breve storia del pensiero scientifico-antropologico

BREVE STORIA DEL PENSIERO
SCIENTIFICO-ANTROPOLOGICO
Platone (428(428-347 a.C.)
L’Essenzialismo
Le specie sono rappresentazioni terrene di “tipi universali” presenti nel mondo delle
idee. Ogni specie esiste in
quanto plasmata da un’entità superiore (Demiurgo).
Le sole cose realmente
esistenti sono le idee,
fisse ed immutabili nel
tempo (essenze).
I cambiamenti biologici non
esistono. Il prototipo di
ciascuna specie permane nel
tempo grazie all’ereditarietà.
Aristotele (384(384-322 a.C.)
Ebbe una visione unitaria dello scibile.
La varietà degli esseri è concepita quale risultato di atti
creativi indipendenti: ciò che conta è il “modello” o “tipo”.
Il modello è per sua stessa natura “reale” mentre le varietà
ne sono le “mere ombre”.
Di conseguenza il modello è immodificabile.
immodificabile
Questa visione del CONCETTO TIPOLOGICO giungerà
immodificata fino a Darwin che la rimpiazzerà con
quello di INDIVIDUALITA’ BIOLOGICA.
Aristotele introduce il termine Antropologia nella “Historia
animalium” ma il termine verrà dimenticato fino al 1500.
Per lui l’Uomo è un animale, ma rispetto agli altri presenta differenze di ordine:
- morfologico o anatomico: è bipede ed ha il cervello più voluminoso;
- fisiologico : emette suoni articolati;
Aristotele colloca l’uomo in
- psicologico: pensa e decide di conseguenza
cima alla scala della Natura.
Questa visione antropoL’Uomo è il cosiddetto “bipede pensante”.
centrica rimarrà inalterata
per più di 2000 anni.
Per Aristotele la forma biologica si trasmette da una generazione all’altra per mezzo di una potenza spirituale contenuta nello sperma maschile.
L’idea che l’eredità biologica si
trasmettesse per via maschile
rimarrà inalterata sino al XVII
secolo quando William Harvey
formulò un’ipotesi antitetica
(epigenesi): la potenza formatrice è contenuta nell’uovo.
Secondo Aristotele, il concepimento nell’utero è analogo alla nascita
di un’idea nel cervello.
Il pensiero medievale
Durante il Medioevo le domande sull’origine dell’uomo si sviliscono a
semplice cronologia biblica: la Bibbia
ha in sé la risposta ai quesiti e viene
interpretata in senso letterale dando
veridicità a tutti i fatti e personaggi
in essa raccontati.
In tal modo, James Hussher (15811656), Arcivescovo di Armagh, stabilì
che la creazione del mondo era
avvenuta nel 4004 a.C.
Il vice-cancelliere dell’università di
Cambridge, John Lightfoot, precisò
che la creazione avvenne alle ore 9
del mattino del 23 ottobre 4004 a.C.,
mentre quella dell’uomo doveva
essere datata al venerdì 28 ottobre
dello stesso anno.
La Terra è cambiata in conseguenza del Diluvio
mentre gli esseri viventi sono rimasti immutati.
Non si sono mai verificate estinzioni. I fossili
sono coincidenze o “scherzi” di Dio
Fu Niels Stensen (Stenone,1638-1686)
a comprendere il vero significato dei
fossili. Osservando che essi sono contenuti in strati simili a quelli che si depositano in acque fangose dedusse che gli strati della superficie terrestre si erano deposti in acqua e
che i fossili erano resti incorporati durante la sedimentazione. Constatare che esistevano più
strati equivaleva ad ammettere l'esistenza di più diluvi ed a contraddire l'ipotesi biblica.
Interessi scientifici medievali: la farmacopea e la botanica
Entrambe le discipline hanno scopo utilitaristico e non hanno alcun
interesse rispetto allo studio del funzionamento del vivente e alla
sua variabilità.
Manca la motivazione e lo stimolo della ricerca. Su ogni cosa vale :
“L’ha voluto Dio ! È inutile che l’Uomo cerchi di capire il perché”.
Dio ha creato i grandi animali e l’uomo, mentre gli esseri “inferiori” vengono generati
direttamente dalla Natura che promuove la vita dal fango e dalla putredine.
L’idea cade nella materia in modo quasi magico: dalla materia inanimata si forma
spontaneamente la vita e questa è continuamente generata dagli influssi vitali
dei quali la materia è permeata (teoria della generazione spontanea).
Si credeva che solo gli esseri viventi “superiori”
fossero stati creati da Dio, mentre quelli inferiori
(rane, sanguisughe, vermi, insetti) potessero sorgere spontaneamente dal fango o dalle carcasse
in putrefazione. All'epoca la Chiesa sosteneva la
generazione spontanea, in accordo con il
passaggio della Bibbia (Libro dei Giudici, 14) dove
si parla di api nate dalla carogna di un leone.
Le principali correnti del pensiero antropologico (XVII(XVII-XIX sec.)
Meccanicismo (XVII sec.)
Catastrofismo (XVIII(XVIII-XIX sec.)
George Cuvier
René Descartes
Attualismo (XIX sec.)
Fissismo (XVIII sec.)
Charles Lyell
John Ray
Carlo Linneo
Trasformismo finalizzato o
evoluzione programmata (XVIII sec.)
Trasformismo
degenerativo (XVIII sec.)
Jean Baptiste de Lamarck
George Louis Buffon
Trasformismo non finalizzato o
evoluzione contingente (XIX sec.)
Charles Darwin
Alfred Russell Wallace
Cartesio - René
René Descartes (1596(1596-1650)
Con il XVII secolo, soprattutto in conseguenza della costruzione di
strumenti atti a descrivere leggi fisiche naturali, si impone la visione meccanicistica del mondo soggetto a leggi universali.
Le leggi sono imposte da Dio all’inizio e poi l’ordine va avanti da
sé senza che Dio possa più intervenire. La conoscenza non si
fonda più su Dio e la sua parola: la Bibbia, ma sulle leggi
volute da Dio.
Gli animali sono macchine dal funzionamento automatico e nello stesso modo si
comporta il corpo umano. Per l’Uomo rivendica un’anima immateriale e immortale.
L’impostazione dualistica anima-corpo favorì la divaricazione tra scienze della natura
e scienze dello spirito e gettò le premesse del meccanicismo.
Il meccanicismo fa propria
la relazione
dalla quale discende
Esistenza di un orologio ben funzionante
Esistenza dell’orologiaio
Presenza di leggi
fisse e durature
Prova dell’esistenza di Dio
(William Paley)
Secondo le concezioni attuali, il paradosso dei meccanicisti risiede nel fatto che il
loro pensiero scientifico ha tratto origine da un atto di fede, pensando di
ricercare le leggi volute e stabilite da Dio
(paradosso perché scienza e fede hanno in realtà poco da spartire tra loro).
Chiesa e Meccanicismo: la “proprova”
va” del Cristianesimo addotta dal
vescovo William Paley (1743–
(1743–1805)
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Nell’
Nell’età
età dell’
dell’Illuminismo (XVIII sec.), con il prevalere dello spirito razionale,
razionale, le scienze
naturali ebbero grande impulso e si svilupparono la sistematica botanica e zoologica.
