Cina, da pedone a re Ma gli Usa non giocano in

La tua guida alle decisioni di investimento Gennaio/Febbraio 2012 — Usa e Cina, la partita dell’anno
Cina, da pedone a re
Ma gli Usa non giocano in difesa
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Società del Gruppo
Dati al 30 giugno 2011
Gennaio/Febbraio
2012
Attualità
Scenari
Gli Usa non fanno marcia indietro
14Cosa manca a Shanghai
215 domande a Pierpaolo
Valerio Baselli
La crescita economica non si
fermerà. L’incognita è l’Europa.
Paul Cloonan
per essere Wall Street
Marco Caprotti
L’Intervista
Benigno (economista)
16Gli americani
rivalutano il risparmio, i
cinesi provano a ridurlo
Azzurra Zaglio
La Cina ha molte carte da giocare
La crescita rimarrà sostenuta e l’inflazione
fa meno paura.
Anthony Bolton
In Primo Piano
18
Imprese di stato,
è tempo di cambiare
Zhao Hu
20Compro la Cina
da Milano
Giuseppina Parini
3
Gennaio/Febbraio 2012
Rubriche
6 Hanno scritto per noi
7 L’Editoriale
Sara Silano
22 Rischio super-potenze,
26 Cina e Usa, motori
40 Cina e Usa sono big
Cosa fare in caso di hard landing
cinese. Come tutelarsi dalla
tagliola delle agenzie di rating
negli Stati Uniti.
Marco Frittajon
Alcuni gestori trovano
meno opportunità di investimento in queste due economie.
Vediamo perché.
Dario Portioli
Gli azionari specializzati nei
due paesi sono i maggiori per
dimensione. Prediligono le
large cap e le aziende con forte
vantaggio competitivo.
Alice Bravi
8 Per cominciare
Valerio Baselli
Asset Allocation
strategie di copertura
Analisi Morningstar
difettosi?
34 Usa e Cina negli Etf
La gamma sul mercato
americano è più vasta di quella
sull’Asia. Ma le differenze non
finiscono qui.
Azzurra Zaglio
40 Gli affari d’oro di New
York a Pechino
Morningstar ha selezionato
le aziende Usa avvantaggiate
dalla crescita cinese e quelle
asiatiche protette dalle barriere
alla libera concorrenza.
Francesco Lavecchia
4
Gli Strumenti Morningstar
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Hanno scritto per noi
Anthony Bolton
Anthony Bolton è President di Fidelity Worldwide Investment.
Dall’aprile 2010 fa parte del team di investimento di Hong Kong, in
qualità di gestore di Fidelity China Special Solution Plc, il più grande
nuovo fondo d’investimento lanciato nel Regno Unito negli ultimi
16 anni. Bolton è in Fidelity da trent’anni. Dal dicembre 1979 fino alla
fine del 2007, ha gestito il fondo Fidelity Special Situations, best
performer tra i fondi retail inglesi per oltre 28 anni. Bolton si è
occupato anche di formare i giovani fund manager e gli analisti
finanziari e supervisionare il processo di investment management
di Fidelity.
Direttore editoriale: Davide Pelusi
Direttore responsabile: Sara Silano
Editor & Analyst team: Valerio Baselli, Alice Bravi, Marco Caprotti,
Marco Frittajon, Francesco Lavecchia, Dario Portioli, Azzurra Zaglio
Senior contributor: Anthony Bolton, Paul Cloonan, Zhao Hu,
Giuseppina Parini.
Progettazione editoriale: Sghermersino Romano e Sara Silano
Progetto grafico: Renée Benz
Grafica: Adnan Alicusic
Production designer: Daniela Johns
Illustrazioni: Michael Pettit
Web developer: Fabio Gilardoni
Responsabile pubblicità: Emanuela Bassi
Responsabile marketing e sales: Corrado Cassar Scalia
Paul Cloonan
Paul Cloonan è il responsabile della ricerca azionaria Usa di Pioneer
Investments ed è anche responsabile della gestione di alcuni fondi
azionari. Cloonan è entrato in Pioneer Investments nel 1997 come
analista sui mercati emergenti. Successivamente si è occupato di
ricerca per diversi settori nell’ambito del mercato azionario americano,
in particolare quello delle telecomunicazioni, dei semiconduttori e
dei media. Prima di entrare in Pioneer Investments, Paul era manager
nel Financial Advisory Services Group di Ernst & Young, LLP, dove
si occupava di analisi e ricerca su società e settori. Ha conseguito un
MBA al Babson College ed è CFA dal 1998.
Per informazioni pubblicitarie: [email protected]
Morningstar Investor N. 5/2012
Registrazione Tribunale di Milano n. 234 del 3 maggio 2011
Morningstar Italy
Via Pergolesi, 25
20124 Milano
Tel. 02 30301295
www.morningstar.it
Morningstar Investor appartiene a Morningstar, che conserva l’intera proprietà intellettuale dei
documenti contenuti così come l’esclusività dei diritti di riproduzione, traduzione e presentazione
degli stessi. La diffusione delle informazioni contenute in questo documento e la
loro riproduzione anche parziale e in qualsiasi modalità senza l’autorizzazione preventiva di
Morningstar è vietata.
Zhao Hu
Giuseppina Parini
6
Zhao Hu è analista azionario di Morningstar China e segue le
società industriali e di materie prime. Prima di entrare a far parte di
Morningstar nel dicembre 2009, Hu è stato analista finanziario
e gestore presso Hni Corporation per due anni. Hu ha conseguito
una laurea in finanza e sistemi di gestione delle informazioni al
College of Business dell’Iowa State University, dove ha ottenuto una
borsa di studio internazionale. Attualmente, Hu sta studiando per
ottenere il CFA.
Giuseppina Parini è responsabile azionario di Aletti Gestielle Sgr
e gestore del fondo Gestielle obiettivo Cina, unico fondo di diritto
italiano con prevalente investimento nei titoli cinesi per la parte
azionaria. Parini è laureata in Lingue e letterature straniere
all’università Ca’ Foscari di Venezia. Grazie a una borsa di studio
del Ministero della pubblica istruzione giapponese ha frequentato un
Master alla facoltà di sociologia dell’università di Hitotsubashi
a Tokyo. Ha lavorato alla Daiwa Securities e alla Lehman Brothers
come broker sui mercati giapponesi e asiatici, prima di entrare in
Aletti Gestielle.
Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
Attenzione, le informazioni sono unicamente indicative. Esse non hanno nessun valore contrattuale
e non possono essere considerate come esaustive o esenti da errori accidentali. Morningstar
declina ogni responsabilità relativa ai risultati d’investimento realizzati sulla base delle
informazioni e delle opinioni presentate all’interno di questa pubblicazione. Esse sono infatti
soggette a evoluzioni in ogni momento e senza preavviso, specialmente in funzione delle condizioni
del mercato.
Non si tratta in nessun caso di una proposta o di un consiglio di investimento. Il magazine non può
in nessun caso essere utilizzato per sottoscrivere o vendere i prodotti menzionati nello stesso. Gli
investitori sono invitati a verificare se le strategie presentate o discusse corrispondono ai loro
obiettivi d’investimento e a consultare i prospetti e tutti gli altri documenti regolamentati relativi ai
prodotti. I rendimenti passati non sono per forza dei buoni indicatori delle performance future.
L’Editoriale
Partita aperta
Sara Silano
è direttore di
Morningstar Investor
Nel 1913, Srinivas Ram Wagel pubblicava a
Shanghai un libro intitolato Finance in China,
nel quale prevedeva che l’ex celeste impero
avrebbe superato economicamente l’occidente,
perché aveva una popolazione molto più
numerosa dell’insieme dei paesi dell’ovest e
un costo del lavoro più basso. Siamo appena
dopo la fine della dinastia Qing (268 anni di
regno), l’ultima prima della trasformazione del
paese in Repubblica popolare.
Il sorpasso non è ancora avvenuto, nonostante
sia passato quasi un secolo. Era dunque
sbagliata la previsione? Non proprio, secondo
Zhiwu Chen, professore all’università di Yale e
uno dei massimi esperti al mondo sulla Cina,
che è stato recentemente intervistato da
Morningstar. Il punto è che la storia, dopo il
1913, è andata in un’altra direzione: è
scoppiata la prima guerra mondiale, il paese è
stato invaso dal Giappone, poi è stata la volta
della seconda guerra mondiale, di quella civile
e, infine, della rivoluzione culturale.
Oggi, l’ex celeste impero è secondo solo agli
Stati Uniti in termini di prodotto interno lordo,
ben distaccato dal Giappone. Le previsioni
parlano di un sorpasso nei prossimi anni
(secondo le stime del Fondo monetario
internazionale avverrà nel 2016), ma esse
sono basate sul presupposto che i tassi di
crescita rimangano quelli degli ultimi 30 anni,
ossia intorno al 10%. In realtà, il paese si
trova davanti a grandi sfide per non rimanere
vittima del suo passato. La prima è il
passaggio da un’economia basata sulle
esportazioni a una più orientata ai consumi
privati. La seconda riguarda l’indebitamento:
la spesa pubblica è lievitata nel 2008 per
contrastare la crisi finanziaria internazionale,
così come i prestiti erogati alle amministra-
zioni locali. Inoltre, i privati hanno beneficiato
delle politiche monetarie espansive. Il rischio
è che molti debiti diventino insolvibili. Altre
sfide dovranno essere affrontate sul fronte
delle privatizzazioni e della valuta.
Viste da New York, le debolezze di Pechino
rappresentano un’opportunità per riaffermare
il primato mondiale. L’economia americana ha
molti acciacchi, tra cui gli squilibri di bilancio,
i postumi della crisi finanziaria. Tuttavia, è
molto meno dipendente dall’estero della Cina,
in particolare dalla malata Europa. Inoltre, un
rallentamento dell’ex celeste impero
ridurrebbe la pressione sui prezzi delle
materie prime, a beneficio dei consumatori
americani. D’altro canto, lo sviluppo della
classe media cinese (che è considerato un
trend di lungo periodo) è un boccone ghiotto
per le multinazionali e per i marchi del lusso.
Infine, l’economia statunitense dà segnali
incoraggianti, soprattutto nella componente
dei consumi privati, che rappresenta la fetta
più importante del Pil.
Gran parte degli analisti ragionano sulle
conseguenze negative della crisi europea e
del raffreddamento asiatico, pochi osano
previsioni su quali effetti positivi potrebbe
produrre il miglior posizionamento
dell’economia americana rispetto a quella del
resto del mondo. Il punto è chi darà scacco
matto nella complessa scacchiera planetaria:
la Cina è data per favorita, ma gli Usa
potrebbero fare la mossa che non ti aspetti.
Sara Silano, Direttore di Morningstar Investor
[email protected]
Morningstar.it
7
Per Cominciare
Potenze a confronto
Di Valerio Baselli
Il dollaro è la carta vincente degli Stati Uniti sul piano internazionale.
Lo sviluppo economico rende forte la Cina.
Usa appesantiti dai debiti
Già molto grande e sviluppata sul finire
dell’Ottocento, l’economia Usa ha cominciato
a decollare davvero solo dopo la seconda
guerra mondiale. Cresciuta a grandi passi
negli anni ‘50 e ’60, oggi gli Stati Uniti
d’America sono la più grande economia del
mondo, con un Pil di circa 14.300 miliardi
di dollari. Ma per quanto? Secondo l’analisi
del Fondo monetario internazionale, gli Usa
hanno chiuso il 2011 con una crescita del
2,8% (leggermente sopra al 2,3% stimato in
autunno), risultato che dovrebbero replicare
anche quest’anno (previsioni del 2,9%).
Per quanto riguarda il mercato del lavoro,
l’Fmi ipotizza un miglioramento nel tasso
di disoccupazione, che potrebbe scendere
dall’8,5 al 7,8% nel corso del 2012.
Tuttavia, la creazione di nuovi posti di
lavoro rimane deludente se si considera
il tracollo avuto dopo il fallimento della
banca Lehman Brothers.
I problemi principali, comunque, restano legati
al debito pubblico (ha raggiunto nel 2010 i
14,46 mila miliardi di dollari, circa il 100% del
Pil, quasi triplicando rispetto al 2000, quando
era inferiore ai 5.500 miliardi) e al disavanzo
delle partite correnti, in pratica i conti con
l’estero. Infatti, gli Usa presentano, a partire
dal 1981, uno squilibrio che si è andato
approfondendo e che, secondo l’Fmi, andrà
peggiorando anche in futuro. In particolare,
tale deficit è dovuto ad un forte disavanzo
commerciale. Tra le cause principali di questo
trentennale disavanzo ci sono i bassi livelli
di risparmio delle famiglie, ai quali corrispondono consumi altissimi (intorno al 70% del Pil).
8
Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
L’importanza di chiamarsi dollaro
Uno dei punti di forza degli Usa è rappresentato dalla moneta: il dollaro statunitense è
la valuta di riferimento a livello mondiale, con
cui sono quotate le materie prime ed alcuni
paesi adottano il biglietto verde come divisa
nazionale. Questo vuol dire che gli Stati Uniti
possono emettere più moneta di quella
necessaria per soddisfare il bisogno nazionale,
con conseguente aumento del signoraggio
incamerato dalla banca centrale. Il vero
vantaggio consiste nell’avere una maggiore
libertà di usare gli strumenti di politica
monetaria per la stabilizzazione interna.
Il Dragone frena ma non si ferma
L’economia cinese si affaccia al nuovo
millennio come una delle più potenti sul piano
internazionale, l’unica in grado di soffiare agli
Usa lo scettro di “economia più forte al
mondo”. Lo sviluppo economico della Cina è
cominciato in particolare sul finire degli anni
’70, quando lo Stato comunista della Repubblica popolare cinese decise di porre fine
a decenni di chiusura al mercato (nel 1979 il
governo abolisce le restrizioni sul commercio
estero). Da allora, l’ex celeste impero ne
ha fatta di strada, fino ad arrivare ad essere
la seconda economia mondiale subito dopo gli
Usa. Dal 2003 al 2011, infatti, la crescita
economica non è mai scesa sotto l’8% annuo,
arrivando anche al 12% nel 2008.
La più grande risorsa dell’economia cinese
è sicuramente la manodopera, numerosa e
a basso costo, ma anche con segmenti
altamente specializzati. La Cina, non a caso,
ha basato le proprie fortune sulle esportazioni.
E per il 2012? Secondo quanto reso noto dal
Libro blu dell’economia, pubblicato lo scorso 7
dicembre dall’Accademia delle scienze sociali
cinese, per il 2012 è previsto un progressivo
rallentamento della crescita economica.
Si prevede che il tasso di crescita del Pil per
il 2012 raggiungerà l’8,9%, mentre il Cpi
arriverà a quota 4,6%.
Sempre lo scorso dicembre la banca
d’investimento Barclays Capital ha pubblicato
un rapporto, nel quale si osserva che,
influenzate dall’ammorbidirsi della recessione
economica dell’Eurozona e dall’ulteriore
bilanciamento del mercato immobiliare cinese,
le previsioni della crescita economica cinese
per il 2012 sono ribassate dall’8,4% all’8,1%.
Inoltre, si prevede che, alla fine del 2012,
la banca centrale cinese possa ribassare di
almeno quattro volte il tasso dei depositi
di riserva, facendo sì che il deficit finanziario
occupi il 2,2% del Pil. Il giorno 6 dicembre
l’agenzia Standard & Poor’s ha confermato il
rating del credito sovrano a lungo termine
della Cina come “AA-” con outlook stabile. K
Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy
Glossario
Pil = Prodotto interno lordo
Fmi = Fondo monetario internazionale
Cpi = Consumer price index (Indice dei
prezzi al consumo)
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Scenari
Gli Usa non fanno marcia indietro
Di Paul Cloonan
Consumi, lavoro e attività manifatturiera indicano che la crescita
economica non si fermerà. L’incognita è l’Europa.
Sta diventando sempre più chiaro che la
scorsa estate ha rappresentato solo un
momento di rallentamento per l’economia
americana e non una fase di stallo che poteva
portare ad un ritorno alla recessione.
Per il 2012, la nostra aspettativa è per un altro
anno di crescita, ancorché modesta,
dell’economia d’oltreoceano, con i consumi
che rappresentano ancora una componente
importante del Pil, mentre sul fronte governativo l’austerità farà da zavorra alla crescita.
Comunque il miglioramento congiunturale
continuerà e, nelle nostre previsioni, non
vediamo scenari recessivi per gli Stati Uniti.
Questa previsione è, tuttavia, soggetta
a determinate condizioni. I rischi maggiori
vengono da fattori esterni come la crisi del
debito in Europa o un possibile hard
landing dell’economia cinese. Ma se non
ci saranno shock esterni la crescita americana
ha i mezzi per poter continuare.
Sulla strada della crescita
Nello scenario che si sta delineando mancano
quegli eccessi che di solito caratterizzano la
fine di un ciclo economico: bassi tassi di
disoccupazione che fanno aumentare il costo
del lavoro, investimenti eccessivi e improduttivi, magazzini pieni. Quelli della grande
distribuzione, ad esempio, sono quasi vuoti per
cui un rallentamento nell’andamento della
spesa non dovrebbe punire eccessivamente i
10 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
negozi e i produttori. I consumi, la voce
principale del Pil americano, ha sorpreso
favorevolmente nella seconda metà del 2011,
grazie al buon andamento delle vendite al
dettaglio e agli acquisti di auto. Le spese,
tuttavia, sono state sostenute in parte da una
riduzione dei risparmi e dai tagli delle tasse
sugli stipendi. I secondi, in particolare,
potrebbero non essere riproposti, per cui il
quadro dei consumi nel 2012 sarà ostaggio
dell’andamento del mercato del lavoro.
Fortunatamente il quadro del settore
occupazionale è abbastanza incoraggiante,
visto che praticamente tutti gli indici del
lavoro mostrano qualche segnale di miglioramento. Le assunzioni nel settore privato
stanno crescendo, mentre i licenziamenti e le
richieste di sussidi di disoccupazione stanno
scendendo. A questo va aggiunto che molti
lavoratori stanno lasciando volontariamente il
proprio posto: segno che, presumibilmente,
ne hanno trovato uno migliore. Nel frattempo
ci attendiamo un proseguimento del trend
visto nel 2011 sul fronte della crescita degli
investimenti aziendali, anche se saranno
eliminati gli incentivi fiscali.
Anche sull’attività manifatturiera domestica ci
attendiamo una crescita grazie a condizioni più
favorevoli sul fronte dei costi energetici e del
lavoro e grazie a richieste più regolari di pezzi
di ricambio per i macchinari dal Giappone. Le
Corporation hanno liquidità da investire
grazie a buoni flussi di cassa, introiti vicini
ai livelli record e un indebitamento sotto
controllo. Il contante è disponibile grazie
ai prestiti concessi dalle banche e a
un mercato obbligazionario che continua
ad accogliere bene le nuove emissioni.
Le esportazioni sono una fonte di forza per
l’economia americana. Si tratta di un settore
sensibile all’andamento della crescita globale
che, grazie alle richieste che arriveranno dai
paesi sviluppati e da quelli emergenti (sia per
quanto riguarda le materie prime, sia per i
prodotti finiti), continuerà a contribuire al
rafforzamento della congiuntura. A meno che,
si intende, non si assista ad un forte rallentamento economico a livello globale. Ma, mentre
l’Europa potrebbe entrare in una fase
recessiva nella prima parte del 2012 (sempre
che non lo sia già), i paesi in via di sviluppo
potrebbero registrare una nuova fase di
accelerazione grazie alle politiche monetarie
meno restrittive inaugurate ad agosto 2011.
