Monopolio Nei capitoli precedenti abbiamo studiato mercati dove

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CLEAM - Università Bocconi / a.a. 2007/2008
Prof. M. Messner
Monopolio
Nei capitoli precedenti abbiamo studiato mercati dove
tutti gli agenti - consumatori e produttori - si comportano come price takers. Questa ipotesi è appropriata solo se le decisioni di ogni agente hanno un
impatto trascurabile sul prezzo di mercato, ovvero
quando la quantità comprata/venduta da ogni partecipante rappresenta solo una frazione piccolissima
della quantità totale scambiata.
Nel mondo reale osserviamo tantissimi mercati che
sono dominati da pochi produttori o addirittura da
un unico produttore. Per questo motivo nei prossimi
capitoli ci dedicheremo allo studio di mercati dove
il numero dei produttori è limitato. Inizieremo con il
caso estremo del monopolio.
Le ipotesi centrali del modello che analizzeremo sono:
i) L’esistenza di un’unica impresa che produce il bene
scambiato nel mercato; questo produttore è cosciente
del
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fatto che le proprie scelte di produzione influenzano
il prezzo di mercato.
ii) L’ingresso nel mercato è bloccato; cioè non possono entrare nuovi produttori nel mercato (per ragioni legali e/o tecnologiche).
iii) I consumatori si comportano tutti come price takers e non adottano comportamenti strategici.
Queste ipotesi possono essere considerate come
una descrizione ragionevole di un mercato reale che
ha la seguente struttura:
i) I compratori sono numerosi e nessuno di essi acquista un quantità tale da influire sul prezzo.
ii) C’e’ un unico venditore.
iii) Non esistono validi sostituti per il bene venduto in
questo mercato (altrimenti i produttori di tali sostituti
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potrebbero essere considerati come competitori del
monopolista).
iv) I compratori sono perfettamente informati sul prezzo
e sulle caratteristiche del bene venduto nel mercato.
v) Ci sono barriere legali e/o tecnologiche che impediscono l’ingresso di nuove imprese nel mercato.
Essendo l’unico produttore del bene, il monopolista
sa che il prezzo dipende dalle sue proprie decisioni.
In particolare, supponiamo che il comportamento
dei consumatori sia descritto da una funzione di domanda decrescente Yd(p). Un monopolista che conosce
questa funzione di domanda sa che se produce una
quantità Y 0 essa potrà essere venduta ad un prezzo
non superiore a p0, dove p0 è il prezzo per il quale la
domanda è uguale a Y 0 (cioè, Y 0 = Yd(p0)).
Più in generale, il monopolista sa che il prezzo che
può ottenere per un generico livello di output
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è determinato semplicemente dalla funzione di domanda inversa. Indicheremo questa funzione con
p(Y ).
La seguente figura mostra i prezzi che il monopolista ottiene per i livelli di output Y 0 e Y 00. Notiamo
che il prezzo scende all’aumentare della quantità.
p
6
@
@
@
p0
@
@
@
@
@
@
@
p00
@
@
@
@
@
@
@
Y0
Y 00
p(Y-)
Y
Il profitto del monopolista è descritto dalla funzione
Π(Y ) = p(Y
)Y − C(Y ) .
| {z } | {z }
Ricavi
Costi
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Supponiamo che la quantità di output che massimizza
il profitto del monopolista sia Y M (con il prezzo associato pM = p(Y M ). Se per ogni Y > 0 i profitti
sono negativi (cioè R(Y ) < C(Y ) o equivalentemente p(Y ) < AC(Y )), allora la quantita’ prodotta
in monopolio sarà zero, Y M = 0. Se invece esistono livelli di output per i quali il profitto del monopolista è positivo, allora Y M è la quantità che
soddisfa la seguente condizione di primo ordine:
dΠ
= M
R(Y ) − M
C(Y ) = 0.
| {z }
| {z }
dY
ricavi marginali
costi marginali
L’equazione ci dice che il monopolista smette di produrre quando i ricavi ottenuti dalla vendita dell’ultima
unità (i ricavi marginali) sono uguali al costo di produzione dell’ultima unità (il costo marginale).
