SCENARIO SANITA' NAZIONALE Rassegna Stampa del 08 settembre 2014 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE SCENARIO SANITA' NAZIONALE 06/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale Nell'ospedale di Ebola Scafandri, cloro e riti per vincere la paura 7 06/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale Balduzzi e il rilancio di Sc: «Destra o sinistra? Noi restiamo montiani» 11 06/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale Gratis in Emilia Romagna con il ticket in Toscana La mappa dell'eterologa 12 06/09/2014 Corriere della Sera - Roma Bimba deceduta, anestesia nel mirino 14 07/09/2014 Corriere della Sera - Milano I NODI IN REGIONE SULL'ETEROLOGA 15 07/09/2014 Corriere della Sera - Milano Ultima prova per Medicina all'Humanitas university 16 07/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale Ebola in Sierra Leone «Vietato uscire di casa» per sei milioni di abitanti 17 07/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale Osteopati italiani alla ricerca di riconoscimento professionale Per dare più garanzie ai pazienti 18 07/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale Quando (e con quali prove) si fanno le manovre 20 07/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale Gli ormoni servono solo in pochi casi 22 07/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale La relazione pericolosa tra sindrome metabolica e tumori 23 07/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale Migliori percorsi assistenziali studiati per i malati cronici 25 08/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale I ministeri si preparano alla dieta del 3% Previste riduzioni di spesa per 7 miliardi 27 06/09/2014 Il Sole 24 Ore «Partecipate avanti, sanità alt» 28 07/09/2014 Il Sole 24 Ore Farmaci, un mercato regolato 30 06/09/2014 La Repubblica - Bologna Eterologa, si parte via libera da lunedì alle prenotazioni 32 06/09/2014 La Repubblica - Nazionale Un vaccino dal sangue delle persone guarite 34 06/09/2014 La Repubblica - Nazionale "Così L'Esercito produrrà la cannabis che cura i malati" 35 06/09/2014 La Repubblica - Firenze Medicine, cosmetici ma anche cioccolata 55mila metri quadri e 80 chimici e biologi: ecco cosa c'è nel casermone "sconosciuto" 36 06/09/2014 La Repubblica - Firenze "Per ogni paziente una cura specifica in base alle esigenze" 38 06/09/2014 La Repubblica - Roma Il primo soccorso in ogni municipio Ecco gli studi medici sette giorni su sette 39 06/09/2014 La Repubblica - Milano Sanità, Maroni ci riprova "Grazie a fondi nazionali eliminerò le liste d'attesa" 40 08/09/2014 La Repubblica - Nazionale "Giochi all'aperto e meno videogame Così nei piccoli si fa prevenzione" 41 06/09/2014 La Stampa - Nazionale Marijuana di Stato, coro di sì "Ma no alla liberalizzazione" 42 06/09/2014 La Stampa - Nazionale "Per la mia terapia non dovrò più pagare gli spacciatori" 43 06/09/2014 La Stampa - Nazionale Glaucoma, cancro, Aids e Parkinson La cannabis in soccorso alla medicina 44 07/09/2014 La Stampa - Nazionale Vaccino, una speranza dall'Italia "Così possiamo battere il morbo" 45 08/09/2014 La Stampa - Nazionale Ma isolare le comunità non può essere l'unica arma per fermare i contagi 47 06/09/2014 Il Messaggero - Nazionale L'Italia produrrà medicine alla marijuana 49 06/09/2014 Il Messaggero - Roma L'eterologa a Roma resta un miraggio 50 07/09/2014 Il Messaggero - Ancona Torrette, il ministro chiama i Nas 52 08/09/2014 Il Messaggero - Nazionale Ebola, il vaccino targato Italia «respinge il virus per 10 mesi» 53 07/09/2014 QN - Il Resto del Carlino - Ancona Il ministro: «Black out, subito la relazione» 54 07/09/2014 QN - Il Resto del Carlino - Ancona Pronto soccorso pediatriaco: caos «Stop al trasferimento del Salesi» 55 06/09/2014 Avvenire - Nazionale Lorenzin: «L'eterologa così non sarà sicura» * 56 08/09/2014 Il Gazzettino - Venezia Idroambulanza, approdo quasi pronto 58 08/09/2014 Il Gazzettino - Venezia «Non si cambiano le regole» Portogruaro contro Cereser 59 06/09/2014 QN - Il Giorno - Milano Sanità, equipaggi del 118: medico a bordo, meglio di no Camici bianchi in subbuglio 60 06/09/2014 QN - Il Giorno - Milano Venti posti letto in più per i malati cronici Il Bassini apre un nuovo reparto ad hoc 61 06/09/2014 Il Manifesto - Nazionale È la fine di un tabù 62 07/09/2014 Libero - Nazionale FIBRILLAZIONE ATRIALE NON VALVOLARE (NVAF) LE CURE TROPPO DIVERSE DA UN PAESE ALL'ALTRO 64 08/09/2014 Il Secolo XIX - Genova Esenti ticket, in coda per gli esami 65 08/09/2014 Il Secolo XIX - Genova «LA CENTRALINISTA E QUELLA DIAGNOSI PER TELEFONO, POVERA SANITÀ PUBBLICA» 67 07/09/2014 Il Tempo - Roma Lavori eterni all'ospedale Nove milioni in 9 anni 68 08/09/2014 Il Tempo - Roma Ecco i prossimi tagli Via altri 531 letti 69 08/09/2014 Il Tempo - Roma Il bisturi non risparmia le due Asl più povere 71 07/09/2014 QN - La Nazione - Firenze Il Consiglio all'unanimità «L'ospedale non si tocca» 73 06/09/2014 La Padania - Nazionale Maroni e la sanità lombarda: «Sempre più ambulatori aperti, VIA LE LISTE D'ATTESA» 74 08/09/2014 Corriere Economia Un cerchietto in testa controlla l'Alzheimer 76 08/09/2014 ItaliaOggi Sette Fondo crescita per selezionati 77 06/09/2014 Milano Finanza PROSTATA, SCATTA IL VERDE 79 06/09/2014 Gente l'alzheimer si sfida in cinque mosse 81 05/09/2014 Tempi Per fare i tagli ci vogliono i numeri 83 05/09/2014 Tempi EBOLA come si può fermare un'epidemia senza precedenti 85 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera Linee guida per l'assistenza che verrà 88 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera Una check list contro il dolore 90 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera Flusso informativo ministeriale dei dispositivi medici. Possibile strumento di gestione? 93 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera Gli effetti del rigore sulla sanità 98 SCENARIO SANITA' NAZIONALE 58 articoli 06/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il reportage Kenema, Sierra Leone: racconto di una città in quarantena dove si può morire per un abbraccio Nell'ospedale di Ebola Scafandri, cloro e riti per vincere la paura MICHELE FARINA È una città chiusa, Kenema. L'ex capitale dei diamanti isolata per Ebola. Almeno due distretti a oriente della Sierra Leone, da qui fino a Kailahun, sono stati messi in quarantena dal governo. Posti di blocco militari. Non si entra e non si esce. La zona è la grande incubatrice dell'epidemia. ALLE PAGINE 14 E 15 KENEMA (Sierra Leone) - Prima di chiudere la fossa dove il tecnico di laboratoro Ibrahim Fambullah, 43 anni, è stato calato in un sacco bianco, gli spalatori aspettano che i burial boys si tolgano lentamente gli scafandri. Hanno le magliette fradice di sudore, i ragazzi della «squadra sepoltura». Si capisce che fremono per riprendere i motorini e andarsene. Ma l'ultima operazione è la più delicata. Un errore banale, un gesto istintivo come asciugarsi il sudore dagli occhi con un guanto contaminato, e il virus ti frega. Così, mentre si svestiva dopo l'ennesimo massacrante giro in reparto, si è infettato ed è morto il dottor Sheik Umar Khan, l'eroe nazionale di questa guerra. Giù all'ospedale la sua gigantografia sorride appesa ai muri, veglia anche sul capannone dove aspettano i membri di questa eroica banda becchini. Sono decine, motivati e analfabeti (a causa della guerra civile che ha devastato la Sierra Leone dal 1991 al 2002 con 50 mila vittime), ragazzi come Ibrahim Kamarà, barbetta da ventenne e maglia di Neymar, un fratello ucciso da ebola e una missione da compiere: «Salvare la nazione». Gli amici li schifano, i familiari li cacciano, però i burial boys si sentono importanti. Questa è la loro ora. Tre cadaveri, arrivati uno alla volta su stradine secondarie per non spaventare la gente, messi di traverso sui pick-up. All'inizio usavano le rare ambulanze, ora i camioncini per combattere l'ebolafobia: «Nessuno voleva più salire perché ci caricavamo i morti» dice Kamarà. Il cimitero all'imbrunire risuona del canto melodioso degli uccelli. Terra rossa rubata con il machete alla vegetazione tropicale, caldo opprimente, nessun parente intorno. È la paura. C'è soltanto James Massally, il responsabile del laboratorio analisi, a piangere il suo braccio destro, il quarto collega a morire nel giro di cinque giorni, in piedi tra i cartelli in metallo con i nomi dei caduti dipinti da uno scrivano con i guanti. Pantaloni neri, camicia bianca, scarpe della festa, James pronuncia poche parole di commiato nella foresta deserta. Pensare che anche lui ha contribuito a disegnare il genoma di ebola partendo dai campioni di sangue raccolti proprio qui a Kenema, nell'unico ospedale esistente, dove la stessa barella serve a portare dentro i malati e fuori i morti (altamente infetti). C'è anche il nome di James in calce allo studio appena sfornato dall'università di Harvard che servirà per la ricerca di un vaccino. Visto da qui sembra assurdo. Giusto lavorare al genoma, ma qualcuno nel frattempo vuole mandare una barella nuova? L'Oms, il braccio sanitario dell'Onu, sta tagliando la missione ebola anziché potenziarla, mentre il 40% delle 1.900 vittime si contano nell'arco delle ultime 3 settimane. I pochi occidentali che si infettano vengono subito evacuati in Europa e negli Stati Uniti per essere giustamente curati in reparti speciali. Mentre qui scarseggiano cose basilari: stivali, guanti, cibo, personale sanitario, le tute della banda becchini... Bianchi e bardati come spendibili soldatini di Guerre Stellari, i quattro ragazzi che hanno portato il corpo di Fambullah si sfilano i preziosi Ppe (personal protective equipment ) impermeabili e soffocanti, e le sovrascarpe. A ogni passaggio interviene Kamarà, lo sprayer , lo «spruzzatore», spargendo cloro su mani e stivali. Hanno movimenti sincronizzati, di routine. L'ultimo, di prassi, offensivo per i morti e necessario per i vivi: i ragazzi buttano gli scafandri nella fossa, gli spalatori gettano terra su quella piccola discarica biologica, cinque tute e un defunto. È una città chiusa, Kenema. L'ex capitale dei diamanti isolata per ebola. Almeno due distretti a oriente della Sierra Leone, da qui fino a Kailahun, sono stati messi in quarantena. Posti di blocco militari. Non si entra e non si esce. Questa zona è la grande incubatrice dell'epidemia, iniziata nel dicembre scorso in un villaggio oltre il confine con la Guinea, dall'incontro fortuito tra un pipistrello della frutta (vettore principale del virus) e SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 7 06/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato un bambino di 2 anni. Scendendo a sud-est il contagio è esploso a Monrovia, capitale della Liberia. Spostandosi verso ovest ha raggiunto Bo fino a toccare Freetown (oltre 50 casi accertati). È la strada che abbiamo percorso in senso opposto con una missione di «Medici con l'Africa Cuamm», ong di ispirazione cristiana che dal 1950 ha allungato le sue radici dalla diocesi di Padova a questo continente (oggi è in 7 Paesi con 168 operatori, 111 medici): dal 2012 Cuamm opera in un piccolo ospedale nell'Est della Sierra Leone, nel poverissimo distretto di Pujehun, con cinque italiani che cercano di salvare i bambini dalla malaria e le madri dalla morte per parto. Si sono trovati in mezzo all'emergenza ebola e si sono dati da fare, creando a Pujehun uno dei pochi centri di isolamento per pazienti sospetti. Il nome della ong è sul fuoristrada e non sempre è un lasciapassare. Unisa, il guidatore, dice che così è difficile trovare parcheggio in città: «Vedono la parola doctors e ti chiedono di andartene». Anche a Freetown, oltre un milione di abitanti, la paura di ebola contagia tutto e tutti: chiusi cinema e stadi, rinviata l'apertura delle scuole, proibiti i gruppi con più di cinque persone, passeggeri scaglionati sui minibus Poda Poda. Sulla larga spiaggia della capitale dei ragazzi giocano a pallone illegalmente: «Vedi come stanno vicini all'acqua? - dice Unisa - Così riescono a vedere da lontano se arriva la polizia». Sulla via dell'ospedale principale, il Connaught, si affacciano una chiesa e una moschea (il tesoro nazionale, la convivenza tra religioni). È una zona storica della «città libera» fondata nel 1787 come centro per ex schiavi riportati in Africa dalle Americhe. Proprio dove c'è l'ospedale gli schiavi liberati venivano visitati dai medici britannici. Qui due settimane fa è morto il dottore che dirigeva il reparto ebola, da qui una parrucchiera infetta è scappata perché i parenti volevano fosse curata a base di erbe e kola da un sowei, un guaritore tradizionale (morta lei e la famiglia). È qui che abbiamo avuto il primo impatto con l'epidemia: dietro le sbarre dell'unità di isolamento (12 letti), ora diretta dalla dottoressa spagnola Marta Lado, un giovane sospetto sbraita perché vuole uscire, sostiene di essere sano. La guardia armata e un'infermiera dall'esterno cercano di calmarlo. A una delegazione dell'Oms la dottoressa Lado ha detto: «Cosa ci serve? Personale ed equipaggiamento. Anche le scorte di guanti monouso cominciano a calare». I centri di isolamento, quelli attrezzati per assistere i casi sospetti in attesa degli esami, si contano sulle dita di un guanto: Medici Senza Frontiere a Kailahun e a Bo, Cuamm a Pujehun, a Freetown il Connaught e l'ospedale pediatrico di Emergency dove una mamma con due gemelli di tre anni pochi giorni fa sono stati trovati positivi. Poiché gli unici centri di trattamento per ora sono l'ospedale governativo di Kenema e quello di Kailahun con le tende di Msf, i contagiati prendono tutti la stessa strada verso Est, che è anche la nostra. «Ebola è peggio della guerra» dice Franco Miari. Emiliano di Carpi, in Sierra Leone da 34 anni, il suo ristorante sulla spiaggia fuori Freetown è un'istituzione segnalata dalle guide. Fino a maggio faceva 280 coperti ogni week-end. Da allora ha fatto 80 clienti in tutto. Ferme le barche dei pescatori di aragoste, deserti i resort e le spiagge candide (dove è stato girato lo spot dello snack Bounty). Il crollo del turismo e la fuga degli stranieri da alberghi e miniere appaiono minimi effetti collaterali dell'epidemia, ma con l'aumento dei prezzi e i raccolti a rischio sono segnali di un Paese paralizzato da ebola così come le vicine Liberia e Guinea. Anche Franco non ha le idee chiare sul virus («Si prende con il respiro?»), ma ha una macchina che produce clorina disinfettante: «Me l'ha data un orafo di Arezzo che produce oggetti per il Vaticano, era destinata a un istituto per ciechi nel nord della Sierra Leone ma poi hanno scoperto che il voltaggio era incompatibile». Ai ciechi una macchina nuova, a Miari quella vecchia. La clorina di questi tempi è più ricercata delle aragoste: i contenitori sono disseminati all'entrata dei negozi e lungo la strada ai posti di blocco dei militari. Sotto le tende ai viaggiatori viene misurata la temperatura con un termometro-pistola laser. Chi ha più di 38 viene fermato. Al limitare di Kenema, 130 mila abitanti, dopo chilometri di strada deserta ti fermano comunque. Comincia la terra di quarantena, roccaforte del virus. Con il fotoreporter Luigi Baldelli superiamo il checkpoint perché Dante Carraro, medico e sacerdote da vent'anni alla guida di Cuamm, ha un contatto con il capo del distretto sanitario Mohamed Vandi, nell'ospedale che a luglio una folla inferocita voleva bruciare. Ora la situazione è se possibile più tranquilla, nel senso che a suon di morti molti hanno capito che «ebola is real», non è una finzione o una cospirazione del governo per chiedere soldi all'estero. All'ospedale c'è posto solo per ebola e per i suoi spettri. Letti vuoti negli altri reparti, come in tutto il Paese: per la paura del virus SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 8 06/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato killer si muore a casa di altre patologie. Fuori Kenema stanno costruendo un nuovo centro di trattamento. Ma intanto la prima linea resta qui: oltre 160 morti accertati a fine agosto, 175 guarigioni, il bilancio si allunga ogni giorno. Davanti all'ufficio di Vandi le aspettative per il futuro sono appese a un camioncino con l'insegna dei Mondiali Dubai 2020. C'è chi sparge sale in giro perché un leader religioso la ritiene un'arma efficace contro l'epidemia. Il capo distretto confida di più nella clorina: quando arriva, con le scarpe di vernice, passa oltre mezz'ora a innaffiare l'ufficio con lo spruzzatore. Dopo un minuto sul divanetto davanti alla sua scrivania abbiamo i pantaloni inzuppati. È preparato e gentile: ha la famiglia a Freetown, non torna a casa da maggio, ha messo a punto una rete di centinaia di «tracciatori» di quartiere, che cercano e monitorano le persone che hanno avuto contatti con i malati e devono essere isolate a casa: «Ogni persona infetta potrebbe averne contagiate altre 15-20». L'incubazione varia da 2 a 21 giorni, è infettante solo chi manifesta i sintomi. Il virus si trasmette per contatto diretto con i fluidi corporei di un malato: tutti, comprese le lacrime. Ebola sfrutta l'ignoranza ma anche l'umana pietà. Vandi racconta di un imam che si è infettato chiudendo gli occhi a un defunto, di un sacerdote cristiano morto per aver abbracciato un malato. Mentre ci accompagna al limitare dell'area ebola, dove arrivano le ambulanze e le persone che possono camminare, con un certo sollievo ci sentiamo dire che è proibito entrare nelle camerate dove si trovano 68 malati confermati, 11 sotto i dieci anni. Qui il virus ha ucciso almeno 27 operatori sanitari (su un totale di 130 nei tre Paesi più colpiti), da Sheik Khan a Ibrahim Fambullah all'ultimo medico morto due giorni fa. Chi arriva con qualche malanno affronta un percorso a tappe, un necessario calvario di paura. Sotto il tendone del triage c'è il primo verdetto, ci raccontano due della Croce Rossa, il colombiano Alejandro e Sharon dalla Nuova Zelanda. Adulti soli, mamme o padri con bambini in braccio sono in attesa. Con almeno due sintomi sospetti (per esempio febbre alta e vomito) si prosegue dentro la zona off-limits, verso l'area dei prelievi di sangue. Altrimenti si torna indietro verso altri reparti, come accade a quella madre con un furtivo sorriso che esce adesso dal cancelletto. Per i sospetti, l'esito dell'esame arriva nel giro di 4 ore. Questa mattina un uomo è morto nella zona d'aspetto, racconta un infettivologo del Montana in missione per l'Oms, George Risi, madre bolognese, padre napoletano. Risi è arrivato una settimana fa in questo ghetto che ha i suoi caduti e i suoi miracolati. È il ghetto delle ebola nurses. Al momento 30 infermiere, guidate dalla veterana Josephine Sellu, 42 anni. «All'inizio non eravamo pronti, stiamo imparando ogni giorno» racconta la caposala nel suo ufficio-cubicolo prefabbricato, a distanza di sicurezza «di saliva» (almeno un metro), tra la tenda del triage e la zona off-limits. Nel suo diario di vita e di morte ci sono tanti nomi, tante storie. C'è Zaineb Kanè, infermiera di 25 anni, che «un giorno è tornata a casa e ha trovato tutte le sue cose fuori dalla porta. Il marito l'ha cacciata: o con me o con Ebola». Zaineb ha scelto: ha dormito all'ospedale, le colleghe hanno fatto una colletta e le hanno trovato una stanza fuori. Fatmata Sesay ha preso ebola in reparto, l'ha passato alla figlia Tata di 11 anni. Entrambe sono guarite (come il 50% dei malati): «Ho sentito Fatmata al telefono - dice Josephine - lei e le altre