L’attività di costruzione immobiliare ha subito
un periodo di stallo dopo gli anni della bolla
immobiliare. Adesso, tuttavia, i rischi di
un calo sembrano limitati, anche alla luce dei
livelli depressi che stiamo vedendo in questo
periodo. Qualche segnale di speranza non
manca: i prezzi degli affitti, ad esempio, stanno
registrando un risveglio.
Il settore governativo potrebbe rappresentare
un freno alla crescita complessiva in Usa.
Non si tratterà di un’austerità sul modello di
quella che verrà portata avanti in alcuni stati
europei. Tuttavia, si faranno passi avanti
sul fronte dei tagli ai budget federali, mentre
non ci saranno nuovi stimoli fiscali. Nel
frattempo si verificherà un aumento delle
tasse sugli stipendi mentre a partire dal 2013
ci sarà un nuovo regime fiscale per le entrate.
Rischio Europa
Il rischio maggiore per questo scenario è
rappresentato dalla crisi del debito in Europa.
Mentre gli istituti centrali hanno dato liquidità
al sistema bancario, il grado di solvibilità degli
stati (e di chi detiene bond governativi) sono
elementi di forte preoccupazione. La nostra
idea è che lo scenario peggiore sia stato
evitato: nessuno dei paesi membri abbandonerà Eurolandia, i governi svilupperanno le
riforme strutturali che servono a migliorare la
competitività, ad accelerare la crescita
economica e a ribilanciare le loro finanze,
risolvendo in questo modo i dubbi dei mercati.
Gli stati dell’Eurozona, inoltre, creeranno una
sorta di meccanismo di finanziamento del
debito e delle banche, affrontando il problema
della liquidità. Ovviamente non c’è garanzia
che tutto questo accada senza incidenti e ci
rendiamo conto dei rischi.
La Cina fa meno paura
Per quanto riguarda la Cina, la possibilità di un
hard landing, scatenato da un calo delle
esportazioni verso l’Europa, da una discesa dei
prezzi delle case o da un problema derivante
dai prestiti concessi alle imprese di stato,
rappresenta un altro rischio per le nostre
previsioni. Tuttavia si tratta di pericoli meno
probabili se confrontati con quelli rappresentati dall’Europa. Un rallentamento delle
esportazioni verso la Cina maggiore di quello
verso il Vecchio continente e una frenata del
Paese del Drago farebbero comunque
abbassare i prezzi delle materie prime dando
un po’ di ossigeno ai consumatori americani.
Meglio le azioni
Con la Federal Reserve impegnata a tenere
bassi i tassi di interesse per un altro anno
o due, con una crescita economica modesta e
con un’alta avversione al rischio, i rendimenti
dei bond americani dovrebbero restare bassi
ancora per qualche tempo, mostrando poco
valore (i rendimenti sono inferiori all’inflazione
su quasi tutta la curva). Anche se la curva
degli yield resta ripida, preferiamo puntare sul
rischio di credito piuttosto che sulla duration
all’interno dei nostri portafogli obbligazionari.
Per quanto riguarda le obbligazioni corporate
le valutazioni sono attraenti se rapportate alle
probabilità di bancarotta scontate dal mercato,
specialmente alla luce di uno scenario di
crescita. Dal punto di vista delle valutazioni le
azioni Usa sono ancora più interessanti dei
bond: i dividend yield delle azioni quotate
sull’indice S&P500 sono più alti dei rendimenti
offerti dai bond decennali, mentre il rapporto
fra prezzo e utili è ai livelli più bassi degli
ultimi 20 anni. La direzione che prenderanno
i titoli azionari e obbligazionari nel 2012,
in ogni caso, dipenderà più dalle decisioni
che saranno prese a livello politico che
da considerazioni puramente fondamentali. K
Gennaio/Febbraio:
Usa vs Cina, partita aperta
La Cina ha ancora molte carte da giocare,
ma l’America non lascerà facilmente il
podio di super potenza. Cosa manca
a Shanghai per essere come Wall Street.
Come coprirsi dal rischio hard landing
nell’ex celeste impero e dalla tagliola
delle agenzie di rating sul debito Usa.
Paul Cloonan è responsabile della ricerca azionaria
Usa di Pioneer Investments
Glossario
Hard landing: il termine indica la fase in cui
l’economia passa direttamente da uno stato di
espansione a uno di recessione.
Yield: termine inglese che indica rendimento.
In questo caso ci si riferisce al rendimento
dei titoli di stato. Quando si parla di dividend
yield, invece, si indica il rapporto tra dividendo
e prezzo di un titolo azionario.
Nel prossimo numero, Markowitz 2.0
e le frontiere dell’asset allocation per il
21° secolo.
Nelle edizioni successive si parlerà di
previdenza, mercati di frontiera, politiche
monetarie e commodity.
Per informazioni sulla pubblicità
contattare [email protected]
Morningstar.it 11
Scenari
La Cina ha molte carte da giocare
Di Anthony Bolton
La crescita rimarrà sostenuta e l’inflazione fa meno paura.
Ci sono le condizioni per il rally delle azioni.
I prossimi 12 mesi saranno probabilmente
decisivi per il mercato cinese poiché gli
investitori si renderanno conto che l’economia
non si trova in una fase di brusca caduta e
l’inasprimento della politica monetaria sarà
concluso. L’ultimo anno è stato caratterizzato
da una volatilità straordinaria, ma ritengo che
non appena si saranno calmate le acque gli
investitori si concentreranno sui tassi di
crescita relativi che le diverse regioni del
mondo possono offrire. Credo fermamente
che, alla luce di queste nuove considerazioni, i
flussi di denaro si sposteranno progressivamente dai mercati sviluppati, alcuni dei quali
presentano gravi problemi di debito pubblico e
prospettive di crescita limitate nei prossimi
anni, per affluire verso i mercati emergenti,
come la Cina, dove la crescita è più sostenuta.
Economia in espansione
Con questo non intendo dire che la Cina sia
immune dal rallentamento che sta attanagliando i mercati sviluppati. Il suo tasso di
crescita sarà ovviamente meno brillante, ma
l’economia continuerà ad espandersi, con un
ritmo compreso fra il 7,5% e l’8%, il che
appare molto allettante rispetto al resto del
mondo. L’inflazione, pur avendo svolto un ruolo
di primo piano nel 2011, ha iniziato a
ridimensionarsi. Il rallentamento ha consentito
alle autorità cinesi di mettere fine alla politica
di inasprimento monetario e questa circostanza dovrebbe favorire i mercati. La rapidità e le
12 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
forme con cui verranno attuate le nuove
misure di allentamento dipenderanno in parte
dall’evoluzione che seguirà l’economia interna
nel prossimo futuro e dall’eventualità che il
mondo sviluppato ricada in recessione.
Fra i temi all’ordine del giorno, gli investitori
attivi in Cina guardano con apprensione al
problema dei crediti bancari inesigibili e alla
flessione dei prezzi degli immobili residenziali.
Sul versante dei crediti bancari potenzialmente inesigibili, gli ostacoli non mancano,
tuttavia il governo dispone delle risorse
finanziarie necessarie per far fronte alla
situazione. Un’attenzione particolare andrà
inoltre dedicata all’analisi dei cambiamenti
politici che avverranno nei prossimi 18
mesi e che potrebbero indurre le autorità a
imboccare una direzione nuova in termini
di politica economica.
Bene consumi e servizi
Per quanto riguarda la strategia di portafoglio,
continuo a credere che i settori dei consumi e
dei servizi andranno molto bene. Mantengo
invece un posizionamento di sottopeso sui
settori che fanno capo a banche, export,
materie prime, infrastrutture e immobili.
Consumi e servizi sono sensibili ad un
rallentamento dell’economia cinese, tuttavia li
ritengo i settori con le prospettive migliori a
lungo termine. Anche se la crescita del Pil
dovesse decelerare, prevedo che questi
segmenti metteranno a segno performance
superiori a quelle dell’economia nel suo
complesso. Se le mie previsioni si rivelassero
inesatte e ci fosse davvero una nuova
recessione che costringerebbe la Cina a
varare ulteriori manovre di incentivazione,
consumi e servizi ne sarebbero probabilmente
i diretti beneficiari. La mia indole contrarian mi
spinge ad essere ottimista riguardo alle
prospettive dei mercati azionari. Le valutazioni
restano molto interessanti rispetto ai dati
storici e gli acquisti di azioni da parte dei
manager di aziende a Hong Kong non sono mai
stati così sostenuti da 11 anni a questa parte,
2008 escluso. L’avversione al rischio regna
sovrana e, di solito, l’andamento dei mercati
dà torto alla maggioranza. Ritengo quindi
probabile una forte ripresa nei prossimi mesi.
Un mondo che procede a due velocità
Molti osservatori stanno cercando di tracciare
un parallelismo tra la situazione odierna sui
mercati globali e quella successiva al crollo di
Lehman. Tuttavia, per quanto anch’io ritenga
che alcune somiglianze ci siano, le differenze
esistono. Dopo il fallimento di Lehman,
l’attività industriale è praticamente crollata.
Oggi, invece, i mercati sono in calo in
previsione di contraccolpi sull’attività e di una
nuova recessione in Occidente. Non è del tutto
escluso che il pessimismo dei mercati
finanziari finisca davvero per generare una
fase recessiva, ma non credo che sarà così.
Innanzitutto, nella maggior parte dei casi le
recessioni fanno seguito a periodi in cui
l’attività supera il tasso tendenziale e nel ciclo
attuale non si è verificato niente del genere. In
secondo luogo, i dati economici che arrivano
dagli Stati Uniti sono contrastanti e, tutto
considerato, i fattori positivi prevalgono su
quelli negativi. Infine, a giudicare dal modo in
cui viene attualmente gestita l’economia
statunitense, penso che le autorità faranno
tutto il possibile per evitare una recessione a
breve termine. Trovo interessante il contrasto
che c’è tra le modalità di reazione alla crisi
attuale manifestate dagli investitori e quelle
che credo metteranno in campo le aziende. Con
lo scenario post-Lehman del 2008 ancora vivo
nei loro ricordi, gli investitori stanno riducendo
le esposizioni. Le aziende, invece, potrebbero
assumere un atteggiamento diverso. Nel 2008,
molte società hanno contratto gli investimenti,
il capitale circolante e l’organico per poi essere
costrette a fare marcia indietro solo un anno
più tardi. Questa volta, potrebbero trattenersi
dal reagire così repentinamente.
L’inflazione in Cina
Offerta moneta – M1
Indice Prezzi al Consumo
%
%
40
8
6
30
4
20
2
0
10
-2
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
La crescita cinese
Crescita obiettivo (%)
% Annua
Crescita (%)
20
20
20
20
20
20
20
Cina ed Europa legate a doppio filo
Veniamo ora all’Europa, che è di fatto
l’epicentro della crisi attuale. La situazione è
stata inquadrata perfettamente nel corso
del mio incontro, alcune settimane fa, con uno
dei migliori strategist sell-side in Cina il
quale, partendo dalla convinzione che il futuro
della Cina sia legato a doppio filo con quello
dell’Europa, ha parlato di Europa in circa metà
della sua presentazione.
Per quanto concerne la situazione dell’Euro,
i policy maker dovranno decidere se rompere
l’Unione monetaria o procedere
all’integrazione politica, ma credo che la resa
dei conti non avverrà prima di qualche anno.
A breve termine, resta da vedere se l’ultimo
piano varato si dimostrerà sufficiente a
placare i mercati. Detto questo, anche se le
nubi si addensano all’orizzonte dell’Europa,
non significa che una recessione grave
sia inevitabile. Anzi, ritengo errata l’idea
che sia imminente. Le tempistiche degli
investitori e quelle del mondo reale sono
20
1986
1988
1990
1992
1994
1996
1998
2000
2002
2004
2006
2008
2010
2012
2014
Fonte: Elaborazione dati Fidelity
spesso sfasate. Gli investitori, infatti, si
aspettano che gli eventi abbiano conseguenze
dirette sull’attività, ma spesso questo
processo richiede mesi per concretizzarsi.
Molti paragonano la situazione attuale degli
istituti bancari europei con quella delle
banche d’investimento all’indomani della
crisi dei mutui subprime. A mio parere, invece,
il paragone non regge.
Allora si trattava principalmente di banche
d’investimento, oggi ad essere coinvolte sono
le banche commerciali. La crisi del 2008 è
stata provocata dai mutui subprime e dalle
obbligazioni di debito garantito, mentre la
situazione odierna vede concentrarsi il rischio
sul debito pubblico dei paesi europei periferici.
Sono due cose molto diverse. Anche la
reazione delle autorità sarà differente. A mio
avviso, le principali banche europee che
necessitano di capitale, garanzie e liquidità
troveranno il sostegno dei rispettivi governi,
che potrebbero essere più generosi nei
confronti degli azionisti dato che la crisi
attuale non è imputabile principalmente alla
cattiva gestione delle banche stesse, come è
successo nel caso precedente.
Credo che nessun paese lascerà fallire una
delle sue banche più importanti, anche se ciò
dovesse comportare un declassamento del
rating creditizio nazionale. Sono convinto che,
in un contesto in cui l’Europa potrebbe
manifestare una crescita debole per alcuni
anni, gli investitori della regione guarderanno
altrove per trovare opportunità di crescita. K
Anthony Bolton è gestore del Fidelity China
special situations
Morningstar.it 13
In Primo Piano
Cosa manca a Shanghai per essere Wall Street
Di Marco Caprotti
Più consumi interni e apertura agli stranieri hanno trasformato la Borsa americana
nella più grande piazza finanziaria mondiale. La Cina sta imparando la lezione.
Una Borsa aperta alle società straniere e una
domanda interna forte. Sono questi i due
elementi che mancano, almeno dal punto di
vista finanziario, alla Cina per assomigliare
sempre di più a un paese capitalista evoluto.
Sviluppare questi due fattori, tra l’altro,
porterà a pratiche di corporate governance
sempre più evolute e a sistemi di lavoro
maggiormente sostenibili. Se non per volontà
del governo, almeno per la pressione che
arriverà dagli investitori internazionali. Il
modello di riferimento è l’America che,
nonostante la crisi dei subprime scoppiata nel
14 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
2007 e la fatica a ripartire evidenziata anche
l’anno scorso, resta il primo mercato azionario
del mondo e la locomotiva della congiuntura
mondiale. Per quanto riguarda i mercati
regolamentati la differenza la fanno i numeri
e l’organizzazione.
Wall Street vs Shanghai e Shenzhen
Il New York stock exchange (Nyse), soprannominato Big Board, è la più grande Borsa del
mondo per volume di scambi e la seconda per
numero di società. La capitalizzazione totale
è di 21mila miliardi di dollari, di cui oltre 7mila
miliardi di aziende non americane. Il suo
orizzonte geografico si è ulteriormente
ampliato da quando si è sposato con Euronext,
entrando nelle contrattazioni effettuate nel
Vecchio continente.
Nelle Borse cinesi (principalmente Shanghai e
Shenzhen) vengono trattati due tipi di azioni:
le A e le B. Le azioni A sono titoli di aziende
cinesi disponibili agli investitori locali (privati
ed istituzionali) e agli operatori esteri (banche
commerciali, merchant bank, compagnie
di assicurazione e fondi di investimento), che
sono riusciti ad ottenere dal governo di
Pechino lo status di Qualified foreign
institutional investors (Qfii). Nel dettaglio, tale
status è assegnato dalla China securities regulation commission, mentre la Safe (State
administration of foreign exchange) si occupa
di regolare la quota di investimento che un
investitore estero può collocare nel mercato
cinese. Altra caratteristica fondamentale delle
azioni A è che sono trattate nella valuta locale
(renminbi-yuan). Le azioni B sono, invece, titoli
di aziende cinesi contrattati in dollari
statunitensi a Shanghai e in dollari di Hong
Kong a Shenzhen.
Dal 1992 al 2001 tali azioni sono state
negoziate solamente da operatori stranieri.
Dal febbraio 2001 il mercato delle azioni B è
stato aperto anche agli investitori nazionali. I
cinesi, tuttavia, stanno guardando alle
opportunità che possono dare le quotazioni di
aziende straniere. Si parla di un progetto dello
Shanghai stock exchange di lanciare un
segmento ad hoc. Un’idea che ha già
scatenato l’appetito di colossi come Coca Cola,
Hsbc, Unilever e Standard Chartered
interessati ad aumentare la presenza in un
paese con grandi opportunità di business.
Lo sviluppo passa dai consumi
Nonostante il paese asiatico nell’ultimo
decennio abbia segnato tassi di crescita
economica superiori al 10%, i consumi interni
non si sono mossi di conseguenza. I cinesi
rappresentano il 20% della popolazione
globale, ma contribuiscono al 6% dei consumi
mondiali. Questa differenza è un effetto della
strada seguita dalla Cina per diventare una
potenza economica mondiale. Fino alla metà
degli anni ’80 del secolo scorso i consumi
delle famiglie cinesi rappresentavano il 50%
del Pil (Prodotto interno lordo). Durante il
boom legato alle esportazioni degli ultimi 20
anni la popolazione ha preferito dirottare i
suoi soldi su forme stabili di risparmio (come
gli immobili), riducendo in questo modo
l’acquisto di beni deperibili. Oggi i consumi
delle famiglie rappresentano il 35% del Pil, il
livello più basso di sempre.
L’andamento del mercato cinese
MSCI China EUR (Rendimento di Mercato, EUR, Pre-Tasse)
K
Valore= 16,52K
30
25
19
14
9
6
2003
2005
2007
2009
2011
... E quello statunitense
MSCI USA EUR (Rendimento di Mercato, EUR, Pre-Tasse)
K
Valore= 6,63K
11
9,3
7,9
6,7
5,6
4,8
2003
2005
2007
2009
2011
Fonte: Morningstar Direct
Per sviluppare questo aspetto il paese dovrà
seguire la strada segnata dagli americani.
Sono tre i fattori chiave. Primo: studiare un
sistema di aumento dei salari che tenga conto
dell’inflazione (un elemento che, peraltro,
potrebbe dare il via alla privatizzazione delle
aziende controllate dallo stato dove le buste
paga non sono determinate dal mercato).
Secondo: continuare a creare posti di lavoro
per le persone che si spostano dalle aree
rurali. Terzo: sviluppare le infrastrutture, le reti
di sicurezza sociale e, soprattutto, il segmento
del credito al consumo.
Gli Usa hanno dimostrato come quest’ultima,
in particolare, sia la strada per far aumentare i
consumi. Fra il 1950 e il 1960-70 le spese
degli americani sono cresciute proporzionalmente al reddito (4,15% annualizzato),
segnando delle frenate nei momenti in cui gli
stipendi diminuivano. Il cambio di passo si è
avuto all’inizio degli anni ’80 con la liberalizzazione dei servizi finanziari che ha permesso
di sganciare la capacità di spesa dalla busta
paga. Gli economisti ancora dibattono se la
deregulation del credito al consumo abbia
fatto il bene della nazione, ma non ci sono
dubbi che ha fatto da volano alla crescita delle
spese. La necessità di aumentare la domanda
interna nasce anche dal bisogno di far fronte
alle crisi internazionali. La recessione
del 2008, in particolare, ha fatto affiorare
i punti deboli della Cina, che dipende in
buona misura dalle esportazioni. Sviluppare
i consumi interni dovrebbe consentire
una crescita più sostenibile e dovrebbe dare
una mano a isolare la Cina da shock esterni.