Classificazione degli organismi: tassonomia e fissismo
(seconda metà
metà del ‘600, prima metà
metà del ‘700)
Concezione :
• Manodopera di un creatore
• Presenza di un ordine nel creato
• L’ordine è intelligibile, quindi lo si può capire
John Ray (1627-1705) è il primo a classificare per famiglie tramite un solo carattere e a dare una interpretazione ragionevole dei
fossili.
“La sapienza di Dio manifestata nelle opere della Creazione” (1691).
Ray fu propugnatore di una teologia naturale: se il Dio rivelatosi nella storia della salvezza è lo stesso Dio che ha creato il mondo, allora
il creato deve in qualche modo contenerne delle tracce visibili.
Inoltre, se la scienza è fonte di vera conoscenza, allora essa è anche sorgente di pensiero morale ed è capace di suggerire quale
atteggiamento l'essere umano debba mantenere di fronte ad un
Creatore riconosciuto causa prima e causa finale dell'universo.
John Ray
Le opere create da Dio in principio, sono state da lui conservate
fino a questi giorni nello stesso stato e condizione (Fissismo).
Sul problema dei fossili, che prima di lui venivano interpretati come “tentazioni” (una
forma di “prova” di Dio verso l’uomo rispetto al creato) oppure opera del demonio
(l’impronta di una conchiglia fossile era un’orma dello zoccolo del diavolo), Ray
conclude essere forme di vita che non sono riuscite a perpetuarsi. Ciò è solo in
apparente contraddizione con l’assioma che la Natura è perfetta in quanto generata da
Dio, mentre l’Uomo è imperfetto così come le sue opere.
Invece di ammettere l’estinzione accidentale di specie imperfette, era meno imbarazzante presumere che Dio avesse più volte deliberatamente distrutto tutte le
forme viventi per crearle daccapo (non tutte, né identiche).
L’ultima di queste “catastrofi intermittenti” fu il Diluvio di Noè.
Queste idee costituirono il fulcro della teoria del Catastrofismo (Cuvier).
Carlo Linneo (1707(1707-1778) (Carl von Linné
Linné, svedese)
Opera principale: Systema naturae (1735).
- species tot enumeramus quot a principio creavit infinitum Ens (contiamo tante specie quante in principio ne furono create dall’Ente
- nullae species novae
[ infinito)
- varietates laevissimas non curat botanicus (di piccole variazioni
[ non si occupa il botanico
Presupposti per la classificazione:
- la conoscenza consiste nella vera idea delle cose
- dare alle diverse cose nomi senza possibilità di errore nelle
identificazioni a posteriori
- scelta del carattere “universale” per tutti gli esseri viventi
- denominazione binaria delle specie (genere-specie)
Ideò un sistema gerarchico
di classificazione degli organismi viventi fondato sulle
somiglianze e differenze e
che, partendo dal regno
animale e vegetale,conduce
alla singola specie
Regno
Classe
Ordine
Genere
Specie
Varietà
Genere Homo
Classifica i Primati come Ordine (uomo, lemuridi, pipistrelli,
scimmie); gli altri ordini sono dei Secondati (gli altri mammiferi) e dei Terziati (i non mammiferi).
- Homo silvester o troglodytes (orango ecc…)
- Homo sapiens
- ferus (selvaggio)
- americanus
Le principali varietà
- europaeus
di Homo sapiens
- asiaticus
- asser (negro)
2 specie
Allineandosi sulle posizioni di Ray, Linneo asserisce che da specie nasce
specie e queste si conservano indefinitamente. Non c’è possibilità di
cambiamento o di evoluzione nella logica del Fissismo. Da quando i viventi
sono stati creati, nulla è davvero cambiato. Delle variazioni individuali che si
osservano non ci si deve curare (posizione nettamente anti-evoluzionistica).
La tassonomia linneana rivela in pieno lo spirito razionale e sistematico del tempo in
cui operò Linneo: l’età dell’Illuminismo.
La classificazione di Linneo non prevedeva il concetto di
famiglia: infatti, la famiglia implica l’imparentamento delle
specie, mentre Dio aveva creato ogni specie come entità
fissa e immutabile. Le somiglianze tra specie rispecchiavano una sorta di parentela ideale corrispondente al
pensiero di Dio all’atto della creazione.
Le differenze a livello di specie (le “varietà”) venivano interpretate come mutamenti temporanei prodotti dall’ambiente che però non alteravano l’unicità del modello.
Tuttavia, nelle ultime opere, Linneo ammise che potevano
essersi formate specie nuove per ibridazione. Aveva profondi dubbi circa l’età della Terra ed era convinto che essa
fosse molto più antica di quanto indicato dall’interpretazione
delle Sacre Scritture.
Il Fissismo entra in crisi.
Contemporaneamente al lavoro
di Linneo emergono le anomalie
rispetto al paradigma del
Fissismo, cercando soluzioni
concettuali di tipo diverso. In
alcuni casi, come per i fossili, si
erano già presentate prima di
Linneo.
Gli incroci operati dagli allevatori
dimostrarono che la grande
variabilità di forme può essere
ottenuta “artificialmente” ed
essere mantenuta attraverso le
generazioni.
Verza, cavoli, cavolfiore, broccoli, cavolo
cappuccio, cavolini di
Bruxelles: sono tutte
varietà della specie
Brassica oleracea.
Anomalie rispetto al paradigma del Fissismo:
• i fossili turbavano l’ordine presente in quanto:
- testimoniavano l’esistenza di forme non più presenti
- venivano spesso trovati in luoghi inidonei al loro habitat di vita (animali marini
ritrovati fossilizzati in montagna)
• comparsa di ibridi,
ibridi anche artificiali, incrociati da agricoltori e allevatori, che mettono in crisi i binari rigidi ipotizzati da Linneo, per il quale non si possono realizzare nuove specie
• evidenze della durata del tempo:
tempo anche Linneo per lungo tempo credette al tempo
biblico (creazione al 4.004 a.C.) ma le osservazioni rimandavano molto all’indietro
Emergono nuovi interessi legati alle anomalie:
• la comparazione dei resti fossili
• la durata e la dinamica del tempo geologico
• lo studio delle funzioni dei vari organi ed apparati
• l’analisi della variabilità e la ricerca delle cause
Saranno Benoit de Maillet, Pierre L.M. Maupertuis e soprattutto George L. Buffon a
mettere in crisi la visione statica e l’ordine precostituito insito nella dottrina del
fissismo, proponendo una nuova visione, il “trasformismo degenerativo” .
Il trasformismo “degenerativo”
degenerativo” (XVIII secolo)
Benoit de Maillet - Pierre de Maupertuis - Buffon
Benoit de Maillet (16561656-1738). Mise in discussione sia la creazione che il diluvio
universale.
universale. Fu un grande viaggiatore e descrisse forme allora sconosciute, “ibride”
rispetto a quelle Occidentali. Da ciò dedusse e considerò che:
• l’età della terra calcolata considerando il ritiro del livello dei
mari doveva essere di centinaia di milioni di anni almeno;
• la vita si è originata nel mare;
• gli esseri viventi si devono essere trasformati nel tempo;
• la pluralità e la differenza osservata tra le forme viventi ed i fossili nei
vari continenti suggerisce che l’ordine è in trasformazione continua;
• i fossili rappresentano la “biblioteca” più antica del mondo.
