Assessment dei disturbi d`ansia

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Indice
Prefazione (di G.M. Ruggiero)
13 Introduzione (di A. Scarinci, A. Incerti e G. Romano)
11
Il modello di assessment in psicoterapia
cognitiva: procedure e strumenti
(di A. Incerti, G.M. Ruggiero e S. Sassaroli)
39 Cap. 2 L’indagine delle credenze ansiose
(di A. Incerti, M. Lauro, E. Rebattini, M. Villa
e G.M. Ruggiero)
77 Cap. 3 La valutazione del criticismo
(di M. Apparigliato, G.M. Ruggiero e S. Sassaroli)
93 Cap. 4 L’uso dell’ABC
(di S. Lissandron, I. Camozzo Caneve e G. Piccione)
111 Cap. 5 Le teorie naïf: la Naive Ideas Survey
(di A. Scarinci e G. Romano)
127 Cap. 6 L’autocaratterizzazione (di R. Framba)
161 Cap. 7 L’autobiografia (di A. Incerti)
175 Cap. 8 Il genogramma (di A. Scarinci)
189 Cap. 9 La storia d’attaccamento (di R. Lorenzini,
A. Scarinci, P. Iliceto e G. Candilera)
217 Cap. 10La restituzione dell’assessment
e la formulazione del contratto terapeutico
(di S. Sassaroli, A. Incerti e A. Scarinci)
23 Cap. 1
231 Appendice 1VITA
275
287
295
299
307
317
331
10.6
Appendice 2SAWOB
Appendice 3Perceived Criticism Inventory
Appendice 4Penn State Worry Questionnaire
Appendice 5Multidimensional Perfectionism Scale
Appendice 6Naive Ideas Survey
Appendice 7Questionari sull’attaccamento
Appendice 8Esemplificazione di casi di assessment
e relazioni psicodiagnostiche
4
Prefazione
Giovanni M. Ruggiero
Direttore di «Psicoterapia Cognitiva e Ricerca»
Scuola di Psicoterapia Cognitiva e Centro di Ricerca
Un libro sull’accertamento cognitivo nei disturbi d’ansia è una novità
benvenuta nel panorama psicoterapeutico italiano. Novità per me particolarmente gradita, perché non solo colma una lacuna, ma indica una direzione
finora trascurata, almeno in Italia. Infatti in Italia il cognitivismo clinico si è
sempre distinto per la sofisticata riflessione teorica, mentre la componente
propriamente tecnica e artigianale è stata troppo spesso dimenticata. Alessia
Incerti e Antonio Scarinci invece si dedicano a un preciso problema di tecnica
terapeutica: il problema dell’accertamento cognitivo, dell’esplorazione clinica
delle strutture cognitive nel paziente che inizia il percorso terapeutico. I due
curatori della raccolta hanno saputo unire l’attenzione per l’arte irripetibile
dell’accertamento con l’approfondimento delle tecniche formalizzate e ripetibili di intervista clinica e raccolta dei dati. Il libro riunisce molti dei principali
orientamenti del vivace cognitivismo italiano. Troviamo quindi capitoli dedicati
all’accertamento delle credenze cognitive vere e proprie secondo l’approccio
classico, sia pure aggiornato, accanto a capitoli dedicati all’esplorazione dei
costrutti e delle autocaratterizzazioni di tipo kelliano, alla raccolta della cosiddetta storia di attaccamento, alla valutazione delle teorie naïf sulla cura e sul
disturbo, all’uso della tecnica ABC in fase di accertamento, fino all’interessante
e originale capitolo dedicato alla restituzione. Si tratta insomma di un manuale
completo, che non dovrebbe mancare nella biblioteca del terapeuta cognitivo
esperto. Da studiare attentamente e da rileggere per tutto il resto della propria
vita professionale.
4
Introduzione
Antonio Scarinci, Alessia Incerti e Giuseppe Romano
La valutazione del paziente
La ratio che guida l’assessment psicologico è esplicitata da due grandi
approcci teorici: quello strutturalista e quello funzionalista. Per il primo i
sintomi psicopatologici sono causati da strutture e schemi sottostanti, per il
secondo i comportamenti psicopatologici sono causati e controllati da contingenze ambientali ed espletano una funzione (Haynes e O’Brien, 2000).
Una formulazione esaustiva del problema presentato dal paziente deve
necessariamente comprendere sia ipotesi strutturali sia ipotesi funzionali;
effettuare pertanto una distinzione netta tra le due posizioni è inutile. Seguendo un modello idiografico, infatti, l’accertamento può giungere alla
costruzione di un quadro personalizzato del paziente che tenga conto dei
principali schemi relazionali adottati, degli scopi e delle credenze intrattenute, delle molteplici e articolate modalità d’interazione fra di essi, fino
alla ricostruzione dell’organizzazione generale dei significati che generano
e mantengono la sofferenza.
All’interno di una prospettiva clinica, l’assessment rappresenta un percorso valutativo che permette, attraverso modalità e strumenti selezionati e
specifici, di raccogliere informazioni e prendere decisioni strategicamente
orientate, fondamentali per l’efficacia del trattamento del paziente (Caviglia
e Del Castello, 2003). Per effettuare un assessment esauriente e completo, il
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Assessment dei disturbi d’ansia
terapeuta può avvalersi del colloquio clinico, dell’intervista e di strumenti
self-report. Othmer e Othmer (2004) affermano che il colloquio e l’intervista concorrono a delineare un quadro chiaro e definito di una situazione
problematica. Paziente e terapeuta sono paragonati a due persone che
costruiscono un puzzle: il paziente ha la scatola dei pezzi, il terapeuta il
disegno da costruire.
Sintomi e comportamenti costituiscono le manifestazioni caratteristiche
dei disturbi psichiatrici che presentano un andamento prevedibile, hanno
una risposta specifica al trattamento e spesso un’occorrenza transgenerazionale. Questi elementi possono essere raccolti attraverso il colloquio clinico
(Othmer e Othmer, 2004). Per condurre un colloquio clinico è necessario
avere capacità d’osservazione, abilità diagnostiche, cognizione dei trattamenti
praticabili e delle indicazioni e controindicazioni di ognuno di essi, capacità
relazionali e di comunicazione, cognizione dei propri atteggiamenti e pregiudizi, tempestività nella scelta degli ambiti da focalizzare per raccogliere
informazioni e dati significativi (Del Corno e Lang, 1995).
