Settembre '11 a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini Numero Settembre '11 Numero Settembre '11 EDITORIALE Quella che si avvia alla conclusione non è stata esattamente un'estate memorabile per il rock in Italia. Le disavventure burocratiche che hanno portato alla cancellazione dello “Here I Stay” festival in Sardegna (forse evitabili con un briciolo di buona volontà in più da parte delle istituzioni) e le polemiche che hanno fatto da contorno alla quattordicesima edizione di “Voci per la libertà” (di cui riferiamo a parte) non sono che l'ennesima dimostrazione di quanto il mondo della politica – o, meglio, di una certa politica – e delle Pubbliche Amministrazioni sia lontano da quello della musica in qualche modo alternativa o al di fuori degli schemi consolidati. Segno che c'è ancora davvero tanto da fare per convincere chi di dovere della valenza culturale (oltre che aggregativa, turistica e di immagine) di determinate manifestazioni; e purtroppo vedere nel programma degli eventi organizzati da “Il fatto quotidiano” che gli spazi musicali sono appannaggio di cover band dei soliti noti non rappresenta certo un bel segnale. E però, come si dice, ciò che non uccide rende più forti. Eccoci dunque ancora qui pronti per dare inizio con voi a una nuova annata che sarà ancora una volta ricca di dischi, sorprese e novità. Nei prossimi mesi torneremo a parlare di MEI e del premio “Fuori dal Mucchio”, mentre con l'arrivo del nuovo anno sono allo studio alcune importanti modifiche strutturali. Ma avremo tempo di riparlarne. Nel mentre, il primo appuntamento che vi segnaliamo è quello con il “SuperSound”, il festival della musica dal vivo in programma a Faenza (RA) dal 23 al 25 settembre, al quale i curatori di questo spazio parteciperanno per incontrare gruppi e artisti desiderosi di far conoscere la propria musica. Approfittiamo infine per segnalare un'iniziativa a nostro avviso meritevole, ovvero la seconda edizione de “La stagione della beneficenza”, che vede protagonisti Mike 3rd e gli Ex KGB con un brano a testa – “Fifteen Days” e “Brightness Comes” –, in vendita in formato MP3 su iTunes e Amazon, i cui proventi saranno devoluti rispettivamente all'AIRC e a Greenpeace. Ciò detto, non ci rimane che dare ufficialmente inizio alla stagione 2011/12 di “Fuori dal Mucchio” augurandovi, come sempre, buone musiche e soprattutto buoni ascolti. Aurelio Pasini Pagina 2 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 EVELINE “aω”, o se preferite per esteso “Alfa/Omega”: questo è titolo del terzo album degli Eveline di Bologna che ci rapiscono con i loro suoni caldi, ambient ma soprattutto molto rock elettro. Frantumano i tempi e li ricompongono con la loro sensibilità interstellare per controllare l’umore del nostro ascolto e portarci tra due guanciali. Ne parliamo con Matteo, voce e sintetizzatori. “aω” è il vostro terzo album. Cosa rappresenta per voi questo traguardo musicale? Per noi significa sicuramente molto, perché siamo in attività ufficialmente da poco prima del 2005, quando è uscito il nostro primo disco. Abbiamo subìto musicalmente parlando uno sviluppo musicale che ci ha portati a nuove sonorità che abbiamo cercato di studiare e approfondire proprio in questo terzo album. Quindi per noi rappresenta un punto di approdo, dopo quasi sette anni di attività. Come vi siete avvicinati alla musica? Noi suonavamo già in alcuni progetti paralleli. Ci siamo incontrati a Bologna, mentre gravitavamo attorno al DAMS. C’era chi studiava musica e chi studiava cinema e abbiamo deciso di fondare questo progetto che fin dall’inizio ha avuto un taglio anche cinematografico. I nostri videoclip richiamano alcuni film del cinema muto. Uno in particolar modo è un film rimontato dell’epoca del muto, intitolato “The Great Train Robbery”. Da lì abbiamo sviluppato il nostro progetto fino ad oggi. Quali amori musicali ci sono nella musica degli Eveline? Noi come puoi sentire dalle nostre produzioni siamo riusciti a spaziare dal rock di matrice americana fino alla glitch music e alla musica elettronica della Warp Records a cavallo tra gli anni 90 e i primi 2000. Queste sono un po’ le nostre influenze però di fatto quello che abbiamo sempre cercato di fare è il ricercare un nostro proprio suono specifico ed originale. Pagina 3 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 Mi ha fatto molto piacere che, soprattutto in questo terzo album, la cosa sia stata percepita non solo dal pubblico ma anche dalla critica. Quando vi incontrate in sala prove, come portate a termine le canzoni? Vi fate trasportare da lunghe session e poi limate? Dipende. Il primo album “Happy Birthday Eveline!!!” è nato da alcune composizioni dei singoli elementi che poi sono state sviluppate da tutti gli altri e così anche il secondo, “Waking Up Before Dawn”, anche se quest’ultimo per metà è stato proprio composto da uno di noi: il nostro chitarrista Marco, siglato LX sull’album. Questo terzo album invece è nato da una serie di improvvisazioni. Tutta la fase di arrangiamento si è sviluppata nei mesi successivi alla prima stesura dei provini. Tranne però il pezzo che chiude l’album “Lunar 8”, solo voce e sintetizzatore che è stato un mio vezzo. Quale parte degli Eveline avete lasciato per strada in questi anni? Abbiamo sicuramente lasciato per strada il nostro taglio più jazz che andava a ricoprire prevalentemente il primo album che è uscito per Shyrec. Ma il jazz non è dimenticato, ma superato in favore di altre sonorità e influenze. Non disdegniamo un ritorno a quelle sonorità in futuro, per ora sono lì nel cassetto. Entrando nei particolari delle canzoni del disco nuovo, ho trovato “She’s From Mars” molto ipnotica e coinvolgente. “Sherryy From Mars” ha una struttura molto particolare per via dei loop incastrati ad un giro di pianoforte che nel corso dello sviluppo del brano va ad inserirsi nella struttura in levare. Quindi è questo che dà quel taglio molto continuativo e allo stesso tempo lievemente sfasato da punto a punto all’interno del brano. Poi abbiamo cercato proprio di ricreare in studio l’utilizzo di una serie di effetti che ci hanno aiutato moltissimo. Andrea Sologni che è il bassista dei Giardini di Mirò ed Enrico Baraldi in studio ci hanno aiutato a sviluppare proprio una sonorità più riverberata e più spaziale, quindi penso sia stata l’unione di tutti questi elementi. “She’ From Mars” è anche un video che sta imperversando su YouTube. Vuoi parlarcene? Sì abbiamo realizzato questo video con Andrea Fasciani che è un regista underground molto bravo. Ha lavorato con Herzog. È stato premiato al “Sunday Film Festival” per un suo cortometraggio “Buyo”. Ha sviluppato questo videoclip ipnotico che ricreasse sulla nostra canzone quell’elemento di circolarità che è fondante all’interno del brano. Il videoclip è stato tratto da un lavoro che ha fatto proprio in occasione di un incontro che si è tenuto mesi prima con Herzog a Londra. Da questo materiale è stato tratto il nostro videoclip che difatti è molto semplice a livello di sviluppo narrativo, ma è nella ricerca soprattutto fotografica all’interno del video che si è lavorato moltissimo. Quindi vi invito ad andarlo a vedere. Il pezzo più rock e scanzonato è sicuramente “Last Time At Alpha Centauri”; com’è venuta fuori? È un brano che noi avevamo abbozzato in Polonia, durante il nostro tour europeo per presentare il nostro secondo album che è uscito tre anni fa. È successo che avevamo due o tre day off e avevamo sviluppato il giro in uno studio di un nostro amico che viveva a Pagina 4 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 Varsavia e così abbiamo improvvisato e trovato la chiave giusta in quel momento, poi l’abbiamo abbandonato nel corso del tempo, fino a poco tempo fa quando abbiamo deciso di riprenderlo durante quelle session di improvvisazione di cui parlavamo per inserirlo nell’album. È uscito un pezzo che a noi piace moltissimo. Risulta anche essere il pezzo più movimentato dell’album che di fatto si presenta come un lavoro più meditativo, rispetto al passato, più spaziale e più ambient in certi momenti. Come avete conquistato la Sonic Vista Music che per la seconda volta vi produce? Abbiamo conosciuto il label manager dell’etichetta, durante il nostro tour europeo che ha succeduto la pubblicazione in Europa di “Happy Birthday Eveline!!!”. Era stato stampato in Europa per Sopot Int. che pur essendo molto piccola è un etichetta prevalentemente attenta a produzioni jazz di estrema nicchia. È comunque molto seguita in Inghilterra e da alcune grosse distribuzioni tedesche. Da lì siamo arrivati a una distribuzione più grande che si chiama Alive che ci ha distribuito i dischi in tutta Europa, Inghilterra, Canada, Stati Uniti e Giappone. Durante il primo tour europeo che è stato organizzato da Sopot Int., la Sonic Vista si è interessata al nostro materiale e da lì è nata la nostra collaborazione. Voi nominare anche le altre etichette che producono il disco? C’è Urtovox in primis per l’Italia, poi c’è un’altra etichetta con cui da sempre collaboriamo in prima persona che è Locomotiv Records collegata all’omonimo locale bolognese e poi c’è un’etichetta tedesco/polacca, la Borowka Music: estremamente interessanti e attivi. Dobbiamo a lei, non solo, ma per gran parte a lei, il nostro ultimo tour europeo che è stato bellissimo. Abbiamo fatto diciotto concerti in venti giorni. Abbiamo toccato dei fantastici palchi di cui alcuni molto grandi. Contatti: www.myspace.com/myeveline Francesca Ognibene Pagina 5 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 GIRLESS & THE ORPHAN Un'attitudine punk senza fronzoli trasposta ai confini del folk condita da una sana follia. Questa la miscela esplosiva dei Girless & The Orphan, con cui abbiamo parlato del proprio EP d’esordio, di free-download e di accostamenti azzardati. Prima di tutto partiamo con le presentazioni. Chi si nasconde dietro Girless e chi dietro The Orphan? 
Girless: Dietro Girless si nasconde un adolescente evitato dalle ragazze, che ha dato il primo bacio a 17 anni suonati e che per questo e tanti altri motivi quando aveva 15 anni imbracciò la chitarra del padre e cominciò a scrivere canzoni, scegliendo un nome d'arte adeguato. Ora, che di anni ne ha 24, non è cambiato quasi nulla: il nome è rimasto quello, tiene in mano la chitarra per la maggior parte del suo tempo e continua a scrivere canzoni. Però con le ragazze va un po' meglio. The Orphan: Dietro The Orphan non si cela nient'altro che la spalla comica e silenziosa di Girless, come per tutte le personalità di spicco e i personaggi famosi che si rispettino. Pur avendo un passato più turbolento e avendo alle spalle performance e partecipazioni insieme a svariate punk band cittadine, decide di abbracciare il progetto del ragazzo senza fidanzata solo nell'estate del 2009. Da allora le cose non sono più state le stesse e ora sono proprio io quello ad essere senza ragazza. Come siete approdati al vostro sound folk di chiara impronta americana? All'apparenza sembrate tutto fuorché italiani, e questo può essere un pregio ed un difetto allo stesso tempo. Girless: Penso che la colpa sia da imputare ai nostri ascolti passati, siamo figli di una generazione che ha disdegnato abbastanza la scena italiana, anche perché dopo gli 883 la consideriamo morta. Volutamente o meno, ci è riuscito più naturale avvicinarci a un sound che si distanziasse dai canoni della musica italiana, che poi è già abbastanza varia di per sé. E la trovo una cosa buona, in fin dei conti: preferiamo scrivere testi in inglese, e il folk moderno al giorno d'oggi in Italia non ha ancora preso molto piede. Pagina 6 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 The Orphan: I nostri ascolti giovanili hanno inevitabilmente influenzato il nostro modo di intendere la musica, di concepirla e conseguentemente di suonarla e comunicarla. Se nasci ascoltando pop o musica leggera italiana probabilmente non ti verrebbe mai in mente di impugnare uno strumento e comunicare le tue storie e le sfaccettature della tua vita. Se cresci ascoltando rock, indie, punk e tutto quello che ci portiamo dietro in termini di bagaglio musicale, penso che questo sia un approdo tutto sommato inevitabile. Se poi ci aggiungi una insana voglia per la sperimentazione e la volontà di comporre brani semplici ma allo stesso tempo sentiti e sudati, il nostro sound è il risultato di questo percorso. Possibile che tutti si ostinano ad accostarvi ai Neutral Milk Hotel? A conti fatti avete ben poco in comune con la band "indie" per eccellenza.
