il castagno - Dott. For. MICHELE FEDELI

IL CASTAGNO
Appartiene alla Famiglia delle Fagaceae: il genere Castanea comprende:
- Castanea sativa Mill., o castagno europeo, diffuso in Europa;
- Castanea crenata Sieb. e Zucc., o castagno giapponese, diffuso in Asia e
resistente al mal dell'inchiostro e al cancro della corteccia;
- Castanea pumila Mill, o castagno americano, diffuso nell'America del Nord.
Il castagno europeo (Castanea sativa, Miller), in Italia più comunemente chiamato
castagno, è un albero a foglie caduche appartenente alla famiglia delle Fagaceae.
La specie è l'unica autoctona del genere Castanea presente in Europa, ma negli
ultimi decenni è stato sovente introdotto, per motivi fitopatologici, il castagno
giapponese (Castanea crenata). Le popolazioni presenti in Europa sono perciò
principalmente riconducibili a semenzali di castagno europeo o a castagni europei
innestati sul giapponese o a ibridi delle due specie.
l castagno è una pianta a portamento arboreo, con chioma espansa e
rotondeggiante e altezza variabile, secondo le condizioni, dai 10 ai 30 metri.
In condizioni normali sviluppa un grosso fusto colonnare, con corteccia liscia, lucida,
di colore grigio-brunastro. La corteccia dei rami e dei giovani fusti è di colore
grigiastro ed è cosparsa di lenticelle trasverse. Con il passare degli anni, la corteccia
si screpola longitudinalmente.
Le foglie sono alterne, provviste di un breve picciolo e, alla base di questo, di due
stipole oblunghe. La lamina è grande, lunga anche fino a 20-22 cm e larga fino a
10 cm, di forma lanceolata, acuminata all'apice e seghettata nel margine, con denti
acuti e regolarmente dislocati. Le foglie giovani sono tomentose, ma a sviluppo
completo sono glabre, lucide e di consistenza coriacea.
Il castagno è una pianta monoica (entrambi i sessi sono presenti sulla stessa
pianta) in cui i fiori maschile sono riuniti in amenti (5-15 cm) che si formano
all'ascella delle prime foglie dei germogli d'annata, mentre le infiorescenze
femminili, si trovano alla base degli amenti androgini o all' ascella delle foglie
superiori.
I fiori femminili sono riuniti in un involucro (cupola) da cui fuoriescono gli stili (in
media 7). Ciascuna cupola contiene generalmente 3 fiori; la cupola, si evolverà a
riccio, mentre i fiori se correttamente impollinati, allegheranno a formare da 1 a 3
castagne.
Il castagno è da considerarsi
specie
sostanzialmente
anemofila
anche
se
la
produzione di polline per
antera è piuttosto scarsa ed i
granuli pollinici hanno una
certa viscosità che li fa riunire
in grumi.
Molto
limitata
è
l'impollinazione
entomofila
anche se l'elevata produzione
di nettare e l' intenso odore
aminoide li attrae fortemente,
gli insetti vanno solamente
sugli
amenti
maschili,
venendo
a
contatto
casualmente
con
quelli
femminili.
Il frutto è un achenio, comunemente chiamato castagna, con pericarpo di
consistenza cuoiosa e di colore marrone, glabro e lucido all'esterno, tomentoso
all'interno. La forma è più o meno globosa, con un lato appiattito, detto pancia, e
uno convesso, detto dorso. Il polo apicale termina in un piccolo prolungamento
frangiato, detto torcia, mentre il polo prossimale, detto ilo, si presenta
leggermente appiattito e di colore grigiastro. Sul dorso sono presenti striature più o
meno marcate, in particolare nelle varietà del gruppo dei marroni. Questi elementi
morfologici sono importanti ai fini del riconoscimento varietale.
Gli acheni sono racchiusi, in numero di 1-3,
all'interno di un involucro spinoso,
comunemente chiamato riccio, derivato
dall'accrescimento della cupola. A maturità,
il riccio si apre dividendosi in quattro valve.
1. Torcia - 2. Leggera pelosità - 3. Striature marcate tipiche - 4. Cicatrice ilare o ilo - 5.
Massa cotiledonare commestibile - 6. Pericarpo o buccia esterna - 7. Piccola cavità interna
a volte presente - 8. Penetrazione della pellicola interna nel seme - 9. Episperma o
pellicola interna.
ESIGENZE CLIMATICHE
Il castagno è una specie mesofila.
Si colloca nella fascia climatica del CASTANETUM (200-700 m.slm) a cui da il
nome, sopporta abbastanza bene i freddi invernali, subendo danni solo a
temperature inferiori a -25 °C.
E' molto esigente di umidità edafica durante la stagione vegetativa.
Ha una ripresa vegetativa tardiva, con schiusura delle gemme in tarda primavera e
fioritura all'inizio dell'estate. Al fine di completare il ciclo di fruttificazione, la buona
stagione deve durare quasi 4 mesi. In generale tali condizioni si verificano nel piano
submontano delle regioni mediterranee o in bassa collina più a nord. In condizioni di
umidità favorevoli può essere coltivato anche nelle stazioni fresche del Lauretum,
spingendosi perciò a quote più basse. Condizioni di moderata siccità estiva
determinano un rallentamento dell'attività vegetativa nel mezzo della stagione e una
fruttificazione irregolare.
Le nebbie persistenti e la piovosità eccessiva nei mesi di giugno e luglio ostacolano
l'impollinazione incidendo negativamente sulla fruttificazione.
E' una specie eliofila che riesce a tollerare l'ombreggiamento nelle prime fasi di vita.