Due elementi di stabilità che gli investitori
di tutto il mondo apprezzano. K
Marco Caprotti è editor&analyst di Morningstar Italy
Morningstar.it 15
In Primo Piano
Gli americani rivalutano il risparmio,
i cinesi provano a ridurlo
Di Azzurra Zaglio
Come cambiano i comportamenti della popolazione e cosa c’è nei
portafogli dei fondi.
I cinesi sono grandi risparmiatori. Gli
americani hanno vissuto un decennio a leva e
ora sono tornati a risparmiare, complice la
grave crisi finanziaria. Entrambi prediligono il
mercato domestico rispetto a quello estero. Lo
si vede anche dai portafogli dei fondi
distribuiti nei due paesi. Morningstar ha svolto
un’analisi comparata delle due super-potenze
dal punto di vista del risparmio, degli
investimenti e delle scelte dei gestori.
La Cina che risparmia
La popolazione cinese è pari a 1,3 miliardi di
persone e la forza lavoro è di 776 milioni. Il
50% di essa lavora nel settore agricolo e il
30% nei servizi. Il tasso urbano di risparmio
delle famiglie è passato nel giro di pochi anni
dal 10% del Pil al 25%. Questo incremento si
è verificato in un periodo in cui l’economia
cinese ha registrato tassi di crescita a doppia
cifra e si sono diffuse aspettative di livelli
qualitativi di vita migliori, guadagni più elevati
e maggiore prosperità in generale. I cinesi,
tuttavia, sono rimasti grandi risparmiatori,
tanto che, di fronte alla crisi dilagante nel
resto del mondo, il governo ha incluso nella
sua politica misure che inducano le famiglie
a spendere di più.
Le stime del Fondo monetario internazionale
suggeriscono che i tassi di risparmio delle
famiglie rispondono con forza a un cambiamento del tasso d’interesse reale. Un punto
16 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
percentuale in meno del rendimento reale dei
depositi bancari (attualmente sono il veicolo
primario di risparmio a disposizione delle
famiglie cinesi) abbassa il tasso di risparmio
delle famiglie di 0,6 punti percentuali.
I cinesi sono così parsimoniosi non solo per un
retaggio culturale di una civiltà contadina, ma
anche per motivi del tutto moderni e razionali,
poiché sanno di essere vulnerabili a causa
dell’invecchiamento demografico (accentuato
ancora di più dalla politica del figlio unico) e
non hanno un sistema previdenziale che
garantisca loro pensioni adeguate. Inoltre, vi è
l’aumento di spese fondamentali una volta
coperte dalla collettività: dalla casa,
all’assistenza sanitaria, alle coperture
assicurative, all’istruzione. Ciò è ancora più
evidente per il fatto che il sistema cinese ha
strumenti finanziari di diversificazione degli
investimenti e dei rischi ancora limitati
e non in grado di competere con i depositi
bancari o con la liquidità.
La raccolta va sui monetari
Andando ad analizzare il mercato dei fondi, si
nota anzitutto come i prodotti vendibili sul
mercato cinese sono poco più di 1.200, che
comparati a quelli americani che ammontano a
quasi 26.000, ci fanno capire come per i cinesi
la scelta sia ancora limitata. Dai dati di
Morningstar Direct sui flussi dei fondi (gli
ultimi disponibili sono al 30 settembre 2011)
emerge come i cinesi abbiano la tendenza a
disinvestire le loro quote in fondi. La categoria
che più soffre è quella obbligazionaria che
registra una perdita di 26 miliardi circa in yuan
cinesi. Sono negativi anche i dati degli
azionari. Ad oggi gli unici positivi sono i
monetari con più di 7 miliardi di flussi. L’analisi
dei portafogli obbligazionari mostra una buona
quota di convertibili (43,50%), corporate
(52,22%) e governativi non Usa (56,28%).
Non c’è esposizione al debito governativo
americano, ma piuttosto alle banche americane
con rating tripla A. Per quanto riguarda la
componente azionaria, che insieme a quella
obbligazionaria è la più rappresentativa in
termini di fund size, i settori che predominano
sono le materie prime (19%), l’industria (16%) e
il finanziario (15%), seguiti dai consumi ciclici
con il 13%. Qui, si preferisce puntare soprattutto sulle large cap (66%), privilegiando uno
stile growth (57%). A livello geografico, ben il
94,08% è investito esclusivamente in Cina.
Usa più parsimoniosi
La popolazione statunitense è di quasi 309
milioni di persone, secondo i dati del
Census 2010, collocandosi al terzo posto,
dopo Cina e India.
Caratterizzata da alta produttività, alimentata
da abbondanti risorse naturali e da una
sviluppata rete di infrastrutture, secondo il
Flussi netti nei fondi cinesi in
yuan (dati trimestrali)
Allocation
Alternative
Equity
Fixed Income
Money Market
Il portafoglio dei fondi cinesi
Classes
Average of Asset Average of Asset Average of Asset Average of Asset
Allocation Cash %
Allocation Equity %
Allocation Bond %
Allocation Other %
Allocation
20 704 7
150
Alternative
10
7012 7
100
Commodities
35
6653
Equity
13 840 2
(mld)
50
0
Fixed Income
-50
Grand Total -100
14
7
24
54
14,41
63,67
7,4
14,52
-150
-200
-250
03-2009
03-2011
03-2010
Il portafoglio dei fondi Usa
Flussi netti nei fondi
americani in dollari statunitensi
(dati trimestrali)
Alternative
Money Market
Balances
Commodities
Municipal Bond
International Stock
Taxible Bond
U.S. Stock
(mld)
200
100
Classes
Average of Asset Average of Asset Average of Asset Average of Asset
Allocation Cash %
Allocation Equity %
Allocation Bond %
Allocation Other %
Allocation
11,52
Alternative
74,42 12,506.17 6,91
Commodities
46,78
Equity
53,8930,24 4,36
10,9429,79 12,49
3,96 94,230,68 1,12
Fixed Income
10,37
0,54
Convertibles
-0,90
5,3511,15 84,40
86,23
2,86
Tax preferred
3,44
0,01
96,32
0,23
Grand Total 8,76
61,13
27,83
2,29
0
-100
-200
-300
03-2009
03-2010
03-2011
Fonte: Morningstar Direct
Fondo monetario internazionale, l’economia
degli Stati Uniti genera un Pil annuo di 14.300
miliardi di dollari, che costituisce il 23% del
Prodotto interno lordo mondiale ai prezzi di
mercato e quasi il 21% del Prodotto mondiale
lordo a parità di potere d’acquisto (PPA).
Prima della crisi, gli americani sono stati
indotti a risparmiare poco dalla crescita del
valore della loro ricchezza reale (finanziaria e
immobiliare): perché risparmiare, cioè evitare
di consumare il reddito corrente, quando si
diventa sempre più ricchi grazie alla rivalutazione del proprio patrimonio? In effetti, negli
anni antecedenti la crisi, il tasso di risparmio
delle famiglie americane è diminuito di pari
passo con l’aumento di valore dell’insieme
della ricchezza finanziaria e immobiliare e con
la crescita del livello di indebitamento. Oggi,
l’elevata disoccupazione e la fase di deleveraging rendono gli americani più parsimoniosi.
con tutti gli stili (value, core e growth)
ben rappresentati. In termini di aree geografiche, l’asset allocation è incentrata sui titoli
americani (quasi il 70%), seguiti da quelli del
Regno Unito e del Giappone.
Un portafoglio domestico
Analizzando i flussi netti di investimento nei
fondi, gli americani da inizio anno a settembre
2011 hanno disinvestito dai fondi domestici,
che sono passati da una raccolta di 27 miliardi
e mezzo di dollari a marzo a meno 44 miliardi
a settembre. I flussi, seppur ridotti, rimangono
concentrati nelle categorie degli alternativi,
delle commodity e dei fondi bilanciati.
A differenza dei cinesi, i prodotti monetari
stanno soffrendo per i riscatti.
Guardando ai portafogli obbligazionari, si nota
come, rispetto a quelli cinesi, non predominino
i titoli convertibili (solo lo 0,6%), ma corporate
(29%) e treasury (11,22%). Complessivamente
i bond domestici rappresentano l’81%. K
Azzurra Zaglio è editor di Morningstar in Italy
Uno sguardo ai portafogli dei fondi azionari
mostra una prevalenza dei settori tecnologici
(15,44%), industriali (13,68%) e finanziari
(12,65%). Prevalgono le large cap (54,88%),
Morningstar.it 17
In Primo Piano
Imprese di stato, è tempo di cambiare
Di Zhao Hu
Sono potenti e spesso spendaccione. Ma fanno gola. E il cambio
alla guardia del partito nel 2012 potrebbe mutare il loro destino.
Qualcosa potrebbe cambiare nelle aziende di
stato cinesi. Il calo dei profitti e l’aumento dei
rischi legati all’azionario europeo e americano,
sta spingendo sempre più operatori a cercare
la sicurezza dei monopoli del colosso asiatico.
Le aziende controllate dal governo (definite
dagli analisti Soe, acronimo inglese di State
owned enterprises) nel 2010 hanno visto i loro
profitti aumentare mediamente quasi il 38%,
mentre i guadagni del settore finanziario,
di quello delle risorse e di quello dei trasporti
sono più che raddoppiati.
Il risultato è che le imprese di stato oggi
rappresentato il 30% del Pil (prodotto interno
lordo) cinese. Nonostante un Roe (Return on
equity) più basso della media, un investimento
in questo tipo di asset è sempre stato
considerato sicuro. Tuttavia, con il cambio alla
leadership di governo previsto per il 2012,
qualcosa potrebbe mutare. La preoccupazione
di Pechino è che il cattivo utilizzo dei profitti e
la crescita delle spese che si registrano nelle
Soe possa ritardare il ribilanciamento
dell’economia del paese.
La lobby delle Soe
Spinte dallo stato, che negli ultimi cinque anni
ha cercato di creare dei “campioni nazionali”,
nel corso del tempo sono diventate una
potente gruppo di pressione la cui crescita
spesso è stata portata avanti a discapito delle
aziende private e di quelle straniere. A causa
18 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
dello scarso sviluppo del mercato azionario e
di quello obbligazionario, più dell’80% dei
capitali passa dalle banche controllate dal
governo. Queste ultime preferiscono impiegare
il denaro nelle Soe, data la difficoltà
nell’ottenere informazioni credibili sullo stato
patrimoniale delle piccole e medie imprese. A
questo va aggiunto che le aziende controllate
dallo stato (e chi in queste investe) godono di
un regime fiscale più favorevole rispetto alle
società private e straniere.
Un altro problema è rappresentato dai
dividendi. Fino al 2007 le Soe non avevano
l’obbligo di pagare la cedola agli azionisti. Ora
che lo fanno, non tutti i soldi finiscono nei
bilanci dello stato. Una situazione del genere
ha portato la Cina a una condizione di
eccessiva crescita (guidata proprio dai suoi
campioni a cui praticamente è stato lasciato
campo libero) e di forte dipendenza dagli
investimenti altrui. Fra il 1981 e il 1999 per
produrre uno yuan di Pil era necessario un
investimento di 0,05 yuan.
Negli ultimi 10 anni per creare lo stesso
ammontare di Prodotto interno lordo ce ne
sono voluti 1,7. Allo stesso tempo il Roe medio
delle Soe è stato dell’8,6% contro il 12,9%
delle aziende private. Nel frattempo le aziende
governative si sono guadagnate una pessima
fama sui media.
Spese faraoniche
Spesso a ragione e non solo per motivi legati
ai rendimenti (celebri in Cina sono le spese
faraoniche di Sinopec per i liquori o i cattivi
investimenti immobiliari all’estero fatti da
Crcc). Tuttavia le pressioni da parte delle
aziende locali e straniere per eliminare gli
eccessivi privilegi di queste società non sono
serviti a molto. Nonostante gli sforzi fatti dal
governo in diversi campi (dalla creazione di
posti di lavoro ai tentativi di avere un modello
di crescita più sostenibile) poco o niente è
stato messo in campo per contenere lo
strapotere delle Soe.
Tuttavia, la comprensione delle inefficienze di
queste società da parte della politica è un
passo importante nel processo di trasferimento della ricchezza che permetterà di far
crescere i consumi privati e ridurre la
dipendenza dagli investimenti stranieri.
Qualche passo in questa direzione, in realtà, è
stato fatto. Alcune tasse sono state alzate per
compensare i costi bassi che queste aziende
incontrano in determinati settori, per risarcire i
danni all’ambiente e per offrire una copertura
sanitaria ai dipendenti.
Le Soe, inoltre, oggi sono obbligate a versare
il 45% dei loro guadagni allo stato: un
notevole aumento rispetto al 5-10% di prima.
Progressi in queste direzioni permetteranno un
miglior utilizzo dei capitali. Soprattutto per
quanto riguarda la sicurezza sociale. Un
elemento quest’ultimo, che potrebbe
permettere alle famiglie cinesi di aumentare
la propensione al risparmio.
Organigramma delle relazioni tra le imprese pubbliche e gli organi
ufficiali governativi
Il ruolo della politica
Con il cambio alla guida del partito comunista
nel 2012 potrebbero arrivare profonde e veloci
trasformazioni nel modo di operare delle Soe
che avranno pesanti implicazioni nelle scelte
degli investitori. Gli operatori potrebbero
trovare più remunerativo puntare sulle aziende
private. Questo costringerebbe le statali,
soprattutto in assenza di sussidi pubblici, a
migliorare la produttività dando una ulteriore
spinta alla crescita economica della Cina.
Le tre svolte
Questa rivoluzione potrebbe portare almeno
tre cambiamenti.
Primo: un consolidamento nel comparto delle
costruzioni. L’urbanizzazione, infatti, resterà
uno dei punti di forza della crescita del paese.
Ma investimenti più razionali porteranno a
minori spese per le materie prime con
conseguenti minori introiti per le aziende del
settore. Questo renderà necessario fare fusioni
e acquisizioni. Una strategia nella quale
potrebbero giocare un ruolo importante le Soe.
State Council of the National Peoples’ Congress
Misnistries
SASAC
Local Governments
Local SASACs
Legend
SOE: State owned enterprise
Central SOEs
Local SOEs
Subsidiaries
or Departments
Subsidiaries
or Departments
SASAC: State owned assets
supervision and administration
commission of the state council
Fonte: Deng, Morck e Wu
Valore lordo della produzione industriale per tipologia
di imprese, 2009
Secondo: una crescita del settore finanziario,
soprattutto per quanto riguarda le banche
medie e piccole che saranno in grado di
competere ad armi pari con quelle più grandi.
Share-holding Corporations Limited 13%
State-owned Enterprises 11%
Collective-owned Enterprises 2%
Terzo: una maggiore capacità di rsiparmio da
parte delle famiglie porterà a un migliore
sviluppo del comparto del risparmio gestito
che, a sua volta, renderà i cinesi ancora più
ricchi. Questo si trasformerà in maggiori
consumi, soprattutto per quanto riguarda il
lusso, i beni di consumo e i divertimenti. K
Other 2%
Corporative Enterprises 1%
Other Enterprises 1%
Joint Ownership Enterprises 0,3%
Private Enterprises 41%
Limited Liability Corporations 31%
Zhao Hu è analista azionario di Morningstar in Cina
Fonte: National Bureau of Statistics of China
Morningstar.it 19
In Primo Piano
Compro la Cina da Milano
Di Giuseppina Parini
Pubblichiamo la testimonianza dell’unico gestore di un
fondo di diritto italiano che investe prevalentemente in azioni
dell’ex celeste impero.
Per investire in Cina non si può prescindere da
considerazioni di carattere macro-economico.
L’andamento globale ha dei riflessi non
trascurabili sul ciclo del paese, come ha
mostrato la crisi europea. Per quanto la Cina
abbia dimostrato di avere un’esposizione
contenuta al debito sovrano europeo,
l’aumento dell’avversione al rischio degli
investitori ha avuto ripercussioni anche sui
suoi asset finanziari. Difficile, quindi, parlare
di decoupling in senso lato, quando le
economie sono strettamente connesse le une
alle altre. Rimane tuttavia una sostanziale
differenza dei trend di crescita. Questo
significa che è ragionevole supporre che le
economie emergenti continueranno ad essere
superiori a quelle sviluppate.
Titoli cinesi per stranieri
Per investire in Cina, la valutazione delle
politiche governative sono fattori importanti.
Non si può prescindere dalle decisioni degli
organi di Governo per ponderare le aspettative
legate al mercato borsistico locale. E’
fondamentale, quindi, avere più fonti di
informazione, avendo cura di non perdere di
vista il quadro generale. Spesso le singole
notizie sono decontestualizzate o assunte
come principio guida di tutto il mercato.
La Cina è un Paese grande e il singolo evento
è come la tessera di un puzzle che assume
un significato solo se riconosciuta come parte
di un disegno più grande. Chi guida il mercato
20 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
è il Partito, con le sue decisioni, espresse nei
vari piani quinquennali o durante i singoli
congressi. E’ in queste occasioni che si decide
il futuro del Paese e della sua industria.
Gli investitori stranieri possono comperare i
titoli cinesi quotati sui mercati internazionali,
tranne quelli espressi in renminbi, listati sulla
borsa locale (a meno di essere investitori
qualificati). E’ possibile comperare anche titoli
domestici espressi in dollari statunitensi o di
Hong Kong quotati a Shanghai o Shenzhen.
A tu per tu con le aziende
L’incontro con il management, prima di
decidere l’acquisto di singoli titoli non è una
pregiudiziale. E’ prassi, tuttavia, creare
l’occasione perché ciò avvenga in Italia o
direttamente in Cina. L’incontro con l’azienda è
sempre un momento importante per conoscerne sia il business model sia l’approccio
generale nei confronti dell’investitore.
In oltre dieci anni ho riscontrato un miglioramento del livello di trasparenza e comunicazione. E’ pur vero che non sempre è facile
reperire le notizie e, soprattutto, verificarne la
fondatezza. Le fonti di informazioni sono
diverse e vanno dalla stampa, a Internet, a
centri studi indipendenti o di banche di
investimento. Le difficoltà nell’investire in
azioni cinesi sono diverse, ma soprattutto
circoscrivibili alla conoscenza del modello di
sviluppo dell’azienda e al management, senza
sottostimare l’importanza del contesto.
Non va poi dimenticata l’importanza dei flussi
di investimento che possono significativamente influenzare l’andamento dei mercati.
La differenza di quotazione che a volte
sussiste tra titoli domestici e omologhi quotati
sui mercati locali è un altro aspetto da
indagare, perché la tipologia di investitori
è diversa.
Gli scherzi del fuso orario
Investire in Cina, di fatto, non è molto
dissimile dall’operare su altre Borse. La
giornata inizia alle 7.30, quando il mercato è
ancora aperto. Le notizie si rincorrono, poi,
nell’arco della giornata in attesa della chiusura
di Wall Street. Chi investe in Asia, però, deve
maturare le proprie decisioni anzitempo.