 Girless: Ecco, ti ringrazio per averlo notato! No, scherzi a parte abbiamo già detto che il paragone ci lusinga, ma che non lo sentiamo come nostro. Io adoro i Neutral Milk Hotel, ma non li ho mai idealizzati come fonte d'ispirazione, né tanto meno ho mai preso spunto volutamente dalle loro canzoni. Poi, per carità, se qualcuno effettivamente ci trova qualche punto in comune, non sta a me contestarlo: conta che a volte ci hanno paragonato ai Gogol Bordello, ed è una band che odio. Quindi finché viene fuori il nome Neutral Milk Hotel sono ben contento del paragone e me lo tengo stretto! Anche se penso che gli accostamenti da fare nel nostro caso siano altri. The Orphan: Considerando che ormai a destra e a manca ci accostano alla creatura di Jeff Mangum, ha iniziato a sorgerci più di un dubbio sugli effettivi punti di contatto con la band della Louisiana. Onestamente confermo di non averli mai presi come termine di paragone per la mia musica e per il mio modo di scriverla. Rimane comunque un accostamento prestigioso che conferisce ancora più spessore al lavoro che abbiamo portato avanti in studio. E questo non può ovviamente che farci piacere. Nei vostri testi, specialmente in "Wings Behind Our Backs", sfiorate i confini del nonsense. Come nascono a da cosa sono scaturiti? Girless: I testi li scrivo io e parlano prettamente di esperienze di vita vissuta. Non perdo molto tempo a scrivere i testi, perché credo che debbano venire piuttosto naturali, soprattutto se si raccontano proprie storie. In particolare quelli dell'EP hanno tutti un filo conduttore preciso, che poi copre un lasso di tempo lungo almeno due anni. "Wings Behind Our Backs" è un po' diverso dagli altri, è l'ultimo che è stato scritto tra i testi dell'EP, volevo racchiudere la maggior parte dei miei pensieri in una "summa" e la maniera ironica mi è sembrata la più adatta per chiudere il cerchio. Ho sempre amato il sarcasmo e l'ironia, e nell'EP doveva essercene un po'. Il vostro EP esce per la Stop! Records in download gratuito. Quali riscontri avete ricevuto in termini di download, e di relative vendite e presenza ai concerti? Il gioco vale veramente la candela anche per chi, come voi, esordisce nel mondo musicale? Girless: Il gioco vale la candela, poco ma sicuro. Noi e la Stop Records siamo in perfetta sintonia su questa politica: un artista, in particolar modo emergente, non deve puntare a guadagnare dalla vendita dei propri dischi, semmai dai concerti live. E il free download è una frontiera accessibile da tutti. Noi finora ne siamo molto soddisfatti, più in termini di download che di vendite di dischi, ma alla fine il risultato finale che conta è quello di esserci fatti conoscere da più gente possibile e notiamo che l'attenzione nei nostri confronti sta Pagina 7 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 crescendo sempre di più. Quindi penso che sia una mossa vincente, che dovrebbe essere seguita da tante altre band, emergenti e non. The Orphan: L'incontro con Stop! Records è stata una possibilità fantastica per mettere su disco la nostra musica e avere un supporto costante e continuo su tutto. I ragazzi della Stop ci hanno accompagnato per mano in questa avventura e ci hanno supportato veramente in ogni aspetto. Pensa che su disco hanno suonato in quasi tutti i brani e quando possibile ci accompagnano persino dal vivo con i loro strumenti. Il loro modo di lavorare si sposa alla perfezione con le nostre aspettative e le nostre idee in merito alla promozione del disco. Il download gratuito di “Same Names For Different Girls” nasce proprio da queste considerazioni e in un momento così asfittico per l'industria discografica e la musica in generale, non è solo necessario, ma anche un'opportunità da prendere al volo per farsi conoscere il più possibile. "Same Names For Different Girls" dura il tempo di un coito interrotto, e si conclude come se ci fosse ancora urgenza di dire qualcosa. Quanto dobbiamo attendere per un disco vero e proprio? The Orphan: La sensazione che volevamo suscitare è proprio questa. Un assaggio della nostra musica e del nostro modo di intenderla. Incuriosire con una toccata e fuga chi ci ascolta per la prima volta. I pezzi nuovi ci sono e siamo pronti ad entrare in studio per concretizzare il lavoro di Girless in sede di composizione, arrangiando, sfoltendo e aggiustando tutti i particolari per sfornare un altro lavoro qualitativamente sulla scia di “Same Names For Different Girls”. Contatti: www.myspace.com/girlessrock Luca Minutolo Pagina 8 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 JUNKFOOD Andando a curiosare nella loro pagina Facebook, si troverebbe per il gruppo Junkfood la seguente, fondamentale, informazione: “If this band were any cooler, they'd be frozen!”, “Se questa band fosse più cool (tra i vari significati di cool anche fresca...), sarebbe congelata!”... Sanno giocare, e non prendersi troppo sul serio, i quattro componenti del gruppo che con il loro album d'esordio dal titolo così evocativo, “Transience” (Parade/Trovarobato), hanno prodotto reazioni a più livello, e a più riprese e direzioni, di favorevole e vitale consenso. Un atteggiamento “fresco” che va a stimolare la curiosità di scoprire cosa si nasconda dietro quella sigla e quei nomi, Paolo Raineri, Michelangelo Vanni, Simone Calderoni, Simone Cavina, che con le loro note, cariche di transitorietà, e dei generi musicali i più diversi, sono capaci di portarti, morbidi ma decisi e sicuri, lontano. Incontriamo Simone Calderoni, portavoce per le interviste su “carta” della band, per dare qualche risposta a questa curiosità. Partiamo inevitabilmente da una domanda di origine: perché Junkfood, a cui spesso si aggiunge la parola “4et” che nasconde che cosa? Rigorosamente indicate di non pronunciarlo, non solo musicalmente, in modo separato: mai e poi mai Junk Food, insomma; ma è un nome che nasconde una volontà programmatica/politica/creativa? E da dove viene fuori? La scelta del nome risale al periodo di formazione del gruppo al conservatorio di Bologna, e ha un duplice significato: da un lato la nostra tendenza onnivorica in reazione all'ortodossia di alcuni ambienti di quella struttura, dall'altro il fatto che si finiva regolarmente a mangiare cibo spazzatura tra una lezione e l'altra, tra una prova e l'altra. Cosa che amiamo fare tuttora. Quel “4et” viene appunto da tale retaggio, ma lo abbiamo scelto esclusivamente nei contatti per evitare omonimie. Avrebbe potuto tranquillamente essere “band”, “music” o qualsiasi altro suffisso. Per cui sì, si potrebbe dire che il nome tradisca una volontà programmatica e creativa, nel senso che il nostro intento è sempre stato quello di non porci limiti stilistici. Pagina 9 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 Ognuno di voi viene da varie e molteplici collaborazioni ed esperienze, come con gli Yuppie flu, Mariposa, Calibro 35, Wu Ming... Come vi siete incontrati? E le vostre singole esperienze, anche formative, quali sono e da quali modelli, se ci sono, si sono lasciate trasportare e trasformare? L'incontro tra me (Simone Calderoni), Michelangelo e Simone Cavina è avvenuto in conservatorio, a Bologna. Paolo è arrivato in un secondo momento su mio invito, in quanto studiava al conservatorio di Rovigo e ci conoscevamo dai tempi dei corsi di jazz alla scuola comunale di Faenza. Abbiamo cominciato a collaborare tra di noi in contesti e organici diversi, tra cui due bellissimi progetti sulla musica di Steve Coleman e il “Masada Songbook” di John Zorn. Tuttavia nessun progetto ci vedeva tutti e quattro coinvolti contemporaneamente, ci è voluto circa un annetto. Questo spero spieghi sommariamente la nostra formazione, dal punto di vista lavorativo abbiamo anche lavorato come sidemen dal vivo e in studio. Per una biografia più dettagliata rimando i lettori al nostro sito www.junkfood4et.com. Sulle influenze dei singoli non mi pronuncio, perché sarebbero troppe, limitandomi al progetto in questione direi che tutte le grandi figure della storia del Jazz ci abbiano in qualche modo influenzato durante la nostra formazione. Tuttavia non ci sono molte tracce di questo in termini di sonorità in “Transience”, se non nella prassi esecutiva. Per quanto riguarda i contenuti sono molto eterogenei e riguardano circa tutto quello che ci ha colpito come ascoltatori, di cui solo una parte è in qualche modo etichettabile come Jazz. Volendo dare dei riferimenti a chi legge, potrei citare la scena downtown di New York o la scena Avant Jazz scandinava, specialmente nei timbri e nell’uso dell’elettronica. Il vostro è un interessantissimo e ispiratissimo lavoro, tanto per abbondare di superlativi, ma non si potrebbe fare altrimenti dato che si è parlato di “(...)un album coinvolgente sotto il profilo cerebrale ma anche fisico(...)” in merito al vostro primo lavoro uscito per l'etichetta Parade/Trovarobato, un “Transience”, nome che si può ben immaginare essere anche questo carico di significati, dato che proprio all'ascolto rende l'idea di qualcosa che si trasforma, cambiando da uno stato all'altro anche l'umore di chi lo fruisce. È così e da dove nasce questa transitorietà, volendo portare verso dove? Volevamo un nome che desse ragione del divenire delle composizioni in sé come dell'evoluzione del sound del gruppo, che continua tuttora e di cui il disco è solo un'istantanea. Cerchiamo di dare un adeguato sviluppo alle composizioni lavorando anche con l'improvvisazione, ma sempre in maniera molto oculata e raramente si tratta di assoli nel senso canonico del termine. Siamo più interessati alle dinamiche di gruppo e all'interplay. E' più una questione di parametri e modalità esecutive riguardo alle possibilità che abbiamo di interpretare un brano sulla base di determinati gradi di libertà prestabiliti, e questo ci aiuta a mantenere la musica “fresca”. Affianchiamo a queste condotte anche molta scrittura e arrangiamento all'interno dei pezzi, e nel fare tutto ciò cerchiamo di essere abbastanza concisi. Diventano in qualche modo piccole sceneggiature sonore. Questa qualità “drammaturgica” della nostra musica viene solitamente molto apprezzata e ci aiuta ad evitare eventuali cali di tensione o di attenzione, nostri e di chi ci ascolta. Un album questo carico appunto di suggestioni e paesaggi, che si potrebbe ben immaginare colonna sonora portante non solo di ogni film personale che si potrebbe Pagina 10 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 delineare nella fantasia dell'ascoltatore, ma che anche forse appartiene a una vostra dimensione e capacità “filmica”, dal momento che proprio la colonna sonora di un film degli anni 50, "Dementia" (1955) è indicata come uno dei vostri primi lavori ufficiali, forse fin qui mai pubblicato, compiuto su commissione nel 2010. Oltre a essere appassionati di cinema, dal punto di vista strettamente compositivo si potrebbe dire che abbiamo una concezione narrativa che ci porta a strutturare la musica in questo modo. Abbiamo sempre in mente lo spettatore sia in fase di scrittura che in fase d'esecuzione, dove la nostra formazione potrebbe portarci ad un approccio troppo autoreferenziale. E questo non perché ci sia una volontà recondita di incontrare i favori del pubblico al di là del nostro gusto personale, ma semplicemente perché una componente enorme del nostro rapporto con la musica si svolge appunto come spettatori. Pertanto, cerchiamo di dare agli altri ciò che vorremmo ricevere noi stessi come tali. Alla luce di quanto detto precedentemente, l'approdo alle immagini è stato inevitabile. L'occasione si è presentata con la proposta di una sonorizzazione live di “Dementia” di John Parker da parte del cineclub “Il raggio verde” di Faenza. Il progetto è stato riproposto durante la rassegna “Soundciak” presso il Leonkavallo di Milano, al festival “Lugocontemporanea” di John De Leo e in altre location per tutto il 2010, venendo premiato dal MEI. Ci apprestiamo a riproporlo dal vivo quest'autunno anche se non credo che lo pubblicheremo mai. È comunque possibile vederne una buona parte in alta qualità sul nostro canale Youtube. Com'è l'incontro con il vostro pubblico durante e post concerto? Si può immaginare durante uno stato di trance, ma il dopo? Di norma molto cordiale e piacevole, la nostra formazione ci ha insegnato una certa umiltà nel lavoro. Quando ti trovi in situazioni lavorative dove sei semplicemente parte di un ingranaggio impari a stare al tuo posto e a non montarti la testa. Senza queste esperienze e lavorando solo sullo sviluppo della propria individualità musicale alcuni tendono a sovrastimare il loro contributo all'arte. Non penso sia il nostro caso. Com'è avvenuto l'incontro con Trovarobato, e quanta fatica e problemi avete dovuto affrontare prima di questo fortunato incontro per riuscire ad avere la vostra meritata consacrazione, e uscita ufficiale? L'incontro è avvenuto gradualmente, in modo spontaneo. Avevamo già vagliato delle etichette e alla fine dei conti Trovarobato era quella che ci accordava la maggior libertà su tutti gli aspetti del prodotto. Inoltre stavano inaugurando la collana “Parade” sulle musiche altre con “Der Maurer” di Enrico Gabrielli e ci è sembrato il contenitore giusto per questo progetto. Ci piaceva (e ci piace tuttora) la loro trasversalità, nonché buona parte del loro catalogo. Abbiamo individuato in ciò un'identità di vedute e il rapporto sta proseguendo con reciproca soddisfazione. Bologna è indicata come vostra città di appartenenza artistica come gruppo, anche se ognuno di voi viene da una città diversa dell'Emilia con un po' di