ESIGENZE PEDOLOGICHE
Il castagno presenta notevoli esigenze pedologiche, perciò la sua distribuzione è
strettamente correlata alla geologia del territorio. Sotto l'aspetto chimico e
nutritivo, la specie predilige i terreni ben dotati di potassio e fosforo e di humus.
Le condizioni ottimali si verificano nei terreni moderatamente acidi; si adatta
anche ad un'acidità più spinta, mentre rifugge in genere dai suoli basici.
Sotto l'aspetto granulometrico predilige i suoli sciolti o tendenzialmente sciolti,
mentre non sono tollerati i suoli argillosi o, comunque, facilmente soggetti ai
ristagni. In generale sono preferiti i suoli derivati da rocce vulcaniche (tufi), ma
vegeta bene anche nei suoli prettamente silicei derivati da graniti e arenarie,
purché sufficientemente dotati di humus.
Nella nostra zona secondo la classificazione “i tipi forestali della Toscana” la
maggior parte dei castagneti è ascrivibile alla classe dei “Castagneto mesofilo
su arenaria” associato nello strato dominante a frassino e carpino ed occupa
maggiormente le pendici con esposizione nord.
VARIETÀ
Vengono considerati 4 gruppi varietali ben distinti: Marroni, Castagne, Ibridi
Eurogiapponesi, Giapponesi.
Marroni (Castanea sativa var. domestica macrocarpa)
“hanno ricci che contengono da 1 a 2 frutti grossi e ovali; possiedono inoltre un
pericarpo generalmente più pallido e solcato da striature longitudinali alquanto rilevate
e più scure” Fenaroli 1945
Sono così considerati i frutti di castagno che presentano, nell’interno della buccia, i
frutti interi, non settati, con la pellicola (episperma) che non penetra nella polpa e che
si stacca con facilità nelle operazioni di pelatura.
Sono destinati alla trasformazione industriale e al consumo fresco.
I marroni sono particolarmente ricercati sul mercato e spuntano prezzi elevati; la
pezzatura dei frutti delle diverse varietà si può considerare medio-grossa (da 55 a 70
frutti per Kg); tutte le varietà derivano dal castagno europeo (Castanea sativa). Le
piante sono di buon vigore con portamento assurgente. L’entrata in produzione
avviene dopo il 5°-6° anno dall’impianto o dall’innesto.
La quasi totalità delle varietà di Marrone sono astaminee, cioè prive dei fiori maschili e
necessitano quindi della presenza di impollinatori.
Quelle più diffuse sono: Marrone Fiorentino, Marrone di Viterbo, Marrone di Marradi,
Marrone Comballe (Francia).
Castagne:(Castanea sativa var. domestica eudomestica) hanno queste
caratteristiche: "i ricci contengono da 2 a 4 frutti, il pericarpo è di colore bruno-scuro
alquanto tomentoso il tegumento è spesso penetrante nelle anfrattuosità del seme
che è sovente costituito da 2 a 3 cotiledoni" ( Fenaroli '45)
Questo gruppo comprende numerosissime varietà diffuse nelle diverse zone
castanicole italiane e derivano tutte dal castagno europeo. I frutti definiti
commercialmente con il nome di "castagna" sono di pezzatura diversa (da 45 a 110
frutti in 1 Kg) e sono caratterizzati da una pellicola interna che penetra in profondità
nell’interno della polpa, in qualche caso fino a dividerla (frutti settati); i frutti hanno
una duplice destinazione: consumo fresco e trasformazione in castagne bianche
secche . Spuntano sui mercati all’origine dei prezzi sensibilmente inferiori rispetto ai
marroni ed agli ibridi. Pur presentando nella stessa pianta i fiori maschili e femminili
tutte le varietà necessitano di impollinazione incrociata.
Le varietà di "castagna" più diffuse sono le seguenti: Carpinese, Bracalla (a frutto di
grosse dimensioni), , Pistoiese, Reggiolana.
Eurogiapponesi: sono derivati da incrocio naturale o guidato tra il castagno
europeo (Castanea sativa) ed il castagno giapponese (Castanea crenata); sono
stati introdotti in Italia verso la metà degli anni ‘70.
Le principali caratteristiche sono una spiccata resistenza di alcune varietà al
"cancro della corteccia", una minore sensibilità nei confronti del "mal
dell’inchiostro", lo sviluppo contenuto che consente di realizzare impianti con sesti
più ridotti, spiccata precocità nell’entrata in produzione, elevata pezzatura dei frutti
che presentano, per la quasi totalità delle varietà, le caratteristiche del marrone,
precocità nella maturazione e raccolta dei frutti che inizia a settembre, cioè prima
dei marroni e delle castagne, si impollinano reciprocamente fra di loro.
Giapponesi: le piu' importanti varietà di Castanea crenata sono: Tanzawa e
Ginyose.
Sono caratterizzate da piante di sviluppo ridotto, necessitano di una razionale
irrigazione e di una potatura annuale che consenta un continuo rinnovo della
chioma al fine di evitare alternanza di produzione. Le due varietà si impollinano
reciprocamente. Entrano in produzione al terzo anno dall’impianto e la raccolta
inizia a partire da fine di agosto-primi di settembre. Pezzatura media: 60-65 frutti
per Kg.
TIPI DI GOVERNO
Il ceduo è attualmente la forma più comune di governo dei castagneti. Dato lo
scopo principale che aveva il ceduo di castagno, destinato alla produzione di
assortimenti da trasformare in pali per l'elettrificazione e per usi agricoli, è indicato
spesso con il termine di palina di castagno.
