche agli investitori nazionali. I cinesi, tuttavia, stanno guardando alle opportunità che possono dare le quotazioni di aziende straniere. Si parla di un progetto dello Shanghai stock exchange di lanciare un segmento ad hoc. Un’idea che ha già scatenato l’appetito di colossi come Coca Cola, Hsbc, Unilever e Standard Chartered interessati ad aumentare la presenza in un paese con grandi opportunità di business. Lo sviluppo passa dai consumi Nonostante il paese asiatico nell’ultimo decennio abbia segnato tassi di crescita economica superiori al 10%, i consumi interni non si sono mossi di conseguenza. I cinesi rappresentano il 20% della popolazione globale, ma contribuiscono al 6% dei consumi mondiali. Questa differenza è un effetto della strada seguita dalla Cina per diventare una potenza economica mondiale. Fino alla metà degli anni ’80 del secolo scorso i consumi delle famiglie cinesi rappresentavano il 50% del Pil (Prodotto interno lordo). Durante il boom legato alle esportazioni degli ultimi 20 anni la popolazione ha preferito dirottare i suoi soldi su forme stabili di risparmio (come gli immobili), riducendo in questo modo l’acquisto di beni deperibili. Oggi i consumi delle famiglie rappresentano il 35% del Pil, il livello più basso di sempre. L’andamento del mercato cinese MSCI China EUR (Rendimento di Mercato, EUR, Pre-Tasse) K Valore= 16,52K 30 25 19 14 9 6 2003 2005 2007 2009 2011 ... E quello statunitense MSCI USA EUR (Rendimento di Mercato, EUR, Pre-Tasse) K Valore= 6,63K 11 9,3 7,9 6,7 5,6 4,8 2003 2005 2007 2009 2011 Fonte: Morningstar Direct Per sviluppare questo aspetto il paese dovrà seguire la strada segnata dagli americani. Sono tre i fattori chiave. Primo: studiare un sistema di aumento dei salari che tenga conto dell’inflazione (un elemento che, peraltro, potrebbe dare il via alla privatizzazione delle aziende controllate dallo stato dove le buste paga non sono determinate dal mercato). Secondo: continuare a creare posti di lavoro per le persone che si spostano dalle aree rurali. Terzo: sviluppare le infrastrutture, le reti di sicurezza sociale e, soprattutto, il segmento del credito al consumo. Gli Usa hanno dimostrato come quest’ultima, in particolare, sia la strada per far aumentare i consumi. Fra il 1950 e il 1960-70 le spese degli americani sono cresciute proporzionalmente al reddito (4,15% annualizzato), segnando delle frenate nei momenti in cui gli stipendi diminuivano. Il cambio di passo si è avuto all’inizio degli anni ’80 con la liberalizzazione dei servizi finanziari che ha permesso di sganciare la capacità di spesa dalla busta paga. Gli economisti ancora dibattono se la deregulation del credito al consumo abbia fatto il bene della nazione, ma non ci sono dubbi che ha fatto da volano alla crescita delle spese. La necessità di aumentare la domanda interna nasce anche dal bisogno di far fronte alle crisi internazionali. La recessione del 2008, in particolare, ha fatto affiorare i punti deboli della Cina, che dipende in buona misura dalle esportazioni. Sviluppare i consumi interni dovrebbe consentire una crescita più sostenibile e dovrebbe dare una mano a isolare la Cina da shock esterni. Due elementi di stabilità che gli investitori di tutto il mondo apprezzano. K Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy Morningstar.it 15 In Primo Piano Gli americani rivalutano il risparmio, i cinesi provano a ridurlo Di Azzurra Zaglio Come cambiano i comportamenti della popolazione e cosa c’è nei portafogli dei fondi. I cinesi sono grandi risparmiatori. Gli americani hanno vissuto un decennio a leva e ora sono tornati a risparmiare, complice la grave crisi finanziaria. Entrambi prediligono il mercato domestico rispetto a quello estero. Lo si vede anche dai portafogli dei fondi distribuiti nei due paesi. Morningstar ha svolto un’analisi comparata delle due super-potenze dal punto di vista del risparmio, degli investimenti e delle scelte dei gestori. La Cina che risparmia La popolazione cinese è pari a 1,3 miliardi di persone e la forza lavoro è di 776 milioni. Il 50% di essa lavora nel settore agricolo e il 30% nei servizi. Il tasso urbano di risparmio delle famiglie è passato nel giro di pochi anni dal 10% del Pil al 25%. Questo incremento si è verificato in un periodo in cui l’economia cinese ha registrato tassi di crescita a doppia cifra e si sono diffuse aspettative di livelli qualitativi di vita migliori, guadagni più elevati e maggiore prosperità in generale. I cinesi, tuttavia, sono rimasti grandi risparmiatori, tanto che, di fronte alla crisi dilagante nel resto del mondo, il governo ha incluso nella sua politica misure che inducano le famiglie a spendere di più. Le stime del Fondo monetario internazionale suggeriscono che i tassi di risparmio delle famiglie rispondono con forza a un cambiamento del tasso d’interesse reale. Un punto 16 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 percentuale in meno del rendimento reale dei depositi bancari (attualmente sono il veicolo primario di risparmio a disposizione delle famiglie cinesi) abbassa il tasso di risparmio delle famiglie di 0,6 punti percentuali. I cinesi sono così parsimoniosi non solo per un retaggio culturale di una civiltà contadina, ma anche per motivi del tutto moderni e razionali, poiché sanno di essere vulnerabili a causa dell’invecchiamento demografico (accentuato ancora di più dalla politica del figlio unico) e non hanno un sistema previdenziale che garantisca loro pensioni adeguate. Inoltre, vi è l’aumento di spese fondamentali una volta coperte dalla collettività: dalla casa, all’assistenza sanitaria, alle coperture assicurative, all’istruzione. Ciò è ancora più evidente per il fatto che il sistema cinese ha strumenti finanziari di diversificazione degli investimenti e dei rischi ancora limitati e non in grado di competere con i depositi bancari o con la liquidità. La raccolta va sui monetari Andando ad analizzare il mercato dei fondi, si nota anzitutto come i prodotti vendibili sul mercato cinese sono poco più di 1.200, che comparati a quelli americani che ammontano a quasi 26.000, ci fanno capire come per i cinesi la scelta sia ancora limitata. Dai dati di Morningstar Direct sui flussi dei fondi (gli ultimi disponibili sono al 30 settembre 2011) emerge come i cinesi abbiano la tendenza a disinvestire le loro quote in fondi. La categoria che più soffre è quella obbligazionaria che registra una perdita di 26 miliardi circa in yuan cinesi. Sono negativi anche i dati degli azionari. Ad oggi gli unici positivi sono i monetari con più di 7 miliardi di flussi. L’analisi dei portafogli obbligazionari mostra una buona quota di convertibili (43,50%), corporate (52,22%) e governativi non Usa (56,28%). Non c’è esposizione al debito governativo americano, ma piuttosto alle banche americane con rating tripla A. Per quanto riguarda la componente azionaria, che insieme a quella obbligazionaria è la più rappresentativa in termini di fund size, i settori che predominano sono le materie prime (19%), l’industria (16%) e il finanziario (15%), seguiti dai consumi ciclici con il 13%. Qui, si preferisce puntare soprattutto sulle large cap (66%), privilegiando uno stile growth (57%). A livello geografico, ben il 94,08% è investito esclusivamente in Cina. Usa più parsimoniosi La popolazione statunitense è di quasi 309 milioni di persone, secondo i dati del Census 2010, collocandosi al terzo posto, dopo Cina e India. Caratterizzata da alta produttività, alimentata da abbondanti risorse naturali e da una sviluppata rete di infrastrutture, secondo il Flussi netti nei fondi cinesi in yuan (dati trimestrali) Allocation Alternative Equity Fixed Income Money Market Il portafoglio dei fondi cinesi Classes Average of Asset Average of Asset Average of Asset Average of Asset Allocation Cash % Allocation Equity % Allocation Bond % Allocation Other % Allocation 20 704 7 150 Alternative 10 7012 7 100 Commodities 35 6653 Equity 13 840 2 (mld) 50 0 Fixed Income -50 Grand Total -100 14 7 24 54 14,41 63,67 7,4 14,52 -150 -200 -250 03-2009 03-2011 03-2010 Il portafoglio dei fondi Usa Flussi netti nei fondi americani in dollari statunitensi (dati trimestrali) Alternative Money Market Balances Commodities Municipal Bond International Stock Taxible Bond U.S. Stock (mld) 200 100 Classes Average of Asset Average of Asset Average of Asset Average of Asset Allocation Cash % Allocation Equity % Allocation Bond % Allocation Other % Allocation 11,52 Alternative 74,42 12,506.17 6,91 Commodities 46,78 Equity 53,8930,24 4,36 10,9429,79 12,49 3,96 94,230,68 1,12 Fixed Income 10,37 0,54 Convertibles -0,90 5,3511,15 84,40 86,23 2,86 Tax preferred 3,44 0,01 96,32 0,23 Grand Total 8,76 61,13 27,83 2,29 0 -100 -200 -300 03-2009 03-2010 03-2011 Fonte: Morningstar Direct Fondo monetario internazionale, l’economia degli Stati Uniti genera un Pil annuo di 14.300 miliardi di dollari, che costituisce il 23% del Prodotto interno lordo mondiale ai prezzi di mercato e quasi il 21% del Prodotto mondiale lordo a parità di potere d’acquisto (PPA). Prima della crisi, gli americani sono stati indotti a risparmiare poco dalla crescita del valore della loro ricchezza reale (finanziaria e immobiliare): perché risparmiare, cioè evitare di consumare il reddito corrente, quando si diventa sempre più ricchi grazie alla rivalutazione del proprio patrimonio? In effetti, negli anni antecedenti la crisi, il tasso di risparmio delle famiglie americane è diminuito di pari passo con l’aumento di valore dell’insieme della ricchezza finanziaria e immobiliare e con la crescita del livello di indebitamento. Oggi, l’elevata disoccupazione e la fase di deleveraging rendono gli americani più parsimoniosi. con tutti gli stili (value, core e growth) ben rappresentati. In termini di aree geografiche, l’asset allocation è incentrata sui titoli americani (quasi il 70%), seguiti da quelli del Regno Unito e del Giappone. Un portafoglio domestico Analizzando i flussi netti di investimento nei fondi, gli americani da inizio anno a settembre 2011 hanno disinvestito dai fondi domestici, che sono passati da una raccolta di 27 miliardi e mezzo di dollari a marzo a meno 44 miliardi a settembre. I flussi, seppur ridotti, rimangono concentrati nelle categorie degli alternativi, delle commodity e dei fondi bilanciati. A differenza dei cinesi, i prodotti monetari stanno soffrendo per i riscatti. Guardando ai portafogli obbligazionari, si nota come, rispetto a quelli cinesi, non predominino i titoli convertibili (solo lo 0,6%), ma corporate (29%) e treasury (11,22%). Complessivamente i bond domestici rappresentano l’81%. K Azzurra Zaglio è editor di Morningstar in Italy Uno sguardo ai portafogli dei fondi azionari mostra una prevalenza dei settori tecnologici (15,44%), industriali (13,68%) e finanziari (12,65%). Prevalgono le large cap (54,88%), Morningstar.it 17 In Primo Piano Imprese di stato, è tempo di cambiare Di Zhao Hu Sono potenti e spesso spendaccione. Ma fanno gola. E il cambio alla guardia del partito nel 2012 potrebbe mutare il loro destino. Qualcosa potrebbe cambiare nelle aziende di stato cinesi. Il calo dei profitti e l’aumento dei rischi legati all’azionario europeo e americano, sta spingendo sempre più operatori a cercare la sicurezza dei monopoli del colosso asiatico. Le aziende controllate dal governo (definite dagli analisti Soe, acronimo inglese di State owned enterprises) nel 2010 hanno visto i loro profitti aumentare mediamente quasi il 38%, mentre i guadagni del settore finanziario, di quello delle risorse e di quello dei trasporti sono più che raddoppiati. Il risultato è che le imprese di stato oggi rappresentato il 30% del Pil (prodotto interno lordo) cinese. Nonostante un Roe (Return on equity) più basso della media, un investimento in questo tipo di asset è sempre stato considerato sicuro. Tuttavia, con il cambio alla leadership di governo previsto per il 2012, qualcosa potrebbe mutare. La preoccupazione di Pechino è che il cattivo utilizzo dei profitti e la crescita delle spese che si registrano nelle Soe possa ritardare il ribilanciamento dell’economia del paese. La lobby delle Soe Spinte dallo stato, che negli ultimi cinque anni ha cercato di creare dei “campioni nazionali”, nel corso del tempo sono diventate una potente gruppo di pressione la cui crescita spesso è stata portata avanti a discapito delle aziende private e di quelle straniere. A causa 18 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 dello scarso sviluppo del mercato azionario e di quello obbligazionario, più dell’80% dei capitali passa dalle banche controllate dal governo. Queste ultime preferiscono impiegare il denaro nelle Soe, data la difficoltà nell’ottenere informazioni credibili sullo stato patrimoniale delle piccole e medie imprese. A questo va aggiunto che le aziende controllate dallo stato (e chi in queste investe) godono di un regime fiscale più favorevole rispetto alle società private e straniere. Un altro problema è rappresentato dai dividendi. Fino al 2007 le Soe non avevano l’obbligo di pagare la cedola agli azionisti. Ora che lo fanno, non tutti i soldi finiscono nei bilanci dello stato. Una situazione del genere ha portato la Cina a una condizione di eccessiva crescita (guidata proprio dai suoi campioni a cui praticamente è stato lasciato campo libero) e di forte dipendenza dagli investimenti altrui. Fra il 1981 e il 1999 per produrre uno yuan di Pil era necessario un investimento di 0,05 yuan. Negli ultimi 10 anni per creare lo stesso ammontare di Prodotto interno lordo ce ne sono voluti 1,7. Allo stesso tempo il Roe medio delle Soe è stato dell’8,6% contro il 12,9% delle aziende private. Nel frattempo le aziende governative si sono guadagnate una pessima fama sui media. Spese faraoniche Spesso a ragione e non solo per motivi legati ai rendimenti (celebri in Cina sono le spese faraoniche di Sinopec per i liquori o i cattivi investimenti immobiliari all’estero fatti da Crcc). Tuttavia le pressioni da parte delle aziende locali e straniere per eliminare gli eccessivi privilegi di queste società non sono serviti a molto. Nonostante gli sforzi fatti dal governo in diversi campi (dalla creazione