Romagna... Com'è lo stato di salute della creatività musicale e non solo di quei luoghi? Dall'esterno e per memoria storica quella dell'Emilia-Romagna è ancora un luogo in cui si può fare, è possibile incontrare e incontrarsi. Ma è ancora così? C'è moltissima Romagna! Nonostante Bologna venga spesso indicata come nostra città d'origine, solo Michelangelo vive a Bologna, ed è comunque di Ferrara. Per il resto, io e Pagina 11 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 Paolo siamo di Faenza e Simone è di Imola. Perciò, come vedi, i 3/4 di noi sono romagnoli! Probabilmente Bologna viene indicata spesso come nostra città d’origine perché ha rivestito per noi un'importanza artistica notevole, a cominciare dalla vittoria nel 2007 del “Festival delle arti” (col quale il gruppo si è formato) per finire con Trovarobato. Per quanto riguarda le impressioni circa l’attuale stato di salute della cultura in regione, non posso rispondere per i miei colleghi. Personalmente penso ci siano ancora tante persone appassionate e in gamba, sia tra i musicisti che tra gli addetti ai lavori. Il problema è che mi sembra ci siano sempre meno spazi e meno risorse per questi soggetti. Manca soprattutto una qualche volontà progettuale circa la cultura a medio-lungo termine. Non si tratta di fare rassegne o eventi che possano avere una rilevanza dal punto di vista turistico o mediatico, ma di predisporre meccanismi e strutture per lo sviluppo e il mantenimento di una scena artistica in modo organico e integrato. A partire dalla didattica fino alla promozione dei progetti. In ogni caso vedo questi problemi anche nel resto d’Italia, indipendentemente dalla sensibilità di partenza delle varie regioni verso queste tematiche. In un simile contesto, anche regioni più virtuose in questo senso, come può esserlo stata l’Emilia-Romagna, sono costrette a venire meno a certe loro prerogative. Servirebbe una filosofia politica diversa a livello nazionale. In corso per voi nuovi e paralleli progetti? O vi state dedicando in toto alla promozione della vostra “Transience”? Siamo sempre coinvolti, singolarmente o in gruppo, in altre situazioni che non riguardano la musica del disco e la sua promozione. Ad esempio l'anno scorso abbiamo partecipato ai laboratori di ricerca musicale permanente di Stefano Battaglia presso la fondazione Siena Jazz. È stato un anno di lavoro molto proficuo dal punto di vista didattico e artistico. Abbiamo lavorato principalmente sulle varie tecniche di improvvisazione radicale e parametrica, di cui Stefano è un indiscusso maestro, nonché su vari aspetti timbrici e narrativi che si sono rivelati importantissimi nello sviluppo della nostra musica dell’ultimo anno. Riprenderemo i laboratori all'inizio dell'autunno e, se tutto evolve come previsto, speriamo di entrare in studio assieme entro il 2012. Parallelamente stiamo continuando a scrivere musica per il prossimo disco, che immagino non vedrà la luce anch'esso prima del 2012. Se avanza del tempo, ci sarebbero anche un paio di giovani cineasti interessati a collaborare più altre situazioni ancora troppo vaghe per parlarne. Il lavoro sicuramente non ci manca... Contatti: www.junkfood4et.com Giacomo d'Alelio Pagina 12 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 LA METRALLI La Metralli è il progetto di Meike Clarelli cantante e pluristrumentista che ha approfondito la sua idea con il chitarrista Matteo Colombini, e assieme hanno reclutato Marcella Menozzi alle chitarre acustica ed elettrica e Serena Fasulo al contrabbasso per completare il quartetto che tenendo a mente la tradizione della canzone, come una colonna sonora del quotidiano rende fruibile i suoi passi, le sue mosse, i suoi sali e scendi degli umori sentimentali e attraversando il tempo si incontra anche la sperimentazione che segue la danza. Ne parliamo con Meike. Prima di tutto ti chiederei di fare un salto all’indietro nel tempo, per provare a percepire come tutti gli elementi ti abbiano portato a La Metralli. Come ti avvicini quindi alla musica? Più vai indietro più ci piacerà. All’inizio, da piccolina, ho seguito un desiderio di mio padre e ho studiato sette anni chitarra classica: smisi abbastanza giovane. Dopo cinque anni però, cominciai a innamorarmi del lavoro sulla voce e del bel canto, amore intervallato dal desiderio di conoscere anche altri strumenti come le percussioni e gli strumenti a fiato in generale. Poi sono diventata insegnante di canto e ho cominciato a dirigere un coro di donne migranti. Dopo un anno ho chiesto a Matteo, mio carissimo amico, di iniziare un progetto popolare. Lui è un bravissimo musicista lo è sempre stato, ma prima ancora di suonarci era più un idolo per me. Abbiamo iniziato noi due e poi si sono aggiunte le altre Marcella e Serena. Il nome La Metralli invece a cosa si riferisce? Ci piaceva l’idea che sembrasse il cognome di una persona e l’articolo La perché questa persona l’abbiamo identificata come una donna, anzi come una signora, una donna anche di una certa età perché desideriamo rimanere legati alle radici e all’antichità, ad un senso originario del fare musica e allo stesso tempo contemporaneo. Per me contemporaneità e antichità vanno di pari passo. Quindi in questo senso La Metralli. L’atmosfera che crei con il tuo progetto, la senti ispirata da film, altri dischi, libri. Pagina 13 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 Quali influenze pensi siano entrate in La Metralli col senno di poi? Io adesso faccio dei nomi grossi, ma non voglio offendere nessuno. C’è Nino Rota, ma anche Debussy, c’è Paolo Conte e i Radiohead. Come fare stare insieme Debussy e Radiohead non lo so, però c’è anche Carmelo Bene, c’è Pina Bauch che potrebbe non entrarci nulla, ma ha ispirato tanto il mio senso poetico per il linguaggio, per il teatro, per la poesia , per la musica europea. C’è poi anche tanta Asia paradossalmente e c’è anche amore per la Mongolia e i canti tibetani che io ho studiato e quindi in qualche modo sono entrati e poi c’è amore per la Francia, ma anche e soprattutto per l’Italia. Il senso della malinconia, per tutto il disco, il bisogno di definire un inizio e una fine, il linguaggio popolare, gli intrecci vocali quanto partono da voi stessi, dal di dentro ? O vogliono essere una strada nuova che esplorate da navigatori? Ma l’idea, anche se è molto difficile, è quella di fare qualcosa di nuovo e con questo desiderio forte ma anche con umiltà speriamo di lavorare in maniera originale, qualcosa che c’è di molto colto e molto bello e anche se è difficile vorremmo riuscirci approfondendo di più la vena sperimentale che c’è in questo disco e poi quella più elettrica, ma senza allontanarci dal linguaggio popolare. Un disco così nella scena indipendente è un po’ difficile trovarlo. In tutto il disco c’è una melanconia per certi versi feroce, ma anche molto ironica. “Anchora” in questo senso è così. C’è molta anatomia in questo disco: “Cuore quantico”, “Sull’ultima vertebra”, “D’arteria”. Tutto questo è per una passione mia per l’anatomia e la medicina cinese. Diversi ospiti hanno partecipato al disco, se vuoi ricordarli. Certo. Jonathan La Thangue che ha registrato la batteria assieme a Fabio Volpini. Poi c’è Davide Fasulo che è un grandissimo cantautore e musicista che ha registrato la fisarmonica ed è il fratello di Simona, la nostra contrabbassista, e questi sono gli ospiti più importanti. Tra i ringraziamenti mi ha incuriosito quello che hai rivolto a Mara Redeghieri. Come mai? C’è stato un bellissimo incontro tra noi e Mara un anno fa, avevamo lei come tutor per un premio vinto, quindi abbiamo fatto varie ore di lavoro insieme. Ci siamo incontrati poi molte altre volte al di là di questo. In “Altrove e indifferente” c’è un pezzo che è stato scritto da lei, ci ha fatto questo regalo inserendo una variazione melodica e una sua parte di testo. Come nasce allora la collaborazione tra Amigdala e A Buzz Supreme, che hanno prodotto il disco? Amigdala è un’associazione teatrale di Modena che lavora da anni e organizza un festival di arte contemporanea. Io ho partecipato come consulente musicale in quanto direttrice del coro Le Chemin des Femmes. E da lì c’è stato l’interessamento da parte loro per il nostro progetto. A Buzz Supreme invece è entrata in scena all’inizio di quest’inverno. Abbiamo contattato Andrea Sbaragli che adesso è il nostro ufficio stampa, oltre che editore. Il progetto gli è piaciuto subito perché è stato meraviglioso, credendo tantissimo in noi e grazie a lui se siamo riusciti ad avere il coraggio di farlo questo primo disco. Come presentate il disco dal vivo? Ci sono delle varianti? Di solito se riusciamo usciamo al completo cioè in sei con anche batteria e fisarmonica. Pagina 14 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 Altrimenti solitamente usciamo in cinque o se no anche in quattro, ci arrangiamo. Dipende anche dalla situazione. Abbiamo un repertorio che non è solo quello del disco, ad esempio c’è un brano che si chiama “Il Mediatano” che dura dieci minuti ed è musicalmente una torta che passa da alcune cover di brani antichi, a Nino Rota, a cose inventate e risulta naturalmente etnicissimo. È una specie di follia all’insegna della popolarità e della sperimentazione e questo è uno di quei brani che quando facciamo la gente impazzisce: si mette a ballare e non riesce a smettere. È un po’ l’anima dei La Metralli. Sarebbe impossibile registrare un roba così perché bisognerebbe chiedere a troppi i diritti. Invece per quanto riguarda i concerti già fatti, cosa vi vengono a dire gli astanti dopo il concerto? Ci vengono a dire grazie di averci fatto passare dei momenti felici e questo è bellissimo ma anche molto imbarazzante. È una sensazione molto forte. Ci sono arrivate tante mail da tutta l’Italia ma poi da persone di tutte le età, da donne di cinquanta o sessant'anni e ragazzi giovanissimi che ascoltano solitamente metal. Il disco taglia in maniera trasversale cercando di non banalizzare - è come se volesse essere alla portata non di tutti ma di molti sì. Questa è una cosa che colpisce. Contatti: www.myspace.com/lametralli Francesca Ognibene Pagina 15 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 SARAH SCHUSTER Secondo album sulla lunga distanza per il trio di Vicenza, “Possibilities” (Gattorosso) guida l’ascoltatore verso un mirabile incrocio di indie-rock e forma-canzone d’autore in inglese. Daniela Dal Zotto (voce e chitarra), Eleonora Dal Zotto (chitarra e armonica) e Matteo Mosele (batteria e cori) ci danno così il benvenuto nella loro piccola, vivacissima tribù. Il titolo del vostro secondo album finisce per metaforizzare un nuovo inizio, dato che sono cambiate non poche cose, a partire dalla line-up e dal canto affidato a Daniela in seguito alla defezione di Lisa. Come avete affrontato le dinamiche relative alla lavorazione di “Possibilities”? M: Il cambio di line-up è avvenuto in modo abbastanza naturale: da tempo Lisa ci ripeteva, con massima onestà, di non avere molte energie da dedicare alla musica, cosa che chiaramente abbiamo dovuto affrontare quando si è iniziato a lavorare sui pezzi nuovi. Per quanto fluido sia stato il passaggio, si è trattato pur sempre di un cambiamento importante e ci spaventava l’idea di perdere il nostro sound. Forse proprio questa preoccupazione è stata la molla che ci ha fatto impegnare maggiormente e ci ha fatto crescere: ci siamo tolti di dosso i “ruoli” che avevamo prima, provando a re-inventarci, suonando strumenti diversi e osando di più. Il suono, secondo me, ora è più compatto. Spero che si senta anche nei live. D: Riguardo al titolo hai ragione: “Possibilities” evoca i diversi orizzonti in cui immagini la tua musica o la tua band, ma anche le mille direzioni che può prendere un brano mentre lo componi. E: Il titolo è in realtà anche un nostro personale tributo alla canzone omonima, incisa per “Rain From Mars”, il nostro esordio, dove non era però stata inserita perché eravamo insoddisfatti della registrazione: ci eravamo ripromessi di riprovarci con il secondo album, che da allora abbiamo sempre chiamato “Possibilities”. Pur muovendosi sempre in ottica indie-rock, l’impressione è che abbiate assecondato un songwriting maggiormente cantautorale e raffinato, anche grazie all’utilizzo di una strumentazione più ampia. Era un intento ben preciso o la direzione Pagina 16 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 è stata messa a fuoco via via? E: Bisogna tenere conto del fatto che “Rain From Mars” raccoglie dei brani nati per essere suonati dal vivo, una specie di raccolta di quello che era successo nei tre anni precedenti. L’esigenza di curare i dettagli era già presente, ma era rimasta forse un po’ frustrata per motivi economici, di tempo e anche per la nostra inesperienza. “Possibilities”, invece, ha avuto una gestazione più meditata e i brani sono stati subito scritti con la prospettiva di essere portati in studio: questa è una differenza abissale per la scelta degli arrangiamenti. D: A volte ho l’impressione che in passato ci siamo un po’ nascosti dietro i nostri limiti tecnici, che ci fornivano la scusa per stare dentro un territorio circoscritto, fatto di sonorità famigliari (le due chitarre che suonano “così”, il set di batteria, la voce che “deve stare qua”...). Forse scrivendo “Possibilities” ci siamo liberati da questi vincoli, e credo che così siano venute fuori le cose migliori. La presenza di Giovanni Ferrario, assolutamente in linea con il vostro sound, e di Andrea Rovacchi, giova ulteriormente al respiro dei brani. So che volevate individuare qualcuno