Il ceduo semplice si governa tagliando a raso al termine del turno tutte le ceppaie.
Questa pratica è consentita negli impianti artificiali, mentre nei boschi i regolamenti
ammettono la matricinatura. Nel ceduo matricinato si lasciano, ad ogni taglio, un
certo numero di piante, dette matricine, il cui compito è quello di consentire la
rinnovazione. Poiché il castagno ha una buona capacità di rinnovazione l'intensità
della matricinatura è inferiore a quella ordinaria.
Il turno del ceduo è più basso di quello adottato per le specie quercine (18 anni) la
legge forestale della toscana stabilisce in 8 anni il turno minimo, questo per
ricavare assortimenti piccoli da destinare a paleria.
La fustaia differisce dal ceduo per avere una minore densità di piante e un solo
fusto per ogni ceppaia. Si ottiene per evoluzione dai cedui, prolungandone il turno
e selezionando i fusti che presentano i requisiti. Rappresenta la forma tradizionale
di governo dei castagneti da frutto, soprattutto nelle regioni settentrionali, mentre in
molte zone dell'Italia meridionale ci si orientava verso il ceduo da frutto.
IL CASTAGNETO DA FRUTTO
Il Reg. Forestale n.48/R 2003 recita:
1. Costituisce castagneto da frutto qualsiasi area, di estensione non inferiore a
2.000 metri quadrati e di larghezza maggiore di 20 metri, che abbia una densità
non inferiore a quaranta piante di castagno da frutto per ettaro.
2. Non sono soggette alle norme dei castagneti da frutto ma alla disciplina dei
boschi, le formazioni pure o miste di castagno, pur derivanti dall'abbandono
colturale di castagneti da frutto, che siano state già oggetto di taglio boschivo per
la produzione legnosa o dove la vegetazione arborea forestale abbia una densità
superiore a cinquecento fusti o polloni ad ettaro.
3. La formazione di castagneti da frutto da boschi puri o misti di castagno
attualmente destinati alla produzione legnosa e dalle formazioni di cui al comma 2
è soggetta ad autorizzazione.
4. Nei castagneti da frutto è liberamente esercitabile:
a) la capitozzatura delle piante vecchie ed adulte per rinvigorirne la chioma e delle
piante giovani, per prepararle all'innesto;
b) l'esecuzione d'innesti;
c) la potatura di produzione e di ringiovanimento;
d) il taglio dei polloni di castagno e delle piante di castagno non da frutto;
e) la formazione e il ripristino di ripiani sostenuti da muri a secco e da ciglioni
inerbiti;
f) il taglio della vegetazione arbustiva invadente, nonché la ripulitura totale della
superficie da foglie, ricci, rami e altri materiali, allo scopo di facilitare la raccolta
delle castagne.
5. Nei castagneti da frutto sono soggetti a dichiarazione:
a) la sostituzione di piante di castagno da frutto morte o non più produttive;
b) il taglio delle piante arboree di altre specie, sparse o presenti in piccoli gruppi,
qualora la loro eliminazione non comprometta l'assetto idrogeologico e, ove
necessario, si provveda alla messa a dimora di piante di castagno in sostituzione;
c) l'estirpazione delle ceppaie delle piante da sostituire, nei casi di cui alle lettere a)
e b), purché le buche siano subito colmate e si provveda alla sollecita messa a
dimora delle piante in sostituzione.
6. Il taglio dei castagni da frutto non finalizzato alla sostituzione delle piante morte
o non più produttive e la riconversione alla produzione legnosa dei castagneti da
frutto sono soggetti ad autorizzazione.
MALATTIE
CANCRO CORTICALE (Endothia parasitica)
Ha provocato la scomparsa del castagno negli Stati Uniti, paese nel quale
(esattamente nel parco dei New York) è stato scoperto nel 1904 introdotto
dall’Oriente. In Italia è stato segnalato per la prima volta nel 1938 in Liguria, dove è
giunto insieme a materiale sbarcato nei porti. Ormai è diffuso in tutto il territorio
nazionale.
SINTOMI
Questo fungo colpisce quasi tutti gli organi epigei della pianta: tronco, branche (di
tutti gli ordini) e rami.
I sintomi più caratteristici si hanno sugli organi legnosi e le manifestazioni
differiscono secondo lo stadio di sviluppo dell'organo colpito. Sui polloni e sui
giovani rami si formano macchie irregolari rosso-mattone ai cui margini i tessuti
tendono a sollevarsi; al di sotto di questi ultimi si trova una massa feltrosa color
crema. Sui rami adulti, non completamente lignificati, si hanno macchie rossomattone allungate longitudinalmente e leggermente depresse, che tendono ad
avvolgere il ramo. Su questi rami si originano ipertrofie con crepacciature
longitudinali. Nei rami adulti lignificati e sul tronco si hanno i sintomi del cancro
propriamente detto: i tessuti corticali, rigonfi, appaiono profondamente percorsi da
fessurazioni e da screpolature dai margini slabbrati e sfilacciati che si distaccano
con facilità mettendo allo scoperto una massa feltrosa color crema.
Le parti della pianta attaccate vanno incontro a necrosi che provocano la morte
delle parti superiori dell’organo.
Nei periodi caldi e umidi (primavera, autunno) si possono trovare facilmente nelle
screpolature e sulla corteccia le fruttificazioni del fungo in forma di pustole rossoaranciate: si tratta degli organi di riproduzione agamica (picnidi) e sessuale
(periteci). Dai primi fuoriescono i conidi che, inglobati da una sostanza vischiosa,
vengono trasportati dall'acqua piovana, dai secondi fuoriescono le ascospore che
possono essere trasportate dal vento anche fino a 40 chilometri di distanza. La
diffusione avviene anche per azione dell’uomo (trasporto di materiale vegetale).