di posti di lavoro ai tentativi di avere un modello di crescita più sostenibile) poco o niente è stato messo in campo per contenere lo strapotere delle Soe. Tuttavia, la comprensione delle inefficienze di queste società da parte della politica è un passo importante nel processo di trasferimento della ricchezza che permetterà di far crescere i consumi privati e ridurre la dipendenza dagli investimenti stranieri. Qualche passo in questa direzione, in realtà, è stato fatto. Alcune tasse sono state alzate per compensare i costi bassi che queste aziende incontrano in determinati settori, per risarcire i danni all’ambiente e per offrire una copertura sanitaria ai dipendenti. Le Soe, inoltre, oggi sono obbligate a versare il 45% dei loro guadagni allo stato: un notevole aumento rispetto al 5-10% di prima. Progressi in queste direzioni permetteranno un miglior utilizzo dei capitali. Soprattutto per quanto riguarda la sicurezza sociale. Un elemento quest’ultimo, che potrebbe permettere alle famiglie cinesi di aumentare la propensione al risparmio. Organigramma delle relazioni tra le imprese pubbliche e gli organi ufficiali governativi Il ruolo della politica Con il cambio alla guida del partito comunista nel 2012 potrebbero arrivare profonde e veloci trasformazioni nel modo di operare delle Soe che avranno pesanti implicazioni nelle scelte degli investitori. Gli operatori potrebbero trovare più remunerativo puntare sulle aziende private. Questo costringerebbe le statali, soprattutto in assenza di sussidi pubblici, a migliorare la produttività dando una ulteriore spinta alla crescita economica della Cina. Le tre svolte Questa rivoluzione potrebbe portare almeno tre cambiamenti. Primo: un consolidamento nel comparto delle costruzioni. L’urbanizzazione, infatti, resterà uno dei punti di forza della crescita del paese. Ma investimenti più razionali porteranno a minori spese per le materie prime con conseguenti minori introiti per le aziende del settore. Questo renderà necessario fare fusioni e acquisizioni. Una strategia nella quale potrebbero giocare un ruolo importante le Soe. State Council of the National Peoples’ Congress Misnistries SASAC Local Governments Local SASACs Legend SOE: State owned enterprise Central SOEs Local SOEs Subsidiaries or Departments Subsidiaries or Departments SASAC: State owned assets supervision and administration commission of the state council Fonte: Deng, Morck e Wu Valore lordo della produzione industriale per tipologia di imprese, 2009 Secondo: una crescita del settore finanziario, soprattutto per quanto riguarda le banche medie e piccole che saranno in grado di competere ad armi pari con quelle più grandi. Share-holding Corporations Limited 13% State-owned Enterprises 11% Collective-owned Enterprises 2% Terzo: una maggiore capacità di rsiparmio da parte delle famiglie porterà a un migliore sviluppo del comparto del risparmio gestito che, a sua volta, renderà i cinesi ancora più ricchi. Questo si trasformerà in maggiori consumi, soprattutto per quanto riguarda il lusso, i beni di consumo e i divertimenti. K Other 2% Corporative Enterprises 1% Other Enterprises 1% Joint Ownership Enterprises 0,3% Private Enterprises 41% Limited Liability Corporations 31% Zhao Hu è analista azionario di Morningstar in Cina Fonte: National Bureau of Statistics of China Morningstar.it 19 In Primo Piano Compro la Cina da Milano Di Giuseppina Parini Pubblichiamo la testimonianza dell’unico gestore di un fondo di diritto italiano che investe prevalentemente in azioni dell’ex celeste impero. Per investire in Cina non si può prescindere da considerazioni di carattere macro-economico. L’andamento globale ha dei riflessi non trascurabili sul ciclo del paese, come ha mostrato la crisi europea. Per quanto la Cina abbia dimostrato di avere un’esposizione contenuta al debito sovrano europeo, l’aumento dell’avversione al rischio degli investitori ha avuto ripercussioni anche sui suoi asset finanziari. Difficile, quindi, parlare di decoupling in senso lato, quando le economie sono strettamente connesse le une alle altre. Rimane tuttavia una sostanziale differenza dei trend di crescita. Questo significa che è ragionevole supporre che le economie emergenti continueranno ad essere superiori a quelle sviluppate. Titoli cinesi per stranieri Per investire in Cina, la valutazione delle politiche governative sono fattori importanti. Non si può prescindere dalle decisioni degli organi di Governo per ponderare le aspettative legate al mercato borsistico locale. E’ fondamentale, quindi, avere più fonti di informazione, avendo cura di non perdere di vista il quadro generale. Spesso le singole notizie sono decontestualizzate o assunte come principio guida di tutto il mercato. La Cina è un Paese grande e il singolo evento è come la tessera di un puzzle che assume un significato solo se riconosciuta come parte di un disegno più grande. Chi guida il mercato 20 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 è il Partito, con le sue decisioni, espresse nei vari piani quinquennali o durante i singoli congressi. E’ in queste occasioni che si decide il futuro del Paese e della sua industria. Gli investitori stranieri possono comperare i titoli cinesi quotati sui mercati internazionali, tranne quelli espressi in renminbi, listati sulla borsa locale (a meno di essere investitori qualificati). E’ possibile comperare anche titoli domestici espressi in dollari statunitensi o di Hong Kong quotati a Shanghai o Shenzhen. A tu per tu con le aziende L’incontro con il management, prima di decidere l’acquisto di singoli titoli non è una pregiudiziale. E’ prassi, tuttavia, creare l’occasione perché ciò avvenga in Italia o direttamente in Cina. L’incontro con l’azienda è sempre un momento importante per conoscerne sia il business model sia l’approccio generale nei confronti dell’investitore. In oltre dieci anni ho riscontrato un miglioramento del livello di trasparenza e comunicazione. E’ pur vero che non sempre è facile reperire le notizie e, soprattutto, verificarne la fondatezza. Le fonti di informazioni sono diverse e vanno dalla stampa, a Internet, a centri studi indipendenti o di banche di investimento. Le difficoltà nell’investire in azioni cinesi sono diverse, ma soprattutto circoscrivibili alla conoscenza del modello di sviluppo dell’azienda e al management, senza sottostimare l’importanza del contesto. Non va poi dimenticata l’importanza dei flussi di investimento che possono significativamente influenzare l’andamento dei mercati. La differenza di quotazione che a volte sussiste tra titoli domestici e omologhi quotati sui mercati locali è un altro aspetto da indagare, perché la tipologia di investitori è diversa. Gli scherzi del fuso orario Investire in Cina, di fatto, non è molto dissimile dall’operare su altre Borse. La giornata inizia alle 7.30, quando il mercato è ancora aperto. Le notizie si rincorrono, poi, nell’arco della giornata in attesa della chiusura di Wall Street. Chi investe in Asia, però, deve maturare le proprie decisioni anzitempo. Il fuso orario impone di operare senza conoscere ciò che determinerà l’andamento del mercato il giorno successivo. Forse è meglio così, l’andamento dei prezzi non influenza psicologicamente il gestore e si va a dormire con un filo di tensione su come andrà il mercato che si stempera solo la mattina successiva, sempre che non si venga svegliati nel mezzo della notte da una telefonata che, di solito, non è mai foriera di buone notizie. K Giuseppina Parini è responsabile azionario di Aletti Gestielle e gestore del fondo Gestielle obiettivo Cina L’Intervista 5 domane a Pierpaolo Benigno (economista) Di Valerio Baselli La Cina e gli Stati Uniti si contendono la supremazia economica nel nuovo millenio, ma nonostante questa rivalità i loro destini dipendono l’uno dall’altro. Non è infatti un caso che l’ex celeste impero sia oggi il più grande finanziatore del debito pubblico americano (e non solo). Ma quali sono le conseguenze di questa situazione? Abbiamo rivolto la domanda a Pierpaolo Benigno, docente di Economia presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma. Valerio Baselli (VB): Negli ultimi anni la Cina si è contraddistinta per l’attività di finanziamento verso i paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, tanto da arrivare a possedere circa il 15% del suo debito pubblico. Quando è cominciato questo trend? Pierpaolo Benigno (PB): L’accumulazione di riserve da parte della Cina è iniziata attorno al 2000 e in maniera significativa dal 2003, come riflesso di un modello di crescita guidato dalle esportazioni. L’afflusso di capitali, come contropartita del saldo positivo della bilancia commerciale è stato abilmente “sterilizzato” portando all’ingente accumulo di riserve, senza che si alimentasse troppo la base monetaria. Questo modello di sviluppo è risultato congeniale e speculare a quello degli Stati Uniti che invece crescevano consumando al di sopra delle proprie possibilità, grazie al finanziamento proveniente dalla Cina stessa. riduzione dei debiti privati. Per la Cina diventa sempre più necessario passare ad un modello di sviluppo centrato sui consumi interni e sulla produzione di servizi. Ma queste transizioni richiedono tempo. Nel frattempo il modello scricchiola. Sia la crisi americana che quella europea hanno suonato il campanello d’allarme per la Cina sulla solidità di un modello basato solo sulle esportazioni. D’altra parte il costo del lavoro si sta alzando e la Cina stessa inizia a delocalizzare. Inoltre è sempre più difficile mantenere il cambio sottovalutato senza creare pressioni inflazionistiche, che mettono a rischio la coesione sociale cinese. VB: Quali sono le conseguenze del fatto che la Cina sia un forte creditore degli Usa? PB: È un fattore di instabilità per entrambi i paesi. Per la Cina, perché senza una buona diversificazione delle proprie riserve, potrebbe andare incontro a forti perdite nel caso in cui il dollaro si svalutasse nei confronti del renminbi e la solvibilità americana cominciasse a pericolare. Per gli Usa, perché corrono il rischio che un cambio di portafoglio repentino di un creditore così importante possa creare problemi di finanziamento e una crisi di fiducia. C’è quindi un problema di dipendenza, sulla quale la Cina gioca in maniera strategica per mantenere il modello del passato e non rivalutare la propria moneta. VB: Circa un anno fa è scoppiata tra Cina e Usa la “guerra delle monete”. Come si è evoluta la situazione? PB: Per ridurre gli squilibri, gli Usa hanno bisogno di stimolare le esportazioni (dollaro debole). D’altra parte la Cina non è ancora pronta per abbandonare un modello basato sulle esportazioni e resiste ad apprezzare la valuta. Se le divise non si muovono nella giusta direzione, gli aggiustamenti si scaricano sui prezzi. Movimenti dei tassi di cambio sono quindi necessari per un aggiustamento, ma possono infliggere costi importanti per chi detiene debito. Un dollaro fortemente deprezzato potrebbe scatenare una crisi di fiducia anche sul debito americano. K Pierpaolo Benigno è docente di Economia presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma. È anche ricercatore associato per il Cepr (Centre for economic policy research), l’Eief (Einaudi institute for economics VB: Qual è la posizione dell’Europa? VB: Questa situazione è sostenbibile? PB: Non è un modello che si può riproporre nel futuro. Innanzitutto, la crisi finanziaria sta profondamente cambiando le abitudini degli americani e ha già portato ad un processo di Data l’incertezza sul futuro dell’euro, sarà difficile che la Cina si prenda il rischio di finanziare gli stati europei, se non con forti contropartite commerciali. and finance) e il Nber (National bureau of economics research). In precedenza ha insegnato alla Columbia PB: L’Europa avrebbe potuto offrire una valuta di riserva solida e alternativa, ma ora che la crisi la colpisce in pieno ha un disperato bisogno di finanziamento per i suoi debiti sovrani e bussa alle porte dei cinesi. University e alla New York University. Le aree di interesse di Benigno sono in particolare la macroeconomia e l’economia monetaria. Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy Morningstar.it 21 Asset Allocation Rischio super-potenze, strategie di copertura Di Marco Frittajon Cosa fare in caso di hard landing cinese. Come tutelarsi dalla tagliola delle agenzie di rating negli Stati Uniti Quando si parla di mercati finanziari ormai l’orizzonte è necessariamente quello internazionale. Le maggiori economie nel mondo sono sotto un eccezionale periodo di stress e l’incertezza è il sentiment che accomuna un po’ tutti, dal risparmiatore all’investitore, dal politico all’imprenditore, sia ad est sia ad ovest. Il destino dell’Europa è tutt’altro che roseo, la politica fiscale statunitense deve rimettere mano al debito pubblico e alle riforme al più presto, la Cina del premier Wen Jiabao richiede interventi strutturali che adeguino un modello economi- 22 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 co che egli stesso descrive come “poco stabile, sbilanciato, scoordinato e in ultima analisi insostenibile”. America e Cina però hanno l’incognita delle elezioni, quindi si dovrà attendere. In tutto questo, chi si trova a gestire un capitale finanziario non dorme sonni tranquilli e ha da tempo spostato energie e competenze dal perseguimento di un rendimento alla gestione del rischio. Cina, una copertura dall’hard landing A seguito della storica visita di Deng Xiaoping nella Cina del Sud nel 1992 e il conseguente processo di modernizzazione del socialismo e di apertura economica, la Cina è diventata sempre più integrata nell’economia mondiale. Il persistente e ampio “surplus gemello” (nelle partite correnti e in conto capitale) rappresenta uno dei punti più discussi tra i politici e gli economisti negli ultimi dieci anni. Prima fra le maggiori potenze economiche a superare la grande crisi finanziaria del 2007-2009, ci si domanda se sia da considerare come un nuovo modello da imitare oppure se le tensioni degli ultimi mesi siano il preludio per quello che viene chiamato dall’economista Nouriel Roubini un hard landing, ossia la fine della crescita economica. Dal punto di vista di un gestore attivo, ci si pone il quesito di come affrontare il rischio che deriverebbe da uno scenario pessimista sul futuro dell’economia cinese. Una strategia di investimento di tipo market neutral, per esempio, mira a coprirsi dal rischio di crollo dei mercati su cui il portafoglio è investito. Tale strategia si applica attraverso posizioni lunghe coperte da posizioni corte sul medesimo settore o area geografica. Una possibile soluzione viene da un nuovo metodo di ottimizzazione di portafoglio chiamato “particle swarm optimization” (Kennedy-Heberhart, 1995) che ha il fine di selezionare un numero ristretto di titoli quotati sulla borsa cinese presenti nell’indice Hushen 300 (indice che rappresenta la borsa di Shanghai e di Shenzhen, per un valore di mercato complessivo del 60% del mercato cinese). La strategia market neutral si mette in pratica acquistando titoli che sovraperformano il mercato e contemporaneamente avendo una posizione corta sul future dell’indice di riferimento. La motivazione per questo tipo di strategia è quella di coprirsi dal rischio sistematico pur mantenendo in portafoglio i titoli delle società su cui il gestore attivo ha una forte convinzione. Se il processo di selezione è quantitativo, la scelta dei titoli può avvenire in base a due criteri: il maggiore livello di contribuzione nell’indice di mercato e la diversificazione settoriale. Il vincolo di downside viene imposto attraverso la misura di tracking error (TE) del portafoglio rispetto all’indice. In pratica la funzione obiettivo è la minimizzazione del TE con i seguenti vincoli: Min Prob (TE < 0) l u’ w A w <w<w A { ∑ w = 1, w Max numero titoli = K Confronto fra strategie di copertura dal rischio Cina in caso di scenario negativo Risk Reward (x) Equities Rates FX Commodities Credit 13 USDCNY (FX) 11 Mo re E 9 ffic USDTWD (FX) 7 5 USDKRW (FX) 3 AUD-USD (FX) 15000 t Ta il H edg es Korea Sov 5yr CDS NZDUSD (FX) China Sov 5yr CDS KRW (Rates) 5000 ien 25000 KOSPI2 (Equity) Australia Sov 5yr CDS 35000 HSCEI (Equity) HSI (Equity) 45000 AUD (Rates) 55000 I costi sono misurati in USD e si riferiscono all’acquisto di una strategia che paga 100 milioni USD all’avverarsi dello scenario negativo; il ratio rischio/rendimento è misurato come rapporto fra massimo rendimento e massima perdita attesa (fonte Morgan Stanley) dove w sono i pesi da assegnare ai titoli, wl e wu sono i vincoli di posizionamento (minimo e massimo). La minimizzazione è di tipo quadratico. Questa tecnica euristica deriva dalla scienza che studia i fenomeni evolutivi. La sua originalità sta nel metodo di selezione del portafoglio ottimale. Un primo gruppo di portafogli viene generato in modo casuale, poi viene testato il candidato migliore in base alla performance ottenuta nel periodo di test secondo i principi del comportamento collettivo (quello che viene osservato è l’evoluzione nel tempo delle singole particelle, ossia dei singoli portafogli). Studi empirici fatti dalla University of Science and Technology of China, nel periodo 20092010, dimostrano che questo tipo di ottimizzazione permette di implementare una strategia di investimento che, valutata ex-post (fuori dal periodo di campionamento), sovraperforma il mercato e mantiene controllato il livello di rischio del portafoglio. Forme alternative di copertura del rischio di rallentamento economico, quindi di effetti depressivi sulle posizioni in portafoglio, possono essere implementate attraverso delle posizioni direzionali, che in gergo tecnico vengono chiamate put, su alcuni temi di investimento tipo valute, materie prime e titoli azionari esposti sulla Cina. Un esempio è il cambio dollaro/ yuan e il cambio dollaro statunitense/dollaro taiwanese. Il grafico mostra la profittabilità in senso di rischio-rendimento e sul lato dei costi di alcune asset class. Dal grafico emerge che le coperture in valuta sono le più efficienti in termini di costi e risultati. Da notare la copertura sul cambio dollaro/ yuan che ha il maggior beneficio potenziale ma che tuttavia potrebbe rivelarsi meno realizzabile a causa delle restrizioni imposte ai flussi di capitale dalle autorità cinesi. Al secondo posto c’è la copertura sul dollaro taiwanese. Debito sovrano cinese Un numero sempre maggiore di investitori da Morningstar.it 23 Asset Allocation inizio 2010 ha accumulato Cds (Credit default swap) sul rischio di default del debito cinese. Potrebbe essere uno strumento imperfetto per coprirsi da una recessione, però c’è un’evidente carenza di strumenti per tutelarsi dai rischi sulla Cina. Il numero dei volumi in Cds sulla Cina è raddoppiato da inizio 2010 fino ad un valore di 9,2 milioni di dollari. Lo spread a cinque anni è triplicato. E’ un chiaro segnale di apprensione, ma dal punto di vista dell’analisi fondamentale, questa tensione non è giustificata visto che il paese ha un rapporto debito/Pil del 30% (stima del 2011) e riserve di capitale per oltre 3 miliardi di dollari. E’ pur vero che l’espansione creditizia degli ultimi anni e lo stimolo da parte del governo centrale a seguito della grande crisi finanziaria, sta facendo temere il peggio. L’aumento del livello di indebitamento delle amministrazioni locali, attraverso il sistema bancario, sta peggiorando i bilanci delle istituzioni emittenti ed è probabile che il governo debba intervenire. Alcuni stimano che il rapporto debito/Pil potrebbe lievitare fino al 75%, livello che non è tipico di un paese in via di sviluppo. I paesi satellite, o comunque legati all’economia cinese, come l’Australia potrebbero diventare oggetto dell’ingegneria finanziaria da parte degli operatori che scommettendo al ribasso, potrebbero trarre profitto dagli effetti di trasmissione nei canali produttivi. L’Australia è fortemente legata alle risorse naturali e minerarie e alla forte domanda della Cina, che se venisse meno farebbe crollare il corso dei titoli australiani. Altri paesi sotto la lente sono Taiwan e Corea del Sud. Usa, il rischio che non si vuol prendere Gli Stati Uniti sono sotto la tagliola delle agenzie di rating, con un outlook negativo per il 2012, una politica fiscale restrittiva e l’incognita del mercato del lavoro e della stabilità bancaria dovuta agli stress di Eurolandia. In caso di recessione, come per la Cina, l’investitore deve avere un piano di salvataggio. 24 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 I temi di investimento possono essere molti, dipende dal tipo di esposizione che l’investitore ha nei confronti del mercato americano e dalla volontà o meno di volersi assumere un certo livello di rischio. Andiamo a vedere punto per punto cosa è possibile fare per proteggere il proprio portafoglio. Il mercato dei bond. Dagli anni Ottanta le emissioni del Tesoro a stelle e strisce sono state le più sicure al mondo e finora hanno vissuto un periodo di mercato Toro molto lungo. La perdita dello status di tripla A del debito statunitense mette qualsiasi investitore in un territorio nuovo in cui le regole non sono scritte. La riduzione della scadenza media dei titoli in portafoglio potrebbe essere un modo per difendersi dalle oscillazioni di tasso. Inoltre è possibile implementare una strategia attiva sulla maturity. Sul mercato ci sono strumenti come gli Etf (Exchange traded fund) strutturati che permettono strategie short, leverage e protective put (strategia che consiste nell’adottare una posizione lunga sull’indice di riferimento e nell’acquistare un’opzione put out of the money sullo stesso sottostante per immunizzarsi da improvvisi ribassi). Un esempio è il Direxion Daily 20+ Year Treasury Bear 1X, Etf domiciliato in America a replica sintetica che guadagna quando l’indice di riferimento perde (quest’ultimo è il Nyse 20+ Year Treasury Bond). La valuta. Scommettere sulla direzione della valuta dollaro o sull’euro è un esercizio da trader o analista tecnico. Certamente si tratta di un mercato super dinamico che poco si adatta a chi ha un approccio buy-and-hold. Una soluzione è quella di proteggere una parte del portafoglio attraverso azioni o obbligazioni di paesi tradizionalmente più difensivi come la Svizzera, il Canada o l’Australia. Di nuovo, esiste la possibilità di esporsi attraverso gli Etf, che sono strumenti accessibili ad ogni livello di investitore. La società CurrencyShares è specializzata sull’investimento nelle principali valute mondiali. Il CurrencyShares Swiss Franc Trust ha come obiettivo quello di ottenere gli interessi pagati sui depositi in franchi svizzeri. Altro candidato è l’Etf di Credit Suisse su cui è possibile orientarsi su tre segmenti, a breve, medio e lungo termine. Dividendi. Puntare sulle multinazionali americane che pagano dividendi può essere un modo alternativo di proteggersi in momenti di crisi. Sono le candidate migliori perché possono trarre profitti dai rami di business dislocati in tutto il mondo. Un indice che fa al caso nostro è l’S&P High Yield Dividend Aristocrats e viene attualmente replicato dall’Etf americano SPDR S&P Dividend e da quello disponibile per l’investitore europeo SPDR S&P US Dividend Aristocrats Etf, emesso da State Street Global Advisors. Mercati emergenti. Diversificare con i mercati emergenti, sia in bond sia in equity, per cogliere opportunità in termini di premio al rischio potrebbe essere un elemento positivo per il portafoglio. Nonostante il generale livello di merito creditizio e di solidità patrimoniale sia inferiore a quello dei paesi sviluppati, e considerando i limiti tecnici e i prodotti finanziari disponibili agli investitori internazionali, attraverso adeguate strategie di investimento per depurare dai co-movimenti rispetto al mercato americano, è possibile ottenere uno yield interessante. I principali emittenti di Etf posseggono un fondo che investe in questi mercati. Inoltre è bene tenere presente altre forme di investimento, come ad esempio i future o le opzioni su indici. Mercato immobiliare globale. Spostare parte dell’investimento immobiliare dall’America verso opportunità di investimento più globali, potrebbe risultare più efficiente che non rimanere inerme rispetto all’incerta situazione attuale. L’Etf emesso da Lyxor sull’Msci World Real Estate ha una composizione del 40% sull’America e il resto fra Asia (50%) ed Europa (10%). Per chi investe Confronto fra Treasury e S&P 500 (2007-2011) Rendimenti cumulati in US Dollari (base 100) S&P 500 NR USD USTREAS T-Bill Cnst Mate Rate 10Yr USTREAS T-Bill Cnst Mat Rate 30Yr 180 160 140 di crisi dei mercati azionari, negli ultimi 20 anni, i fondi che investono nei titoli del Tesoro americano a media e lunga scadenza hanno fatto registrare i risultati migliori. Si pensi al periodo che va da agosto 1987 a dicembre 1987, l’indice S&P 500 ha perso il 33% mentre un portafoglio gestito con maturity media di 10 anni ha guadagnato l’8% e quello a 30 anni ha guadagnato l’11%. 120 Da ottobre 2007 fino a marzo 2009, l’S&P 500 ha perso oltre il 56%, mentre un portafoglio in bond a media scadenza ha fatto +19% e quello in bond a lunga scadenza ha registrato un +22%. Di questi esempi ce ne sono moltissimi. 100 80 60 2008 2009 2010 2011 Rendimenti a confronto Indice S&P 500 NR USD Total Return Total Return Total Return 1 Anno % 5 Anni (ann.) % 10 Anni (ann.) % 1.47 -0.89 2.30 USTREAS T-Bill Cnst Mat Rate 10 Yr 16.11 8.39 6.62 USTREAS T-Bill Cnst Mat Rate 30 Yr 36.63 11.05 9.23 Si potrebbe parlare quindi di porto sicuro. Gli unici periodi in cui questi tipi di strumenti hanno registrato pessimi risultati sono quando, in concomitanza di mercati azionari negativi c’è stato anche un aumento dell’inflazione. Nel 2011, l’andamento è stato molto altalenante: prima in crescita (gennaio-settembre), poi in rallentamento. Un investitore in Treasury non può non tenerne conto. K Marco Frittajon è research analyst, consulente di Fonte: Morningstar Direct Morningstar Italy attraverso veicoli domiciliati negli Stati Uniti, allora un candidato può essere un emittente sull’indice Dow Jones Global Real Estate, ma in questo caso la componente non americana è inferiore al 40%. Materie prime. I paesi emergenti come Brasile, India e Cina hanno un’elevata domanda di materie prime. Nonostante la possibilità che la Cina possa ridurre il fabbisogno estero per concentrarsi piuttosto sulla domanda interna, la necessità di ampliare le infrastrutture è e continuerà ad essere un punto critico nel processo di sviluppo economico e industriale. Investire in società del settore delle materie prime dei paesi emergenti potrebbe voler dire arricchire il portafoglio di titoli con buoni fondamentali e aspettative di crescita futura sostenute, slegati dal ciclo economico degli Usa. La scelta di questo tipo di investimento può cadere sia a livello di singolo paese, oppure su indici ad ampio spettro geografico che eliminano la componente di rischio paese. Un ulteriore elemento di attenzione va posto quando si investe su singoli paesi emergenti, poiché la relazione fra crescita economica e performance della borsa non sono necessariamente correlate. Questi sono i principali canali di investimento che possono interessare chi ha un portafoglio esposto sul mercato americano. Ovviamente come strategia di ultima istanza si può scegliere di parcheggiare la liquidità sui titoli del Tesoro americano di breve periodo oppure sui Tips, titoli legati all’inflazione. Treasury, un porto sicuro Una nota sui Treasury americani. Nei periodi Morningstar.it 25 Analisi Morningstar Cina e Usa: motori difettosi? Di Dario Portioli Alcuni gestori trovano meno opportunità di investimento in queste due economie. Vediamo il perché. É difficile mettere in discussione l’importanza di Cina e Stati Uniti ai fini della crescita economica mondiale. Il semplice esame della bilancia commerciale mette in evidenza il peso degli scambi originati da questi due paesi con il resto del mondo. Secondo i dati del Fondo monetario internazionale, nel 2010, le esportazioni cinesi sono state pari a 1.578 miliardi di dollari, mentre le importazioni hanno raggiunto 1.396 miliardi (con un bilancio positivo, dunque, per le esportazioni nette). Nello stesso periodo, in Usa