BREVE STORIA DEL PENSIERO SCIENTIFICO-ANTROPOLOGICO Platone (428(428-347 a.C.) L’Essenzialismo Le specie sono rappresentazioni terrene di “tipi universali” presenti nel mondo delle idee. Ogni specie esiste in quanto plasmata da un’entità superiore (Demiurgo). Le sole cose realmente esistenti sono le idee, fisse ed immutabili nel tempo (essenze). I cambiamenti biologici non esistono. Il prototipo di ciascuna specie permane nel tempo grazie all’ereditarietà. Aristotele (384(384-322 a.C.) Ebbe una visione unitaria dello scibile. La varietà degli esseri è concepita quale risultato di atti creativi indipendenti: ciò che conta è il “modello” o “tipo”. Il modello è per sua stessa natura “reale” mentre le varietà ne sono le “mere ombre”. Di conseguenza il modello è immodificabile. immodificabile Questa visione del CONCETTO TIPOLOGICO giungerà immodificata fino a Darwin che la rimpiazzerà con quello di INDIVIDUALITA’ BIOLOGICA. Aristotele introduce il termine Antropologia nella “Historia animalium” ma il termine verrà dimenticato fino al 1500. Per lui l’Uomo è un animale, ma rispetto agli altri presenta differenze di ordine: - morfologico o anatomico: è bipede ed ha il cervello più voluminoso; - fisiologico : emette suoni articolati; Aristotele colloca l’uomo in - psicologico: pensa e decide di conseguenza cima alla scala della Natura. Questa visione antropoL’Uomo è il cosiddetto “bipede pensante”. centrica rimarrà inalterata per più di 2000 anni. Per Aristotele la forma biologica si trasmette da una generazione all’altra per mezzo di una potenza spirituale contenuta nello sperma maschile. L’idea che l’eredità biologica si trasmettesse per via maschile rimarrà inalterata sino al XVII secolo quando William Harvey formulò un’ipotesi antitetica (epigenesi): la potenza formatrice è contenuta nell’uovo. Secondo Aristotele, il concepimento nell’utero è analogo alla nascita di un’idea nel cervello. Il pensiero medievale Durante il Medioevo le domande sull’origine dell’uomo si sviliscono a semplice cronologia biblica: la Bibbia ha in sé la risposta ai quesiti e viene interpretata in senso letterale dando veridicità a tutti i fatti e personaggi in essa raccontati. In tal modo, James Hussher (15811656), Arcivescovo di Armagh, stabilì che la creazione del mondo era avvenuta nel 4004 a.C. Il vice-cancelliere dell’università di Cambridge, John Lightfoot, precisò che la creazione avvenne alle ore 9 del mattino del 23 ottobre 4004 a.C., mentre quella dell’uomo doveva essere datata al venerdì 28 ottobre dello stesso anno. La Terra è cambiata in conseguenza del Diluvio mentre gli esseri viventi sono rimasti immutati. Non si sono mai verificate estinzioni. I fossili sono coincidenze o “scherzi” di Dio Fu Niels Stensen (Stenone,1638-1686) a comprendere il vero significato dei fossili. Osservando che essi sono contenuti in strati simili a quelli che si depositano in acque fangose dedusse che gli strati della superficie terrestre si erano deposti in acqua e che i fossili erano resti incorporati durante la sedimentazione. Constatare che esistevano più strati equivaleva ad ammettere l'esistenza di più diluvi ed a contraddire l'ipotesi biblica. Interessi scientifici medievali: la farmacopea e la botanica Entrambe le discipline hanno scopo utilitaristico e non hanno alcun interesse rispetto allo studio del funzionamento del vivente e alla sua variabilità. Manca la motivazione e lo stimolo della ricerca. Su ogni cosa vale : “L’ha voluto Dio ! È inutile che l’Uomo cerchi di capire il perché”. Dio ha creato i grandi animali e l’uomo, mentre gli esseri “inferiori” vengono generati direttamente dalla Natura che promuove la vita dal fango e dalla putredine. L’idea cade nella materia in modo quasi magico: dalla materia inanimata si forma spontaneamente la vita e questa è continuamente generata dagli influssi vitali dei quali la materia è permeata (teoria della generazione spontanea). Si credeva che solo gli esseri viventi “superiori” fossero stati creati da Dio, mentre quelli inferiori (rane, sanguisughe, vermi, insetti) potessero sorgere spontaneamente dal fango o dalle carcasse in putrefazione. All'epoca la Chiesa sosteneva la generazione spontanea, in accordo con il passaggio della Bibbia (Libro dei Giudici, 14) dove si parla di api nate dalla carogna di un leone. Le principali correnti del pensiero antropologico (XVII(XVII-XIX sec.) Meccanicismo (XVII sec.) Catastrofismo (XVIII(XVIII-XIX sec.) George Cuvier René Descartes Attualismo (XIX sec.) Fissismo (XVIII sec.) Charles Lyell John Ray Carlo Linneo Trasformismo finalizzato o evoluzione programmata (XVIII sec.) Trasformismo degenerativo (XVIII sec.) Jean Baptiste de Lamarck George Louis Buffon Trasformismo non finalizzato o evoluzione contingente (XIX sec.) Charles Darwin Alfred Russell Wallace Cartesio - René René Descartes (1596(1596-1650) Con il XVII secolo, soprattutto in conseguenza della costruzione di strumenti atti a descrivere leggi fisiche naturali, si impone la visione meccanicistica del mondo soggetto a leggi universali. Le leggi sono imposte da Dio all’inizio e poi l’ordine va avanti da sé senza che Dio possa più intervenire. La conoscenza non si fonda più su Dio e la sua parola: la Bibbia, ma sulle leggi volute da Dio. Gli animali sono macchine dal funzionamento automatico e nello stesso modo si comporta il corpo umano. Per l’Uomo rivendica un’anima immateriale e immortale. L’impostazione dualistica anima-corpo favorì la divaricazione tra scienze della natura e scienze dello spirito e gettò le premesse del meccanicismo. Il meccanicismo fa propria la relazione dalla quale discende Esistenza di un orologio ben funzionante Esistenza dell’orologiaio Presenza di leggi fisse e durature Prova dell’esistenza di Dio (William Paley) Secondo le concezioni attuali, il paradosso dei meccanicisti risiede nel fatto che il loro pensiero scientifico ha tratto origine da un atto di fede, pensando di ricercare le leggi volute e stabilite da Dio (paradosso perché scienza e fede hanno in realtà poco da spartire tra loro). Chiesa e Meccanicismo: la “proprova” va” del Cristianesimo addotta dal vescovo William Paley (1743– (1743–1805) 1 3 2 4 5 6 Nell’ Nell’età età dell’ dell’Illuminismo (XVIII sec.), con il prevalere dello spirito razionale, razionale, le scienze naturali ebbero grande impulso e si svilupparono la sistematica botanica e zoologica. Classificazione degli organismi: tassonomia e fissismo (seconda metà metà del ‘600, prima metà metà del ‘700) Concezione : • Manodopera di un creatore • Presenza di un ordine nel creato • L’ordine è intelligibile, quindi lo si può capire John Ray (1627-1705) è il primo a classificare per famiglie tramite un solo carattere e a dare una interpretazione ragionevole dei fossili. “La sapienza di Dio manifestata nelle opere della Creazione” (1691). Ray fu propugnatore di una teologia