Le penetrazione nei tessuti avviene attraverso ferite o lesioni della corteccia.
LOTTA
Questa può essere attuata in diversi modi e con vari mezzi.
Ceduazione del castagneto da frutto per sfruttare la maggior resistenza dei
polloni. Bisogna tenere presente che è necessario abbreviare al massimo i turni di
taglio, per accelerare l’insorgere delle caratteristiche di resistenza; il taglio delle
piante adulte deve essere fatto rasoterra, poiché le porzioni sporgenti dal terreno
costituiscono un focolaio di infezione; si deve provvedere all’immediato esbosco
del materiale originato dai tagli. Di particolare importanza risulta il taglio e la
distibuzione delle piante o delle parti di esse colpite dal cancro, poiché ciascuna di
esse costituisce una fonte di infezione.
Cartoccio. Nel caso di innesti che richiedono vaste superfici di taglio(a corona e
a spacco) è opportuno ricoprire queste, una volta che il mastice di innesto si sia
asciugato, con un impacco di torba acida.
Protezione delle superfici di taglio (ad eccezione di quelle di innesto), con una
miscela anticrittogamica preparata con olio di lino cotto ed ossicloruro di rame
(200g di polvere per un litro di olio); questa miscela viene applicata con un
pennello.
Impacco curativo della zona colpita. L’impacco deve essere eseguito in primavera
su manifestazioni cancerose la cui superficie interessa meno dei 3/4 della
circonferenza dell’organo colpito. Sulla
superficie attaccata si applica un
impacco preparato con terreno prelevato
alla base di castagni colpiti dal cancro in
passato, con cancri cicatrizzati ed in
ottime condizioni vegetative. Si dovrà
utilizzare lo strato più superficiale del
terreno, dopo aver tolto la lettiera
indecomposta. Il tutto deve essere
coperto con un foglio di polietilene al fine
di impedire che l’impacco si asciughi.
L’impacco deve essere rimosso in
autunno.
Impiego di ceppi “ipovirulenti”, cioè di ceppi di Endothia dotati di minore
aggressività nei confronti del castagno.
Questi ceppi, quando vengono a contatto con quelli virulenti, riescono ad attenuarne
la patogenicità; in questo modo le infezioni sono più blande e la pianta è in
condizione di reagire e di isolare il fungo con un tessuto cicatriziale. Questa pratica,
attualmente ancora in fase di sperimentazione, deve essere attuata esclusivamente
da operatori esperti.
Le tipologie di cancro
diagnosticate:
cancro normale o mortale (A);
c. anormale o cicatrizzante (B)
conseguente a infezioni
ipovirulenti, che in seguito alla
reazione da parte della pianta
evolve in c. cicatrizzato (C);
c. intermedio (D) che provoca
emissione di rami epicormici
alla base dell’infezione come il
cancro mortale, ma, come il
cicatrizzante, non uccide il fusto
o ramo attaccato.
Cancro normale
Cancro anormale - ipovirulento
Tipico segno di cancro intermedio
Innesto minacciato da cancro
Danni vecchi e recenti causati da cancro corticale
La carta rappresenta l’incidenza
del cancro cicatrizzante nei
boschi a prevalenza di
castagno, evidenziando così le
aree in cui è maggiore la
diffusione attiva
dell’ipovirulenza in Toscana.
L’ incidenza (stimata come % di
piante infette) è maggiore nelle
aree di colore verde intenso, e
diminuisce quanto più il colore
vira verso il giallo, fino al rosso.
MAL DELL’INCHIOSTRO (Phytophthora cambivora)
Questa malattia è così chiamata per il colore nerastro delle radici colpite e per le
macchie nerastre alla base della pianta.
SINTOMI
I principali sintomi sono: rallentamento generale della vegetazione, ingiallimento
delle foglie, disseccamento della cima della pianta e diminuzione della fioritura. In
luglio le foglie diventano pendule, contemporaneamente i ricci terminano di
accrescersi; si ha una minore allegagione; i ricci in autunno rimangono,
rinsecchiti, attaccati ai rami. La defogliazione è, solitamente, anticipata. I sintomi
si estendono, in 3-4 anni, a tutto l'albero che alla fine deperisce e dissecca.
Il fungo penetra nella pianta attraverso i tagli e le soluzioni di continuità e si
insedia prevalentemente nella parte basale dell’albero (colletto); in seguito,
sempre sottocorticalmente, si dirige verso le radici e verso il tronco formando una
macchia a forma di fiamma di colore rossastro; i tessuti sottostanti, cambio e
legno esterno, sono di colore bruno-nerastro ed emanano odore di tannino; le
radici diventano nere, si sbriciolano e marciscono.
LOTTA
Per quanto riguarda la lotta, occorre adottare accorgimenti quali: evitare il
ristagno idrico, eliminare le piante che presentano i primi sintomi della malattia
con taglio raso, ed eliminare le ceppaie.
Se quest’ultima operazione non è possibile, si eseguono periodicamente irrorazioni
con poltiglia bordolese .
Se l’infestazione è appena agli inizi, si possono mettere a nudo prima dell’inverno, il
colletto e le radici più grosse; le parti scoperte, la zona circostante e le piante vicine
devono essere irrorate con poltiglia bordolese al 5%.