in grado di fornire maggiore esperienza in fase di registrazione, per cui mi domando come siete arrivati a scegliere proprio loro e che esperienza è stata collaborare assieme. M: Avere a disposizione persone di esperienza come Giovanni e Andrea è stato fondamentale. Per tirare fuori il meglio da una collaborazione devi imparare a farti guidare e non è una cosa sempre facile per i musicisti: a volte si tende a essere un po’ rigidi nel proprio stile o nelle proprie idee. D: Come dici tu, l’idea era quella di trovare qualcuno che ci aiutasse soprattutto in studio e quando ne abbiamo parlato con persone di fiducia, come Andrea Sbaragli di A Buzz Supreme, ma anche con Marta Collica che aveva ascoltato delle nostre registrazioni “domestiche”, è venuto fuori il nome di Giovanni. In realtà con lui abbiamo lavorato molto prima di entrare in studio, suonando insieme e riascoltando i brani, quindi il suo apporto è stato molto più che “tecnico”. E: Per la scelta dello studio, invece, ci piaceva l’idea di lavorare ancora in analogico e apprezziamo il lavoro di Andrea, non solo con i Julie’s Haircut. Ci siamo capiti al volo su cosa avevamo in mente e lui ha il grande pregio di farsi coinvolgere in quello che fa - ha anche suonato in alcuni brani - senza essere invadente: dà ottimi consigli lasciando le decisioni importanti alla band. Il fatto che suoniate senza basso fa pensare in automatico a band come Sleater-Kinney o White Stripes, mentre la cura prestata a una forma-canzone di base elettrica e tendente alla cupezza riporta a PJ Harvey e Nick Cave. In certe tracce di “Possibilities”, però, sfiorate persino lo stoner e il folk. Quali sono state in realtà le influenze primarie dell’album, non necessariamente soltanto musicali? E: I nomi che hai citato fanno senz’altro parte dei nostri ascolti. Il fatto è che i brani arrivano in sala-prove da Daniela in forma voce/chitarra e suonano sempre come quelli di Johnny Cash! Poi cerchiamo di vederci dentro, di immaginare delle “possibilities” che a volte portano a riferimenti precisi, altre volte ci fanno addentrare in zone poco frequentate. Fare riferimento ai generi o ad artisti specifici a volte è utile per comunicare con immediatezza quello che hai in mente, ma cerchiamo di non pensarci troppo e di farci guidare piuttosto dalla canzone che Pagina 17 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 stiamo scrivendo. Piccola parentesi ludica: i tre dischi preferiti di sempre a testa (so che è arduo...). D: Bob Dylan, “Bringing It All Back Home”; Robert Wyatt, “Rock Bottom”; Neil Young, “Harvest”. M: White Stripes, “Elephant”; Rufus Wainwright, “Poses”; Vampire Weekend, “Vampire Weekend”. E: Portishead, “Dummy”; White Stripes, “Elephant”; Bob Dylan, “Highway 61 Revisited”. Che mi dite, invece, della parte relativa alla stesura dei testi? D: I testi di “Possibilities” li ho scritti io. Gli spunti non nascono tutti allo stesso modo: a volte hanno origine da un’immagine, altre da una cosa letta o da una discussione. E poi sono una discreta lettrice di letteratura per bambini, un mondo ricchissimo di suggestioni, ma ho anche un’intensa attività onirica! Di solito inizio da una frase che armonizzo già sugli accordi. Poi, un po’ alla volta, sviluppo il testo di pari passo con la melodia e l’ossatura del brano. Dopo “Rain From Mars”, vi siete autoprodotti per la seconda volta. Quanto è faticoso perseguire questa strada e che tipo di feedback state ottenendo per adesso? M: Organizzare la produzione di un disco è molto faticoso, soprattutto se lo devi fare nel tempo libero: gli aspetti organizzativi portano via energia e ogni tanto verrebbe voglia di suonare per se stessi e basta! Quando però vedi che il disco ha un buon riscontro, come fortunatamente sta succedendo con “Possibilities”, e che circola bene, è un piacere. Anche perché riesci a portarlo in giro con i live. Così alla fine torni a focalizzarti sulla musica. E: Riguardo all’aspetto economico, la situazione non è molto diversa per chi sta sotto piccole etichette: c’è ancora in giro l’idea un po’ “romantica” che le etichette indipendenti scelgano e coltivino i propri talenti, ma da quello che sento in giro sempre più indipendenti entrano in scena solo una volta che il disco è registrato e finito, pronto per la promozione e la distribuzione. Nessun impegno, nessun rischio. Però sicuramente avere alle spalle un’etichetta rassicura molto sia la band che gli ascoltatori. Che aria si respira nell’attuale scena vicentina e quali altre band italiane sentite eventualmente affini? D: A Vicenza si suona tanto. C’è una scena post-rock molto radicata, attorno alla quale abbiamo gravitato anche noi, ma a parer mio è poco ricettiva e un po’ chiusa agli stimoli esterni. Spaziando negli altri generi ci sono Eterea Post Bong Band, Casa, gli Sgrenaisade di Gi Gasparin - che ha anche suonato nella nostra “Ghost Animals” - e Le-Li, ormai bolognese di adozione. M: A livello nazionale ci piacciono le realtà di “A Buzz Supreme” perché ne apprezziamo l’attitudine sincera. E poi ognuno di noi ha delle band predilette, dai Massimo Volume agli Zen Circus. Chiudiamo con due parole sull’artwork, al contempo grazioso e d’impatto. E: L’idea nasce dal testo di “Ghost Animals” e da alcuni addobbi natalizi. La canzone parla di un branco di animali selvaggi, con zampe che martellano il terreno, “delicati come la neve e forti come il ghiaccio”. È un immagine un po’ fiabesca un po’ gotica, che ci piaceva come metafora della rock band. Dal vivo, infatti, la cantiamo in coro con un’intenzione che Andrea Pagina 18 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 Rovacchi ha definito “marziale”! D: L’idea è poi stata sviluppata da Giulia Orlando di Distillato Design e dal fotografo Claudio Felline, due artisti vicentini, nonché amici ai quali siamo molto legati. Li ringraziamo ancora per aver trascorso delle ore a coreografare gli orsetti di legno! Contatti: www.sarahschuster.it Elena Raugei Pagina 19 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 ADAM FREI Empty Music Industry Seahorse/Holier Than Thou Dalle ceneri degli anglo-italiani Afterglow, autori ormai cinque anni fa del discreto “Decalogue Of Modern Life”, escono fuori questi Adam Frei, gruppo che riprende dal progetto precedente le pulsioni Eighties e post-new wave: l'iniziale “I'm On”, ad esempio, è inequivocabilmente figlia di un'epica appena trattenuta di scuola U2, una dimensione che, un poco ampliata in direzione di un rock più marcatamente da stadio, riappare in “To My Son”. Il frontman e bassista Dave Timson ha una padronanza del ruolo piuttosto solida e, pur muovendosi in un oceano di riferimenti noti, mantiene il sufficiente distacco che gli consente di restare credibile, e effettivamente canzoni come “Safe Song” sono dotate di personalità, offrendo all'ascolto una scrittura semplice ma penetrante. Al tutto si aggiunge la ormai collaudata esperienza di Paolo Messere in cabina di regia, che fornisce all'insieme quella compattezza di suono e quella ricchezza di sfumature timbriche che rappresentano una parte fondamentale della riuscita del progetto. Un disco onesto, di rock piuttosto tradizionale, forse un po' fuori tempo massimo ma comunque di buona fattura. Contatti: www.adamfrei.net Alessandro Besselva Averame Pagina 20 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 C+C=MAXIGROSS Singar Vaggimal/42 L'obbiettivo dichiarato di C+C = Maxigross e Vaggimal Records è quello di costruire una sorta di psichedelica epopea folk, alpina e campestre nell'immaginario che emerge dalla confezione e tra le righe della cartella stampa, legata tuttavia a stilemi angloamericani per quanto concerne i suoni e l'utilizzo della lingua inglese. Insomma, si gioca molto sulla possibilità di creare un cortocircuito tra suggestioni montanare, folk acido e sunshine pop per ensemble allargato (vi ricordate i Polyphonic Spree?), ma il punto essenziale, al di là di qualsiasi manifesto programmatico, è che i risultati dell'operazione sono decisamente buoni e per niente velleitari, tanto più che le sette canzoni che vanno a comporre questo mini-album concepito nelle valli veronesi stanno in piedi con piglio sicuro e solido pur nella caotica atmosfera di festa che le contraddistingue. Gli ingredienti base sono una certa dose di indolenza (“Low Sir” è a metà strada tra il primo Beck e certe follie collettive da cottage di campagna, alla Traffic del primo periodo per intenderci, con quei colori blues psichedelici un po' antichi, e si chiude con una coda cantata in italiano che inizialmente disorienta ma poi si inserisce perfettamente nel flusso della musica), una predilezione per le trame acustiche e per cori e melodie a più voci. Vista la durata ridotta, ci piace considerare questo “Singar” uno stuzzicante antipasto, un'anticipazione di quella che potrebbe essere una portata principale più ricca e a fuoco. L'importante è non smarrire l'aria artigianale e vagamente sperduta che rende queste canzoni così godibili. Contatti: www.myspace.com/cpiucmassagross Alessandro Besselva Averame Pagina 21 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 CATALDO PERRI E LO SQUINTETTO Guellarè Rewind/Venus “In 'Guellarè' c’è uno sguardo narrativo, epico, più che struggente nei confronti del tempo che passa e della vita in generale. Per questo motivo, più che nostalgia, mi piace definire questo sentimento con un neologismo : ‘Struggenza’, cioè uno struggimento pieno di potenza, che bandisce i piagnistei e le lamentele ed esalta, senza retorica, la forza della bellezza, dell’amore, della vita.” Così parla lo scrittore Carmine Abate del nuovo, terzo capitolo della produzione musicale del musico e dottore, dedito anche a teatro e televisione, Cataldo Perri, calabrese DOC, che con il gruppo Lo Squintetto (Piero Gallina, Enzo Naccarato, Nicola Pisani, Carlo Cimino, Checco Pallone) e con ospiti vari, ritaglia uno spazio ancora significativo per i colori e i sapori del Mediterraneo. Ma di quel Mare Nostrum che di nostro ha nell'album “Guellarè” voglia e capacità di incontro, di sorpresa, di contaminazione che appartiene alla nostra Italia, ma che spesso è dimenticata dietro lo spettro della paura dell'estraneo e diverso. E invece già dal titolo, “Guellarè”, bambino in arabo, parola che fa parte stabilmente del dialetto calabrese, dimostra come nella nostra memoria ci sia più di un colore diverso, ma mai discordante, componendo un arcobaleno che ironico, romantico, vitale, sognante, carico di “struggenza” ci ricorda tra l'altro con “Guellarè” la lotta alla mafia; la tragedia passata, il 1974, ma carica di presente, in cui in mare morirono dodici pescatori nel mare di Calabria; The Social Network, e la nostra epoca carica di solitudini (“Faciepuke”). Strumenti e sonorità sono cariche ancora e sempre di Mediterraneo, in un album che godibile scorre, il sapore di estate che lo monta, capace di poter ambire a rompere gli argini di questa estate i cui segnali stanno scolorendo portando all'autunno, e perché no colorando e scaldando anche l'inverno che verrà. Contatti: www.cataldoperri.it Giacomo d'Alelio Pagina 22 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 COMMA Visionario MKRecords/Venus Prolifica la regione Calabria sforna dal suo bacino un nuovo cantautore italiano, che, come viene reclamato dai lanci stampa, si rivolge anche a sonorità rock di matrice anglosassone. Di italiana fino in fondo quella “visionarietà” che proprio dà titolo all'album di esordio di Comma, all'anagrafe civile Pierpaolo Mazzulla: appunto “Visionario”, dieci tracce supportate dalle parole di Andrea Orlando, che ci scaraventano nella normalità di ogni giorno, che in quanto tale quando viene ricordata, anche se filtrata dalla poesia, è comunque sorprendente, ricordandoci come ancora esista. E con il suo visionario “Visionario” Comma ricorda come a questo mondo l'esclusione da un amore, da una condizione, dalla vita, introducendosi nel dolore, in poche e spicciole parole dalla propria storia, esista e persista, portando a ergere con il brano “L'escluso” a eroe contemporaneo ancora una volta quel “L'uomo senza qualità” di cui l'alone e l'afa circola nell'aria del nostro tempo. Messaggio che con le trame sonore molto orecchiabili, godibili, a tratti trascinanti, come la voce di Comma che sale in coinvolgenti crescendi, sembra essere stato ben accolto e compreso, tant'è che proprio il singolo di lancio “L'escluso” è risultato primo in classifica Download di Mondadori shop per più di un mese... Alla produzione artistica Valter Sacripanti (Nek, Ivan Graziani, Eugenio Finardi), batterista nell’intero album. E con imputabili parametri di riferimento artistico interpretativo Ivan Graziani, Moltheni, Mario Venuti, e perché no?, a tratti i dimenticati, ma oltremodo compianti, La Sintesi, va la voce e lo stile di Comma, a tratti incespicando in una voce troppo rotta (sarà perché la traccia s'intitola “Anime”?), ma nella sua totalità un bell'esordio, piacevole all'ascolto, con la richiesta di star dietro alle parole, e se si trova poesia, di non storcere troppo la bocca, ma di aprire il cuore. Contatti: www.myspace.com/ilcomma Giacomo d'Alelio Pagina 23 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 DEAD ELEPHANT Thanatology Riot Season La tanatologia studia le cause ed accertamenti legati al decesso di un individuo, ed analizza i mutamenti dello stato cadaverico di un corpo. I Dead Elephant, per l’appunto, mutuano il proprio stato molecolare dopo la furia post-core di “Lowest Shared Descent” - esordio datato 2007 – in umor nero e denso di doom, condensato nei