L’intervista semistrutturata è uno degli strumenti procedurali di conduzione dell’assessment più efficaci per individuare e raccogliere tutte le
informazioni rilevanti. Avendo una struttura flessibile, si adatta facilmente
ad aggiustamenti e modifiche in corso d’applicazione (Morgenstern, 1988).
Nella prima fase dell’intervista si elicitano i comportamenti disfunzionali,
si stabiliscono le priorità tra i problemi, si definiscono frequenza, durata e
conseguenze dei comportamenti sintomatici, e si individuano le strategie
ricorrenti adottate (Cionini e Mattei, 1992). La seconda fase mira a individuare l’insorgenza e lo sviluppo (graduale, variabile, con eventuali periodi di
remissione) del problema, le ragioni per cui è stato richiesto un trattamento,
la storia di precedenti terapie. L’insorgenza riveste una specifica importanza
poiché definisce l’insieme di antecedenti, contingenze ambientali, situazioni interpersonali, attivazioni psicofisiologiche, emozioni, comportamenti,
che hanno caratterizzato l’esordio del disturbo (Mosticoni, 1984). La fase
focalizzata sul cambiamento è finalizzata all’accertamento degli interessi,
delle motivazioni, delle caratteristiche personali e delle risorse in possesso
del paziente. L’ultima fase dell’intervista ha lo scopo di riassumere e sintetizzare le informazioni raccolte, di illustrare al paziente le modalità del
trattamento e di definire e concordare gli obiettivi della terapia. In questo
stadio è opportuno e utile condividere con il paziente lo schema del disturbo
e l’orientamento diagnostico. Naturalmente le ipotesi avanzate in questa fase
vanno verificate ed eventualmente riformulate, ampliate, integrate durante
tutto il corso del processo terapeutico.
Introduzione
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Nell’assessment, oltre all’intervista, possono essere utilizzati numerosi
altri strumenti standardizzati come inventari, checklist, schede di osservazione e diari.
La ricerca degli elementi utili alla progettazione dell’intervento
I dati raccolti, attraverso l’utilizzo delle varie tecniche a disposizione, non hanno come esclusivo obiettivo la classificazione del disturbo del
paziente attraverso i criteri diagnostici del DSM-IV o dell’ICD-10. La
nosografia categoriale, pur mantenendo una sua utilità, presenta elementi
di criticità ormai riconosciuti da più parti e i protocolli d’intervento che si
sono diffusi negli ultimi anni, costruiti su valutazioni ampie e sistematiche
dei vari disturbi mentali, iniziano a mostrare dei limiti. Nella pratica clinica
è difficile applicarli in quanto il paziente «normale», che viene trattato nei
servizi pubblici o negli studi privati, non è quello che spesso viene descritto
nei manuali o quello che è accuratamente selezionato negli studi clinici
randomizzati controllati: presenta comorbilità, non aderisce facilmente al
trattamento, ha spesso risorse limitate, può essere scarsamente motivato.
Come modellare quindi la terapia su ogni paziente, considerando le
peculiarità della sua sintomatologia, del suo momento esistenziale e delle sue
potenziali risorse, senza rinunciare al rigore scientifico, alla manualizzazione
dell’intervento, alla valutazione di efficacia?
Una possibile risposta è nella definizione, per i disturbi d’ansia, di una
serie di elementi comuni che giocano un ruolo decisivo nella genesi e nel
mantenimento del disturbo. Sassaroli, Lorenzini e Ruggiero (2006) li hanno
individuati e per ognuno di essi hanno messo a punto un modulo d’intervento specifico. Ogni elemento può essere presente in ciascun disturbo e
la sua rilevanza può variare da paziente a paziente. Il terapeuta costruisce
e applica ai processi e ai costrutti moduli di intervento, scegliendoli secondo criteri di priorità; i moduli sono dei mini protocolli trasversali ai vari
disturbi. Il percorso terapeutico è su misura per ogni singolo paziente e
prevede, anziché l’utilizzo di macro protocolli aspecifici rivolti al disturbo,
l’applicazione di moduli orientati agli aspetti molecolari e specifici della
sofferenza di un particolare soggetto. Per ogni modulo si definiscono lo
scopo, la strategia generale e la successione degli interventi, le tecniche di
cui avvalersi (Lorenzini, 2006): in questo modo si unisce al rigore scientifico
delle linee guida la creatività del terapeuta, che conosce meglio di chiunque
altro la complessità fenomenologica del singolo paziente in trattamento.
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Assessment dei disturbi d’ansia
Inoltre anche gli studi scientifici che validano empiricamente le psicoterapie
possono essere condotti con procedure e criteri metodologici più rigorosi.
Nella terapia modulare infatti sono prese in considerazione singole fasi e
non l’intero trattamento: questo può comportare una maggiore pulizia del
disegno sperimentale e consentire il superamento di una serie di criticità dei
metodi di ricerca utilizzati per validare le terapie di provata efficacia, molto
bene evidenziate da Sassaroli, Lorenzini e Ruggiero (2006).
I processi e i costrutti implicati nei disturbi d’ansia, individuati dagli
autori sopra citati sono riportati di seguito:
•errore metacognitivo (interpretazione dell’attivazione emotiva come segnale
di pericolo in atto e non come segnale di pericolo percepito);
•evitamento (processo con modalità mentali e comportamentali che consiste
nel tenersi lontano da eventi in cui l’esperienza ansiosa si è verificata o si
può verificare);
•rimuginio (forma che assume l’ansia nel discorso mentale interno);
•illusione di controllo (strenuo perseguimento e ricerca della certezza assoluta);
•attenzione e memoria selettive (l’attenzione è autocentrata, si è attenti e si
ricorda tutto ciò che conferma le proprie convinzioni, e l’accesso ai ricordi
di esperienze vissute con ansia è facilitato);
•bias cognitivi ed euristiche confirmatorie (errori nell’esprimere giudizi e
nell’assumere decisioni; scorciatoie e approssimazioni dei fatti nell’esprimere valutazioni e assumere decisioni in condizioni d’incertezza);
•polarizzazione degli scopi (se la strategia di perseguimento dello scopo, importante e irrinunciabile, fallisce non vi sono alternative di perseguimento);
•perfezionismo (tendenza a sottolineare gli errori e le imperfezioni che
s’immagina possano condurre a conseguenze catastrofiche, piuttosto che
i risultati positivi);
•intolleranza dell’incertezza (pensare di non poter sopportare emotivamente
tutti i possibili scenari ed eventi futuri perché ve ne potrebbero essere di
negativi);
•pensiero catastrofico (tendenza a prevedere più conseguenze negative e a
considerarle inevitabili, irresistibili e irreparabili);
•autovalutazione negativa (tendenza a prevedere una catastrofe derivante
da autovalutazioni negative delle proprie capacità pratiche e/o di autocontrollo emotivo);
•intolleranza delle emozioni (tendenza a interpretare stati emotivi intensi
come disagevoli e negativi, perché prova dell’incombere di eventi negativi
o di debolezza e fragilità).