naturale: se il Dio rivelatosi nella storia della salvezza è lo stesso Dio che ha creato il mondo, allora il creato deve in qualche modo contenerne delle tracce visibili. Inoltre, se la scienza è fonte di vera conoscenza, allora essa è anche sorgente di pensiero morale ed è capace di suggerire quale atteggiamento l'essere umano debba mantenere di fronte ad un Creatore riconosciuto causa prima e causa finale dell'universo. John Ray Le opere create da Dio in principio, sono state da lui conservate fino a questi giorni nello stesso stato e condizione (Fissismo). Sul problema dei fossili, che prima di lui venivano interpretati come “tentazioni” (una forma di “prova” di Dio verso l’uomo rispetto al creato) oppure opera del demonio (l’impronta di una conchiglia fossile era un’orma dello zoccolo del diavolo), Ray conclude essere forme di vita che non sono riuscite a perpetuarsi. Ciò è solo in apparente contraddizione con l’assioma che la Natura è perfetta in quanto generata da Dio, mentre l’Uomo è imperfetto così come le sue opere. Invece di ammettere l’estinzione accidentale di specie imperfette, era meno imbarazzante presumere che Dio avesse più volte deliberatamente distrutto tutte le forme viventi per crearle daccapo (non tutte, né identiche). L’ultima di queste “catastrofi intermittenti” fu il Diluvio di Noè. Queste idee costituirono il fulcro della teoria del Catastrofismo (Cuvier). Carlo Linneo (1707(1707-1778) (Carl von Linné Linné, svedese) Opera principale: Systema naturae (1735). - species tot enumeramus quot a principio creavit infinitum Ens (contiamo tante specie quante in principio ne furono create dall’Ente - nullae species novae [ infinito) - varietates laevissimas non curat botanicus (di piccole variazioni [ non si occupa il botanico Presupposti per la classificazione: - la conoscenza consiste nella vera idea delle cose - dare alle diverse cose nomi senza possibilità di errore nelle identificazioni a posteriori - scelta del carattere “universale” per tutti gli esseri viventi - denominazione binaria delle specie (genere-specie) Ideò un sistema gerarchico di classificazione degli organismi viventi fondato sulle somiglianze e differenze e che, partendo dal regno animale e vegetale,conduce alla singola specie Regno Classe Ordine Genere Specie Varietà Genere Homo Classifica i Primati come Ordine (uomo, lemuridi, pipistrelli, scimmie); gli altri ordini sono dei Secondati (gli altri mammiferi) e dei Terziati (i non mammiferi). - Homo silvester o troglodytes (orango ecc…) - Homo sapiens - ferus (selvaggio) - americanus Le principali varietà - europaeus di Homo sapiens - asiaticus - asser (negro) 2 specie Allineandosi sulle posizioni di Ray, Linneo asserisce che da specie nasce specie e queste si conservano indefinitamente. Non c’è possibilità di cambiamento o di evoluzione nella logica del Fissismo. Da quando i viventi sono stati creati, nulla è davvero cambiato. Delle variazioni individuali che si osservano non ci si deve curare (posizione nettamente anti-evoluzionistica). La tassonomia linneana rivela in pieno lo spirito razionale e sistematico del tempo in cui operò Linneo: l’età dell’Illuminismo. La classificazione di Linneo non prevedeva il concetto di famiglia: infatti, la famiglia implica l’imparentamento delle specie, mentre Dio aveva creato ogni specie come entità fissa e immutabile. Le somiglianze tra specie rispecchiavano una sorta di parentela ideale corrispondente al pensiero di Dio all’atto della creazione. Le differenze a livello di specie (le “varietà”) venivano interpretate come mutamenti temporanei prodotti dall’ambiente che però non alteravano l’unicità del modello. Tuttavia, nelle ultime opere, Linneo ammise che potevano essersi formate specie nuove per ibridazione. Aveva profondi dubbi circa l’età della Terra ed era convinto che essa fosse molto più antica di quanto indicato dall’interpretazione delle Sacre Scritture. Il Fissismo entra in crisi. Contemporaneamente al lavoro di Linneo emergono le anomalie rispetto al paradigma del Fissismo, cercando soluzioni concettuali di tipo diverso. In alcuni casi, come per i fossili, si erano già presentate prima di Linneo. Gli incroci operati dagli allevatori dimostrarono che la grande variabilità di forme può essere ottenuta “artificialmente” ed essere mantenuta attraverso le generazioni. Verza, cavoli, cavolfiore, broccoli, cavolo cappuccio, cavolini di Bruxelles: sono tutte varietà della specie Brassica oleracea. Anomalie rispetto al paradigma del Fissismo: • i fossili turbavano l’ordine presente in quanto: - testimoniavano l’esistenza di forme non più presenti - venivano spesso trovati in luoghi inidonei al loro habitat di vita (animali marini ritrovati fossilizzati in montagna) • comparsa di ibridi, ibridi anche artificiali, incrociati da agricoltori e allevatori, che mettono in crisi i binari rigidi ipotizzati da Linneo, per il quale non si possono realizzare nuove specie • evidenze della durata del tempo: tempo anche Linneo per lungo tempo credette al tempo biblico (creazione al 4.004 a.C.) ma le osservazioni rimandavano molto all’indietro Emergono nuovi interessi legati alle anomalie: • la comparazione dei resti fossili • la durata e la dinamica del tempo geologico • lo studio delle funzioni dei vari organi ed apparati • l’analisi della variabilità e la ricerca delle cause Saranno Benoit de Maillet, Pierre L.M. Maupertuis e soprattutto George L. Buffon a mettere in crisi la visione statica e l’ordine precostituito insito nella dottrina del fissismo, proponendo una nuova visione, il “trasformismo degenerativo” . Il trasformismo “degenerativo” degenerativo” (XVIII secolo) Benoit de Maillet - Pierre de Maupertuis - Buffon Benoit de Maillet (16561656-1738). Mise in discussione sia la creazione che il diluvio universale. universale. Fu un grande viaggiatore e descrisse forme allora sconosciute, “ibride” rispetto a quelle Occidentali. Da ciò dedusse e considerò che: • l’età della terra calcolata considerando il ritiro del livello dei mari doveva essere di centinaia di milioni di anni almeno; • la vita si è originata nel mare; • gli esseri viventi si devono essere trasformati nel tempo; • la pluralità e la differenza osservata tra le forme viventi ed i fossili nei vari continenti suggerisce che l’ordine è in trasformazione continua; • i fossili rappresentano la “biblioteca” più antica del mondo. Pierre L.M. Maupertuis (16981698-1759). Fu il primo a porsi il problema del meccanismo dell’ereditarietà dei caratteri e del suo ruolo nella trasformazione dei viventi. La formulazione di un meccanismo ereditario era necessario per spiegare: •la conservazione lungo le generazioni delle deviazioni accidentali dal modello di base • l’affermazione e l’estinzione dei tipi. La sua opposizione al fissismo derivò dalle seguenti considerazioni: • l’ordine apparente dei fenomeni