quattro pesanti solchi che compongono “Thanatology”, disco che segna un periodo di transizione sia dal punto di vista sonoro che attitudinale, passando alla label inglese Riot Season, che imbastisce per il trio italiano una produzione ineccepibile. Ne va di conseguenza che il sound venga traghettato verso i labirintici meandri sabbathiani in cui scorgere la via d’uscita risulta impresa ardua, non per intrinseco senso opprimente che ammanta le tracce di “Thanatology”, ma per immutata e povera fantasia di scrittura, fin troppo monocorde e prevedibile nei suoi slanci saturi di distorsioni e lento incedere, mantenendo comunque una buona dose di denso e nero doom mefitico, in cui le soluzioni dei Dead Elephant risultano fin troppo prolisse ed autoreferenziali, sublimate in una nebulosa informe terrificante, ma ormai ammaestrata nel corso degli anni. La pesante veste doom non calza alla perfezione sulle spalle forti dei Dead Elephant, e liberarsi delle sue asfissianti gabbie potrebbe rendere il tutto più accessibile anche verso chi, a questo genere, non è poi così avvezzo. Un vestito adatto per l’occasione bisogna ancora trovarlo. Contatti: www.deadelephantband.com Luca Minutolo Pagina 24 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 DO NASCIMIENTO EP autoprodotto Annata da riportare sugli annali per l’emocore italiano, in cui i Do Nascimiento, quartetto di stanza genovese, sancisce e pone l’ennesimo tassello di un puzzle brulicante e quanto mai vivo. Un EP, sei tracce titolate con nomi di oggettistica varia che sembrano trafugati dalla lista di un negozio di casalinghi di provincia, come quelli gestiti da anziani in locali piccolissimi e dai prezzi imbarazzanti, ricolmi di roba accatastata l’una sull’altra, così come, in una raccolta così piccola, i Do Nascimiento accavallano l’una sull’altra sensazioni e pulsioni gettate in download gratuito sulla pagina Bandcamp del gruppo. Una furia emocore fulminante, arsa da una voce che sembra trafugata dai Blood Brothers registrata su di un 4 piste rovinato e gracchiante, ed un pugno di canzoni q.b. per riversare passioni ed ansie su nastro. Come nell’apertura “Bicicletta”, in cui quel “sono pronto ad altre mille salite con te” farebbe sciogliere il cuore di qualsiasi donzella, ed al contempo risulta adatta ad una dichiarazione d’amore incondizionato verso il proprio mezzo a pedali. Dicotomia perfetta che racchiude in se tutta la poetica nuda e spicciola dei Do Nascimiento, fatta di simbologie ed oggetti – per l’appunto – semplici e banali. Un EP vivo e pulsante, dove si possono distinguere chiaramente i colpi di tosse ed il plettro che grattugia le corde con ignoranza ( l’irruenza acustica di “materasso”), registrato in bassissima fedeltà eppur mai così vicina al vero, facendo sembrare a tratti che il suono filtri dalla parete accanto. Un'attitudine DIY che caratterizza gli errori e le imperfezioni di questo EP d’esordio, andando a comporre un quadro generale che si delinea come caratteristica pregnante del gruppo, piuttosto che come mancanza di dovizia, da cui i quattro genovesi prendono il proprio tratto d’unione e di forza. Così lontani dalla tecnica, così vicini al cuore. Contatti: http://donascimiento.bandcamp.com/album/do-nascimiento Luca Minutolo Pagina 25 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 ELEVEN FINGERS To Remind You In The Bottle/Audioglobe Album di debutto per gli Eleven Fingers, formazione di origine modenese che raccoglie elementi provenienti da varie esperienze (in primis Fragil Vida, ma anche Fourire, Duner o Crudelia). Le voci e il pianoforte di Anna Cavazza e David Merighi contraddistinguono canzoni comunque arricchite da chitarre (Andrea Grazian), synth, glockenspiel (Stefano Bortoli, responsabile del mixaggio), basso (Stefano Zerbini) e batteria (Daniele Merighi), senza scordare l'apporto degli ospiti del caso, tra cui nominiamo almeno Enrico Pasini, già alla tromba per Beatrice Antolini. L'apertura con tasti e voce cullante di “Again” può rimandare a certe soluzioni degli ...A Toys Orchestra, mentre la title track abbina andamento indie-rock e giri di corde vagamente alla Fugazi, “White Boots” sfodera fiati solari, le più aggressive “Dear Tom” ed “Everything Is Far Away” alzano il tiro delle elettriche, “Behind Our Best” veste la melodia con arrangiamento di classe, “One Day” è ballad con echi di Calexico e “Like A Dog Without Bone” chiude con ampio sipario filo-post. Insomma, “To Remind You” non sarà esattamente un disco memorabile, ma procede con misurata eterogeneità, valorizzando una band a suo agio nel maneggiare differenti ingredienti senza perdere mai la bussola. In parallelo con il dispiegarsi delle note, si parla “di separazioni e di ritrovarsi, di crolli e ricostruzioni, di terremoti e mancanze, di parole e silenzi”. Per adesso, pollice mediamente alzato. Contatti: www.myspace.com/elevenfingersband Elena Raugei Pagina 26 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 GENERAL STRATOCUSTER AND THE MARSHALS General Stratocuster And The Marshals Horus Music/Audioglobe Concepito come un vinile, con tanto di lati A e B, questo esordio non è un album che può passare inosservato. Infatti il quartetto è una sorta di – come si amava dire una volta – supergruppo, guidato dal chitarrista Fabio Fabbri, noto sessionman e che veste i panni del General Stratocuster, a cui si sono affiancati il batterista Alessandro “Nuto” Nutini della Bandabardò, il bassista Richard Ursillo, un pezzo di storia del pop italiano dei 70 (Campo di Marte e Sensation’s Fix) e l’asso nella manica Jack Meille, cantante di razza, che offre la sua ugola anche ai Mantra e soprattutto agli inglesi Tygers Of Pan Tang, idoli del metal anni 80. Come dicono loro stessi, è iniziato tutto per scherzo, ad una festa di compleanno, ma poi la faccenda si è fatta seria e dopo aver suonato al Pistoia Blues dello scorso anno, hanno deciso di ufficializzare la loro unione con un album. E sin dalla confezione, un digipack con copertina stile cowboy, questo CD ha tutto per soddisfare gli appassionati di rock classico, che ama perdersi anche in sonorità più grosse e grasse, con l’Hammond di “All Because Of You”, i fiati ondeggianti di “Highway” e “Fortunate Son” dei Byrds, unico rifacimento dell’album e con il piano dal gusto americano di “Sweet Sandy” e “Good Ol’ Time Blues”, se invece volete un a scarica di adrenalina, ascoltate l’iniziale “Gifts And Gold”. Niente di nuovo, ma la classe dei protagonisti garantisce una base solida di freschezza, che lo rende imperdibile per chi ama questo tipo di sonorità. E dal vivo promettono scintille. Contatti: www.generalstratocuster.com Gianni Della Cioppa Pagina 27 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 HIDDEN PLACE Weather Station - Early Works Twilight Records Forte dei buoni riscontri di critica ottenuti un paio d'anni or sono da "Punto luce", la Twilight Records ristampa pressoché simultaneamente l'album d'esordio degli Hidden Place "Fantasia meccanica" uscito nel 2007 sotto il marchio Hellektro Empire - e il loro primo demo "Weather Station" (2005), arricchito con un paio di brani anch'essi risalenti ai primi anni di vita della band. L'opera di recupero si rivela encomiabile sia per la qualità di queste ipnotiche composizioni elettroniche - che emerge a dispetto della produzione artigianale - sia per offrire al gruppo lucano l'opportunità di farsi apprezzare ancor più all'estero, in particolar modo in Argentina, dove ha sede l'etichetta che li tiene sotto contratto e dove le riviste specializzate hanno già avuto modo di encomiarli. All'epoca dei fatti Fabio Vitelli, Sara Lux, Giampiero Di Barbaro e Antonio Losenno erano fedeli seguaci dei canoni stilistici delineati dai Kirlian Camera a cavallo degli anni 80 e 90 e ben definiti da quell'oscuro capolavoro dei T.A.C. che fu "La nouvelle art du deuil" (Discordia, 1995). Melodie gentili, in un'elegante alternanza di voci maschili e femminili, ritmi cadenzati su testi in inglese, in italiano e in tedesco; malinconiche visioni che - pur nel sacrificio dell'innovazione - colpiscono e appassionano. Contatti: www.myspace.com/hiddenplaceitalia Fabio Massimo Arati Pagina 28 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 J.C. CINEL The Light Of A New Sun Andromeda Relix/Black Widow Impresa lunga e non semplicissima quella di tracciare le coordinate della carriera di J.C. Cinel, sia alla guida o all'interno di altre formazioni che come solista. Meglio concentrarsi sui contenuti di questo suo nuovo lavoro in proprio, una raccolta di canzoni che hanno il sapore del rock più classico, stradaiolo al punto giusto, impolverato ma tutt'altro che polveroso. Flirta col blues Cinel, tinge le sue composizioni di elettricità sudista per poi staccare (almeno in parte) la spina e mostrarne il cuore acustico e roots, salvo virare ulteriormente e planare dalle parti della West Coast illuminata dal sole al tramonto. In altre parole, pur muovendosi all'interno di un ambito stilistico ben preciso, gli undici brani qui contenuti si fanno apprezzare per la relativa varietà delle soluzioni, senza per questo che la personalità del padrone di casa smetta di farsi sentire. Da una parte, convince la scrittura, solida e non priva di riuscite aperture melodiche; dall'altra, piacciono non poco gli arrangiamenti, specie per quanto concerne le chitarre, nei loro intrecci e negli assolo fulminanti, frutto di una tecnica notevole sempre però messa al servizio dei pezzi e degli stati d'animo da essi veicolati. E, a dare al tutto uno spessore ancora più internazionale, i contributi alle tastiere del veterano Johnny Neel. Ora, va detto, chi tali sonorità non le mastica abitualmente difficilmente si convertirà grazie all'ascolto di “The Light Of A New Sun”; chi però in certe atmosfere si trova a proprio agio e, in generale, chi nel rock cerca i sentimenti e la passione più che l'adesione alle mode e la novità a tutti i costi non potrà che apprezzare. Contatti: www.jccynel.com Aurelio Pasini Pagina 29 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 KARL MARX WAS A BROKER Alpha To Omega Escape From Today/A Buzz Supreme C’è molto da dire riguardo ai pistoiesi Karl Marx Was A Broker, il che è un’ottima premessa in tempi di passatempi improvvisati senza arte né parte. Trattasi di un duo costituito da Marco Filippi (basso e amore per funk, prog degli anni 70, metal e jazz) e Gianluca Ingrassia (batteria e un background a base di indie-rock, new wave, post-punk, disco ed elettronica). Incontratisi nell’aprile 2009, i due musicisti hanno adottato un bizzarro ossimoro per sigla sociale ispirandosi alla sconclusionata situazione economica dei giorni correnti. La fusione delle rispettive influenze ha poi forgiato composizioni strumentali massicce ma al contempo attente alle sfumature, in virtù di una ricerca del suono individuata non a caso come “centro nevralgico”. Dopo un omonimo EP che ha innescato numerosi concerti (persino al fianco di nomi a tratti affini come Zu, Appaloosa o Bologna Violenta), “Apha To Omega” è un esordio sulla lunga distanza che condensa sin dal titolo l’essenza del progetto, a procedere tra stratificazioni di corde, drumming roccioso ed effetti, distorsori e amplificatori di vario tipo. Come se non bastasse, il disco - registrato da Lorenzo Stecconi dei Lento in quel di Roma si presenta in una splendida confezione digipack realizzata da Stefano Piacenti, una sorta di concept-artwork sulle foto dell’antropologo Cesare Lombroso. Si possono definire un piccolo colpo di genio, infine, i testi dello scrittore Marco Carlesi, pensati come atipica rappresentazione visiva dei pezzi. Contatti: www.karlmarxwasabroker.com Elena Raugei Pagina 30 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 KRIKKA REGGAE Liberati Etnagigante Ingegni/Goodfellas Avevo perso i contatti con la Krikka Reggae ormai tre anni fa, quando il precedente lavoro “Na soluzion” aveva messo in luce ottime qualità. Li trovo quindi con piacere con questo “Liberati”, prodotto in casa ed uscito grazie alla Etnagigante di Roy Paci, tra l’altro uno dei molti ospiti presenti nell’album. Non è facile uscire dagli stilemi, ormai consolidati, del reggae italiano; il successo (relativo, ma notevole) di band come Africa Unite o Sud Sound System ha come “normalizzato” la musica in levare, per cui distinguersi è più difficile ma essenziale. L’uso del dialetto lucano va proprio in questa direzione, ma anche una certa vena di poesia leggera, quella ad esempio della title track, è un elemento nuovo, mai sfruttato appieno in precedenza. Più musicali e meno militanti, ma questo non vuol dire senza coscienza civile, la Krikka Reggae riesce a prendere il volo, ed anche gli arrangiamenti più vari rispetto al passato sono una piacevole novità. Gli ospiti poi, dall’immancabile Bunna fino ai Franziska, sono un valore aggiunto che fa piacere e non distrae. E sarà anche scontato dirlo, ma in quest’estate in Italia non è uscito lavoro migliore nel genere. Contatti: www.krikkareggae.it Giorgio Sala Pagina 31 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 LA MUGA LENA Strani pupazzi umanoidi senza faccia autoprodotto La pigrizia è una brutta malattia. E credo che una buona fetta dei fruitori di musica di questo millennio, soprattutto quelli della vecchia guardia, siano sopraffatti da questa patologia. Sono infatti prigionieri delle loro lamentale malinconiche: che una volta era meglio, che ieri c’era più coraggio e via dicendo. Peccato che non vogliano uscire dai loro gusci nostalgici, perché potrebbero scoprire tanta buona musica, che però