La Grande Crisi che è tra noi - Federazione Trentina della

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RECESSIONI A CONFRONTO
<La Grande Crisi che è tra noi
Il reddito disponibile dal 2007 a oggi è calato più che tra il '29 e il '34
di Gianni Toniolo
gni tanto girano sui giornali numeri impazziti. Non aiutano.
La caduta dei redditi e dell'occupazione è preoccupazione
giornaliera degli italiani: non serve alimentarla con inesattezze come quella, apparsa di recente, che il reddito per abitante italiano sarebbe tornato al livello del
1986. Se così fosse, avremmo perso ben
26 anni, tanti quanti ne avevamo persi nel
1946, dopo guerra e grande crisi, quando
ilredditoperabitanteerapariaquellodel
1918. Non siamo per fortuna a questo. Qualora i dati provvisori per il 2012 fossero
confermati, il reddito medio degli italiani
sarebbe stato l'anno scorso circa pari a
quello del 1998. Abbiamo perso 14 anni.
Tantissimi, ma solo la metà di quanto ci
era stato detto due settimane fa.
Grazie a una ricerca condotta dalla
Banca d'Italia per i 150 anni dell'Unità,
siamo in grado di confrontare la crisi attuale con la "madre di tutte le crisi",
quella degli anni Trenta, per la quale
possediamo nuove stime che la danno,
in Italia, più grave di quanto sinora si
pensasse.
L'anno migliore prima della Grande
O
Crisi fu il 1929, quello prima della Grande Recessione il 2007. Sono passati cinque anni: come si confronta il 2012 con il
1934? La notizia non è buona: abbiamo
perso oggi un po' più reddito rispetto al
2007 di quanto ne avessimo perso nel
1934 rispetto al 1929. Abbiamo dunque
vissuto una crisi almeno pari a quella degli anni Trenta. Se poi si realizzassero le
previsioni di un'ulteriore caduta
dell'i% del reddito nel 2013, quella attuale passerebbe alla storia come la più severa crisi della storia economica
dell'Italia unita (nel 1935 si ebbe, al contrario, un buon rimbalzo verso l'alto del
Pil, benché drogato dalla spesa bellica).
Se i numeri complessivi delle due crisi
sono, sinora, simili, molte sono anche le
differenze. La prima è che l'economia italiana aveva vissuto negli anni Venti un periodo di crescita piuttosto robusta, cresciLE DIFFERENZE
Occupazione e consumi
hanno retto meglio
che negli anni 30 - Rispetto
ad allora la vitalità dell'export
è importante per ripartire
ta che è stata viceversa assaifiaccanel decennio che ha preceduto la crisi attuale.
Questa diversità non è di poco conto, anche per le ricette di politica economica.
Un conto è rilanciare un'economia con
elevato tasso di crescita potenziale: le politiche di stimolo della domanda funzionarono (portarono poi alla tragedia della
guerra, ma non era necessario che così
fosse). Un altro conto è rilanciare un'economia a basso tasso di crescita potenziale, caratterizzata da un sostanziale ristagno della produttività: oggi politiche fiscalie monetarie espansive, se pure fossero possibili, non produrrebbero l'effetto
che, nel 1935, ebbe il riarmo per la guerra
d'Etiopia.
Avendo dato una notizia cattiva (siamo come negli anni Trenta) è bene ag-
giungerne qualcuna di buona. La prima è
che occupazione e consumi privati hanno tenuto negli ultimi anni meglio che nella Grande Crisi. Non è cosa da poco. Le
ragioni possono essere molte e varrebbe
la pena di indagarle con attenzione. Il secondo aspetto positivo di oggi rispetto ad
allora è la vitalità delle nostre esportazioni che dopo un crollo preoccupante si sono rapidamente riprese. Merito delle imprese esportatrici ma anche del diverso
quadro internazionale. Negli anni Trenta, la chiusura a riccio di ciascun Paese
per proteggere il proprio mercato aggravò la crisi di tutti. La terza buona notizia
viene daU'Istat: tra il 2000 e il 2011 la caduta del reddito è stata inferiore nel Mezzogiorno (-1,8%) che nel Centro-Nord
(-3.6%). Negli anni Trenta il Sud fu, invece, particolarmente penalizzato. La quarta buona notizia viene da alcuni indicatori non economici di benessere: nell'ultimo decennio il tasso di scolarizzazione è
aumentato come mai in periodi di analoga lunghezza e la vita media ha continuato ad allungarsi. Non fu questa l'esperienza di ottanta anni fa.
Rispetto agli anni 30, il rilancio della
crescita chiede oggi ricette diverse. Richiede che si muovano le molte leve che
impattano sulla produttività. Richiede
che la crescita sia vista come l'obiettivo di
tutta la società (negli anni 30 il rilancio avvenne incidentalmente, l'obiettivo era
l'effimera conquista di un impero), senza
sbagliare le politiche, magari illudendosi
che basti iniettare spesa nel sistema: allora funzionò, seppure in modo effimero,
oggi ciò non solo è impossibile ma sarebbe ancora più effimero di allora.
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