Pierre L.M. Maupertuis (16981698-1759). Fu il primo a porsi il problema del meccanismo
dell’ereditarietà dei caratteri e del suo ruolo nella trasformazione dei viventi. La
formulazione di un meccanismo ereditario era necessario per spiegare:
•la conservazione lungo le generazioni delle deviazioni accidentali dal modello di base
• l’affermazione e l’estinzione dei tipi.
La sua opposizione al fissismo derivò dalle seguenti considerazioni:
• l’ordine apparente dei fenomeni non indica necessariamente una
finalità. Esso può risultare anche dalla semplice combinazione casuale degli elementi. “L’ordine non implica l’ordinatore, che può
non esserci affatto”.
• la semplice combinazione casuale degli elementi potrebbe derivare dal fatto che:
- gli esseri viventi sembrano soltanto apparire “stabili”
- attraverso ripetute deviazioni fortuite dal “modello stabile” si è generata la variabilità osservata. Se questo è vero la varietà della vita potrebbe essere derivata da un’unica fonte singola ancestrale.
Georges Louis Leclerc,
Leclerc, conte di Buffon (1707(1707-1788)
“La specie è una successione costante di individui
simili che si possono riprodurre l’uno con l’altro”
Nella Histoire naturelle générale et particulière des
animaux (1749) si soffermò in particolare:
- sui concetti di specie
- sui rapporti animali-uomo dal p.d.v. “evolutivo”
- sulle razze umane, sottolineando l’importanza dell’ambiente,
del clima e della nutrizione
- l’importanza del tempo (“è il grande artefice della Natura”)
il "fondatore delPer Buffon, la variabilità di ogni specie è dovuta al fatto che da Buffon:
l‘Antropología” (Topinard)
un prototipo generale si formano col tempo le varietà razziali.
“Su questo prototipo ciascun individuo è modellato ma realizzandosi sembra alterarsi
o perfezionarsi secondo le circostanze, in modo che, relativamente a certe qualità, vi
è una variazione bizzarra,sotto una certa apparenza, nella successione degli individui
e, nello stesso tempo, una costanza che sembra ammirevole nella specie intera “.
Fu precursore di Lamarck nella teoria dell'evoluzione : intuisce la possibilità di forme
intermedie fra una specie e l’altra in loro derivazione, anche se fra le specie attuali
mancano tali forme e vi sono barriere che impediscono il loro mescolamento.
In particolare, Buffon parla di specie inferiori originate da quelle maggiori (prototipi o
stampo interno, in numero limitato) come effetto di cause degenerative,
degenerative tra le quali
l’influsso dell’ambiente (quindi fu precursore anche di Darwin).
Il rapporto animaleanimale-uomo.
uomo. Se le caratteristiche anatomiche ravvicinano l'uomo
agli animali, le sue caratteristiche intellettive "per la propria superiorità naturale e per
il fatto che con esse elabora progetti razionali" discostano l'uomo definitivamente da
essi.
Per Buffon l’uomo, nel mondo animale, riveste una posizione di assoluta preminenza
quale "essere
essere unico e superiore";
superiore "L'uomo assomiglia agli animali in ciò che ha di
materiale" ma è pure inconfutabile che "...il più stupido degli uomini è capace di
guidare il più spirituale degli animali..." e, ancora, nel mondo animale "...si passa d'un
colpo dall'essere pensante all'essere materiale, dal potere intellettuale alla forza
meccanica, dall'ordine e dal progetto al movimento cieco... e la distanza è infinita tra
le società animali pur perfette quali quelle di certi insetti e le società umane, poiché le
prime sono impostate su rapporti di "convenienza fisica" mentre le società umane si
sviluppano grazie a un complesso di "relazioni morali".
Se per Buffon le qualità dell'uomo lo isolano dagli animali, non esistono invece
differenze qualitative tra gli uomini.
uomini Egli osserva e descrive la diversità morfologica
e comportamentale dell'umanità facendo riferimento al modello "centrale" della
specie (il Bianco europeo) e interpretando le modificazioni di tale modello ideale
quale frutto di situazioni geografiche e di eventi storici.
Per Buffon, l'Antropologia è la scienza che riunisce questi due concetti base: l'unità
l'unità
della specie umana o monogenismo,
monogenismo (esistono solo differenze di quantità tra gli
uomini) e la sua diversità
diversità rispetto alle altre specie animali (esiste uno iato incolmabile
tra le qualità dell'una e le qualità delle altre).
Buffon non arriva a formulare una teoria evoluzionista ma prepara il terreno alla
teoria evolutiva di Lamarck respingendo decisamente il Fissismo:
• idea di un modello originale per tutti gli animali (stampo interno);
• idea di una forza vitale penetrante che permea la materia bruta (riproposizione
della generazione spontanea, che era tornata in voga poco prima grazie alle “zuppe” di John
Needham). Tra vita e materia esiste un flusso dinamico continuo;
• quindi non un disegno statico ma continuità dinamica dei processi naturali ;
• ereditarietà dei caratteri acquisiti (in senso degenerativo dal prototipo);
• accumulo di modificazioni piccole, quasi impercettibili, da una generazione all’altra;
• l’ambiente è fondamentale nel processo di modificazione dello stampo in quanto
interagisce continuamente con l’organismo.
I fattori esterni della variabilità sono:
- il clima;
- l’alimentazione;
- l’addomesticamento.
La conservazione della funzionalità è il fattore limitante alla
variabilità ed alla degenerazione.
Basandosi sul tasso di raffreddamento del ferro, stimò l’età della Terra in
75.000 anni (in realtà ne stimò 500.000 ma non si arrischiò a pubblicarlo per paura della scomunica). Ciononostante venne condannato dalla
Chiesa Cattolica in Francia ed i suoi libri vennero bruciati.
Il catastrofismo
Georges Cuvier (1769(1769-1832)
E’ considerato il fondatore dell’Anatomia comparata per avere
formulato il principio di correlazione degli organi che affermava
l'importanza dello studio delle parti anatomiche correlate per il
riconoscimento delle specie fossili: nei viventi ogni organo è
correlato con tutti gli altri (principio di correlazione degli organi), di conseguenza la trasformazione delle specie animali è
possibile solo entro un ambito molto ristretto per motivi di
funzionalità degli apparati, che sono in strettissima
correlazione tra loro; anche le forme intermedie tra specie non
sarebbero nell’insieme funzionali.
Da qui il concetto di immutabilità delle specie da lui sostenuto
e l’avversione per la teoria di Buffon sul trasformismo.
Dà una definizione importante del concetto di specie
“insieme di individui discendenti gli uni dagli altri o da
genitori comuni e di quelli che assomigliano a loro tanto
quanto essi si assomigliano fra di loro"
È impensabile il passaggio dal semplice al così complesso per variazioni successive.
“Non vi è nulla in comune tra ciò che è vissuto nella notte dei tempi e ciò che vive
ora”. Sono accadute in passato delle catastrofi al termine di ciascuna delle quali
la vita è stata rigenerata (ricreata o derivata dalle specie superstiti) in modo più
complesso (catastrofismo).