Ricordiamo che per un’impresa che opera in un mercato perfettamente concorrenziale i ricavi marginali
sono semplicemente uguali al prezzo del bene. Nel
caso di un monopolista invece ricavi marginali e prezzo
non coincidono. Se il monopolista produce una quantità Y allora i ricavi ottenuti dalla vendita dell’ultima
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unità (l’unità marginale) sono
M R(Y ) =
dR(Y )
dp(Y )
= p(Y ) +
Y.
dY
dY
Poichè abbiamo ipotizzato che la funzione di domanda sia una funzione decrescente, anche la sua
inversa (la funzione p(Y )) deve essere decrescente.
Ma se l’espressione (dp(Y )/dY )Y è un numero
negativo allora segue che M R(Y ) < p(Y ).
La seguente figura mostra la relazione tra prezzo e
ricavi marginali.
p
p(Y 0 )
M R(Y 0 )
6
A
@
A@
A @
A @
A @
dp(Y 0 ) 0
@
A
Y
@
dY
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
A M R(Y ) @
A
@
)
Y0
Monopolio
p(Y )
-
Y
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Il termine (dp(Y )/dY )Y che rappresenta la differenza
tra prezzo e ricavi marginali è pari a −p(Y )/ε(p(Y ))
(dove ε(p(Y )) è l’elasticità della domanda nel punto
p(Y )). Da questa espressione vediamo che la distanza tra prezzo e ricavi marginali diminuisce con
l’elasticità della domanda.
Nel caso estremo di una funzione di domanda perfettamente elastica (ε = ∞) prezzo e ricavi marginali
coincidono.
Perchè per un monopolista i ricavi marginali non coincidono con il prezzo? Consideriamo un monopolista che sta producendo un output pari a Y 0 che
potrebbe essere venduto ad un prezzo p(Y 0) per
unità.
Chiediamoci ora quali sarebbero le conseguenze (in
termini di ricavi) di un aumento della produzione di
∆Y unità. Dalla seguente formula vediamo che
l’effetto della variazione della quantità sui ricavi può
essere diviso in due parti:
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∆R = R(Y 0 + ∆Y ) − R(Y 0)
= p(Y 0 + ∆Y )(Y 0 + ∆Y ) − p(Y 0)Y 0
= (p(Y 0 + ∆Y ) − p(Y 0))Y 0 + ∆Y p(Y 0 + ∆Y )
L’espressione ∆Y p(Y 0 + ∆Y ) rappresenta i ricavi
generati dalla vendita dell’ulteriore quantità ∆Y . Il
secondo effetto - descritto
dall’espressione (p(Y 0 + ∆Y ) − p(Y 0))Y 0 - invece
indica di quanto i ricavi ottenuti dalla vendita delle
prime Y 0 unità diminuiscono a causa della riduzione
del prezzo (implicata dall’aumento della quantità aggiuntiva).
Notiamo ora che dividendo questa equazione per
∆Y otteniamo il tasso al quale i ricavi crescono al
variare della quantità
∆R
p(Y 0 + ∆Y ) − p(Y 0) 0
=
Y + p(Y 0 + ∆Y )
∆Y
∆Y
che per un ∆Y infinitesimamente piccolo diventa
dp(Y 0) 0
dR
=
Y + p(Y 0).
dY
dY
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Vendendo una quantità Y M il monopolista ottiene
un prezzo pM = p(Y M ). La seguente figura mostra
l’equilibrio del monopolista da un punto di vista grafico:
p
t
e6
pM
M C(Y )
A
@
A@
A@
A @
A @
ta A
@tb
@ A
@
A
@
A
@
A
@
A t
@
A c
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
A
@t
tf
M R(Y )
d
YM
p(Y )
Y
Nell’equilibrio il monopolista realizza un profitto pari
a
Π(Y M ) = p(Y M )Y M − C(Y M ).