non indica necessariamente una finalità. Esso può risultare anche dalla semplice combinazione casuale degli elementi. “L’ordine non implica l’ordinatore, che può non esserci affatto”. • la semplice combinazione casuale degli elementi potrebbe derivare dal fatto che: - gli esseri viventi sembrano soltanto apparire “stabili” - attraverso ripetute deviazioni fortuite dal “modello stabile” si è generata la variabilità osservata. Se questo è vero la varietà della vita potrebbe essere derivata da un’unica fonte singola ancestrale. Georges Louis Leclerc, Leclerc, conte di Buffon (1707(1707-1788) “La specie è una successione costante di individui simili che si possono riprodurre l’uno con l’altro” Nella Histoire naturelle générale et particulière des animaux (1749) si soffermò in particolare: - sui concetti di specie - sui rapporti animali-uomo dal p.d.v. “evolutivo” - sulle razze umane, sottolineando l’importanza dell’ambiente, del clima e della nutrizione - l’importanza del tempo (“è il grande artefice della Natura”) il "fondatore delPer Buffon, la variabilità di ogni specie è dovuta al fatto che da Buffon: l‘Antropología” (Topinard) un prototipo generale si formano col tempo le varietà razziali. “Su questo prototipo ciascun individuo è modellato ma realizzandosi sembra alterarsi o perfezionarsi secondo le circostanze, in modo che, relativamente a certe qualità, vi è una variazione bizzarra,sotto una certa apparenza, nella successione degli individui e, nello stesso tempo, una costanza che sembra ammirevole nella specie intera “. Fu precursore di Lamarck nella teoria dell'evoluzione : intuisce la possibilità di forme intermedie fra una specie e l’altra in loro derivazione, anche se fra le specie attuali mancano tali forme e vi sono barriere che impediscono il loro mescolamento. In particolare, Buffon parla di specie inferiori originate da quelle maggiori (prototipi o stampo interno, in numero limitato) come effetto di cause degenerative, degenerative tra le quali l’influsso dell’ambiente (quindi fu precursore anche di Darwin). Il rapporto animaleanimale-uomo. uomo. Se le caratteristiche anatomiche ravvicinano l'uomo agli animali, le sue caratteristiche intellettive "per la propria superiorità naturale e per il fatto che con esse elabora progetti razionali" discostano l'uomo definitivamente da essi. Per Buffon l’uomo, nel mondo animale, riveste una posizione di assoluta preminenza quale "essere essere unico e superiore"; superiore "L'uomo assomiglia agli animali in ciò che ha di materiale" ma è pure inconfutabile che "...il più stupido degli uomini è capace di guidare il più spirituale degli animali..." e, ancora, nel mondo animale "...si passa d'un colpo dall'essere pensante all'essere materiale, dal potere intellettuale alla forza meccanica, dall'ordine e dal progetto al movimento cieco... e la distanza è infinita tra le società animali pur perfette quali quelle di certi insetti e le società umane, poiché le prime sono impostate su rapporti di "convenienza fisica" mentre le società umane si sviluppano grazie a un complesso di "relazioni morali". Se per Buffon le qualità dell'uomo lo isolano dagli animali, non esistono invece differenze qualitative tra gli uomini. uomini Egli osserva e descrive la diversità morfologica e comportamentale dell'umanità facendo riferimento al modello "centrale" della specie (il Bianco europeo) e interpretando le modificazioni di tale modello ideale quale frutto di situazioni geografiche e di eventi storici. Per Buffon, l'Antropologia è la scienza che riunisce questi due concetti base: l'unità l'unità della specie umana o monogenismo, monogenismo (esistono solo differenze di quantità tra gli uomini) e la sua diversità diversità rispetto alle altre specie animali (esiste uno iato incolmabile tra le qualità dell'una e le qualità delle altre). Buffon non arriva a formulare una teoria evoluzionista ma prepara il terreno alla teoria evolutiva di Lamarck respingendo decisamente il Fissismo: • idea di un modello originale per tutti gli animali (stampo interno); • idea di una forza vitale penetrante che permea la materia bruta (riproposizione della generazione spontanea, che era tornata in voga poco prima grazie alle “zuppe” di John Needham). Tra vita e materia esiste un flusso dinamico continuo; • quindi non un disegno statico ma continuità dinamica dei processi naturali ; • ereditarietà dei caratteri acquisiti (in senso degenerativo dal prototipo); • accumulo di modificazioni piccole, quasi impercettibili, da una generazione all’altra; • l’ambiente è fondamentale nel processo di modificazione dello stampo in quanto interagisce continuamente con l’organismo. I fattori esterni della variabilità sono: - il clima; - l’alimentazione; - l’addomesticamento. La conservazione della funzionalità è il fattore limitante alla variabilità ed alla degenerazione. Basandosi sul tasso di raffreddamento del ferro, stimò l’età della Terra in 75.000 anni (in realtà ne stimò 500.000 ma non si arrischiò a pubblicarlo per paura della scomunica). Ciononostante venne condannato dalla Chiesa Cattolica in Francia ed i suoi libri vennero bruciati. Il catastrofismo Georges Cuvier (1769(1769-1832) E’ considerato il fondatore dell’Anatomia comparata per avere formulato il principio di correlazione degli organi che affermava l'importanza dello studio delle parti anatomiche correlate per il riconoscimento delle specie fossili: nei viventi ogni organo è correlato con tutti gli altri (principio di correlazione degli organi), di conseguenza la trasformazione delle specie animali è possibile solo entro un ambito molto ristretto per motivi di funzionalità degli apparati, che sono in strettissima correlazione tra loro; anche le forme intermedie tra specie non sarebbero nell’insieme funzionali. Da qui il concetto di immutabilità delle specie da lui sostenuto e l’avversione per la teoria di Buffon sul trasformismo. Dà una definizione importante del concetto di specie “insieme di individui discendenti gli uni dagli altri o da genitori comuni e di quelli che assomigliano a loro tanto quanto essi si assomigliano fra di loro" È impensabile il passaggio dal semplice al così complesso per variazioni successive. “Non vi è nulla in comune tra ciò che è vissuto nella notte dei tempi e ciò che vive ora”. Sono accadute in passato delle catastrofi al termine di ciascuna delle quali la vita è stata rigenerata (ricreata o derivata dalle specie superstiti) in modo più complesso (catastrofismo). L’esistenza dei fossili viene interpretata: - cicli di catastrofi localizzate (variazioni ambientali) con estinzione locale di specie - creazioni ripetute ad ogni ciclo … - … e/o ripopolamento dell’area per migrazione di specie dai luoghi limitrofi (quindi specie preesistenti e non specie nuove!) La teoria delle catastrofi naturali successive era in accordo con quanto riportato