l’export ha toccato 1.277 miliardi di dollari, e l’import 1.968 miliardi (a conferma del fatto che l’economia statunitense acquista più beni dal resto del mondo rispetto a quanti ne riesce a vendere). Si tratta di numeri impressionanti, che testimoniano come l’economia mondiale sia influenzata da quanto accade all’interno di questi stessi paesi, ovvero dalla forte crescita dell’economia cinese e dalla capacità di innovazione dell’economia statunitense. Dal punto di vista degli investimenti finanziari, però, non è sufficiente prendere in esame queste grandezze macroeconomiche. La scelta di investire in un particolare strumento finanziario, infatti, richiede anche un’analisi del grado di tutela legale, dei livelli di valutazione, della struttura dei mercati e delle opportunità di diversificazione. Sulla base di queste variabili, il giudizio finale 26 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 sull’opportunità di investire in un particolare mercato può cambiare. Questo è il caso, ad esempio, della Cina, secondo alcuni gestori. Poca Cina Vontobel Emerging Markets Equity (Morningstar Analyst Rating “Silver”) è un fondo dedicato alle azioni dei mercati emergenti, che ha avuto un buon grado di successo sin da quando l’attuale gestore, Rajiv Jain, ne è il responsabile, ovvero dal 1997. Da allora a fine ottobre 2011, il rendimento realizzato è stato del 9,4%, ovvero 270 punti base in più della media di categoria Morningstar azionari mercati emergenti. Il gestore investe tra le 70 e le 90 azioni, con un chiaro focus sulle capitalizzazioni più grandi, orientate alla crescita, come suggerito anche dalla Morningstar Style Box. In particolare, Jain preferisce le società che registrano la gran parte del loro business all’interno degli stessi paesi emergenti (e così dipendono meno dalla crescita globale). Pur trovando diverse società cinesi con tali caratteristiche, il gestore ha deciso di sottopesare le azioni di questo paese in quanto non è pienamente soddisfatto dalla qualità della corporate governance, ovvero dal trattamento talvolta riservato agli azionisti di minoranza. In particolare, Jain ritiene che le possibili influenze del governo cinese nelle imprese private possano rappresentare un limite ai fini dell’investimento. Per tali ragioni, predilige invece gli investimenti in India, dove trova analoghe opportunità di crescita, ma spesso con un miglior sistema di corporate governance. Leggeri su Wall Street Anche per gli Stati Uniti abbiamo gestori che non sono del tutto convinti sull’effettiva bontà delle opportunità di investimento presenti. Ad esempio, Aberdeen World Equity (Morningstar Analyst Rating “Silver”), gestito da un team di 12 analisti coordinati da Stephen Docherty, mantiene da lungo tempo un sottopeso nei confronti dell’economia statunitense. Infatti, un tradizionale indice azionario internazionale, come l’Msci World, ha un’esposizione verso gli Stati Uniti di circa il 50%. Invece, Aberdeen World Equity mantiene una percentuale di gran lunga più bassa, pari a circa il 24% (a novembre 2011). Il principale motivo attiene alle valutazioni: il team ritiene che le azioni americane in numerosi casi siano care rispetto alle effettive prospettive di crescita e, così, pensano di poter trovare alternative più convenienti in altri paesi del mondo, come l’Asia, l’America latina e l’Europa. Non si può dire che queste scelte abbiano penalizzato il fondo, in quanto la performance a cinque e dieci anni è di gran lunga superiore alla media, come segnalato anche dal Morningstar Rating di quattro stelle. L’andamento del mercato cinese Fondo Benchmark Categoria 35 30 25 20 15 10 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Aberdeen World equity Acc A Fondo Benchmark Categoria 20 15 10 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Fonte: Morningstar Direct Il Morningstar Analyst Rating 2011 Molteplici letture Di esempi su gestori che hanno opinioni diverse dal “consensus” di mercato potremmo farne molti, partendo dagli oltre 3.000 fondi analizzati da Morningstar a livello globale. Infatti, ci sono investitori professionali che non ritengono convenienti i prezzi azionari di alcune economie a forte crescita, che non credono fortemente in alcuni processi di ricambio tecnologico, che non sono soddisfatti del grado di tutela legale degli investimenti o che non trovano un sufficiente grado di diversificazione in alcuni paesi in particolare. In realtà, quello che ci preme sottolineare è che le chiavi di lettura dell’economia e dello stato di salute delle singole imprese, incluse quelle cinesi e statunitensi, possono essere molteplici. E da ciò scaturiscono i diversi posizionamenti di portafoglio dei fondi a gestione attiva. Il compito del gestore è quello di individuare la chiave di lettura più aderente ai successivi sviluppi del mercato. Il compito dell’investitore, invece, oltre a selezionare una particolare asset allocation (ad esempio, il peso da assegnare in portafoglio ai “paesi emergenti” o alle “azioni internazionali”), è quello di trovare il gestore più abile tra quelli con uno stile di investimento coerente con le proprie preferenze di investimento. Per fare ciò, non basta prendere in esame le performance passate, ma è opportuno svolgere delle analisi con l’aiuto del proprio consulente finanziario e con gli strumenti messi a disposizione dalle società di ricerca sugli investimenti. K Dario Portioli è fund analyst di Morningstar La scala di giudizio utilizzata dal team di analisti sui fondi di Morningstar è la seguente: Gold: è un giudizio assegnato al miglior fondo, che si distingue per tutti i fattori analizzati (persone, società, processo, performance e prezzo) e, pertanto, gode della più alta valutazione da parte degli analisti; Silver: è un fondo con numerosi punti di forza, ma non per tutti i fattori presi in esame; Bronze: riceve questo rating un fondo che ha un numero di punti di forza che superano i punti di debolezza, consentendo così agli analisti di esprimere un giudizio complessivamente positivo; Neutral: è un fondo che, sulla base dei fattori presi in esame, non mostra né grandi probabilità di sovraperformare, né di sottoperformare la media di categoria; Negative: questo rating viene assegnato nei confronti di un fondo che possiede almeno un elemento negativo che, secondo gli analisti, condurrà a risultati inferiori alla media. Morningstar.it 27 Analisi Morningstar Fondi azionari Usa e Cina I comparti con il rating qualitativo Morningstar da Gold (massima valutazione) a Neutral Nome Fondo Società Schroder ISF US Smaller Comp A Acc Schroder Investment Management Lux S.A. Schroder ISF US Sm & MdCp Eq A EUR Schroder Investment Management Lux S.A. Cap Int US Growth and Income C Capital International First State Greater China Growth A € First State Investments (UK) Ltd Franklin Mutual Beacon A Acc € Franklin Templeton Investment Fds Perkins US Strategic Value A EUR Acc Janus Capital Funds Plc Pictet-US Equity Value Selection-P USD Pictet Funds (Europe) S.A. Robeco US Premium Equities D USD Robeco Luxembourg S.A. BNPP L1 Opportunities USA N BNP Paribas Investment Partners Lux Threadneedle Amer Sel Ret Net EUR Acc Threadneedle Investment Services Ltd. Investec GSF American Eq A Acc Grs USD Investec Asset Management Luxembourg BGF US Small & MidCap Opps E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. BGF US Basic Value E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. GS US Equity Portfolio Base Acc Goldman Sachs Asset Mngmt Intl Allianz RCM US Equity IT USD Allianz Global Investors Ireland Ltd BGF US Flexible Equity E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. Fidelity American Growth A-Acc-EUR Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.) Pioneer Fds US Pioneer E EUR HND Pioneer Asset Management S.A. SSgA US Index Equity Fund I USD State Street Global Advisors France Comgest Growth Greater China Comgest Asset Management International L ING (L) Invest Greater China X USD Acc ING Investment Management Luxembourg Schroder ISF Greater China A Acc Schroder Investment Management Lux S.A. Fidelity China Focus A-Acc-EUR Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.) Schroder ISF China Opportunities A Acc Schroder Investment Management Lux S.A. ING (L) Invest US High Dividend X EUR ING Investment Management Luxembourg BGF US Growth E2 EUR Blackrock (Luxembourg) S.A. ING (L) Invest US Growth X EUR ING Investment Management Luxembourg UBAM Calamos US Equity Growth A Union Bancaire Privée (Luxembourg) S.A. Fidelity America A-Acc-EUR Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.) ING (L) Invest US Research Advtg X EUR ING Investment Management Luxembourg LM Capital Mgmt Value A Acc € Legg Mason Global Funds Plc (Dublin) Pioneer Fds US Research E EUR ND Pioneer Asset Management S.A. BGF China E2 EUR Hdg Blackrock (Luxembourg) S.A. Robeco Chinese Equities D USD Robeco Luxembourg S.A. Fonte: Morningstar Direct, dati % in euro a fine novembre 2011 28 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 Categoria Morningstar Morningstar TER Rendimento Rendimento Deviazione Deviazione Morningstar Analyst Rating 1 anno 3 anni ann. to standard 1 anno standard 3 anni Rating US Small-Cap Equity Gold 2.00 -4.39 12.53 14.86 19.08 4 US Mid-Cap Equity Gold 1.99 -1.38 13.34 14.33 16.81 4 US Large-Cap Blend Equity Gold 0.15 -0.54 13.20 11.87 15.12 5 Greater China Equity Gold 1.82 -12.87 22.67 15.53 17.03 5 US Large-Cap Value Equity Silver 1.86 -1.61 9.39 12.27 15.23 3 US Large-Cap Value Equity Silver 2.47 -0.15 10.72 17.62 17.83 4 US Large-Cap Value Equity Silver 1.57 0.81 14.41 US Large-Cap Value Equity Silver 1.69 -0.08 11.75 16.19 17.53 5 US Large-Cap Growth Equity Silver 2.52 -10.81 9.87 13.03 17.23 3 US Large-Cap Growth Equity Silver 1.68 1.07 13.42 12.29 15.96 3 US Large-Cap Blend Equity Silver 1.96 -9.38 8.78 19.42 18.99 2 US Mid-Cap Equity Bronze 2.32 -9.01 14.75 15.82 19.55 3 US Large-Cap Value Equity Bronze 2.33 -3.15 9.28 13.30 15.97 3 US Large-Cap Growth Equity Bronze 1.90 -4.00 9.79 12.55 14.76 3 US Large-Cap Blend Equity Bronze 0.95 -4.44 12.54 14.38 17.49 5 US Large-Cap Blend Equity Bronze 2.32 -0.91 7.70 14.25 16.42 2 US Large-Cap Blend Equity Bronze 1.95 -2.14 8.23 14.33 15.34 2 US Large-Cap Blend Equity Bronze 1.65 -0.51 8.71 19.65 18.73 1 US Large-Cap Blend Equity Bronze 0.32 3.38 11.26 11.75 14.78 4 Greater China Equity Bronze 1.75 -26.67 12.26 18.89 17.77 4 Greater China Equity Bronze 2.37 -18.37 15.20 19.76 19.04 4 Greater China Equity Bronze 2.02 -22.23 16.58 17.51 18.88 4 China Equity Bronze 1.95 -20.96 15.40 16.14 17.28 4 China Equity Bronze 2.02 -26.34 11.01 16.70 17.68 4 US Large-Cap Value Equity Neutral 2.45 1.21 15.42 US Large-Cap Growth Equity Neutral 2.32 -8.67 10.30 11.96 16.62 2 US Large-Cap Growth Equity Neutral 2.38 2.16 7.81 11.47 15.45 2 US Large-Cap Growth Equity Neutral 2.11 -1.80 18.88 15.01 17.72 2 US Large-Cap Blend Equity Neutral 1.92 -0.34 13.58 13.26 16.11 4 US Large-Cap Blend Equity Neutral 2.34 -0.32 7.35 13.78 14.84 2 US Large-Cap Blend Equity Neutral 1.85 -6.10 9.71 13.03 17.45 2 US Large-Cap Blend Equity Neutral 1.69 2.31 11.60 12.19 14.63 4 China Equity Neutral 2.35 -21.41 17.48 27.19 26.07 3 China Equity Neutral 1.73 -15.80 17.38 28.13 23.85 3 Morningstar.it 29 Analisi Morningstar Pagina 1 di 4 | Morningstar® Research Report Franklin Mutual Global Discovery A Acc $ Franklin Mutual Global Discovery A Acc $ Indice della categoria Morningstar MSCI World Free Value NR USD 14.0 Morningstar Analyst Rating™ Crescita di 10.000 (EUR) 13.0 12.0 Fondo 11.0 Benchmark 10.0 Categoria 9.0 8.0 Thomas Lancereau, CFA Analista di Morningstar 7.0 Sintesi Persone: Langerman, Brugère-Telat e Rankin sono molto esperti e applicano bene la filosofia d’investimento della società. Società: Franklin Templeton è tra le maggiori case di gestione al mondo. Complessivamente, riteniamo che agisca nell'interesse dei sottoscrittori. Processo: L'approccio si basa sulla selezione di titoli ed è molto sensibile alle valutazioni, senza allinearsi all’indice. 