richiede un po’ di impegno e di voglia di capire, elementi che forse essi non hanno più. Prendete questi La Muga Lena: quattro ragazzi di Messina che sin dal loro esordio omonimo del 2003, hanno avuto l’audacia di scegliere un percorso impervio, fatto di saliscendi e strutture musicali dai connotati variegati. Quindi tante e non sempre identificabili le influenze dei La Muga Lena, che con questo CD, un concept dedicato alla loro città, giungono al quinto lavoro, ma “Strani pupazzi umanoidi senza faccia”, è anche la loro opera più coraggiosa e matura: un frastagliato viaggio psichedelico tra Hawkwind e Swervedriver, con impennate hard progressive e non mancano riferimenti alla cosmic music tedesca, con tappeti di synth e percussioni. Un sarcasmo solare, affianca una vincente imprudenza, che genera otto canzoni di spessore, con le due gemme malate di “La morte di Abu Mazen” ed “Ester Coraro”. Musica per menti aperte e ricettive. Contatti: www.myspace.com/lamugalena Gianni Della Cioppa Pagina 32 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 LABRADORS The Roger Corman EP Il Verso del Cinghiale Nato dalle ceneri dei Suinage, il trio dei Labradors ha poco più di anno di vita. Un gruppo di indie-pop che sogna di essere trasmesso da una college radio negli anni 90, prima dei Pavement e dopo i Weezer con in mente Burt Bacharach, come nella equilibrata e sfavillante al tempo stesso “Just To Begin” che ha i colori giusti, se questo è davvero il loro intento. Un buon risultato per iniziare, che li porta a mettere sul piatto una certa spontaneità che è innata spesso e volentieri, come sembra nella fresca e lucida “Hawaii”. Posso essere chiunque ed essere in qualunque posto se solo lo desiderassi, sembrano dire positivamente. Così ci ritroviamo in un luna park a mangiare zucchero filato o in una stanza piena di poster dei nostri eroi con le spillette che riempono il nostro zainetto. “Roger Corman” è il titolo del loro primo EP che esce per Il Verso del Cinghiale, prima solo su vinile e poi su CD. La voce di Filippo Colombo ci riporta in mente vecchie glorie, ma dopo un po’ che la sentirete potreste percepire che non è solo una bella foto sbiadita dal tempo ma è anche tanto altro. Il suo passaggio attraverso il mezzo con cui conoscerete il suono di questo disco, rimane nell’aria e si adagia come una farfalla su un fiore. Un album leggero e perfetto per spazzare via i malumori. Le loro influenze di matrice americana e inglese di fine anni 70 li stanno portando a crescere insieme come gruppo per portarsi verso il traguardo dell’originalità. Oltre Filippo alla chitarra e voce, Fabrizio Fusi suona il basso ed è alla seconda voce e Filippo Riccardi è alla batteria. Contatti: www.myspace.com/labradors666 Francesca Ognibene Pagina 33 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 LE BORG Einstein 2012 Videoradio/Self Così come la musica dei Le Borg è indissolubilmente legata all'elettronica tedesca degli anni 70, l'immaginario del loro nuovo album è pervaso dal sentore escatologico, che in quell'epoca era giustificato dal terrore atomico e che oggi si fonda non solo sulle problematiche ambientali del nucleare ma anche sulle varie teorie relative alla fine del mondo; tra queste la profezia dell'inversione dei poli terrestri nel 2012, nota anche ad Albert Einstein.Sostituito Felice Lechiancole con il percussionista Francesco De Chicchis, la band propone tredici nuovi episodi strumentali, a tratti segnati da interventi di vocoder.
Gli intrecci sonori elaborati dal terzetto (Paolo Di Cioccio e Ivano Nardi completano l'organico) sono scanditi da una ritmica spesso incalzante, ai margini della dance music, su cui sequencer e sintetizzatori tessono enigmatiche armonie. Un lavoro questo secondo del gruppo romano che non definisce certo nuove rotte espressive ma piuttosto vive egregiamente nella sua ortodossia stilistica. Contatti: www.paolodicioccio.it Fabio Massimo Arati Pagina 34 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 LE CLUB NOIR Le Club Noir Mono Giovani son giovani i componenti de Le Club Noir, gruppo che nasce nel 2007 per mano e voglia di Gianluca Veronal (voce/chitarra) e Joe La Iena (basso), a cui si uniranno l'anno seguente Federico Toma alla batteria e ai cori, e Lord Byron Vivona al piano, synth e cori. Età media ventidue anni, che con entusiasmo (ovvio!) presero l'interesse di una major non ben identificata di pubblicare la loro opera prima, disponibilità passata poi nel dimenticatoio con eccessiva nonchalance come spesso capita, tanto da spingerli ad autoprodursi nell'uscita del loro album omonimo, una croce nera sulla copertina, per onorare la corrente artistica suprematista di Kazimir Malevich, autore nel 1915 proprio della “Croce nera su fondo bianco”. Nome della band dettata dalla passione di Veronal per il cinema di Hitchcock e ai film noir, pop infarcito di rock'n'roll, Le club noir per ora si aggira per lo più in tournée nell'hinterland milanese, come si può vedere nel loro sito, e ha dalla sua una freschezza e immediatezza energetica, contro però all'ingenuità che ne deriva in pezzi che entusiasticamente vanno, ma forse un po' troppo. Amore che attraversa i nove pezzi (otto più ghost track), rivolto a più livelli e piani di interesse, tra la vita, suoi derivati, e l'amata oggetto non bene identificato ma ben presente e spesso distante, nella cui attesa si spera struggenti. Seguiti fin dall'inizio dal produttore Enea “Il Conte” Bardi, che li ha accompagnati negli arrangiamenti e nella ricerca del suono, con il contributo di Andrea Rock di Virgin Radio in “Quelli Come Noi”, e con i Ministri in “Il Bel Paese”, conducono i 35 minuti di metraggio e durata dell'album, che ha nel pezzo di apertura, proprio “La croce nera”, la sua linea d'intenti, e di volontà di provarci fino in fondo, come dimostra quando dice “la croce di chi ci crede ancora e non si dà pace...”. Chapeau per la grinta e la voglia di intraprendere la strada e farlo in tutti i modi, con convinzione, e di sicuro con questo punto di forza a loro merito potranno crescere ancora, spaziando e osando sempre di più in tematiche e sonorità, non cadendo in versi come “il Bel Paese non ci merita..., il Bel Paese sogna l'America...”, dimostrando come l'episodio della major scotti parecchio, ma non poteva essere altrimenti (e come dargli torto...), in attesa della prova del nove della seconda, augurata, uscita. Contatti: www.leclubnoir.com Giacomo d'Alelio Pagina 35 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 LEIBEI In cauda venenum autoprodotto Impatta grezzo, con aperture in trame di velluto più paziente e morbido, come non può che essere l'attesa e il rimpianto d'amore contenuto in “Nessun momento”, l'opera prima di Silvia Raggetti, Serena Sacchetti ed Erica Martini, bolognesi DOC, che nel 2006, stanche di far cover con la loro precedente band, le Daffoldis, diventano le LeiBei (“bei” in dialetto veneto “bevi”...), per perdersi in un rock indie alternativo, con attacchi di stoner, genere portato dalla presenza alla lavorazione dell'album “In cauda venenum” di Riccardo Brusori (già con i Sideroxylon) alle batterie, con l'altra presenza di peso di Cristiano Santini (ex Disciplinatha, già collaboratore e produttore dei C.S.I.), che, registrando, mixando, masterizzando il tutto nel suo Morphing Studio, ha dato una mano importante a rendere compatte le loro canzoni, che, come ammettono, è “ruvida, immediata, malinconica”, una miscela appunto di “alternative rock, stoner, grunge, ma ascoltiamo anche cantautrici/cantautori italiani”. Undici tracce che scorrono veloci, parole e suoni che picchiano, anche quando accarezzano un ricordo, attaccando con temi che trasversali vanno a toccare politica, denuncia sociale, intima rivendicazione e nostalgia. A parte l'incursione english in “Sticky Man”, cantate in italiano, omaggiato prendendo una poesia di un nostro grande, Salvatore Quasimodo, “Alle fronde dei salici”, che qui diventa la conclusiva “Alle fronde”, un viaggio sonoro, ancora nell'insegna dell'impegno, contro la guerra, che solo la poesia è capace di trasmettere, fiera, immediata e necessaria. Aperto con un battito d'ali carico di tornado come quello contenuto in “Sussurro di ali”, guardando oltre oceano, ma col cuore vicino, in “Argentina mon amour”, graffiando ironico e sprezzante con “Gringo”, fanno ben sperare per i prossimi appuntamenti le LeiBei, di certo non da aspettare comodamente in poltrona. Contatti: www.leibei.it Giacomo d'Alelio Pagina 36 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 LEMMINGS Teoria del piano zero La Grande Onda/Audioglobe “Teoria del piano zero” è il secondo album dei romani Lemmings, e le canzoni che lo compongono sono riferibili ad un rock un po' generico che denuncia ascolti anni 90 e frequenta un cantautorato un po' ombroso con qualche accenno di retorica folk, irrobustito da chitarre angolari e solide ma tutto sommato rassicuranti, apprezzabilmente senza fronzoli da un lato ma contemporaneamente privo (eccessivamente privo) di sfumature. Un disco che definiremmo onesto, senza troppe pretese, che non riesce quasi mai a scrollarsi di dosso del tutto un immaginario già percorso. Poco male, se a bilanciare determinate scelte stilistiche ci fosse una scrittura particolarmente brillante od originale. Così non è: come abbiamo detto su questo disco troviamo della musica onesta ma sostanzialmente povera di guizzi e scarti, anche se brani come “Laura”, una ballata vagamente alla De André, appena sporcata di elettricità, o la veloce folk-punk “E così sia”, sono senza dubbio dotati di personalità ed espressività. Condizione sufficiente per avere qualcosa da dire e dirla con convinzione. Insufficiente, nel complesso, per offrire una musica appetibile e capace di suscitare curiosità, al di là della inequivocabile sincerità di fondo. Contatti: www.facebook.com/pages/Lemmings/118828245561 Alessandro Besselva Averame Pagina 37 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 MANETTI! Manetti!
 Sangue Disken I Manetti! (con il punto esclamativo, per non distinguerli dal famoso duo di registi romani), sono una band comasca dedita al post-rock con escursioni vocali nei territori di una slacker-new wave che potrebbe regalare qualche momento di felicità all’ascoltatore casuale. Esistono da un po’ di tempo ma il loro MySpace non sembra regalare molte informazioni a riguardo. Poco male. Atteniamoci a quanto c’è in questo disco omonimo. Un lavoro che se da un lato rivela una onesta mancanza di ambizione e, quindi, una mancanza di pretenziosità, dall’altro ha l’indubbio pregio di lasciar trasparire una certa onestà. Si sente sono canzoni fatte per amore di un certo tipo di musica e un certo tipo di sonorità e attitudini. Non c’è niente di male, per carità, come non c’è niente di male nel registrare, uscire e rimettersi al giudizio della critica perché in effetti è anche giusto sapere cosa se ne può pensare fuori dal circuito degli amici. Ora: il problema è che da queste canzoni non si deve pretendere più di quanto già non ci sia. Una scrittura pulita. Un’esecuzioni calligrafica. Una ricerca diligente ma, a conti fatti, compilativa. “!” è il lavoro di chi ha ascoltato troppi Explosions in The Sky e troppi Modest Mouse e, folgorato sulla via della new wave, ha cercato di riprodurne una versione in sedicesimi.Questione di esigenze. Contatti: www.facebook.com/manettimanetti Hamilton Santià Pagina 38 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 MARYPOSH La luna insegue il sole Totally Unnecessary Records Non sono in grado di dirvi se la collaborazione tra i Maryposh, che si erano già distinti con un mini-CD un paio di anni di anni fa e la cantante/polistrumentista Veronica Marchi (due applauditi all’album all’attivo, numerosi contributi a spettacoli teatrali e molto altro) sia una situazione conveniente a entrambi o il risultato di una vera scintilla creativa, scoccata in qualche modo. E questo nonostante io sia un concittadino delle due parti, a dimostrazione che nel caos dell’attuale panorama, anche restare sintonizzati con la semplice scena musicale locale, è impresa praticamente impossibile. Detto ciò, prendiamo atto che, qualsiasi stimolo ci sia alle radici di tale incontro, il risultato ha giovato ad entrambi: la band ha acquistato quella sicurezza interpretativa che forse prima mancava, mentre la Marchi si è alleggerita e può fornire un’immagine di sé meno seriosa e più rock, con il risultato che le dodici tracce che addobbano questo esordio sulla lunga distanza, dicono che i Maryposh ora sono in grado di spaziare dal riff solido di “Angelo nero” che apre l’album, all’indie rock di “Guinzaglio”, “Vino rosso” e “Odio e ragione” che rievoca rimandi di CocoRosie e – strano a dirsi – Blur, fino a certe ballate alla Jeff Buckley, dove l’impronta della nuova cantante appare lampante. Una possibile hit? Io punterei su “Gelosia”. Ascoltateli, l’impressione è che i Maryposh siano veramente motivati. Contatti: www.maryposh.it Gianni Della Cioppa Pagina 39 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 MUSIC FOR NO MOVIES Violent Zen Fluttery Forse non si potrà parlare di “scena” bolognese, ma certo è che Federico Fantuz – ai più noto come chitarrista di Beatrice Antolini - qualche analogia con il concittadino “massimovolumiano” Egle Sommacal ce l'ha. A partire da un interesse, la chitarra, talmente pressante da trasformarsi in un progetto solista vero e proprio, un po' per sancire uno spazio creativo libero da legacci, un po' perché la sperimentazione sul suono è evidentemente un chiodo fisso per entrambi. 