L’esistenza dei fossili viene interpretata:
- cicli di catastrofi localizzate (variazioni ambientali) con estinzione locale di specie
- creazioni ripetute ad ogni ciclo …
- … e/o ripopolamento dell’area per migrazione di specie dai luoghi limitrofi (quindi
specie preesistenti e non specie nuove!)
La teoria delle catastrofi naturali successive era in accordo con quanto riportato sulla Bibbia. Le specie che non
avevano trovato posto sull’arca di Noè si erano estinte ed
avevano dato origine a quei fossili così diversi dalle
specie “attuali”.
Contributi alla
Antropologia:
- Ordine dei
quadrumani
bimani
- Descrisse la diversità dell’angolo facciale tra scimmie e uomini
Il contributo della Geologia al pensiero evolutivo (1)
James Hutton (1726(1726-1797)
Scoprì il “tempo illimitato e senza fine”. “Scavare in profondità nella terra
significa fare un viaggio nel passato e più si discende più si va a ritroso
nel tempo”. Ebbe concezioni meccanicistiche (leggi universali) e fu precursore dell’attualismo (o uniformismo) di Charles Lyell.
Invece di vedere il globo come un monumento in rovina, sfigurato da cataclismi
preistorici, i geologi si accorsero che esso aveva subito continui mutamenti geologici.
Le stesse forze naturali che agiscono attualmente sulla superficie terrestre
(precipitazioni, terremoti, erosioni, subsidenza, sedimentazione, vulcanesimo ecc.)
agirono uniformemente nel passato e portarono lentamente e gradualmente a
modificazioni della crosta terrestre, senza che si debba pensare a cataclismi
(teoria
teoria attualista).
attualista Quindi, per capire e studiare la storia della terra occorre studiare i
suoi processi attuali.
Hutton rovesciò la storia catastrofica
del mondo trasformandola da una serie di quadri statici e separati in un film
al rallentatore.
In uno scritto che passò inosservato, datato 1794, Hutton
descrisse alcuni esperimenti da lui effettuati negli ambiti
dell’agricoltura e dell’allevamento.
I risultati lo avrebbero portato a osservare come in ogni
generazione sorgano nuovi tratti caratteristici.
Hutton si rese conto che queste "variazioni seminali" venivano trasmesse alla progenie, a differenza delle variazioni
indotte dalle differenze di terreno o di clima.
Hutton avrebbe allora concluso che
-"coloro che si differenziano maggiormente dalla
costituzione più adatta, hanno maggiori probabilità di
perire" e dunque che
- le specie si adattano in continuazione alle condizioni locali
e sono in grado di venire incontro ai cambiamenti
ambientali.
Erano i presupposti della teoria della selezione naturale, formulata da Darwin più di
mezzo secolo avanti.
Essendo Hutton nativo di Edimburgo ed avendo avuto la propria educazione scientifica
nella stessa città, è possibile che Darwin fosse venuto a conoscenza del raro scritto di
Hutton e che ciò lo avesse in qualche modo indirizzato verso il pensiero evolutivo.
Il contributo della Geologia. Charles Lyell (1797(1797-1875) e l’
l’ Attualismo
Un'ipotesi, quella di Cuvier, che fu avversata dal grande geologo inglese Charles Lyell
(1797-1875) a cui si deve la diffusione della “teoria attualista", già proposta da Hutton
ma ignorata dai contemporanei, teoria che esercitò un notevole influsso sul giovane
Darwin. Secondo il geologo inglese le stesse cause che agiscono attualmente sulla
superficie terrestre (precipitazioni, terremoti, erosioni, ecc.) agirono nel passato e
portarono lentamente e gradualmente a modificazioni della crosta terrestre, senza che
si debba pensare a cataclismi. In questa concezione il fattore "tempo” veniva ad acquistare una primaria importanza, quella che Darwin gli avrebbe riconosciuto nella sua
teoria evolutiva (anche se Lyell non era favorevole al trasformismo).
A sostegno delle sue ipotesi Lyell raccolse grandi quantità di
osservazioni di natura geologica.
Movimentando la storia del globo, Lyell fornì il quadro necessario alla possibilità del mutamento continuo. Lyell non credeva alla trasformazione delle specie, tuttavia la teoria da lui
sostenuta sul mutamento geologico continuo rese inevitabile
la teoria dell’evoluzione biologica.
Charles Lyell
Le teorie evolutive nell’800
Il trasformismo finalizzato
Jean Baptiste de Lamarck (1744(1744-1829)
Il trasformismo non finalizzato
Charles Darwin (1809(1809-1882)
Alfred Russel Wallace (1823(1823-1913)
Le teorie evolutive:
il trasformismo finalizzato
Jean Baptiste de Lamarck (1744(1744-1829)
Centralità nei rapporti
“La funzione
crea l’organo”
bisogno → funzione → struttura
Riprende ed elabora il pensiero di Buffon sul trasformismo.
Philosophie Zoologíque (1809)
Introduce il termine “adattamento” per spiegare la trasformazione degli organi dai
più semplici ai più complessi (il “trasformismo”) e superare le obiezioni di Cuvier.
”Le differenze tra le diverse specie sono da mettere in relazione con
l'ambiente e con l'uso e il non uso degli organi " (cause interne o spinta
dall’interno).
I processi di trasformazione si verificano per una spinta interna agli organismi
(vitalismo) per rispondere al “principio della perfezione”.
Lo scenario naturale è costruito in base ad una evoluzione programmata
(finalismo).
L’errore di Lamarck fu nel ritenere che i caratteri acquisiti dal singolo
individuo per risposta adattativa (indotti dall’ambiente) fossero ereditabili.
“L’aspetto fondamentale della Natura è il mutamento. Il
mondo è processo e attività e la sua realtà non sta tanto
nelle fugaci considerazioni della Natura, quanto nel fatto
stesso della sua fugacità.
Tutti i Regni hanno come regola il divenire e non la stasi.”
I viventi: o sono in equilibrio con l’ambiente e sopravvivono,
oppure scompaiono.
Dato che l’ambiente muta di continuo, anche gli organismi
DEVONO modificarsi con un processo adattativo, in risposta a
tali mutamenti, altrimenti periscono.
Lamarck cerca di dare risposta alle seguenti tematiche:
1. le cause che hanno dato origine alla vita e la mantengono
2. l’origine delle facoltà degli organismi ad adattarsi
3. le ragioni del notevole progresso che gli animali presentano nella loro organizzazione
1
Cause dell’origine della vita. Il tempo per Lamarck.
Nelle osservazioni che vengono effettuate sulle singole specie, la loro apparente
stabilità dipende dalla limitata prospettiva temporale dell’Uomo.
Non esiste un istante di creazione: il tempo fa emergere a poco a poco le varie
forme, in successione. Tutti i corpi organizzati sono prodotti dalla Natura che li
ha formati in tempi successivi.
1b
Il mantenimento della vita.
La Natura è in movimento incessante. Tutte le creature sono coinvolte nella lotta per divenire complesse come l’uomo, ascendendo lungo la ”scala
mobile”.
I gradini più bassi vengono rigenerati ininterrottamente
per generazione spontanea (ancora non era stata
confutata del tutto la teoria; occorrerà aspettare Pasteur,
1864) e la materia inanimata prende la forma di
creature semplici che partono dal gradino più basso,
riempiendo man mano i vuoti lasciati da quelle che
salgono verso la sommità.