Graficamente, Π(Y M ) può essere rappresentato in
due modi. Supponendo che non ci siano costi fissi,
il costo di produrre Y M corrisponde all’area dcf
R M
(C(Y M ) = 0Y M C(Y )dY ).
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I ricavi ottenuti dalla vendita di Y M possono essere
M ) = pM Y M )
identificati o con l’area abf d (R(Y
R M
o con l’area ecf d (R(Y M ) = 0Y M R(Y )dY ).
Perciò il profitto corrisponde sia all’area abcd che
all’area ecd.
Torniamo ora alla condizione di primo ordine
dp(Y )
Y = M C(Y ).
p(Y ) +
dY
Questa equazione può essere riscritta nella seguente
forma
"
#
1
p(Y ) 1 −
= M C(Y ).
ε(p(Y ))
Notiamo che per un livello di output Y 0 in corrispondenza del quale ε(p(Y 0)) < 1 il lato sinistro dell’equazione
(che rappresenta i ricavi marginali) è negativo. Perciò
un tale livello di output non puo’ costituire una soluzione
della condizione del primo ordine (il costo marginale
sul lato destro è sempre positivo!).
Il fatto che la domanda sia anelastica nel punto p(Y 0)
implica che una piccola riduzione della quantità comporterebbe un forte aumento del prezzo. In particolare il prezzo aumenterebbe di più di quanto sarebbe
necessario per mantenere i ricavi invariati.
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Poichè una riduzione della quantità comporterebbe
anche un risparmio in termini di costi di produzione,
possiamo concludere che finchè si trova nella parte
anelastica della domanda il monopolista potrebbe
sempre aumentare il suo profitto riducendo la quantità. Ma allora nel punto dell’ottimo, Y M , la domanda deve essere elastica:
ε(p(Y M )) > 1.
Innovazioni di processo
Spesso si sente dire che un monopolista, non avendo
competitori, non ha molti incentivi a migliorare la
qualità del suo prodotto (innovazione di prodotto)
e/o a innovare la sua tecnologia di produzione (innovazione di processo).
Un monopolista - come ogni altro imprenditore - investirà in un’innovazione tecnologica se e
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solo se si aspetta di ricavare un beneficio (riduzione
dei suoi costi) sufficientemente grande.
Il beneficio di una riduzione dei costi marginali è rappresentato nella seguente figura.
p
a t6
M C(Y )
A
@
@
A
A@
A @
A @
M
@
M¯C(Y )
p
A
@
A
@ p̄M
A
@
A
@ A
@
A @
t
d A
@
A
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A
@
t
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A
A
@
A
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@
A
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A
@
A
@
e t
A
@
A
@
A
@ p(Y )
M
R(Y
)
A
@
A
A
@t
c
Y M Ȳ M
Y
Le funzioni M C(Y ) e M¯C(Y ) rappresentano i costi
marginali prima e dopo l’introduzione di una nuova
tecnologia.
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Come vediamo, una riduzione dei costi marginali
implica un’espansione della produzione da Y M a
Ȳ M . Il profitto che il monopolista ottiene nella situazione originale corrisponde all’area ade. Dopo l’implementa
della nuova tecnologia il monopolista raggiunge invece un profitto pari all’area abc. Perciò i benefici
generati dalla nuova tecnologia sono rappresentati
dall’area cbde. Chiaramente, l’investimento nell’innovazione
del processo di produzione conviene solo se questi
benefici sono maggiori del costo dell’ investimento.
L’effetto di una tassa accisa
Una tassa t per unità venduta può essere interpretata come un aumento del costo marginale di t.
La seguente figura mostra che la tassa induce il monopolista a scegliere una quantità minore (YtM invece di Y M ). Conseguentemente, il prezzo pagato
dai consumatori aumenta (da pM a pM
t ).