Il fuso orario impone di operare senza
conoscere ciò che determinerà l’andamento
del mercato il giorno successivo. Forse è
meglio così, l’andamento dei prezzi non
influenza psicologicamente il gestore e si va a
dormire con un filo di tensione su come andrà
il mercato che si stempera solo la mattina
successiva, sempre che non si venga svegliati
nel mezzo della notte da una telefonata che, di
solito, non è mai foriera di buone notizie. K
Giuseppina Parini è responsabile azionario di Aletti
Gestielle e gestore del fondo Gestielle obiettivo Cina
L’Intervista
5 domane a Pierpaolo Benigno (economista)
Di Valerio Baselli
La Cina e gli Stati Uniti si contendono la
supremazia economica nel nuovo millenio, ma
nonostante questa rivalità i loro destini
dipendono l’uno dall’altro. Non è infatti un
caso che l’ex celeste impero sia oggi il più
grande finanziatore del debito pubblico
americano (e non solo). Ma quali sono le
conseguenze di questa situazione? Abbiamo
rivolto la domanda a Pierpaolo Benigno,
docente di Economia presso l’Università Luiss
Guido Carli di Roma.
Valerio Baselli (VB): Negli ultimi anni la
Cina si è contraddistinta per l’attività di
finanziamento verso i paesi occidentali, in
particolare gli Stati Uniti, tanto da arrivare a
possedere circa il 15% del suo debito pubblico.
Quando è cominciato questo trend?
Pierpaolo Benigno (PB): L’accumulazione di
riserve da parte della Cina è iniziata attorno al
2000 e in maniera significativa dal 2003, come
riflesso di un modello di crescita guidato dalle
esportazioni. L’afflusso di capitali, come
contropartita del saldo positivo della bilancia
commerciale è stato abilmente “sterilizzato”
portando all’ingente accumulo di riserve, senza
che si alimentasse troppo la base monetaria.
Questo modello di sviluppo è risultato
congeniale e speculare a quello degli Stati
Uniti che invece crescevano consumando al
di sopra delle proprie possibilità, grazie al
finanziamento proveniente dalla Cina stessa.
riduzione dei debiti privati. Per la Cina diventa
sempre più necessario passare ad un modello
di sviluppo centrato sui consumi interni e sulla
produzione di servizi. Ma queste transizioni
richiedono tempo. Nel frattempo il modello
scricchiola. Sia la crisi americana che quella
europea hanno suonato il campanello
d’allarme per la Cina sulla solidità di un
modello basato solo sulle esportazioni. D’altra
parte il costo del lavoro si sta alzando e la Cina
stessa inizia a delocalizzare. Inoltre è sempre
più difficile mantenere il cambio sottovalutato
senza creare pressioni inflazionistiche, che
mettono a rischio la coesione sociale cinese.
VB: Quali sono le conseguenze del fatto che la
Cina sia un forte creditore degli Usa?
PB: È un fattore di instabilità per entrambi i
paesi. Per la Cina, perché senza una buona
diversificazione delle proprie riserve, potrebbe
andare incontro a forti perdite nel caso in cui il
dollaro si svalutasse nei confronti del renminbi
e la solvibilità americana cominciasse a pericolare. Per gli Usa, perché corrono il rischio
che un cambio di portafoglio repentino di un
creditore così importante possa creare
problemi di finanziamento e una crisi di fiducia.
C’è quindi un problema di dipendenza, sulla
quale la Cina gioca in maniera strategica per
mantenere il modello del passato e non
rivalutare la propria moneta.
VB: Circa un anno fa è scoppiata tra Cina e
Usa la “guerra delle monete”. Come si è
evoluta la situazione?
PB: Per ridurre gli squilibri, gli Usa hanno
bisogno di stimolare le esportazioni (dollaro
debole). D’altra parte la Cina non è ancora
pronta per abbandonare un modello basato
sulle esportazioni e resiste ad apprezzare la
valuta. Se le divise non si muovono nella
giusta direzione, gli aggiustamenti si scaricano
sui prezzi. Movimenti dei tassi di cambio
sono quindi necessari per un aggiustamento,
ma possono infliggere costi importanti
per chi detiene debito. Un dollaro fortemente
deprezzato potrebbe scatenare una crisi
di fiducia anche sul debito americano. K
Pierpaolo Benigno è docente di Economia presso
l’Università Luiss Guido Carli di Roma. È anche
ricercatore associato per il Cepr (Centre for economic
policy research), l’Eief (Einaudi institute for economics
VB: Qual è la posizione dell’Europa?
VB: Questa situazione è sostenbibile?
PB: Non è un modello che si può riproporre nel
futuro. Innanzitutto, la crisi finanziaria sta
profondamente cambiando le abitudini degli
americani e ha già portato ad un processo di
Data l’incertezza sul futuro dell’euro, sarà
difficile che la Cina si prenda il rischio di
finanziare gli stati europei, se non con forti
contropartite commerciali.
and finance) e il Nber (National bureau of economics
research). In precedenza ha insegnato alla Columbia
PB: L’Europa avrebbe potuto offrire una valuta
di riserva solida e alternativa, ma ora che
la crisi la colpisce in pieno ha un disperato
bisogno di finanziamento per i suoi
debiti sovrani e bussa alle porte dei cinesi.
University e alla New York University. Le aree di
interesse di Benigno sono in particolare la macroeconomia e l’economia monetaria.
Valerio Baselli è editor di Morningstar Italy
Morningstar.it 21
Asset Allocation
Rischio super-potenze, strategie di copertura
Di Marco Frittajon
Cosa fare in caso di hard landing cinese. Come tutelarsi dalla tagliola
delle agenzie di rating negli Stati Uniti
Quando si parla di mercati finanziari ormai
l’orizzonte è necessariamente quello
internazionale. Le maggiori economie nel
mondo sono sotto un eccezionale periodo di
stress e l’incertezza è il sentiment che
accomuna un po’ tutti, dal risparmiatore
all’investitore, dal politico all’imprenditore, sia
ad est sia ad ovest. Il destino dell’Europa è
tutt’altro che roseo, la politica fiscale
statunitense deve rimettere mano al debito
pubblico e alle riforme al più presto, la Cina
del premier Wen Jiabao richiede interventi
strutturali che adeguino un modello economi-
22 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
co che egli stesso descrive come “poco stabile,
sbilanciato, scoordinato e in ultima analisi
insostenibile”. America e Cina però hanno
l’incognita delle elezioni, quindi si dovrà
attendere. In tutto questo, chi si trova
a gestire un capitale finanziario non dorme
sonni tranquilli e ha da tempo spostato
energie e competenze dal perseguimento di
un rendimento alla gestione del rischio.
Cina, una copertura dall’hard landing
A seguito della storica visita di Deng Xiaoping
nella Cina del Sud nel 1992 e il conseguente
processo di modernizzazione del socialismo e
di apertura economica, la Cina è diventata
sempre più integrata nell’economia mondiale.
Il persistente e ampio “surplus gemello” (nelle
partite correnti e in conto capitale) rappresenta uno dei punti più discussi tra i politici e
gli economisti negli ultimi dieci anni.
Prima fra le maggiori potenze economiche a
superare la grande crisi finanziaria del
2007-2009, ci si domanda se sia da considerare come un nuovo modello da imitare
oppure se le tensioni degli ultimi mesi siano il
preludio per quello che viene chiamato
dall’economista Nouriel Roubini un hard
landing, ossia la fine della crescita economica.
Dal punto di vista di un gestore attivo, ci si
pone il quesito di come affrontare il rischio
che deriverebbe da uno scenario pessimista
sul futuro dell’economia cinese. Una strategia
di investimento di tipo market neutral, per
esempio, mira a coprirsi dal rischio di crollo
dei mercati su cui il portafoglio è investito.
Tale strategia si applica attraverso posizioni
lunghe coperte da posizioni corte sul
medesimo settore o area geografica. Una
possibile soluzione viene da un nuovo metodo
di ottimizzazione di portafoglio chiamato
“particle swarm optimization” (Kennedy-Heberhart, 1995) che ha il fine di selezionare un
numero ristretto di titoli quotati sulla borsa
cinese presenti nell’indice Hushen 300 (indice
che rappresenta la borsa di Shanghai e di
Shenzhen, per un valore di mercato complessivo del 60% del mercato cinese).
La strategia market neutral si mette in pratica
acquistando titoli che sovraperformano il
mercato e contemporaneamente avendo una
posizione corta sul future dell’indice di
riferimento. La motivazione per questo tipo di
strategia è quella di coprirsi dal rischio
sistematico pur mantenendo in portafoglio i
titoli delle società su cui il gestore attivo ha
una forte convinzione. Se il processo di
selezione è quantitativo, la scelta dei titoli
può avvenire in base a due criteri: il maggiore
livello di contribuzione nell’indice di mercato e
la diversificazione settoriale. Il vincolo di
downside viene imposto attraverso la misura
di tracking error (TE) del portafoglio rispetto
all’indice. In pratica la funzione obiettivo è la
minimizzazione del TE con i seguenti vincoli:
Min Prob (TE < 0)
l
u’
w
A
w <w<w
A
{
∑ w = 1,
w
Max numero titoli = K
Confronto fra strategie di copertura dal rischio Cina in caso di
scenario negativo
Risk Reward (x)
Equities
Rates
FX
Commodities
Credit
13
USDCNY (FX)
11
Mo
re E
9
ffic
USDTWD (FX)
7
5
USDKRW (FX)
3
AUD-USD (FX)
15000
t Ta
il H
edg
es
Korea Sov 5yr CDS
NZDUSD (FX)
China Sov 5yr CDS
KRW (Rates)
5000
ien
25000
KOSPI2 (Equity)
Australia Sov 5yr CDS
35000
HSCEI (Equity)
HSI (Equity)
45000
AUD (Rates)
55000
I costi sono misurati in USD e si riferiscono all’acquisto di una strategia che paga 100 milioni USD all’avverarsi dello
scenario negativo; il ratio rischio/rendimento è misurato come rapporto fra massimo rendimento e massima perdita
attesa (fonte Morgan Stanley)
dove w sono i pesi da assegnare ai titoli, wl e
wu sono i vincoli di posizionamento (minimo
e massimo). La minimizzazione è di tipo
quadratico. Questa tecnica euristica deriva
dalla scienza che studia i fenomeni evolutivi.
La sua originalità sta nel metodo di selezione
del portafoglio ottimale. Un primo gruppo di
portafogli viene generato in modo casuale,
poi viene testato il candidato migliore in base
alla performance ottenuta nel periodo di test
secondo i principi del comportamento collettivo (quello che viene osservato è l’evoluzione
nel tempo delle singole particelle, ossia dei
singoli portafogli).
Studi empirici fatti dalla University of Science
and Technology of China, nel periodo 20092010, dimostrano che questo tipo di ottimizzazione permette di implementare una strategia
di investimento che, valutata ex-post (fuori dal
periodo di campionamento), sovraperforma
il mercato e mantiene controllato il livello di
rischio del portafoglio.
Forme alternative di copertura del rischio di
rallentamento economico, quindi di effetti depressivi sulle posizioni in portafoglio, possono
essere implementate attraverso delle posizioni
direzionali, che in gergo tecnico vengono chiamate put, su alcuni temi di investimento tipo
valute, materie prime e titoli azionari esposti
sulla Cina. Un esempio è il cambio dollaro/
yuan e il cambio dollaro statunitense/dollaro
taiwanese. Il grafico mostra la profittabilità in
senso di rischio-rendimento e sul lato dei costi
di alcune asset class.
Dal grafico emerge che le coperture in valuta
sono le più efficienti in termini di costi e risultati. Da notare la copertura sul cambio dollaro/
yuan che ha il maggior beneficio potenziale ma
che tuttavia potrebbe rivelarsi meno realizzabile a causa delle restrizioni imposte ai flussi
di capitale dalle autorità cinesi. Al secondo
posto c’è la copertura sul dollaro taiwanese.
Debito sovrano cinese
Un numero sempre maggiore di investitori da
Morningstar.it 23
Asset Allocation
inizio 2010 ha accumulato Cds (Credit default
swap) sul rischio di default del debito cinese.
Potrebbe essere uno strumento imperfetto per coprirsi da una recessione, però c’è
un’evidente carenza di strumenti per tutelarsi
dai rischi sulla Cina. Il numero dei volumi in
Cds sulla Cina è raddoppiato da inizio 2010
fino ad un valore di 9,2 milioni di dollari. Lo
spread a cinque anni è triplicato. E’ un chiaro
segnale di apprensione, ma dal punto di vista
dell’analisi fondamentale, questa tensione non
è giustificata visto che il paese ha un rapporto
debito/Pil del 30% (stima del 2011) e riserve di
capitale per oltre 3 miliardi di dollari.
E’ pur vero che l’espansione creditizia degli
ultimi anni e lo stimolo da parte del governo
centrale a seguito della grande crisi finanziaria,
sta facendo temere il peggio. L’aumento del
livello di indebitamento delle amministrazioni
locali, attraverso il sistema bancario, sta
peggiorando i bilanci delle istituzioni emittenti
ed è probabile che il governo debba intervenire. Alcuni stimano che il rapporto debito/Pil
potrebbe lievitare fino al 75%, livello che non
è tipico di un paese in via di sviluppo.
I paesi satellite, o comunque legati
all’economia cinese, come l’Australia
potrebbero diventare oggetto dell’ingegneria
finanziaria da parte degli operatori che scommettendo al ribasso, potrebbero trarre profitto
dagli effetti di trasmissione nei canali produttivi. L’Australia è fortemente legata alle risorse
naturali e minerarie e alla forte domanda della
Cina, che se venisse meno farebbe crollare
il corso dei titoli australiani. Altri paesi sotto
la lente sono Taiwan e Corea del Sud.
Usa, il rischio che non si vuol prendere
Gli Stati Uniti sono sotto la tagliola delle
agenzie di rating, con un outlook negativo
per il 2012, una politica fiscale restrittiva
e l’incognita del mercato del lavoro e
della stabilità bancaria dovuta agli stress
di Eurolandia. In caso di recessione,
come per la Cina, l’investitore deve avere
un piano di salvataggio.
24 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
I temi di investimento possono essere
molti, dipende dal tipo di esposizione che
l’investitore ha nei confronti del mercato
americano e dalla volontà o meno di volersi
assumere un certo livello di rischio. Andiamo
a vedere punto per punto cosa è possibile fare
per proteggere il proprio portafoglio.
Il mercato dei bond. Dagli anni Ottanta le
emissioni del Tesoro a stelle e strisce sono
state le più sicure al mondo e finora hanno
vissuto un periodo di mercato Toro molto lungo.
La perdita dello status di tripla A del debito
statunitense mette qualsiasi investitore in
un territorio nuovo in cui le regole non sono
scritte. La riduzione della scadenza media
dei titoli in portafoglio potrebbe essere un
modo per difendersi dalle oscillazioni di tasso.
Inoltre è possibile implementare una strategia
attiva sulla maturity.
Sul mercato ci sono strumenti come gli Etf
(Exchange traded fund) strutturati che permettono strategie short, leverage e protective
put (strategia che consiste nell’adottare una
posizione lunga sull’indice di riferimento e
nell’acquistare un’opzione put out of
the money sullo stesso sottostante per
immunizzarsi da improvvisi ribassi). Un
esempio è il Direxion Daily 20+ Year Treasury
Bear 1X, Etf domiciliato in America a replica
sintetica che guadagna quando l’indice
di riferimento perde (quest’ultimo è il Nyse
20+ Year Treasury Bond).
La valuta. Scommettere sulla direzione della
valuta dollaro o sull’euro è un esercizio da
trader o analista tecnico. Certamente si tratta
di un mercato super dinamico che poco si
adatta a chi ha un approccio buy-and-hold.
Una soluzione è quella di proteggere una parte
del portafoglio attraverso azioni o obbligazioni
di paesi tradizionalmente più difensivi come la
Svizzera, il Canada o l’Australia.
Di nuovo, esiste la possibilità di esporsi attraverso gli Etf, che sono strumenti accessibili
ad ogni livello di investitore. La società CurrencyShares è specializzata sull’investimento
nelle principali valute mondiali. Il CurrencyShares Swiss Franc Trust ha come obiettivo
quello di ottenere gli interessi pagati sui depositi in franchi svizzeri. Altro candidato è l’Etf
di Credit Suisse su cui è possibile orientarsi su
tre segmenti, a breve, medio e lungo termine.
Dividendi. Puntare sulle multinazionali
americane che pagano dividendi può essere
un modo alternativo di proteggersi in momenti
di crisi. Sono le candidate migliori perché
possono trarre profitti dai rami di business
dislocati in tutto il mondo. Un indice che fa al
caso nostro è l’S&P High Yield Dividend Aristocrats e viene attualmente replicato dall’Etf
americano SPDR S&P Dividend e da quello
disponibile per l’investitore europeo SPDR S&P
US Dividend Aristocrats Etf, emesso da State
Street Global Advisors.
Mercati emergenti. Diversificare con i
mercati emergenti, sia in bond sia in equity,
per cogliere opportunità in termini di premio
al rischio potrebbe essere un elemento
positivo per il portafoglio. Nonostante il
generale livello di merito creditizio e di solidità
patrimoniale sia inferiore a quello dei paesi
sviluppati, e considerando i limiti tecnici e i
prodotti finanziari disponibili agli investitori
internazionali, attraverso adeguate strategie
di investimento per depurare dai co-movimenti
rispetto al mercato americano, è possibile
ottenere uno yield interessante.
I principali emittenti di Etf posseggono un
fondo che investe in questi mercati. Inoltre è
bene tenere presente altre forme di investimento, come ad esempio i future o le opzioni
su indici.
Mercato immobiliare globale. Spostare
parte dell’investimento immobiliare
dall’America verso opportunità di investimento
più globali, potrebbe risultare più efficiente
che non rimanere inerme rispetto all’incerta
situazione attuale. L’Etf emesso da Lyxor
sull’Msci World Real Estate ha una composizione del 40% sull’America e il resto fra
Asia (50%) ed Europa (10%). Per chi investe
Confronto fra Treasury e S&P 500 (2007-2011)
Rendimenti cumulati
in US Dollari (base 100)
S&P 500 NR USD
USTREAS T-Bill Cnst Mate Rate 10Yr
USTREAS T-Bill Cnst Mat Rate 30Yr
180
160
140
di crisi dei mercati azionari, negli ultimi 20
anni, i fondi che investono nei titoli del Tesoro
americano a media e lunga scadenza hanno
fatto registrare i risultati migliori. Si pensi al
periodo che va da agosto 1987 a dicembre
1987, l’indice S&P 500 ha perso il 33% mentre
un portafoglio gestito con maturity media di
10 anni ha guadagnato l’8% e quello a 30 anni
ha guadagnato l’11%.
120
Da ottobre 2007 fino a marzo 2009, l’S&P 500
ha perso oltre il 56%, mentre un portafoglio in
bond a media scadenza ha fatto +19% e quello
in bond a lunga scadenza ha registrato un
+22%. Di questi esempi ce ne sono moltissimi.