Il processo ascendente/discendente è guidato da due forze naturali:
- la spinta intrinseca verso una crescente complessità (la materia è intrisa dall’ambizione di migliorare ed ogni creatura è attratta verso lo stadio di sviluppo superiore)
- la forza plasmatrice dell’ambiente:le abitudini naturali di ogni creatura portano ad una
modificazione della sua struttura anatomica. Acquisita la modificazione, essa viene
trasmessa alla generazione successiva. Il mancato uso di un organo porta al suo
rimpicciolimento, a sua volta ereditato dalla progenie.
La sistematicità della teoria di
Lamarck fu tanto persuasiva
da farne la più influente di tutte le teorie evoluzionistiche
predarwiniane, e rappresentò
uno spunto notevole per lo
sviluppo della teoria della
selezione naturale da parte di
Charles Darwin.
La vita e l’organizzazione della materia secondo Lamarck.
La vita è la proprietà di interagire con l’ambiente esterno.
L’interazione viene attuata attraverso l’organizzazione della materia ed essa è tanto
più importante quanto più è complesso il livello di organizzazione. È una forza
propria, insita nella materia, anche se non è chiaro cosa sia (vitalismo).
La materia inanimata non ha un grado di organizzazione sufficiente per interagire
con l’ambiente esterno. Occorre che essa si organizzi ed evolva in materia vivente (cfr.
movimento principale e secondari).
La generazione spontanea offre continuamente opportunità alla materia di organizzarsi per dare luogo alla vita. Non c’è soluzione di continuità tra la materia vivente e
quella inanimata: dipende soltanto dal livello di organizzazione della materia
stessa.
Il livello di organizzazione è soggetto a continua trasformazione. Le
forme viventi più antiche sono le più organizzate; quelle più primitive
sono le più recenti (cfr. “scala mobile”).
2
I movimenti di organizzazione della materia secondo Lamarck.
La forza propria organizzativa della materia la guida verso un sempre più elevato
grado di organizzazione mediante due tipi di movimenti:
• Movimento principale:la forza che guida il movimento della materia ad organizzarsi
• Movimenti secondari: l’interazione della materia con l’ambiente esterno (acquis.car)
GENERAZIONE
SPONTANEA
Alimenta la vita di continuo
MOVIMENTO
PRINCIPALE
Principio
della perfezione
AUMENTO DEL LIVELLO DI ORGANIZZAZIONE MATERIA
VERTICE ASCESA:
L’UOMO
Ogni trasformazione della materia si traduce in un successo: la Natura sa già che
cosa deve produrre (finalismo
finalismo). Raggiunto l’Uomo, la materia non evolve oltre ma ritorna
allo stato inorganico e lentamente si degrada finché, toccato il fondo, dà luogo a nuova
generazione spontanea e ricomincia il ciclo, così la massa non si accumula mai al vertice
I movimenti secondari guidano:
• l’interazione con l’ambiente circostante: gli organismi risentono dei bisogni in relazione all’ambiente e le forze si indirizzano verso i punti del corpo ove si può
esplicare un’azione atta a soddisfare il bisogno
• il rafforzamento o l’indebolimento dell’effetto principale: se l’organo non esiste viene
generato come espressione di un maggior livello di organizzazione, atto al
soddifacimento del bisogno. Se esiste già viene rafforzato lo sviluppo. Sono quindi i bisogni e la conseguente utilizzazione le molle per lo sviluppo degli organi più
evidenti.
Attraverso l’osservazione della scala animale nelle diverse famiglie, ordini e
classi della classificazione di Linneo, Lamarck giunge all’idea del :
trasformismo degli organi dai più semplici ai più complessi.
Lamarck cercò di dare una spiegazione delle supposte trasformazioni. Esse
sarebbero dovute alle circostanze che modificano i bisogni dell'animale e
determinano l'uso (e quindi lo sviluppo) e il non uso (e quindi la regressione)
di organi.
Le nuove abitudini, imposte dai nuovi bisogni a loro volta creati dai cambiamenti ambientali, modificano l'organizzazione dei viventi e queste
modificazioni si trasmettono alla discendenza.
Dunque: il bisogno crea l'organo e i caratteri acquisiti
vengono trasmessi alla discendenza.
Il trasformismo non finalizzato
Charles Darwin (1809(1809-1882)
Alfred Russel Wallace (1823(1823-1913)
Ipotizzano uno scenario di evoluzione contingente.
contingente La
selezione non è una forza deterministica che soggiace a
legge prestabilite, ma un processo che si svolge in
funzione di fatti contingenti. Essa funziona sul materiale
che si trova a disposizione ed il prodotto finale non è
prevedibile. Anche l’Uomo si è evoluto con gli stessi meccanismi degli altri animali.
•On the origin of species by means
of Natural selection (1859)
•The descent of man (1871)
Il radicale mutamento di mentalità
nel modo di affrontare lo studio della diversità da parte di Darwin
è consistito nella sostituzione dell’aristotelico concetto tipologico (il “tipo” è immutabile e le piccole variazioni individuali non
ne modificano l’essenza) con il concetto dell’individualità
biologica (ogni individuo è unico e irripetibile e le sue
caratteristiche lo mettono di fronte all’azione della selezione).
La questione della diversità comincia ad essere affrontata per quello che essa rappresenta
e non per cercare di dare una sistemazione in caselle concettualmente precostituite.
La teoria dell’evoluzione è senza dubbio la più importante generalizzazione fino ad ora compiuta nel campo della Biologia,degna di
schierarsi con le grandi generalizzazioni delle Scienze Fisiche”
Thomas Henry Huxley
L'intuizione di Charles Darwin si rivelò nel lungo viaggio che compì, a sue spese,
come naturalista, dal 27 dicembre 1831 al 2 ottobre 1836 sul brigantino Beagle della
Reale Marina britannica che lo portò nell'America del Sud, nella Polinesia e nella
Australia. Nelle sue tappe a terra Darwin raccolse una mole enorme di osservazioni
sulle caratteristiche geologiche, sul clima, sulle piante e sugli animali delle diverse
terre e al ritorno si dedicò per vari anni a stendere note, rimaste a lungo inedite, e ad
elaborare la sua teoria evolutiva fondata sulla selezione naturale.
Durante il viaggio sul Beagle, Darwin
maturò tutta una serie di considerazioni:
• la modifica graduale delle caratteristiche delle specie, senza
peraltro riuscire a trovarne le cause
• l’ambiente non gli sembra sufficiente a determinare la modifica delle
caratteristiche
• nemmeno le forze interne ipotizzate da Lamarck sembrano in grado di
spiegare le variazioni
• la selezione artificiale era la chiave con cui gli allevatori avevano selezionato le razze utili
• dalle letture di Malthus (*) ebbe un’idea chiara dell’importanza della lotta per
la sopravvivenza a cui ogni essere è sottoposto e del ruolo giocato dalla
riproduttività e dalla mortalità nel determinare la composizione di una
popolazione.
(*) Thomas Malthus (1798) "An essay of the principle of the population as it affects the future
improvement of society" (Saggio sul principio della popolazione).