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In seguito all’introduzione della tassa anche il profitto del monopolista diminuisce. La perdita di profitto
corrisponde all’area cbde (che è la differenza tra le
aree abc e ade).
p
a t6
M C(Y ) + t
A
@
A@
A@
@
A
A @
M
@
M C(Y )
pt
A
@
A
@ pM
A
@
A
@ A
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A @
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A
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@
A @
A
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t
A
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A
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t
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@
A
@
A
@
A
@
e t
A
@
A
@
A
@ p(Y )
A M R(Y )
@
A
A
@
t
c
YtM Y M
Y
L’area cf de corrisponde alle entrate del governo.
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Efficienza
Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che la quantità Y M è determinata dalla condizione
p(Y ) +
dp(Y )
Y = M C(Y ).
dY
Siccome (dp(Y )/dY )Y < 0 sappiamo che p(Y M ) >
M C(Y M ). Questo ci dice che i consumatori sarebbero disposti a pagare per un’ulteriore unità di output un prezzo maggiore del costo di produzione dell’unità.
Perciò possiamo concludere che nell’ equilibrio del
monopolio non tutti i potenziali benefici di scambio
tra consumatori e produttore vengono realizzati. La
quantità Y M è inefficientemente piccola. Il comportamento del monopolista che sfrutta il suo potere di
mercato genera una perdita netta di surplus/benessere.
Indichiamo con Y c la quantità di output che massimizza il surplus totale (surplus dei consumatori +
surplus (profitto) del produttore). Ovviamente Y c è
determinato dalla condizione
p(Y ) = M C(Y ).
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Y c è anche la quantità che verrebbe prodotta se il
monopolista non cercasse di sfruttare il suo potere
di mercato ma si comportasse come un price taker
(cioè come un’impresa che opera in concorrenza
perfetta).
Consideriamo ora la seguente figura.
p
M C(Y )
pM
pc
6
A@
@
A@
A @
A @
A
@
A
@
A A A @
A
@
A
@
A B C@ B
A
@
A
@
A D
@
A @
E
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@
A
@-
M R(Y )
YM Yc
p(Y )
Y
Se il monopolista si comportasse come un price taker
e producesse Y c il surplus dei consumatori sarebbe
pari all’area A + B + C (CS(pc) = A + B + C)
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mentre il surplus del produttore corrisponderebbe
all’area E + D (P S(pc) = E + D).
Riducendo la quantità prodotta da Y c a Y M il monopolista riesce ad appropriarsi dell’area B. Tramite
l’aumento del prezzo cattura una parte maggiore
del surplus generato dallo scambio delle Y M unità
di output. L’unica perdita associata alla riduzione
della produzione è l’area D (che è inferiore a B).
Quindi, il surplus del produttore nell’equilibrio monopolistico corrisponde alla somma delle aree B e
E (P S(pM ) = B + E).
Oltre all’area B (che passa al monopolista) i consumatori perdono anche l’area C a causa della riduzione
dell’output (CS(pM ) = A).
La perdita netta di surplus (DWL=deadweight loss)
generata dal comportamento del monopolista è rappresentata dalla somma delle aree C e D:
h
i
c
c
M
M
P S(p ) + CS(p ) − P S(p ) + CS(p ) = C + D.
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Regolamentazione dei monopoli
Se l’inefficienza di un monopolio sta nel fatto che
la quantità prodotta è troppo bassa (o equivalentemente, che il prezzo è troppo alto), è naturale porsi
la seguente domanda: Un governo non potrebbe
semplicemente risolvere il problema obbligando l’impresa
a produrre almeno una quantità pari a Y c unità (o vietando all’impresa di vendere a un prezzo superiore
a pc)?
Un tale intervento presuppone che il governo sia
in possesso di tutte le informazioni necessarie per
calcolare il valore dell’output efficiente Y c (o il corrispondente prezzo pc). In particolare, il governo
dovrebbe conoscere sia la funzione di domanda del
mercato che la funzione dei costi marginali dell’impresa.