Introduzione
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Nell’approccio modulare al trattamento dei disturbi d’ansia pertanto
l’assessment è l’insieme delle operazioni di valutazione che lo psicoterapeuta
effettua per:
1. individuare i dati necessari alla formulazione del caso, i costrutti e i processi che sono sottesi ai sintomi presentati;
2. ricostruire il contesto di apprendimento dei costrutti e dei processi stessi;
3. concordare con il paziente gli obiettivi;
4. definire il contratto;
5. identificare le modalità di trattamento adeguate (timing e sequenza degli
interventi sui moduli);
6. definire la presa in carico (Sanavio, 1991).
Tale processo si sviluppa nell’arco dei primi colloqui e permette di
realizzare ipotesi esplicative accurate, specifiche e dettagliate. A livello più
generale, il terapeuta dovrebbe condurre e svolgere il proprio intervento di
valutazione intorno a quattro grandi aree:
1. le caratteristiche della sofferenza del paziente nell’hic et nunc e le teorie
che il paziente stesso ha formalizzato circa la propria sofferenza: la visione di sé, del mondo, degli altri e gli scopi in pericolo; cosa è avvenuto
nel sistema da renderlo malfunzionante; cosa impedisce al paziente di
risolvere il problema; come i sintomi hanno modificato la sua esistenza;
che spiegazione si dà di ciò che gli succede e come pensa di uscirne;
2. la conoscenza e la comprensione dei significati e delle emozioni che il
paziente elabora e prova e il contesto di apprendimento entro il quale si
sono formati;
3. la valutazione dei livelli di consapevolezza che il paziente possiede di
tali significati ed emozioni, e delle principali o ricorrenti modalità che
adotta per agire sui propri stati interni e per padroneggiare le situazioni
problematiche fonte di sofferenza (Semerari, 1999);
4. la motivazione del paziente al trattamento e al cambiamento.
L’assessment è quindi propedeutico all’intervento, ma la raccolta di
informazioni e di dati, in quanto dettata da scelte strategiche, assume già
una valenza terapeutica.
La progettazione dell’intervento
L’obiettivo del nostro accertamento è quello di conoscere i processi
e i costrutti implicati nei disturbi d’ansia, i contesti d’apprendimento delle
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Assessment dei disturbi d’ansia
credenze e degli schemi relazionali, le teorie naïf sulla sofferenza e sulla
cura, la motivazione al cambiamento del paziente.
Quando il paziente arriva in terapia, il primo passo da compiere
consiste nella definizione accurata degli eventi temuti e degli scopi minacciati.
L’esistenza di una minaccia è presa in considerazione quando s’ipotizza
che un evento abbia il potere di compromettere uno o più scopi personali
(Lorenzini e Sassaroli, 2000); l’assunzione di minaccia si accompagna a paura
o ad ansia, ma prevale l’ansia quando non si è in grado di identificare quali
scopi potrebbero essere minacciati e compromessi.
L’intensità e la durata dell’emozione sperimentata variano in funzione dei seguenti elementi (Beck et al., 1985; Mancini, 2002; Salkovskis,
1996):
1. coefficiente di valore dello scopo minacciato;
2. probabilità dell’evento temuto;
3. potere dell’evento di danneggiare lo scopo (Clark, 1988);
4. potere e capacità personale di fronteggiare e controllare l’evento e le sue
conseguenze.
L’approccio modulare tuttavia richiede una specifica attenzione a
ogni singolo processo e costrutto. Come già detto i moduli sono trasversali
ai diversi disturbi d’ansia e vanno considerati per il grado di implicazione
che hanno nella genesi e nel mantenimento della sofferenza. Il terapeuta
prima censirà tutti gli elementi che hanno contribuito allo sviluppo e al
mantenimento del disturbo e in un secondo momento definirà le modalità e
il tempo di intervento. Il timing e la successione del trattamento sono rimessi
all’intuizione del terapeuta, che potrà avvalersi di una serie di indicazioni
dettate dal buon senso e dall’esperienza clinica.
In linea generale, conviene agire a partire dai costrutti e dai processi
meno interrelati. È probabile che gli elementi meno saldi e verso i quali il
paziente presenta un certo grado di criticità siano meno automatici e meno
radicati nella storia di vita del paziente e quindi più facilmente modificabili.
Il soggetto inoltre può essere più disposto a lavorare su alcuni moduli anziché
su altri ai quali presta maggiore resistenza; lo stesso terapeuta può essere
più a suo agio a lavorare su alcuni elementi piuttosto che su altri. Nel procedere si dovrà tenere conto comunque delle modalità con cui il disturbo si
è strutturato e della dinamica del mantenimento, nonché delle conseguenze
che il disagio ha prodotto sulla vita relazionale, affettiva, sociale e lavorativa
del paziente (Lorenzini, 2006).
Introduzione
19
Il modello di assessment per la terapia cognitiva
All’interno di questa prospettiva l’assessment recita un ruolo decisivo,
giocato sulla capacità di assumere una configurazione flessibile e modulare.
Il terapeuta, anziché seguire traiettorie prefigurate e rigide, deve disporre di
un ventaglio di strumenti valutativi che possano essere utilizzati per procurarsi i dati necessari alla formulazione di quel particolare caso. A seconda
del paziente che ci si trova di fronte possono essere più utili strumenti meno
strutturati anziché test diagnostici, può essere preferibile raccogliere informazioni dall’autobiografia del paziente piuttosto che dalla sua autocaratterizzazione, potrà magari essere più opportuno valutare il criticismo genitoriale
attraverso il genogramma che non con il Perceived Criticism Inventory.
Ecco perché nel volume non viene presentato un percorso univoco da
applicare in tutte le situazioni, ma viene invece delineata una panoramica
di mezzi utili a raggiungere lo scopo di capire come funziona il paziente. La
struttura stessa del libro è stata concepita come un’illustrazione di strumenti
da parte di colleghi esperti, che ne conoscono molto bene i pregi e i limiti e
possono sottolinearne l’utilità nello specifico contesto di applicazione.