Fantuz, diversamente da Sommacal, vira però verso una contemporaneità cinematica e trasversale, tanto da arrivare a definire Music For No Movies come un “progetto a rovescio composto da tracce 'orfane', pensate come colonna sonora, in cerca della loro 'maternità. Un modo intrigante per sottolineare come i richiami stilistici di “Violent Zen” siano contestualizzabili alla bisogna e tra i più disparati, fatta eccezione per un Brian Eno sottotraccia che sembra caratterizzare un po' tutta l'opera.
In questo senso crediamo debba essere letto il mosaico in reverse di un brano come “Earth Job” e il blues ancestrale di “The Dog And The Downpour”, la frontiera sudamericana di “Fire & Sky” e l'ambient vagamente fennesziana di “Arvo Moon”, le liquide densità di “Waterquake” o l'Oriente sospeso di “Air Games”. Come un fluire strumentale che narra una storia ancora da scrivere, in un disco concentrato soprattutto sul mood. Contatti: www.myspace.com/musicfornomovies Fabrizio Zampighi Pagina 40 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 PIER FOSCHI Pier Foschi Sounday Il nume che tutela l’esordio a proprio nome di Pier Foschi è Piero Umiliani. Il grande compositore, autore di colonne sonore memorabili, ha ispirato il batterista con il celeberrimo “Mah-Nà Mah-Nà”, risalente al 1968 (dal film “Svezia, Inferno e Paradiso”). Le dodici tracce messe in fila da Foschi sono godibilissime. Il primo motivo risiede probabilmente nella percezione netta che egli stesso ne tragga parecchio diletto. Sono la batteria e la voce i protagonisti assoluti di questo disco, che vede il musicista per la prima volta fare ditta col suo nome dopo venti anni dietro casse e piatti per conto di Jovanotti, Terence Trent D’Arby, Celentano, Pelù e molti altri. Come dice lo stesso Foschi, che è l’artefice di gran parte dei suoni dell’album, “voce e batteria vengono impiegati come dei matti solitari che si sostengono a vicenda”. Un connubio fatto di reciproche influenze. Voce utilizzata in modo percussivo, e percussioni piegate in forme vocalizzanti. L’uomo-tamburo declina con mezzi sobri, e magistrale controllo, le tinte cangianti di una tavolozza che sfuma di volta in volta verso jazz, soul, funky, lounge, samba. Si passa quindi dalla davisiana “Daba Dabà” (Maurizio Piancastelli alla tromba), alla brasilera “E.B.”; in “Penso a Prince” (Filippo Trincati alla voce) lo scat onomatopeico è un mantra ritmico ossessivo: groove a palate. In “Questa vecchia batteria” – che ricorda certe vecchie scorribande dei Weather Report – le parole ricalcano la filastrocca “Nella vecchia fattoria”. “Bo Boom Bom” è insolente e negroide, “7+” è una bossa elegante che potrebbe essere emersa da un film di altri tempi (ecco, vedete Umiliani?). Bravo Foschi, un divertissement intelligente. Contatti: www.pierfoschi.com Gianluca Veltri Pagina 41 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 PLAYONTAPE A Place To Hide La Rivolta Nella biografia che i Playontape pubblicano sul loro sito web si può leggere: “figli di un rapporto con l’immaginario new wave fiorito negli Eighties, e che ritorna oggi fondendosi con il rock post-moderno”. C’è un po’ di confusione. A leggere Simon Reynolds, la new wave era esattamente specie di corrispettivo musicale del post-moderno. Inoltre, il post-moderno rappresentava – tra le altre cose – l’idea che la storia fosse destinata a ripetersi due volte: prima come tragedia, poi come farsa. Ecco. Se il post-moderno era già una farsa della storia, il post-moderno di un post-moderno cosa diventa? Grande farsa? Post-farsa? Non so. Come detto, c’è parecchia confusione. Non musicalmente, invece. In questo, i Playontape sembrano sapere già benissimo dove e come guardare. La loro nota spiega, effettivamente, tutto. Sono canzoni che si rifanno alla componente revivalistica di quella new-new wave che ai tempi aveva fatto gridare gli amici gonzi del “New Musical Express” al miracolo di una nuova età dell’oro per la musica pop. Ora i negozi stanno chiudendo, i dischi non si comprano più e forse investire dieci euro in una copia carbone degli Editors non è esattamente al top delle esigenze dell’ascoltatore appassionato. Che poi, intendiamoci, è sempre il solito problema. È anche roba degna di essere ascoltata – per esempio, una canzone come “To The Other Side”gli Editors se la sognano – ma che non trova un’attuale collocazione o un senso specifico al di là del bel compitino nell’effettivo e incasinatissimo panorama contemporaneo. Contatti: www.playontape.it Hamilton Santià Pagina 42 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 RAEIN Sulla linea d'orizzonte tra questa mia vita e quella di tutti autoprodotto Eravamo rimasti al in attesa trepidante di un disco nuovo del sestetto forlivese dallo scorso numero, e torniamo a distanza di un paio di mesi dalla raccolta “Ah, As If”, con le aspettative pienamente ripagate. Tre anni trascorsi da quel “Nati da altri padri” che dal basso aveva scosso le fondamenta della scena alternativa italiana, dieci anni dall’esordio omonimo, e nel mezzo singoli sterminati seguiti da tour estenuanti, tra (poche) date italiane e (incessanti) concerti all’estero, il quarto disco giunge sottovoce in download gratuito ma anche in una limitata edizione su vinile. Anzitutto “Sulla linea d’orizzonte tra questa mia vita e quella di tutti” custodisce già da titolo una linea netta tra passato e presente, ovvero l’utilizzo esclusivo della lingua italiana. Qui però sommersa da un onda indomabile di strati chitarristici e squassata da un growl che riesce a malapena far scorgere le liriche dense di pathos ed angosce esistenziali, sommerse da una sezione ritmica serrata. Eppure tutto l’insieme risulta, se pur coperto dal solito mood lo-fi verso cui i Raein sono totalmente devoti, più aperto nelle proprie soluzioni, che tra questi solchi ammiccano alle aperture emocore fatte di accordi intensi intervallati da cavalcate trascinanti, lasciando intravedere bagliori laddove nei dischi precedenti non ve n’erano. Un passo in più verso un attitudine “emozionale” nella sua accezione più pura del termine, ovvero di cavalcate hardcore a cuore aperto, come nella salita da nodo in gola di “Nirvana”, corollata da liriche che spurgano passione da ogni ferita (“innescheremo la macchina della volontà, per porci domande che spostino cattedrali/affinché tutto accada di nuovo oltre che nulla vada perduto”), o nell’incedere trascinante di “Costellazione secondo le leggi del caso”, questo disco solca una linea netta e precisa che attraversa tutte le dieci tracce che lo compongono, legate da un senso di apertura e liberazione definitiva. Non più la furia grindcore di un tempo, ma in questa veste i Raein riescono a far ancora più male di quanto non abbiano mai fatto in passato, sublimando in una catarsi collettiva ogni singola goccia di sangue che tracima da questo disco. Contatti: www.raein.eu Luca Minutolo Pagina 43 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 REVGLOW 9th Chrysalis KrisaliSound A nemmeno un anno di distanza da “Digital Frame”, album con cui il personalissimo progetto Apart riceveva nuova linfa e il nostro plauso, torniamo a parlare di Francis M. Gri. Il polistrumentista di Pordenone ha infatti approfittato del periodo estivo per dare alla luce il secondo lavoro dei RevGlow, come sempre accompagnato ai microfoni da Lilium, figura nota dell’underground milanese, nome naif e voce di rara purezza. “9th Chrysalis”, secondo disco del duo e seguito di “Liquid Pearls” del 2009, è l’eccellente risultato della loro particolare alchimia, una fusione che nella sua articolata amalgama sonora, riesce a mantenere distinti i tratti di ciascuno. Francis e Lilium sono due mondi affini ma fortemente caratterizzati e lo dimostrano di brano in brano, quando tra tappeti di synth e beat sgranati, la voce vola alta e si insinua in ogni dove; il pianoforte non la insegue e si limita a disegnare su spartito 4 mura e un tetto in cui ospitarla. Illuminanti in tal senso “Out-Side” e “Chrysalis”, per altro già presentate nell’interlocutorio “Chrysalis EP” dello scorso febbraio. Numerosi sono i riferimenti a cui l’ascoltatore distratto può appigliarsi: l’eterea presenza dei Cocteau Twins, la ruvidezza del trip-hop di Ruby, la pulizia melodica dei Saint Etienne, sprazzi di Emiliana Torrini. Tutti pezzetti di storie musicali, importanti o meno, sicuramente di carattere, che nelle mani dei RevGlow, rifioriscono e si rinnovano. L’album si chiude con “Invisible” ed invisibile ma presente è la promessa di un progetto in costante evoluzione, da seguire con attenzione e ancora di più, con piacere. Contatti: www.myspace.com/revglow Giovanni Linke Pagina 44 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 TEMPLE OF VENUS Messiah Complex autoprodotto Nati a Bologna nel lontano 1984, i Temple of Venus sono una band a cavallo tra la leggenda e l’anonimato e credeteci, è un vero peccato. Il loro nuovo album, “Messiah Complex”, seguito del precedente “Endless?” (2003) e di un promo del 2004 intitolato sorprendentemente “Promo 2004”, è il frutto di quattro anni di lavoro e una formazione oltremodo essenziale, con il fondatore Piero Lonardo e Alessandro Montillo quali unici testimoni di una modesta ma felice rivoluzione sonora. Le vere rivolte sono quelle che non fanno clamore ed ecco perché a sentire la sequenza di brani contenuti in questo album, si coglie una sensazione di già sentito mista ad una eccitazione tipica di chi sa scorgere del nuovo e del bello nei dettagli. È vero: le influenze paiono eccessivamente smaccate, tutte riconducibili a quell’unico, onnivoro e smisurato cappello che risponde al nome di new wave inglese, ma al tempo stesso sono evidenti gli innesti personali, le evoluzioni che ne fanno un disco ben sopra la media. L’impressione è che siano riusciti con un piede a tenere aperta una porta affacciata sul passato (o sul portone della Factory Records), intenti con le mani a a coltivare il presente. Non tutte le canzoni in scaletta sono state baciate dalla musa con pari generosità e faremmo volentieri a meno di sapere che si tratta di un concept album, ma concedendo a “Messiah Complex” più di un ascolto casuale, sarà facile perdonare qualche ingenua ridondanza. Brani come “Goodnight”, “Anything Inside Me” o la conclusiva “Tonight Can Be Done” meritano tutta la vostra attenzione. Contatti: www.templeofvenus.it Giovanni Linke Pagina 45 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 THE CYBORGS The Cyborgs INRI/Audioglobe L'idea di base è semplicissima, al limite del didascalico: suonare il blues elettrico con un piglio d'altri tempi (la fine degli anni Sessanta ad esempio) facendolo passare attraverso il filtro dell'elettronica, con synth che fanno il verso alle chitarre, voci deformate, impianti ritmici che suggeriscono una jam tra Jack White e Daft Punk. L'esordio dei piemontesi The Cyborgs è esattamente questo, prendere o lasciare. Chi scrive prende con il beneficio del dubbio (che senso può avere una operazione del genere nel 2011, e quanto potrà durare il gioco senza sembrare già sentito? Questione destinata probabilmente a restare aperta), ma prende senz'altro, perché l'esordio dei Cyborgs è fresco, ben scritto, solido, e ascoltando tutti i brani, uno dopo l'altro, quella che inizialmente pareva una pur divertente velleità assume le forme di qualcosa di più articolato e ricco di sfumature. A volte (“Human Face”) il gioco viene fuori fin troppo facile e derivativo, altre volte (il più delle volte, a partire dall'autoreferenziale “Cyborg's Boogie” messa in apertura) funziona bene. Certo, non sono i Black Keys prodotti da Danger Mouse, ma non nutrono neppure un'ambizione del genere, e sanno il fatto loro. In coda troviamo anche un paio di remix che nulla aggiungono a quanto detto precedentemente, limitandosi a ribadire l'assunto di fondo con minore efficacia. Contatti: www.thecyborgs.it Alessandro Besselva Averame Pagina 46 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 THE ROCK'N'ROLL KAMIKAZES Tora! Tora! Tora! (Tora!) Volume! Personalmente apprezzo moltissimo la sincerità di Andy MacFarlane: siccome le cose con gli Hormonauts sono congelate - scioglimento? pausa? - uno come lui poteva fare il disoccupato o mettere su un’altra band. Per sua fortuna, e per il nostro piacere, ha scelto la seconda opzione, ed ecco quindi i Rock’n'Roll Kamikazes ed il loro esordio “Tora! Tora! Tora! (Tora!)”