glatiramer acetato tre volte a settimana contrasta

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GLATIRAMER ACETATO TRE VOLTE A
SETTIMANA CONTRASTA EFFICACEMENTE I
BUCHI NERI DELLA SCLEROSI MULTIPLA
Apparsa sul Journal of Neuroimaging, un'analisi svolta in risonanza magnetica (RM) dello studio
GALA – condotto con glatiramer acetato 40 mg (GA40) in pazienti affetti da sclerosi multipla
recidivante-remittente (SMRR) - conferma che il farmaco ha favorevolmente influenzato gli
outcome RM indicativi di degenerazione tissutale. Rispetto al placebo, infatti, GA40 ha ridotto
significativamente il numero di lesioni totali nuove o ingrandite ipointense in T1 (T1H) e delle
lesioni non captanti T1H.
27 febbraio 2016
Apparsa sul Journal of Neuroimaging, un’analisi svolta in risonanza magnetica (RM) dello studio
GALA – condotto con glatiramer acetato 40 mg (GA40) in pazienti affetti da sclerosi multipla
recidivante-remittente (SMRR) - conferma che il farmaco ha favorevolmente influenzato gli
outcome RM indicativi di degenerazione tissutale. Rispetto al placebo, infatti, GA40 ha ridotto
significativamente il numero di lesioni totali nuove o ingrandite ipointense in T1 (T1H) e delle
lesioni non captanti T1H.
«Le tecniche di RM convenzionali, come le sequenze pesate in T2 e in T1 gadolinio-captanti,
sono indicatori sensibili di attività della malattia in soggetti con sclerosi multipla (SM)» ricordano
gli autori, guidati da Robert Zivadinov, del Buffalo Neuroimaging Analysis Center presso la
School of Medicine and Biomedical Sciences di Buffalo (USA).
Le definizioni delle lesioni sulle immagini di risonanza magnetica
«Le lesioni T1H che appaiono sulle immagini pesate in T1 pre-contrasto (WI) possono catturare
varie caratteristiche patologiche di evoluzione della lesione, come demielinizzazione, perdita
assonale e perdita di tessuto, e sono stati chiamati "buchi neri"» proseguono i ricercatori. «Nei
soggetti con SMRR, la formazione di nuovi buchi neri T1H può fornire informazioni importanti
per quanto riguarda le aree di distruzione della matrice e la loro presenza è stata associata a
disabilità correlate alla SM».
Pertanto, ricordano, il monitoraggio della conversione di nuove lesioni attive in buchi neri T1H
permanenti è stato usato per più di un decennio come approccio complementare per valutare
l'efficacia clinica di terapie modificanti la malattia (DMT). Oltre al monitoraggio, anche la
conversione di nuove lesioni attive in buchi neri T1H permanenti e il conteggio di nuove o più
estese lesioni T1H rappresentano un outcome RM relativamente nuovo per determinare l'efficacia
di una DMT negli studi clinici SM.
«Due definizioni di lesioni T1H possono essere derivate dalle immagini pre-contrasto»
specificano Zivadinov e colleghi. «Quelle che possono avere o non avere un corrispettivo
gadolinio-captante correlato sulle immagini post-contrasto (T1H totali), e quelli che sono
simultaneamente non gadolinio-captanti alle scansioni post-contrasto (T1H non captanti)».
I risultati dello studio GALA e lo scopo della nuova analisi
Glatiramer acetato (GA) è uno dei più noti farmaci immunomodulanti approvato per il trattamento
della SMRR. Lo studio GALA (Glatiramer Acetate Low-Frequency Administration) è stato uno
studio di fase III condotto per valutare l'efficacia e la sicurezza di un GA 40 mg/ml per iniezione
sottocutanea somministrato tre volte alla settimana nell'arco di 12 mesi per i pazienti con SMRR.
L’obiettivo era quello di poter offrire ai pazienti un dosaggio, rispetto a quello esistente da 20 mg,
che permettesse una somministrazione del farmaco più agevole (tre volte alla settimana) invece
che quotidiana, mantenendo la stessa efficacia.
Lo studio GALA ha mostrato che GA40 ha ridotto significativamente il numero di recidive
confermate e il numero di lesioni cumulative gadolinio-captanti T1 e lesioni T2 rispetto al placebo
nei pazienti con SMRR. Rispetto al placebo, GA40 anche ridotto significativamente il numero
medio (0,31 contro 0,45; p = 0,0258) e percentuale (15,8% contro 19,6%; P =0.006) di nuove
lesioni con conversione a lesioni T1H al mese 12.