La valenza della proposta risiede nella sistematizzazione, all’interno
del panorama variegato del cognitivismo, delle modalità e finalità d’uso di
strumenti di accertamento nel trattamento dei disturbi d’ansia, generalizzabili anche in presenza di altre patologie.
L’assessment come lo abbiamo immaginato e descritto non è un’ampia
raccolta di dati sul paziente priva di un orientamento strategico. Abbiamo
innanzitutto riconosciuto, pur valutandone i limiti, l’inquadramento nosografico descrittivo tradizionale che rappresenta un livello minimo di comprensione e di condivisione. Non ci siamo fermati però alla classificazione
diagnostica del DSM-IV, ma ci siamo spinti verso la costruzione di una
diagnosi esplicativa che tenga conto dell’itinerario di sviluppo del paziente
e delle sue risorse, dei suoi principali schemi interpersonali e dell’organizzazione del sé con i livelli di flessibilità/rigidità e stabilità/instabilità, delle
competenze metacognitive, dei meccanismi di scompenso e di mantenimento
dei sintomi, delle teorie ingenue sulla sofferenza e sulla cura, dei vincoli biologici, sociali, ambientali, culturali. Anche il processo di restituzione viene
considerato un processo continuo, con un momento puntuale alla fine della
fase di valutazione che porta alla condivisione del contratto terapeutico, ma
che rimane aperto a successive verifiche. Nel setting l’interazione rimanda
continui feedback con i quali il terapeuta, senza essere passivo o troppo
direttivo, si confronta, costruendo con il paziente significati e piani d’azione
20
Assessment dei disturbi d’ansia
condivisi che permettono di rivalutare le iniziali ipotesi esplicative, durante
tutto il corso del trattamento.
Nel primo capitolo viene illustrato il modello di assessment proposto
e viene presentata una batteria di test che permettono un inquadramento
diagnostico secondo il modello multiassiale del DSM-IV. La batteria include
interviste, questionari self-report, rating scale.
Il secondo capitolo integra il precedente con una trattazione teorica
e introduttiva sulla specificità e le differenze degli strumenti illustrati nel
primo. L’accertamento delle credenze ansiose è un passo decisivo verso
una definizione chiara dello scompenso e del mantenimento. L’intervista
SAWOB indaga costrutti centrali dei disturbi d’ansia: pensiero catastrofico,
intolleranza dell’incertezza, valutazione negativa di sé, intolleranza delle
emozioni, bisogno di controllo, timore degli errori. Vengono inoltre illustrati
alcuni dei più importanti strumenti self-report per l’accertamento dell’ansia,
del rimuginio, di sintomi associati alla bulimia e all’anoressia.
Il criticismo genitoriale è caratterizzato da un ricorso ripetitivo e pervasivo al rimprovero e viene posto in relazione con i disturbi presentati dal
paziente. Nel terzo capitolo viene presentato il Perceived Criticism Inventory,
che indaga aspetti distinti del criticismo: la quantità di criticismo subito, il
contenuto dei rimproveri, la modalità con cui vengono espressi e il grado
di accordo/disaccordo con il criticismo in generale.
Nel quarto capitolo viene proposto l’ABC come procedura d’indagine
conoscitiva capace di esplorare le rappresentazioni mentali che precedono,
accompagnano e seguono gli stati di sofferenza.
La Naive Ideas Survey (NIS) viene presentata nel quinto capitolo. È composta da due liste di credenze relative alle cause della sofferenza e al come
si può guarire, e svela le teorie ingenue del paziente che possono essere di
ostacolo al cambiamento e rappresentano un fattore di mantenimento della
patologia. Trattarle, in una fase preliminare, può consentire di tracciare un
percorso condiviso con il paziente e quindi rafforzare l’alleanza terapeutica,
rendendo più efficace la psicoterapia.
Il sesto capitolo sottolinea l’importanza dell’approccio idiografico e
si sofferma su una visione della conoscenza nei termini del paradigma costruttivista, proponendo l’autocaratterizzazione come strumento capace di
raccogliere la prospettiva soggettiva del paziente.
Il capitolo successivo si pone in continuità con il precedente. La narrazione autobiografica, con le parole dell’autrice, restituisce al soggetto densità
e pregnanza, identità e forza. Metodo formativo e di «cura di sé», possibilità
d’integrare e riorganizzare pensieri e vissuti, la produzione scritta della storia
Introduzione
21
di vita coinvolge molteplici processi e, oltre a fornirci informazioni preziose,
si pone già come intervento terapeutico per quei pazienti che presentano
deficit metacognitivi.
Il genogramma (capitolo ottavo) come metodo di raccolta della storia
familiare prosegue la presentazione di strumenti di valutazione poco strutturati,
che consentono di cogliere i significati con i quali si sono ordinati gli episodi
che hanno caratterizzato la storia evolutiva dei singoli e delle loro famiglie.
Gli Internal Working Model (IWM) — rappresentazioni di sé, della relazione con l’altro e delle figure d’attaccamento — modellano le relazioni
interpersonali e vengono agiti anche nella relazione terapeutica. Accertare
quindi lo stato mentale dell’attaccamento nel paziente consente al terapeuta
di regolare i cicli interpersonali disfunzionali nel setting e di costruire una
relazione terapeutica «sicura». Nel nono capitolo viene presentata una sintetica rassegna dei principali strumenti di valutazione dell’attaccamento.
Il capitolo conclusivo espone l’importanza e le criticità della fase di restituzione dell’assessment e della formulazione del contratto terapeutico. È proprio
questo il momento che segna l’utilità dell’intero processo rispetto al progetto
clinico: se l’assessment è stato rispettoso dei vissuti e della complessità del paziente
e si è espletato in modalità strategiche, ha rappresentato un’occasione di crescita
personale del paziente, di cambiamento già in atto; l’alleanza terapeutica si è
costruita forte e salda e il paziente è in movimento verso mutamenti clinici.
Per questo il percorso di accertamento ha la necessità di essere flessibile, e cioè di adattarsi alla psicopatologia del paziente, alle possibilità di
trattamento, alla necessità di condividere obiettivi e compiti, di costruire un
buon legame interpersonale, di considerare la propensione e la dimestichezza
del terapeuta a utilizzare l’uno anziché l’altro strumento. In sostanza sta
al terapeuta muoversi strategicamente e scegliere gli strumenti che meglio
possano far capire a lui e al paziente l’eziopatogenesi della sofferenza e gli
obiettivi da raggiungere per curarla.