. Un disco registrato in cinque giorni che ripropone senza troppe variazioni quella che è La formula di Andy: rockabilly che flirta col punk che gioca con Elvis. Praticamente una formula magica per ballare, bere e far casino ai concerti, che sono poi il vero fulcro di questa band. Band che comprende anche Guy (Specialisti) al sax, Peppe e Nico (Gatta Molesta) Kamizake alla sezione ritmica, ed è proprio il sax e l’armonica di Guy il vero valore aggiunto di una band nata da poco ma con un’esperienza alle spalle come pochi in Italia. Qual’è il retro di questa bella medaglia? Che di nuovo, se escludiamo l’inserimento dei fiati, c’è quasi niente, ma in fondo se una formula è perfetta perché cambiarla? Questa è la lezione dei Ramones, ed Andy e soci l’han capita davvero bene. E ora bando alle chiacchiere, via alle danze! Contatti: www.myspace.com/therock-n-rollkamikazes Giorgio Sala Pagina 47 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 THEGIORNALISTI Vol. 1 Boombica/Goodfellas Il piglio è quello di un gruppo “bitt” dei nostri anni Sessanta, con qualche ascolto chitarristico indie in più e, naturalmente, tutto il citazionismo più o meno inconsapevole dovuto al fatto che l'esordio dei Thegiornalisti è targato 2011 e non 1968. “Una canzone per Joss” crea un legame tra la scena italiana indie partorita dal nuovo millennio e infatuatasi ad un certo punto dell'italiano e il primo Battisti (quello che, per l'appunto, scriveva i pezzi per i gruppi “bitt”), ma non è l'unico brano che tratta le radici con il dovuto rispetto e la dovuta umiltà, e, soprattutto, non è neppure il brano più originale del lotto: prendiamo, ad esempio, il basso alla Minutemen che dà il via alla adeguatamente post-punk “E meno male”, la quale si apre improvvisamente ad un ritornello melodicamente italico che più italico non si può (viene in mente certo cantautorato anni Settanta). Altrove è invece il passato a vincere a man bassa, come in “E allora viva!”, lento dal sapore bandistico un po' torch song e un po' ballata, iperclassica nell'incedere e nella scelta delle melodie. Il resto di questo “Vol. 1” non è altrettanto impressionante, ma la freschezza complessiva gioca tutta a favore del quartetto, e ascolto dopo ascolto quel che resta in memoria supera abbondantemente gli episodi che ti scorrono addosso. A conti fatti, un esordio più che discreto, scaltro e ispirato in egual misura. Contatti: www.thegiornalisti.it Alessandro Besselva Averame Pagina 48 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 TM SKY Carne al vento Peter's Castle Da ormai quasi dieci anni (si sono formati nel 2002) gli emiliani TM Sky mescolano chitarroni metal, elettronica, rock, tastiere vagamente prog e voce femminile cantilenante alla ricerca di un sound personale. Il risultato, su questo “Carne al vento”, ricorda nei momenti peggiori un incrocio tra i Prozac + e gli Evanescence, in quelli migliori quella visione rock casereccia (in senso buono, a scanso di equivoci) propria di gruppi come Üstmamò'inserto funk-metal con tanto di basso slappato che parte a due terzi del brano, tecnicamente pregevole ma privo di un sano senso della misura), un'anima che salta fuori di tanto in tanto ma non riesce ad avere il sopravvento sul resto. Resto che si manifesta, prendendo il sopravvento, attraverso chitarre epiche e tastiere solenni, oppure trasformando le interessanti idee di parten meriterebbe approfondimento adeguato, il taglio obliquo di certe soluzioni in primo luogo, e molte (troppe) divagazioni strumentali che per chi scrive sono tecnicamente complesse ma davvero poco comunicative. In breve, c'è ancora da lavorare parecchio, ma i risultati sono, con un po' di sforzo, a portata di mano. Contatti: www.myspace.com/566420882 Alessandro Besselva Averame Pagina 49 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 UGO MAZZEI Mezzogiorno o giù di lì Interbeat/Egea Ugo Mazzei possiede la generosità dell’artigiano paziente e genuino. Dote di quei songwriter cavallereschi che non hanno paura delle cose semplici. Siracusano, al secondo album dopo “Pubblico e privato”, lavoro – quello – nel quale assai più che in questo si avvertivano semi un poco acerbi della chanson d’Oltralpe, oggi Mazzei è folgorato sulla via di un folk-rock di stampo americano, da una parte. Dall’altra, continua ad attingere linfa dalla poesia di Garcia Lorca. Sicilia e Andalusia. “Miracolo a Compostela” è canzone di sperdimento ed esilio; in “Feste gitane” c’è “Cordova che si specchia nel Guadalquivir”. Lo stampo, in generale, è piuttosto classico, più pop che indie. A rischio di qualche cliché di troppo, o di qualche aria che sa di déjà vu. Ma la crescita di questo cantautore – dal quale attendiamo una svolta di ancora maggiore personalità – va comunque salutata con piacere. Le sue storie contengono personaggi singolari, come Marilina (“briscola sesso e naftalina”); in “La notte sempre accesa”èà che accoglie e non giudica. Mazzei, che già si definiva “un cantautore di musiche senza frontiere”, è cantastorie di una Sicilia a stelle e strisce, con una scrittura che si situa tra un Bubola e un Pollina, con qualche spruzzata di Locasciulli. Un’efficace sezione ritmica può contare sulla batteria di Derek Wilson e sulle percussioni di Toni Cercola. Contatti: www.myspace.com/ugomazzeiband Gianluca Veltri Pagina 50 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 Voci per la libertà Stadio di rugby, Villadose (RO), 21-25 luglio 2011 Uno pensa che i diritti umani non abbiano schieramento politico, e che il buon senso possa prevalere sugli interessi e le polemiche di partito. Un'utopia, purtroppo. Almeno da queste parti. Basti pensare a ciò che è successo a Villadose in occasione della più recente – la quattordicesima – edizione di “Voci per la libertà”, festival rock incentrato proprio sui diritti umani e patrocinato da Amnesty International. Già al momento dell'annuncio del vincitore del premio “Una canzone per Amnesty”, Simone Cristicchi con “Genova brucia”, la locale amministrazione comunale ha voluto prendere le distanze dal riconoscimento perché, secondo l'assessore alla Cultura Ilaria Paparella (area di appartenenza: centrodestra), il testo della suddetta rifletterebbe un unico punto di vista, col risultato di accendere ulteriormente gli animi e rinfocolare le polemiche. Una motivazione semplicemente allucinante: già che ci siamo, allora, perché non smettere di parlare anche di Monte Sole o di Sant'Anna di Stazzema? Ma tant'è, e tanto basterebbe. Invece no, perché a kermesse terminata un locale esponente del Pdl, Vittorio Novo, ha richiesto a gran voce la creazione di un comitato per l'abolizione del festival, sottolineandone “l'inutilità culturale per Villadose”, in quanto “manifestazione prettamente sinistra” (sic). Ragionamento discutibile – sarebbe come dire che Messi è un brocco perché non gioca nell'Inter – e che volutamente dimentica come negli ultimi anni Villadose sia assurta agli onori delle cronache nazionali proprio grazie a “Voci per la Libertà”. E però, nonostante tutto, gli organizzatori – a cui va tutta la nostra solidarietà – non sembrano essere disposti a cedere, tanto che siamo certi l'evento avrà luogo anche il prossimo anno, al limite in una sede diversa. Perché si tratta di una realtà importante e dalle basi solide, un appuntamento ormai imprescindibile per l'estate rock italiana. Così come è importante il concorso per band che ne rappresenta l'ossatura, e che ha visto quest'anno il romano Areamag, cantautore dallo stile multiforme e dalla spiccata teatralità, aggiudicarsi il “Premio Amnesty emergenti” con il brano “Tana libera tutte”, incentrato sui temi della prostituzione e dell'immigrazione dai paesi dell'Est europeo. Il premio della critica è invece stato appannaggio degli istrionici Puntinespansione, mentre quello del pubblico ha avuto come vincitori gli Heza e il loro roccioso rock d'autore. Un terzetto di proposte di livello notevole, così come non sono affatto dispiaciuti gli altri due finalisti, i metallici (ma non per questo privi di raffinatezza) Repsel e il teatro-canzone di Emanuele Bocci; bei nomi, più forti, con la loro musica e le loro liriche, dell'ipocrita chiusura mentale di chi la parola “cultura” neanche dovrebbe permettersi di pronunciarla. Aurelio Pasini Pagina 51 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 DÉMODÉ Vincitori alcuni mesi fa di “Musica nelle aie” grazie a un approccio al folk particolarmente eclettico e originale (lunghe e proficue puntate in territori jazz e cameristici, qualche vaga reminiscenza progressive, in particolare sul versante Rock In Opposition), i friulani Démodé danno alle stampe un breve e omonimo saggio di brillante capacità esecutiva e compositiva, intrecciando con una certa maestria sezione ritmica rock, clarinetto, sax, violino e pianoforte in quattro brani ricchi di cambi di tempo e sfumature. In particolare “Tango!” colpisce immediatamente per l'abilità nel restare sempre al di qua del confine del già sentito, e “Tristeza” mette sul piatto la voglia di giocare con i codici trasformandoli in mattoncini da montare e smontare in continuazione senza perdere il filo della comunicatività. Davvero molto bravi. Contatti: www.wearedemode.com Alessandro Besselva Averame IN VINO VERITAS Attivi fin dalla fine degli anni 90, in curriculum un primo demo autoprodotto datato 2002, in bilico tra soluzioni rock mainstream (“D+”, un po' sul versante del già sentito ma più che dignitosa), musica d'autore, atmosfere folk e noir e un eclettismo che pur osando parecchio non arriva mai a strafare (per dire, si va da “Nu Bossa”, un bell'esempio di ibrido tra cantautorato italiano e ragnatele post-lounge, a “La banana flambé”, che pare un Gaber rocker demenziale d'annata, probabilmente il momento più leggero e parodistico, ma anche il più divertente), i lombardi In Vino Veritas sembrerebbero più che pronti per trovare un produttore e un'etichetta che possa farli approvare a un pubblico ben più vasto. Basta ascoltare “Settembre”, ballata con violino che marcia decisa schivando la retorica, per rendersene conto. Contatti: www.psychetilica.it Alessandro Besselva Averame Pagina 52 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it Numero Settembre '11 TINY TIDE Brillantemente intitolata “There's A Girl That Never Goes Out”, la nuova fatica dei romagnoli Tiny Tide – disponibile sulle principali piattaforme digitali oppure su CD-R marchiato Kingem Records – è una sorta di concept incentrato sugli amori impossibili. Le dieci canzoni al suo interno parlano infatti del più nobile dei sentimenti e del suo mancato compimento, vuoi perché non ricambiato, vuoi perché rivolto a personaggi irraggiungibili (specie musicisti: Charlotte Hatherley, Marina Diamandis) quando non di fantasia (Amelia Pond, l'attuale “companion” del Doctor Who), per non parlare di una “When Gary Met Putih” che vede coinvolti nientemeno che la protagonista di una favola malese e Giuseppe Garibaldi. Un'unità tematica che ha come controparte pratica un'indie-pop gradevole e frizzante, irrobustito da variabili dosi di elettronica. Nell'insieme un lavoro di assoluta piacevolezza, curato con spirito artigianale e frutto di un entusiasmo notevole così come di un innegabile passione per la musica e tutto ciò che le gira intorno. Chi ha nel cuore determinate sonorità non manchi il contatto. Contatti: www.tinytide.com Aurelio Pasini Vernon Sélavy I Vernon Sélavy sono un duo il cui nome forse non vi dirà nulla, ma sicuramente sapere che ne fanno parte Vincenzo Marando dei Movie Star Junkies e Roberto Grosso Sategna dei Ten Dogs vi illuminerà la via. Basta semplicemente far scorrere le tre murder ballads viscide e striscianti di questo 7'' d'esordio per comprendere che una buona fetta di Movie Star Junkies converge in questo progetto parallelo ingurgitando i beat minimali del nostro Ten Dogs a morsi di chitarre riverberate ed atmosfere narcotiche e notturne, mosso da un andamento ed una atmosfera di sensualità oscura che ammalia nel suo sinistro e malato mood decadente e fuori dal tempo, fatto di ballate sghembe e fumose. Le classiche murder ballads a cui siamo abituati, farcite di fuzz, ritmi spezzati post-alcolici e lontani lamenti d’organo, mantenendo il blues come perno su cui far ruotare il trittico ballate notturne che compongono questo breve singolo d’esordio. Non sappiamo se tutto questo avrà un seguito sulla lunga distanza, ma nel mentre godiamo di questi tre diamanti grezzi germogliati nelle paludi su cui la luna si specchia ondeggiando sinistramente. Coronano il tutto il marchio Shitmusicforshitpeople e l’artwork dal retrogusto atavico-decadente di Mojomatt Bordin dei Mojomatics, ovvero un sigillo di sporca qualità.
 Contatti: www.facebook.com/pages/Vernon-Sélavy/135214233207161 Luca Minutolo Pagina 53 Fuori Dal Mucchio è a cura di Federico Guglielmi e Aurelio Pasini - online at http://www.ilmucchio.it