LA FORMULAZIONE DELLA TEORIA DELL’EVOLUZIONE: IL PERCORSO EVOLUTIVO DI DARWIN
Al termine del lungo viaggio sul brigantino Beagle, le idee di Darwin
sulla natura subirono più mutamenti nei pochi mesi che seguirono il
ritorno che in tutti i 5 anni di viaggio.
Dai suoi appunti si nota un graduale emergere delle idee che lo
portano man mano sempre più vicino alla teoria dell’evoluzione.
• L’adattamento
adattamento. All’inizio Darwin era allineato alla teoria
attualista di Lyell del mutamento geologico uniforme.
S’accorse però che al variare dell’ambiente fisico era
necessario che cambiassero in parallelo anche gli
organismi. Per rimanere adattati al loro ambiente fisico in
continuo mutamento anche gli esseri viventi dovevano
mutare: la natura era quindi un processo aperto di
adattamento.
Se così non fosse stato, il tempo avrebbe condotto a un
disadattamento fatale per gli esseri viventi, che si
sarebbero tutti estinti.
La continuità della vita sulla terra è quindi dovuta al fatto che
le specie superate dai mutamenti geologici sono state
rimpiazzate da nuove specie più recenti e adatte.
• La comparsa delle nuove specie.
specie Darwin identificò due possibili alternative:
• esse sono state appositamente create per rimpiazzare le perdite dovute alla
estinzione. Darwin respinse decisamente questa prima possibilità;
• le specie si sono evolute dai loro predecessori estintisi in seguito ai mutamenti
geologici (“discendenza mutata”). All’inizio Darwin si allineò con le posizioni di
Lamarck sui mutamenti indotti dall’ambiente e la generazione spontanea della
vita dalla materia inanimata.
Ben presto si accorse che l’evoluzione non
segue una semplice linea ascendente, ma
organismi più semplici potevano dare origine
ad altri più complessi senza necessariamente
svanire nel processo. Simbolizzò l’idea con
un albero che si dirama irregolarmente. Ogni
nuova specie è un ramoscello che spunta dall’albero padre, ramificandosi a sua volta (quella che ora è chiamata radiazione adattativa).
“Forse l’albero della vita andrebbe
chiamato corallo della vita, una
piattaforma di rami morti che
impediscono di vedere i passaggi da
una generazione all’altra”
La somiglianza tra le specie viventi risulta dal fatto che esse hanno ereditato un progetto fondamentale da un antenato in comune, ora estinto.
Le novità successivamente sovrapposte allo stereotipo ancestrale danno
conto delle differenze che si osservano tra le specie viventi.
L’estinzione e la scomparsa dei predecessori intermedi spiegano i
vuoti nelle testimonianze.
Lo stesso principio era stato applicato con successo allo studio delle lingue da parte dello storico del linguaggio Sir William Jones, alla fine del
‘700. Nel 1816 il filologo Franz Bopp ipotizzò che tutte le lingue europee
discendessero dalla medesima radice indoeuropea mediante modificazioni successive.
• La fonte del cambiamento biologico.
biologico Da principio si allinea con Lamarck
nell’ipotesi di ereditarietà dei caratteri acquisiti come risposta adattativa ai
mutamenti ambientali. Non è però convinto:è la Natura che fornisce il materiale grezdell’evoluzione, nella forma di novità casuali
non sollecitate . Questa convinzione gli venCome emergevano le
nuove specie ?
ne notando che ad ogni accoppiamento sessuale i figli differiscono non solo dai genitori
Che cosa garantiva
ma anche tra di loro, cosa che non accade per
il loro adattamento?
quella asessuata. Le modificazioni sono pressoché illimitate e vengono trasmesse da una
generazione all’altra senza scomparire, introducendo mutamenti permanenti nella forma e
nel comportamento.
• La selezione artificiale.
artificiale Darwin fu colpito dalle
notevoli trasformazioni che piante ed animali
avevano subìto nel corso dell’addomesticamento
umano. Studiando la produzione di razze artificiali
identificò il principio che dirigeva l’evoluzione
verso le scelte più vantaggiose.
Frequentando gli allevamenti ed i mercati si accorse che lo sviluppo di nuove varietà era il risultato della selezione artificiale deliberata e che
questa veniva operata dagli allevatori “lavorando”
con le modificazioni casuali prodotte dalla natura,
incrociando deliberatamente i soggetti ritenuti più
idonei al miglioramento delle razze.
• La lotta per l’
l’esistenza.
esistenza D’altra parte la selezione deliberata non poteva essere
estesa alla Natura.
L’unica alternativa possibile era quindi una competizione cieca, una forza che
inconsapevolmente e senza premeditazione elimina il disadatto.
Riprendendo il lavoro di alcuni predecessori, si accorse che la pura e semplice
fertilità della natura bastava a creare la lotta per l’esistenza. In una simile lotta, gli
individui che ereditavano variazioni favorevoli avrebbero avuto migliori probabilità di
vivere sufficientemente per tramandare tale caratteristica alla propria progenie.
La lettura del “Saggio sul principio della popolazione” di
Thomas Malthus (che si era prefissato con il suo lavoro
di combattere l’uso indiscriminato dell’assistenza sociale) gli rafforzò l’idea dell’importanza della lotta per la
sopravvivenza. Malthus aveva sottolineato che se una
popolazione non fosse stata controllata, sarebbe
raddoppiata ogni 25 anni, in progressione geometrica.
Questo aumento avrebbe esaurito rapidamente le
risorse di cibo ed acqua e ne sarebbe risultata una
feroce lotta per l’esistenza.
Con questo, Darwin aveva tutti gli elementi per formulare il principio che stava cercando.
Gli elementi in suo possesso erano:
1. Il globo terrestre ha subìto e continua a subìre mutamenti (attualismo) in conseguenza dei quali anche
gli esseri viventi devono modificarsi per sopravvivere
2. La natura provvede ad una quantità illimitata di mutazioni fortuite, non sollecitate ed ereditarie
3. La fertilità della natura costringe i viventi ad un’incessante lotta per l’esistenza;
gli individui con mutazioni favorevoli sopravviveranno tramandando i loro caratteri
favorevoli alla progenie.
In questo modo Darwin spiegava lo sviluppo degli esseri viventi in
termini di caso (comparsa di nuove varianti) e di competizione cieca,
eliminando ogni ulteriore necessità di intervento provvidenziale.
Malgrado avesse tutti (o quasi) gli elementi per la pubblicazione della sua teoria, Darwin
fece ritardare l’uscita del lavoro di 20 anni. Si pensa che i motivi siano stati:
• timore di polemiche e persecuzioni, cosa accaduta a diversi suoi colleghi anche coevi
• convinzioni religiose in quanto, sebbene avesse abbandonato il Cristianesimo ortodosso, aveva conservato una propria fede e quanto da lui postulato andava controcorrente rispetto alla propria religiosità
• cautela scientifica, in quanto aveva lui stesso
dei dubbi sulla attendibilità della propria teoria scientifica. Inoltre, temeva che la teoria potesse essere messa in discussione in quanto
le sue affermazioni non erano direttamente dimostrabili ma soltanto dedotte da prove indirette
• ma soprattutto :
Negli anni successivi pubblicò lavori di diverso
tipo tendenti ad argomentare la linea della sua
teoria, nota soltanto in ambiti molto ristretti,
tra cui suo fratello Erasmus, Lyell ed il botanico
J.D.Hooker.