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Assessment dei disturbi d’ansia
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1
Il modello di assessment in psicoterapia
cognitiva: procedure e strumenti
Alessia Incerti, Giovanni M. Ruggiero e Sandra Sassaroli
Introduzione
Il modello che proponiamo non ha l’obiettivo di formulare sic et simpliciter
una diagnosi categoriale, ma, come abbiamo esplicitato nell’introduzione,
l’inquadramento del caso necessita di dati sulle credenze e sui processi
cognitivi che hanno portato allo scompenso e al mantenimento della sintomatologia, sugli schemi interpersonali e sui modelli operativi interni, sullo
stato mentale dell’attaccamento, sulle spiegazioni ingenue che il paziente
si dà sul perché sta male e sul come può guarire, sulla sua storia personale
e familiare.
Per quanto riguarda la scelta della batteria di test che possono darci un
inquadramento diagnostico ad ampio spettro secondo il modello multi-assiale
del DSM-IV, siamo partiti da strumenti diagnostici utilizzati nel campo psichiatrico e abbiamo cercato di integrarli con l’aggiunta dell’accertamento di
variabili di tipo cognitivo, come ad esempio il rimuginio (si veda in seguito
la valutazione del rimuginio nella VITA 10.6). Inoltre abbiamo aggiunto
una serie di questionari autosomministrati per la valutazione delle credenze cognitive. Abbiamo ritenuto opportuno scegliere strumenti diversi per
struttura e modalità di somministrazione: la batteria include infatti interviste strutturate e semistrutturate, questionari self-report e rating scale. Nel
24
Assessment dei disturbi d’ansia
capitolo che segue verranno trattati gli aspetti teorici relativi alla specificità
e alle differenze di questi strumenti.
Nei capitoli successivi verranno poi illustrate altre tecniche di accertamento (ABC; Naive Ideas Survey; autocaratterizzazione; autobiografia;
genogramma; strumenti per la valutazione dell’attaccamento) utilizzate per
integrare i dati rilevanti emersi dalla batteria di test che andiamo a descrivere.
Il complesso delle informazioni ricavate, raggruppate e sintetizzate secondo
una prospettiva strategica, porta alla formulazione del caso. Naturalmente
la scelta e l’utilizzazione dei vari strumenti è dettata da criteri di flessibilità
e rimessa al terapeuta e all’équipe che valuteranno caso per caso quali strumenti somministrare, tenendo in considerazione la complessità del paziente
e la strategia dell’intervento terapeutico.
Gli strumenti
La batteria testistica si compone dei seguenti test psicologici:
1. Valutazione a Intervalli Temporali dell’Anamnesi, clinica, cognitiva e socio-relazionale
(Intervista VITA 10.6; Ruggiero, Incerti e Sassaroli, 2001) basata sulla
Long Interval Follow-up Evaluation (LIFE; Keller et al., 1987).
2. Schedule for Assessment of Worry about Core Beliefs (SAWOB; Ruggiero, Incerti
e Sassaroli, 2004).
3. Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis II Personality Disorders (SCID-II;
First et al., 2003).
4. Questionari self-report:
•Anxious Control Questionnaire (ACQ; Rapee et al., 1996)
•Anxious Thoughts Inventory (AnTI; Wells, 1989)
•State-Trait Anxiety Inventory (STAI; Spielberger et al., 1989)
•Metacognitions Questionnaire (MQ; Cartwright-Hatton e Wells, 1989)
•Worry Domain Questionnaire (WDQ; Tallis, Davey e Bond, 1994)
•Penn State Worry Questionnaire (PSWQ; Meyer et al., 1990)
•Eating Disorders Inventory (EDI; Garner, 1995)
•Perceived Criticism Inventory (PCI; Apparigliato, Ruggiero e Sassaroli,
2007).
Per la descrizione dei questionari self-report e dell’intervista SAWOB
rimandiamo il lettore al prossimo capitolo; ora ci occuperemo della descrizione degli strumenti VITA 10.6 e SCID-II e dell’esplicitazione delle
caratteristiche del modello diagnostico.
APPENDICE 8
Esemplificazione
di casi di assessment
e relazioni
psicodiagnostiche
Esemplificazione di casi di assessment e relazioni psicodiagnostiche
333
Esemplificazione di casi
di assessment e relazioni
psicodiagnostiche
(Alessia Incerti, Marta Villa)
Il paziente che giunge presso il nostro centro, come illustrato nel capitolo 2, prima di intraprendere un percorso psicoterapeutico, viene inviato per una valutazione psicodiagnostica.
L’assessment comprende i seguenti strumenti:
– VITA 10.6 (Valutazione a Intervalli Temporali dell’Anamnesi clinica, cognitiva e sociorelazionale)
– SAWOB (Scheda per l’accertamento dei costrutti cognitivi centrali)
– SCID-II (Intervista clinica strutturata per il DSM IIIR-disturbi di personalità)
– questionari di tratto self-report.
Naturalmente di volta in volta somministriamo altri strumenti di valutazione, illustrati nel
volume, laddove vi sia un’indicazione di carattere strategico che ne suggerisca l’utilizzo.
Di seguito presentiamo due casi di assessment e relative relazioni psicodiagnostiche: la
prima relazione riguarda una paziente (B.A.) alla quale non è stato diagnosticato alcun
disturbo di personalità, mentre la seconda relazione testistica riportata si riferisce a una
paziente molto più grave, con un disturbo di personalità borderline e narcisistico.
I due casi sono molto diversi, secondo differenti aspetti: comportamento del paziente con il
terapeuta, motivazione nell’intraprendere il trattamento, diagnosi e gravità del disturbo.
La motivazione
La motivazione è una delle condizioni necessarie affinché un individuo sia spinto ad agire
o a non agire, ed è finalizzata alla realizzazione di uno specifico scopo. La motivazione è
quindi il motore del comportamento umano.
La motivazione in ambito clinico è anche una condizione necessaria affinché si possa intraprendere una terapia: un paziente senza una motivazione intrinseca difficilmente sarà
in grado di stabilire una relazione con lo psicologo clinico e difficilmente potrà ottenere
un beneficio dalla terapia. Infatti il paziente inizia una terapia per poter guarire e si domanda se la terapia sia quella giusta e se sia in grado di aiutarlo nel perseguire i suoi scopi
esistenziali.
In terapia quindi la motivazione si traduce nel livello di collaborazione con lo psicologo,
per cui è importante lavorare al fine di facilitare il paziente a costruire una motivazione a
realizzare una relazione positiva con il terapeuta.