TORTRICI DEL CASTAGNO (Cydia splendana e C. fagiglandana)
E' una farfallina di 15-20 millimetri, di color grigio scuro che ha il suo periodo di
sfarfallamento tra la fine di agosto e la fine di settembre.
Dopo alcuni giorni dall' accoppiamento, ciascuna femmina depone un centinaio di
uova lenticolari sulla nervatura delle foglie o alla base dei ricci; le larvette nate,
penetrano rapidamente nei ricci scavando una galleria, successivamente entrano
nella castagna e completano il loro sviluppo all'interno del seme.
Lo sviluppo larvale dura 30-40
giorni ed i frutti infestati,
cadono prima degli altri. Infine
la larva matura, pratica un
foro d' uscita e fuoriesce
cercandosi un riparo nel
terreno o nelle crepe della
corteccia.
Lotta: il metodo migliore
consiste nella raccolta e
distruzione dei frutti infestati e
caduti a terra precocemente.
Le castagne colpite, possono essere disinfestate con l'immersione in acqua calda
(45° C) per 50 minuti o in acqua fredda per 24 ore (i frutti con la presenza di larve
vengono a galla).
BALANINO (Curculio elephas)
L'adulto ha una lunghezza di 6-10 millimetri ed è dotato di un caratteristico rostro
arcuato di lunghezza pari a quella del corpo; è di colore giallastro-grigio e compare
nei mesi di agosto-settembre .
Dopo l'accoppiamento, le femmine forano il riccio fino al seme con il rostro e vi
depongono le uova (circa 20) suddivise in numero di 1-3 per ogni frutto.
Le larve bianche, carnose ed incurvate a forma di C si sviluppano a spese del seme
(in 30-45 giorni), dopodichè fuoriescono e svernano nel terreno a 15-30 centimetri di
profondità.
“VESPA CINESE”
(Dryocosmus kuriphilus)
Nella primavera del 2002, in provincia di Cuneo, le prime
segnalazioni della presenza di questo dannosissimo insetto,
originario della Cina. In pochi anni si è diffuso anche nelle regioni
centrali dell’Appennino. Attacca sia ibridi euro-giapponesi, sia
castagni europei, selvatici o innestati.
SINTOMI
Gli attacchi di cinipide, sono facilmente individuabili per la presenza su foglie e
germogli di caratteristiche “galle”. Le galle sono ingrossamenti tondeggianti con
diametro variabile da 0,5 a 2 centimetri, inizialmente di colore verde-chiaro e
successivamente rossastro. Le formazioni possono coinvolgere i germogli laterali o
apicali dei rami. Il danno si traduce in una drastica riduzione della fruttificazione.
LOTTA
La prima difesa è la prevenzione, infatti, le possibilità di lotta sono assai limitate e
basate sulle seguenti tecniche:
- Potatura precoce, nel periodo maggio-giugno, prima dello sfarfallamento
delle femmine. I germogli e tutte le parti tagliate devono essere distrutte.
- Lotta chimica, scarsamente efficace ed inaccettabile dal punto di vista
ambientale.
CONCIMAZIONI
L’analisi chimica e fisico-chimica del terreno interessato dalla coltura è la base
indispensabile per ogni programma di fertilizzazione sia organica che minerale, nella
fase di allevamento della coltura come nella fase di produzione. Poiché in materia
non esistono esperienze consolidate tali da poter fornire indicazioni attendibili sulla
validità economica e sull’impatto ambientale di tale intervento, si sconsiglia la
concimazione chimica dei castagneti da frutto, tranne nel caso in cui le analisi
evidenzino stati di carenza.
Solo nel caso di un nuovo impianto.........se il contenuto di sostanza organica non
arriva al 2%, occorre apportare 300-500 q.li/ha di letame da interrare almeno a 1015 cm. E' necessario inoltre distribuire 80-100 kg/ha di P2O5 e 200-250 kg/ha di
K2O.
Per quanto riguarda l'azoto deve essere distribuito in modo frazionato nella misura
di 80-100 kg/ha. Gli apporti di fosforo e potassio dopo 10 anni dall'impianto, saranno
di circa 200 kg/ha ogni 3-4 anni. Ogni 4-5 anni e' utile apportare letame. Nei primi
anni dovranno essere eseguite delle lavorazioni superficiali, poi si potra' passare
all'inerbimento.
La forma di allevamento piu' adatta per questa specie e' il vaso piuttosto libero,
molto vicino alla forma naturale, ottenuto con un'impalcatura piuttosto alta (120-150
cm) e successivamente una ridottissima potatura, per evitare i rischi di infezione che
ogni taglio comporta I sesti di impianto piu' adatti sono quelli compresi fra m 5 x 5
per le specie e cultivar a modesto sviluppo fino ai m 10 x 10 per le varieta' di grosse
dimensioni.
Con le forme a vaso, provviste di 3-4 branche principali, alla fine del 4° anno le
piante sono in genere ben formate per cui negli anni successivi, la potatura potra'
essere limitata a sfoltimenti per permettere la penetrazione della luce,
all'eliminazione dei rami secchi, rotti e deperiti, e a tagli di rinvigorimento a seconda
dello sviluppo raggiunto dalla pianta.
Nella maggior parte dei casi che
riguardano la nostra zona ci troviamo
però a gestire castagneti da frutto
maturi o spesso castagneti da frutto
abbandonati da diversi anni.
RECUPERO CASTAGNETI DA FRUTTO
Un castagneto da frutto anche se incolto e invaso da altre specie arboree e
arbustive, è facilmente riconoscibile perché conserva l’originario caratteristico
impianto rado strutturato sui grandi alberi innestati.