100
80
60
2008
2009
2010
2011
Rendimenti a confronto
Indice
S&P 500 NR USD
Total Return Total Return Total Return
1 Anno %
5 Anni (ann.) %
10 Anni (ann.) %
1.47
-0.89
2.30
USTREAS T-Bill Cnst Mat Rate 10 Yr
16.11
8.39
6.62
USTREAS T-Bill Cnst Mat Rate 30 Yr
36.63
11.05
9.23
Si potrebbe parlare quindi di porto sicuro. Gli
unici periodi in cui questi tipi di strumenti
hanno registrato pessimi risultati sono quando,
in concomitanza di mercati azionari negativi
c’è stato anche un aumento dell’inflazione. Nel
2011, l’andamento è stato molto altalenante:
prima in crescita (gennaio-settembre), poi
in rallentamento. Un investitore in Treasury
non può non tenerne conto. K
Marco Frittajon è research analyst, consulente di
Fonte: Morningstar Direct
Morningstar Italy
attraverso veicoli domiciliati negli Stati Uniti,
allora un candidato può essere un emittente
sull’indice Dow Jones Global Real Estate, ma
in questo caso la componente non americana
è inferiore al 40%.
Materie prime. I paesi emergenti come
Brasile, India e Cina hanno un’elevata domanda di materie prime. Nonostante la possibilità
che la Cina possa ridurre il fabbisogno estero
per concentrarsi piuttosto sulla domanda interna, la necessità di ampliare le infrastrutture
è e continuerà ad essere un punto critico nel
processo di sviluppo economico e industriale.
Investire in società del settore delle materie
prime dei paesi emergenti potrebbe voler
dire arricchire il portafoglio di titoli con buoni
fondamentali e aspettative di crescita futura
sostenute, slegati dal ciclo economico degli
Usa. La scelta di questo tipo di investimento
può cadere sia a livello di singolo paese, oppure su indici ad ampio spettro geografico che
eliminano la componente di rischio paese.
Un ulteriore elemento di attenzione va posto
quando si investe su singoli paesi emergenti,
poiché la relazione fra crescita economica e
performance della borsa non sono necessariamente correlate.
Questi sono i principali canali di investimento
che possono interessare chi ha un portafoglio
esposto sul mercato americano. Ovviamente
come strategia di ultima istanza si può scegliere di parcheggiare la liquidità sui titoli
del Tesoro americano di breve periodo oppure
sui Tips, titoli legati all’inflazione.
Treasury, un porto sicuro
Una nota sui Treasury americani. Nei periodi
Morningstar.it 25
Analisi Morningstar
Cina e Usa: motori difettosi?
Di Dario Portioli
Alcuni gestori trovano meno opportunità di investimento in queste due
economie. Vediamo il perché.
É difficile mettere in discussione l’importanza
di Cina e Stati Uniti ai fini della crescita
economica mondiale. Il semplice esame della
bilancia commerciale mette in evidenza il peso
degli scambi originati da questi due paesi con
il resto del mondo. Secondo i dati del Fondo
monetario internazionale, nel 2010, le
esportazioni cinesi sono state pari a 1.578
miliardi di dollari, mentre le importazioni
hanno raggiunto 1.396 miliardi (con un bilancio
positivo, dunque, per le esportazioni nette).
Nello stesso periodo, in Usa l’export ha
toccato 1.277 miliardi di dollari, e l’import
1.968 miliardi (a conferma del fatto che
l’economia statunitense acquista più beni dal
resto del mondo rispetto a quanti ne riesce a
vendere). Si tratta di numeri impressionanti,
che testimoniano come l’economia mondiale
sia influenzata da quanto accade all’interno di
questi stessi paesi, ovvero dalla forte crescita
dell’economia cinese e dalla capacità di
innovazione dell’economia statunitense.
Dal punto di vista degli investimenti finanziari,
però, non è sufficiente prendere in esame
queste grandezze macroeconomiche. La scelta
di investire in un particolare strumento
finanziario, infatti, richiede anche un’analisi
del grado di tutela legale, dei livelli di
valutazione, della struttura dei mercati e delle
opportunità di diversificazione. Sulla base di
queste variabili, il giudizio finale
26 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
sull’opportunità di investire in un particolare
mercato può cambiare. Questo è il caso, ad
esempio, della Cina, secondo alcuni gestori.
Poca Cina
Vontobel Emerging Markets Equity (Morningstar Analyst Rating “Silver”) è un fondo
dedicato alle azioni dei mercati emergenti, che
ha avuto un buon grado di successo sin da
quando l’attuale gestore, Rajiv Jain, ne è il
responsabile, ovvero dal 1997. Da allora a fine
ottobre 2011, il rendimento realizzato è stato
del 9,4%, ovvero 270 punti base in più della
media di categoria Morningstar azionari
mercati emergenti. Il gestore investe tra le 70
e le 90 azioni, con un chiaro focus sulle
capitalizzazioni più grandi, orientate alla
crescita, come suggerito anche dalla Morningstar Style Box.
In particolare, Jain preferisce le società che
registrano la gran parte del loro business
all’interno degli stessi paesi emergenti (e così
dipendono meno dalla crescita globale). Pur
trovando diverse società cinesi con tali
caratteristiche, il gestore ha deciso di
sottopesare le azioni di questo paese in quanto
non è pienamente soddisfatto dalla qualità
della corporate governance, ovvero dal
trattamento talvolta riservato agli azionisti di
minoranza. In particolare, Jain ritiene che le
possibili influenze del governo cinese nelle
imprese private possano rappresentare un
limite ai fini dell’investimento. Per tali
ragioni, predilige invece gli investimenti in
India, dove trova analoghe opportunità di
crescita, ma spesso con un miglior sistema
di corporate governance.
Leggeri su Wall Street
Anche per gli Stati Uniti abbiamo gestori che
non sono del tutto convinti sull’effettiva bontà
delle opportunità di investimento presenti. Ad
esempio, Aberdeen World Equity (Morningstar
Analyst Rating “Silver”), gestito da un team
di 12 analisti coordinati da Stephen Docherty,
mantiene da lungo tempo un sottopeso nei
confronti dell’economia statunitense. Infatti,
un tradizionale indice azionario internazionale,
come l’Msci World, ha un’esposizione verso
gli Stati Uniti di circa il 50%.
Invece, Aberdeen World Equity mantiene una
percentuale di gran lunga più bassa, pari a
circa il 24% (a novembre 2011). Il principale
motivo attiene alle valutazioni: il team ritiene
che le azioni americane in numerosi casi
siano care rispetto alle effettive prospettive di
crescita e, così, pensano di poter trovare alternative più convenienti in altri paesi del mondo,
come l’Asia, l’America latina e l’Europa.
Non si può dire che queste scelte abbiano
penalizzato il fondo, in quanto la performance
a cinque e dieci anni è di gran lunga superiore
alla media, come segnalato anche dal
Morningstar Rating di quattro stelle.
L’andamento del mercato cinese
Fondo
Benchmark
Categoria
35
30
25
20
15
10
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Aberdeen World equity Acc A
Fondo
Benchmark
Categoria
20
15
10
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
Fonte: Morningstar Direct
Il Morningstar Analyst Rating
2011
Molteplici letture
Di esempi su gestori che hanno opinioni
diverse dal “consensus” di mercato potremmo
farne molti, partendo dagli oltre 3.000 fondi
analizzati da Morningstar a livello globale.
Infatti, ci sono investitori professionali che
non ritengono convenienti i prezzi azionari
di alcune economie a forte crescita, che non
credono fortemente in alcuni processi di
ricambio tecnologico, che non sono soddisfatti
del grado di tutela legale degli investimenti
o che non trovano un sufficiente grado di
diversificazione in alcuni paesi in particolare.
In realtà, quello che ci preme sottolineare
è che le chiavi di lettura dell’economia e
dello stato di salute delle singole imprese,
incluse quelle cinesi e statunitensi, possono
essere molteplici.
E da ciò scaturiscono i diversi posizionamenti
di portafoglio dei fondi a gestione attiva. Il
compito del gestore è quello di individuare
la chiave di lettura più aderente ai successivi
sviluppi del mercato. Il compito dell’investitore,
invece, oltre a selezionare una particolare
asset allocation (ad esempio, il peso da
assegnare in portafoglio ai “paesi emergenti”
o alle “azioni internazionali”), è quello di
trovare il gestore più abile tra quelli con uno
stile di investimento coerente con le proprie
preferenze di investimento. Per fare ciò, non
basta prendere in esame le performance
passate, ma è opportuno svolgere delle analisi
con l’aiuto del proprio consulente finanziario
e con gli strumenti messi a disposizione dalle
società di ricerca sugli investimenti. K
Dario Portioli è fund analyst di Morningstar
La scala di giudizio utilizzata dal team di analisti sui fondi di Morningstar è la seguente:
Gold: è un giudizio assegnato al miglior fondo, che si distingue per tutti i fattori analizzati (persone,
società, processo, performance e prezzo) e, pertanto, gode della più alta valutazione da parte degli analisti;
Silver: è un fondo con numerosi punti di forza, ma non per tutti i fattori presi in esame;
Bronze: riceve questo rating un fondo che ha un numero di punti di forza che superano i punti di
debolezza, consentendo così agli analisti di esprimere un giudizio complessivamente positivo;
Neutral: è un fondo che, sulla base dei fattori presi in esame, non mostra né grandi probabilità di
sovraperformare, né di sottoperformare la media di categoria;
Negative: questo rating viene assegnato nei confronti di un fondo che possiede almeno un elemento
negativo che, secondo gli analisti, condurrà a risultati inferiori alla media.
Morningstar.it 27
Analisi Morningstar
Fondi azionari
Usa e Cina
I comparti con il rating
qualitativo Morningstar
da Gold (massima
valutazione) a Neutral
Nome Fondo
Società
Schroder ISF US Smaller Comp A Acc
Schroder Investment Management Lux S.A.
Schroder ISF US Sm & MdCp Eq A EUR
Schroder Investment Management Lux S.A.
Cap Int US Growth and Income C
Capital International
First State Greater China Growth A €
First State Investments (UK) Ltd
Franklin Mutual Beacon A Acc €
Franklin Templeton Investment Fds
Perkins US Strategic Value A EUR Acc
Janus Capital Funds Plc
Pictet-US Equity Value Selection-P USD
Pictet Funds (Europe) S.A.
Robeco US Premium Equities D USD
Robeco Luxembourg S.A.
BNPP L1 Opportunities USA N
BNP Paribas Investment Partners Lux
Threadneedle Amer Sel Ret Net EUR Acc
Threadneedle Investment Services Ltd.
Investec GSF American Eq A Acc Grs USD
Investec Asset Management Luxembourg
BGF US Small & MidCap Opps E2 EUR
Blackrock (Luxembourg) S.A.
BGF US Basic Value E2 EUR
Blackrock (Luxembourg) S.A.
GS US Equity Portfolio Base Acc
Goldman Sachs Asset Mngmt Intl
Allianz RCM US Equity IT USD
Allianz Global Investors Ireland Ltd
BGF US Flexible Equity E2 EUR
Blackrock (Luxembourg) S.A.
Fidelity American Growth A-Acc-EUR
Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.)
Pioneer Fds US Pioneer E EUR HND
Pioneer Asset Management S.A.
SSgA US Index Equity Fund I USD
State Street Global Advisors France
Comgest Growth Greater China
Comgest Asset Management International L
ING (L) Invest Greater China X USD Acc
ING Investment Management Luxembourg
Schroder ISF Greater China A Acc
Schroder Investment Management Lux S.A.
Fidelity China Focus A-Acc-EUR
Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.)
Schroder ISF China Opportunities A Acc
Schroder Investment Management Lux S.A.
ING (L) Invest US High Dividend X EUR
ING Investment Management Luxembourg
BGF US Growth E2 EUR
Blackrock (Luxembourg) S.A.
ING (L) Invest US Growth X EUR
ING Investment Management Luxembourg
UBAM Calamos US Equity Growth A
Union Bancaire Privée (Luxembourg) S.A.
Fidelity America A-Acc-EUR
Fidelity (FIL (Luxembourg) S.A.)
ING (L) Invest US Research Advtg X EUR
ING Investment Management Luxembourg
LM Capital Mgmt Value A Acc €
Legg Mason Global Funds Plc (Dublin)
Pioneer Fds US Research E EUR ND
Pioneer Asset Management S.A.
BGF China E2 EUR Hdg
Blackrock (Luxembourg) S.A.
Robeco Chinese Equities D USD
Robeco Luxembourg S.A.
Fonte: Morningstar Direct, dati % in euro a fine novembre 2011
28 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
Categoria Morningstar
Morningstar
TER
Rendimento
Rendimento Deviazione Deviazione
Morningstar
Analyst Rating
1 anno
3 anni ann. to
standard 1 anno
standard 3 anni
Rating
US Small-Cap Equity
Gold
2.00
-4.39
12.53
14.86
19.08
4
US Mid-Cap Equity
Gold
1.99
-1.38
13.34
14.33
16.81
4
US Large-Cap Blend Equity
Gold
0.15
-0.54
13.20
11.87
15.12
5
Greater China Equity
Gold
1.82
-12.87
22.67
15.53
17.03
5
US Large-Cap Value Equity
Silver
1.86
-1.61
9.39
12.27
15.23
3
US Large-Cap Value Equity
Silver
2.47
-0.15
10.72
17.62
17.83
4
US Large-Cap Value Equity
Silver
1.57
0.81
14.41
US Large-Cap Value Equity
Silver
1.69
-0.08
11.75
16.19
17.53
5
US Large-Cap Growth Equity
Silver
2.52
-10.81
9.87
13.03
17.23
3
US Large-Cap Growth Equity
Silver
1.68
1.07
13.42
12.29
15.96
3
US Large-Cap Blend Equity
Silver
1.96
-9.38
8.78
19.42
18.99
2
US Mid-Cap Equity
Bronze
2.32
-9.01
14.75
15.82
19.55
3
US Large-Cap Value Equity
Bronze
2.33
-3.15
9.28
13.30
15.97
3
US Large-Cap Growth Equity
Bronze
1.90
-4.00
9.79
12.55
14.76
3
US Large-Cap Blend Equity
Bronze
0.95
-4.44
12.54
14.38
17.49
5
US Large-Cap Blend Equity
Bronze
2.32
-0.91
7.70
14.25
16.42
2
US Large-Cap Blend Equity
Bronze
1.95
-2.14
8.23
14.33
15.34
2
US Large-Cap Blend Equity
Bronze
1.65
-0.51
8.71
19.65
18.73
1
US Large-Cap Blend Equity
Bronze
0.32
3.38
11.26
11.75
14.78
4
Greater China Equity
Bronze
1.75
-26.67
12.26
18.89
17.77
4
Greater China Equity
Bronze
2.37
-18.37
15.20
19.76
19.04
4
Greater China Equity
Bronze
2.02
-22.23
16.58
17.51
18.88
4
China Equity
Bronze
1.95
-20.96
15.40
16.14
17.28
4
China Equity
Bronze
2.02
-26.34
11.01
16.70
17.68
4
US Large-Cap Value Equity
Neutral
2.45
1.21
15.42
US Large-Cap Growth Equity
Neutral
2.32
-8.67
10.30
11.96
16.62
2
US Large-Cap Growth Equity
Neutral
2.38
2.16
7.81
11.47
15.45
2
US Large-Cap Growth Equity
Neutral
2.11
-1.80
18.88
15.01
17.72
2
US Large-Cap Blend Equity
Neutral
1.92
-0.34
13.58
13.26
16.11
4
US Large-Cap Blend Equity
Neutral
2.34
-0.32
7.35
13.78
14.84
2
US Large-Cap Blend Equity
Neutral
1.85
-6.10
9.71
13.03
17.45
2
US Large-Cap Blend Equity
Neutral
1.69
2.31
11.60
12.19
14.63
4
China Equity
Neutral
2.35
-21.41
17.48
27.19
26.07
3
China Equity
Neutral
1.73
-15.80
17.38
28.13
23.85
3
Morningstar.it 29
Analisi Morningstar
Pagina 1 di 4 | Morningstar® Research Report
Franklin Mutual Global Discovery A Acc $
Franklin Mutual Global Discovery A Acc $
Indice della categoria Morningstar
MSCI World Free Value NR USD
14.0
Morningstar Analyst Rating™
Crescita di 10.000 (EUR)
13.0
12.0
Fondo
11.0
Benchmark
10.0
Categoria
9.0
8.0
Thomas Lancereau, CFA
Analista di Morningstar
7.0
Sintesi
Persone: Langerman, Brugère-Telat e
Rankin sono molto esperti e applicano bene la
filosofia d’investimento della società.
Società: Franklin Templeton è tra le maggiori
case di gestione al mondo. Complessivamente,
riteniamo che agisca nell'interesse dei
sottoscrittori.
Processo: L'approccio si basa sulla selezione
di titoli ed è molto sensibile alle valutazioni,
senza allinearsi all’indice.
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
-
-
-
-
)
*
&
)
(
-
-
-
-
6.10
0.06
-22.13
16.15
16.73
YTD Performance 30/11/11
* Cat Perf Quartile
-6.68 Rendimento tot
-
-
-
-
-5.79
6.80
15.17
-6.58
0.14
0.21 +/- Indice Cat
-
-
-
-
-4.89
3.17
15.65
-10.91
1.28
1.23 +/- Categoria
-
-
-
-
88
44
4
91
57
41 % Percentile categoria
L' Opinione di Morningstar
del portafoglio era investito nel settore del consumo difensivo,
4 lug 2011 | Questo fondo resta a nostro avviso di buon livello, in
l’esposizione al Giappone (0,8%) era molto inferiore alla media
particolare per gli investitori più prudenti.
(8,9%) poiché i gestori considerano che la cultura d’impresa non
ossia 1,68 volte la media della categoria. Al contrario,
sia molto favorevole agli investitori.
Peter Langerman e Philippe Brugère-Telat hanno ripreso le redini
del fondo nel dicembre 2009 a seguito del passaggio a PIMCO
L’importanza delle valutazioni nella selezione di titoli dei gestori
Performance: Il fondo ha realizzato una
solida performance, superiore a quella della
sua categoria.
dei precedenti co-gestori Anne Gudefin e Charles Lahr.
si ritrova anche nella loro disciplina di vendita. Ad esempio hanno
Langerman è CEO e CIO della gamma Mutual Series, nonché uno
preso una parte dei loro profitti su titoli che avevano raggiunto i
dei membri più anziani del team, e insieme a Brugère-Telat
loro obiettivi di quotazione nel primo trimestre del 2011, come
Prezzo: Il TER è superiore alla mediana della
categoria, cosa che appare deludente date le
dimensioni degli attivi gestiti dalla società.
gestisce con successo il fondo Mutual European (Rating
Pernod Ricard e Carlsberg. Hanno utilizzato queste cessioni per
Morningstar “Gold”) dal 2005. Dalla fine del 2010 sono stati
far rientrare nuove società in portafoglio, in particolare nel settore
inoltre affiancati da Timothy Rankin, un gestore esperto che
health care (Roche, Merck) che presenta secondo loro delle
dispone soprattutto di solide competenze nel segmento delle
valutazioni molto attraenti. Al contrario, in mancanza di
piccole e medie capitalizzazioni americane. Questo trio continua
opportunità, i gestori non esitano a lasciar aumentare la liquidità.
Per chi è adatto: Può essere utilizzato per
aumentare la diversificazione azionaria a
livello internazionale per gli investitori europei.
Morningstar Style Box®: Ownership Zone
Giant
peraltro a godere del supporto del resto del team che conta altri
14 gestori/analisti.