Anche per lo psicologo testista si parla di relazione terapeutica, infatti egli deve innanzitutto essere in grado di creare un clima in cui il paziente sia motivato a collaborare.
© 2008, A. Incerti e A. Scarinci (a cura di), Assessment dei disturbi d’ansia, Trento, Erickson
334 Assessment dei disturbi d’ansia
Il primo passo del processo motivazionale è la richiesta di aiuto: quando il paziente decide
di fissare un appuntamento con lo psicologo, non è detto che lo faccia davvero; se anche
fissa l’appuntamento non è detto che si presenti, se poi si presenta, non è sicuro che continui
la frequenza. Legato al tipo di motivazione notiamo un differente livello di collaborazione
con lo psicologo che conduce l’assessment.
Un paziente molto motivato tenderà a eseguire le indicazioni terapeutiche a lui suggerite
al fine di ottenere al più presto la migliore soluzione delle problematiche da cui è afflitto.
Al contrario un paziente poco motivato renderà problematica la somministrazione dei test
o addirittura non si presenterà ai successivi incontri.
In riferimento ai due casi di valutazione presentati, osserviamo anche due differenti stili e
andamenti dell’intervista.
prima esemplificazione clinica
La signora B.A. si presenta per eseguire un’indagine psicodiagnostica, il cui scopo è quello
di comprendere meglio taluni meccanismi del funzionamento cognitivo.
La paziente vive a Milano con la famiglia d’origine, che è composta dai genitori e due
sorelle; dal 1998 svolge la professione di fisioterapista, che le occupa meno di 20 ore settimanali. In questo periodo non vi è una relazione affettiva in corso.
Il tono dell’umore è lievemente deflesso al momento della visita, e la paziente percepisce
spesso rapidi cambiamenti emotivi. Attualmente pesa circa 48 kg x 162 cm di altezza; nel
1998 ha raggiunto come peso 44 kg, che associa a un periodo difficile, causato da una separazione sentimentale, durante il quale pur mangiando in quantità maggiore non ha avuto
un aumento ponderale di peso.
Dall’anamnesi sintomatologica risultano problemi legati all’ansia sociale, mentre non emergono sintomi ossessivi né compulsioni. La signora non ha mai sofferto di fobie specifiche.
Inoltre il soggetto afferma che talvolta ha pensieri negativi sul pensiero catastrofico e la
tendenza a fare previsioni negative; è presente anche un’inclinazione al voler sapere in anticipo e con certezza come andranno a finire le cose e la paziente si sente particolarmente
responsabile per eventi o persone. In merito a tutti questi costrutti il rimuginio è presente
in forma lieve. Oltre a ciò il soggetto afferma di sperimentare spesso il timore di non essere
all’altezza delle situazioni che si presentano; idee autosvalutative sono presenti in particolare nei contesti interpersonali.
L’analisi quantitativa dei criteri nella SCID-II non ha reso possibile la diagnosi di alcun disturbo di personalità, tuttavia si segnalano taluni tratti d’evitamento compatibili con l’ansia
rilevata su Asse I.
Infine i questionari self-report rispecchiano totalmente le informazioni raccolte durante il
colloquio.
Si allega la relazione psicodiagnostica ove vengono sintetizzati sia gli aspetti sintomatologici (dall’esordio al momento dell’assessment) sia taluni meccanismi cognitivi a essi
sottesi.
© 2008, A. Incerti e A. Scarinci (a cura di), Assessment dei disturbi d’ansia, Trento, Erickson
Esemplificazione di casi di assessment e relazioni psicodiagnostiche
335
RELAZIONE PSICODIAGNOSTICA
Cognome: B.
Nome: A.
La paziente giunge alla mia attenzione su invio della dottoressa Bianchi per eseguire
un’indagine psicodiagnostica composta dai seguenti strumenti:
•VITA 10.6 (Valutazione a Intervalli Temporali dell’Anamnesi clinica, cognitiva e
socio-relazionale)
•SAWOB (Scheda per l’accertamento dei costrutti cognitivi centrali)
•SCID-II (Intervista clinica strutturata per il DSM IIIR-disturbi di personalità)
•questionari di tratto.
Giunge presso il nostro centro di sua iniziativa per intraprendere una psicoterapia
individuale, allo scopo di comprendere meglio taluni meccanismi del funzionamento
cognitivo.
In data ………… sono stati somministrati i test VITA 10.6, SAWOB e consegnati
i questionari autosomministrati. In data ………… si esegue l’intervista strutturata
SCID-II.
L’atteggiamento della signora B.A., durante le sessioni di test, è stato collaborativo.
Nel complesso la qualità dell’informazione fornita è discreta.
***
VITA 10.6
(Valutazione a Intervalli Temporali dell’Anamnesi
clinica, cognitiva e socio-relazionale)
Versione 10.6 per i disturbi ansiosi e alimentari
Parti compilate
– Relazioni familiari ed extra familiari
– Trattamenti
– Sintomatologia ansiosa
– Sintomatologia alimentare
– Sintomatologia depressiva.
Relazioni intra ed extra familiari
La famiglia d’origine, tuttora residente a Milano, è composta dai genitori e due sorelle, rispettivamente nate nel …… e nel …….
Il padre è nato nel …… a Roma, ora pensionato e prima tecnico informatico, è descritto come una persona tradizionalista, poco comunicativa e «un po’ pesante»; B.A.
sostiene che tra loro non c’è mai stato un buon rapporto, considera infatti la relazione
povera e di scarsa confidenza.
La madre è nata nel …… a Milano, casalinga, da sempre si è occupata della casa;
definita un po’ pesante e ansiosa, il rapporto risulta essere da sempre abbastanza
buono.
Con la primogenita c’è una buona relazione, e la sorella è descritta da B.A. come una
persona tradizionale, puntigliosa e «regolare». Con l’altra sorella, nata nel ……, la
© 2008, A. Incerti e A. Scarinci (a cura di), Assessment dei disturbi d’ansia, Trento, Erickson
336 Assessment dei disturbi d’ansia
paziente afferma di avere ora un buon rapporto, ma in passato la relazione era piuttosto conflittuale, soprattutto nel periodo dell’adolescenza.
In questo periodo non vi è una relazione affettiva in corso.