Alcuni vecchi soggetti fruttiferi sono magari stati abbattuti, ma tra i vigorosi polloni
riscoppiati dalle ceppaie è quasi sempre ben visibile ciò che rimane dei fusti
originari.
I vecchi castagneti sono spesso aggregati di notevole valore ecologico e culturale
perché costituiti da piante di varietà locali, ben adattate alle condizioni stazionali,
che testimoniano il lungo e paziente lavoro di selezione e di coltivazione realizzato
nel corso dei secoli.
Per questo, quando le condizioni ambientali e logistiche lo consigliano, il loro
ripristino è un’operazione importante e preziosa: da un lato permette infatti di
riattivare un filone produttivo, con ricadute di tipo economico, dall’altro consente di
recuperare scenari, conoscenze e attività tipici della media montagna, con ricadute
di tipo ambientale ed ecologico, paesaggistico e turistico, culturale e tradizionale.
Le operazioni fondamentali per attuare il recupero delle selve castanili fruttifere
sono la ripulitura del castagneto, l’eventuale taglio dei castagni irrecuperabili, la
ripulitura e la potatura dei castagni, l’eventuale impianto di nuovi castagni, la
concimazione e la ricostituzione del prato.
QUANDO SI PUO' RECUPERARE?
Nei casi estremi d’abbandono, il castagno viene spesso sostituito da altre specie
e ne risulta una formazione mista in cui la componente castanile è assolutamente
residuale e non appare proponibile alcun intervento di recupero.Tale intervento
non risulta consigliato in relazione all’elevata onerosità delle operazioni di
recupero e alle scarse probabilità di successo. I fattori dimaggior rischio sono
legati alla necessità di ripristinare le densità ottimali con un numero elevato di
rinfoltimenti e all’esigenza di eliminare e controllare l’abbondante vegetazione
spontanea. Nei castagneti degradati, posti nelle condizioni ambientali meno
favorevoli per la produzione di frutto, dove la densità delle piante di castagno non
sia però marginale, si può, in alternativa, ipotizzare la destinazione a ceduo o a
fustaia da legno.
Gli interventi di recupero, destinati invece alla produzione di frutto, dovranno
essere riservati a quegli impianti situati in stazioni vocate, dove la presenza di
piante vitali di castagno sia mediamente superiore a 30-50 piante per ettaro.
Le caratteristiche stazionali da privilegiare, in accordo con l’ecologia della specie,
sono ben note. Gli interventi di recupero dovranno eseguirsi principalmente in
aree ben soleggiate, poco acclivi con suolo scarsamente argilloso . Il regime
pluviometrico dovrà essere tale da escludere periodi siccitosi prolungati
chepossono fortemente compromettere la produzione.
RIPULITURA DEL CASTAGNETO
La vegetazione arborea ed arbustiva insediatasi spontaneamente rappresenta un
forte elemento di disturbo per le piante da frutto, soprattutto in riferimento alla
disponibilità di luce, di acqua e di nutrienti nel suolo. Le chiome di questi
“colonizzatori” entrano velocemente in competizione con quelle del castagno,
ostacolandone la crescita e la fruttificazione che avviene sui germogli dell’anno.
Nella nsotra zona le specie che più frequentemente si sviluppano sono: frassino
maggiore, acero, ciliegio, carpino nero, cerro.
L’intervento consiste nel tagliare al piede tutte le piante indesiderate e anche i
giovani soggetti di castagno da seme, i selvaggioni, sviluppatisi spontaneamente.
Si lasceranno i selvaggioni più sani e vigorosi da innestare, solo per colmare
eventuali vuoti, già presenti o che si formeranno con l’abbattimento di piante da
frutto molto malate e sofferenti, che non offrono possibilità di recupero.
L’operazione si completa con la ripulitura e l’allontanamento del materiale vegetale
di scarto, che sempre costituisce una potenziale fonte di diffusione delle fitopatie.
Il controllo della vegetazione spontanea, dovrà proseguire per alcuni anni, fino alla
perdita della capacità pollonifera delle specie diverse dal castagno, tramite tagli
ripetuti eseguiti soprattutto nel periodo primaverile ed estivo.
Una volta eliminata la vegetazione spontanea e rimossi i soggetti fruttiferi
irrecuperabili o soprannumerari, si può cominciare a valutare l’aspetto dei castagni
su cui si interverrà.
L’investimento medio ad ettaro di un castagneto realizzato con varietà locali di
castagno da frutto, comunque dipendente dalle condizioni stazionali e dalle varietà
messe a dimora, si aggira in media sulle 80-120 piante (pari ad una distanza tra gli
alberi di 9-11 m).
Quasi sempre gli impianti realizzati in passato non hanno però un sesto regolare,
ma le piante sono state disposte assecondando la morfologia del terreno. Se la
densità è abbastanza regolare non vale la pena di inserire nuovi soggetti per
raggiungere il valore ottimale. Quindi si può intervenire direttamente sui castagni
presenti.
SPOLLONATURA
Uno degli aspetti più evidenti in una selva
fruttifera in abbandono è la densa fascia di
getti, più o meno giovani e sviluppati, che a
“corona” circonda il colletto degli alberi adulti:
sono i cosiddetti polloni, germogli radicali che
nel loro sviluppo sottraggono preziose sostanze
nutritive ai rami produttivi e rendono difficoltosi
l’accesso alla pianta e l’effettuazione delle
potature. Vanno pertanto recisi con tagli netti, a
filo del fusto o con il rilascio di monconi lunghi
non più di 5 cm, evitando in maniera assoluta
strappi o rotture.