La performance storica del fondo è coerente con lo stile di
Tutti i membri del team perseguono lo stesso approccio, da cui
rispetto al resto della categoria durante la correzione del
gestione. Il fondo, per esempio, ha protetto meglio gli investitori
deriva una grande coerenza degli investimenti all’interno dei vari
fondi della gamma. Con un chiaro orientamento “value”, questo
approccio ha dato prova delle proprie capacità. La costruzione del
portafoglio si basa sulla selezione di titoli che si scambiano al di
Large
Mid
Small
sotto del loro valore intrinseco come calcolato dal team. I gestori
esaminano i “cash flows” scontati ed eseguono un’analisi della
somma delle parti per identificare le azioni sottovalutate. Essi
valutano anche la qualità dei dirigenti e la loro considerazione
per gli interessi degli azionisti. Il fondo non replica alcun
Micro
Deep Val Core Val Blend
Core Grth High Grth
Centroide: media ponderata dei titoli del fondo
Area: 75% dei titoli del fondo
(Dati al 30/09/11)
2007-2008, anche se ha dovuto cedere il passo nel 2009. Sul lungo
periodo, gli investitori sono largamente vincenti. Il fondo si
classifica nel primo quartile su cinque anni a fine giugno 2011,
per una volatilità di circa due terzi rispetto alla categoria. La
solidità del team e il mantenimento di un approccio sensato,
chiaramente orientato verso l’interesse degli investitori sul lungo
termine, ci fanno pensare che questi buoni risultati dovrebbero
perdurare. Il fondo mantiene quindi un rating “Silver”.
benchmark e la sua allocazione differisce molto dall’indice MSCI
World e dai fondi concorrenti. Così a fine marzo 2011, il 18,9%
Categoria Morningstar
Benchmark del fondo
Data di Partenza
Dividendo a 12 mesi %
Azionari Internazionali Large Cap
Value
100% MSCI World GR USD
25/10/2005
0.00
ISIN
Domicilio
Stato legale
Valuta di base
Attivo netto totale
LU0211331839
LUSSEMBURGO
SICAV
USD
USD 1039.10 Mil
Pagina 2 di 4 | Morningstar® Research Report
Franklin Mutual Global Discovery A Acc $
Gestore
Data Inizio Gestione
Anni di esperienza nel
fondo (media)
Anni di esperienza
complessiva
Anni di esperienza nel
fondo (max)
Peter Langerman,
Philippe BrugereTrelat, Timothy
Rankin
07/12/09
1.66
20
2.02
Altri fondi gestiti
P. Langerman (Franklin Mutual Beacon)
P. Brugère Trélat (Franklin Mutual European,
Mutual Euroland)
Numero di Analisti
17
Società di gestione
Franklin Templeton Investment Fds
Totale attivi gestiti
Totale attivi nella
strategia
Num. Holdings
Concentrazione Max
Track Error atteso
Turnover atteso
Concentrazione
settoriale
Concentrazione
geografica
Utilizzo tattico di Cash
Hedging
Benchmark del fondo
USD 703,5 Mds
USD 10 Mds
100+
4%
Nessun target
25%
Non previsti
Non previsti
Si
Parzialmente
Coperto
100% MSCI World
GR USD
Persone
Peter Langerman e Philippe Brugère-Telat hanno ripreso
le redini del fondo nel dicembre 2009 a seguito del
passaggio a PIMCO dei precedenti cogestori Anne Gudefin
e Charles Lahr. Benché l’uscita improvvisa dei gestori sia
raramente una buona notizia per gli investitori, non
riteniamo che ci sia motivo di preoccuparsi
particolarmente. Langerman è CEO e CIO della gamma
Mutual Series e uno dei membri più anziani del team,
come Brugère-Telat che gestisce con successo il fondo
Mutual European (rating Eccellente) dal 2005. Dalla fine
del 2010, sono stati raggiunti da Timothy Rankin, che
vanta 17 anni di esperienza e ha costruito una notevole
competenza nel segmento delle piccole e medie
capitalizzazioni americane. Non ci sono ancora
Società
Franklin Templeton ha sviluppato nel tempo una cultura
che combina autonomia, efficienza e uno stile di
investimento prudente. La società ha attratto un notevole
numero di gestori di fondi e ha costituito in modo
aggressivo un robusto team di analisti interni. Questo ha
contribuito a formare un’offerta di fondi azionari e
obbligazionari di buon livello. Con riferimento ai team di
gestione, Franklin ha stimolato la creazione di un ambiente
dove le persone tendono a legarsi all'organizzazione;
questo è il risultato di una positiva cultura collaborativa.
Apprezziamo la struttura dei compensi ai manager, che ha
alla base principalmente le performance dei fondi contro
benchmark e categoria su orizzonti di uno, tre e cinque
anni. I bonus vengono pagati in tre modalità: cash, azioni
Processo: Strategia di
Investimento
Il fondo segue lo stile tipico della gamma Mutual Series:
una selezione di titoli con chiaro orientamento “value”.
Con l’aiuto degli analisti, i gestori puntano ad azioni che
si scambiano al di sotto del loro valore intrinseco. Essi
esaminano i “cash flows” scontati ed eseguono un’analisi
“somma delle parti” ma valutano anche attentamente i
team dirigenti. Il portafoglio è costruito senza riferimento
alla struttura geografica o settoriale dell’indice MSCI
World. I gestori possono anche acquistare debito
“distressed” (prossimo al fallimento) e realizzare strategie
di arbitraggio in fusioni-acquisizioni. I prodotti derivati
Indice della categoria Morningstar
MSCI World Free Value NR USD
investimenti a titolo personale nel fondo ma Langerman
e Brugère-Trélat hanno investimenti sostanziali nella
versione domiciliata negli Stati Uniti: oltre un milione di
dollari per il primo e tra 500.000 e 1 milione di dollari per
il secondo. Inoltre questo trio sperimentato gode del
supporto di altri 14 gestori e analisti che compongono il
team e condividono la stessa visione “value”. Pertanto ci
sono molte somiglianze tra i portafogli dei vari fondi della
gamma, cosa che permette di attenuare l’impatto
dell’eventuale uscita di un membro dal team.
di Franklin Templeton e quote dei fondi gestiti. Gli ultimi
due pagamenti si perfezionano dopo un certo periodo di
tempo. Questo schema offre un buon mix di compensi
immediati e incentivi a continuare la collaborazione con
la società; inoltre, incoraggia i gestori ad agire
nell’interesse dei sottoscrittori nel lungo termine. I costi
applicati ai fondi offerti sono in media ragionevoli negli
US, ma più cari nelle altre aree geografiche. Il gruppo è
stato coinvolto nel biennio 2003-04 in uno scandalo in US
sul trading improprio di quote. Sebbene questo evento
abbia impattato sulla reputazione della società, da allora
sono stati compiuti importanti passi in avanti per
scoraggiare tali pratiche in futuro.
sono utilizzati in maniera opportunista per assicurare la
copertura o raccogliere premi. L’orizzonte d’investimento
è lungo, per cui si ha un debole tasso di rotazione (25% in
media l’anno) che riduce i costi di transazione. Nello
spirito prudente dei gestori, le posizioni sono costruite in
maniera graduale, dallo 0,5% al 2%, con un massimo del
4% previa valutazione. La diversificazione è quindi
adeguata (oltre 100 righe) pur evitando di diluire troppo le
scommesse migliori. Peraltro i gestori non esitano a
prendere i loro profitti e vendono spesso in una sola volta.
Lasciano crescere la liquidità in assenza di opportunità.
La maggior parte del portafoglio è coperta nella valuta di
riferimento dei gestori, il dollaro americano.
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®
Analisi Morningstar
Pagina 1 di 4 | Morningstar® Research Report
Aberdeen Global Emerging Markets Equity A2
Aberdeen Global Emerging Markets Equity A2
Indice della categoria Morningstar
MSCI EM NR USD
60.0
Morningstar Analyst Rating™
Crescita di 10.000
(USD)
50.0
Amaya Assan
Analista di Morningstar
Persone: Il robusto team di gestione
rappresenta un punto di forza per il fondo in
termini di ricerca.
Società: Acquisizioni strategiche hanno
ampliato la gamma di fondi, ma Asia & Em.
Mkts. restano centrali.
Processo: Aberdeen applica un approccio
bottom-up paziente, concentrato sul valore.
Performance: Risultati brillanti a lungo
termine, ma a breve sono possibili picchi di
sottoperformance.
Prezzo: Il fondo è leggermente più caro
rispetto al valore mediano della categoria.
Per chi è adatto: Strumento di nicchia –
come tutte le offerte finanziarie incentrate sui
mercati emergenti, la volatilità del fondo è
troppo grande perché possa rappresentare un
ruolo centrale del portafoglio.
Morningstar Style Box®: Ownership Zone
Giant
Large
Mid
Small
Micro
Core Grth High Grth
Centroide: media ponderata dei titoli del fondo
Area: 75% dei titoli del fondo
(Dati al 30/11/11)
Fondo
30.0
Benchmark
20.0
Categoria
10.0
Sintesi
Deep Val Core Val Blend
40.0
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
-
-
*
(
*
)
&
*
&
YTD Performance 30/11/11
& Cat Perf Quartile
-
-
24.06
30.67
33.49
32.91
-43.90
79.91
25.64
-
-
-1.49
-3.33
1.32
-6.48
9.44
1.41
6.76
4.03 +/- Indice Cat
-
-
1.62
-0.11
1.30
-5.21
10.80
4.63
7.62
5.93 +/- Categoria
-
-
30
57
33
76
8
29
10
L' Opinione di Morningstar
10 nov 2011 | Aberdeen Global Emerging Markets Equity
è una solida scelta per l'esposizione azionaria ai mercati
emergenti.
L’area Asia Pacifico ex-Giappone del fondo è gestita da
Singapore mentre il team di Londra, guidato da Devan
Kaloo, si occupa del resto della regione. La filosofia del
fondo risale al 1992, quando Hugh Young e Peter Hames
si trasferirono a Singapore creando un processo molto
solido e un team dotato di grandi risorse. A giugno 2010
Hames è andato in pensione. Nonostante questa perdita,
il passaggio di consegne è riuscito bene e oggi il team
mercati emergenti globali conta oltre 30 membri di varia
esperienza. I senior manager sono però in Aberdeen da
oltre 10 anni.
-13.40 Rendimento tot
8 % Percentile categoria
il team ritiene che le aziende cinesi non sempre
rispecchino il loro macroambiente e solo poche possano
vantare risultati comprovati e buoni standard di contabilità
e trasparenza. Per questo il team preferisce esporsi alla
Cina tramite società rinomate domiciliate ad Hong Kong
che fanno affari in Cina.
Il team mira a investire sul lungo periodo. Pertanto, la
rotazione è generalmente inferiore alla media della
categoria. Inoltre, il fondo è gestito con grande
convinzione e scarso riferimento al benchmark. Questo
aspetto, unito al focus su qualità e investimenti a lungo
termine, può portare a periodi di relativa
sottoperformance, in particolare sui mercati trainati dal
momentum. Detto ciò, il fondo gode dell’approccio
coerente e sensato attuato da un team stabile ed esperto,
che ha dato solidi risultati su uno, tre e cinque anni.
Elemento di spicco del fondo è il processo, applicato
coerentemente fin dal suo lancio, che rispecchia la grande
importanza data alla qualità e alle società in crescita
dotate di un management in grado di gestirla. Il team
seleziona aziende di qualità con modelli di business
sostenibili e competitivi, solidi bilanci, elevati rendimenti
su attivi e capitale e corporate governance. Per esempio,
Riteniamo che questo fondo sia ancora una valida scelta
per gli investitori alla ricerca di un’esposizione
diversificata nella regione e merita quindi il nostro rating
massimo: Gold.
Categoria Morningstar
Benchmark del fondo
Data di Partenza
Dividendo a 12 mesi %
ISIN
Domicilio
Stato legale
Valuta di base
Attivo netto totale
Azionari Paesi Emergenti
100% MSCI EM NR USD
15/08/2001
0.00
LU0132412106
LUSSEMBURGO
SICAV
USD
USD 10830.97 Mil
Pagina 2 di 4 | Morningstar® Research Report
Aberdeen Global Emerging Markets Equity A2
Gestore
Data Inizio Gestione
Anni di esperienza nel
fondo (media)
Anni di esperienza nel
fondo (max)
Management Team
01/07/05
6.46
6.46
Altri fondi gestiti
Aberdeen Asia Pacific & Japan, Aberdeen Asia
Pacific
Numero di Analisti
Oltre 30
Società di gestione
Aberdeen Asset Managers Limited (Lux)
Totale attivi gestiti
Totale attivi nella
strategia
GBP180 mld 30/9/11
GBP25.7 mld 30/9/11
Num. Holdings
Concentrazione Max
Turnover atteso
Concentrazione
settoriale
Concentrazione
geografica
Utilizzo tattico di Cash
Hedging
Benchmark del fondo
40-70
+/-5%
Tipicamente 15-25%
Max settore MSCI
+/-20%
Max per Paese 20%
No
Non Coperto
100% MSCI EM NR
USD
Persone
Uno dei punti di forza di questo fondo è rappresentato
dalle grandi risorse analitiche. L’area Asia Pacifico exGiappone è gestita da Singapore, il fulcro di Aberdeen in
Asia, mentre il team di Londra si occupa del resto della
regione. Attualmente il team mercati emergenti, guidato
da Devan Kaloo, è costituito da oltre 30 professionisti.
Kaloo ha incominciato la sua carriera presso Martin Currie
nel desk nord-americano, dopodiché ha lavorato per tre
anni come analista degli azionari asiatici. Si è unito ad
Aberdeen attraverso l’acquisizione di Murray Johnstone
nel luglio 2000 ed è stato promosso a gestore senior nel
2003, prima di passare alla direzione del desk nel 2005.
Riteniamo che il team possieda il giusto mix di esperienza
e gioventù. Il team suddivide la copertura azionaria per
Società
Partendo proprio dalle basi, Aberdeen Asset Management
nacque con il lancio di un fondo comune di investimento
da GBP 50 milioni nell’omonima città scozzese nel 1983.
La società oggi è un gestore patrimoniale globale, con sedi
in Europa, Asia e USA e un patrimonio gestito di oltre GBP
175 miliardi a settembre 2011. Il fondo è cresciuto sia
organicamente che tramite acquisizioni, tra cui i recenti
acquisti di fondi immobiliari. Con acquisizioni strategiche
e oculate la base di investimento di Aberdeen è stata
diversificata e oggi è composta al 15% da immobiliari, al
30% da reddito fisso e per la parte restante da prodotti
azionari. Aberdeen è particolarmente importante in Asia,
dove è investita gran parte della sua esposizione
azionaria. Inoltre, il processo di investimento sviluppato
Processo: Strategia di
Investimento
Il fondo segue il comprovato processo di investimento
globale di Aberdeen creato nel 1985 da Young e Hames.
Il team investe sulla premessa che il prezzo delle azioni
nel lungo periodo rifletta i fondamentali aziendali
sottostanti, perciò investe esclusivamente in titoli che
superano con successo le barriere qualitative del gruppo
e che ne soddisfano i criteri valutativi. Il gruppo valuta la
qualità in base alla chiarezza della strategia aziendale e
della sua esecuzione attraverso un management esperto.
La forza del bilancio, la trasparenza dei proventi (in modo
particolare la crescita del flusso di cassa libero
Indice della categoria Morningstar
MSCI EM NR USD
regioni e fa leva sulle restanti risorse dell’area Asia
Pacifico. Gli analisti di ricerca sono assunti presto a inizio
carriera e vengono ampiamente formati sull’approccio del
gruppo, contribuendo a rafforzare la coerenza del processo
di investimento. I membri senior del team rivedono i giudizi
degli analisti e prendono le decisioni relative alla
costruzione del portafoglio. La partenza di Peter Hames
nel 2010, codirettore degli azionari asiatici a Singapore,
è senza dubbio una perdita. Tuttavia, sotto la guida di
Hugh Young, sia il team che il processo sono ben
consolidati.
dal team asiatico di Hugh Young è stato adottato a livello
aziendale nel 2002. Le decisioni di portafoglio sono
adottate collegialmente e Aberdeen evita perlopiù di far
crescere dei gestori “star”, a differenza di alcuni suoi pari.
La remunerazione dei gestori è in un certo senso unica,
poiché include un elemento molto soggettivo. Anche se
gli interessi dei sottoscrittori sarebbero allineati in modo
più diretto ai gestori del fondo se la loro retribuzione fosse
legata alla performance, da ormai 30 anni la struttura di
incentivi di Aberdeen e l'approccio generale di
investimento trattano bene gli investitori.
dall’attività sottostante, escluse poste straordinarie) e un
impegno al valore per i sottoscrittori sono ulteriori tratti
che il team ricerca. Le società sono considerate allettanti
in termini di valore se appaiono essere negoziate a buon
prezzo rispetto a società similari. Per questa attenzione
alla qualità e alla valutazione il team è poco propenso a
pagare troppo per la crescita o per inseguire il momentum,
mentre è incline ad andare controcorrente e comprare in
settori o società sfavorite. Quando il team trova società
che lo soddisfano, tende a mantenerle, salvo cambiamenti
significativi nei fondamentali sottostanti. Questo
approccio di lungo termine porta ad un basso indice di
rotazione, che dovrebbe contribuire a contenere i costi di
negoziazione.
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Analisi Morningstar
Usa e Cina negli Etf
Di Azzurra Zaglio
La gamma sul mercato americano è più vasta rispetto a quella
sulla piazza asiatica. Ma le differenze non finiscono qui.
Sono cinque gli Etf quotati in Borsa italiana
che investono in indici del mercato cinese.
Pochi se si confrontano con la trentina di
replicanti di Wall Street. La differenza è
dovuta a molteplici fattori, tra cui la diversa
liquidità delle due piazze finanziarie, il numero
di benchmark disponibili, il grado di apertura
agli investitori internazionali e le tipologie di
azioni disponibili.
I benchmark
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, gli indici
più comuni sono l’S&P 500, il Dow Jones e il
Nasdaq, ma esistono anche altri benchmark
tra cui i Russell 1000 e 2000 che colgono i
diversi segmenti del mercato, i Ftse Rafi
(basati su una metodologia fondamentale
e non a capitalizzazione) e l’Msci Usa. Ci
sono poi indici paricolari, i cui panieri sono
composti dai titoli più liquidi in modo da
minimizzare la volatilità.
Per quanto riguarda la Cina, invece, le differenze sono legate alle tipologie di azioni
del mercato, a secondo che i titoli siano sulla
piazza di Shanghai o di Hong Kong e che
siano acquistabili solo dai cinesi o anche
dagli investitori esteri. La gamma di Etf sugli
Stati Uniti è vasta, in quanto tutti gli emittenti hanno generalmente almeno un fondo
specializzato su questo mercato, mentre sulla
Cina sono presenti solo le più grandi case di
gestione, come iShares, Lyxor, db x-trackers,
Amundi e Credit Suisse.
La liquidità
I livelli di liquidità variano in funzione della
classe di attivo sottostante (quella delle azioni
34 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
americane è generalmente superiore alle cinesi). Dal punto di vista dell’investitore essi si
traducono in uno spread (differenza tra prezzo
di acquisto e di vendita) più o meno ampio. Sul
circuito EtfPlus di Borsa italiana, la liquidità
è assicurata da uno specialista (intermediario
abilitato) che si assume degli obblighi sia
in termini di quantità minima da esporre in
acquisto e vendita, sia di massima differenza
tra i prezzi di acquisto e di vendita. Lo spread
rappresenta un costo per l’investitore.