B.A. ha vissuto fuori casa negli anni dell’università e attualmente vive con i genitori, precisando di farlo solo per una questione economica, infatti si sente totalmente
indipendente da «un punto di vista mentale». Ha una vita sociale soddisfacente e
costante, pur non partecipando ad attività sociali strutturate, fatta di molti amici con
cui condivide divertimenti vari (cinema, aperitivi, viaggi); inoltre nel tempo libero si
dedica alla pratica di diversi sport.
Professione
B.A. ha un diploma di laurea in fisioterapia e dal 1998 svolge la professione di fisioterapista; fino al 2002 ha lavorato presso una clinica di riabilitazione con un contratto
a tempo pieno. Successivamente ha intrapreso l’attività di libera professionista che le
occupa meno di 20 ore settimanali.
Trattamenti
La signora ha intrapreso di sua libera iniziativa una psicoterapia individuale di orientamento analitico transazionale dal 2000 al 2001, con dapprima un incontro alla settimana e poi un incontro quindicinale.
La paziente afferma di aver intrapreso tale trattamento solo per chiarirsi «un po’ le
idee»; l’alleanza terapeutica è risultata essere abbastanza soddisfacente, tuttavia non
ha raggiunto un significativo miglioramento emotivo e cognitivo.
Storia della sintomatologia ansiosa
Dall’anamnesi non risultano sintomi relativi ad attacchi di panico o ad agorafobia, né
la signora ha mai sofferto di fobie specifiche. B.A. ricorda numerosi episodi caratterizzati da cali ipoglicemici verificatisi nel periodo dell’adolescenza durante lo svolgimento di allenamenti sportivi, compiti in classe e prima delle interrogazioni orali al liceo.
Per quanto riguarda la fobia sociale, B.A. segnala di sperimentare spesso marcate
difficoltà nelle situazioni sotto elencate:
– parlare con persone che hanno una posizione di autorità;
– recitare, esibirsi o pronunciare un discorso in pubblico;
– essere al centro dell’attenzione;
– prendere la parola in una riunione.
Nelle situazioni sociali, B.A. si sente come se fosse costantemente osservata da una
persona estranea che dovrà giudicarla. Questa credenza viene confermata nel momento in cui la paziente avverte sensazioni fisiche ed emozioni spiacevoli, che in questo
modo vengono amplificate. B.A. racconta: «Quando esco con i colleghi, mi sento così
agitata che sicuramente sto dando una brutta impressione e gli altri noteranno le mie
gocce di sudore e la mia voce tremula».
L’ansia sociale porta a sistematiche condotte di evitamento che conducono a una significativa compromissione della vita interpersonale della paziente.
Emerge rimuginio disturbante circa i suddetti timori in ambito sociale.
Non si evidenziano pensieri ossessivi e compulsioni.
La paziente segnala una lieve presenza di ansia generalizzata, specifica che il timore
è legato per lo più alla sorte delle persone care e in particolare alla propria sfera
personale e lavorativa.
© 2008, A. Incerti e A. Scarinci (a cura di), Assessment dei disturbi d’ansia, Trento, Erickson
Esemplificazione di casi di assessment e relazioni psicodiagnostiche
337
Il rimuginio circa questi timori c’è solo quando si presentano delle situazioni specifiche.
Storia della sintomatologia alimentare
Attuale
1998
Storia del peso
48 kg x 162 cm
44 kg
Storia del peso desiderato Max accettabile
48 kg
53 kg
44 kg
53 kg
Attualmente pesa circa 48 kg x 162 cm di altezza; afferma che, da sempre, il peso
massimo che potrebbe accettare è 53 kg.
Nel 1998 ha raggiunto come peso 44 kg, che associa a un periodo difficile, causato da
una separazione, durante il quale pur mangiando in quantità maggiore non ha avuto
un aumento ponderale.
La signora ha oggi uno stile alimentare piuttosto regolare, costituito da tre pasti principali così composti:
– colazione: succo di frutta e una fetta di torta;
– pranzo: un primo o un secondo più contorno;
– cena: un primo o un secondo più contorno.
Si percepisce di corporatura normale e si ritiene soddisfatta del proprio aspetto corporeo.
Non ha mai effettuato diete allo scopo di modificare il proprio peso.
La paziente non riferisce comportamenti bulimici.
Storia della sintomatologia depressiva
Il tono dell’umore percepito durante i colloqui è lievemente deflesso e caratterizzato
da sentimenti autosvalutativi e polarizzazioni pessimistiche del pensiero. La paziente
stessa definisce il tono umorale «altalenante», legato a periodi ciclici con fasi, da
lei definite «down», contrassegnate da preoccupazioni; tali caratteristiche da sempre
contraddistinguono il suo carattere.
Queste fasi non sono accompagnate da una diminuzione dell’interesse e del piacere
per le varie attività; tuttavia emergono una moderata idea di autosvalutazione di sé
e talvolta difficoltà del sonno (risveglio precoce dalle 5 alle 6 del mattino). Nel 1998
si ricorda di avere avuto un periodo di particolare depressione, ansia e stress. Inoltre
sostiene di avere molta affaticabilità e perdita di energia nei periodi di stress.
Condotte d’abuso
Nel periodo dell’adolescenza riferisce di episodi saltuari dove c’è stato l’abuso sia di
alcolici che di sostanze stupefacenti, ma solo all’interno del gruppo di amici.
© 2008, A. Incerti e A. Scarinci (a cura di), Assessment dei disturbi d’ansia, Trento, Erickson
338 Assessment dei disturbi d’ansia
***
SAWOB
(Scheda per l’accertamento dei costrutti cognitivi centrali)
Pensiero catastrofico e tendenza a previsioni negative
Si intende la convinzione che, almeno in alcune aree della vita del soggetto, le cose
andranno male o catastroficamente e che il mondo sia un ambiente pieno di rischi e/o
pericoli.
La signora afferma che spesso ha pensieri negativi su questo costrutto, anche non
in presenza di un problema specifico da affrontare, e su tali pensieri il rimuginio è
disturbante.
Intolleranza dell’incertezza
B.A. riferisce, spesso, la tendenza di voler sapere in anticipo e con certezza come
andranno a finire le cose soprattutto in presenza di un problema specifico, in merito a
tale costrutto il rimuginio è lieve.
Timore degli errori o perfezionismo patologico
Si intende la convinzione esplicita che nell’esecuzione dei compiti è necessario evitare ogni
imprecisione o errore. B.A. afferma che le piacerebbe essere in grado di evitare gli errori,
ma si rende conto di non poterlo fare. Non emerge rimuginio circa questo costrutto.
Bisogno e tendenza al controllo
Si intende la volontà o la convinzione che sia necessario controllare ogni evento per
evitare danni irreparabili. B.A. sembra non condividere questo costrutto.