ASPORTAZIONE DEI SUCCHIONI
Lungo il fusto e le branche principali, analogamente a quanto accade con i polloni,
dalle gemme avventizie si possono sviluppare getti epicormici più o meno vigorosi,
detti succhioni. Il loro sviluppo è spesso più intenso in corrispondenza del punto
d’innesto, dove talvolta l’anello cicatriziale è ingrossato. I succhioni collocati sopra il
punto d’innesto possono essere rilasciati nel caso se ne ipotizzi uno sfruttamento
per la riforma della chioma.
Nel caso so pensi di produrre nuove
piante fruttifere da polloni di un vecchio
castagno che ha perso la capacità
produttiva
occorre
intervenire
sciegliendo le ceppaie con un ottimo
stato sanitario ed un buon grado di
vitalità. Occorre dar loro una forma
convessa (a testa di monaco o di
chierico), al fine di impedire fenomeni di
ristagno idrico e quindi insorgenza di
marciumi e carie.
POTATURA DEI CASTAGNI DA FRUTTO
II castagno da frutto, come tutte le essenze fruttifere, necessita di periodiche potature.
Dopo anni di mancati interventi colturali, le chiome dei castagni sono irregolari, con
parti dense e altre assai rade e con rami o intere branche morte a causa di malattie o
per la mancanza di un’adeguata illuminazione.
Talvolta la chioma è in buono stato ma talmente estesa da interferire con quella di altre
piante.
Scopo della potatura è perciò quello di riequilibrare lo sviluppo della chioma e di dare la
giusta densità alle branche al fine di migliorare l’illuminazione di tutti i rami e accrescere
così il vigore vegetativo e la produttività dell’albero.
Con la potatura si sfrutta la naturale attitudine del castagno a rigenerare rapidamente le
parti di chioma asportate.
L’intensità delle potature e l’opportunità di effettuare un intervento di drastica riduzione
della chioma, con tagli che interessino le branche principali o addirittura il fusto, vanno
valutate in base alle condizioni vegetative e sanitarie della pianta.
Sono assolutamente da evitare interventi a rischio, senza accorgimenti protettivi e
attrezzature adeguate. Si consiglia pertanto di affidare a personale specializzato
l’effettuazione di interventi significativi, limitando quelli “in proprio” ai tagli da terra, con
svettatoio o segaccio telescopico.
La moderna tecnica del tree-climbing consente di operare con assoluta sicurezza e
precisione anche su alberi difficili,di grandi dimensioni o posti in aree prive di accesso
carrabile.
Sulle piante adulte di castagno la potatura si effettua durante la fase di riposo
vegetativo, dopo la caduta e prima dell’emissione delle foglie.
Potatura con la tecnica del treeclimbing
GERARCHIA DELLE RAMIFICAZIONI
Rami di primo ordine direttamente inseriti sul
fusto da cui si dipartono ii rami di II ordine ecc.
Per quanto possibile vanno evitati interventi sulle branche maggiori (rami di I e II
ordine), sia per preservare la struttura principale dell’albero che per limitare il
rischio di infezioni (ampie superfici di taglio) e l’eccessivo e disordinato ricaccio di
nuovi getti. Nel caso non si possa fare altrimenti si cercherà comunque di
garantire un assetto equilibrato alla chioma. Dovendo asportare grosse branche
si effettueranno tre tagli: con il primo si incide il lato inferiore del ramo, fino ad 1/3
del suo diametro, per evitare strappi alla corteccia (scosciature); con il secondo
taglio si recide il ramo stando poco sopra il primo taglio; con l’ultimo si rimuove il
moncone facendo attenzione a non ledere il “collare’.
L’accorciamento dei rami va effettuato sempre poco sopra un nodo, laddove insiste
una gemma laterale, oppure poco sopra un ramo, mediante il cosiddetto “taglio di
ritorno”. In quest’ultimo caso il ramo rilasciato, detto gergalmente “tiralinfa”, funge
da cima di sostituzione: deve perciò essere vigoroso e dominante. È infine
importante mantenere un adeguato rapporto diametrico tra i rami: il ramo di
sostituzione deve avere un diametro non in­feriore a 1/3 di quello della branca su cui
è inserito.
E' sempre opportuno trattare le superfici di
taglio ocn prodotti rameici al fine di evitare la
diffusione di patogeni.
Per quanto possibile la potatuta deve rispettare il naturale sviluppo dell’albero, che
cambia in base alla varietà. Ogni forzatura o intervento drastico di potatura comporta
un continuo e oneroso controllo della chioma.
Potatura di rimonda.
Il primo scopo dell’intervento di potatura è quello di eliminare tutte le parti morte e
morenti dell’albero. Questa operazione, detta di mondatura, può essere assai lunga
e onerosa per la mole di materiale da asportare, spesso localizzato nelle parti più
distali della chioma. In genere viene effettuata contestualmente alla potatura delle
branche vive. Oltre alle parti morte verranno asportate quelle più senescenti e
ammalate, senza alcuna prospettiva di ripresa. Il materiale di risulta dovrà essere
allontanato e distrutto,soprattutto se interessato da infezioni di Cancro corticale
virulento. Ciò vale anche per le parti disseccate, giacché molti funghi patogeni
riescono a vivere e riprodursi anche su legno morto.
Potatura di riduzione o ringiovanimento.
È il classico intervento straordinario, effettuato su soggetti da tempo privi di cure
colturali. Questi presentano chiome irregolari, senescenti, eccessivamente elevate
o espanse. Si effettua di norma contestualmente alla rimonda del secco.