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 - - - - ) * & ) ( - - - - 6.10 0.06 -22.13 16.15 16.73 YTD Performance 30/11/11 * Cat Perf Quartile -6.68 Rendimento tot - - - - -5.79 6.80 15.17 -6.58 0.14 0.21 +/- Indice Cat - - - - -4.89 3.17 15.65 -10.91 1.28 1.23 +/- Categoria - - - - 88 44 4 91 57 41 % Percentile categoria L' Opinione di Morningstar del portafoglio era investito nel settore del consumo difensivo, 4 lug 2011 | Questo fondo resta a nostro avviso di buon livello, in l’esposizione al Giappone (0,8%) era molto inferiore alla media particolare per gli investitori più prudenti. (8,9%) poiché i gestori considerano che la cultura d’impresa non ossia 1,68 volte la media della categoria. Al contrario, sia molto favorevole agli investitori. Peter Langerman e Philippe Brugère-Telat hanno ripreso le redini del fondo nel dicembre 2009 a seguito del passaggio a PIMCO L’importanza delle valutazioni nella selezione di titoli dei gestori Performance: Il fondo ha realizzato una solida performance, superiore a quella della sua categoria. dei precedenti co-gestori Anne Gudefin e Charles Lahr. si ritrova anche nella loro disciplina di vendita. Ad esempio hanno Langerman è CEO e CIO della gamma Mutual Series, nonché uno preso una parte dei loro profitti su titoli che avevano raggiunto i dei membri più anziani del team, e insieme a Brugère-Telat loro obiettivi di quotazione nel primo trimestre del 2011, come Prezzo: Il TER è superiore alla mediana della categoria, cosa che appare deludente date le dimensioni degli attivi gestiti dalla società. gestisce con successo il fondo Mutual European (Rating Pernod Ricard e Carlsberg. Hanno utilizzato queste cessioni per Morningstar “Gold”) dal 2005. Dalla fine del 2010 sono stati far rientrare nuove società in portafoglio, in particolare nel settore inoltre affiancati da Timothy Rankin, un gestore esperto che health care (Roche, Merck) che presenta secondo loro delle dispone soprattutto di solide competenze nel segmento delle valutazioni molto attraenti. Al contrario, in mancanza di piccole e medie capitalizzazioni americane. Questo trio continua opportunità, i gestori non esitano a lasciar aumentare la liquidità. Per chi è adatto: Può essere utilizzato per aumentare la diversificazione azionaria a livello internazionale per gli investitori europei. Morningstar Style Box®: Ownership Zone Giant peraltro a godere del supporto del resto del team che conta altri 14 gestori/analisti. La performance storica del fondo è coerente con lo stile di Tutti i membri del team perseguono lo stesso approccio, da cui rispetto al resto della categoria durante la correzione del gestione. Il fondo, per esempio, ha protetto meglio gli investitori deriva una grande coerenza degli investimenti all’interno dei vari fondi della gamma. Con un chiaro orientamento “value”, questo approccio ha dato prova delle proprie capacità. La costruzione del portafoglio si basa sulla selezione di titoli che si scambiano al di Large Mid Small sotto del loro valore intrinseco come calcolato dal team. I gestori esaminano i “cash flows” scontati ed eseguono un’analisi della somma delle parti per identificare le azioni sottovalutate. Essi valutano anche la qualità dei dirigenti e la loro considerazione per gli interessi degli azionisti. Il fondo non replica alcun Micro Deep Val Core Val Blend Core Grth High Grth Centroide: media ponderata dei titoli del fondo Area: 75% dei titoli del fondo (Dati al 30/09/11) 2007-2008, anche se ha dovuto cedere il passo nel 2009. Sul lungo periodo, gli investitori sono largamente vincenti. Il fondo si classifica nel primo quartile su cinque anni a fine giugno 2011, per una volatilità di circa due terzi rispetto alla categoria. La solidità del team e il mantenimento di un approccio sensato, chiaramente orientato verso l’interesse degli investitori sul lungo termine, ci fanno pensare che questi buoni risultati dovrebbero perdurare. Il fondo mantiene quindi un rating “Silver”. benchmark e la sua allocazione differisce molto dall’indice MSCI World e dai fondi concorrenti. Così a fine marzo 2011, il 18,9% Categoria Morningstar Benchmark del fondo Data di Partenza Dividendo a 12 mesi % Azionari Internazionali Large Cap Value 100% MSCI World GR USD 25/10/2005 0.00 ISIN Domicilio Stato legale Valuta di base Attivo netto totale LU0211331839 LUSSEMBURGO SICAV USD USD 1039.10 Mil Pagina 2 di 4 | Morningstar® Research Report Franklin Mutual Global Discovery A Acc $ Gestore Data Inizio Gestione Anni di esperienza nel fondo (media) Anni di esperienza complessiva Anni di esperienza nel fondo (max) Peter Langerman, Philippe BrugereTrelat, Timothy Rankin 07/12/09 1.66 20 2.02 Altri fondi gestiti P. Langerman (Franklin Mutual Beacon) P. Brugère Trélat (Franklin Mutual European, Mutual Euroland) Numero di Analisti 17 Società di gestione Franklin Templeton Investment Fds Totale attivi gestiti Totale attivi nella strategia Num. Holdings Concentrazione Max Track Error atteso Turnover atteso Concentrazione settoriale Concentrazione geografica Utilizzo tattico di Cash Hedging Benchmark del fondo USD 703,5 Mds USD 10 Mds 100+ 4% Nessun target 25% Non previsti Non previsti Si Parzialmente Coperto 100% MSCI World GR USD Persone Peter Langerman e Philippe Brugère-Telat hanno ripreso le redini del fondo nel dicembre 2009 a seguito del passaggio a PIMCO dei precedenti cogestori Anne Gudefin e Charles Lahr. Benché l’uscita improvvisa dei gestori sia raramente una buona notizia per gli investitori, non riteniamo che ci sia motivo di preoccuparsi particolarmente. Langerman è CEO e CIO della gamma Mutual Series e uno dei membri più anziani del team, come Brugère-Telat che gestisce con successo il fondo Mutual European (rating Eccellente) dal 2005. Dalla fine del 2010, sono stati raggiunti da Timothy Rankin, che vanta 17 anni di esperienza e ha costruito una notevole competenza nel segmento delle piccole e medie capitalizzazioni americane. Non ci sono ancora Società Franklin Templeton ha sviluppato nel tempo una cultura che combina autonomia, efficienza e uno stile di investimento prudente. La società ha attratto un notevole numero di gestori di fondi e ha costituito in modo aggressivo un robusto team di analisti interni. Questo ha contribuito a formare un’offerta di fondi azionari e obbligazionari di buon livello. Con riferimento ai team di gestione, Franklin ha stimolato la creazione di un ambiente dove le persone tendono a legarsi all'organizzazione; questo è il risultato di una positiva cultura collaborativa. Apprezziamo la struttura dei compensi ai manager, che ha alla base principalmente le performance dei fondi contro benchmark e categoria su orizzonti di uno, tre e cinque anni. I bonus vengono pagati in tre modalità: cash, azioni Processo: Strategia di Investimento Il fondo segue lo stile tipico della gamma Mutual Series: una selezione di titoli con chiaro orientamento “value”. Con l’aiuto degli analisti, i gestori puntano ad azioni che si scambiano al di sotto del loro valore intrinseco. Essi esaminano i “cash flows” scontati ed eseguono un’analisi “somma delle parti” ma valutano anche attentamente i team dirigenti. Il portafoglio è costruito senza riferimento alla struttura geografica o settoriale dell’indice MSCI World. I gestori possono anche acquistare debito “distressed” (prossimo al fallimento) e realizzare strategie di arbitraggio in fusioni-acquisizioni. I prodotti derivati Indice della categoria Morningstar MSCI World Free Value NR USD investimenti a titolo personale nel fondo ma Langerman e Brugère-Trélat hanno investimenti sostanziali nella versione domiciliata negli Stati Uniti: oltre un milione di dollari per il primo e tra 500.000 e 1 milione di dollari per il secondo. Inoltre questo trio sperimentato gode del supporto di altri 14 gestori e analisti che compongono il team e condividono la stessa visione “value”. Pertanto ci sono molte somiglianze tra i portafogli dei vari fondi della gamma, cosa che permette di attenuare l’impatto dell’eventuale uscita di un membro dal team. di Franklin Templeton e quote dei fondi gestiti. Gli ultimi due pagamenti si perfezionano dopo un certo periodo di tempo. Questo schema offre un buon mix di compensi immediati e incentivi a continuare la collaborazione con la società; inoltre, incoraggia i gestori ad agire nell’interesse dei sottoscrittori nel lungo termine. I costi applicati ai fondi offerti sono in media ragionevoli negli US, ma più cari nelle altre aree geografiche. Il gruppo è stato coinvolto nel biennio 2003-04 in uno scandalo in US sul trading improprio di quote. Sebbene questo evento abbia impattato sulla reputazione della società, da allora sono stati compiuti importanti passi in avanti per scoraggiare tali pratiche in futuro. sono utilizzati in maniera opportunista per assicurare la copertura o raccogliere premi. L’orizzonte d’investimento è lungo, per cui si ha un debole tasso di rotazione (25% in media l’anno) che riduce i costi di transazione. Nello spirito prudente dei gestori, le posizioni sono costruite in maniera graduale, dallo 0,5% al 2%, con un massimo del 4% previa valutazione. La diversificazione è quindi adeguata (oltre 100 righe) pur evitando di diluire troppo le scommesse migliori. Peraltro i gestori non esitano a prendere i loro profitti e vendono spesso in una sola volta. Lasciano crescere la liquidità in assenza di opportunità. La maggior parte del portafoglio è coperta nella valuta di riferimento dei gestori, il dollaro americano. Copyright © 2011 Morningstar. Tutti i diritti riservati. Le informazioni, i dati e le opinioni (“Informazioni”) contenute nel presente modulo: (1) sono confidenziali e di proprietà di Morningstar; (2) non costituiscono consiglio di ® Analisi Morningstar Pagina 1 di 4 | Morningstar® Research Report Aberdeen Global Emerging Markets Equity A2 Aberdeen Global Emerging Markets Equity A2 Indice della categoria Morningstar MSCI EM NR USD 60.0 Morningstar Analyst Rating™ Crescita di 10.000 (USD) 50.0 Amaya Assan Analista di Morningstar Persone: Il robusto team di gestione rappresenta un punto di forza per il fondo in termini di ricerca. Società: Acquisizioni strategiche hanno ampliato la gamma di fondi, ma Asia & Em. Mkts. restano centrali. Processo: Aberdeen applica un approccio bottom-up paziente, concentrato sul valore. Performance: Risultati brillanti a lungo termine, ma a breve sono possibili picchi di sottoperformance. Prezzo: Il fondo è leggermente più caro rispetto al valore mediano della categoria. Per chi è adatto: Strumento di nicchia – come tutte le offerte finanziarie incentrate sui mercati emergenti, la volatilità del fondo è troppo grande perché possa rappresentare un ruolo centrale del portafoglio. Morningstar Style Box®: Ownership Zone Giant Large Mid Small Micro Core Grth High Grth Centroide: media ponderata dei titoli del fondo Area: 75% dei titoli del fondo (Dati al 30/11/11) Fondo 30.0 Benchmark 20.0 Categoria 10.0 Sintesi Deep Val Core Val Blend 40.0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 - - * ( * ) & * & YTD Performance 30/11/11 & Cat Perf Quartile - - 24.06 30.67 33.49 32.91 -43.90 79.91 25.64 - - -1.49 -3.33 1.32 -6.48 9.44 1.41 6.76 4.03 +/- Indice Cat - - 1.62 -0.11 1.30 -5.21 10.80 4.63 7.62 5.93 +/- Categoria - - 30 57 33 76 8 29 10 L' Opinione di Morningstar 10 nov 2011 | Aberdeen Global Emerging Markets Equity è una solida scelta per l'esposizione azionaria ai mercati emergenti. L’area Asia Pacifico ex-Giappone del fondo è gestita da Singapore mentre il team di Londra, guidato da Devan Kaloo, si occupa del resto della regione. La filosofia del fondo risale al 1992, quando Hugh Young e Peter Hames si trasferirono a Singapore creando un processo molto solido e un team dotato di grandi risorse. A giugno 2010 Hames è andato in pensione. Nonostante questa perdita, il passaggio di consegne è riuscito bene e oggi il team mercati emergenti globali conta oltre 30 membri di varia esperienza. I senior manager sono però in Aberdeen da oltre 10 anni. -13.40 Rendimento tot 8 % Percentile categoria il team ritiene che le aziende cinesi non sempre rispecchino il loro macroambiente e solo poche possano vantare risultati comprovati e buoni standard di contabilità e trasparenza. Per questo il team preferisce esporsi alla Cina tramite società rinomate domiciliate ad Hong Kong che fanno affari in Cina. Il team mira a investire sul lungo periodo. Pertanto, la rotazione è generalmente inferiore alla media della categoria. Inoltre, il fondo è gestito con grande convinzione e scarso riferimento al benchmark. Questo aspetto, unito al focus su qualità e investimenti a lungo termine, può portare a periodi di relativa sottoperformance, in particolare sui mercati trainati dal momentum. Detto ciò, il fondo gode dell’approccio coerente e sensato attuato da un team stabile ed esperto, che ha dato solidi risultati su uno, tre e cinque anni. Elemento di spicco del fondo è il processo, applicato coerentemente fin dal suo lancio, che rispecchia la grande importanza data alla qualità e alle società in crescita dotate di un management in grado di gestirla. Il team seleziona aziende di qualità con modelli di business sostenibili e competitivi, solidi bilanci, elevati rendimenti su attivi e capitale e corporate governance. Per esempio, Riteniamo che questo fondo sia ancora una valida scelta per gli investitori alla ricerca di un’esposizione diversificata nella regione e merita quindi il nostro rating massimo: Gold. Categoria Morningstar Benchmark del fondo Data di Partenza Dividendo a 12 mesi % ISIN Domicilio Stato legale Valuta di base Attivo netto totale Azionari Paesi Emergenti 100% MSCI EM NR USD 15/08/2001 0.00 LU0132412106 LUSSEMBURGO SICAV USD USD 10830.97 Mil Pagina 2 di 4 | Morningstar® Research Report Aberdeen Global Emerging Markets Equity A2 Gestore Data Inizio Gestione Anni di esperienza nel fondo (media) Anni di esperienza nel fondo (max) Management Team 01/07/05 6.46 6.46 Altri fondi gestiti Aberdeen Asia Pacific & Japan, Aberdeen Asia Pacific Numero di Analisti Oltre 30 Società di gestione Aberdeen Asset Managers Limited (Lux) Totale attivi gestiti Totale attivi nella strategia GBP180 mld 30/9/11 GBP25.7 mld 30/9/11 Num. Holdings Concentrazione Max Turnover atteso Concentrazione settoriale Concentrazione geografica Utilizzo tattico di Cash Hedging Benchmark del fondo 40-70 +/-5% Tipicamente 15-25% Max settore MSCI +/-20% Max per Paese 20% No Non Coperto 100% MSCI EM NR USD Persone Uno dei punti di forza di questo fondo è rappresentato dalle grandi risorse analitiche. L’area Asia Pacifico exGiappone è gestita da Singapore, il fulcro di Aberdeen in Asia, mentre il team di Londra si occupa del resto della regione. Attualmente il team mercati emergenti, guidato da Devan Kaloo, è costituito da oltre 30 professionisti. Kaloo ha incominciato la sua carriera presso Martin Currie nel desk nord-americano, dopodiché ha lavorato per tre anni come analista degli azionari asiatici. Si è unito ad Aberdeen attraverso l’acquisizione di Murray Johnstone nel luglio 2000 ed è stato promosso a gestore senior nel 2003, prima di passare alla direzione del desk nel 2005. Riteniamo che il team possieda il giusto mix di esperienza e gioventù. Il team suddivide la copertura azionaria per Società Partendo proprio dalle basi, Aberdeen Asset Management nacque con il lancio di un fondo comune di investimento da GBP 50 milioni nell’omonima città scozzese nel 1983. La società oggi è un gestore patrimoniale globale, con sedi in Europa, Asia e USA e un patrimonio gestito di oltre GBP 175 miliardi a settembre 2011. Il fondo è cresciuto sia organicamente che tramite acquisizioni, tra cui i recenti acquisti di fondi immobiliari. Con acquisizioni strategiche e oculate la base di investimento di Aberdeen è stata diversificata e oggi è composta al 15% da immobiliari, al 30% da reddito fisso e per la parte restante da prodotti azionari. Aberdeen è particolarmente importante in Asia, dove è investita gran parte della sua esposizione azionaria. Inoltre, il processo di investimento sviluppato Processo: Strategia di Investimento Il fondo segue il comprovato processo di investimento globale di Aberdeen creato nel 1985 da Young e Hames. Il team investe sulla premessa che il prezzo delle azioni nel lungo