Autovalutazione d’incompetenza
Il soggetto afferma di sperimentare costantemente il timore di non essere all’altezza delle situazioni che si presentano, in particolare ove è richiesta una performance
sociale. Generalmente il rimuginio su temi di inadeguatezza occupa circa il 50% del
suo tempo.
Intolleranza/Paura delle emozioni
La paziente teme spesso di provare paura e ansia e che altri notino i suoi segni d’ansietà. Su questo concetto il rimuginio è situazionale, ovvero è sperimentato solo allorché
la paziente si trovi in un contesto interpersonale.
Timore del giudizio e/o delle critiche altrui
Si intende il timore pervasivo dei giudizi degli altri, ritenuti sempre tendenzialmente
negativi, critici e dolorosi. B.A. sperimenta generalmente questo timore a cui non
associa rimuginio.
Senso pervasivo di responsabilità
Qualche volta B.A. rimugina, in modo lieve, su pensieri negativi riguardo alla responsabilità d’eventi o persone, ma solo in presenza di preoccupazioni specifiche.
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Esemplificazione di casi di assessment e relazioni psicodiagnostiche
339
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SCID-II
Intervista clinica strutturata
Cognome: B.
Nome: A.
Data: ……………
Durata compilazione: 25 minuti
Intervista: 30 minuti
La qualità globale a completezza dell’informazione è buona, la signora non ha incontrato
nessuna difficoltà a fornire esempi concreti relativi ai concetti esposti nel questionario.
Si illustrano di seguito le risposte fornite alle domande preliminari all’intervista.
•Come descriverebbe se stessa?
Premurosa, sensibile, leale.
•Come pensa che la gente la descriva?
Premurosa, sensibile, leale.
•Se potesse in qualche modo cambiare la propria personalità, cosa modificherebbe?
Vorrei essere più sicura di me stessa.
Principale diagnosi
La signora B.A. su 119 quesiti ha risposto positivamente a 21 e si è riconosciuta parzialmente (punteggio 2) in 9 criteri diagnostici.
Si illustrano di seguito i criteri soddisfatti (punteggio 2) suddivisi nelle diverse aree
di personalità.
Area disturbo di personalità dipendente:
Si sente devastata o disperata quando un rapporto importante finisce.
Area dell’evitamento
Facilmente si sente ferita da critica e disapprovazione.
Eccessiva preoccupazione che altri notino segni d’ansietà sociale o di imbarazzo.
Area della personalità ossessivo-compulsiva
Incapacità di gettare via oggetti, anche se non hanno più utilità.
Area della personalità autofrustrante
Sceglie un amante o un amico che hanno approfittato di lei.
Si è trovata in situazioni di lavoro in cui hanno approfittato di lei.
Pensa di non avere raggiunto molti scopi che si era prestabilita.
Area del narcisismo
Reagisce con sentimenti di vergogna alle critiche.
Quando ha un problema insiste nel vedere la persona più competente.
Talvolta sogna a occhi aperti di raggiungere importanti obiettivi.
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340 Assessment dei disturbi d’ansia
Area della personalità borderline
In periodi lunghi di tempo libero manifesta sentimenti di noia.
***
Questionari Self-Report
Tempo compilazione: 2 ore e 15 minuti
Penn State Worry Questionnaire (PSWQ)
Emerge raramente una tendenza al rimuginio.
Worry Domains Questionnaire (WDQ)
Risulta un rimuginio riguardante qualche volta il futuro e le proprie relazioni, solo
raramente l’insicurezza.
State Trait Anxious Inventory (STAI)
Talvolta si rileva la presenza di ansia generalizzata.
Intolerance of Uncertainty Scale (IUS)
Si osserva buona capacità di tollerare l’incertezza.
Anxious Control Questionnaire (ACQ)
La paziente percepisce un sufficiente controllo sugli eventi che le accadono e un sufficiente controllo delle proprie reazioni emotive e comportamentali.
Responsability Attitude Scale (RAS)
Si evidenzia una tendenza a non percepirsi responsabile degli eventi, tuttavia emerge
una lieve preoccupazione sulle conseguenze delle proprie azioni («Quando credo di
aver procurato un danno non posso perdonarmelo»).
Beck Depression Inventory (BDI)
Non emergono problematiche di tipo depressivo.
Anxious Thoughts Inventory (AnTI)
La paziente si identifica solo in parte in pensieri tipici dell’ansia sociale e non risultano preoccupazioni circa la propria salute. Inoltre non emergono difficoltà a livello
metacognitivo.
Metacognitions Questionnaire (MQ)
Relativamente al rimuginio, il soggetto sembra non condividere né le convinzioni positive né quelle negative (anche se afferma di essere completamente d’accordo su «Rimuginare mi danneggia»). Si evidenzia sufficiente fiducia circa le proprie competenze
cognitive e assenza di convinzioni negative generali; inoltre è presente uno scarso
automonitoraggio sui propri pensieri.
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Esemplificazione di casi di assessment e relazioni psicodiagnostiche
341
Rosenberg Self-Esteem Scale (RSES)
Il punteggio riferisce un buon livello di autostima.
Multidimensional Perfectionism Scale (MPS)
La paziente raramente si pone obiettivi troppo elevati e ha il timore degli errori; inoltre talvolta ritiene importante l’ordine e l’organizzazione.
Eating Disorder Inventory (EDI)
Non risultano problematiche tipiche del disturbo alimentare.
Parental Bonding Instrument (PBI)
Si rileva una discreta cura materna associata a poca iperprotezione. Scarsa cura paterna associata a poca iperprotezione.
Affective Control Scale (ACS)
Si evidenzia nessuna paura delle emozioni.
Perceived Criticism Inventory (PCI)
La paziente sostiene che spesso i propri genitori le facevano notare ciò che non approvavano nel suo comportamento e manifestavano giudizi negativi sulle sue scelte.
Tali rimproveri genitoriali, riferiti per lo più alla tendenza della paziente a voler fare
tutto di testa propria, al non impegnarsi abbastanza, allo spreco delle proprie capacità,
erano attuati con svariate modalità (alzando la voce, spiegando il perché dello sbaglio
e dimostrando la loro delusione).
La paziente inoltre ritiene che un buon genitore debba dire ai propri figli che sbagliano
e rimproverarli.
© 2008, A. Incerti e A. Scarinci (a cura di), Assessment dei disturbi d’ansia, Trento, Erickson
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