Nel 1858 ricevette una lettera da un giovane naturalista, Alfred Russell
Wallace che gli chiedeva un parere su un saggio da pubblicare
imperniato su una “sua” teoria evolutiva che ricalcava in pieno quella
pensata da Darwin.
Sconvolto, Darwin scrisse a Lyell dicendo di essere stato preceduto.
Lyell ed Hooker convinsero Wallace e Darwin a pubblicare il saggio a
due nomi, attribuendo a entrambi la paternità della teoria.
Alfred Russell Wallace
“On the Tendency of Species to Form Varieties; and on the Perpetuation of Varieties
and Species by the Means of Natural Selection” venne pubblicato sulla rivista della
Linnean Society, ma non ebbe particolare successo.
L’anno successivo (1959) Darwin pubblicava l'opera fondamentale: On the orí
orígin of species by means of natural
Selectí
Selectíon che si esaurì immediatamente.
Sostenitori e oppositori della teoria evolutiva di Darwin
La teoria darwiniana aprì nuovi orizzonti alle scienze naturali e influenzò notevolmente il
pensiero scientifico moderno, pure incontrando non soltanto sostenitori ma anche oppositori. Appassionato sostenitore fu lo zoologo Thomas H. Huxley (1825 -1895), il quale
paragonò Darwin a Newton, lo difese dalle aspre critiche del vescovo anglicano Samuel Wilberforce (questi, in una riunione dell’Accademia Britannica, giudicò la teoria immorale e anticristiana
perché faceva discendere l’uomo dalle scimmie) e sviluppò il pensiero di Darwin con l 'opera Il posto dell’uomo nella natura (1863).
Altri sostenitori furono il naturalista di Ginevra Carl Vogt
(1817-1895) e lo zoologo tedesco Ernst Haeckel (1834-1919).
T.H. Huxley a 32 anni.
Ernst Haeckel
Autorevoli critiche giunsero da Paul Broca
(1824-1880) e De Quatrefages (1810-1892),
che non ritennero i meccanismi evolutivi
invocati da Darwin sufficientemente adeguati
a spiegare I'evoluzione.
Oltre ai noti lavori sulla struttura dell’encefalo,
Broca diede la classica definizione di Antropologia come “Storia naturale dell'uomo“.
Paul Broca
Gli oppositori si trovarono soprattutto tra i ranghi della Chiesa e tra colleghi invidiosi.
Ma almeno tre obiezioni diedero seri problemi a Darwin:
1. La teoria non dà alcuna spiegazione sugli stadi iniziali dello sviluppo degli adattamenti (l’utilità ed i vantaggi dell’occhio sono fuori discussione, ma come è nato l’organo?)
Mivart, 1871 On the Genesis of Species
La spiegazione di Darwin era vera: al suo primo apparire una variazione può conferire vantaggi minimi o invisibili. Eppure fu proprio l’utilità delle variazioni impercettibili una delle cause principali per cui la teoria della
selezione naturale perse credito negli anni successivi
2. L’assenza dei tipi intermedi: Darwin si rese conto che l’ipotesi dei mutamenti graduali e impercettibili implicava l’ estinzione di moltissime specie. I fossili di queste specie
dove erano ? Lui spiegò presumendo che i reperti mancanti non fossero ancora stati
trovati o fossero andati distrutti, e aveva fiducia che le ricerche future avrebbero ricostruito la continuità delle
testimonianze.
In realtà Darwin non spiegò la spesso brusca
successione di tipi fossili. La moderna teoria
degli equilibri punteggiati evidenzia lunghi
periodi di stasi evolutiva succeduti da altri in
cui si hanno repentine sostituzioni di specie
(cespuglio evolutivo).
La continuità del processo evolutivo sarebbe
dunque molto più episodica di quel che
pensasse Darwin e probabilmente le
modificazioni che accompagnano la
discendenza non sono necessariamente
graduali ma vengono accompagnate da
trasformazioni improvvise che fanno emergere
strutture interamente nuove.
3. L’evoluzione basata su lento accumulo di mutazioni invisibili richiede lunghissimi
periodi di tempo, quasi inconcepibile dal punto di vista biologico. Quando lord Kelvin
calcolò l’eta della terra basandosi sulla temperatura interna del globo, questo valore
risultò molto più basso di quello necessario all’evoluzione darwiniana.
Darwin era convinto che la stima di
Kelvin fosse errata e che a lungo andare si sarebbe riuscito a dimostrarlo.
Ma la comunità scientifica tendeva a
dare ragione al grande fisico inglese.
La stima di Kelvin (98 milioni di anni) era
completamente errata. La Terra è in realtà
ancora più antica di quanto pensasse Darwin.
4. La mancanza di un preciso meccanismo ereditario: po-
chi anni dopo la pubblicazione della teoria evolutiva, l’ingegnere scozzese Fleming
Jenkins fece notare che la variazione “utile” si sarebbe presto dispersa non appena il
suo portatore si fosse incrociato con i membri “normali” della popolazione. Secondo
Jenkins i fattori genetici erano infinitamente divisibili, il che comportava che una nuova variazione si distribuisse automaticamente in quantità stabilmente decrescenti.
Questa critica fu distruttiva per Darwin.
L’obiezione di Jenkins sarebbe stata rapidamente confutata se il mondo scientifico si
fosse accorto della scoperta pubblicata da Mendel l’anno successivo(1865):i fattori
genetici si comportano come particelle indivisibili e non infinitamente divisibili.
Le eccezioni di Kelvin e Jenkins fecero perdere fiducia a Darwin nella propria
teoria e decise di operare alcune varianti, tornando sotto certi aspetti all’idea
originaria di Lamarck di ereditarietà dei caratteri acquisiti.
Nella sesta edizione dell’Origine delle specie ammise che la selezione naturale
era “aiutata in misura notevole dagli effetti ereditari dell’uso o mancato uso delle
parti e in misura trascurabile, cioè in relazione alle strutture adattative, sia
passate che presenti, dall’azione diretta delle condizioni esterne […]. A quanto
pare, in precedenza ho sottovalutato la frequenza e l’importanza di queste
ultime forme di variazione nel condurre a modificazioni permanenti di struttura
indipendentemente dalla selezione naturale”.
Il tentativo di Darwin di spiegare l’eredità dei caratteri
acquisiti: la Pangenesi.
“Riconvertitosi” all’evoluzione in relazione all’uso-non uso degli organi, nel 1868
pubblicò un libro che illustrava una elaborata teoria che tentava di spiegare
l’ereditarietà dei caratteri acquisiti: la teoria della Pangenesi.
A quel tempo era ammesso che il solo anello di congiunzione materiale tra
una generazione e l’altra era la cellula fecondata risultante dalla fusione
dello sperma e dell’uovo. Da questo minuscolo frammento di materia, un nuovo
individuo veniva riprodotto a immagine dei suoi genitori, ma nessuno
riusciva a spiegare come mai una entità tanto piccola potesse contenere
tutte le caratteristiche necessarie.