«Lo scopo del presente studio è stato quello di confrontare gli outcome secondo le due definizioni
per determinare l'accumulo di lesioni T1H nuove o ingrandite più comunemente utilizzate negli
studi clinici, utilizzando i dati di RM da uno studio di Fase III. Si tratta di una questione
importante» sottolineano gli autori «in quanto sono stati riportati outcome variabili di lesioni TH1
nuove o ingrandite in diversi studi clinici ed è difficile confrontare i risultati di questi studi senza
una definizione standardizzata».
Eseguendo una analisi post-hoc dei dati di RM raccolti nello studio GALA per esaminare l'effetto
del trattamento GA40 vs placebo sullo sviluppo di lesioni cumulative nuove o più estese come
valutato dalla conta delle lesioni totale T1H e T1H non capanti, gli autori hanno cercato di
giungere a una standardizzazione uniforme dei risultati di definizione di lesioni T1H nuove o
ingrandite per i futuri studi clinici.
La rielaborazione delle immagini di risonanza magnetica
Nello studio GALA di fase III 1,404 soggetti con RRMS sono stati randomizzati a ricevere in
proporzione 2: 1 GA40 o placebo per 12 mesi. Le scansioni RM sono state ottenute al basale e
dopo 6 e 12 mesi. Il numero cumulativo delle lesioni totali T1H e delle lesioni T1H non captanti
sono stati analizzate utilizzando un modello di regressione binomiale negativo corretto. In totale,
si sono raccolti dati RM sia alla visita dei 6 mesi che dei 12 mesi per 1.357 soggetti.
Di questi pazienti, 883 sono stati trattati con GA40 sviluppando una media cumulativa rettificata
di 1,72 T1H lesioni totali contro 2,62 in 440 controlli trattati con placebo (rapporto di rischio =
0,66; p <0,0001). Sulle scansioni T1H non captanti, i pazienti trattati con GA40 hanno sviluppato
una media cumulativa corretta di 1,35 lesioni T1H non captanti contro 1,91 nei controlli trattati
con placebo (rapporto di rischio = 0,71; p = 0,0009).
«In questo studio il trattamento con GA40 ha ridotto significativamente, rispetto al placebo, sia il
numero di lesioni totali T1H nuove o ingrandite sia delle lesioni non captanti T1H nuove o
ingrandite» osservano Zivadinov e colleghi. «Gli effetti del trattamento di GA40 sulla conta delle
lesioni totali T1H e di quelle T1H non captanti T1H erano numericamente paragonabili».
Pur restando auspicabile una standardizzazione più uniforme relativa alle lesioni per i futuri trial
clinici, la grandezza dell’effetto del trattamento è risultata dunque confrontabile con entrambe le
definizioni. «I risultati di questo studio sono in linea con quanto riscontrato nello studio GALA»
concludono gli autori. «In particolare, GA40 ha ridotto significativamente il numero di buchi neri
T1H evolutisi da nuove lesioni infiammatorie attive e ha soppresso l’evoluzione di nuove lesioni
infiammatorie attive in buchi neri T1H».
Il recente inserimento in classe A nel SSN
È recente la comunicazione ufficiale di Teva della classificazione di GA40 in classe A (a seguito
della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale numero 29 di venerdì 5 febbraio), dunque totalmente
rimborsato dal SSN. «Si tratta di un notevole vantaggio per il paziente» spiega Enrica Bucchioni,
Direttore Medico di Teva Italia «perché il piano terapeutico trisettimanale prevede il 60% di
iniezioni in meno rispetto alla somministrazione giornaliera con la dose da 20 mg». «Negli Stati
Uniti GA40 è disponibile già dall’inizio del 2014» prosegue Roberta Bonardi, Senior Director
Business Unit Innovative di Teva Italia. «A più del 70% dei pazienti attualmente in terapia con
glatiramer acetato, viene oggi somministrata la dose da 40 mg.
Il nuovo dosaggio è preferito sia dai pazienti che erano in terapia con quella da 20 mg e che ora
possono contare sui medesimi benefici, ma con un regime di somministrazione ridotto, sia dai
pazienti che iniziano il trattamento per la prima volta con glatiramer acetato e che possono contare
su una terapia consolidata da anni di esperienza».
Zivadinov R, Dwyer MG, Ramasamy DP, et al. The Effect of Three Times a Week Glatiramer
Acetate on Cerebral T1 Hypointense Lesions in Relapsing-Remitting Multiple Sclerosis. J
Neuroimaging, 2015;25(6):989-95.
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