sulla Bibbia. Le specie che non avevano trovato posto sull’arca di Noè si erano estinte ed avevano dato origine a quei fossili così diversi dalle specie “attuali”. Contributi alla Antropologia: - Ordine dei quadrumani bimani - Descrisse la diversità dell’angolo facciale tra scimmie e uomini Il contributo della Geologia al pensiero evolutivo (1) James Hutton (1726(1726-1797) Scoprì il “tempo illimitato e senza fine”. “Scavare in profondità nella terra significa fare un viaggio nel passato e più si discende più si va a ritroso nel tempo”. Ebbe concezioni meccanicistiche (leggi universali) e fu precursore dell’attualismo (o uniformismo) di Charles Lyell. Invece di vedere il globo come un monumento in rovina, sfigurato da cataclismi preistorici, i geologi si accorsero che esso aveva subito continui mutamenti geologici. Le stesse forze naturali che agiscono attualmente sulla superficie terrestre (precipitazioni, terremoti, erosioni, subsidenza, sedimentazione, vulcanesimo ecc.) agirono uniformemente nel passato e portarono lentamente e gradualmente a modificazioni della crosta terrestre, senza che si debba pensare a cataclismi (teoria teoria attualista). attualista Quindi, per capire e studiare la storia della terra occorre studiare i suoi processi attuali. Hutton rovesciò la storia catastrofica del mondo trasformandola da una serie di quadri statici e separati in un film al rallentatore. In uno scritto che passò inosservato, datato 1794, Hutton descrisse alcuni esperimenti da lui effettuati negli ambiti dell’agricoltura e dell’allevamento. I risultati lo avrebbero portato a osservare come in ogni generazione sorgano nuovi tratti caratteristici. Hutton si rese conto che queste "variazioni seminali" venivano trasmesse alla progenie, a differenza delle variazioni indotte dalle differenze di terreno o di clima. Hutton avrebbe allora concluso che -"coloro che si differenziano maggiormente dalla costituzione più adatta, hanno maggiori probabilità di perire" e dunque che - le specie si adattano in continuazione alle condizioni locali e sono in grado di venire incontro ai cambiamenti ambientali. Erano i presupposti della teoria della selezione naturale, formulata da Darwin più di mezzo secolo avanti. Essendo Hutton nativo di Edimburgo ed avendo avuto la propria educazione scientifica nella stessa città, è possibile che Darwin fosse venuto a conoscenza del raro scritto di Hutton e che ciò lo avesse in qualche modo indirizzato verso il pensiero evolutivo. Il contributo della Geologia. Charles Lyell (1797(1797-1875) e l’ l’ Attualismo Un'ipotesi, quella di Cuvier, che fu avversata dal grande geologo inglese Charles Lyell (1797-1875) a cui si deve la diffusione della “teoria attualista", già proposta da Hutton ma ignorata dai contemporanei, teoria che esercitò un notevole influsso sul giovane Darwin. Secondo il geologo inglese le stesse cause che agiscono attualmente sulla superficie terrestre (precipitazioni, terremoti, erosioni, ecc.) agirono nel passato e portarono lentamente e gradualmente a modificazioni della crosta terrestre, senza che si debba pensare a cataclismi. In questa concezione il fattore "tempo” veniva ad acquistare una primaria importanza, quella che Darwin gli avrebbe riconosciuto nella sua teoria evolutiva (anche se Lyell non era favorevole al trasformismo). A sostegno delle sue ipotesi Lyell raccolse grandi quantità di osservazioni di natura geologica. Movimentando la storia del globo, Lyell fornì il quadro necessario alla possibilità del mutamento continuo. Lyell non credeva alla trasformazione delle specie, tuttavia la teoria da lui sostenuta sul mutamento geologico continuo rese inevitabile la teoria dell’evoluzione biologica. Charles Lyell Le teorie evolutive nell’800 Il trasformismo finalizzato Jean Baptiste de Lamarck (1744(1744-1829) Il trasformismo non finalizzato Charles Darwin (1809(1809-1882) Alfred Russel Wallace (1823(1823-1913) Le teorie evolutive: il trasformismo finalizzato Jean Baptiste de Lamarck (1744(1744-1829) Centralità nei rapporti “La funzione crea l’organo” bisogno → funzione → struttura Riprende ed elabora il pensiero di Buffon sul trasformismo. Philosophie Zoologíque (1809) Introduce il termine “adattamento” per spiegare la trasformazione degli organi dai più semplici ai più complessi (il “trasformismo”) e superare le obiezioni di Cuvier. ”Le differenze tra le diverse specie sono da mettere in relazione con l'ambiente e con l'uso e il non uso degli organi " (cause interne o spinta dall’interno). I processi di trasformazione si verificano per una spinta interna agli organismi (vitalismo) per rispondere al “principio della perfezione”. Lo scenario naturale è costruito in base ad una evoluzione programmata (finalismo). L’errore di Lamarck fu nel ritenere che i caratteri acquisiti dal singolo individuo per risposta adattativa (indotti dall’ambiente) fossero ereditabili. “L’aspetto fondamentale della Natura è il mutamento. Il mondo è processo e attività e la sua realtà non sta tanto nelle fugaci considerazioni della Natura, quanto nel fatto stesso della sua fugacità. Tutti i Regni hanno come regola il divenire e non la stasi.” I viventi: o sono in equilibrio con l’ambiente e sopravvivono, oppure scompaiono. Dato che l’ambiente muta di continuo, anche gli organismi DEVONO modificarsi con un processo adattativo, in risposta a tali mutamenti, altrimenti periscono. Lamarck cerca di dare risposta alle seguenti tematiche: 1. le cause che hanno dato origine alla vita e la mantengono 2. l’origine delle facoltà degli organismi ad adattarsi 3. le ragioni del notevole progresso che gli animali presentano nella loro organizzazione 1 Cause dell’origine della vita. Il tempo per Lamarck. Nelle osservazioni che vengono effettuate sulle singole specie, la loro apparente stabilità dipende dalla limitata prospettiva temporale dell’Uomo. Non esiste un istante di creazione: il tempo fa emergere a poco a poco le varie forme, in successione. Tutti i corpi organizzati sono prodotti dalla Natura che li ha formati in tempi successivi. 