Gli Etf più scambiati
Nelle pagine seguenti, proponiamo l’esame
dei due Etf, specializzati rispettivamente sugli
Stati Uniti e sulla Cina, che sono tra i più
scambiati sul mercato italiano (dati di Borsa
italiana a ottobre 2011). Il criterio di selezione
è stato il volume di transazioni nell’ultimo
anno sia per numero di contratti che per
controvalore nel segmento EtfPlus. Si tratta di
iShares S&P 500 e Lyxor Etf China Enterprise.
I report, realizzati dal team di Etf analyst di
Morningstar, analizzano ciascun strumento
tenendo conto di sei pilastri fondamentali:
il profilo generale, l’outlook fondamentale
dell’economia e del mercato di riferimento, la
struttura dell’indice, la struttura del prodotto,
le commissioni e le alternative. K
Azzurra Zaglio è editor di Morningstar Italy
I cinque pilastri dell’Etf Report
Profilo
Gli analisti considerano la situazione economica e finanziaria che può influenzare l’andamento dell’Etp,
in modo da delineare il miglior uso all’interno di un portafoglio di investimento.
Fondamentali
Morningstar analizza la situazione macroeconomica che può influenzare la performance del prodotto.
In particolare traccia il quadro congiunturale e di mercato. Offre anche un’indicazione delle valutazioni
dell’indice sottostante (a premio o a sconto).
Struttura dell’indice
L’analisi approfondisce le metodologie di ponderazione, i limiti nella concentrazione dell’indice su singoli titoli,
gli aggiustamenti del flottante, i periodi di revisione e di ribilanciamento, il trattamento dei dividendi, ecc.
Struttura del prodotto
Morningstar analizza come il prodotto è costruito per replicare o simulare la performance dell’indice
o delle materie prime di riferimento. In particolare, vengono considerati i metodi di replica (fisica o sintetica),
la tipologia di prodotto (fondo comune o altro), gli eventuali rischi di controparte, le misure impiegate per
ridurli, le politiche di distribuzione dei dividendi, il ricorso al prestito titoli, e così via.
Commissioni
Il total expense ratio (Ter) dell’Etf, che è un indicatore sintetico della spesa totale, viene confrontato
con quello dei concorrenti.
Alternative
Gli analisti collocano il prodotto nel contesto più ampio dell’offerta di Etf o prodotti simili,
per mettere in luce i punti di forza e debolezza.
ETF Analysis
iShares S&P 500
Di Alan Rambaldini - Aggiornato al 31 marzo 2011
E’ uno dei migliori strumenti per esporsi al mercato americano.
Grazie a bassi costi ed elevata liquidità .
Profilo
iShares S&P 500 è un Etf azionario adatto ad
avere un ruolo core in portafoglio, indipendentemente da dove si trova l’investitore. E’
un’ottima opportunità per ottenere
un’esposizione sul mercato azionario
statunitense (il più grande al mondo e che
rappresenta un terzo della capitalizzazione
totale del mercato mondiale), dato che segue
l’indice più ampiamente replicato sulla terra,
l’S&P500. Alcune caratteristiche come un
costo relativamente basso (rispetto ai fondi
tradizionali) e una liquidità molto alta lo
rendono una delle vie migliori per puntare
sugli Stati Uniti.
Nonostante sia composto maggiormente da
società ad alta capitalizzazione, l’indice ha
mostrato virtualmente una correlazione del
100% con l’Msci US Broad Market Index, che
rappresenta più fedelmente il mercato
azionario statunitense e che rappresenta il
99,5% della capitalizzazione dei titoli
scambiati sul mercato Usa. Nel 2010, l’S&P
500 ha sottoperformato l’Msci US di circa il
2%, dal 13% al 15%.
Questo Etf può inoltre essere utilizzato per
finalità tattiche, per esempio come scommessa speculativa sul mercato azionario degli
Stati Uniti o per coprire una posizione già
esistente. L’elevata liquidità lo rende uno
strumento ideale per fare operazioni a breve
36 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
termine che, in altro modo avrebbero costi di
transazione più alti. Questo è vero soprattutto
per gli investitori istituzionali che muovono
rapidamente grosse somme di denaro e quindi
cercano di minimizzare i costi.
Dato l’elevato numero di imprese multinazionali, l’indice offre un’esposizione agli
andamenti macroeconomici mondiali e non
solo ai consumi interni degli Stati Uniti. Circa
il 45% del fatturato dei titoli compresi
nell’indice non proviene dagli Usa, per cui l’Etf
fornisce un’ampia diversificazione geografica.
Fondamentali
Il decennio 2000-2010 è stato uno dei peggiori
per l’S&P 500 dalle sue origini nel 1957. E’
iniziato con la bolla tecnologica e terminato
con la crisi finanziaria. La performance
aggregata (dal 2000 al 2009) è stata negativa
per il 10%. Il risultato sarebbe stato peggiore
se non ci fosse stato il rally del 2009. Nel
2010 l’indice ha continuato a crescere,
aumentando del 14% in dollari. Alla data di
stesura del report (31 marzo 2011) gli analisti
finanziari di Morningstar credono che l’indice
stia trattando a sconto rispetto al suo fair
value stimato.
L’indice, inoltre, sembra trattare a sconto
anche sulla base della media sui 10 anni di
alcuni parametri di valutazione come il
rapporto prezzo/utili, il rapporto prezzo/valore
contabile, il rapporto prezzo/cash flow e il
rapporto prezzo/vendite. Tuttavia questi valori
dovrebbero essere considerati all’interno di un
contesto più ampio. I profitti aziendali delle
aziende che compongono l’S&P 500 sono
vicini ai massimi storici in percentuale sul Pil
(Prodotto interno lordo) per cui un’ulteriore
espansione appare improbabile senza una
crescita significativa dell’economia. In effetti
un qualsiasi declino nei margini potrebbe
essere accompagnato da una compressione
del rapporto prezzo/utili.
Mentre la valorizzazione dell’indice appare
equa al momento, ci sono molti rischi
nell’economia degli Stati Uniti che devono
essere presi in considerazione. La crisi del
2007-2009 è ufficialmente terminata e la
crescita del Pil è in ripresa. Il mercato
immobiliare, il catalizzatore iniziale della crisi,
è tuttora estremamente debole. I prezzi delle
case hanno smesso di scendere rapidamente,
ma i numeri delle vendite e delle costruzioni di
abitazioni sono ancora molto deboli. Gli
interventi governativi nel mercato sotto forma
di sussidi per l’acquisto di case e rimodulazione dei mutui pare non abbiano incoraggiato
un rimbalzo sostenibile nella domanda del
mercato privato.
Alla debolezza del settore immobiliare si è
affiancata quella del mercato del lavoro. I
tassi di disoccupazione sono cresciuti
vertiginosamente dato che pochi settori
economici erano in grado di assorbire i
lavoratori edili lasciati a casa o altre vittime
della diminuzione della domanda immobiliare
interna. I disoccupati di lungo termine
finiscono per esaurire i risparmi e le indennità,
e quindi riducono i consumi, ponendo un limite
alla crescita della domanda interna a breve
termine. Il protrarsi di tale problema può
trasformare una crisi ciclica in strutturale.
La situazione delle grandi imprese è migliore
per effetto delle ristrutturazioni aziendali. Con
il taglio della forza lavoro, le società sono
riuscite a proteggere i loro margini di profitto
ma, rischiano di compromottere lo sviluppo.
Con prospettive di crescita dei salari limitate e
la paura che la perdita di un lavoro porti alla
disoccupazione a lungo termine, il consumatore americano, responsabile di più dei due
terzi del Pil, difficilmente potrà riuscire a
portare la nazione fuori dalla recessione.
Le migliori opportunità per le grandi multinazionali sono fuori dagli Stati Uniti, soprattutto
nei mercati emergenti. Il dollaro americano
debole ha aiutato la redditività di certe
aziende ma ha determinato prezzi più alti per
le commodity.
Struttura dell’indice
L’S&P 500 TR USD Index è composto dalle
azioni delle 500 maggiori società che hanno la
sede centrale negli Stati Uniti (solo un gruppo
ridotto non lo è). Una apposita commissione
seleziona i componenti dell’indice
dall’universo dei titoli ad alta capitalizzazione.
I fattori più importanti esaminati per determinare se includere una società sono le
dimensioni, la liquidità e una bilanciata
rappresentatività dei settori (basata sul
principio “società leader nei settori leader”).
Le società, per essere incluse, devono inoltre
registrare quattro trimestri consecutivi di utili.
Le ponderazioni sono basate sulla capitalizzazione corretta per il flottante. Questi
aggiustamenti servono ad assicurare che la
liquidità sottostante dei titoli sia superiore
iShares S&P 500
iShares S&P 500 USD (IE)
K
11
10
9
8
03/2011
06/2011
09/2011
12/2011
Fonte:Morningstar Direct
rispetto a una ponderazione basata sulla pura
capitalizzazione di mercato. Dal momento che
comprende 500 delle maggiori società quotate
sulla Borsa degli Stati Uniti, l’indice rappresenta il 75% dell’intera capitalizzazione di
mercato del paese. Ciò lo rende un ottimo
strumento per accedere a tutto il mercato
azionario statunitense. Il settore più ampio,
l’informatica, rappresenta il 19% dell’indice.
Struttura del prodotto
iShares S&P 500 ETF utilizza la tecnica “fisica”
per replicare la performance dell’S&P 500. Il
fondo detiene tutti i componenti dell’indice.
iShares può prestare titoli del portafoglio per
un importo fino al 95% del Nav (Net asset
value) per generare reddito aggiuntivo.
Blackrock, la controllante di iShares, gestisce
il processo di prestito dei titoli. Il fondo
condivide il 60% del reddito generato
mediante il prestito di titoli con i detentori del
fondo. Questa pratica introduce un rischio di
controparte visto che la parte a cui vengono
prestati i titoli può essere inadempiente. Per
minimizzare il rischio ai prestatori è richiesta
una garanzia collaterale che ammonta tra
102,5% e 112% del valore del prestito. Gli
sforzi intrapresi per ridurre il rischio includono
un controllo regolare della stabilità finanziaria
delle controparti, la segregazione del
collaterale in un conto vincolato di terze parti
e la rivalutazione giornaliera del valore del
collaterale in base ai dati di mercato. Il reddito
aggiuntivo generato mediante il prestito di
titoli può aiutare a ridurre la differenza tra
fondo e benchmark. L’Etf distribuisce dividendi
trimestralmente. Gli scostamenti dal
benchmark nel periodo che va da quando il
fondo riceve dividendi a quando li distribuisce
possono essere fonte di tracking error. La
differenza tra le ritenute fiscali addebitate
dagli Stati Uniti sui dividendi pagati agli
investitori esteri e le ritenute fiscali dell’indice
(che è un Net Total Return Index) è un’altra
fonte di potenziali problemi di replica. L’Etf è
domiciliato in Irlanda e scambia in dollari
americani, sterline britanniche ed euro.
Commissioni
Il fondo ha un Ter dello 0,40%, più alto di
quello della gran parte dei prodotti concorrenti.
Alternative
Da quando l’accordo di licenza esclusiva di
iShares con Standard & Poor per l’S&P 500
Index in Europa è scaduto, a metà del 2010,
tutti i maggiori emittenti hanno proposto un
Etf che replica l’indice. Gli investitori possono
scegliere tra replica swap based e fisica. Molti
concorrenti hanno Ter più bassi, ma l’Etf
iShares è il più liquido. Un fattore che gli
investitori devono considerare nella scelta tra
i diversi prodotti. K
Alan Rambaldini è analista europeo sugli Etf
di Morningstar
Morningstar.it 37
ETF Analysis
Lyxor Etf China Enterprise
Di Alan Rambaldini - Aggiornato al 31 marzo 2011
Espone alle azioni cinesi quotate ad Hong Kong.
Adotta il metodo di replica sintetico.
Profilo
Il Lyxor Hang Seng China Enterprise Index
(Hscei) Etf è un fondo-paese che è più adatto
per essere usato come strumento tattico. È
importante notare che la gamma dei fondi
relativi ai mercati emergenti tendono ad avere
una forte esposizione sulle azioni cinesi, per
cui gli investitori che già hanno in portafoglio
queste aree devono fare attenzione a non
avere troppa Cina in portafoglio.
Fondamentali
La Cina ha sorpassato il Giappone come
seconda economia del mondo in termini di
Prodotto interno lordo (Pil). Sulla base del Pil
pro-capite, però, la Cina è ancora in ritardo
rispetto ai Paesi sviluppati. La crescita è
avvenuta nell’arco di 30 anni, da quando lo
stato è passato a un’economia maggiormente
basata sul mercato. Il governo centrale è stato
responsabile nel coordinamento di gran
parte di questa crescita e continuerà a giocare
un ruolo chiave nella guida dell’economia.
Le esportazioni rappresentano una gran
porzione del Pil cinese – più del 20% secondo
i dati del National Bureau of Statistics. La
grande riserva di lavoro a basso costo è un
vantaggio per l’export.
Come altre grandi economie dell’Asia, in
particolare Giappone e Corea del Sud, la Cina
si è sviluppata soprattutto attraverso
38 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
l’industria manifatturiera a discapito di una
crescita più equilibrata. Per contro, i consumi
privati sono contenuti.
territorio cinese per investitori locali e ci può
essere un’ampia discrepanza di prezzo tra le
due classi azionarie.
Lo Stato è presente nell’azionariato di molte
società quotate, con il rischio di interferenze a
discapito della creazione di valore per tutti gli
azionisti. Per esempio, China Mobile che è per
il 70% di proprietà statale sta implementando
i servizi 3G (comunicazioni di terza generazione) utilizzando una tecnologia cinese (nota
come TD-SCMA), al posto di quelle più
avanzate, a disposizione dei concorrenti locali,
come China Unicom e China Telecom. A
preoccupare sono anche le similitudini con ciò
che ha causato la crisi finanziaria americana,
in particolare l’allentamento degli standard
creditizi e il rischio di una bolla immobiliare.
Ad oggi, l’indice include 42 azioni, ponderate
per il flottante di mercato così che l’indice
rifletta la disponibilità effettiva di azioni
dei costituenti. L’Hscei è un indice di prezzo,
denominato in dollari di Hong Kong. Le
società di servizi finanziari costituiscono più
della metà del paniere (57%) e le società
energe-tiche rappresentano il 22%. Ciò rende
l’indice meno diversificato rispetto al Ftse
China 25, nel quale le società finanziarie
coprono solo il 46%.
Struttura dell’indice
L’Hscei è un buon benchmark per gli investitori
internazionali in azioni cinesi. Poiché il
governo cinese limita la proprietà straniera di
azioni, l’indice include soltanto società cinesi
quotate sulla Borsa di Hong Kong. Le aziende
costituite in Cina quotate sullo Sehk sono note
come ‘Azioni H’, mentre quelle costituite fuori
dalla Cina, ma la cui prevalenza del business
avviene in Cina e hanno almeno il 30% delle
loro azioni detenute da soggetti situati sul
territorio cinese, sono conosciute come ‘Red
Chips’. Molte delle società H hanno anche una
classe di azioni separata disponibile su
Struttura del prodotto
L’Etf utilizza una replica swap-based per
riprodurre la performance dell’indice. Invece di
tenere i titoli effettivi del paniere di riferimento, come un Etf a replica fisica, il fondo ha
un basket sostitutivo composto da azioni
europee. La replica, infatti, è assicurata dallo
swap Otc (over-the-counter), stipulato da Lyxor,
che scambia la performance del paniere con il
rendimento del benchmark.
Nella maggior parte dei casi la controparte
dello swap è Société Générale, casa madre di
Lyxor. Nei casi in cui Lyxor impegna una terza
parte, Société Générale garantisce lo scambio,
fornendo un’ulteriore protezione agli investitori.
La normativa Ucits prevede che l’esposizione
individuale alla controparte sia limitata al 10%
del Nav (Net asset value), ma Lyxor tipicamente rivede lo swap quando l’esposizione
raggiunge un livello compreso tra il 5 e
il 7% del Nav del fondo o quando scatta il
meccanismo di creazione/riscatto quote.
Lyxor non effettua prestito titoli con i suoi Etf.
Il fondo distribuisce i dividendi annualmente.
E’ possibile che si verifichi il fenomeno del
cash drag, da quando Lyxor riceve i dividendi a
quando li distribuisce, con possibilità che il
tracking error aumenti. L’Etf è domiciliato
in Francia ed è quotato in euro su Deutsche
Borse, Euronext Paris, Bolsa de Madrid e
Borsa Italiana.
Commissioni
Il Lyxor Etf China Enterprise Hscei ha un
Ter (total expense ratio) di 0,65%. Ci sono
Etf azionari cinesi con Ter minori, tra cui
ComStage’s Hscei con un Ter di 0,55%.
Tuttavia, il costo totale della detenzione
dell’Etf di Lyxor potrà risultare minore
per gli investitori, considerata la maggiore
liquidità di questo strumento.
Alternative
Lyxor offre un Etf che replica l’Hscei sulla
Borsa di Londra che scambia in sterline.
Ha una media di volumi scambiati molto
Lyxor ETF China Enterprise
Lyxor ETF China Enterprise
K
11
10
9
8
7
03/2011
06/2011
09/2011
12/2011
Fonte:Morningstar Direct
più bassa rispetto al Lyxor Etf Hscei in
valuta europea. Come emittenti concorrenti,
ComStage è il solo a offrire un Etf Hscei. È
disponibile con un Ter di 0,55% sia su
Deutsche Borse sia su Six Swiss Exchange.
Per chi predilige la replica fisica, il prodotto di
iShares ha un Ter di 0,74%, mentre gli
investitori che cercano minori costi totali
possono optare per quello di db x-trackers che
ha un Ter dello 0,60%.
Altre opzioni per un’esposizione azionaria
sul mercato cinese sono gli Etf che replicano
l’indice Ftse China 25, emessi da iShares,
db x-trackers e EasyEtf. Pur avendo solo
25 azioni, il tetto massimo del 10% su ogni
singolo componente rende l’indice più
diversificato per settori e meno concentrato
nelle prime dieci società (circa il 63% del
valore dell’indice).
Infine, per coloro che preferiscono gli indici
Msci, Amundi propone due alternative, una in
euro e l’altra in dollari americani, entrambe
disponibili su Euronext Paris con un Ter
dell’0,55% annuo. Con 49 società (ad oggi),
l’Msci China ha un profilo molto simile al
Ftse China in termini di settori e di concentrazione nelle prime dieci società. K
Alan Rambaldini è analista europeo sugli Etf
di Morningstar
Glossario
Hscei: è l’acronimo di Hang Seng China enterprise index e comprende le azioni cinesi quotate sulla
Borsa di Hong Kong.
Azioni H: sono emesse da imprese registrate nella Repubblica popolare cinese che hanno ottenuto dagli
organi di controllo locali l’autorizzazione alla quotazione alla borsa di Hong Kong. Differiscono dalle azioni
A, che sono denominate nella valuta locale (il renminbi o yuan) e quotate sulle piazze borsistiche di Shanghai
e Shenzhen. Solo agli investitori indigeni e ai cosiddetti investitori istituzionali stranieri qualificati (Qfii)
ne è consentito l’acquisto. Un’altra tipologia è rappresentata dalle azioni B, anch’esse quotati a Shanghai e
Shenzhen ma denominate rispettivamente in dollari statunitensi (Shanghai) e dollari di Hong Kong (Shenzhen).