Anche se supponiamo che il governo possa ottenere
l’informazione necessaria sulla domanda tramite un
accurato studio di mercato, è difficile immaginarsi
da dove potrebbe ottenere l’informazione sui costi.
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Solo il monopolista conosce la sua funzione dei costi
marginali. L’impresa non ha ovviamente interesse
a rivelare tale informazione al governo, che vuole
determinare la quantità ottima dal punto di vista sociale ma non da quello dell’impresa.
Anche se il governo (o l’autorità antitrust) fosse in
possesso di tutte le informazioni necessarie a calcolare Y c (o il prezzo pc), una politica volta a vietare al monopolista di produrre una quantità inferiore alla quantità efficiente non produrrebbe necessariamente i risultati desiderati. In particolare, un
intervento di questo tipo è destinato al fallimento in
presenza di un monopolio naturale.
Si parla di monopolio naturale se la tecnologia di
produzione è caratterizzata da rendimenti di scala
crescenti. Ricordiamo che rendimenti di scala crescenti implicano costi marginali e costi medi decrescenti. Inoltre in presenza di rendimenti di scala crescenti i costi marginali sono inferiori ai costi medi.
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La seguente figura mostra il caso di un monopolio
naturale.
p
6
A
@
A@
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A @
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A
m
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p
A
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A
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@ p(Y )
A
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H
A
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A M R(Y )
M C(Y )
@ HH
A
H
@
HH
A
HA
@
YM
Y0
Yc
Y
Senza intervento esterno il monopolista produrrebbe
la quantià Y M per un prezzo unitario pari a pM . La
coppia prezzo-quantità efficiente è (pc, Y c).
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Supponiamo ora che l’autorità antitrust imponga al
monopolista l’obbligo di produrre almeno Y c unita’
(o di vendere a un prezzo inferiore o uguale a pc).
Notiamo che il costo medio per produrre Y c unità,
AC(Y c), è maggiore del prezzo al quale Y c potrebbe
essere venduto, pc. Producendo Y c unità il monopolista subirebbe una perdita pari all’area abcd.
Quindi al monopolista conviene uscire del tutto dal
mercato. In conclusione, dal punto di vista sociale
avremmo una perdita di benessere superiore a quella
sperimentata nel monopolio non regolamentato.
Per evitare l’uscita dal mercato del monopolista il
governo potrebbe offrire un sussidio pari (o almeno
non inferiore) all’area abcd. Se il pagamento di un
tale sussidio non è possibile (per ragioni legali), la
migliore politica alternativa sarebbe quella di imporre
una quantità minima di Y 0 (o equivalentemente un
prezzo massimo di p0), dove Y 0 è la massima quantità per la quale il prezzo p(Y ) non è inferiore al
costo medio AC(Y ).
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La discriminazione di prezzo
Finora abbiamo analizzato il comportamento del monopolista assumendo che egli debba vendere tutte
le unità allo stesso prezzo. Questa ipotesi è appropriata per una situazione dove il monopolista conosce
solo la domanda aggregata del suo mercato ma non
ha nessun informazione sulle funzioni di domanda
dei singoli consumatori.
Nei paragrafi seguenti studieremo la strategia ottimale di un monopolista che conosce con esattezza
le funzioni di domanda di ogni singolo consumatore.
Per semplificare il nostro compito considereremo un
esempio con due soli consumatori. Supponiamo inoltre che il bene prodotto dal consumatore possa
essere consumato solo in unità intere (il bene non è
perfettamente divisibile).
La seguente figura mostra le due curve di domanda
dei due consumatori e la curva dei costi marginali
(costanti) del monopolista.
Monopolio
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p
p
6
10
7
8
5.5
6
4
3
2.5
4
3
2
MC
Prof. M. Messner
6
MC
1
-
1
2
3
4
5
Y
-
1
2
3
4
5
Y
Il primo consumatore è disposto a pagare 10 per la
prima unità del bene. Per la seconda unità del bene
la sua disponibilità a pagare è invece 8 etc. etc.