periodo rifletta i fondamentali aziendali sottostanti, perciò investe esclusivamente in titoli che superano con successo le barriere qualitative del gruppo e che ne soddisfano i criteri valutativi. Il gruppo valuta la qualità in base alla chiarezza della strategia aziendale e della sua esecuzione attraverso un management esperto. La forza del bilancio, la trasparenza dei proventi (in modo particolare la crescita del flusso di cassa libero Indice della categoria Morningstar MSCI EM NR USD regioni e fa leva sulle restanti risorse dell’area Asia Pacifico. Gli analisti di ricerca sono assunti presto a inizio carriera e vengono ampiamente formati sull’approccio del gruppo, contribuendo a rafforzare la coerenza del processo di investimento. I membri senior del team rivedono i giudizi degli analisti e prendono le decisioni relative alla costruzione del portafoglio. La partenza di Peter Hames nel 2010, codirettore degli azionari asiatici a Singapore, è senza dubbio una perdita. Tuttavia, sotto la guida di Hugh Young, sia il team che il processo sono ben consolidati. dal team asiatico di Hugh Young è stato adottato a livello aziendale nel 2002. Le decisioni di portafoglio sono adottate collegialmente e Aberdeen evita perlopiù di far crescere dei gestori “star”, a differenza di alcuni suoi pari. La remunerazione dei gestori è in un certo senso unica, poiché include un elemento molto soggettivo. Anche se gli interessi dei sottoscrittori sarebbero allineati in modo più diretto ai gestori del fondo se la loro retribuzione fosse legata alla performance, da ormai 30 anni la struttura di incentivi di Aberdeen e l'approccio generale di investimento trattano bene gli investitori. dall’attività sottostante, escluse poste straordinarie) e un impegno al valore per i sottoscrittori sono ulteriori tratti che il team ricerca. Le società sono considerate allettanti in termini di valore se appaiono essere negoziate a buon prezzo rispetto a società similari. Per questa attenzione alla qualità e alla valutazione il team è poco propenso a pagare troppo per la crescita o per inseguire il momentum, mentre è incline ad andare controcorrente e comprare in settori o società sfavorite. Quando il team trova società che lo soddisfano, tende a mantenerle, salvo cambiamenti significativi nei fondamentali sottostanti. Questo approccio di lungo termine porta ad un basso indice di rotazione, che dovrebbe contribuire a contenere i costi di negoziazione. Copyright © 2011 Morningstar. Tutti i diritti riservati. Le informazioni, i dati e le opinioni (“Informazioni”) contenute nel presente modulo: (1) sono confidenziali e di proprietà di Morningstar; (2) non costituiscono consiglio di ® Analisi Morningstar Usa e Cina negli Etf Di Azzurra Zaglio La gamma sul mercato americano è più vasta rispetto a quella sulla piazza asiatica. Ma le differenze non finiscono qui. Sono cinque gli Etf quotati in Borsa italiana che investono in indici del mercato cinese. Pochi se si confrontano con la trentina di replicanti di Wall Street. La differenza è dovuta a molteplici fattori, tra cui la diversa liquidità delle due piazze finanziarie, il numero di benchmark disponibili, il grado di apertura agli investitori internazionali e le tipologie di azioni disponibili. I benchmark Per quanto riguarda gli Stati Uniti, gli indici più comuni sono l’S&P 500, il Dow Jones e il Nasdaq, ma esistono anche altri benchmark tra cui i Russell 1000 e 2000 che colgono i diversi segmenti del mercato, i Ftse Rafi (basati su una metodologia fondamentale e non a capitalizzazione) e l’Msci Usa. Ci sono poi indici paricolari, i cui panieri sono composti dai titoli più liquidi in modo da minimizzare la volatilità. Per quanto riguarda la Cina, invece, le differenze sono legate alle tipologie di azioni del mercato, a secondo che i titoli siano sulla piazza di Shanghai o di Hong Kong e che siano acquistabili solo dai cinesi o anche dagli investitori esteri. La gamma di Etf sugli Stati Uniti è vasta, in quanto tutti gli emittenti hanno generalmente almeno un fondo specializzato su questo mercato, mentre sulla Cina sono presenti solo le più grandi case di gestione, come iShares, Lyxor, db x-trackers, Amundi e Credit Suisse. La liquidità I livelli di liquidità variano in funzione della classe di attivo sottostante (quella delle azioni 34 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 americane è generalmente superiore alle cinesi). Dal punto di vista dell’investitore essi si traducono in uno spread (differenza tra prezzo di acquisto e di vendita) più o meno ampio. Sul circuito EtfPlus di Borsa italiana, la liquidità è assicurata da uno specialista (intermediario abilitato) che si assume degli obblighi sia in termini di quantità minima da esporre in acquisto e vendita, sia di massima differenza tra i prezzi di acquisto e di vendita. Lo spread rappresenta un costo per l’investitore. Gli Etf più scambiati Nelle pagine seguenti, proponiamo l’esame dei due Etf, specializzati rispettivamente sugli Stati Uniti e sulla Cina, che sono tra i più scambiati sul mercato italiano (dati di Borsa italiana a ottobre 2011). Il criterio di selezione è stato il volume di transazioni nell’ultimo anno sia per numero di contratti che per controvalore nel segmento EtfPlus. Si tratta di iShares S&P 500 e Lyxor Etf China Enterprise. I report, realizzati dal team di Etf analyst di Morningstar, analizzano ciascun strumento tenendo conto di sei pilastri fondamentali: il profilo generale, l’outlook fondamentale dell’economia e del mercato di riferimento, la struttura dell’indice, la struttura del prodotto, le commissioni e le alternative. K Azzurra Zaglio è editor di Morningstar Italy I cinque pilastri dell’Etf Report Profilo Gli analisti considerano la situazione economica e finanziaria che può influenzare l’andamento dell’Etp, in modo da delineare il miglior uso all’interno di un portafoglio di investimento. Fondamentali Morningstar analizza la situazione macroeconomica che può influenzare la performance del prodotto. In particolare traccia il quadro congiunturale e di mercato. Offre anche un’indicazione delle valutazioni dell’indice sottostante (a premio o a sconto). Struttura dell’indice L’analisi approfondisce le metodologie di ponderazione, i limiti nella concentrazione dell’indice su singoli titoli, gli aggiustamenti del flottante, i periodi di revisione e di ribilanciamento, il trattamento dei dividendi, ecc. Struttura del prodotto Morningstar analizza come il prodotto è costruito per replicare o simulare la performance dell’indice o delle materie prime di riferimento. In particolare, vengono considerati i metodi di replica (fisica o sintetica), la tipologia di prodotto (fondo comune o altro), gli eventuali rischi di controparte, le misure impiegate per ridurli, le politiche di distribuzione dei dividendi, il ricorso al prestito titoli, e così via. Commissioni Il total expense ratio (Ter) dell’Etf, che è un indicatore sintetico della spesa totale, viene confrontato con quello dei concorrenti. Alternative Gli analisti collocano il prodotto nel contesto più ampio dell’offerta di Etf o prodotti simili, per mettere in luce i punti di forza e debolezza. ETF Analysis iShares S&P 500 Di Alan Rambaldini - Aggiornato al 31 marzo 2011 E’ uno dei migliori strumenti per esporsi al mercato americano. Grazie a bassi costi ed elevata liquidità . Profilo iShares S&P 500 è un Etf azionario adatto ad avere un ruolo core in portafoglio, indipendentemente da dove si trova l’investitore. E’ un’ottima opportunità per ottenere un’esposizione sul mercato azionario statunitense (il più grande al mondo e che rappresenta un terzo della capitalizzazione totale del mercato mondiale), dato che segue l’indice più ampiamente replicato sulla terra, l’S&P500. Alcune caratteristiche come un costo relativamente basso (rispetto ai fondi tradizionali) e una liquidità molto alta lo rendono una delle vie migliori per puntare sugli Stati Uniti. Nonostante sia composto maggiormente da società ad alta capitalizzazione, l’indice ha mostrato virtualmente una correlazione del 100% con l’Msci US Broad Market Index, che rappresenta più fedelmente il mercato azionario statunitense e che rappresenta il 99,5% della capitalizzazione dei titoli scambiati sul mercato Usa. Nel 2010, l’S&P 500 ha sottoperformato l’Msci US di circa il 2%, dal 13% al 15%. Questo Etf può inoltre essere utilizzato per finalità tattiche, per esempio come scommessa speculativa sul mercato azionario degli Stati Uniti o per coprire una posizione già esistente. L’elevata liquidità lo rende uno strumento ideale per fare operazioni a breve 36 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 termine che, in altro modo avrebbero costi di transazione più alti. Questo è vero soprattutto per gli investitori istituzionali che muovono rapidamente grosse somme di denaro e quindi cercano di minimizzare i costi. Dato l’elevato numero di imprese multinazionali, l’indice offre un’esposizione agli andamenti macroeconomici mondiali e non solo ai consumi interni degli Stati Uniti. Circa il 45% del fatturato dei titoli compresi nell’indice non proviene dagli Usa, per cui l’Etf fornisce un’ampia diversificazione geografica. Fondamentali Il decennio 2000-2010 è stato uno dei peggiori per l’S&P 500 dalle sue origini nel 1957. E’ iniziato con la bolla tecnologica e terminato con la crisi finanziaria. La performance aggregata (dal 2000 al 2009) è stata negativa per il 10%. Il risultato sarebbe stato peggiore se non ci fosse stato il rally del 2009. Nel 2010 l’indice ha continuato a crescere, aumentando del 14% in dollari. Alla data di stesura del report (31 marzo 2011) gli analisti finanziari di Morningstar credono che l’indice stia trattando a sconto rispetto al suo fair value stimato. L’indice, inoltre, sembra trattare a sconto anche sulla base della media sui 10 anni di alcuni parametri di valutazione come il rapporto prezzo/utili, il rapporto prezzo/valore contabile, il rapporto prezzo/cash flow e il rapporto prezzo/vendite. Tuttavia questi valori dovrebbero essere considerati all’interno di un contesto più ampio. I profitti aziendali delle aziende che compongono l’S&P 500 sono vicini ai massimi storici in percentuale sul Pil (Prodotto interno lordo) per cui un’ulteriore espansione appare improbabile senza una crescita significativa dell’economia. In effetti un qualsiasi declino nei margini potrebbe essere accompagnato da una compressione del rapporto prezzo/utili. Mentre la valorizzazione dell’indice appare equa al momento, ci sono molti rischi nell’economia degli Stati Uniti che devono essere presi in considerazione. La crisi del 2007-2009 è ufficialmente terminata e la crescita del Pil è in ripresa. Il mercato immobiliare, il catalizzatore iniziale della crisi, è tuttora estremamente debole. I prezzi delle case hanno smesso di scendere rapidamente, ma i numeri delle vendite e delle costruzioni di abitazioni sono ancora molto deboli. Gli interventi governativi nel mercato sotto forma di sussidi per l’acquisto di case e rimodulazione dei mutui pare non abbiano incoraggiato un rimbalzo sostenibile nella domanda del mercato privato. Alla debolezza del settore immobiliare si è affiancata quella del mercato del lavoro. I tassi di disoccupazione sono cresciuti vertiginosamente dato che pochi settori economici erano in grado di assorbire i lavoratori edili lasciati a casa o altre vittime della diminuzione della domanda immobiliare interna. I disoccupati di lungo termine finiscono per esaurire i risparmi e le indennità, e quindi riducono i consumi, ponendo un limite alla crescita della domanda interna a breve termine. Il protrarsi di tale problema può trasformare una crisi ciclica in strutturale. La situazione delle grandi imprese è migliore per effetto delle ristrutturazioni aziendali. Con il taglio della forza lavoro, le società sono riuscite a proteggere i loro margini di profitto ma, rischiano di compromottere lo sviluppo. Con prospettive di crescita dei salari limitate e la paura che la perdita di un lavoro porti alla disoccupazione a lungo termine, il consumatore americano, responsabile di più dei due terzi del Pil, difficilmente potrà riuscire a portare la nazione fuori dalla recessione. Le migliori opportunità per le grandi multinazionali sono fuori dagli Stati Uniti, soprattutto nei mercati emergenti. Il dollaro americano debole ha aiutato la redditività di certe aziende ma ha determinato prezzi più alti per le commodity. Struttura dell’indice L’S&P 500 TR USD Index è composto dalle azioni delle 500 maggiori società che hanno la sede centrale negli Stati Uniti (solo un gruppo ridotto non lo è). Una apposita commissione seleziona i componenti dell’indice dall’universo dei titoli ad alta capitalizzazione. I fattori più importanti esaminati per determinare se includere una società sono le dimensioni, la liquidità e una bilanciata rappresentatività dei settori (basata sul principio “società leader nei settori leader”). Le società, per essere incluse, devono inoltre registrare quattro trimestri consecutivi di utili. Le ponderazioni sono basate sulla capitalizzazione corretta per il flottante. Questi aggiustamenti servono ad assicurare che la liquidità sottostante dei titoli sia superiore iShares S&P 500 iShares S&P 500 USD (IE) K 11 10 9 8 03/2011 06/2011 09/2011 12/2011 Fonte:Morningstar Direct rispetto a una ponderazione basata sulla pura capitalizzazione di mercato. Dal momento che comprende 500 delle maggiori società quotate sulla Borsa degli Stati Uniti, l’indice rappresenta il 75% dell’intera capitalizzazione di mercato del paese. Ciò lo rende un ottimo strumento per accedere a tutto il mercato azionario statunitense. Il settore più ampio, l’informatica, rappresenta il 19% dell’indice. Struttura del prodotto iShares S&P 500 ETF utilizza la tecnica “fisica” per replicare la performance dell’S&P 500. Il fondo detiene tutti i componenti dell’indice. iShares può prestare titoli del portafoglio per un importo fino al 95% del Nav (Net asset value) per generare reddito aggiuntivo. Blackrock, la controllante di iShares, gestisce il processo di prestito dei titoli. Il fondo condivide il 60% del reddito generato