L’intervento può essere più o meno intenso, a seconda dei casi. Si cercherà di
preservare quanto più possibile la struttura dell’albero, evitando di intervenire sulle
branche di I e II ordine, se non danneggiate, abbassando la chioma, valorizzando
le impalcature più basse e favorendo la migliore illuminazione di tutti i rami.
Potatura di ristrutturazione o riforma.
Con questo intervento si regola lo sviluppo della chioma dopo il taglio di riduzione
o ringiovanimento. Deve essere eseguito a 2-3 anni dall’intervento principale al
fine di selezionare i getti più sani e vigorosi, oltre che meglio disposti. Questi
costituiranno la struttura periferica della nuova chioma. Senza l’intervento di
regolarizzazione anche l’intervento di riduzione perde presto gran parte del suo
valore. Durante la selezione si possono asportare anche grosse branche in
aggiustamento agli interventi precedentemente eseguiti.
Potatura di alleggerimento o mantenimento.
Comprende gli interventi di periodica potatura, al fine di mantenere un adeguato
equilibrio tra le strutture vegetative e quelle riproduttive. In linea di massima si
può dire che la potatura andrebbe effettuata quando i getti annuali riducono il
vigore vegetativo e presentano una lunghezza inferiore ai 20 cm. Si interviene
perciò su piante ben strutturate ed equilibrate ogni 3-5 anni con il diradamento e
raccorciamento dei rami, mediante la tecnica del taglio di ritorno, e l’aspor­
tazione di quelli secchi e malati. Selezionando e favorendo l’insolazione dei rami
più produttivi si regola la fruttifi­azione, aumentando la pezzatura dei frutti ed
evitando fenomeni di alternanza. La regolare esecuzione del taglio di
mantenimento evita la realiz­zzione di interventi straordinari di riduzione. Se
l’altezza degli alberi non è eccessiva gli interventi possono essere eseguiti con
svettatoio e segaccio telescopici.
Capitozzatura.
Nel caso le parti morte dell’albero siano numerose e le parti vive, poco vigorose,
risultino distribuite in maniera irregolare, con un forte sbilanciamento dell’albero,
si può pensare ad una completa ricostituzione della chioma. In questo caso viene
effettuata la capitozzatura, ossia l’asportazione totale della chioma con un taglio
direttamente sul fusto, sopra il punto d’innesto. Si tratta di un’operazione colturale
drastica, da evitare nella maggior parte dei casi. È perciò attuabile solo come
estremo tentativo di recupero di soggetti meritevoli.
La capitozzatura provoca il riscoppio di una fitta vegetazione su cui in seguito,
con cadenza annuale, si deve effettuare un’opera di selezione e diradamento.
Nel giro di qualche anno, in base alla vigoria dell’albero, è possibile ricostruire
una chioma vigorosa e ben distribuita.
eventuale nuovo impianto
Si rende necessario nel caso siano presenti all'interno del castagneto recuperato
“buche” di una superficie minima di circa 100 mq.
Le piante da frutto possono essere allevate da piante selvatiche tramite l'innesto o
ponendo a dimora piantine già innestate.
In quest'ultimo caso si renderà necessaria l'apertura di una buca 80X80 cm. della
profondità minima di 70 cm .
Prima dell’impianto è buona norma disinfettare l’apparato radicale immergendolo
per cinque minuti circa in una soluzione di ossicloruro di rame al 20% (100 g in 10
litri d’acqua), allo scopo di prevenire marciumi da trapianto. Per favorire
l’attecchimento, dopo la riduzione e la disinfezione, è inoltre utile praticare
l’inzaffardatura immergendo l’apparato radicale in una poltiglia costituita dal 50% di
acqua, 25% di terra molto fine e 25% di letame fresco.
Ricostituzione del manto erboso
II manto erboso, tradizionalmente utilizzato a prato-pascolo, costituisce uno degli
elementi caratteristici del castagneto da frutto. L’eliminazione della vegetazione
arborea invadente determina un maggiore afflusso di luce a livello del suolo, che
favorisce l’insediamento e lo sviluppo di nuove essenze erbacee e arbustive. Al
fine di evitare la crescita di specie infestanti si consiglia di effettuare l’inerbimento
mediante rapida lavorazione superficiale del suolo e semina o trasemina con
miscuglio di graminacee e leguminose.
Potatura di formazione su una giovane pianta
Potatura di formazione su pollone innestato
A-innesto
b- 1° anno
c- 2° anno
d- 3° anno
COME GESTIRE IL CASTAGNETO COLTIVATO
Gli interventi di manutenzione ordinaria del castagneto non riguardano solo il
soprassuolo (potature ordinarie, diradamenti, rinfoltimenti, sostituzione di varietà,
difesa fitosanitaria, ecc.) ma anche la gestione del suolo in termini di opere di
sistemazione idraulica per la difesa e prevenzione di fenomeni erosivi, la
manutenzione della viabilità sia di accesso che interna ai castagneti, il
mantenimento della fertilità organica del suolo.
La ripulitura del sottobosco, necessaria per permettere un’agevole raccolta del
frutto, rappresenta l’operazione colturale più ricorrente nei castagneti coltivati o
semicoltivati. Le modalità di esecuzione sono diversificate a seconda delle
condizioni di accessibilità e percorribilità delle superfici castanicole con mezzi
meccanici.
I residui delle potature e delle ripuliture dovrebbero trovare la loro naturale
collocazione all'interno del catsagneto andando ad arricchire il terreno di sostanza
organica.
Il contenimento della flora spontanea può essere ottenuto anche attraverso il
pascolo animale con possibili problemi legati alla costipazione del suolo.