1b Il mantenimento della vita. La Natura è in movimento incessante. Tutte le creature sono coinvolte nella lotta per divenire complesse come l’uomo, ascendendo lungo la ”scala mobile”. I gradini più bassi vengono rigenerati ininterrottamente per generazione spontanea (ancora non era stata confutata del tutto la teoria; occorrerà aspettare Pasteur, 1864) e la materia inanimata prende la forma di creature semplici che partono dal gradino più basso, riempiendo man mano i vuoti lasciati da quelle che salgono verso la sommità. Il processo ascendente/discendente è guidato da due forze naturali: - la spinta intrinseca verso una crescente complessità (la materia è intrisa dall’ambizione di migliorare ed ogni creatura è attratta verso lo stadio di sviluppo superiore) - la forza plasmatrice dell’ambiente:le abitudini naturali di ogni creatura portano ad una modificazione della sua struttura anatomica. Acquisita la modificazione, essa viene trasmessa alla generazione successiva. Il mancato uso di un organo porta al suo rimpicciolimento, a sua volta ereditato dalla progenie. La sistematicità della teoria di Lamarck fu tanto persuasiva da farne la più influente di tutte le teorie evoluzionistiche predarwiniane, e rappresentò uno spunto notevole per lo sviluppo della teoria della selezione naturale da parte di Charles Darwin. La vita e l’organizzazione della materia secondo Lamarck. La vita è la proprietà di interagire con l’ambiente esterno. L’interazione viene attuata attraverso l’organizzazione della materia ed essa è tanto più importante quanto più è complesso il livello di organizzazione. È una forza propria, insita nella materia, anche se non è chiaro cosa sia (vitalismo). La materia inanimata non ha un grado di organizzazione sufficiente per interagire con l’ambiente esterno. Occorre che essa si organizzi ed evolva in materia vivente (cfr. movimento principale e secondari). La generazione spontanea offre continuamente opportunità alla materia di organizzarsi per dare luogo alla vita. Non c’è soluzione di continuità tra la materia vivente e quella inanimata: dipende soltanto dal livello di organizzazione della materia stessa. Il livello di organizzazione è soggetto a continua trasformazione. Le forme viventi più antiche sono le più organizzate; quelle più primitive sono le più recenti (cfr. “scala mobile”). 2 I movimenti di organizzazione della materia secondo Lamarck. La forza propria organizzativa della materia la guida verso un sempre più elevato grado di organizzazione mediante due tipi di movimenti: • Movimento principale:la forza che guida il movimento della materia ad organizzarsi • Movimenti secondari: l’interazione della materia con l’ambiente esterno (acquis.car) GENERAZIONE SPONTANEA Alimenta la vita di continuo MOVIMENTO PRINCIPALE Principio della perfezione AUMENTO DEL LIVELLO DI ORGANIZZAZIONE MATERIA VERTICE ASCESA: L’UOMO Ogni trasformazione della materia si traduce in un successo: la Natura sa già che cosa deve produrre (finalismo finalismo). Raggiunto l’Uomo, la materia non evolve oltre ma ritorna allo stato inorganico e lentamente si degrada finché, toccato il fondo, dà luogo a nuova generazione spontanea e ricomincia il ciclo, così la massa non si accumula mai al vertice I movimenti secondari guidano: • l’interazione con l’ambiente circostante: gli organismi risentono dei bisogni in relazione all’ambiente e le forze si indirizzano verso i punti del corpo ove si può esplicare un’azione atta a soddisfare il bisogno • il rafforzamento o l’indebolimento dell’effetto principale: se l’organo non esiste viene generato come espressione di un maggior livello di organizzazione, atto al soddifacimento del bisogno. Se esiste già viene rafforzato lo sviluppo. Sono quindi i bisogni e la conseguente utilizzazione le molle per lo sviluppo degli organi più evidenti. Attraverso l’osservazione della scala animale nelle diverse famiglie, ordini e classi della classificazione di Linneo, Lamarck giunge all’idea del : trasformismo degli organi dai più semplici ai più complessi. Lamarck cercò di dare una spiegazione delle supposte trasformazioni. Esse sarebbero dovute alle circostanze che modificano i bisogni dell'animale e determinano l'uso (e quindi lo sviluppo) e il non uso (e quindi la regressione) di organi. Le nuove abitudini, imposte dai nuovi bisogni a loro volta creati dai cambiamenti ambientali, modificano l'organizzazione dei viventi e queste modificazioni si trasmettono alla discendenza. Dunque: il bisogno crea l'organo e i caratteri acquisiti vengono trasmessi alla discendenza. Il trasformismo non finalizzato Charles Darwin (1809(1809-1882) Alfred Russel Wallace (1823(1823-1913) Ipotizzano uno scenario di evoluzione contingente. contingente La selezione non è una forza deterministica che soggiace a legge prestabilite, ma un processo che si svolge in funzione di fatti contingenti. Essa funziona sul materiale che si trova a disposizione ed il prodotto finale non è prevedibile. Anche l’Uomo si è evoluto con gli stessi meccanismi degli altri animali. •On the origin of species by means of Natural selection (1859) •The descent of man (1871) Il radicale mutamento di mentalità nel modo di affrontare lo studio della diversità da parte di Darwin è consistito nella sostituzione dell’aristotelico concetto tipologico (il “tipo” è immutabile e le piccole variazioni individuali non ne modificano l’essenza) con il concetto dell’individualità biologica (ogni individuo è unico e irripetibile e le sue caratteristiche lo mettono di fronte all’azione della selezione). La questione della diversità comincia ad essere affrontata per quello che essa rappresenta e non per cercare di dare una sistemazione in caselle concettualmente precostituite. La teoria dell’evoluzione è senza dubbio la più importante generalizzazione fino ad ora compiuta nel campo della Biologia,degna di schierarsi con le grandi generalizzazioni delle Scienze Fisiche” Thomas Henry Huxley L'intuizione di Charles Darwin si rivelò nel lungo viaggio che compì, a sue spese, come naturalista, dal 27 dicembre 1831 al 2 ottobre 1836 sul brigantino Beagle della Reale Marina britannica che lo portò nell'America del Sud, nella Polinesia e nella Australia. Nelle sue tappe a terra Darwin raccolse una mole enorme di osservazioni sulle caratteristiche geologiche, sul clima, sulle piante e sugli animali delle diverse terre e al ritorno si dedicò per vari anni a stendere note, rimaste a lungo inedite, e ad elaborare la sua teoria evolutiva fondata sulla selezione naturale. Durante il viaggio sul Beagle, Darwin maturò tutta una serie di considerazioni: • la modifica graduale delle caratteristiche delle specie, senza peraltro riuscire a trovarne le cause • l’ambiente non gli sembra sufficiente a determinare la modifica delle caratteristiche • nemmeno le forze interne ipotizzate da Lamarck sembrano in grado di spiegare le variazioni • la selezione artificiale era la chiave con cui gli allevatori avevano selezionato le razze utili • dalle letture di Malthus (*) ebbe un’idea chiara dell’importanza della lotta per la sopravvivenza a cui ogni essere è sottoposto e del ruolo giocato dalla riproduttività e dalla mortalità nel determinare la composizione di una popolazione. (*) Thomas Malthus (1798) "An essay of the principle of the population as it affects the future improvement of society" (Saggio sul principio della popolazione). LA FORMULAZIONE DELLA TEORIA DELL’EVOLUZIONE: IL PERCORSO EVOLUTIVO DI DARWIN Al termine del lungo viaggio sul brigantino Beagle, le idee di Darwin sulla natura subirono più mutamenti nei pochi mesi che seguirono il ritorno che in tutti i 5 anni di viaggio. Dai suoi