mediante il prestito di titoli con i detentori del fondo. Questa pratica introduce un rischio di controparte visto che la parte a cui vengono prestati i titoli può essere inadempiente. Per minimizzare il rischio ai prestatori è richiesta una garanzia collaterale che ammonta tra 102,5% e 112% del valore del prestito. Gli sforzi intrapresi per ridurre il rischio includono un controllo regolare della stabilità finanziaria delle controparti, la segregazione del collaterale in un conto vincolato di terze parti e la rivalutazione giornaliera del valore del collaterale in base ai dati di mercato. Il reddito aggiuntivo generato mediante il prestito di titoli può aiutare a ridurre la differenza tra fondo e benchmark. L’Etf distribuisce dividendi trimestralmente. Gli scostamenti dal benchmark nel periodo che va da quando il fondo riceve dividendi a quando li distribuisce possono essere fonte di tracking error. La differenza tra le ritenute fiscali addebitate dagli Stati Uniti sui dividendi pagati agli investitori esteri e le ritenute fiscali dell’indice (che è un Net Total Return Index) è un’altra fonte di potenziali problemi di replica. L’Etf è domiciliato in Irlanda e scambia in dollari americani, sterline britanniche ed euro. Commissioni Il fondo ha un Ter dello 0,40%, più alto di quello della gran parte dei prodotti concorrenti. Alternative Da quando l’accordo di licenza esclusiva di iShares con Standard & Poor per l’S&P 500 Index in Europa è scaduto, a metà del 2010, tutti i maggiori emittenti hanno proposto un Etf che replica l’indice. Gli investitori possono scegliere tra replica swap based e fisica. Molti concorrenti hanno Ter più bassi, ma l’Etf iShares è il più liquido. Un fattore che gli investitori devono considerare nella scelta tra i diversi prodotti. K Alan Rambaldini è analista europeo sugli Etf di Morningstar Morningstar.it 37 ETF Analysis Lyxor Etf China Enterprise Di Alan Rambaldini - Aggiornato al 31 marzo 2011 Espone alle azioni cinesi quotate ad Hong Kong. Adotta il metodo di replica sintetico. Profilo Il Lyxor Hang Seng China Enterprise Index (Hscei) Etf è un fondo-paese che è più adatto per essere usato come strumento tattico. È importante notare che la gamma dei fondi relativi ai mercati emergenti tendono ad avere una forte esposizione sulle azioni cinesi, per cui gli investitori che già hanno in portafoglio queste aree devono fare attenzione a non avere troppa Cina in portafoglio. Fondamentali La Cina ha sorpassato il Giappone come seconda economia del mondo in termini di Prodotto interno lordo (Pil). Sulla base del Pil pro-capite, però, la Cina è ancora in ritardo rispetto ai Paesi sviluppati. La crescita è avvenuta nell’arco di 30 anni, da quando lo stato è passato a un’economia maggiormente basata sul mercato. Il governo centrale è stato responsabile nel coordinamento di gran parte di questa crescita e continuerà a giocare un ruolo chiave nella guida dell’economia. Le esportazioni rappresentano una gran porzione del Pil cinese – più del 20% secondo i dati del National Bureau of Statistics. La grande riserva di lavoro a basso costo è un vantaggio per l’export. Come altre grandi economie dell’Asia, in particolare Giappone e Corea del Sud, la Cina si è sviluppata soprattutto attraverso 38 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 l’industria manifatturiera a discapito di una crescita più equilibrata. Per contro, i consumi privati sono contenuti. territorio cinese per investitori locali e ci può essere un’ampia discrepanza di prezzo tra le due classi azionarie. Lo Stato è presente nell’azionariato di molte società quotate, con il rischio di interferenze a discapito della creazione di valore per tutti gli azionisti. Per esempio, China Mobile che è per il 70% di proprietà statale sta implementando i servizi 3G (comunicazioni di terza generazione) utilizzando una tecnologia cinese (nota come TD-SCMA), al posto di quelle più avanzate, a disposizione dei concorrenti locali, come China Unicom e China Telecom. A preoccupare sono anche le similitudini con ciò che ha causato la crisi finanziaria americana, in particolare l’allentamento degli standard creditizi e il rischio di una bolla immobiliare. Ad oggi, l’indice include 42 azioni, ponderate per il flottante di mercato così che l’indice rifletta la disponibilità effettiva di azioni dei costituenti. L’Hscei è un indice di prezzo, denominato in dollari di Hong Kong. Le società di servizi finanziari costituiscono più della metà del paniere (57%) e le società energe-tiche rappresentano il 22%. Ciò rende l’indice meno diversificato rispetto al Ftse China 25, nel quale le società finanziarie coprono solo il 46%. Struttura dell’indice L’Hscei è un buon benchmark per gli investitori internazionali in azioni cinesi. Poiché il governo cinese limita la proprietà straniera di azioni, l’indice include soltanto società cinesi quotate sulla Borsa di Hong Kong. Le aziende costituite in Cina quotate sullo Sehk sono note come ‘Azioni H’, mentre quelle costituite fuori dalla Cina, ma la cui prevalenza del business avviene in Cina e hanno almeno il 30% delle loro azioni detenute da soggetti situati sul territorio cinese, sono conosciute come ‘Red Chips’. Molte delle società H hanno anche una classe di azioni separata disponibile su Struttura del prodotto L’Etf utilizza una replica swap-based per riprodurre la performance dell’indice. Invece di tenere i titoli effettivi del paniere di riferimento, come un Etf a replica fisica, il fondo ha un basket sostitutivo composto da azioni europee. La replica, infatti, è assicurata dallo swap Otc (over-the-counter), stipulato da Lyxor, che scambia la performance del paniere con il rendimento del benchmark. Nella maggior parte dei casi la controparte dello swap è Société Générale, casa madre di Lyxor. Nei casi in cui Lyxor impegna una terza parte, Société Générale garantisce lo scambio, fornendo un’ulteriore protezione agli investitori. La normativa Ucits prevede che l’esposizione individuale alla controparte sia limitata al 10% del Nav (Net asset value), ma Lyxor tipicamente rivede lo swap quando l’esposizione raggiunge un livello compreso tra il 5 e il 7% del Nav del fondo o quando scatta il meccanismo di creazione/riscatto quote. Lyxor non effettua prestito titoli con i suoi Etf. Il fondo distribuisce i dividendi annualmente. E’ possibile che si verifichi il fenomeno del cash drag, da quando Lyxor riceve i dividendi a quando li distribuisce, con possibilità che il tracking error aumenti. L’Etf è domiciliato in Francia ed è quotato in euro su Deutsche Borse, Euronext Paris, Bolsa de Madrid e Borsa Italiana. Commissioni Il Lyxor Etf China Enterprise Hscei ha un Ter (total expense ratio) di 0,65%. Ci sono Etf azionari cinesi con Ter minori, tra cui ComStage’s Hscei con un Ter di 0,55%. Tuttavia, il costo totale della detenzione dell’Etf di Lyxor potrà risultare minore per gli investitori, considerata la maggiore liquidità di questo strumento. Alternative Lyxor offre un Etf che replica l’Hscei sulla Borsa di Londra che scambia in sterline. Ha una media di volumi scambiati molto Lyxor ETF China Enterprise Lyxor ETF China Enterprise K 11 10 9 8 7 03/2011 06/2011 09/2011 12/2011 Fonte:Morningstar Direct più bassa rispetto al Lyxor Etf Hscei in valuta europea. Come emittenti concorrenti, ComStage è il solo a offrire un Etf Hscei. È disponibile con un Ter di 0,55% sia su Deutsche Borse sia su Six Swiss Exchange. Per chi predilige la replica fisica, il prodotto di iShares ha un Ter di 0,74%, mentre gli investitori che cercano minori costi totali possono optare per quello di db x-trackers che ha un Ter dello 0,60%. Altre opzioni per un’esposizione azionaria sul mercato cinese sono gli Etf che replicano l’indice Ftse China 25, emessi da iShares, db x-trackers e EasyEtf. Pur avendo solo 25 azioni, il tetto massimo del 10% su ogni singolo componente rende l’indice più diversificato per settori e meno concentrato nelle prime dieci società (circa il 63% del valore dell’indice). Infine, per coloro che preferiscono gli indici Msci, Amundi propone due alternative, una in euro e l’altra in dollari americani, entrambe disponibili su Euronext Paris con un Ter dell’0,55% annuo. Con 49 società (ad oggi), l’Msci China ha un profilo molto simile al Ftse China in termini di settori e di concentrazione nelle prime dieci società. K Alan Rambaldini è analista europeo sugli Etf di Morningstar Glossario Hscei: è l’acronimo di Hang Seng China enterprise index e comprende le azioni cinesi quotate sulla Borsa di Hong Kong. Azioni H: sono emesse da imprese registrate nella Repubblica popolare cinese che hanno ottenuto dagli organi di controllo locali l’autorizzazione alla quotazione alla borsa di Hong Kong. Differiscono dalle azioni A, che sono denominate nella valuta locale (il renminbi o yuan) e quotate sulle piazze borsistiche di Shanghai e Shenzhen. Solo agli investitori indigeni e ai cosiddetti investitori istituzionali stranieri qualificati (Qfii) ne è consentito l’acquisto. Un’altra tipologia è rappresentata dalle azioni B, anch’esse quotati a Shanghai e Shenzhen ma denominate rispettivamente in dollari statunitensi (Shanghai) e dollari di Hong Kong (Shenzhen). Possono essere acquistate dagli investitori privati esteri, ma siccome talvolta sono poco liquidi. Red Chip: sono titoli di imprese a larga capitalizzazione, il cui azionariato è sotto influsso cinese per almeno il 30% e il cui azionista principale deve essere di nazionalità cinese. Sono quotati a Hong Kong, denominati nel rispettivo dollaro, e la loro compravendita è consentita in ogni momento anche agli investitori stranieri. Morningstar.it 39 Analisi Morningstar Gli affari d’oro di New York a Pechino Di Francesco Lavecchia Morningstar ha selezionato le aziende Usa avvantaggiate dalla crescita cinese e quelle asiatiche protette dalle barriere alla libera concorrenza. Uno dei primi insegnamenti dei manuali di tattica militare spiega come le battaglie si possano vincere imponendo la propria forza o, in alternativa, cercando di sfruttare le caratteristiche dell’avversario. E gli Stati Uniti, che di strategie militari se ne intendono, sembrano voler far leva sulle recenti difficoltà dell’economia cinese per riaffermare la loro superiorità nello speciale duello per la conquista del primato tra le economie mondiali. I dati relativi ai tassi di crescita della produzione industriale, dei consumi, ma soprattutto quelli riguardanti le esportazioni mostrano come Pechino stia rialzando il piede dall’acceleratore. nella ristorazione fast-food grazie alle catene di ristoranti KFC, Pizza Hut e Taco Bell, è una di queste. Il gruppo americano ricava già il 40% del suo reddito operativo dalle attività nella Repubblica popolare e i nostri analisti prevedono che la società possa ulteriormente espandersi in questa regione raggiungendo quota 25 mila ristoranti nei prossimi 10 anni. Questo avrebbe un positivo impatto sia sulla crescita del fatturato (+8% annuo per i prossimi 10 anni) che sul margine operativo, che salirebbe dal 15% al 19%, e motiverebbe la valutazione del prezzo obiettivo del titolo data dagli analisti di Morningstar pari a 63 dollari per azione. Il progresso delle vendite all’estero è sceso dal +25%, riportato a settembre, al +15% di novembre, e questo ha prodotto una contrazione della bilancia commerciale (differenza tra importazioni ed esportazioni) del 37% su base annua. Washington, al contrario, esporta una parte molto minore della sua ricchezza prodotta, pari al 14%, e può contare sulla solidità dei consumi interni, che rappresentano il 60% del Pil americano. Discorso analogo per Nike, il primo produttore mondiale di abbigliamento sportivo, per il quale gli analisti prevedono che il fatturato generato dalla regione cresca nei prossimi anni ad un ritmo del 10% annuo, raggiungendo quota 2,6 miliardi di dollari nel 2013. L’esplosione della classe media cinese sarà un toccasana anche per l’industria automobilistica. Pechino rappresenta il primo mercato mondiale di veicoli per passeggeri e piccoli veicoli commerciali e le principali case automobilistiche straniere hanno cannibalizzato l’offerta locale. Gli Usa benedicono la mid-class cinese Analizzando le possibili evoluzioni dei singoli comparti economici si scopre come una fetta importante dell’economia a stelle e strisce farà affari d’oro grazie allo sviluppo sociale ed economico di Pechino. Il boom economico ha fatto nascere, ed è destinata a far prosperare nel futuro, la “middle class”. Per questo motivo le grandi multinazionali del consumo stanno investendo per posizionarsi adeguatamente sul mercato cinese. Yum Brands, leader 40 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 Abitudini più occidentali Chi ha già seminato e può raccogliere i frutti, sono le società attive nel comparto del lusso come Tiffany&Co e Coach. Nel 2011 il consumo di beni di fascia alta in Cina ha registrato un progresso superiore al 30% e ora questo mercato rappresenta circa il 20% del totale. Per avere un’idea dell’enorme potenziale di crescita del comparto nella Repubblica popolare basti pensare che i maggiori consumatori di beni di lusso in Cina sono nella fascia d’età tra i 20 e 30, quindi con molti anni ancora davanti a loro, e, culturalmente molto ben disposti a spendere cifre elevate per prodotti di qualità. Oltre all’abbigliamento e a tutto ciò che è attinente al lusso, i cinesi hanno iniziato a spendere molto anche in alcolici e nel gioco d’azzardo. La Kweichow Moutai, società leader nella produzione di alcolici di fascia alta, ha visto crescere considerevolmente negli ultimi quattro anni sia il suo giro d’affari che gli utili e gli analisti di Morningstar prevedono per lei un incremento del fatturato del 45% per l’anno in corso e del 25% nel 2012, mentre l’utile per azione tra il 2013 e il 2015 promette di crescere complessivamente del 20%. L’americana Las Vegas Sands, invece, il più grande gestore al mondo di strutture integrate di resort e casinò, produce oltre il 60% del suo fatturato in Cina. Le ragioni dell’elevata valutazione degli analisti Morningstar, pari a 74 dollari per azione, risiedono nella scarsa concorrenza nel mercato