Darwin sviluppò una teoria formulata dal filosofo greco Democrito e ripresa da Maupertuis, secondo la quale le cellule germinali destinate a giocare un ruolo riproduttivo
(gameti) raccolgono una serie di particelle rappresentative (le “gemmule”) derivate dalle
cellule somatiche di tutti gli organi e i tessuti del corpo adulto. Le gemmule venivano
prodotte più volte nell’arco della vita e viaggiavano nel flusso sanguigno e da organo ad
organo riunendosi di nuovo nelle cellule riproduttive, garantendo una duplicazione
fedele del fisico del genitore e contribuendo alla trasmissione ereditaria dei caratteri.
L’ereditarietà dei caratteri acquisiti veniva così facilmente spiegata: gli sforzi del genitore
nel migliorare ad esempio la muscolatura trovavano compenso anche a livello ereditario,
in quanto le gemmule della muscolatura venivano formate a somiglianza del corpo del
genitore.
Viceversa, se l’organo non fosse stato utilizzato dal genitore, le gemmule sarebbero state di tipo atrofico. Da notare come la teoria della Pangenesi fosse del tutto
speculativa, debolissima, in quanto non supportata da alcuna prova scientifica.
Dal 1870 in avanti la revisione acquistò grande influsso e ci fu un grande consenso a
favore della teoria dell’evoluzione secondo la formulazione di Lamarck (malgrado la
confutazione di Galton), mentre la selezione naturale fu respinta a beneficio:
- dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti
- degli effetti ereditari direttamente stimolati dall’ambiente.
La teoria della Pangenesi venne “falsificata” e confutata da Francis Galton, cugino
di Darwin. Gli esperimenti di Galton (1869-71) cercavano di cambiare il colore di
ceppi di conigli bianchi o neri trasfondendo loro delle gemmule prelevate dal circolo
ematico. L'esperimento fallì, dimostrando che le gemmule non esistevano o non
avevano influenza nel meccanismo di ereditarietà.
Il pensiero di Darwin. La variabilità nello spazio e nel tempo
Secondo Darwin, le variazioni limitate in situazioni simili e territori vicini (isole)
implicano che l’ambiente sia responsabile solo in modo parziale della variabilità.
Egli attribuisce all’isolamento una parte importante delle modificazioni osservate.
Le specie sono altamente mutabili ma non tutto è possibile, come implicito nelle
teorie di Lamarck. L’adattamento è sì in continua modificazione ma non in relazione
alla volontà individuale bensì in risposta all’ambiente in senso selettivo: la Natura
seleziona i più adatti. Non è importante il singolo individuo ma la popolazione
vivente in quella zona con la sua variabilità.
Variabilità e selezione naturale. Sull’origine della variabilità e sulla sua conservazione nel tempo, Darwin la assume senza darne un preciso significato. Ammette
la possibilità che subentrino nuove modificazioni ma non ne intuisce le cause. Nota:
• la presenza di variabilità in Natura
• caratteri diversi offrono probabilità diverse di sopravvivenza e di riproduzione
• il destino delle caratteristiche biologiche è funzione delle opportunità da loro offerte
in termini di riproduttività.
È la variabilità a consentire l’affermazione di alcune forme e la scomparsa di
altre, sotto l’azione della selezione.
Furono le numerose osservazioni sulle piccole variazioni delle medesime specie o di
specie simili viventi in ambienti diversi, a suggerire ascendenze comuni e nello
stesso tempo a spiegarne le differenze in forza delle diverse condizioni ambientali.
Indicò nella selezione naturale il fattore che ha portato al successo le specie con le
caratteristiche più adatte all’ambiente.
Meccanismi di evoluzione per l’Uomo
(1871)
L’Uomo si sarebbe evoluto con gli stessi meccanismi
degli altri animali.
In più, per l’Uomo, si sarebbero aggiunti altri fattori:
• la competizione tra razze
• la selezione legata alle scelte sessuali
che lo avrebbero portato ad un grado di sviluppo molto più elevato.
In sintesi, per quanto concerne l’evoluzione della specie umana,
umana Darwin concluse che:
• la variabilità nell’Uomo è enorme, anche maggiore che nelle altre specie, ed è
soggetto a moltissime, leggere e diverse variazioni
• l’Uomo è inserito nell’evoluzione. Pur con tutte le sue qualità sublimi, esso conserva
ancora nella sua struttura corporea l’impronta indelebile della sua “bassa” origine;
qualche sottomembro delle scimmie antropomorfe diede origine all’Uomo.
• la selezione sessuale,
sessuale ha accentuato la selezione tra individui dello stesso sesso,
portatori di qualche vantaggio in termini di riproduzione. Ciò deve aver giocato
un ruolo importante nell’Uomo.
A fine secolo solo Alfred Russell Wallace ed il naturalista tedesco August Weismann erano rimasti fedeli al principio della selezione naturale. Occorrerà attendere la divulgazione dell’opera di Mendel e lo sviluppo della genetica moderna che individua nelle mutazioni la materia su cui opera la selezione naturale affinché la teoria di Darwin assuma una più valida connotazione scientifica.
Il neo(1834-1914)
neo-darwinismo: August Weismann (1834Weismann ebbe il grande merito di analizzare la teoria di Lamarck alla luce di un gran
numero di dati sperimentali, osservando che in nessun caso l’esperienza e lo sforzo di
una generazione aveva influenzato la struttura e la funzione della successiva. Abilità
acquisite in vita, cicatrici e mutilazioni indotte non venivano mai date in eredità alla
progenie. Indipendentemente dai mutamenti subiti nel corso della vita da ogni
individuo, la generazione successiva invariabilmente “regrediva” alla norma.
Weismann spiegò il fenomeno ipotizzando un
contrasto tra le cellule deperibili del corpo e quelle
“immortali” della riproduzione.
Le cellule del corpo prenderebbero parte ai processi
adattativi dell’individuo ma periscono con esso
senza trasmettere alla discendenza le modificazioni
acquisite.
Le cellule della riproduzione vengono invece isolate
in uno stadio precoce di sviluppo e le loro capacità
genetiche non sono influenzate dai mutamenti subìti
dal resto del corpo.
Secondo Weismann la continuità inviolabile
del “plasma germinale” impedisce la trasmissione dei caratteri acquisiti da un individuo
nel corso della vita.
Pur non conoscendo ancora la reale natura
del materiale genetico, Weismann aveva
ragione (1885). Con la scoperta del DNA
nucleare, la sua teoria fu tradotta nel dogma
centrale della moderna genetica.
Dato che il flusso biochimico DNA → proteine
scorre in un’unica direzione, il DNA ereditato
dai genitori non viene influenzato dall’esperienza, dagli usi e dalle abilità della prole.
Identificato nel nucleo della cellula germinale il portatore dell’informazione genetica,
quando i biologi osservarono realmente il nucleo dello spermatozoo penetrare nel
nucleo dell’uovo, Weismann giunse alla conclusione ipotizzata da Darwin (senza che pero’ questi fosse riuscito a darne una interpretazione valida) sulla natura discontinua del materiale genetico.
L’opera di Weismann preparò il terreno alla
riscoperta del lavoro da lungo tempo dimenticato
di Gregor Mendel. La scoperta della meccanica
cromosomica vanificò l’obiezione di Jenkins che
le novità genetiche si sarebbero mescolate con
gli incroci e si spiegò pure la scomparsa e la
riapparizione in una generazione successiva di
un certo carattere (dominanza e recessività).