appunti si nota un graduale emergere delle idee che lo portano man mano sempre più vicino alla teoria dell’evoluzione. • L’adattamento adattamento. All’inizio Darwin era allineato alla teoria attualista di Lyell del mutamento geologico uniforme. S’accorse però che al variare dell’ambiente fisico era necessario che cambiassero in parallelo anche gli organismi. Per rimanere adattati al loro ambiente fisico in continuo mutamento anche gli esseri viventi dovevano mutare: la natura era quindi un processo aperto di adattamento. Se così non fosse stato, il tempo avrebbe condotto a un disadattamento fatale per gli esseri viventi, che si sarebbero tutti estinti. La continuità della vita sulla terra è quindi dovuta al fatto che le specie superate dai mutamenti geologici sono state rimpiazzate da nuove specie più recenti e adatte. • La comparsa delle nuove specie. specie Darwin identificò due possibili alternative: • esse sono state appositamente create per rimpiazzare le perdite dovute alla estinzione. Darwin respinse decisamente questa prima possibilità; • le specie si sono evolute dai loro predecessori estintisi in seguito ai mutamenti geologici (“discendenza mutata”). All’inizio Darwin si allineò con le posizioni di Lamarck sui mutamenti indotti dall’ambiente e la generazione spontanea della vita dalla materia inanimata. Ben presto si accorse che l’evoluzione non segue una semplice linea ascendente, ma organismi più semplici potevano dare origine ad altri più complessi senza necessariamente svanire nel processo. Simbolizzò l’idea con un albero che si dirama irregolarmente. Ogni nuova specie è un ramoscello che spunta dall’albero padre, ramificandosi a sua volta (quella che ora è chiamata radiazione adattativa). “Forse l’albero della vita andrebbe chiamato corallo della vita, una piattaforma di rami morti che impediscono di vedere i passaggi da una generazione all’altra” La somiglianza tra le specie viventi risulta dal fatto che esse hanno ereditato un progetto fondamentale da un antenato in comune, ora estinto. Le novità successivamente sovrapposte allo stereotipo ancestrale danno conto delle differenze che si osservano tra le specie viventi. L’estinzione e la scomparsa dei predecessori intermedi spiegano i vuoti nelle testimonianze. Lo stesso principio era stato applicato con successo allo studio delle lingue da parte dello storico del linguaggio Sir William Jones, alla fine del ‘700. Nel 1816 il filologo Franz Bopp ipotizzò che tutte le lingue europee discendessero dalla medesima radice indoeuropea mediante modificazioni successive. • La fonte del cambiamento biologico. biologico Da principio si allinea con Lamarck nell’ipotesi di ereditarietà dei caratteri acquisiti come risposta adattativa ai mutamenti ambientali. Non è però convinto:è la Natura che fornisce il materiale grezdell’evoluzione, nella forma di novità casuali non sollecitate . Questa convinzione gli venCome emergevano le nuove specie ? ne notando che ad ogni accoppiamento sessuale i figli differiscono non solo dai genitori Che cosa garantiva ma anche tra di loro, cosa che non accade per il loro adattamento? quella asessuata. Le modificazioni sono pressoché illimitate e vengono trasmesse da una generazione all’altra senza scomparire, introducendo mutamenti permanenti nella forma e nel comportamento. • La selezione artificiale. artificiale Darwin fu colpito dalle notevoli trasformazioni che piante ed animali avevano subìto nel corso dell’addomesticamento umano. Studiando la produzione di razze artificiali identificò il principio che dirigeva l’evoluzione verso le scelte più vantaggiose. Frequentando gli allevamenti ed i mercati si accorse che lo sviluppo di nuove varietà era il risultato della selezione artificiale deliberata e che questa veniva operata dagli allevatori “lavorando” con le modificazioni casuali prodotte dalla natura, incrociando deliberatamente i soggetti ritenuti più idonei al miglioramento delle razze. • La lotta per l’ l’esistenza. esistenza D’altra parte la selezione deliberata non poteva essere estesa alla Natura. L’unica alternativa possibile era quindi una competizione cieca, una forza che inconsapevolmente e senza premeditazione elimina il disadatto. Riprendendo il lavoro di alcuni predecessori, si accorse che la pura e semplice fertilità della natura bastava a creare la lotta per l’esistenza. In una simile lotta, gli individui che ereditavano variazioni favorevoli avrebbero avuto migliori probabilità di vivere sufficientemente per tramandare tale caratteristica alla propria progenie. La lettura del “Saggio sul principio della popolazione” di Thomas Malthus (che si era prefissato con il suo lavoro di combattere l’uso indiscriminato dell’assistenza sociale) gli rafforzò l’idea dell’importanza della lotta per la sopravvivenza. Malthus aveva sottolineato che se una popolazione non fosse stata controllata, sarebbe raddoppiata ogni 25 anni, in progressione geometrica. Questo aumento avrebbe esaurito rapidamente le risorse di cibo ed acqua e ne sarebbe risultata una feroce lotta per l’esistenza. Con questo, Darwin aveva tutti gli elementi per formulare il principio che stava cercando. Gli elementi in suo possesso erano: 1. Il globo terrestre ha subìto e continua a subìre mutamenti (attualismo) in conseguenza dei quali anche gli esseri viventi devono modificarsi per sopravvivere 2. La natura provvede ad una quantità illimitata di mutazioni fortuite, non sollecitate ed ereditarie 3. La fertilità della natura costringe i viventi ad un’incessante lotta per l’esistenza; gli individui con mutazioni favorevoli sopravviveranno tramandando i loro caratteri favorevoli alla progenie. In questo modo Darwin spiegava lo sviluppo degli esseri viventi in termini di caso (comparsa di nuove varianti) e di competizione cieca, eliminando ogni ulteriore necessità di intervento provvidenziale. Malgrado avesse tutti (o quasi) gli elementi per la pubblicazione della sua teoria, Darwin fece ritardare l’uscita del lavoro di 20 anni. Si pensa che i motivi siano stati: • timore di polemiche e persecuzioni, cosa accaduta a diversi suoi colleghi anche coevi • convinzioni religiose in quanto, sebbene avesse abbandonato il Cristianesimo ortodosso, aveva conservato una propria fede e quanto da lui postulato andava controcorrente rispetto alla propria religiosità • cautela scientifica, in quanto aveva lui stesso dei dubbi sulla attendibilità della propria teoria scientifica. Inoltre, temeva che la teoria potesse essere messa in discussione in quanto le sue affermazioni non erano direttamente dimostrabili ma soltanto dedotte da prove indirette • ma soprattutto : Negli anni successivi pubblicò lavori di diverso tipo tendenti ad argomentare la linea della sua teoria, nota soltanto in ambiti molto ristretti, tra cui suo fratello Erasmus, Lyell ed il botanico J.D.Hooker. Nel 1858 ricevette una