cinese del gioco, considerato il numero ancora molto limitato di licenze concesse dal Governo, e dalle sue enormi potenzialità di espansione. La crescita del benessere contribuirà a cambiare anche le abitudini alimentari dei cinesi e questo, indirettamente, avrà effetti positivi sul settore chimico (e quindi su società come Monsanto). I vincitori della sfida Usa-Cina Le società che usciranno più forti dalla prossima congiuntura economica USA Winners Nome Settore Market Cap (Mld) Prezzo Obiettivo Prezzo/Prezzo Obiettivo Star Rating Yum Brands Consumer Cyclical Industria 26.89 63 0.926825397 3 Las Vegas Sands Consumer Cyclical Traverl&Leisure 31.32 74 0.577702703 4 Nike Consumer Cyclical Manufacturing - Apparel & Furniture 43.97 90 1.053555556 3 Monsanto Basic Materials Agricuture 37.82 80 0.882875 4 General Motors Consumer Cyclical Auots 32.39 48 0.43125 5 Nome Settore Industria Market Cap (Mld) Prezzo Obiettivo Prezzo/Prezzo Obiettivo Star Rating YChina Shenhua Energy Basic Materials Coal 489.09 32 0.778125 4 Wuliangye Yibin Consumer Defensive Beverages-Alcoholic 129.06 38 0.898684211 4 59.62 4 0.655 5 269.07 66 0.515 5 28.48 - - - Chinese Winners Shanghai International Port Industrial Transportation&Logistic Ping An Insurance Financial Services Insurance-life XCMG Construction Machinery Industrial Farm & Construction Machinery Fonte dati: Morningstar Select, dati al 23 Dicembre. Valori in valuta USD per le società americane e CNY per le società cinesi La mano “visibile” di Pechino Non sempre però le grandi multinazionali straniere riescono a posizionarsi sul mercato cinese e a sfruttare le sue enormi potenzialità di crescita. Il governo cinese controlla direttamente una fetta importante dell’economia del paese e non lascia libero spazio alla concorrenza. E’ questo, ad esempio, il caso del comparto assicurativo, ancora abbastanza chiuso all’ingresso di player esteri che ora rappresentano circa il 5% del mercato. Il mercato assicurativo ha registrato tassi di crescita importanti negli ultimi anni, solo tra il 2005 e il 2010 c’è stato un progresso del 24%, ma il grado di adesione a sistemi assicurativi è ancora basso. In un’ottica di medio-lungo periodo, quindi, questo business promette di garantire elevati rendimenti ed è per questo che gli analisti di Morningstar individuano nella Ping An Insurance una delle migliori idee di investimento del settore. Essa, infatti, è il più grande conglomerato finanziario del paese e potrà far leva sulla sua grande rete distributiva e sulle potenzialità generate dal cross-selling per sfruttare al meglio la crescente domanda di copertura assicurativa. Il peso dello stato si sente forte anche nel settore delle costruzioni. Questo comparto ha vissuto recentemente un periodo di grande euforia borsistica grazie al processo di urbanizzazione di massa che ha vissuto il paese, ma adesso le preoccupazioni di un rallentamento dell’economia del Dragone hanno allontanato gli investitori. Gli analisti di Morningstar sono convinti che nel breve periodo il business delle costruzioni possa soffrire, ma in un orizzonte temporale più largo è ragionevole aspettarsi che il Governo riprenda a spendere. Ed è per queste ragioni che Morningstar individua nella cinese XCMG Construction Machinery una delle migliori opportunità di investimento del settore. I suoi prezzi molto competitivi e la rete distributiva le hanno permesso di guadagnarsi una fetta importante del mercato. Inoltre, essendo una società a partecipazione statale non ha difficoltà a finanziare i propri investimenti e acquisizioni attraverso l’emissione di prestiti. Il Governo di Pechino è molto attivo anche nel comparto energetico e in particolare in quello del carbone, che rappresenta la fonte energetica principale del paese. Sotto il controllo statale il comparto sta vivendo un forte processo di consolidamento. Tra le società del settore, gli analisti di Mornigstar giudicano la China Shenhua come quella meglio posizionata. A motivare la valutazione è un portafoglio integrato che comprende le miniere di carbone, gli impianti energetici e una vasta rete di trasporti di proprietà. Tra i settori che trarranno vantaggio dalla mano non proprio invisibile dello stato c’è quello dei trasporti, dove la preferenza va al Shanghai International Port, il primo porto al mondo per traffico di container, che beneficerà degli investimenti promessi dal governo per promuovere il commercio sul fiume Yangzi. Inoltre, la collocazione in Shanghai lo distingue dai concorrenti. K Francesco Lavecchia è stock analyst di Morningstar Morningstar.it 41 Gli Strumenti Morningstar Cina e Usa sono big anche nei fondi Di Alice Bravi Gli azionari specializzati nei due paesi sono tra i maggiori per dimensione. Prediligono le large cap e le aziende con forte vantaggio competitivo. Ma differiscono nei settori e nel grado di rischio. In un periodo storico in cui l’equilibro finanziario internazionale si trova più che mai sotto la lente di analisti ed esperti, l’attenzione verso i principali protagonisti dell’economia mondiale diventa sempre più accesa. Analogamente, anche l’investitore si rivela più attento a comprendere le implicazioni di una scelta di investimento orientata verso un determinato mercato o una particolare area di interesse, specialmente se questa è rivolta verso gli attori più importanti, quelli le cui scelte di politica economica e commerciale sono in grado di influenzare le dinamiche globali. Non è dunque un caso che l’attenzione si rivolga al mercato americano e a quello cinese: se da un lato l’economia mondiale ha riportato nel corso degli ultimi decenni una correlazione molto forte con quella americana, più recentemente la Cina ha rappresentato un’alternativa interessante per gli elevati tassi di crescita riportati fino ad oggi. Occhio alla diversificazione La scelta di orientarsi verso una particolare economia porta con sé delle implicazioni in termini di asset allocation di portafoglio: aggiungere al proprio ventaglio di opportunità di investimento uno strumento specializzato in un determinato paese può apportare benefici di diversificazione sotto alcuni aspetti, ma anche di concentrazione del rischio sotto altri. 42 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 Fig. 1 Dimensione dei fondi investiti in Cina e Stati Uniti in rapporto a quella totale dei fondi azionari vendibili in Italia espressa in termini di TNA (total net asset) USA Cina 14 12 10 8 6 4 2 jan ‘01 nov ‘01 sep ‘02 jul ‘03 may ‘04 mar ‘05 jan ‘06 Una scelta accurata dell’investimento e del paese su cui puntare passa attraverso un esame dei fattori che caratterizzano non solo l’economia interessata, ma anche gli strumenti di investimento ai quali è collegata. In questo senso l’esame dei fondi che hanno il focus sugli Stati Uniti e la Cina lascia trasparire alcune affinità tra questi due tipi di strumenti, ma anche molte differenze in termini di stile, capitalizzazione delle società ed esposizione settoriale. Grandi patrimoni L’investitore italiano che desidera investire nov ‘06 sep ‘07 jul ‘08 may ‘09 mar ‘10 jan ‘11 negli Stati Uniti e in Cina può contare sul fatto che sono tra i fondi azionari specializzati su singoli paesi con le maggiori masse gestite. In particolare quelli americani sono primi, mentre i cinesi ricoprono la terza posizione, dopo il Giappone. I primi fondi sulla Cina disponibili per l’investitore italiano sono approdati nel 2005, per poi riscontrare un crescente successo negli anni successivi (Figura 1). Lo scoppio della recente crisi finanziaria sembra aver raffreddato gli entusiasmi per l’investimento sui mercati in generale e il posizionamento dimensionale sia dei Fig. 2 Presenza nel portafoglio di fondi investiti in Stati Uniti e Cina di titoli di società a grande, media e piccola capitalizzazione USA Cina Large Cap 55% Large Cap 85% Fig. 3 Presenza nei fondi Usa e Cina di titoli con differente orientamento alla crescita % Mid Cap 18% Mid Cap 12% Small Cap 27% Small Cap 3% 100 USA Cina Large Value Large Growth 80 Large Core 60 40 20 Fig. 4 Vantaggio competitivo delle società presenti nei fondi che investono in Usa e Cina Fig. 5 Esposizione settoriale per macrosettori (%) % Economic Moat USA (%) Minimo Cina (%) 50 Moderato 320 Buono 59100 Ampio Totale 100 USA Cina Ciclici Difensivi 80 Sensibili 60 30 100100 40 20 fondi cinesi che di quelli americani ne ha lievemente risentito. Quando lo stile fa la differenza Anche se i gestori hanno cominciato a concentrarsi sulla Cina solo in questi ultimi anni, il focus sulla tipologia di investimento è ben definita: puntare su società a larga capitalizzazione e con un ampio vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza. Le large cap cinesi sono infatti presenti nel portafoglio dei fondi per ben l’85%, contro il 55% dei fondi americani (Figura 2). La differenza in termini di stile di gestione lascia trasparire nei fondi cinesi una leggera inclinazione alle società value (che rappresentano circa il 40%). La scelta di privilegiare realtà consolidate per l’investimento in Cina appare esattamente speculare a quella espressa dal gestore che investe negli Stati Uniti, più attratto da società che esprimono maggiore orientamento alla crescita. Se a questo dato si aggiunge l’esame dell’Economic moat delle società interessate, ovvero il vantaggio competitivo, emerge come gli asset manager che investono sul mercato cinese siano concentrati unicamente su società in grado di mantenersi ad una buona distanza dai concorrenti. E’ analoga la tendenza dei fund manager a Wall Street: prevalgono le società altamente competitive, ma il portafoglio è distribuito anche su altri livelli concorrenziali, spesso inferiori. Stati Uniti e Cina diversi anche per esposizione settoriale Se i fondi che investono negli Stati Uniti e in Cina restano comunque orientati principalmente verso società a larga capitalizzazione, l’esposizione settoriale evidenzia differenze marcate. Puntare su una determinata economia implica scelte di esposizione che sappiano valorizzare il portafoglio cogliendo i punti di forza di quel particolare mercato. Ne è un esempio la differenza tra le scelte di investimento effettuate dai gestori di fondi che investono in queste due nazioni (Figura 5). Da un’analisi dei macrosettori dell’economia emerge come i fondi yankee tendano a privilegiare i settori definiti ”Sensibili” (energia, tecnologia, beni industriali, comunicazione) rispetto a quanto preferito dai fondi cinesi, ovvero settori maggiormente legati al ciclo dell’economia, spesso supportati dagli elevati tassi di crescita della Cina. Nel dettaglio, in America la tecnologia pesa per circa il 19% e i beni industriali per il 13%. In Cina, il comparto più rappresentato è quello finanziario che da solo copre il 28% del portafoglio dei fondi. Seguono poi i settori legati all’energia (12%) alle materie prime Morningstar.it 43 Gli Strumenti Morningstar (10%), ai beni di consumo ciclici (10%) e ai servizi di comunicazione (10%). Fig. 6 Esposizione settoriale (%) Sensibili Un occhio ai risultati Differenti strategie di asset allocation, sia in termini di stile sia di esposizione settoriale, hanno consentito ad entrambe queste categorie di fondi di conseguire performance positive nel corso degli ultimi 3 anni. I recenti sviluppi legati alla crisi economica nel 2010 hanno generalmente pesato sulle performance dei fondi, compresi quelli che investono in America e in Cina (Figura 7). Energia Tecnologia Beni industriali Servizi alla comunicazione Totale Sensibili Difensivi Utilità Salute Beni di consumo difensivi Totale Difensivi Ciclici Immobiliare Finanza Beni di consumo ciclici Materie Prime Totale Ciclici Cina USA 0 10 20 30 40 50 Fig. 7 Rendimento a 3 anni (in euro, base 100) Alice Bravi è research analyst di Morningstar Italy EU OE US Large-Cap Value Equity EU OE China Equity EU OE US Small-Cap Equity EU OE US Large-Cap Growth Equity EU OE US Mid-Cap Equity EU OE US Large-Cap Blend Equity 179 159 139 120 100 mar ’09 sep ‘09 mar ‘10 Grafici e tabelle sono realizzati con Morningstar Direct. 44 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012 sep ‘10 Il rendimento di questi ultimi, riflesso di un mercato particolarmente legato alle esportazioni e all’andamento dell’economia americana ed europea, ha subito nel corso dell’ultimo anno una particolare contrazione, ritornando sui valori dell’estate 2009. Questo ha reso i fondi che investono in Cina mediamente più volatili rispetto ai fondi concentrati sul mercato americano (unica eccezione rappresentata dalle Small Cap statunitensi). K mar ‘11 sep ‘11 Glossario TNA (Total Net Asset): esprime la dimensione del fondo in termini di massa gestita Large / Mid / Small – Cap: Società a grande / media / piccola capitalizzazione Value / Growth: Azioni sottovalutate dal mercato / Azioni con alto potenziale di crescita Economic Moat: indicatore che misura il vantaggio competitivo delle società, basandosi non solo sulle performance storiche della società, ma anche sul verificarsi di alcuni presupposti che permettono alla società di mantenere più a lungo il distacco dalla concorrenza (ampia quota di mercato, bassi costi di produzione, presenza di brevetti e licenze, presenza di una filosofia aziendale, alti costi di switch a carico del cliente nel passaggio ad un competitor, effetto network). ©2011 Morningstar, Inc. All rights reserved. The Morningstar name and logo are registered marks of Morningstar. Marks used in conjunction with Morningstar products or services are the property of Morningstar or its subsidiaries. Morningstar.it Premium Prendi il meglio dai tuoi investimenti Morningstar.it Premium Scopri i nuovi strumenti le informazioni più complete con Morningstar.it Premium. Il nuovo servizio creato per gli investitori più esigenti che fornisce dati approfonditi, strumenti di selezione potenti ma di facile utilizzo e analisi indipendenti per aiutarti nelle scelte di portafoglio, migliorando la tua conoscenza sugli investimenti. 200 analisti. Puoi facilmente accedere alle loro valutazioni su oltre 1000 strumenti tra azioni, fondi comuni e Etf. Con Morningstar.it. 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