Possono essere acquistate dagli investitori privati esteri, ma siccome talvolta sono poco liquidi.
Red Chip: sono titoli di imprese a larga capitalizzazione, il cui azionariato è sotto influsso cinese per
almeno il 30% e il cui azionista principale deve essere di nazionalità cinese. Sono quotati a Hong Kong,
denominati nel rispettivo dollaro, e la loro compravendita è consentita in ogni momento anche agli
investitori stranieri.
Morningstar.it 39
Analisi Morningstar
Gli affari d’oro di New York a Pechino
Di Francesco Lavecchia
Morningstar ha selezionato le aziende Usa avvantaggiate dalla crescita cinese e
quelle asiatiche protette dalle barriere alla libera concorrenza.
Uno dei primi insegnamenti dei manuali
di tattica militare spiega come le battaglie
si possano vincere imponendo la propria forza
o, in alternativa, cercando di sfruttare le
caratteristiche dell’avversario. E gli Stati Uniti,
che di strategie militari se ne intendono,
sembrano voler far leva sulle recenti difficoltà
dell’economia cinese per riaffermare la
loro superiorità nello speciale duello per la
conquista del primato tra le economie
mondiali. I dati relativi ai tassi di crescita
della produzione industriale, dei consumi, ma
soprattutto quelli riguardanti le esportazioni
mostrano come Pechino stia rialzando il piede
dall’acceleratore.
nella ristorazione fast-food grazie alle catene
di ristoranti KFC, Pizza Hut e Taco Bell, è una
di queste. Il gruppo americano ricava già il
40% del suo reddito operativo dalle attività
nella Repubblica popolare e i nostri analisti
prevedono che la società possa ulteriormente
espandersi in questa regione raggiungendo
quota 25 mila ristoranti nei prossimi 10 anni.
Questo avrebbe un positivo impatto sia sulla
crescita del fatturato (+8% annuo per i
prossimi 10 anni) che sul margine operativo,
che salirebbe dal 15% al 19%, e motiverebbe
la valutazione del prezzo obiettivo del titolo
data dagli analisti di Morningstar pari a 63
dollari per azione.
Il progresso delle vendite all’estero è sceso
dal +25%, riportato a settembre, al +15% di
novembre, e questo ha prodotto una contrazione della bilancia commerciale (differenza
tra importazioni ed esportazioni) del 37% su
base annua. Washington, al contrario, esporta
una parte molto minore della sua ricchezza
prodotta, pari al 14%, e può contare sulla
solidità dei consumi interni, che rappresentano il 60% del Pil americano.
Discorso analogo per Nike, il primo produttore
mondiale di abbigliamento sportivo, per il
quale gli analisti prevedono che il fatturato
generato dalla regione cresca nei prossimi
anni ad un ritmo del 10% annuo, raggiungendo quota 2,6 miliardi di dollari nel 2013.
L’esplosione della classe media cinese sarà un
toccasana anche per l’industria automobilistica. Pechino rappresenta il primo mercato
mondiale di veicoli per passeggeri e piccoli
veicoli commerciali e le principali case
automobilistiche straniere hanno cannibalizzato l’offerta locale.
Gli Usa benedicono la mid-class cinese
Analizzando le possibili evoluzioni dei singoli
comparti economici si scopre come una fetta
importante dell’economia a stelle e strisce
farà affari d’oro grazie allo sviluppo sociale ed
economico di Pechino. Il boom economico ha
fatto nascere, ed è destinata a far prosperare
nel futuro, la “middle class”. Per questo
motivo le grandi multinazionali del consumo
stanno investendo per posizionarsi adeguatamente sul mercato cinese. Yum Brands, leader
40 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
Abitudini più occidentali
Chi ha già seminato e può raccogliere i frutti,
sono le società attive nel comparto del lusso
come Tiffany&Co e Coach. Nel 2011 il
consumo di beni di fascia alta in Cina ha
registrato un progresso superiore al 30% e
ora questo mercato rappresenta circa il 20%
del totale. Per avere un’idea dell’enorme
potenziale di crescita del comparto nella
Repubblica popolare basti pensare che i
maggiori consumatori di beni di lusso in Cina
sono nella fascia d’età tra i 20 e 30, quindi con
molti anni ancora davanti a loro, e, culturalmente molto ben disposti a spendere cifre
elevate per prodotti di qualità. Oltre
all’abbigliamento e a tutto ciò che è attinente
al lusso, i cinesi hanno iniziato a spendere
molto anche in alcolici e nel gioco d’azzardo.
La Kweichow Moutai, società leader nella
produzione di alcolici di fascia alta, ha visto
crescere considerevolmente negli ultimi
quattro anni sia il suo giro d’affari che gli utili
e gli analisti di Morningstar prevedono per lei
un incremento del fatturato del 45% per
l’anno in corso e del 25% nel 2012, mentre
l’utile per azione tra il 2013 e il 2015 promette
di crescere complessivamente del 20%.
L’americana Las Vegas Sands, invece, il più
grande gestore al mondo di strutture integrate
di resort e casinò, produce oltre il 60% del suo
fatturato in Cina.
Le ragioni dell’elevata valutazione degli
analisti Morningstar, pari a 74 dollari per
azione, risiedono nella scarsa concorrenza nel
mercato cinese del gioco, considerato il
numero ancora molto limitato di licenze
concesse dal Governo, e dalle sue enormi
potenzialità di espansione. La crescita del
benessere contribuirà a cambiare anche le
abitudini alimentari dei cinesi e questo,
indirettamente, avrà effetti positivi sul settore
chimico (e quindi su società come Monsanto).
I vincitori della sfida Usa-Cina
Le società che usciranno più forti dalla prossima congiuntura economica
USA Winners
Nome
Settore Market Cap (Mld)
Prezzo Obiettivo
Prezzo/Prezzo Obiettivo
Star Rating
Yum Brands
Consumer Cyclical
Industria
26.89
63
0.926825397
3
Las Vegas Sands
Consumer Cyclical
Traverl&Leisure
31.32
74
0.577702703
4
Nike
Consumer Cyclical
Manufacturing - Apparel & Furniture
43.97
90
1.053555556
3
Monsanto
Basic Materials
Agricuture
37.82
80
0.882875
4
General Motors
Consumer Cyclical
Auots
32.39
48
0.43125
5
Nome
Settore Industria
Market Cap (Mld)
Prezzo Obiettivo
Prezzo/Prezzo Obiettivo
Star Rating
YChina Shenhua Energy
Basic Materials
Coal
489.09
32
0.778125
4
Wuliangye Yibin
Consumer Defensive
Beverages-Alcoholic
129.06
38
0.898684211
4
59.62
4
0.655
5
269.07
66
0.515
5
28.48
-
-
-
Chinese Winners
Shanghai International Port Industrial Transportation&Logistic
Ping An Insurance
Financial Services
Insurance-life
XCMG Construction
Machinery
Industrial Farm & Construction Machinery
Fonte dati: Morningstar Select, dati al 23 Dicembre. Valori in valuta USD per le società americane e CNY per le società cinesi
La mano “visibile” di Pechino
Non sempre però le grandi multinazionali
straniere riescono a posizionarsi sul mercato
cinese e a sfruttare le sue enormi potenzialità
di crescita. Il governo cinese controlla direttamente una fetta importante dell’economia
del paese e non lascia libero spazio alla
concorrenza. E’ questo, ad esempio, il caso
del comparto assicurativo, ancora abbastanza
chiuso all’ingresso di player esteri che ora
rappresentano circa il 5% del mercato.
Il mercato assicurativo ha registrato tassi di
crescita importanti negli ultimi anni, solo tra il
2005 e il 2010 c’è stato un progresso del 24%,
ma il grado di adesione a sistemi assicurativi
è ancora basso. In un’ottica di medio-lungo
periodo, quindi, questo business promette
di garantire elevati rendimenti ed è per questo
che gli analisti di Morningstar individuano
nella Ping An Insurance una delle migliori
idee di investimento del settore. Essa, infatti,
è il più grande conglomerato finanziario
del paese e potrà far leva sulla sua grande
rete distributiva e sulle potenzialità generate
dal cross-selling per sfruttare al meglio la
crescente domanda di copertura assicurativa.
Il peso dello stato si sente forte anche nel
settore delle costruzioni. Questo comparto ha
vissuto recentemente un periodo di grande
euforia borsistica grazie al processo di
urbanizzazione di massa che ha vissuto il
paese, ma adesso le preoccupazioni di un
rallentamento dell’economia del Dragone
hanno allontanato gli investitori. Gli analisti di
Morningstar sono convinti che nel breve
periodo il business delle costruzioni possa
soffrire, ma in un orizzonte temporale più largo
è ragionevole aspettarsi che il Governo
riprenda a spendere. Ed è per queste ragioni
che Morningstar individua nella cinese XCMG
Construction Machinery una delle migliori
opportunità di investimento del settore. I suoi
prezzi molto competitivi e la rete distributiva
le hanno permesso di guadagnarsi una fetta
importante del mercato. Inoltre, essendo una
società a partecipazione statale non ha
difficoltà a finanziare i propri investimenti e
acquisizioni attraverso l’emissione di prestiti.
Il Governo di Pechino è molto attivo anche nel
comparto energetico e in particolare in quello
del carbone, che rappresenta la fonte
energetica principale del paese. Sotto il
controllo statale il comparto sta vivendo un
forte processo di consolidamento. Tra le
società del settore, gli analisti di Mornigstar
giudicano la China Shenhua come quella
meglio posizionata. A motivare la valutazione
è un portafoglio integrato che comprende
le miniere di carbone, gli impianti energetici
e una vasta rete di trasporti di proprietà.
Tra i settori che trarranno vantaggio dalla
mano non proprio invisibile dello stato c’è
quello dei trasporti, dove la preferenza va al
Shanghai International Port, il primo porto al
mondo per traffico di container, che beneficerà
degli investimenti promessi dal governo
per promuovere il commercio sul fiume Yangzi.
Inoltre, la collocazione in Shanghai lo
distingue dai concorrenti. K
Francesco Lavecchia è stock analyst di Morningstar
Morningstar.it 41
Gli Strumenti Morningstar
Cina e Usa sono big anche nei fondi
Di Alice Bravi
Gli azionari specializzati nei due paesi sono tra i maggiori per
dimensione. Prediligono le large cap e le aziende con forte vantaggio
competitivo. Ma differiscono nei settori e nel grado di rischio.
In un periodo storico in cui l’equilibro
finanziario internazionale si trova più che mai
sotto la lente di analisti ed esperti,
l’attenzione verso i principali protagonisti
dell’economia mondiale diventa sempre
più accesa. Analogamente, anche l’investitore
si rivela più attento a comprendere le
implicazioni di una scelta di investimento
orientata verso un determinato mercato o
una particolare area di interesse, specialmente se questa è rivolta verso gli attori più
importanti, quelli le cui scelte di politica
economica e commerciale sono in grado di
influenzare le dinamiche globali.
Non è dunque un caso che l’attenzione si
rivolga al mercato americano e a quello
cinese: se da un lato l’economia mondiale ha
riportato nel corso degli ultimi decenni una
correlazione molto forte con quella americana,
più recentemente la Cina ha rappresentato
un’alternativa interessante per gli elevati tassi
di crescita riportati fino ad oggi.
Occhio alla diversificazione
La scelta di orientarsi verso una particolare
economia porta con sé delle implicazioni in
termini di asset allocation di portafoglio:
aggiungere al proprio ventaglio di opportunità
di investimento uno strumento specializzato in
un determinato paese può apportare benefici
di diversificazione sotto alcuni aspetti, ma
anche di concentrazione del rischio sotto altri.
42 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
Fig. 1 Dimensione dei fondi investiti in Cina e Stati Uniti in rapporto a
quella totale dei fondi azionari vendibili in Italia espressa in termini
di TNA (total net asset)
USA
Cina
14
12
10
8
6
4
2
jan ‘01
nov ‘01
sep ‘02
jul ‘03
may ‘04
mar ‘05
jan ‘06
Una scelta accurata dell’investimento e del
paese su cui puntare passa attraverso un
esame dei fattori che caratterizzano non solo
l’economia interessata, ma anche gli
strumenti di investimento ai quali è collegata.
In questo senso l’esame dei fondi che hanno
il focus sugli Stati Uniti e la Cina lascia
trasparire alcune affinità tra questi due tipi di
strumenti, ma anche molte differenze in
termini di stile, capitalizzazione delle società
ed esposizione settoriale.
Grandi patrimoni
L’investitore italiano che desidera investire
nov ‘06
sep ‘07
jul ‘08
may ‘09
mar ‘10
jan ‘11
negli Stati Uniti e in Cina può contare sul fatto
che sono tra i fondi azionari specializzati su
singoli paesi con le maggiori masse gestite. In
particolare quelli americani sono primi, mentre
i cinesi ricoprono la terza posizione, dopo
il Giappone. I primi fondi sulla Cina disponibili
per l’investitore italiano sono approdati
nel 2005, per poi riscontrare un crescente
successo negli anni successivi (Figura 1).
Lo scoppio della recente crisi finanziaria
sembra aver raffreddato gli entusiasmi
per l’investimento sui mercati in generale e
il posizionamento dimensionale sia dei
Fig. 2 Presenza nel portafoglio di fondi investiti in Stati Uniti e Cina di
titoli di società a grande, media e piccola capitalizzazione
USA
Cina
Large Cap 55%
Large Cap 85%
Fig. 3 Presenza nei fondi Usa
e Cina di titoli con differente
orientamento alla crescita
%
Mid Cap 18%
Mid Cap 12%
Small Cap 27%
Small Cap 3%
100
USA
Cina
Large Value
Large Growth
80
Large Core
60
40
20
Fig. 4 Vantaggio competitivo
delle società presenti nei fondi
che investono in Usa e Cina
Fig. 5 Esposizione settoriale
per macrosettori (%)
%
Economic Moat
USA (%)
Minimo
Cina (%)
50
Moderato
320
Buono
59100
Ampio
Totale
100
USA
Cina
Ciclici
Difensivi
80
Sensibili
60
30
100100
40
20
fondi cinesi che di quelli americani ne ha
lievemente risentito.
Quando lo stile fa la differenza
Anche se i gestori hanno cominciato a concentrarsi sulla Cina solo in questi ultimi anni,
il focus sulla tipologia di investimento è ben
definita: puntare su società a larga capitalizzazione e con un ampio vantaggio competitivo
rispetto alla concorrenza. Le large cap cinesi
sono infatti presenti nel portafoglio dei fondi
per ben l’85%, contro il 55% dei fondi americani (Figura 2). La differenza in termini di stile
di gestione lascia trasparire nei fondi cinesi
una leggera inclinazione alle società value
(che rappresentano circa il 40%).
La scelta di privilegiare realtà consolidate per
l’investimento in Cina appare esattamente
speculare a quella espressa dal gestore che
investe negli Stati Uniti, più attratto da società
che esprimono maggiore orientamento alla
crescita. Se a questo dato si aggiunge l’esame
dell’Economic moat delle società interessate,
ovvero il vantaggio competitivo, emerge come
gli asset manager che investono sul mercato cinese siano concentrati unicamente su
società in grado di mantenersi ad una buona
distanza dai concorrenti.
E’ analoga la tendenza dei fund manager
a Wall Street: prevalgono le società
altamente competitive, ma il portafoglio è
distribuito anche su altri livelli concorrenziali,
spesso inferiori.
Stati Uniti e Cina diversi anche per
esposizione settoriale
Se i fondi che investono negli Stati Uniti e in
Cina restano comunque orientati principalmente verso società a larga capitalizzazione,
l’esposizione settoriale evidenzia differenze
marcate. Puntare su una determinata economia implica scelte di esposizione che sappiano
valorizzare il portafoglio cogliendo i punti
di forza di quel particolare mercato. Ne è un
esempio la differenza tra le scelte di
investimento effettuate dai gestori di fondi
che investono in queste due nazioni (Figura 5).
Da un’analisi dei macrosettori dell’economia
emerge come i fondi yankee tendano a privilegiare i settori definiti ”Sensibili” (energia,
tecnologia, beni industriali, comunicazione)
rispetto a quanto preferito dai fondi cinesi,
ovvero settori maggiormente legati al ciclo
dell’economia, spesso supportati dagli elevati
tassi di crescita della Cina.
Nel dettaglio, in America la tecnologia pesa
per circa il 19% e i beni industriali per il 13%.
In Cina, il comparto più rappresentato è quello
finanziario che da solo copre il 28% del
portafoglio dei fondi. Seguono poi i settori
legati all’energia (12%) alle materie prime
Morningstar.it 43
Gli Strumenti Morningstar
(10%), ai beni di consumo ciclici (10%) e ai
servizi di comunicazione (10%).
Fig. 6 Esposizione settoriale (%)
Sensibili
Un occhio ai risultati
Differenti strategie di asset allocation, sia
in termini di stile sia di esposizione settoriale, hanno consentito ad entrambe queste
categorie di fondi di conseguire performance
positive nel corso degli ultimi 3 anni. I recenti
sviluppi legati alla crisi economica nel 2010
hanno generalmente pesato sulle performance
dei fondi, compresi quelli che investono in
America e in Cina (Figura 7).
Energia
Tecnologia
Beni industriali
Servizi alla comunicazione
Totale Sensibili
Difensivi
Utilità
Salute
Beni di consumo difensivi
Totale Difensivi
Ciclici
Immobiliare
Finanza
Beni di consumo ciclici
Materie Prime
Totale Ciclici
Cina
USA
0
10
20
30
40
50
Fig. 7 Rendimento a 3 anni (in euro, base 100)
Alice Bravi è research analyst di Morningstar Italy
EU OE US Large-Cap Value Equity
EU OE China Equity
EU OE US Small-Cap Equity
EU OE US Large-Cap Growth Equity
EU OE US Mid-Cap Equity
EU OE US Large-Cap Blend Equity
179
159
139
120
100
mar ’09
sep ‘09
mar ‘10
Grafici e tabelle sono realizzati con Morningstar Direct.
44 Morningstar Investor Gennaio / Febbraio 2012
sep ‘10
Il rendimento di questi ultimi, riflesso di un
mercato particolarmente legato alle esportazioni e all’andamento dell’economia americana
ed europea, ha subito nel corso dell’ultimo
anno una particolare contrazione, ritornando
sui valori dell’estate 2009. Questo ha reso
i fondi che investono in Cina mediamente più
volatili rispetto ai fondi concentrati sul mercato americano (unica eccezione rappresentata
dalle Small Cap statunitensi). K
mar ‘11
sep ‘11
Glossario
TNA (Total Net Asset): esprime la dimensione
del fondo in termini di massa gestita
Large / Mid / Small – Cap: Società a grande /
media / piccola capitalizzazione
Value / Growth: Azioni sottovalutate dal
mercato / Azioni con alto potenziale di crescita
Economic Moat: indicatore che misura il
vantaggio competitivo delle società, basandosi
non solo sulle performance storiche della società,
ma anche sul verificarsi di alcuni presupposti
che permettono alla società di mantenere più a
lungo il distacco dalla concorrenza (ampia quota
di mercato, bassi costi di produzione, presenza
di brevetti e licenze, presenza di una filosofia
aziendale, alti costi di switch a carico del cliente
nel passaggio ad un competitor, effetto network).
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