lettera da un giovane naturalista, Alfred Russell Wallace che gli chiedeva un parere su un saggio da pubblicare imperniato su una “sua” teoria evolutiva che ricalcava in pieno quella pensata da Darwin. Sconvolto, Darwin scrisse a Lyell dicendo di essere stato preceduto. Lyell ed Hooker convinsero Wallace e Darwin a pubblicare il saggio a due nomi, attribuendo a entrambi la paternità della teoria. Alfred Russell Wallace “On the Tendency of Species to Form Varieties; and on the Perpetuation of Varieties and Species by the Means of Natural Selection” venne pubblicato sulla rivista della Linnean Society, ma non ebbe particolare successo. L’anno successivo (1959) Darwin pubblicava l'opera fondamentale: On the orí orígin of species by means of natural Selectí Selectíon che si esaurì immediatamente. Sostenitori e oppositori della teoria evolutiva di Darwin La teoria darwiniana aprì nuovi orizzonti alle scienze naturali e influenzò notevolmente il pensiero scientifico moderno, pure incontrando non soltanto sostenitori ma anche oppositori. Appassionato sostenitore fu lo zoologo Thomas H. Huxley (1825 -1895), il quale paragonò Darwin a Newton, lo difese dalle aspre critiche del vescovo anglicano Samuel Wilberforce (questi, in una riunione dell’Accademia Britannica, giudicò la teoria immorale e anticristiana perché faceva discendere l’uomo dalle scimmie) e sviluppò il pensiero di Darwin con l 'opera Il posto dell’uomo nella natura (1863). Altri sostenitori furono il naturalista di Ginevra Carl Vogt (1817-1895) e lo zoologo tedesco Ernst Haeckel (1834-1919). T.H. Huxley a 32 anni. Ernst Haeckel Autorevoli critiche giunsero da Paul Broca (1824-1880) e De Quatrefages (1810-1892), che non ritennero i meccanismi evolutivi invocati da Darwin sufficientemente adeguati a spiegare I'evoluzione. Oltre ai noti lavori sulla struttura dell’encefalo, Broca diede la classica definizione di Antropologia come “Storia naturale dell'uomo“. Paul Broca Gli oppositori si trovarono soprattutto tra i ranghi della Chiesa e tra colleghi invidiosi. Ma almeno tre obiezioni diedero seri problemi a Darwin: 1. La teoria non dà alcuna spiegazione sugli stadi iniziali dello sviluppo degli adattamenti (l’utilità ed i vantaggi dell’occhio sono fuori discussione, ma come è nato l’organo?) Mivart, 1871 On the Genesis of Species La spiegazione di Darwin era vera: al suo primo apparire una variazione può conferire vantaggi minimi o invisibili. Eppure fu proprio l’utilità delle variazioni impercettibili una delle cause principali per cui la teoria della selezione naturale perse credito negli anni successivi 2. L’assenza dei tipi intermedi: Darwin si rese conto che l’ipotesi dei mutamenti graduali e impercettibili implicava l’ estinzione di moltissime specie. I fossili di queste specie dove erano ? Lui spiegò presumendo che i reperti mancanti non fossero ancora stati trovati o fossero andati distrutti, e aveva fiducia che le ricerche future avrebbero ricostruito la continuità delle testimonianze. In realtà Darwin non spiegò la spesso brusca successione di tipi fossili. La moderna teoria degli equilibri punteggiati evidenzia lunghi periodi di stasi evolutiva succeduti da altri in cui si hanno repentine sostituzioni di specie (cespuglio evolutivo). La continuità del processo evolutivo sarebbe dunque molto più episodica di quel che pensasse Darwin e probabilmente le modificazioni che accompagnano la discendenza non sono necessariamente graduali ma vengono accompagnate da trasformazioni improvvise che fanno emergere strutture interamente nuove. 3. L’evoluzione basata su lento accumulo di mutazioni invisibili richiede lunghissimi periodi di tempo, quasi inconcepibile dal punto di vista biologico. Quando lord Kelvin calcolò l’eta della terra basandosi sulla temperatura interna del globo, questo valore risultò molto più basso di quello necessario all’evoluzione darwiniana. Darwin era convinto che la stima di Kelvin fosse errata e che a lungo andare si sarebbe riuscito a dimostrarlo. Ma la comunità scientifica tendeva a dare ragione al grande fisico inglese. La stima di Kelvin (98 milioni di anni) era completamente errata. La Terra è in realtà ancora più antica di quanto pensasse Darwin. 4. La mancanza di un preciso meccanismo ereditario: po- chi anni dopo la pubblicazione della teoria evolutiva, l’ingegnere scozzese Fleming Jenkins fece notare che la variazione “utile” si sarebbe presto dispersa non appena il suo portatore si fosse incrociato con i membri “normali” della popolazione. Secondo Jenkins i fattori genetici erano infinitamente divisibili, il che comportava che una nuova variazione si distribuisse automaticamente in quantità stabilmente decrescenti. Questa critica fu distruttiva per Darwin. L’obiezione di Jenkins sarebbe stata rapidamente confutata se il mondo scientifico si fosse accorto della scoperta pubblicata da Mendel l’anno successivo(1865):i fattori genetici si comportano come particelle indivisibili e non infinitamente divisibili. Le eccezioni di Kelvin e Jenkins fecero perdere fiducia a Darwin nella propria teoria e decise di operare alcune varianti, tornando sotto certi aspetti all’idea originaria di Lamarck di ereditarietà dei caratteri acquisiti. Nella sesta edizione dell’Origine delle specie ammise che la selezione naturale era “aiutata in misura notevole dagli effetti ereditari dell’uso o mancato uso delle parti e in misura trascurabile, cioè in relazione alle strutture adattative, sia passate che presenti, dall’azione diretta delle condizioni esterne […]. A quanto pare, in precedenza ho sottovalutato la frequenza e l’importanza di queste ultime forme di variazione nel condurre a modificazioni permanenti di struttura indipendentemente dalla selezione naturale”. Il tentativo di Darwin di spiegare l’eredità dei caratteri acquisiti: la Pangenesi. “Riconvertitosi” all’evoluzione in relazione all’uso-non uso degli organi, nel 1868 pubblicò un libro che illustrava una elaborata teoria che tentava di spiegare l’ereditarietà dei caratteri acquisiti: la teoria della Pangenesi. A quel tempo era ammesso che il solo anello di congiunzione materiale tra una generazione e l’altra era la cellula fecondata risultante dalla fusione dello sperma e dell’uovo. Da questo minuscolo frammento di materia, un nuovo individuo veniva riprodotto a immagine dei suoi genitori, ma nessuno riusciva a spiegare come mai una entità tanto piccola potesse contenere tutte le caratteristiche necessarie. Darwin sviluppò una teoria formulata dal filosofo greco Democrito e ripresa da Maupertuis, secondo la quale le cellule germinali destinate a giocare un ruolo riproduttivo (gameti) raccolgono una serie di particelle rappresentative (le “gemmule”) derivate dalle cellule somatiche di tutti gli organi e i tessuti del corpo adulto. Le gemmule venivano prodotte più volte nell’arco della vita e viaggiavano