Quale e’ la strategia ottimale di un monopolista che
conosce queste due curve di domanda? Il monopolista dovrebbe vendere ogni unità del suo output al
consumatore con la massima disponibilità a pagare
la suddetta unità (ad un prezzo uguale alla disponibilità a pagare di quel consumatore); e deve produrre e vendere solo finchè la disponibilità a pagare
per un’ulteriore unità di uno dei due consumatori è
maggiore del costo di produzione.
Monopolio
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Nel nostro esempio, il monopolista dovrebbe vendere
la prima unità di output al primo consumatore ad
un prezzo di 10 (il secondo consumatore sarebbe
disposto a pagare al massimo 7); la seconda unità
dovrebbe essere venduta ancora al primo consumatore ad un prezzo di 8; la terza unità al secondo consumatore ad un prezzo di 7 (il primo consumatore
è disposto a pagare solo 6 per un’ulteriore unità) e
cosı̀ via...
Dopo aver venduto 4 unità al primo consumatore
e 3 unità al secondo consumatore il monopolista
dovrebbe fermare la produzione perchè nessuno dei
due consumatori sarebbe disposto a pagare almeno
3 (costo marginale) per un’ulteriore unità del bene.
Notiamo che seguendo questa pratica di differenziazione dei prezzi il monopolista è in grado di estrarre interamente il surplus dei consumatori.
La pratica di applicare prezzi differenziati per ogni
consumatore e ogni unità del bene venduta ad un
Monopolio
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consumatore viene chiamata discriminazione di prezzo
del primo ordine (o anche discriminazione di prezzo
perfetta).
È importante sottolineare che una strategia di discriminazione del prezzo può funzionare solo se i
consumatori non hanno la possibilità di rivendere le
loro unità del bene ad un altro consumatore.
Supponiamo per esempio che il consumatore 2 (dell’
esempio sopra) compri la sua prima unità del bene
prima che il consumatore 1 acquisti un’unità del bene.
Allora il consumatore 2, invece di consumare il bene
potrebbe offrirlo al consumatore 1 ad un prezzo pari
a 9. Accettando quest’offerta il primo consumatore
realizzerebbe un surplus di 1 (= 10 − 9) mentre
il consumatore due guadagnerebbe 2 (= 9 − 7).
Quindi entrambi gli individui otterrebbero un surplus
positivo.
La pratica di rivendere il bene con l’obiettivo di sfruttare
la differenza di prezzo che il monopolista chiede ai
vari consumatori viene chiamata arbitraggio.
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Discriminazione del prezzo e efficienza
Se il monopolista è in grado di discriminare perfettamente allora ogni unità di output viene venduta
all’individuo con la massima disponibilità a pagare.
Questo vuol dire che la curva dei suoi ricavi marginali
coincide con la curva di domanda (o meglio la sua
inversa).
Il fatto che il monopolista produce finchè la disponibilità a pagare per un’ulteriore unità del bene è maggiore del costo di produrre quell’unità implica che il
suo output è determinato dalla condizione
M C(Y ) = p(Y )
che è esattamente la condizione necessaria per la
massimizzazione del surplus totale. Conclusione:
Un monopolista che è in grado di discriminare perfettamente produce la quantità efficiente.
Notiamo infine che la perfetta discriminazione del
prezzo implica una distribuzione estremamente iniqua del surplus totale tra produttore e consumatori:
l’intero surplus va al produttore.
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La seguente figura mostra l’equilibrio di un monopolio quando il monopolista applica la strategia di perfetta discriminazione del prezzo.
p
6
tc
@
@
@
@
@
@
@
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@ tb
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@
MC
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p(Y )
@
@
@-
Yc
Y
La quantità prodotta dal monopolista è pari a Y c.
Il profitto (surplus) realizzato dal monopolista corrisponde all’area abc.
Monopolio
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