nel flusso sanguigno e da organo ad organo riunendosi di nuovo nelle cellule riproduttive, garantendo una duplicazione fedele del fisico del genitore e contribuendo alla trasmissione ereditaria dei caratteri. L’ereditarietà dei caratteri acquisiti veniva così facilmente spiegata: gli sforzi del genitore nel migliorare ad esempio la muscolatura trovavano compenso anche a livello ereditario, in quanto le gemmule della muscolatura venivano formate a somiglianza del corpo del genitore. Viceversa, se l’organo non fosse stato utilizzato dal genitore, le gemmule sarebbero state di tipo atrofico. Da notare come la teoria della Pangenesi fosse del tutto speculativa, debolissima, in quanto non supportata da alcuna prova scientifica. Dal 1870 in avanti la revisione acquistò grande influsso e ci fu un grande consenso a favore della teoria dell’evoluzione secondo la formulazione di Lamarck (malgrado la confutazione di Galton), mentre la selezione naturale fu respinta a beneficio: - dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti - degli effetti ereditari direttamente stimolati dall’ambiente. La teoria della Pangenesi venne “falsificata” e confutata da Francis Galton, cugino di Darwin. Gli esperimenti di Galton (1869-71) cercavano di cambiare il colore di ceppi di conigli bianchi o neri trasfondendo loro delle gemmule prelevate dal circolo ematico. L'esperimento fallì, dimostrando che le gemmule non esistevano o non avevano influenza nel meccanismo di ereditarietà. Il pensiero di Darwin. La variabilità nello spazio e nel tempo Secondo Darwin, le variazioni limitate in situazioni simili e territori vicini (isole) implicano che l’ambiente sia responsabile solo in modo parziale della variabilità. Egli attribuisce all’isolamento una parte importante delle modificazioni osservate. Le specie sono altamente mutabili ma non tutto è possibile, come implicito nelle teorie di Lamarck. L’adattamento è sì in continua modificazione ma non in relazione alla volontà individuale bensì in risposta all’ambiente in senso selettivo: la Natura seleziona i più adatti. Non è importante il singolo individuo ma la popolazione vivente in quella zona con la sua variabilità. Variabilità e selezione naturale. Sull’origine della variabilità e sulla sua conservazione nel tempo, Darwin la assume senza darne un preciso significato. Ammette la possibilità che subentrino nuove modificazioni ma non ne intuisce le cause. Nota: • la presenza di variabilità in Natura • caratteri diversi offrono probabilità diverse di sopravvivenza e di riproduzione • il destino delle caratteristiche biologiche è funzione delle opportunità da loro offerte in termini di riproduttività. È la variabilità a consentire l’affermazione di alcune forme e la scomparsa di altre, sotto l’azione della selezione. Furono le numerose osservazioni sulle piccole variazioni delle medesime specie o di specie simili viventi in ambienti diversi, a suggerire ascendenze comuni e nello stesso tempo a spiegarne le differenze in forza delle diverse condizioni ambientali. Indicò nella selezione naturale il fattore che ha portato al successo le specie con le caratteristiche più adatte all’ambiente. Meccanismi di evoluzione per l’Uomo (1871) L’Uomo si sarebbe evoluto con gli stessi meccanismi degli altri animali. In più, per l’Uomo, si sarebbero aggiunti altri fattori: • la competizione tra razze • la selezione legata alle scelte sessuali che lo avrebbero portato ad un grado di sviluppo molto più elevato. In sintesi, per quanto concerne l’evoluzione della specie umana, umana Darwin concluse che: • la variabilità nell’Uomo è enorme, anche maggiore che nelle altre specie, ed è soggetto a moltissime, leggere e diverse variazioni • l’Uomo è inserito nell’evoluzione. Pur con tutte le sue qualità sublimi, esso conserva ancora nella sua struttura corporea l’impronta indelebile della sua “bassa” origine; qualche sottomembro delle scimmie antropomorfe diede origine all’Uomo. • la selezione sessuale, sessuale ha accentuato la selezione tra individui dello stesso sesso, portatori di qualche vantaggio in termini di riproduzione. Ciò deve aver giocato un ruolo importante nell’Uomo. A fine secolo solo Alfred Russell Wallace ed il naturalista tedesco August Weismann erano rimasti fedeli al principio della selezione naturale. Occorrerà attendere la divulgazione dell’opera di Mendel e lo sviluppo della genetica moderna che individua nelle mutazioni la materia su cui opera la selezione naturale affinché la teoria di Darwin assuma una più valida connotazione scientifica. Il neo(1834-1914) neo-darwinismo: August Weismann (1834Weismann ebbe il grande merito di analizzare la teoria di Lamarck alla luce di un gran numero di dati sperimentali, osservando che in nessun caso l’esperienza e lo sforzo di una generazione aveva influenzato la struttura e la funzione della successiva. Abilità acquisite in vita, cicatrici e mutilazioni indotte non venivano mai date in eredità alla progenie. Indipendentemente dai mutamenti subiti nel corso della vita da ogni individuo, la generazione successiva invariabilmente “regrediva” alla norma. Weismann spiegò il fenomeno ipotizzando un contrasto tra le cellule deperibili del corpo e quelle “immortali” della riproduzione. Le cellule del corpo prenderebbero parte ai processi adattativi dell’individuo ma periscono con esso senza trasmettere alla discendenza le modificazioni acquisite. Le cellule della riproduzione vengono invece isolate in uno stadio precoce di sviluppo e le loro capacità genetiche non sono influenzate dai mutamenti subìti dal resto del corpo. Secondo Weismann la continuità inviolabile del “plasma germinale” impedisce la trasmissione dei caratteri acquisiti da un individuo nel corso della vita. Pur non conoscendo ancora la reale natura del materiale genetico, Weismann aveva ragione (1885). Con la scoperta del DNA nucleare, la sua teoria fu tradotta nel dogma centrale della moderna genetica. Dato che il flusso biochimico DNA → proteine scorre in un’unica direzione, il DNA ereditato dai genitori non viene influenzato dall’esperienza, dagli usi e dalle abilità della prole. Identificato nel nucleo della cellula germinale il portatore dell’informazione genetica, quando i biologi osservarono realmente il nucleo dello spermatozoo penetrare nel nucleo dell’uovo, Weismann giunse alla conclusione ipotizzata da Darwin (senza che pero’ questi fosse riuscito a darne una interpretazione valida) sulla natura discontinua del materiale genetico. L’opera di Weismann preparò il terreno alla riscoperta del lavoro da lungo tempo dimenticato di Gregor Mendel. La scoperta della meccanica cromosomica vanificò l’obiezione di Jenkins che le novità genetiche si sarebbero mescolate con gli incroci e si spiegò pure la scomparsa e la riapparizione in una generazione successiva di un certo carattere (dominanza e recessività).