sopravvissute: abbiamo bisogno di loro, torneranno». Forse tornerà anche William Pooley, 29 anni, l'infermiere volontario inglese evacuato a fine agosto con un volo della Raf. Dopo una settimana in un centro specializzato di Londra è guarito. «Ah, caro William - dice Josephine - Un bravissimo ragazzo. Credo l'abbia contagiato un bambino, Boboselu, un anno di età. È arrivato attaccato al seno della mamma malata. Sono rimasti dieci giorni. Quando lei è morta, il 15 agosto, Boboselu è risultato negativo agli esami». Ebola ti frega sui sentimenti, che esplodono senza curarsi dei tempi di incubazione. Il padre di Boboselu non lo voleva a casa, era solo al mondo, così le infermiere l'hanno tenuto all'ospedale. «William è quello che più gli ha fatto festa, lo teneva in braccio, gli portava i biscotti». Dopo tre giorni il bambino ha la febbre alta: rifanno l'esame, positivo. È morto di lì a poco. Appesa dietro la scrivania di Josephine, che le giovane infermiere chiamano «mammina», c'è la foto di Boboselu. Alla sera, seguendo l'eroica banda becchini, abbiamo cercato invano la sua fossa. Il cimitero nella foresta avanza in fretta. Michele Farina © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 9 06/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 10 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato AFP / DOMINIQUE FAGET La tragedia Nella foto grande a sinistra l'ospedale di Freetown. Nelle immagini sotto, dall'alto in basso i pazienti in quarantena all'ospedale di Kenema, a seguire madre e figlio nel centro dei medici Cuamm a Pujehun. Sotto un blocco di operatori sanitari misurano la temperatura ai viaggiatori sulla strada per Kenema. Nell'ultima immagine il team dei seppellitori al cimitero di Kenema (Foto di Luigi Baldelli) 06/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:619980, tiratura:779916) Balduzzi e il rilancio di Sc: «Destra o sinistra? Noi restiamo montiani» T. L. ROMA - «Per quanto a Palazzo alcuni politici facciano finta che non sia così, Scelta civica c'è e continuerà a esistere». E i rumors sull'avvicinamento di alcuni vostri parlamentari alla Costituente che sta sorgendo al centro? «Noi guardiamo a quel progetto con rispetto e attenzione, ci mancherebbe. Ma nessuno di noi ha partecipato alla riunione dell'intergruppo, l'altro giorno, con Alfano. D'altronde, Scelta civica ha valutato di non farne parte». Renato Balduzzi, anni 59, giurista ed ex ministro della Salute, oggi è il presidente reggente di Scelta Civica. E parla addirittura di un rilancio del soggetto politico. Non ci sarà un'altra diaspora? Ne è sicuro? «Tutt'altro. Abbiamo già un appuntamento importante , il 20 settembre a Firenze, in cui definiremo il nostro percorso futuro». A volte non si capisce se guardate a destra o a sinistra. «Non abbiamo il problema di scegliere tra centrodestra e centrosinistra. Né si può pretendere che, in un'epoca come questa, basti la scelta della "famiglia europea" a definire il nostro collocamento in Italia: al nostro interno abbiamo sia liberali che popolari. Più che dove andare, sappiamo dove non andare...». E dove non andrete? «Là dove ci sono i populismi, presenti e passati». Fedeltà al governo? «Quella sempre dimostrata. Il governo Renzi è il presente. E noi l'abbiamo sempre sostenuto con compattezza». E Monti? Verrà a Firenze? «Credo che abbia deciso di fare un passo indietro rispetto all'attività partitica. Che non significa un passo indietro rispetto alla manifestazione del suo pensiero, che è sempre un faro per la politica italiana. Non a caso, nessuno di noi si vergogna a essere ancora definito "montiano"». © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 11 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ex titolare della Sanità INTERVISTA 06/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 21 (diffusione:619980, tiratura:779916) Gratis in Emilia Romagna con il ticket in Toscana La mappa dell'eterologa La Liguria guarda il reddito, 600 euro in Piemonte Margherita De Bac ROMA - Via all'eterologa pubblica. Le Regioni sono partite con gli atti amministrativi per renderla al più presto una realtà in ospedale secondo quanto ha stabilito la sentenza della Corte Costituzionale. Ma per l'esecuzione pratica, cioè i cicli sulle pazienti, passeranno se va bene almeno un paio di mesi. Un conto è riempire le liste d'attesa e raccogliere le prenotazioni con numeri verdi. Diverso è arrivare ai trattamenti veri e propri sulle coppie. Dopo l'accordo chiuso giovedì scorso tra i governatori restano da compiere infatti passaggi tecnici. I punti da chiarire e gli ostacoli non mancano. Conteranno molto le capacità organizzative e l'esperienza delle 21 sanità locali. Non è un caso che presidenti e assessori regionali invochino l'arrivo di una normativa primaria. Necessaria, sostengono, a uniformare la materia e agevolare la realizzazione di strumenti indispensabili per rendere l'eterologa una macchina sicura. A cominciare dal registro unico dei donatori presso il centro nazionale trapianti. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin aveva preparato un decreto, dove tra l'altro venivano stanziati 10 milioni per coprire il costo delle nuove cure a carico del servizio pubblico. Il testo è stato adottato, con qualche modifica, dai governatori. Ora è in mano ai capigruppo parlamentari perché sia trasformato in un emendamento da agganciare a una legge già in corso. Laura Boldrini, presidente della Camera, si è congratulata con le Regioni e il loro coordinatore, Sergio Chiamparino: «Ottimo lavoro. Mi sembra non ci sia un vuoto legislativo, è stata eliminata una discriminazione. Lo ritengo un passaggio determinante, gli italiani per troppi anni sono stati costretti a fare viaggi della speranza all'estero a costi molto alti». Nel giro di un paio di settimane le Giunte dovrebbero trasferire in una delibera il contenuto delle linee guida transitorie. Ci sono però dei punti in sospeso. Come regolarsi con i ticket, meglio definiti compartecipazione alla spesa? Le donne infertili di età inferiore ai 43 anni, limite che da diritto al rimborso, dovranno versare un contributo come succede per altre prestazioni, ad esempio l'intervento alla cataratta? Il costo maggiore, circa 3 mila euro, lo sosterranno le Asl in attesa di un auspicato fondo del ministero. In Emilia Romagna l'eterologa - che prevede la donazione di gameti (spermatozoi e ovociti) - sarà gratuita. L'assessore Carlo Lusenti ritiene che sarà difficile imboccare un'unica strada «perché i ticket sono una scelta autonoma delle Regioni, certo sarebbe l'ideale restare uniti anche su questo». È stata convocata per il 24 settembre dal Veneto, capofila delle Regioni, una nuova riunione tra gli assessori italiani per trovare una unica tariffa convenzionale. La Liguria, dopo la Toscana, ha battuto tutti, ieri ha deliberato. Per il ticket si deciderà in un secondo tempo. Claudio Montaldo, vicepresidente della Giunta di Burlando, suggerisce di scaglionarli in base al reddito. La Toscana è avanti. È partita a luglio introducendo una compartecipazione di 500 euro. Il Piemonte stabilirà forse 600 euro. Secondo l'assessore alla Sanità Carlo Saitta la difficoltà principale é però la raccolta dei dati dei donatori «perché dovremo istituire dei registri ospedalieri e basarci sulle autodichiarazioni dei volontari che si impegnano a non fare ulteriori donazioni in altri centri». Questo per evitare che venga superata la soglia di 10 figli ciascuno indicata nell'accordo. Di eterologa pubblica si è discusso ieri in Lombardia. Anche il presidente Roberto Maroni insiste sull'urgenza di una legge. La delibera è in calendario al Pirellone lunedì 15 settembre. «Il documento ha salvaguardato principi per noi irrinunciabili - dice l'assessore Mario Mantovani -. Abbiamo chiesto che venisse rispettato l'anonimato del donatore e che quindi i suoi dati anagrafici non fossero disponibili neppure quando il bambino nato avesse compiuto 25 anni, come era scritto nella bozza precedente». Si stanno muovendo e intendono concludere in tempi rapidi anche Basilicata, Friuli Venezia Giulia e Puglia. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 12 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Fecondazione assistita Le regole per i centri pubblici 06/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 21 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 13 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA La vicenda L'esperimento Sono iniziate giovedì al Careggi di Firenze (foto in alto ) le prime visite per le coppie che hanno deciso di sottoporsi all'eterologa con il servizio sanitario nazionale Le categorie In sei casi su otto si tratta di donne che hanno problemi di fertilità spesso legati all'età. Il 75 per cento delle coppie in lista d'attesa nell'ospedale fiorentino arriva da fuori della Toscana. Al Careggi sono pronti ad aprire anche una banca del seme 06/09/2014 Corriere della Sera - Roma Pag. 5 (diffusione:619980, tiratura:779916) Bimba deceduta, anestesia nel mirino Da Villa Mafalda alla clinica Sanatrix: l'inchiesta si allarga Ilaria Sacchettoni Per sciogliere i dubbi sulla morte di Giovanna Fatello, la bambina uccisa da una routinaria operazione al timpano a Villa Mafalda, i carabinieri hanno bussato alle porte della Sanatrix. Altra struttura privata (è specializzata in chirurgia estetica) che utilizza le prestazioni dell'anestesista Pierfrancesco Dauri. Il pubblico ministero Mario Ardigò è deciso, infatti, ad approfondire tutti gli aspetti che riguardano l'anestesia praticata quel giorno. Aspetti che dalla cartella clinica, pressoché in bianco (i vertici della clinica spiegano la circostanza con il fatto che i medici, presi dalla rianimazione, non ebbero il tempo di compilarla) non è stato possibile ricostruire. Fra i farmaci è stato utilizzato il Propofol. La consulenza del tossicologo stabilirà se è stato fatto in quantità ortodosse o meno ma, in ogni caso, si tratta di una sostanza potente che richiede il monitoraggio costante da parte dell'anestesista durante l'intervento. Que l sabato mattina primaverile in cui Giovanna fu operata il monitoraggio non ci fu: Dauri uscì quasi subito dalla sala operatoria. E questo risulta anche dalle testimonianze a verbale. Nel frattempo i tempi della relazione autoptica, attesa per la metà di settembre, sono slittati all'autunno, mentre gli investigatori hanno in programma altri interrogatori. Dauri, professionista di lungo corso, anestesista di seconda generazione, già primario al Cto, occasionalmente prestato alla politica (delegato di Alemanno alla sanità e candidato per An e La Destra di Storace come si legge sulla sua biografia on line) quel giorno era il responsabile dell'equipe. Resta, in questa vicenda poco chiara, il mistero dell'emoglobina, scesa di 6 punti durante l'intervento. Un fatto che assieme alla richiesta urgente e nominativa di sacche di sangue, inviata via fax al Policlinico Umberto I, indicherebbe questa come causa della morte. La procura, tuttavia, in attesa di nuovi riscontri scientifici, avrebbe abbandonato questa pista. Il direttore di Villa Mafalda, Paolo Barillari ha negato più volte e vigorosamente l'ipotesi, spiegando l'abbattimento dei valori dell'emoglobina con una sostanziosa somministrazione di liquidi durante l'intervento. Per capire come siano andate in effetti le cose il pubblico ministero ha voluto servirsi anche della consulenza di un ematologo (oltre a un tossicologo, un otorino, un cardiologo e altri). Altro mistero è quello della rianimazione. La bambina alle 10,30 era già deceduta. Un dettaglio confermato anche dalla testimonianza della dirigente Lucia Concordia (non è indagata) che quel giorno scese in sala operatoria a verificare cosa stesse accadendo su richiesta di un membro della famiglia Barillari. E allora, cosa si è fatto fino all'uno e mezzo circa, ora in cui è stata data notizia ai genitori della sua morte? Perchè proseguire le pratiche di rianimazione? Sul registro degli indagati sono finite dieci persone. Con Dauri sono iscritti l'otorino Giuseppe Magliulo, Anna Piazza, Walter Fianchi, Dario Marcotullo, Ramond Sabbatucci, Laura Battistini, Azzurra Grasso, Roberta Bernardini e Giovanna Lotti. Archiviata l'inchiesta sulle cure a Bevilacqua (idonee), resta aperta l'indagine delle truffe alle assicurazioni. Blu Assistance e Reale Mutua hanno presentato una denuncia ai magistrati coordinati dall'aggiunto Leonardo Frisani. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: 29 marzo 2014 La data di morte della piccola Giovanna Fatello SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 14 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Malasanità Giovanna Fatello, 10 anni, non si riprese dopo un'operazione al timpano 07/09/2014 Corriere della Sera - Milano Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) I NODI IN REGIONE SULL'ETEROLOGA SIMONA RAVIZZA La partita della Regione Lombardia sulla fecondazione eterologa (ri)inizia adesso. L'assessore alla Sanità, Mario Mantovani (Forza Italia), è stato tra i primi a battersi per l'introduzione di principi irrinunciabili nelle linee guida nazionali, approvate giovedì scorso: l'anonimato assoluto dei donatori di gameti (semi e ovociti) e la possibilità di svolgere esami medici per garantire la salute del nascituro, ma senza sconfinare nell'eugenetica . Il tutto insistendo sull'importanza di adottare un protocollo comune tra le Regioni, per evitare il Far West. Bene. Ma ora, dopo avere contribuito a creare una cornice a livello nazionale, restano da sciogliere nodi altrettanto importanti a livello regionale. In gioco c'è il costo della fecondazione eterologa per i pazienti e i criteri di autorizzazione dei centri che la potranno eseguire. Ed è da capire anche in quale modo si controllerà che non vengano superate le dieci donazioni dalla stessa persona. Il Pirellone dovrà dimostrare di essere capace di prendere decisioni nell'interesse delle (almeno) seimila coppie in attesa, senza finire in una palude politicoideologica che non renderebbe onore a nessuno. Quanto costeranno i trattamenti in Lombardia? Quali i centri pubblici e privati accreditati che li potranno eseguire? Sono aspetti destinati a incidere pesantemente sull'applicazione della fecondazione eterologa. Sul pagamento delle cure le strade aperte sono almeno due: pagamento di un ticket come avviene in Toscana (lì la richiesta è di 500 euro) e gratuità assoluta come prospettato dall'Emilia Romagna. Stabilire una tariffa bassa (o nulla), ovviamente, vorrebbe dire incentivare la fecondazione eterologa; al contrario fissare un costo elevato significherebbe di fatto limitarla. Ancora: i centri lombardi di Procreazione medicalmente assistita (Pma) sono sessanta, di cui venti pubblici, nove privati convenzionati e trentuno privati. È il 20 per cento del totale nazionale: autorizzarli tutti vorrebbe dire fare della Lombardia una delle regioni più attrattive per praticare l'eterologa. Per venerdì prossimo è annunciato l'arrivo in giunta della delibera che dovrà fare chiarezza e fissare i punti cardine. Il Pd e la lista Ambrosoli fanno pressing, ma quella che sta per iniziare sarà una settimana di confronti soprattutto interni alla maggioranza, divisa tra l'area cattolico-ciellina e quella più laica. È il motivo per cui non è da escludere che il debutto della fecondazione eterologa in Lombardia avvenga in via sperimentale, con l'autorizzazione a procedere solo per i centri di Pma più importanti e con tariffe medio-alte (in attesa dell'inserimento della procedura da parte del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, nei Livelli essenziali di assistenza). La speranza è che ci sia il coraggio di prendere decisioni tempestive e dettate dal buon senso. Senza troppi condizionamenti ideologici e barricate. Né da una parte, né dall'altra. Solo così la Lombardia potrà tornare a essere un modello da seguire per tutt'Italia, senza lasciare brillare solo la Toscana, dove la fecondazione eterologa è già realtà. SimonaRavizza © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 15 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'APPLICAZIONE DELLE LINEE GUIDA 07/09/2014 Corriere della Sera - Milano Pag. 4 (diffusione:619980, tiratura:779916) Ultima prova per Medicina all'Humanitas university Primo anno accademico al via per la nuova università milanese, l'ateneo privato di Humanitas che parte con il corso di laurea internazionale in Medicina e chirurgia e con quello di Scienze infermieristiche. Il via libera dal ministero al nuovo ateneo è arrivato da poche settimane e i test di ammissione per i due corsi sono stati predisposti in tempo record e si svolgeranno nei prossimi giorni. Per i cento posti disponibili a Medicina test il 16 al Forum di Assago, per i quaranta posti di Infermieristica (iscrizioni ancora aperte) la selezione si svolge invece il 15 nella sede di Humanitas a Rozzano. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 16 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il nuovo ateneo 07/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 15 (diffusione:619980, tiratura:779916) Ebola in Sierra Leone «Vietato uscire di casa» per sei milioni di abitanti Michele Farina «Per quattro giorni proibito uscire di casa»: è l'ultima ordinanza del governo della Sierra Leone per contrastare l'avanzata di Ebola. Dal 18 al 21 settembre circa 6,5 milioni di abitanti saranno chiamati a restare nelle loro abitazioni. L'obiettivo? Frenare l'epidemia e permettere agli operatori sanitari di individuare e isolare nuovi casi. Almeno 20 mila persone saranno impiegate nell'attività di polizia per far rispettare il blocco. Non è la prima volta che il governo di Freetown ricorre a misure del genere: due settimane fa c'era stata la giornata «stay at home». Ventiquattro ore di auto-isolamento non hanno ridotto il contagio. Come le vicine Liberia e Guinea, la Sierra Leone sta combattendo una battaglia disperata: nei tre Paesi più colpiti circa metà delle 2.105 vittime (1.841 confermate) secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sono morte nel giro degli ultimi 30 giorni. In mancanza di medici (65 per tutto il Paese prima dell'ultima emergenza) si prova con le leggi e la polizia: il Parlamento ha già approvato una disposizione che condanna a due anni di prigione i familiari che non «denunciano» un malato o un sospetto a casa. Combattere la paura di Ebola con la paura e l'isolamento. Città in quarantena, posti di blocco, sospese le scuole e il campionato di calcio. Ben Kargbo, consigliere speciale della squadra presidenziale anti-virus, dice che l'ulteriore «approccio aggressivo è necessario per fermare il contagio una volta per tutte». Ma una portavoce di Medici senza frontiere, l'ong più presente sul territorio (ha impiegato almeno 156 operatori sanitari stranieri e oltre 1.700 locali nei tre Paesi dell'Africa Occidentale con 5 centri e 500 posti letto), ha criticato il blocco stabilito dal governo di Freetown: «In base alla nostra esperienza queste misure non aiutano a controllare Ebola, poiché inducono le persone a nascondersi e a perdere fiducia negli operatori». A Monrovia, capitale della Liberia, la chiusura della baraccopoli di West Point dove l'epidemia stava dilagando è stata poi sospesa dopo la sollevazione popolare sfociata in violenze. «Quello di cui la Sierra Leone e la Liberia hanno urgentemente bisogno - sostiene Msf - sono più posti letto in centri di trattamento. E ne hanno bisogno adesso». Ora i centri di trattamento per i malati di Ebola in Sierra Leone (404 vittime confermate) sono due: l'ospedale governativo di Kenema e quello di Msf a Kailahun. Un centro alla periferia della capitale dovrebbe essere pronto nelle prossime settimane. Chi potrebbe fornire «adesso» più posti letto, personale e attrezzature? L'Oms, braccio sanitario dell'Onu, stima che l'epidemia raggiungerà nei prossimi mesi i 20 mila casi (10 mila morti) ma sostiene di non avere mandato né forze (specie dopo i recenti tagli di bilancio) per operare come struttura di pronto intervento per grandi emergenze come questa. Bisognerebbe che i Grandi della Terra discutessero ogni tanto anche della riforma dell'Oms. Intanto la Sierra Leone si comporta un po' come fa il mondo nei suoi confronti: chiusura delle frontiere, stop ai voli, chiusura della gente nelle case. Ebola non sta sgusciando in Occidente. Ma in Africa avanza ancora. @mikele_farina © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Calcio Anche i tifosi della Costa d'Avorio «combattono» contro Ebola SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 17 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il contagio Il provvedimento scatterà dal 18 e fino al 21 settembre 07/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 44 (diffusione:619980, tiratura:779916) Osteopati italiani alla ricerca di riconoscimento professionale Per dare più garanzie ai pazienti L'obiettivo è l'inserimento tra i profili sanitari, dopo cinque anni di formazione Per sopperire all'assenza di norme è stato creato un Registro del settore Anche in questo campo c'è chi agisce in modo serio e chi lo fa solo come business I n oltre trent'anni, ne ha fatta di strada l'osteopatia italiana. Da iniziativa personale di pochi pionieri, entusiasti degli studi seguiti in Inghilterra o in Francia soprattutto, la disciplina manuale nata negli Stati Uniti a fine Ottocento si è organizzata in scuole e associazioni di categoria e ha conquistato sempre maggiori spazi e considerazione tra il pubblico: dati Istat ed Eurispes dicono che circa il 7-8% della popolazione si rivolge agli osteopati, con un grado di soddisfazione del 78%. Adesso l'osteopatia tenta il «grande salto» del riconoscimento come professione sanitaria. Sì, perché, ancora oggi, i circa 5 mila osteopati (7 mila, secondo alcune stime) che operano nel nostro Paese non hanno un inquadramento specifico. E la strada appare ancora accidentata (vedi articoli sotto, ndr ). «Questo del riconoscimento è il nodo fondamentale rispetto al quale ci stiamo muovendo - spiega Paola Sciomachen, presidente del Registro degli osteopati d'Italia (ROI), il primo, nel 1989, a introdurre una serie di criteri di autoregolamentazione del settore -. A fine luglio sono stati presentati tre emendamenti al Disegno di legge del ministro Lorenzin sul riordino delle professioni sanitarie, che prevedono l'inserimento dell'osteopata con un profilo professionale sanitario specifico e un percorso formativo di 5 anni paragonabile a quello di odontoiatria». Cerchiamo di capire meglio. Allo stato attuale, la professione di osteopata non è regolamentata dalla legge italiana, se non per quanto riguarda il regime fiscale, e rientra tra le professioni non riconosciute. «C'è un vuoto legislativo - sottolinea Carlo Broggini, presidente dell'Associazione professionale degli osteopati (APO), una settantina di soci, nata due anni fa per coordinare gli osteopati e fissare requisiti formativi, deontologici e professionali adeguati a garantire uno standard elevato nel servizio -. Chiunque può aprire una scuola e rilasciare un diploma di osteopata con criteri che più o meno può inventarsi lui. Certo, ci sono i riferimenti agli standard europei e dell'Organizzazione mondiale della sanità, ma non sta scritto da nessuna parte che uno debba per forza osservarli. In realtà, da noi basta ottemperare alle leggi esistenti per l'apertura di uno studio professionale». In mancanza di uno status giuridico, è stato appunto il Registro in prima battuta a cercare di mettere i «paletti» e a fornire gli orientamenti per la formazione e lo svolgimento della professione. «Tutti i nostri iscritti hanno un percorso certificato, a garanzia dell'utente - specifica Paola Sciomachen - . Però l'iscrizione è facoltativa. Quindi ci sono scuole che sicuramente hanno standard formativi ottimi, ma c'è stato anche un proliferare di situazioni un po' fuori controllo». Così, accanto alle nove Scuole a tempo pieno e alle diciannove a tempo parziale riconosciute e accreditate dallo stesso ROI, ce ne sono almeno una ventina non meglio identificate. Una situazione di incertezza e di ambiguità, che forse a una parte del mondo dell'osteopatia ha anche fatto e continua a fare - comodo. «Nell'osteopatia c'è chi agisce in modo serio e chi invece lo fa solo come business - ammette Carmine Castagna, direttore generale dell'Istituto superiore di osteopatia di Milano, la prima scuola a tempo pieno in Italia, nata nel 1993 -. Il sentore è che anche tra gli osteopati qualcuno volesse mantenere la situazione in un limbo. Chi guarda solo agli affari ha tutto l'interesse a rifiutare un profilo professionale delineato e adeguato. Questo ha creato un enorme danno di immagine a tutti noi». L'obiettivo dichiarato delle associazioni che spingono per un pieno riconoscimento è dunque la trasparenza e la chiarezza. A partire dalla formazione, dove si punta a far crescere il livello di preparazione delle scuole fino a quello raggiunto dalle 4 o 5 che possono competere con le migliori in Europa. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 18 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Medicine non convenzionali Una disciplina che all'estero è «normata» da tempo e con precisione 07/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 44 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 19 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Oggi, nel nostro Paese, chi vuole diventare osteopata può seguire l'iter della laurea in campo sanitario e poi frequentare un master specifico. Oppure, se sceglie la scuola privata, ha due possibilità: il percorso a tempo pieno o quello a tempo parziale. Il primo, al quale si accede dopo la maturità, dura 5 anni. «Gli insegnamenti prevedono tutte le scienze biomediche di base e poi le scienze di tipo osteopatico - racconta Marco Giardino, direttore dell'Accademia italiana di medicina osteopatica di Saronno, una delle associate all'APO -. Si tratta di circa 3.000-3.500 ore di lezioni frontali, più altre 1.200 ore di tirocinio clinico su pazienti, come è richiesto dai documenti internazionali e dagli standard europei. Il tirocinio deve essere svolto in un centro attrezzato e la pratica degli studenti deve svolgersi sotto la supervisione di personale medico e soprattutto di tutor osteopati». Il percorso a tempo parziale è invece riservato a chi ha già una laurea in campo sanitario, quantomeno triennale e prevede 1.500 ore di lezione più 1.000 ore di tirocinio clinico in sei anni. Le scuole più serie hanno poi accordi di gemellaggio con alcune scuole di formazione estere a livello universitario, principalmente in Inghilterra e in Francia, che consentono agli studenti italiani di ottenere oltre al diploma in osteopatia anche un titolo accademico (bachelor). «Dal punto di vista legale - tiene a precisare Broggini - il diploma italiano è carta straccia, purtroppo». La certificazione di università o istituti esteri è un titolo accademico, «ma sotto l'aspetto dell'abilitazione professionale in Italia - dice Paola Sciomachen - non aggiunge nulla di più». Le famiglie degli studenti dei corsi a tempo pieno, dunque, oltre a un investimento consistente (dai 35 ai 40 mila euro in tutto), devono così affrontare anche le incertezze e i rischi legati alla situazione di vuoto normativo. «La speranza è che finalmente l'osteopatia venga riconosciuta - ribadisce Alfonso Mandara, presidente della Federazione sindacale italiana osteopati (FeSIOs) -. Se gli emendamenti al ddl Lorenzin dovessero finire in un nulla di fatto, allora proporremmo lo studio di una legge ad hoc per l'Osteopatia e la Chiropratica, che possa in tempi brevi normare entrambe le professioni». Unica «consolazione» è che, secondo gli addetti, nessuno resta disoccupato. «I nostri studenti si rendono tutti autonomi entro tre anni dal diploma e il settore offre spazi enormi» assicura Castagna. Il lavoro poi è ben retribuito: «Non abbiamo un tariffario di riferimento - spiega Marco Giardino - . In media però il costo di un trattamento, dai 30 minuti a un'ora, può variare dai 40-50 euro ai 100, a seconda del professionista. Un osteopata con uno studio avviato, come minimo visita dai 40 ai 50 pazienti alla settimana». Il conto è presto fatto. © RIPRODUZIONE RISERVATA 07/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 45 (diffusione:619980, tiratura:779916) Quando (e con quali prove) si fanno le manovre A beneficiarne sono soprattutto le patologie muscolo-scheletriche La qualità del movimento rispecchia quella della vita e della salute Con particolari manipolazioni si mira a ristabilire le condizioni fisiologiche C he cos'è l'osteopatia e soprattutto a cosa serve? L'Organizzazione mondiale della sanità la definisce una «medicina manuale», ne riconosce il valore al fine del mantenimento della salute, la inserisce fra le Medicine non convenzionali e ne auspica l'integrazione nei Sistemi sanitari nazionali. Gli osteopati concordano nel definire l'osteopatia una medicina: «Perché - spiega Alfonso Mandara, fondatore e presidente dell'Icom College di Milano - come le altre discipline che usano la manipolazione dei tessuti per ripristinare la corretta funzione delle strutture, l'osteopatia pur non utilizzando farmaci e apparecchiature elettromedicali innesca processi di autoguarigione, propri dell'essere umano o animale». L'osteopatia considera l'uomo come un'unità di corpo, mente e spirito, in cui ogni singola parte interagisce con l'insieme. La connessione tra le diverse parti è assicurata dal movimento. La qualità del movimento rispecchia quindi la qualità della vita e della salute. Attraverso un'analisi della postura del corpo e la palpazione, l'osteopata valuta la presenza di disturbi, che interessano non solo l'apparato neuromuscoloscheletrico, ma anche craniosacrale (legame tra il cranio, la colonna vertebrale e l'osso sacro) e viscerale (azioni sulla mobilità degli organi viscerali). Si interviene quindi su un eventuale squilibrio con manipolazioni e manovre specifiche, con l'obiettivo è di ristabilire le condizioni fisiologiche del movimento. Gli osteopati inoltre rivendicano alla propria disciplina l'esistenza di una «diagnosi osteopatica». Quello della diagnosi è uno dei punti più controversi della «querelle» con fisioterapisti e medici, contrari al riconoscimento dell'osteopatia come professione sanitaria. Secondo questi ultimi, la diagnosi è atto medico per eccellenza e gli osteopati non hanno le competenze per farlo. «In realtà l'osteopata non è in grado di fare una diagnosi perfetta del problema, ma di accorgersene - puntualizza Carmine Castagna, direttore generale dell'Istituto superiore di osteopatia di Milano - . Poi però demanda alla figura medica competente. Possiamo prendere atto di alcune condizioni patologiche presenti, ma dobbiamo fare un'analisi della funzione, cioè di come il corpo eventualmente compensa determinate patologie, per poi intervenire sulle disfunzioni. Quindi facciamo diagnosi in quella zona d'ombra che sta tra la fisiologia e la patologia». Con quali risultati? Negli ultimi 15 anni, l'osteopatia ha imboccato a pieno titolo la strada della ricerca sia in Italia che all'estero per avere validazioni ed essere ben accettata nel mondo scientifico e anche per crescere all'interno della stessa professione. Se gli ambiti di applicazione sono svariati (vedi grafico, ndr )le «prove scientifiche» sull'efficacia riguardano al momento un numero ristretto di disturbi. «I campi dove abbiamo ormai molte evidenze - risponde Marco Giardino, direttore dell'Accademia italiana di medicina osteopatica - sono nell'ambito muscolo-scheletrico, soprattutto sulla lombalgia e sulla cervicalgia. Dobbiamo ancora dimostrare l'efficacia su altre patologie come ad esempio la cefalea, patologie di tipo infiammatorio o irritativo come la gastrite o la sindrome del colon irritabile o altre patologie come l'incontinenza urinaria». «Ci sono moltissimi campi di applicazione in cui la ricerca va avanti - continua Giardino -. Ancora non si è raggiunto il risultato, non perché non si è efficaci, ma perché stiamo raccogliendo i dati. L'osteopatia è ormai pienamente inserita, anche nell'ambito scientifico. Non siamo in un angolino, anzi. Penso che la nostra sia una delle discipline sanitarie dove è più fervente l'attività di ricerca a livello internazionale. È molto interessante quello che sta succedendo nel mondo e noi italiani siamo pienamente inseriti in questo contesto». L'osteopatia sta anche entrando negli ospedali: «Ci sono grossi studi e grosse collaborazioni, che iniziano nell'ambito neonatale - dice Carlo Broggini, presidente dell'Associazione professionale degli osteopati - nei reparti di pediatria, anche su patologie gravi. Non si ha la pretesa di curare, ma si può aiutare». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 20 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Indicazioni Al di là delle «evidenze» pratiche ora ci sono anche studi scientifici che ne valutano l'efficacia 07/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 45 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 21 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato In alcuni Stati dove la pratica osteopatica è inserita come professione sanitaria, è stata anche misurata la sua efficacia in termini di costo-beneficio. «Si è riscontrata una riduzione dei giorni di assenza dal lavoro per dolore muscolo-scheletrico - sottolinea Alfonso Mandara -. Nel Regno Unito, c'è un risparmio del Sistema sanitario nazionale, nella sola Inghilterra, stimato in circa 3 mila sterline annue per cittadino con lombalgia, relativo all'uso della terapia osteopatica in termini di miglioramento dell'indice QALY (quality adjusted life years , durata della vita e qualità della stessa, ndr )». © RIPRODUZIONE RISERVATA I CAMPI DI APPLICAZIONE Colpo della strega Nevralgie, artralgie e dolori reumatici Spasmi e crampi muscolari Capsulite adesiva Sindrome dell'intestino irritabile Costipazione Asma Cefalee Colpo di frusta Emicranie Otiti Sinusiti Disfunzioni circolatorie periferiche Disfunzioni temporomandibolari Prolassi o spasmi del pavimento pelvico Dolori mestruali Lombalgie di gravidanza Cistiti Incontinenza Disfunzioni endocrine D'ARCO L'efficacia è provata con evidenza scientifica soltanto per: Problemi muscolo-scheletrici (lombalgia, cervicalgia) Studi di efficacia sono in corso per questi disturbi: Cefalee, patologie di tipo infiammatorio o irritativo (come la gastrite o la sindrome del colon irritabile) Incontinenza urinaria Cervico e lombo algie L'osteopatia è utilizzata per trattare i seguenti disturbi Nel nostro Paese, come in altri Paesi europei, l'osteopatia non è vietata ma il processo di riconoscimento è ancora in corso 4-5 mila Circa 50 Da 3 a 6 anni Gli osteopati in Italia Circa 3 mila Quelli inseriti nell'elenco delle associazioni di settore (iscrizione non obbligatoria) Le Scuole italiane di osteopatia (di cui 30 di associazioni di settore) La durata dei corsi formativi (riservati a medici e infermieri, o per persone con laurea non sanitaria, o per chi ha solo diploma di scuola superiore) Da 30 a 60 minuti La durata di una seduta Da 40 a 100 euro Il costo di una seduta di osteopatia È già riconosciuta, invece, in questi Paesi: Francia, Regno Unito, Belgio, USA, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera, Norvegia, Finlandia, Russia 14,5% La quota di italiani che ricorre a medicine non convenzionali Di questi 15 17 19 21 il 21,5% il 21% il 17,2% Ricorre all'osteopatia Ricorre all'agopuntura Ricorre alla chiropratica Fonte: EURISPES - RAPPORTO ITALIA 2012 07/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 46 (diffusione:619980, tiratura:779916) Gli ormoni servono solo in pochi casi Non esiste dimostrazione certa che alcuni cibi facciano male alla pelle E. M. Il rischio vero delle terapie anti-acne "fai da te"? «Provare due o tre prodotti e credere di aver già fatto tutto il possibile per risolvere il problema, scoraggiandosi e lasciando che la malattia faccia il suo corso». Giampiero Girolomoni, dermatologo dell'Università di Verona, sottolinea l'importanza di non darsi per vinti: «Cure efficaci esistono, anche per i casi più seri. Accanto alle terapie locali e agli antibiotici, si possono impiegare farmaci come l'isotretinoina, derivato della vitamina A molto valido, che può "spegnere" l'acne per un lungo periodo spiega Girolomoni -. Si tratta, però, di un medicinale che può indurre malformazioni del feto, per cui i medici a volte sono titubanti a impiegarlo. È chiaro che bisogna prendere le dovute precauzioni se la paziente è in età fertile». La terapia dell'acne in media dura qualche mese, ma a volte si protrae per anni; gli antibiotici in genere si assumono per periodi brevi. Lo stesso accade con i trattamenti topici locali, per disinfettare e sfiammare la cute: in genere si usano per 20 o 30 giorni e si intraprendono al bisogno, quando l'acne ha una recidiva. Quando servono gli ormoni? «Bisogna chiarire che alterazioni ormonali importanti, tali da richiedere una correzione con un trattamento vero e proprio, sono rare e si riconoscono facilmente: se gli ormoni sono "sballati" si hanno irsutismo, obesità e nelle donne anomalie del ciclo mestruale, prima fra tutte la scomparsa delle mestruazioni - dice Girolomoni -. In questi casi è opportuno indagare con dosaggi ormonali specifici; in tutti gli altri i test, spesso sono molto costosi, sono inutili». Altrettanto superfluo, stando al dermatologo, cercare di tenere sotto controllo l'acne privandosi di certi cibi, come cioccolato o patatine fritte: «Non esiste dimostrazione inequivocabile che certi cibi facciano male alla pelle; ad esempio, non ci sono prove definitive che ridurre il consumo di latticini (accusati spesso di aumentare le lesioni) abbia un effetto positivo. L'acne non si combatte, né si previene, con consigli dietetici, né per ora è provata un'azione benefica da parte dei fermenti lattici, sperimentati sia con somministrazione per bocca sia per uso topico. È invece certo il legame fra fumo e acne: le sigarette aumentano il rischio di problemi cutanei» conclude Girolomoni. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 22 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Terapia Soluzioni efficaci, anche per le forme più serie 07/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 48 (diffusione:619980, tiratura:779916) La relazione pericolosa tra sindrome metabolica e tumori Eccessi a tavolae sedentarietà possono avere ripercussioni sul nostro Dna Il colesterolo è usato come «cemento» dalle cellule canceroseper crescere Vera Martinella L'Organizzazione mondiale della sanità ha ormai lanciato l'allarme da diversi anni: l'obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica nel mondo. I chili in eccesso sono collegati a morte prematura e ormai universalmente riconosciuti come fattori di rischio per malattie cardiovascolari, ictus, diabete, tumori. Senza considerare che il sovrappeso spesso è associato a numerosi altri problemi di salute (ipertensione, ipercolesterolemia, apnea notturna e problemi respiratori, asma, complicanze in gravidanza, solo per citarne alcuni) e che un numero crescente di ricerche scientifiche dimostra un legame anche con gravi disturbi dell'umore, fino alla depressione. Ciononostante, le ultime fotografie scattate alle bilance dei cittadini dell'Unione Europea mostrano un preoccupante aumento del peso, in atto da tempo. «I casi di obesità e sindrome metabolica sono in crescita in tutto il mondo, mentre il legame tra obesità e cancro diventa sempre più evidente» conferma Antonio Moschetta, professore associato di Medicina interna all'Università Aldo Moro di Bari e ricercatore all'Istituto tumori Giovanni Paolo II. Moschetta interverrà alla decima Conferenza mondiale sul futuro della scienza, nella sessione sostenuta dall'Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) proprio per illustrare il legame ormai scientificamente dimostrato fra tumori e nutrienti. Il cibo e le abitudini relative all'attività fisica possono avere ripercussioni sul nostro Dna, perché giorno dopo giorno modificano il metabolismo dell'organismo e il normale funzionamento di ormoni e geni, influenzando la regolare attività delle nostre cellule che possono così finire per trasformarsi in cancerose. «Cambiamenti sostanziali delle nostre abitudini alimentari e dello stile di vita hanno contribuito alla nostra attuale maggiore suscettibilità all'insorgenza di vari tipi di tumori, primi fra tutti quelli di seno e colon retto spiega Moschetta -. Ma appare sempre più evidente un legame anche con quelli di prostata, ovaio, pancreas, fegato, rene e persino cervello. Offriamo al cancro la possibilità di crescere più velocemente perché gli forniamo la "benzina" di cui ha bisogno: glucosio per produrre energia e insulina per proliferare». Generalmente, per semplificare, si parla di una «relazione pericolosa» fra neoplasie e obesità, ma la vera responsabile è la sindrome metabolica: «Una patologia - chiarisce il ricercatore - caratterizzata da aumento della circonferenza dell'addome (superiore a 88 centimetri nelle donne e a 96 negli uomini), ipertensione arteriosa, ipertrigliceridemia (oltre 150 milligrammi di trigliceridi per decilitro di sangue), ridotti livelli di colesterolo " buono" HDL (meno di 50 nelle femmine e 45 nei maschi) e aumento della glicemia a digiuno (maggiore di 100). Se si hanno anche solo tre su cinque di queste caratteristiche si soffre di sindrome metabolica e sale il rischio di cancro (oltre a quello di diabete e malattie cardiovascolari) perché si crea un microambiente favorevole alle cellule cancerose per svilupparsi e prolificare». Diversi studi su ampi numeri di persone sane e malate di cancro, così come numerosi test di laboratorio, hanno dimostrato chiaramente che uno stesso tipo di tumore si sviluppa con maggiore frequenza in persone che soffrono di sindrome metabolica rispetto a soggetti sani. Inoltre, è ormai certo che, fra i pazienti oncologici, le probabilità di ricadute e la mortalità per tumore sono più elevate in chi è sovrappeso e ha un girovita superiore al dovuto. In pratica, la sindrome metabolica interviene in tutte le fasi del tumore, dalla formazione alla progressione, dalla resistenza alle terapie fino all'insorgenza di recidive. «Acidi grassi, colesterolo, retinoidi e vitamina D presenti negli alimenti possono interferire con il Dna e indurre le cellule tumorali ad aumentare o bloccare la loro crescita - conclude Moschetta -. In particolare, abbiamo recentemente scoperto nuove prove del ruolo negativo giocato dal colesterolo, impiegato come "cemento" dalle cellule malate per crescere: se è poco concentrato mancano al tumore gli elementi per proliferare, SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 23 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Prevenzione/2 Si può contrastare una condizione che aumenta il rischio di cancro 07/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 48 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 24 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato proprio come sarebbe per noi impossibile costruire il secondo piano di una casa. Tradotto nella realtà di ogni giorno tutto questo significa che bisogna impegnarsi per restare normopeso: fare regolarmente movimento e seguire abitudini alimentari sane, limitando il consumo di cibi ad alto contenuto di grassi e zuccheri». Regole semplici, che appaiono però in via di scomparsa anche in Italia, dove, secondo recenti statistiche, circa un bambino di 8 anni su quattro è già vittima dei chili di troppo, uno su otto è addirittura obeso e un quarto dei connazionali ha peso in eccesso. E c'è di peggio: nel nostro Paese si contano già quasi 5 milioni di obesi che troppo spesso dichiarano «di star bene così», incuranti dei molti danni causati dalla sovrabbondanza di cellule adipose. © RIPRODUZIONE RISERVATA 07/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 49 (diffusione:619980, tiratura:779916) Migliori percorsi assistenziali studiati per i malati cronici Lo scopo è indicare strumenti ottimali, di diagnosi e di cura Maria Giovanna Faiella Seguire la terapia giusta, essere "monitorati" con controlli periodici per prevenire complicazioni e ricoveri inutili, non dover peregrinare da una struttura all'altra per farsi rinnovare il piano terapeutico dallo specialista, raccontando ogni volta la propria storia clinica al medico di turno. Insomma, ricevere cure e trattamenti appropriati, dalla diagnosi all'accesso alle terapie e alla riabilitazione, grazie a "Percorsi diagnostici, terapeutici, assistenziali" (Pdta). Ad analizzarne luci e ombre con l'obiettivo di individuare "Pdta standard per patologie croniche" è una ricerca condotta per tre anni dalla Fiaso-Federazione italiana di Asl e aziende ospedaliere e dal Cergas dell'Università Bocconi. Le 11 Asl che hanno partecipato allo studio, coinvolgendo complessivamente più di centomila pazienti, hanno esaminato i modelli di presa in carico per cinque condizioni croniche che possono essere trattate nel contesto territoriale, salvo episodi acuti per cui è necessario il ricovero: broncopneumopatia cronica ostruttiva (bpco), artrite reumatoide, tumore al polmone (in fase terminale), scompenso cardiaco e ictus (entrambi nell'anno di riabilitazione successivo all'evento acuto). Partendo dal codice fiscale dei pazienti, tramite i database amministrativi aziendali sono state individuate tutte le tipologie di prestazioni - ricoveri, accessi al Pronto soccorso, bisogni farmaceutici, assistenza domiciliare, prestazioni specialistiche o protesiche - ricevute dai malati cronici del campione selezionato per le singole malattie nel territorio di competenza. Lo studio ha così evidenziato gli aspetti critici, ma anche gli interventi messi in atto dalle aziende per correggerli ( vedi box a destra ). «Non sempre i pazienti ricevono le prestazioni raccomandate dalla comunità scientifica, come la spirometria nel caso della bpco o le lastre alla mano per la diagnosi di artrite reumatoide - afferma Valeria Tozzi, responsabile dell'area "Ricerca su Ptda e governo clinico" del Cergas - . In altri casi, invece, sono eseguiti esami non indicati per quella specifica patologia. Lo studio, però, dimostra che, se le aziende sanitarie dispongono di flussi informativi, possono sapere quali e quanti pazienti hanno con una determinata patologia, se soffrono anche di altre malattie, se ricevono cure appropriate. Per esempio, è possibile verificare se il paziente diabetico fa almeno una visita cardiologica e l'esame del fondo oculare ogni anno». La ricerca evidenzia inoltre che l'attivazione di Percorsi diagnostici, terapeutici, assistenziali ha permesso, tra l'altro, il controllo della progressione della malattia, un miglioramento della qualità di vita dei pazienti, la riduzione dei ricoveri e anche risparmi. «I Pdta - sottolinea il presidente di Fiaso, Francesco Ripa Di Meana - favoriscono anche il coordinamento tra medici di famiglia, specialisti, strutture territoriali, assicurando così la continuità delle cure». Ma le esperienze di Pdta sono ancora scarse, soprattutto al Sud. «Possono essere un'occasione per garantire equità e appropriatezza delle cure anche in Regioni sottoposte a piani di rientro - fa notare il presidente di Fiaso - . Per far fronte all'aumento dei malati cronici, spesso anziani con più patologie (vedi box a sinistra ), ottimizzando gli interventi si utilizzano al meglio anche le risorse disponibili». © RIPRODUZIONE RISERVATA Alcuni dei principali problemi dei malati cronici, secondo il XII Rapporto sulle politiche della cronicità, del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici - Cittadinanzattiva (2013) I problemi denunciati Ritardi diagnostici Difficoltà ad accedere a visite specialistiche o esami Difficoltà di accesso all'assistenza farmaceutica Spesa elevata per farmaci non rimborsati; limitazioni da parte dell'ospedale o della Asl per motivi di budget Assistenza domiciliare carente Mancanza di alcune figure professionali; numero di ore insufficiente Riabilitazione non adeguata Tempi di attesa incompatibili; mancanza di posti letto e strutture; durata limitata CORRIERE DELLA SERA Si spende SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 25 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'indagine Analizzate le prestazioni ricevute da oltre 100 mila persone in 11 Asl 07/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 49 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato per esami inutilie non se ne eseguono altri, indispensabili SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 26 08/09/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:619980, tiratura:779916) I ministeri si preparano alla dieta del 3% Previste riduzioni di spesa per 7 miliardi Vanno individuati ancora gli interventi definiti da Letta Enrico Marro ROMA - Tagliare la spesa dei ministeri del 3%. È l'obiettivo annunciato qualche giorno fa dal presidente del Consiglio per dar corpo ai 20 miliardi di euro di taglio della spesa pubblica promessi sempre da Matteo Renzi per il 2015. Oggi dovrebbero cominciare a Palazzo Chigi gli incontri tra lo stesso premier e il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, con i singoli ministri. Renzi infatti ha detto di non voler imporre i tagli ai componenti la squadra di governo, ma di volerli coinvolgere nella scelta delle voci di spesa da ridurre. Fermo restando però il target di una diminuzione delle uscite del 3%. Se questo taglio si applicasse a tutta la spesa pubblica (centrale e locale), a conti fatti, escludendo le spese per investimenti, quelle per il personale e quelle per prestazioni sociali (pensioni, assistenza, sanità, ammortizzatori sociali), si potrebbero realizzare al massimo 6 miliardi di euro. Dal totale di 806 miliardi di euro di spesa pubblica prevista per il 2014 dal Def (Documento di economia e finanza) bisogna infatti sottrarre circa 84 miliardi per gli oneri sul debito pubblico, 164 miliardi per gli stipendi dei dipendenti pubblici, 320 miliardi per le prestazioni sociali e 50 miliardi di spese in conto capitale, cioè in investimenti. Tutte voci che non può o non vuole tagliare. Restano appunto circa 190 miliardi. Il 3% fa 5,7 miliardi. Considerando la sola spesa delle «amministrazioni centrali», alle quali i ministeri appartengono, si parte da 353 miliardi al netto degli oneri sul debito pubblico e delle spese in conto capitale. Tolta la spesa per il personale (94 miliardi), restano 259 miliardi. Un taglio del 3% farebbe risparmiare circa 7 miliardi e mezzo. Sulla carta, quindi, un terzo dei 20 miliardi di tagli complessivi della spesa pubblica chiesti da Renzi potrebbero arrivare dai ministeri. Ma i precedenti hanno dimostrato quanto l'operazione sia difficile. È dal 2011 che si cerca di ridurre la spesa ministeriale, possibilmente con tagli non lineari, ma selettivi, che colpiscano cioè gli sprechi anziché tutte le voci allo stesso modo. Fu l'allora ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, con tre successivi provvedimenti a fissare gli obiettivi (10,7 miliardi nel 2012, 5 miliardi nel 2013 e 5 nel 2014, ai quali si aggiunsero altri 1,8 miliardi per il 2013 e 1,6 miliardi per i due anni successivi). I singoli ministeri avrebbero dovuto scegliere quali voci tagliare. Se non lo avessero fatto, sarebbe scattata la clausola di salvaguardia dei tagli lineari. Bene, la Ragioneria generale dello Stato, nel «Bilancio in breve» del 2013 spiega che le proposte di tagli selettivi avanzate dai ministeri coprirono all'incirca la metà della riduzione della spesa prevista, insistendo in particolare sul taglio delle spese per il personale, in particolare indennità varie, vestiario, mense, equipaggiamenti, e sugli investimenti per i trasporti urbani ed extraurbani. Insomma non proprio tagli virtuosi. Anche la legge di Stabilità 2014 e il successivo decreto legge 4 dello scorso gennaio (governo Letta) prevedono un pacchetto di misure (accorpamento strutture, tagli su beni e servizi e sulle locazioni) per assicurare una riduzione complessiva della spesa di 500 milioni nel 2014, 4,4 miliardi nel 2015, 8,9 nel 2016 e 11,9 a decorrere dal 2017. Di questi risparmi fanno però parte 3 miliardi nel 2015, 7 nel 2016 e 10 dal 2017 da realizzare attraverso il taglio delle agevolazioni e detrazioni fiscali se, entro il pri mo gennaio 2015, non saranno approvati provvedimenti tali da assicurare tagli di spesa equivalenti. In attesa di tali provvedimenti sono intanto disposte riduzioni delle spese dei ministeri di un miliardo nel 2015 e 1,2 miliardi dal 2016. Che però ancora non sono stati individuate. © RIPRODUZIONE RISERVATA 745.786 48.680 716.069 794.466 752.082 48.791 714.399 800.873 756.404 42.536 716.897 798.940 755.936 50.083 722.070 806.019 2011 2012 2013 previsioni 2014 Le spese delle amministrazioni pubbliche D'ARCO Totale spese correnti Totale spese in conto capitale Totale spese al netto di interessi Totale spese In milioni di euro SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 27 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Conti pubblici La formula delle minori uscite uguali per tutti finora ha dato i maggiori risultati 06/09/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 8 (diffusione:334076, tiratura:405061) «Partecipate avanti, sanità alt» Il presidente dei governatori, Chiamparino: servono riforme radicali IL NUOVO SENATO La riforma mi convince: con meno materie concorrenti ci sarà meno lavoro per le Conferenze ed è un bene I FONDI UE «Non si può più andare con percentuali ridicole, vanno rafforzati i poteri sostitutivi verso le Regioni incapaci» Roberto Turno «È tempo di accelerare la stagione delle riforme radicali». Dalla giustizia al lavoro alla Pa. Anche nella spending review dove le Regioni devono «essere protagoniste», a partire dal taglio delle partecipate. Ma non sulla sanità: «Saremo molto fermi nel respingere richieste di riduzione dei fondi». Sergio Chiamparino, governatore del Piemonte e rappresentante dei presidenti regionali, interviene a tutto campo sulle partite aperte di un autunno che si annuncia caldissimo. Promuove il nuovo Senato, che potrebbe signifcare la fine delle Conferenze. E il nuovo federalismo, che renderà più equilibrato il rapporto con lo Stato. Sui fondi Ue, non ha dubbi: vanno rafforzati i poteri sostitutivi verso le Regioni incapaci. Presidente Chiamparino il suo esordio da rappresentante dei governatori ha riguardato la sanità: il Patto e il riparto di 337 mld per tre anni, poi l'intesa sull'eterologa. Due segni dell'addio al federalismo sguaiato di questi anni? Sono stati due risultati molto importanti. Il Fondo sanitario è la madre di tutte le battaglie per noi, ma ora il Governo deve dargli corso. Sull'eterologa, abbiamo deciso, come annunciato, alla ripresa di settembre. Non accade sempre. In entrambi i casi s'è visto che un coordinamento efficace rende migliore il federalismo e l'autonomia. Intanto arrivano le riforme istituzionali: il nuovo Senato vi vede in primo piano, il titolo V cambierà il federalismo. I due passaggi la convincono? Mi sono iscritto d'ufficio in tempi non sospetti, fin dai congressi del Pci, tra gli antesignani del superamento del bicameralismo perfetto. È la strada giusta. Per aiutare il federalismo a essere efficace e non localistico, è importante che ci sia un luogo politico in cui Regioni e autonomie si confrontano con lo Stato. Quello della riforma mi sembra un buon testo. Anche se non so se potrà evitare del tutto i problemi delle materie concorrenti: è bene che non ci sia una categoria definita di queste, ma molte materie attribuite alle Regioni richiederanno momenti di confronto forte, dal turismo ai trasporti. Significherà avere più Stato e meno Regioni? Secondo me ci sarà un rapporto più equilibrato. Il federalismo ideologico degli anni passati ha prodotto localismi, non federalismo responsabile. Serviranno ancora le Conferenze col nuovo Senato? È chiaro che con meno materie concorrenti ci sarà molto meno lavoro per le Conferenze, ed è un bene. Tendenzialmente credo che gradualmente il lavoro del Senato potrebbe sostituire e inglobare l'attività delle Conferenze. Mentre quella delle Regioni resterebbe una sede di confronto tra loro. Arriva una stagione politica caldissima: legge di stabilità, spending da 20 mld. Preoccupato? Sono preoccupato per la situazione economica, ma sono anche fiducioso. Mario Draghi per la sua parte sta facendo esattamente quello che serve a livello europeo. Ma sia chiaro: dobbiamo accelerare una stagione di riforme radicali. Siamo più o meno al punto della lettera Draghi-Trichet. Certo qualcosa è stato fatto, ma ora il programma delle riforme va completato. Giustizia, lavoro, Pa. Su questo l'agenda del Governo sta "sulla palla". Dimentica la sanità? La sanità non ha bisogno di riforme ma di gestioni efficaci e intelligenti: fare risparmi, azzerare gli sprechi. Mai mettere in discussione diritti e servizi. Il Patto è la nostra stella polare. È la nostra spending, accompagnata dalla certezza dei finanziamenti. C'è l'impegno del ministro Lorenzin e della maggioranza perché non ci siano tagli. Anche da un recente colloquio col presidente Renzi non ho colto alcun segno SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 28 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La lunga crisi SPENDING REVIEW ED ENTI LOCALI INTERVISTA 06/09/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 8 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 29 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato contrario. Insomma, non si aspetta tagli alla salute... L'esperienza mi ha insegnato, come gli indiani, a tenere le orecchie incollate ai binari del treno. Non mi aspetto tagli. Ma sarei molto fermo con tutti i colleghi nel respingere eventuali richieste di riduzioni dei fondi. Ma i 20 mld di risparmi dalla spending annunciati da Renzi non vi fanno paura? Preoccupa sempre dover ridurre. Ma per noi è importante essere protagonisti di questa fase. È la strada: tutti abbiamo molto da fare, a partire dal taglio delle centrali d'acquisto, utile anche per la politica industriale. Anche sulle partecipate non vi tirerete indietro? È un capitolo su cui sicuramente c'è tanto, ma davvero tanto da fare anche a livello regionale. Ognuno a casa propria deve fare un serio esame della situazione senza atteggiamenti conservativi. È un aspetto a cui assegno più importanza. Perché c'è il rischio di sprecare risorse, ma anche di inseguire obiettivi inutili. Sarebbe insopportabile. In Piemonte abbiamo già cominciato, faremo la nostra parte a prescindere da Cottarelli e la spending. Politica industriale e lavoro: cosa potete fare? Governo e Regioni devono pensare con una logica comune. Partendo dalle aree in cui già siamo competitivi o possiamo diventarlo. Con incentivazioni fiscali e finanziarie, mai a fondo perduto, per attrarre gli investitori italiani e stranieri anche per prendere in mano situazioni di crisi. Le Regioni possono fare la loro parte con i fondi Ue e la formazione. Ma si deve agire il più in fretta possibile. Da qui nasce l'occupazione, non dalle delibere, facilitando un clima che crei interesse per gli investitori. Già, i fondi Ue: peccato che troppe Regioni li sprecano o non li usano. Che pensa della proposta del Governo di rafforzare i poteri sostitutivi verso le Regioni incapaci? Ha ragione Delrio. Non si può più andare avanti utilizzando i fondi Ue in percentuali ridicole. Uno spreco. Col risultato che poi i fondi li prendono gli altri. Il federalismo lo possiamo difendere solo se funziona. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL PRESIDENTE DEL PIEMONTE Chi è Sergio Chiamparino, 66 anni, è stato eletto presidente della regione Piemonte lo scorso giugno. A fine luglio è stato eletto presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni. È stato per due volte sindaco di Torino Il pressing per le riforme Per Chiamparino «è tempo di accelerare le riforme radicali». Per il governatore anche le Regioni devono fare la loro parte nel processo di spending review, a partire dal taglio delle partecipate Foto: Rappresentante delle Regioni. Sergio Chiamparino 07/09/2014 Il Sole 24 Ore - Domenica Pag. 31 (diffusione:334076, tiratura:405061) Farmaci, un mercato regolato Il prezzo di un prodotto farmaceutico non può essere arbitrario e giustificato solo da una logica di profitto, come avviene per qualunque altro oggetto: spesso di mezzo c'è la vita umana Il caso del sofosbuvir, l'unico con cui si cura l'epatite C: costa 1000 dollari a pasticca negli Usa, solo 11 in Egitto. E il Senato americano è insorto Lucio Luzzatto È giusto che una bottiglia di Brunello di Montalcino costi 130 euro? La domanda c'entra poco con la giustizia. Chi andrebbe a indagare quanto è costato produrlo, e quanto è il margine di profitto? Tanto la maggior parte di noi si accontenta di un ottimo rosso Toscano che costa 8-10 euro. Ben diversa è la questione quando si tratta di un farmaco: se un malato ha una setticemia non si può usare l'aspirina al posto dell'amoxicillina, o in alcuni casi di un antibiotico anche assai più costoso. È per noi una fortuna che a pagare in Italia, e in molti Paesi dell'Europa sia il Servizio sanitario nazionale (che giustamente vive delle nostre tasse); e sinora relativamente poche domande sono state fatte su che cosa determini i prezzi dei farmaci. È stato accettato, stranamente per alcuni di noi, che valgano per i farmaci le stesse leggi di libero mercato che valgono per il vino. Eppure almeno due differenze sono lampanti. 1) Nel caso del vino abbiamo una scelta: possiamo comprare il Brunello, o un vino meno caro, o rimanere astemi; nel caso dei farmaci, invece, sovente ne va della vita. 2) Nel caso del vino la concorrenza è palese e vivace: per rimanere nel settore lusso, il Brunello compete con il Barolo o l'Amarone; nel caso dei farmaci, invece, sono sempre più i casi di malattie, rare o meno rare, nelle quali il farmaco veramente efficace è uno solo, e per 10-20 anni è protetto da esclusività. Pertanto, se due cardini del libero mercato sono la libertà dei prezzi e la concorrenza, si vede subito che per i farmaci uno dei due già manca. La spirale della spesa farmaceutica è preoccupante, non solo per gli esperti di farmaco-economia. In pratica c'è stato sinora un certo grado di dicotomia non scritta: farmaci per malattie comuni che costano relativamente poco (anche se sempre di più); e farmaci per malattie rare che costano moltissimo (fino a 330mila euro all'anno per una malattia che dura molti anni). Alcuni mesi fa questa dicotomia è stata infranta, quando in Usa la Fda ha approvato il sofosbuvir (prodotto dalla Gilead con il nome commerciale Sovaldi), attualmente l'unico farmaco che, in combinazione con altri pre-esistenti, può non solo curare, ma guarire l'epatite C: ve ne sono circa 2,7 milioni di casi negli Usa, e circa un milione in Italia. Prezzo: 1.000 dollari per pasticca; un ciclo di cura (e non sempre basta) ne richiede 84 (per 84mila dollari). Alcuni di noi pensano da tempo che il libero mercato dei farmaci dovrebbe essere temperato da regole; ora ci giunge un assist da fonte impensata: il Senato degli Stati Uniti. Il Chairman del Finance Committee del Senato americano ha dato 60 giorni di tempo alla Gilead per rispondere a dozzine di domande, che vanno dal loro business plan, alla rendicontazione delle spese sostenute in passato e attualmente per la produzione del farmaco, alle modalità di promozione, e via dicendo. È chiaro che il movente della lettera del Senato è di carattere economico. Anche facendo una selezione dei casi più urgenti da trattare, si contemplano spese di miliardi di dollari. Il «Financial Times» di Londra, che in un documentato articolo di luglio ha dato ampio rilievo a questa lettera, cita altri elementi che hanno causato il risentimento del Senato: soprattutto che il sofosbuvir verrà venduto con uno "sconto" del 30% in Gran Bretagna e del 99% in Egitto, dove una pasticca costerà 11 dollari anziché 1.000 dollari. Significa che il prezzo in Usa è enormemente gonfiato, o che gli americani pagano per lo "sconto" concesso ad altri Paesi? A noi sembra che il punto centrale sia questo: il prezzo di un farmaco non può più essere arbitrario; deve essere giustificato dalle spese effettivamente sostenute, pur concedendo un ragionevole margine di profitto. In altre parole, questo caso limite ha portato alla ribalta il fatto che sinora, nel decidere il prezzo, le industrie si sono basate su un solo criterio: quanto il "mercato" è disposto a pagare. Hanno applicato la legge del Brunello; con la differenza che se nessuno compra più il Brunello il prezzo calerà, mentre i pazienti con epatite C non hanno l'opzione di fare a meno di sofosbuvir se vogliono guarire. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 30 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato economia & sanità 07/09/2014 Il Sole 24 Ore - Domenica Pag. 31 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 31 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Negli ultimi anni Aifa (Agenzia italiana farmaci) ed Ema (European Medicine Agency) hanno lavorato spesso assai bene e hanno imposto norme più stringenti per ottimizzare l'impiego dei farmaci, ivi compresi quelli più costosi; e si sono fatti progressi nella cultura dei medici. Sinora, per contenere la spesa farmaceutica, più che cercare di far diminuire i prezzi, la parola d'ordine è stata appropriatezza nella prescrizione dei farmaci, perché gli abusi e gli sprechi erano frequenti e quasi sfrenati. Ora che l'appropriatezza è migliorata, è tempo di affrontare un'anomalia macroscopica: Ema approva i nuovi farmaci per tutta l'Europa, ma non ha da questa il mandato di negoziare i prezzi. Per correggere questa anomalia non occorre attendere gli Stati Uniti d'Europa (che alcuni di noi auspicano): si tratta di una decisione politico-economica che si potrebbe prendere subito, e che farebbe dell'Europa il più grosso cliente del mondo per qualunque farmaco. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: in ordine sparso|«Doppelpilzvitrine» di Carsten Höller, 2009. Acquisito dalla Fondazione CRT, il lavoro dell'artista belga è entrato a far parte della collezione Gam Torino, oltre 45mila opere dall'800 a oggi. www.gamtorino.it 06/09/2014 La Repubblica - Bologna Pag. 5 (diffusione:556325, tiratura:710716) Eterologa, si parte via libera da lunedì alle prenotazioni Lusenti presenta il risultato dell'accordo sulle linee guida "In regione 21 centri autorizzati, non si pagherà il ticket" Previste 500 domande in più all'anno. Le strutture garantiranno una corsia privilegiata per le donne con più di 40 anni ROSARIO DI RAIMONDO DA LUNEDÌ, negli ospedali dell'Emilia-Romagna, la fecondazione eterologa «sarà a disposizione di tutti, senza pagare il ticket». Dal dodicesimo piano di viale Aldo Moro, l'assessore alla Sanità Carlo Lusenti spiega le linee guida approvate il giorno prima assieme alle altre Regioni. Garantisce che tutti e 21 i centri autorizzati da Piacenza a Rimini sono prontia partire, che nelle strutture pubbliche la pratica sarà gratuita, che le donne sopra una certa età avranno precedenza nelle liste d'attesa e che ci si attende che facciano richiesta 500 coppie l'anno. Ma soprattutto, ribatte alle parole del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che ieri aveva frenato di nuovo: «Non c'è bisogno di una legge per partire. Non si può subordinare un diritto, sancito dalla Corte costituzionale, ad altri tempi». Il documento illustrato ieri da Lusenti sarà approvato dalla giunta regionale lunedì prossimo, con un'apposita delibera. E, sempre da quel giorno, le coppie che andranno negli ospedali autorizzati potranno essere inserite in apposite liste d'attesa, qualora il medico ravvisi l'esigenza di ricorrere all'eterologa (cioè la donazione di ovocitio seme da soggetti esterni alla coppia). La fecondazione assistita «è una prassi già consolidata nella nostra regione - spiega Lusenti ogni anno si trattano 4.500 coppie con la pratica omologa, che non pagano il ticket. Anche per l'eterologa, dunque, non sarà prevista la compartecipazione alla spesa. Ci aspettiamo un aumento delle richieste del 1015%, che significa tra le 400 e le 500 coppie in più ogni anno. Un numero che non ci spaventa dal punto di vista economico e che non pregiudica niente. I centri abilitati, pubblici e privati, dispongono già delle tecnologie necessarie». In Regione non si perderà un minuto di più, soprattutto oggi che le linee guida sono state scritte all'unanimità: «Non è stato facile - ammette il titolare delle Politiche per la salute -. Ma i diritti non si autoaffermano e il rischio che restino sulla carta è sempre altissimo. Ora spero che non si strumentalizzi il tema: chi lo fa, mi sembra non abbia altri argomenti. Ma auspico una revisione completa della legge 40, che già dieci anni fa quando fu approvata segnava il suo tempo, figuriamoci oggi». Oltre alle linee guida, ogni Regione ha dei margini per agire in maniera autonoma. Ad esempio per quanto riguarda i ticket, che in Emilia-Romagna non si pagheranno. Ma i tecnici di viale Aldo Moro guarderanno anche alle liste d'attesa, perché «è ragionevole che una donna di 42 anni aspetti meno di una che ne ha 32», continua Lusenti. Per il resto, le regole sono quelle concordate a livello nazionale. La fecondazione eterologa è gratuita fino al 43esimo anno d'età, mentre il ticket è previsto solo per gli esami che precedono la pratica (le visite di routine). Donatori e donatrici non spenderanno un euro per sottoporsi ai test necessari,e devono avere rispettivamente tra i 18 e i 40 anni e tra i 20 e i 35. Quattro dei 21 ospedali che in regione si occupano di fecondazione assistita sono a Bologna. Solo uno è pubblico, cioè il policlinico Sant'Orsola. Gli altri tre sono privati: Sismer, Tecnobios e Gynepro. Alla fine della conferenza stampa di ieri, infine, Lusenti ha risposto a Roberto Balzani, uno dei candidati per il dopo-Errani, che da tempo ha fatto della necessità di cambiare la sanità regionale il proprio cavallo di battaglia. «In sanità contano i risultati, che sono misurati, non le chiacchiere, le semplificazioni o gli slogan». Cosa farà Lusenti alla fine del suo mandato? Spera in una riconferma? «Io rispondo dei risultati. Chi ha la responsabilità di fare delle scelte, li valuterà». I PERSONAGGI VENTURI Sergio Venturi è il direttore del Sant'Orsola, l'unico centro pubblico a Bologna che pratica l'eterologa. Anche il policlinico parte da lunedì ROSSI Il presidente della Toscana è stato il primo in Italia ad annunciare che gli ospedali della sua Regione sarebbero subito partiti con l'eterologa LORENZIN Il ministro della Salute SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 32 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La sanità 06/09/2014 La Repubblica - Bologna Pag. 5 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 33 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato insiste: «Serve una legge». Ma la replica unanime di governatori e assessori è: «Noi andiamo avanti» PER SAPERNE DI PIÙ www.saluter.it www.aosp.bo.it Foto: L'ASSESSORE Carlo Lusenti spiega le linee guida dell'eterologa che saranno applicate in EmiliaRomagna 06/09/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 20 (diffusione:556325, tiratura:710716) Un vaccino dal sangue delle persone guarite ROMA. Non saranno, almeno all'inizio, i nuovi farmaci biotech l'arma messa in campo dai ricercatori contro l'epidemia di Ebola, ma le meno «tecnologiche» trasfusioni di sangue di persone che sono guarite, e che quindi hanno in circolo gli anticorpi contro il virus. Dal meeting di circa 200 esperti organizzato dall'Oms è venuto un sostanziale via libera a questo trattamento mentre per le altre terapie saranno necessari alcuni mesi. La terapia con plasma o sangue di persone guarite o convalescenti, ha spiegato la direttrice generale aggiunta dell'Oms Marie Paule Kieny, potrebbe essere utilizzata da subito, mentre i risultati dei test di sicurezza su due potenziali vaccini, condotti in Mali, dovrebbero arrivare entro novembre. In caso positivo le prime immunizzazioni potrebbero essere fatte sul personale sanitario pochi mesi dopo. Il siero di convalescenti è stato utilizzato già. Nel 1995 per un'epidemia di Ebola a Kikwit, nella Repubblica Democratica del Congo, con buoni risultati. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 34 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato EBOLA 06/09/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 21 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Così L'Esercito produrrà la cannabis che cura i malati" Il parlamentare Mauro Pili si è barricato nel poligono pronto a farsi arrestare SIMONA POLI FIRENZE. Cannabis terapeutica, l'Italia la produrrà in proprio. E sarà lo Stato a farsi carico della fabbricazione. Il derivato della pianta utilizzato per combattere il dolore nei malati gravi sarà creato in questo "Stabilimento chimico militare" di Firenze, dove già vengono preparati i cosiddetti "farmaci orfani", capaci di curare patologie rare e invalidanti ma snobbati dalle multinazionali che li considerano poco remunerativi. L'accordo tra i ministeri della Difesa e della Salute risponde a una richiesta avanzata dal consiglio regionale toscano, da Palazzo Vecchio e dal senatore del Pd Luigi Manconi, presidente della commissione dei Diritti umani, che a gennaio aveva presentato uno disegno di legge. «Bella notizia e vicenda sommamente istruttiva», commenta Manconi. «Ci sono voluti sette anni perché un farmaco capace di ridurre il dolore venisse sottratto all'interdizione ideologica». La decisione è accolta con entusiasmo dentro l'Istituto nato a Firenze nel 1931: «Qui lavorano 80 professionisti, tra civili e militari, ma ora speriamo di ampliare l'organico». La Toscana è stata la prima regione ad approvare una legge per consentire l'uso di cannabis per combattere il dolore nelle fasi avanzate del tumore e di altre patologie ma finora i preparati venivano importati dalla Svizzera. La cannabis di Stato cambia completamente lo scenario, come spiega il sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi: «L'esercito dispone di uno stabilimento che potenzialmente è in grado di gestire il processo relativo alla marijuana ». Il prodotto sarà somministrato in forma di tisana: dosaggio personalizzato su richiesta del medico curante. «Non per tutti questa terapia è valida ma è importante che si possa utilizzare senza tabù», avverte Paolo Morino, direttore del Coordinamento delle cure palliative dell'azienda sanitaria di Firenze. «La cannabis funziona bene nel controllo dell'astenia e dell'anoressia nei pazienti sottoposti a chemio e contro il dolore oncologico, nella spasticità e nella sclerosi multipla». L'oncologo Umberto Veronesi va oltre: «I cannabinoidi sono validi nella prevenzione del dolore e come sedativo contro gli stati d'ansia. Ma la marijuana va liberalizzata e legalizzata, il proibizionismo ha fallito». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 35 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato FIRENZE / NELLO STABILIMENTO CHIMICO MILITARE 06/09/2014 La Repubblica - Firenze Pag. 2 (diffusione:556325, tiratura:710716) Medicine, cosmetici ma anche cioccolata 55mila metri quadri e 80 chimici e biologi: ecco cosa c'è nel casermone "sconosciuto" SIMONA POLI IFIORENTINI ci passano davanti distratti, lo stabilimento è lì da quasi cento anni, un casermone di 55mila metri quadrati in via Reginaldo Giuliani, a metà strada tra Rifredi e Sesto, il traffico scorre, la zona è un po' anonima. Oggi d'improvviso tutta l'Italia sembra accorgersi dell'importanza dell'Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze, dove lo Stato farà produrre i derivati dalla cannabis per accompagnare la terapia del dolore. Un altro farmaco, che si aggiunge alle decine di specialità esclusive che vengono create in questi laboratori. Dentro al gigantesco fabbricato lavorano ottanta persone (ma negli anni Quaranta erano oltre duemila), chimici, farmacisti, biologi e tecnici, molti sono civili, uomini e donne, altri militari. E il numero dei dipendenti potrebbe aumentare con l'arrivo della nuova attività, accolta con grande entusiasmo e da tempi auspicata dai responsabili dell'Istituto che cercano sempre di allargare lo spettro della produzione. Qui viene fatto quello che alle grandi multinazionali non interessa, le medicine considerate non redditizie in un'ottica puramente commerciale, anche se servono a tenere in vita malati colpiti da malattie rare gravi e invalidanti, almeno mille persone in questo momento in Italia vivono grazie a queste somministrazioni. Sono i cosiddetti farmaci orfani, destinati a un target piccolo dal punto di visto numerico, come Penicillamina, Mexiletina cloridrato, Colestiramina, Niaprazina, ioduro di Potassio e altri. Oltre a lavorare in sinergia con le università toscane, l'Istituto sviluppa collaborazioni con altre istituzioni. Dal 2009 per conto del ministero della Salute produce in capsule l'antivirale oseltamivir, utilizzato per la profilassi e la cura dell'influenza suina. Non solo farmaci però. Nell'Istituto, che ha un punto vendita aperto al pubblico il lunedì e il giovedì (registrandosi sul sito si possono fare acquisti on line), si creano liquori, cioccolato, profumi, cosmetici, saponi, caffè, miele, caramelle e integratori alimentari a prezzi abbordabilissimi. Sulla confezione lo stemma del Farmaceutico fondato nel 1853 che tra i vari simboli ha il giglio rosso di Firenze. Il patrimonio di conoscenza e di tecnica del Farmaceutico militare siè rivelato un punto di riferimento prezioso nei momenti di emergenza del paese, a cominciare dall'alluvione di Firenze del 1966 al terremoto del Friuli del '76 e dell'Irpinia nell'80 fino alla nube radioattiva di Chernobyl dell'86, quando l'Istituto riuscì a produrre in meno di 24 ore 500mila compresse di ioduro di potassio, farmaco usato per combattere i danni alla tiroide provocati dallo Iodio131, pericolosissima sostanza radioattiva. Un'attività direttamente collegata al ministero della Difesa ma profondamente radicata nella vita della società italiana. Così è stato fin dall'inizio. La data di nascita del Farmaceutico è il 22 dicembre 1832, la prima sede fu inaugurata a Torino da Carlo Alberto che con un decreto regio fondò il "Servizio ChimicoFarmaceutico militare" con l'obiettivo di preparare tutti i medicinali i materiali sanitari occorrenti per il servizio sanitario e veterinario dell'esercito. Accanto al primo stabilimento nacque il laboratorio di produzione del chinino di Stato, inizialmente autonomo e diretto da un colonnello che era chimico e farmacista. Nel 1923 il nome si trasforma in quello attuale e lo stabilimento nel 1931 viene trasferitoa Firenze dove da allora sono prodotti farmaci, cosmetici e alimentari. Una sola interruzione del servizio, forzata, durante la seconda guerra mondiale. Conosce bene questa realtà il consigliere regionale del Pd Enzo Brogi, che tanto siè battuto per far approvare la legge sull'uso terapeutico dei cannabinoidi di cui era orimo firmatario con la compagna di gruppo Alessia Ballini, morta di tumore pochi anni fa. «Finalmente i ministeri della Difesa e della Salute hanno raggiunto l'accordo», è il suo commento. «E come da tempo insieme al senatore Luigi Manconi abbiamo proposto la produzione sarà affidata allo Stabilimento di Firenze, un luogo prestigioso, con alte professionalità, che avrà così una grande occasione di ulteriore sviluppo scientificoe anche occupazionale. Una buona notizia, insomma, che potrà dare il via a quella che io definisco "la filiera corta" della cannabis terapeutica, che anziché arrivare dall'estero, con tempi lunghi e costi altissimi, potrà essere coltivata e SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 36 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL REPORTAGE 06/09/2014 La Repubblica - Firenze Pag. 2 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 37 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato lavorata in Italia». Brogi ricorda come ancora manchino i protocolli attuativi della legge: «Da troppo tempo i pazienti che lamentano le difficoltà o addirittura l'impossibilità di accesso terapeutico alla cannabis, previsto dal 2007, stanno aspettando una soluzione. E quella che si prospetta in questi giorni e che vede protagonista proprio Firenze nella regione che per prima ha approvato una legge ad hoc, può rappresentare un punto di svolta e una boccata d'ossigeno per tanti malati». Anche la vicepresidente della giunta Stefania Saccardi accoglie con favore la novità. «Il via libera all'istituto militare è una notizia assolutamente positiva, noi sappiamo quanto si possa valorizzare di più una realtà fiorentina di eccellenza come questa, che è un istituto unico in Italiae con questa attività adesso abbiamo un soggetto pubblico che può produrre e utilizzare la cannabis a fini terapeutici, dunque con tutti i controlli e le garanzie del caso». Eros Cruccolini ricorda come in Palazzo Vecchio fu approvata all'unanimità una risoluzione per chiedere che fosse l'Istituto a produrre i derivati dalla cannabis. E il consigliere di Sel Mauro Romanelli avverte: «I principi attivi dei cannabinoidi, sintetici o naturali, sono inseriti ufficialmente tra le sostanze dotate di efficacia terapeutica e sono da anni impiegati nel mondo nel trattamento dei sintomi di diverse patologiee questo deve stimolare la giunta regionale a cambiare il regolamento della legge toscana perché quello attuale è penalizzante e va modificato. Sarebbe davvero un paradosso che finissimo per diventare il fanalino di coda». 06/09/2014 La Repubblica - Firenze Pag. 3 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Per ogni paziente una cura specifica in base alle esigenze" Paolo Morino dirige il coordinamento delle cure palliative della Asl 10: "Ma resta il tabù morfina" (s.p.) PER chi ogni giorno combatte col dolore e aiuta i malati a sopportarlo per riconquistare un livello accettabile di qualità della vita, lo "sdoganamento" della cannabis terapeutica è una buona notizia. Il fatto che la si produca proprio a Firenze ancora di più, come spiega Paolo Morino, direttore del coordinamento delle cure palliative della Asl 10, membro della commissione regionale che ha studiato gli effetti della pianta. Che tipo di prodotto verrà preparato al Farmaceutico? «La nostra commissione, nominata dal consiglio sanitario toscano, ha definito gli aspetti applicativi e i tipi di preparativi necessari per seguire le indicazioni terapeutiche, ogni paziente avrà una sua prescrizione specifica secondo le richieste del medico curante e assumerà la cannabis attraverso tisane in dosaggi stabiliti. Non per tutti questa terapiaè valida, sia chiaro. Funziona bene nel controllo dell'astenia e dell'anoressia nei pazienti sottoposti a chemio e contro il dolore oncologico, nella spasticità e nella sclerosi multipla. Ovviamente la cannabis non deve e non può sostituire gli oppioidi, di cui si parla ancora troppo poco e il cui uso andrebbe incrementato. Ci sono ancora troppi timori». Perché gli oppioidi sono ancora considerati rischiosi? «Perché nell'immaginario collettivo ma purtroppo anche nella classe medica esiste quella che io definisco oppiofobia. Si ha paura che questi farmaci deprimano l'attività respiratoria mentre se usati a giusto dosaggio aiutano il paziente ad eliminare il senso di soffocamento. Esiste ancora il tabù della morfina, si pensa che rappresenti l'ultimo stadio prima della condanna a morte e invece è un farmaco molto meno pericoloso di aulin o aspirina se usato da mani esperte. Quanto alla cannabis, che in Toscana è possibile utilizzare a scopi terapeutici da oltre un anno, posso dire che sia un ottimo coadiuvante per lenire i sintomi di varie malattie». Ha conosciuto pazienti che se la erano procurati da soli? «Prima della legge avevo dei pazienti che erano andati in Svizzera a comprarla, naturalmente loro la fumavano e alcuni avevano avuto dei benefici da questo. In generale dovremmo sviluppare tutte le cure palliative, che sono diventate importanti non solo per chi ha un tumore ma per chi soffre di patologie croniche progressive in fase avanzata. La Asl di Firenze ha un servizio molto attivo a cui rivolgersi». Foto: CURE PALLIATIVE Paolo Morino dirige il coordinamento della Asl 10 SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 38 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 06/09/2014 La Repubblica - Roma Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) Il primo soccorso in ogni municipio Ecco gli studi medici sette giorni su sette Siglato l'accordo tra Regione e sindacati "Assistenza anche ai codici verdi e bianchi" Obiettivo, allentare l'assalto agli ospedali ANNA RITA CILLIS STUDI medici di famiglia aperti anche nel weekend. Se ne discute da anni (moltissimi) ma ora c'è una novità: la Regione, con le principali sigle sindacali dei camici bianchi, ha infatti siglato un protocollo d'intesa per la realizzazione di una rete assistenziale attiva il sabato e la domenica. Il tutto, previa definizione degli aspetti contrattuali che dovrebbe avvenire nei prossimi giorni, sarà attuato l'autunno prossimo. Già delineati, intanto, i prossimi appuntamenti tecnici: per lunedì 15 dovrà essere elaborato il documento programmatico, ed entro la fine del mese dovrà arrivare, sul tavolo istituito nei giorni scorsi, la proposta di definizione contrattuale. «Finalmente abbiamo iniziatoa definirei dettagli per avviare l'apertura, nei weekend, di 14 studi medici di base su Roma», spiega Pier Luigi Bartoletti, segretario regionale della Fimmg, la Federazione dei medici di medicina generale. Che entrando nel dettaglio aggiunge: «Abbiamo diviso la città in quattordici zone e in ognuna sarà attivo uno studio dove lavoreranno più medici di famiglia». Il punto di partenza è l'esperienza accumulata a piazza Istria dove 55 camici bianchi si sono associati ormai da anni gestendo, con successo anche le piccole urgenze sanitarie, «quelle che in un pronto soccorso sarebbero codici bianchi o verdi». E il mese scorso si è aggiunto quello di Ostia. Anche lì stesso schema: un pool di medici di famiglia a rotazione offrono assistenza: dalle piccole emergenze alla prescrizioni di farmaci ed eventuali certificati. «In autunno dovrebbero partire i primi presidi poi via via gli altri: ora dobbiamo trovare gli spazi, comunque il tutto sarà attivo definitivamente entro febbraio 2015 e nel Lazio», aggiunge il segretario regionale della Fimmg. Ma il progetto non si chiude qui. «Puntiamo a rendere l'assistenza di base un punto di riferimento per i malati cronici troppo spesso sballottati da una Asl all'altra alla ricerca di prestazioni - rimarca Bartoletti - apriremo un percorso per ogni patologia che consentirà al malato di curarsi presso le strutture del proprio quartiere dove potrà ottenere tutte le prestazioni necessarie per il suo stato cronico attraverso un promemoria che il medico di base rilascerà una sola volta all'inizio del percorso di cura». E dalle Regione assicurano: «Nei prossimi giorni si entrerà nella fase operativa e saremo in grado di concretizzare il progetto che porterà all'apertura degli studi medici di medicina generale nei fine settimana e nei giorni festivi. Si tratterà di almeno uno studio in ogni distretto o municipio». Per il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti «è un progetto che segna il cambiamento concreto della sanità della nostra Regione, prima in Italia a istituzionalizzare l'apertura degli studi medici nei weekend e nei festivi. Partiamo dall'esperienza pilota di piazza Istria, già operativa 365 giorni l'anno, ormai da tre anni. Ma il modello che metteremo in campo andrà oltre perché potenzieremo la griglia dei servizi offerti in queste strutture. Le famiglie, gli anziani e tutti i cittadini, già dalla fine di quest'anno, avranno una rete sanitaria di prossimità sempre disponibile». LE TAPPE L'ACCORDO Siglato il protocollo d'intesa tra Regione e sindacati. La rete di studi medici potrà diventare attiva già dal prossimo autunno LA RETE Quattordici gli studi medici, uno per distretto, di assistenza medica aperti dalla mattina alla sera nei giorni prefestivi e festivi L'ESPERIENZA Ha funzionato l'esperienza dello studio di piazza Istria dove 55 medici si sono associati e gestiscono le piccole urgenze, i codici bianchi SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 39 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sanità 06/09/2014 La Repubblica - Milano Pag. 6 (diffusione:556325, tiratura:710716) Sanità, Maroni ci riprova "Grazie a fondi nazionali eliminerò le liste d'attesa" Il Pd replica al presidente: "Basta annunci, serve una riforma" Saranno sessanta i centri abilitati alla fecondazione assistita La giunta annuncia anche un'azione legale per la vicenda del farmaco Lucentis PRESIDENTE Roberto Maroni annuncia di voler tagliare liste d'attesa e il suo appoggio al referendum leghista contro le moschee SANDRO DE RICCARDIS ELIMINAZIONE delle liste d'attesa, rilancio degli ambulatori aperti di sera, norme sulla fecondazione eterologa. Buona parte dei provvedimenti annuncianti ieri dal presidente della Regione, Roberto Maroni, riguardano la sanità. Senza dimenticare le azioni legali contro Novartis e La Roche, condannate dall'Antitrust perché avrebbero favorito l'uso di un farmaco dieci volte più costoso di un altro con lo stesso principio attivo. Per portare avanti «l'impegno gravoso e costoso di arrivare progressivamente all'eliminazione delle liste d'attesa», Maroni intende utilizzare «le risorse aggiuntive del Fondo sanitario nazionale, oltre 500 milioni per il 2014 e altrettanti per il 2015». Una mano alle statistiche arriverà dal progetto "Ambulatori aperti", che dà la possibilità ai cittadini di avere visite ed esami anche di sera e nei fine settimana. Da quando è partito il piano, a maggio, «sono state 56mila le prenotazioni e oltre 35mila le prestazioni effettuate», ha detto Maroni. Di «interventi spot» parlano invece le opposizioni. Con la vicepresidente del Consiglio regionale, Pd, Sara Valmaggi, che invita Maroni a promuovere «una vera riforma del sistema sanitario lombardo. Abbiamo presentato un nostro progetto di legge che punta sulla necessità di omogeneizzare servizi sanitari e sociali ricorda Valmaggi - . L'ultima riforma globale è del 1997, i bisogni dei lombardi sono cambiati e aumentati. Questi interventi spot non bastano». Necessario, per il Pd, è «creare un unico punto di accesso al sistema sanitario, con un unico assessorato per creare economie di scala». Dopo l'accordo in Conferenza delle Regioni, Maroni ha poi annunciato che anche la Lombardia legifererà sulla fecondazione assistita. «L'idea è portare venerdì prossimo in giunta la delibera che consentirà da noi la fecondazione assistita, ma con la certezza dei costi. Ci sono ancora da definire dettagli come, per esempio, capire chi paga la prestazione, che non è compresa nei "Livelli essenziali di assistenza"». Da evitare, disparità di trattamento e tariffe differenti tra regione e regione. «In Lombardia - ha spiegato l'assessore alla Salute Mario Mantovani - sarà possibile accedere alla fecondazione assistita in 60 centri, che raccolgono seimila richieste all'anno». La giunta ha poi deciso, con una delibera, di avviare azioni legali nei confronti di Novartis e La Roche, società condannate dall'Antitrust con una multa da 180 milioni, perché avrebbero favorito l'uso esclusivo di un farmaco (Lucentis, costo medio 900 euro) al posto di uno con lo stesso principio attivo (Avastin, costo di circa 80 euro). «Abbiamo stimato un danno per il Servizio sanitario regionale di oltre 60 milioni», ha detto Maroni. «Novartis intende respingere in maniera decisa le accuse di pratiche anti-concorrenziali - replica la società - e per questo ha impugnato il provvedimento dinanzi al Tar del Lazio. Il procedimento è ancora in corso e la sentenza è attesa entro la fine dell'anno. Pertanto risulta infondata qualsiasi richiesta di risarcimento. Novartis ribadisce la correttezza del proprio operato e di avere sempre agito nel pieno rispetto della normativa». LA SCHEDA LE PRENOTAZIONI Da maggio il servizio Ambulatori aperti ha assicurato 35mila prestazioni a fronte di 56mila prenotazioni GLI AMBULATORI La Regione conta anche di allargare l'esperienza degli ambulatori aperti, strutture aperte di sera e nei fine settimane LE RISORSE Per eliminare le liste d'attesa per esami e analisi, Maroni vuole utilizzare le risorse nazionali del fondo sanitario SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 40 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La sanità 08/09/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 19 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Giochi all'aperto e meno videogame Così nei piccoli si fa prevenzione" Dovremmo prenderci cura degli occhi e fare controlli periodici ai bambini c.s. ROMA. «Le cattive abitudini di vita peggiorano la nostra vista. Come abbiamo imparato che prima di esporre la pelle al sole è meglio proteggerla con le creme o che una alimentazione equilibrata migliora la salute, così dovremmo prenderci cura degli occhi e stare attenti al modo in cui li usiamo. Con i controlli periodici e vigilando sul comportamento dei bambini». Matteo Piovella è presidente della Società Oftalmologica italiana, associazione nata nel 1869 che oggi raggruppa settemila oculisti. Quanto uno stile di vita sbagliato ha in fluenzato l'aumento della miopia? «Sappiamo dagli studi che il maggior tempo trascorso al chiuso invece che all'aria aperta, le ore trascorse sui libri o a leggere e l'uso massiccio di computer, tablet e smartphone, per i più piccoli soprattutto videogames, hanno giocato la loro parte. Ma quanto i dispositivi elettronici abbiano determinato la diffusione del difetto non è esattamente misurabile: la comunità scientifica ne sta dibattendo». Quali sono le precauzioni da adottare peri bambini? «Un po' quelle che un tempo si raccomandavano per la tv: non attaccare gli occhi allo schermo, non trascorrerci ore davanti, ma fare una pausa ogni 40-50 minuti. Preferire, quando possibile, i giochi al parco. Il rimedio migliore è quello che suggerisce il buon senso: evitare gli eccessi». Come accorgersi del difetto? «Si manifesta in piccole dosi e poi nell'età evolutiva peggiora fino a stabilizzarsi verso i 25 anni. Un mal di testa frequente o la visione faticosa della lavagna a scuola o delle immagini di un film al cinema sono in genere i primi sintomi». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 41 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 06/09/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:309253, tiratura:418328) Marijuana di Stato, coro di sì "Ma no alla liberalizzazione" Veronesi: "Un ottimo farmaco anche se è uno stupefacente" E gli anti- proibizionisti ora sperano che si apra una breccia AMEDEO LA MATTINA ROMA Ora gli antiproibizionisti esultano e sperano che sia un primo passo, la fine di un tabù. Il via libera alla coltivazione della cannabis a uso terapeutico presso l'Istituto farmaceutico militare di Firenze ha dato la carica alle forze politiche e a tutti coloro che si battono per la marijuana libera. Era facile prevedere che la notizia (anticipata dalla Stampa e confermata dal sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi) riaprisse una discussione che nel nostro Paese va avanti da decenni e si intreccia con le battaglie referendarie del partito Radicale. Un tema tornato in auge dopo la legalizzazione della cannabis per uso ricreativo in Uruguay e Colorado. Ma quello che sta succedendo in Italia non ha nulla a che fare con lo spinello libero. «Non bisogna confondere i due piani e strumentalizzare il tema con atteggiamenti ideologici», non si stanca di ripetere il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che insieme alla sua collega della Difesa Roberta Pinotti ha aperto le porte alla produzione di farmaci cannabinoidi finora importati dall'estero a costi altissimi. Quindi niente equivoci e facili illusioni. Così il fronte proibizionista alza il muro e dice che l'uso terapeutico non significa cannabis libera. Non è così e non sarà così, sostiene Maurizio Gasparri. «Chi pensa di coltivare in balcone si metta il cuore in pace: non si può fare. C'è chi tenta di far passare l'idea che la marijuana non fa male perché il farmaco derivato da questa pianta lenisce il dolore ai malati». Ma gli antiproibizionisti sono convinti che sia aperta una breccia nel muro. E si fanno forti delle parole di Umberto Veronesi. Ieri a Cernobbio per il workshop Ambrosetti, l'oncologo ha detto che è «giustissimo usare e coltivare» la marijuana a scopo terapeutico. La cannabis è «un ottimo farmaco. Siccome è anche uno stupefacente, si ha sempre paura ad usarlo. Invece è ottimo contro il dolore, contro i malesseri, contro il vomito, è un sedativo. È la stessa cosa ha aggiunto Veronesi - che è successa con la morfina, che per anni non sono riuscito a far avere a questi poveri diavoli che soffrivano. Io sono anche per la liberalizzazione cella marijuana, ma questo è un altro discorso». È un altro discorso, appunto. La battaglia, però, si è riaperta sulla scia della decisione dei ministri Pinotti e Lorenzin. Un antico combattente su questo fronte come il senatore del Pd Luigi Manconi ora può dire che è stata dura ma l'obiettivo è stato raggiunto: «La tragedia è che ci sono voluti 7 anni e relative sofferenze dei pazienti. Non è stata ancora scritta l'ultima riga del protocollo ma così sarà entro poco tempo». Si intestano una vittoria in molti, da Sel ai 5 Stelle e ai Radicali che, in effetti, ne hanno maggiore diritto. Ma adesso il passo successivo è la legalizzazione della cannabis, almeno la possibilità di coltivarla per uso privato. Benedetto Della Vedova riconosce che i due piani sono nettamente distinti, ma il suo auspicio è che l'introduzione della marijuana terapeutica consenta una discussione senza pregiudizi anche su come affrontare la questione più generale del mercato della cannabis, oggi in mano alla criminalità organizzata. Ecco, reagisce Alessandro Pagano, deputato di Ncd (lo stesso partito di Lorenzin) «gli antiproibizionisti hanno gettato la maschera: la smettano con le loro malvagie ipocrisie ideologiche che contribuiscono a uccidere cerebralmente le generazioni future. Anche Renzi faccia dichiarazioni non ambigue e ponga un freno a queste follie che vengono anche dal suo partito». Foto: Le piante Per la produzione è stato scelto lo stabilimento chimico di Firenze SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 42 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato DROGA SVOLTA TERAPEUTICA 06/09/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Per la mia terapia non dovrò più pagare gli spacciatori" L'odissea di Andrea, malato di sclerosi e epilessia: "Per anni ho subito le perquisizioni dei carabinieri" GIACOMO GALEAZZI ROMA «Sai qual è il colmo per un ragazzo che a 24 si ammala di sclerosi multipla e di epilessia? Subire perquisizioni in casa e dover spiegare ai carabinieri che la cannabis è un medicinale». Andrea Trisciuoglio era un rampante agente immobiliare quando i suoi polsi cominciarono ad irrigidirsi. Spasmofilia, sminuirono i medici. Purtroppo era ben altro. «Dal 2004 al 2009 ho fatto uso illegale di marijuana, da cinque ricevo il Bedrocan attraverso l'ospedale- racconta Andrea-. Ho dovuto affrontare un percorso ad ostacoli, una trafila surreale». Un vero e proprio calvario di carte bollate da affiancare a quello provocato da una malattia inesorabile. Con momenti da teatro dell'assurdo. Come il giorno in cui Andrea comprò su Internet «semi di canapa» e rischiò di finire nei guai con le forze dell'ordine per una piantina «ad uso personale». Eppure nel quadro clinico i vantaggi sono stati immediatamente evidenti. E così è da un decennio. «I dolori si attenuano e ho benefici su sonno, umore, appetito», spiega. E soprattutto «diminuiscono gli spasmi, i sintomi della neuropatia, i tremori», aggiunge. «Mi pesava dovermi rifornire al mercato nero, scendere in strada a comprare la dose come un tossicosi incupisce-. Mi umiliava pagare gli spacciatori per acquistare una terapia». Da lì l'idea di coltivare da sè quella marijuana che rende più sopportabile le sue sofferenze fisiche. «La fumo solo raramente perché la combustione spreca il 40% dei principi attivi, ma la assumo in prevalenza come olio oppure tramite vaporizzatore - precisa Andrea-. Qui in Puglia dal 2009 basta una firma e un timbro su una prescrizione medica per avere la continuità terapeutica». Guai a paragonarlo a chi fuma per diletto. «Io con la canapa mi ci curo in modo sistematico», replica. In maniera metodica elenca la sua «tabella di marcia». Per il tremore affianca ai cannabinoidi i farmaci antiepilettici, però non gli va giù di sentirsi un «privilegiato» anche se sa che «per tanta gente bisognosa quanto me il diritto alla salute è ancora una lotta atroce contro la burocrazia e l'ignoranza». Troppi i tabù da abbattere. Adesso perciò Andrea aiuta pazienti come lui attraverso «Lapiantiamo», un'associazione per la libertà di cura. «L'incidenza di effetti collaterali è bassissima, eppure si incontrano una sequela infinita di difficoltà a curarsi se la terapia è con farmaci che contengano la parola cannabis», sottolinea Andrea. Infatti «la legge Fini-Giovanardi regolamenta l'accesso alla canapa con pesanti pene per chi coltiva canapa». Il risultato è che «molti malati, persone oneste e integerrime, vengono trattatati come criminali». Andrea ai carabinieri che lo perquisivano ha chiesto: «Vi sembro il tipo che usa la cannabis per sballarsi?». La risposta è stato uno sguard o a b b a s s at o. « C e rc ava n o ovunque piante di canapa, addirittura nelle federe del cuscino di mio figlio neonato che piangeva mentre mi portavano via in caserma per il verbale. E la voce si incrina: «Aveva otto mesi, ho ancora il suo pianto nella testa». La malattia gli ha creato gravi disabilità. L'utilizzo dei farmaci tradizionali (chemioterapici, immunosoppressori, miorilassanti) e trecento punture di interferone sono un incubo dai mille effetti negativi: febbre alta, continui tremori e incontinenza. «Non si può criminalizzare un malato che ha bisogno della canapa per soffrire meno», scuote la testa. E non «si può dirgli che questa terapia provoca buchi nel cervello ed è l'anticamera delle droghe pesanti». Del suo corpo malato Andrea ha fatto un «campo di battaglia». Il sorriso non lo abbandona, com e l a co nv i n z i o n e d i « fa re qualcosa di buono per me e per gli altri». La libertà di cura «non deve soccombere ai luoghi comuni e ai pregiudizi». Una parola d'ordine per una giusta causa:«Non darsi per vinti è un passo avanti di civiltà: mai arrendersi». Ha detto I benefici I dolori si attenuano, diminuiscono gli spasmi e migliorano sonno, umore e appetito Gli effetti collaterali L'incidenza è bassissima, e poi non si può criminalizzare un malato che vuole stare meglio Foto: In cura dal 2004 Andrea Trisciuoglio, ex agente immobiliare colpito dieci anni da sclerosi multipla: «Mi umiliava pagare gli spacciatori per potermi curare» Foto: GAETANO LO PORTO/AGF SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 43 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato il caso 06/09/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:309253, tiratura:418328) Glaucoma, cancro, Aids e Parkinson La cannabis in soccorso alla medicina Un antinfiammatorio che agisce sul sistema nervoso centrale VALENTINA ARCOVIO ROMA che agiscono sul sistema nervoso centrale, inducendo il rilassamento dei muscoli, e scatenando un'azione antinfiammatoria. Tuttavia, attualmente nel nostro paese l'uso terapeutico è molto limitato. Solo pochi italiani sarebbero riusciti di fatto ad accedere alla cannabis per scopi terapeutici. Qualcuno ha dovuto addirittura pagare un capitale per ottenere qualche dose del farmaco. Infatti, le Asl che rimborsano i farmaci cannabinoidi importati dall'estero, dopo lunghe procedure burocratiche, si contano sulle dita di una mano. Chi non acquista direttamente i prodotti da compagnie farmaceutiche all'estero, rischia sanzioni penali coltivandola privatamente. Secondo i dati del ministero della salute, nel 2013 sono state rilasciate 213 autorizzazioni all'importazione di medicinali a base di cannabis dall'Olanda. Dal momento che ogni paziente è tenuto a importare il farmaco per un dosaggio non superiore alle necessità di tre mesi di terapia, deve inoltrare la richiesta di importazione per quattro volte in un anno. Il dato di 213 a u t o r i z z a z i o n i va diviso, quindi, per quattro. Si può quindi dedurre che nel 2013 meno di 60 persone sono riuscite a ottenere il farmaco. Un altro problema è la differenza tra l e r e g i o n i . A t t u a l m e n t e quelle che hanno introdotto d e i p rov ve d i m e n t i c h e r i g u a r d a n o l 'e r o ga z i o n e d i medicinali a base di cannabis sono nove: P uglia, Toscana, Veneto, Liguria, Marche, Friuli Venezia Giulia , Abruzzo, Sicilia, Umbria. L e n o r m at i ve re g i o n a l i convergono tutte nel disciplinare l'erogazione dei medicinali a carico dei propri Servizi sanitari regionali, ma sotto altri aspetti presentano una grande disomogeneità: in alcuni casi si limitano semplicemente a recepire quanto già stabilito dalla normativa nazionale, in altri sono previste delle specifiche competenze regionali circa l'informazione al personale medico, in altri casi sono stanziati degli appositi capitoli di spesa nei bilanci regionali per garantire le disposizioni dei testi, in altri casi ancora vengono introdotti degli articoli che impegnano le regioni su iniziative quali l'avvio di progetti pilota per la coltivazione a scopi terapeutici Di fatto, non tutti i malati italiani che potrebbero trarre beneficio dalla cannabis hanno uguale accesso a questa possibilità terapeutica. Almeno è così è dal 2007 e lo sarà fin quando non il nostro paese non sarà operativo nella produzione di marijuana. LFunziona contro la nausea, il vomito e l'inappetenza nei pazienti affetti da cancro e Aids. Ma anche contro i dolori cronici e neuropatici, come quelli della sclerosi multipla. Non solo. La cannabis sembra essere efficace anche contro il glaucoma, i traumi cerebrali, gli ictus, la sindrome di Tourette, l'epilessia e l'artrite reumatoide. A queste si aggiungono altre patologie - come le sindromi ansioso-depressive, le malattie auto-immuni e l'asma bronchiale - per le quali l'uso della marijuana è potenzialmente indicato. La lista degli effetti benefici della cannabis, quindi, è lunga e variegata, così come è lungo l'elenco di studi che ne appoggiano l'utilizzo terapeutico. Ci sono alcune ricerche che ne hanno dimostrato addirittura gli effetti neuro -protettivi contro malattie degenerative come il Parkinson. Due sono i principi attivi che renderebbero la cannabis una terapia efficace. Si tratta del «delta-8-tetraidrocannabinolo» e del «delta-9-tetraidrocannabinolo» 1 2 3 Dolori neuropatici La cannabis viene utilizzata contro i dolori cronici e soprattutto neuropatici come quelli provocati dalla sclerosi multipla: il sollievo è dimostrato da molte ricerche Traumi cerebrali Nei reparti di rianimazione i prodotti a base di cannabis vengono usati anche per curare i pazienti colpiti da ictus, ma funzionano anche per il glaucoma e l'epilessia Sindromi depressive L'uso della marijuana è potenzialmente indicato anche per chi soffre di sindromi ansioso-depressive e le malattie auto-immuni SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 44 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Dove viene usata 07/09/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:309253, tiratura:418328) Vaccino, una speranza dall'Italia "Così possiamo battere il morbo" Oggi l'Irbm di Pomezia presenta una cura su "Nature Medicine" PAOLO RUSSO ROMA Un 'idea tutta made in Italy, che diventa realtà con capitale di rischio straniero, consentendo in solo cinque anni di ottenere ricavi almeno dieci volte tanto l'investimento iniziale. Il tutto salvando e promettendo di implementare posti di lavoro altamente qualificati. È il «miracolo italiano» del vaccino anti-Ebola, che oggi verrà spiegato nei dettagli alla comunità scientifica internazionale dall'edizione on line di «Nature Medicine». La scoperta che promette di fermare l'epidemia che in Africa è costata già 2100 vite nasce a 25 chilometri da Roma, nella cittadella scientifica che è la Irbm Science Park di Pomezia. Un po' di verde, pannelli solari che ne garantiscono l'autonomia energetica, un inceneritore per smaltire i rifiuti e tanti laboratori super attrezzati, dove lavorano una cinquantina di persone, in larga parte ricercatori under 40. Una bella realtà, che non ne cancella però un'altra, quella delle tante aziende che hanno sbaraccato o ridotto drasticamente gli organici in quello che era considerato fino a due anni fa uno dei più grandi poli farmaceutici italiani. L'Irbm l'aveva messa su proprio quel professor Riccardo Cortese, alla guida del team italo-svizzero che promette di dare scacco non solo a Ebola ma anche ad Hiv, epatite C e malaria, «perché il meccanismo con il quale agisce il vaccino è praticamente lo stesso, bastano piccole modifiche e può funzionare anche contro altri virus», assicura il professore. Lui l'Irbm l'ha diretta per 15 anni, prima di togliere il disturbo dopo l'acquisto da parte del colosso farmaceutico americano Merk, la quale a sua volta l'ha ceduta a un lungimirante imprenditore italiano, Piero Di Lorenzo. M a all'inizio con gli americani non c'è intesa. Da qui l'idea di creare Okairos, società biotech specializzata in vaccini ancora tutti da scoprire. «L'idea del vaccino contro Ebola e altri virus micidiali l'avevamo già in mente, ma nessuna delle tante porte alla quali ho bussato si è aperta», racconta Cortese. Tutto il contrario di quel che avviene quando il professore si trasferisce a Basilea, «perché se da noi ne trovi due disposti a investire capitale di rischio qui sono almeno mille». E i soldi arrivano, inizialmente 20 milioni, ai quali poi si aggiungeranno le risorse messe sul piatto dalla Regione Lazio, dal Cnr e dall'Istituto Superiore di Sanità. Quando le professionalità ci sono però il rischio viene ripagato. La piccola Okairos si rilancia a testa bassa nella ricerca del vaccino anti-Ebola, lavorando a stretto contatto anche con i National Institutes of Healt americani. I risultati arrivano, «con mio stupore i test sulle scimmie danno risultati eccezionali e arriva l'ok dell'Aifa e della Food & Drug Administration americana alla sperimentazione sull'uomo», ricorda il professore. Che poi spiega in parole semplici come funziona il vaccino, anticipando i risultati pubblicati oggi. «Siamo partiti da un banale adenovirus (quello del raffreddore, ndr). Con delle modificazioni genetiche siamo riusciti a trasformarlo in un killer capace di agire contro gli agenti patogeni». Ebola, ma anche Hiv e altri virus. «Le cellule modificate - prosegue non si limitano a creare anticorpi come i tradizionali vaccini preventivi, ma riescono a individuare il virus proprio quando questo si introduce nell'organismo, bloccando l'infezione sul nascere». Una scoperta che potrebbe salvare milioni di vite umane se supererà l'esame dei test sull'uomo, che partiranno su 10 mila portatori di Ebola ma che potrebbero presto essere estesi ad altre malattie mortali. Ma per passare dall'invenzione alla produzione servono stabilimenti attrezzati e specializzati. Servono insomma capitali che solo le multinazionali possono mettere in campo. E infatti la bella favola italiana finisce qui, per virare verso un finale già noto a molte imprese nostrane. Non certo solo del farmaceutico. Cortese infatti vende la sua Okairos alla multinazionale della pillola Glaxo Smith Kline, che preparerà sempre a Pomezia, i primi lotti di vaccino. «Siamo partiti da 20 milioni di venture capital e abbiamo venduto nel 2013 dopo solo 5 anni per 260 milioni», dichiara con orgoglio l'inventore del vaccino. Che però ci tiene a ricordare che il capitale umano resta made in Italy. In Usa quando parlano di innovazione usano dire «we need a new game», abbiamo bisogno di un nuovo gioco. Chissà che il vaccino anti-Ebola non ci insegni come essere anche noi della partita. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 45 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Retroscena 07/09/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 12 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 46 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 20 milioni Il capitale iniziale che ha permesso la ricerca che ha portato al vaccino Foto: La squadra Il professor Riccardo Cortese guida il team italo-svizzero che promette di dare scacco a Ebola dai laboratori di Pomezia 08/09/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:309253, tiratura:418328) Ma isolare le comunità non può essere l'unica arma per fermare i contagi In passato simili misure hanno creato tensioni sociali EUGENIA TOGNOTTI Èforse la prima volta, nella pur lunga e corposa storia delle grandi emergenze epidemiche, che un intero Paese, la Sierra Leone, su cui incombe il flagello Ebola, viene sottoposto a quarantena. Qualche settimana fa, la stessa misura, questa volta contro la peste bubbonica, ha riguardato l'antico e popoloso quartiere di una città nel Nord-ovest della Cina, Yumen, dove trentamila persone sono state tenute in isolamento per otto giorni. Ma è da più di un decennio che sono tornate a risuonare nel mondo globale le parole quarantena e isolamento, pietre angolari dell'antico sistema di difesa, nato in Italia nel XV secolo, e messo a punto lungo i secoli, contro la minaccia di malattie mortali di cui s'ignorava l'eziologia: peste, colera, febbre gialla, febbre spagnola. Pressoché sepolte come strategie di prevenzione, con l'entrata in scena di vaccini e farmaci che promettevano la definitiva vittoria sulle malattie epidemiche, sono ricomparse all'alba di questo millennio con la Sars , che, al pari di quello di Ebola, sembrava farsi beffe dei ricercatori e della sofisticata tecnologia del nostro tempo. Allora - era il 2003 - allarme e paura avevano spinto Canada, Cina, Hong Hong e Singapore a ricorrere alla quarantena, nel tentativo di arginare il diffusione della nuova malattia. È stata poi la volta dell'influenza suina, che indusse le autorità sanitarie messicane a imporre l'isolamento dei malati e il confinamento nelle loro case. Dalla Sars a Ebola. Riuscirà la messa in quarantena di intere comunità , tra il 19 e il 21 settembre, a fermare il virus? E soprattutto riusciranno le autorità sanitarie ad imporre questa coercitiva misura che, qualche settimana fa, ha provocato gravit umulti in un quartiere povero di Monrovia? Le preoccupazioni espresse questi giorni da medici, esperti e responsabili di istituzioni sanitarie internazionali non sono ingiustificate. Certo, una malattia virale come Ebola - trasmessa attraverso il contatto diretto con i fluidi corporei di una persona infetta e capace di diffondersi rapidamente in una comunità - è proprio il genere di malattia che la quarantena potrebbe aiutare a tenere sotto controllo. Ma occorre tener conto che si tratta di una misura di salute pubblica discussa e controversa che solleva importanti questioni etiche e impone un conflitto tra l'interesse della società a tutelare la libertà dell'individuo e quello della salute collettiva, in nome della quale viene imposta la restrizione della libertà di movimento e dei contatti con l' esterno. Se, nel passato, ha rappresentato un utile strumento per arrestare la diffusione di spaventose malattie, ma anche un antidoto importante per far fronte al panico - come avveniva durante le epidemie di febbre gialla e di colera è stata però sempre accompagnata da un sottofondo di ansia e sospetto, in quanto, troppe volte, imposta ingiustamente sotto la spinta della paura e del pregiudizio contro individui, indicati come «untori», ma anche contro gruppi di popolazione e intere etnie. E, in realtà, il ricorso all'apparato repressivo agiva in alcuni contesti politici e istituzionali come potente detonatore di tensioni sociali. Gli individui costretti alla quarantena e all'isolamento trovavano intollerabile la limitazione della libertà di circolazione. Il fatto che, quasi sempre, solo i poveri, fossero costretti alla quarantena, aggiungeva un carattere di discriminazione di classe, stigmatizzazione, e «colpa» a queste misure, suscitando paura e rabbia. Inducendo, tra l'altro, alla fuga per sfuggire all'isolamento, cosa che contribuiva a diffondere la malattia. Queste reazioni del passato hanno una sorprendente somiglianza con quelle documentate durante l'epidemia di Sars in Cina e d'influenza suina in Messico, e, nelle settimane scorse, a Monrovia, dove i soldati hanno dovuto usare i gas lacrimogeni per disperdere la folla. C'è da sperare che le lezioni del passato insegnino qualcosa: una misura come quella annunciata in Sierra Leone , esige , da una parte , il rafforzamento delle strutture sanitarie. Dall'altra una grande attenzione - da parte dei responsabili deal gestione dell'emergenza - ai valori etici e un attento bilanciamento tra i diritti degli individui e la tutela della salute collettiva, nonché il coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali per conquistare la fiducia nelle strategie messe in campo contro il flagello che sta minacciando l'Africa e il mondo. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 47 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Analisi 08/09/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 48 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Gli altri casi Sars Nel 2003 per arginare la diffusione della Sars Cina, Hong Kong, Canada e Singapore hanno fatto ricorso alla quarantena Peste Qualche settimana fa 30mila persone di Yumen città nel Nord-Ovest della Cina sono state tenute in isolamento per 8 giorni 06/09/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:210842, tiratura:295190) Carla Massi Cannabis contro il dolore: la coltiverà e la produrrà l'Esercito. Accordo quasi fatto tra i ministri della Difesa e della Salute per poter disporre di questi farmaci senza doverli importare dall'estero a costi elevati. Vicini al sì, dunque, per la produzione a Firenze nello Stabilimento farmaceutico militare, una volta dedicato ai medicinali per il mondo militare e oggi aperto anche al settore civile. Entro il prossimo anno i prodotti potrebbero già essere disponibili nelle farmacie. A pag. 13 LA SVOLTA R O M A Cannabis contro il dolore, la coltiverà e la produrrà l'Esercito. Accordo quasi fatto tra i ministri della Difesa e della Salute per poter disporre di questi farmaci senza doverli importare dall'estero a costi elevati. Vicini al sì, dunque, per la produzione a Firenze nello Stabilimento farmaceutico militare una volta dedicato ai medicinali per il mondo militare oggi aperto anche al settore civile. I CONTROLLI Si tratta di aver a disposizione quei prodotti contro il dolore di pazienti con Sla o sclerosi a placche ma anche di chi è sottoposto a chemioterapia. Entro il prossimo anno i prodotti a base di cannabinoidi made in Italy potrebbero già essere disponibili nelle farmacie. La cannabis contiene due importanti principi attivi: il Thc (tetraidrocannabinolo) e al Cbd (cannabidiolo) in grado di sia di diminuire il dolore che di rallentare la malattia. Fino ad oggi i pazienti hanno dovuto sopportare trafile burocratiche molto lunghe per poter entrare in possesso dei farmaci sottoposti a rigidi controlli. Anche se da noi il ricorso a questi medicinali è legittimo ormai dal 2007. Due le opzioni che si possono seguire: l'importazione dall'estero e quella dei normali canali italiani (preparazione galenica). La prima richiede numerosi passaggi burocratici ma permette di far arrivare al malato il prodotto ad un prezzo congruo, circa 11 euro al grammo e quindi nessun aggravio di costi rispetto ai pazienti stranieri, la seconda, seppur più veloce, ha lo svantaggio di un incremento del prezzo di vendita salendo fino a 30-40 euro al grammo nelle nostre farmacie. «Nel corso del 2013 appena qualche decina di pazienti ha potuto utilizzare questi farmaci - spiega il senato del Pd Luigi Manconi da sempre sostenitore della cannabis terapeutica - a causa di una procedura lenta e farraginosa. L'acquisto all'estero comporta tempi infinitamente lunghi». IL DOSAGGIO Nel 2013 il ministero della Salute ha rilasciato 153 autorizzazioni all'acquisto dall'estero. Dal momento che ogni malato non può disporre di una quantità di farmaco per un dosaggio non superiore alle necessità di tre mesi di terapia è obbligatorio inoltrare la richiesta almeno quattro volte l'anno. Tra i politici generale soddisfazione. Applaudono Prc e Sel. I deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Difesa si dicono soddisfatti e rivendicano la paternità dell'iniziativa. «Alcuni, per ignoranza o per malafede, confondono attività farmaceutiche o terapeutiche con la possibilità che possa circolare liberamente la cannabis. Non è così e non sarà mai così - assicura Maurizio Gasparri Forza Italia - e i militari sono garanzia a questo scopo». E' «giustissimo usare la marijuana terapeutica» sentenzia l'oncologo Umberto Veronesi particolarmente attento al dolore nella malattia. «La marijuana è un ottimo farmaco - aggiunge ma essendo anche uno stupefacente si ha sempre paura di usarlo. La stessa cose accadde per la morfina e ora viene utilizzata per le cure palliative». Carla Massi I p ossibili usi terap eutici ANSA I derivati Chemioterapia Riduce in modo significativo la pressione intraoculare Già in bassissime dosi ha un effetto antinausea e antivomito, molto più efficace di molti farmaci in commercio Glaucoma marijuana: foglie e fiori essicati hashish: resine della pianta trattate Sclerosi multipla e lesioni del midollo spinale In molti casi si è dimostrata efficace nel ridurre spasmi e tremori 2Aids Aiuta nella sindrome da deperimento perché stimola l'effetto fame ed eleva il tono generale dell'umore 3Epilessia Con l'assunzione di cannabis le crisi diminuiscono drasticamente La pianta: canapa indiana. Cresce in climi caldi e temperati Nome scientifico: Cannabis indica Foto: Foglie di cannabis lavorate in un laboratorio per produrre farmaci SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 49 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'Italia produrrà medicine alla marijuana 06/09/2014 Il Messaggero - Roma Pag. 41 (diffusione:210842, tiratura:295190) Al San Filippo Neri i lavori di ristrutturazione del reparto sono finiti da nove mesi ma manca il nullaosta antincendio Ci sono quattro centri di procreazione assistita pubblici in grado di praticare la fecondazione e tre sono chiusi L'UNICO REPARTO CHE FUNZIONA È IL SANT'ANNA MA IL CONTRATTO AI BIOLOGI NON È STATO RINNOVATO ALL'UMBERTO I CANTIERE IN CHIUSURA ARAGONA: «SIAMO OTTIMISTI SUI TEMPI PRIMA L'OMOLOGA POI SIAMO PRONTI» Alessia Marani IL CASO I centralini dei quattro centri pubblici che a Roma potrebbero partire con la fecondazione eterologa in queste ore sono presi d'assalto da coppie che da anni sognano di potere avere un bambino. Ma i telefoni squillano invano. C'è un esercito di donne nel Lazio (un altro centro c'è solo a Latina) che dal varo della legge 40 nel 2004 sono stati costretti a estenuanti viaggi in altri Paesi dove la tecnica è permessa - il più gettonato è la Spagna - e che ora vorrebbero potersi sottoporre a fecondazione nelle strutture del sistema sanitario nazionale. Ma ancora oggi, sebbene la Corte Costituzionale abbia bocciato ad aprile qualsiasi preclusione per l'eterologa equiparandola, di fatto, all'omologa, e le Regioni si siano appena date una sorta di codice di autoregolamentazione, continuano a vedersi negato il diritto. Manca ancora una delibera attuativa regionale, ma se anche arrivasse oggi a Roma le strutture pubbliche non sono pronte. LA RICHIESTA Al San Filippo Neri il centro di procreazione assistita è chiuso da quando nel 2012 un guasto all'impianto di azoto liquido ha scongelato, distruggendoli, embrioni, ovociti e campioni di liquido seminale. La ristrutturazione è terminata da ormai nove mesi - sarebbe già nato un bambino - ma tutto è bloccato perché non arriva il nullaosta antincendio. Lavori in corso anche all'Unità operativa complessa di Infertilità che dipende dal Dipartimento di Ostetrica dell'Umberto I, che per la omologa (l'inseminazione artificiale con gameti appartenenti alla coppia), aspettando l'eterologa, ha già accumulato una lista d'attesa di 350 donne. POLICLINICO Qui il cantiere è pressoché ultimato e proprio un paio di giorni fa il responsabile, professore Cesare Aragona e il direttore di dipartimento, Pierluigi Benedetti Panici, hanno chiesto lumi all'azienda sanitaria sulla tempistica per la riapertura: «Siamo ottimisti - dice Aragona - confidiamo di ricominciare entro uno o due mesi. È stato un grosso sforzo per azienda e Regione metterci in linea con la normativa europea, un impegno che dovrà rendere al massimo. Il diktat a Roma in questo momento è: prima l'omologa poi siamo pronti a metterci in pista anche con l'eterologa». IL PARADOSSO Il caso del San Filippo Neri è emblematico. «In un reparto sottoposto a restauro come il nostro - spiega il responsabile del centro di procreazione assistita, Francesco Timpano - il rilascio del certificato di prevenzione incendi è vincolato dalla messa in regola dell'intera struttura ospedaliera. Così ci siamo trovati in una impasse burocratica assurda per cui prima della ristrutturazione il vecchio reparto funzionava grazie a deroghe ministeriali quinquennali che ora sono state azzerate. C'erano state date assicurazioni direttamente dal ministro della Salute Lorenzin sul superamento del problema, ma a oggi, non si vede luce». Dalla Regione assicurano che il supercommissario nominato da Zingaretti per rimettere ordine nella giungla della fecondazione assistita, Corrado Melega, è al lavoro anche su questo fronte. IL CAOS Dopo il caos dello scambio degli embrioni, è fermo ai box in attesa di nuova autorizzazione, la Riproduzione e terapia dell'infertilità del Pertini. Operativo ma con liste d'attesa zeppe il Sant'Anna di via Garigliano, struttura storica, aperto fin dall'86. «Abbiamo operato a ritmo serratissimo fino a giugno spiega il professor Antonio Colicchia - ma da allora siamo a scartamento ridotto per il mancato rinnovo di alcuni contratti». In pratica: c'è solo una biologa in servizio. Risultato? Le romane continuano a migrare in altre regioni (Toscana) per sottoporsi all'inseminazione artificiale con rimborso sanitario. E i privati scalpitano: «Entro un mese partiremo con l'eterologa, abbiamo aspettato fin troppo», dicono dall'European Hospital. I nodi Pertini S. Filippo Neri SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 50 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'eterologa a Roma resta un miraggio 06/09/2014 Il Messaggero - Roma Pag. 41 (diffusione:210842, tiratura:295190) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 51 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Umberto I Il centro universitario dell'Umberto I è in corso di ristrutturazione Dopo lo scandalo dello scambio degli embrioni, il servizio è in attesa di nuova autorizzazione Il pma è stato ristrutturato nove mesi fa ma non è aperto perché manca il nullaosta antincendio Foto: A mezzo servizio 07/09/2014 Il Messaggero - Ancona Pag. 39 (diffusione:210842, tiratura:295190) Black out, Beatrice Lorenzin vuol acquisire la relazione dei carabinieri «Non sono tollerabili situazioni che mettano a rischio la sicurezza dei pazienti» Black out all'ospedale di Torrette, il ministro alla salute Beatrice Lorenzin vuole conoscere la verità e chiede al Nas una relazione dettagliata sull'accaduto. Il disservizio subito dal nosocomio regionale, esploso alle 22.30 del 28 agosto scorso quando per dieci ore il nosocomio regionale è rimasto al buio con difficoltà per ricevere energia elettrica in maniera continuata durata fino alla mattina del giorno dopo, finisce quindi sul tavolo del ministero della Salute. «Voglio comprendere le ragioni - dice la Lorenzin - che hanno potuto determinare un difetto di funzionamento così grave che se non fosse stato nella capacità e l'abnegazione del personale medico ed infermieristico avrebbe potuto comportare ben altre gravi conseguenze sulle persone assistite». Il ministro intanto conferma il rigore da parte del suo ministero e di Agenas (l'agenzia nazionale per i servizi sanitari) per il monitoraggio ed i controlli sui sistemi di sicurezza degli impianti ospedalieri. «Attendo la relazione del Nas - prosegue la Lorenzin - affinché quanto accaduto ad Ancona non si ripeta. Non sono tollerabili situazioni che mettono a rischio la sicurezza dei pazienti assistiti nelle strutture sanitarie». Verdenelli a pag. 40 SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 52 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Torrette, il ministro chiama i Nas 08/09/2014 Il Messaggero - Ed. nazionale Pag. 10 (diffusione:210842, tiratura:295190) QUARANTENA IN SIERRA LEONE PER FERMARE L'INFEZIONE NESSUNO POTRÀ USCIRE DI CASA PER QUATTRO GIORNI Carla Massi L'EPIDEMIA ROMA Sulle scimmie ha funzionato. Sui macachi infettati con il virus Zaire Ebola il vaccino contro la febbre emorragica che sta devastando l'Africa occidentale ha dato buoni risultati: protegge per almeno dieci mesi. E' il vaccino allo studio con l'efficacia più lunga. IL TEST Il prodotto sta per essere testato sull'uomo e viene prodotto in Italia, negli stabilimenti Okairos/Advent all'Irbm Science Park di Pomezia. Solo qui, dove è stato concepito, Chad3Ebola-Zaire (questo il nome tecnico) può essere realizzato. Diecimila dosi per la sperimentazione che è frutto di un gruppo internazionale di ricercatori italiani e americani dell'Istituto nazionale della salute degli Stati Uniti. Immediato il commento del presidente Obama: «Gli Usa aiuteranno i paesi africani che lottano contro il virus dell'Ebola inviando anche mezzi militari come le unità di messa in quarantena. Parliamo di una malattia che non rappresenta nell'immediato una minaccia, non si propaga attraverso i voli aerei». LA PROTEZIONE Fino ad oggi i vaccini a disposizione riuscivano a garantire la protezione per appena trenta giorni. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista "Nature medicine". Questa copertura immunitaria è stata indotta nei macachi utilizzando un vaccino basato sul ChAd3, un adenovirus (negli uomini è responsabile di raffreddori e congiuntiviti)derivato dagli scimpanzé. E' stato scelto proprio l'adenovirus degli scimpanzé e non quello degli umani, spiega Riccardo Cortese che da oltre cinque anni lavora a questo vaccino, «perché molti uomini sono già stati esposti all'adenovirus umano e quindi il loro sistema immunitario è in grado di neutralizzarlo». Il vaccino dovrebbe proteggere da due diversi ceppi dell'Ebola, sia lo Zaire che il Sudan. Migliorano ma restano gravi le condizioni di Rick Sacra, il medico americano che si è infettato in Liberia ed è tornato a casa la scorsa settimana. «E' molto malato e molto debole - racconta la moglie - ma sta un po' meglio da quando è tornato negli Stati Uniti. E' anche riuscito a mangiare un po' di brodo di pollo». Quella di Sacra sembra una situazione più allarmante rispetto a quella dei due missionari statunitensi che si sono ammalati ma sono usciti dall'infezione. Il medico non riceverà il siero sperimentale ZMapp perché le scorte sono esaurite e, con ogni probabilità, verrà messa a punto una strategia terapeutica a base del sangue di persone che sono guarite. Vere trasfusioni con anticorpi del virus. L'Organizzazione mondiale della sanità ha dato il via libera a questo trattamento. L'urgenza è stata giustificata dall'aumento continuo dei casi: secondo l'ultimo bollettino ha superato quota duemila morti con quasi quattromila casi. «Il siero di convalescente - fa sapere Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Istituto Spallanzani di Roma è già stato utilizzato. Nel 1995 un'epidemia di Ebola a Kikwit, nella Repubblica Democratica del Congo, con buoni risultati». La terapia di sostegno seguita fino ad ora dai colleghi di Rick Sacra consiste nella prescrizione di farmaci contro la nausea, il vomito e degli antidolorifici. Viene idratato e controllato nella respirazione perché potrebbe aver bisogno di una macchina per aiutarlo. A CASA Stretta in Sierra Leone, uno dei paesi più colpiti dal virus per contenere la diffusione dell'epidemia. La popolazione, infatti, dovrà rimanere in casa per quattro giorni, dal 18 al 21 settembre. Una misura decisa dal governo africano per impedire il contagio e per consentire ai sanitari di identificare ed isolare nuovi casi. «È necessario un approccio aggressivo una volta per tutte - spiega il consigliere presidenziale della task force anti-Ebola in Sierra Leone Ibrahim Ben Kargbo - per far rispettare la quarantena saranno reclutate 21.000 persone». E già è scoppiata la polemica: l'obbligo di residenza rischia di sollevare questioni relative ai diritti umani, oltre ad innescare manifestazioni violente. Foto: IL BILANCIO L'epidemia, per l'Oms, ha superato quota duemila morti con quasi quattromila casi SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 53 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ebola, il vaccino targato Italia «respinge il virus per 10 mesi» 07/09/2014 QN - Il Resto del Carlino - Ancona Pag. 10 (diffusione:165207, tiratura:206221) La Lorenzin: «Situazioni di rischio simili non sono tollerabili». Indagano i Nas «VOGLIO una relazione dettagliata su quanto accaduto all'ospedale di Torrette la scorsa settimana in occasione del black-out. Non sono tollerabili situazioni che mettono a rischio la sicurezza dei pazienti assistiti nelle strutture sanitarie». Parola del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, a cui, evidentemente, nei giorni scorsi è arrivata una relazione sulle modalità dell'improvviso ed inatteso calo di tensione che rischiava di costare caro. Il ministro, che ad Ancona è venuta due volte in poche settimane nel maggio scorso, si è informata sui fatti e sulla cronaca degli eventi, ora attende una dettagliata relazione da parte degli inquirenti per stabilire le cause del black-out e risalire ad eventuali responsabilità. Come anticipato ieri dal Carlino, pare che la reazione a catena sia partita da un banale interruttore, costo commerciale 5 euro, bruciato per un sovraccarico di energia. Scarsa manutenzione, forse, da qui il passagio ai raggi X di tutto il settore, un appalto da milioni di euro. In merito al black out di oltre 10 ore avvenuto la sera del 28 agosto scorso al regionale di Torrette, il ministro Lorenzin ha chiesto una relazione circostanziata ai Nas: «Bisogna comprendere le ragioni che hanno potuto determinare un difetto di funzionamento così grave - afferma il ministro -. Se non fosse stato per la capacità e l'abnegazione del personale medico ed infermieristico, il quadro generale avrebbe potuto comportare ben altre gravi conseguenze sulle persone assistite. E' mia intenzione confermare il rigore da parte del ministero della Salute e di Agenas (l'agenzia nazionale della sanità, ndr.) per il monitoraggio ed i controlli sui sistemi di sicurezza degli impianti ospedalieri, affinché quanto accaduto non si ripeta. Non sono tollerabili situazioni che mettono a rischio la sicurezza dei pazienti assistiti nelle strutture sanitarie. Ora attendo la relazione dei Nas». E LA RELAZIONE dei carabinieri del Nas dovrebbe arrivare presto. L'altro ieri c'è stato l'ennesimo sopralluogo sul posto con annessa riunione tecnica, alla presenza della direzione sanitaria. Il problema è stato risolto, le ripetute prove hanno confermato il funzionamento dei quattro gruppi di continuità di cui l'ospedale regionale si è dotato circa due anni. Uno dei quattro gruppi è stato responsabile del black-out, probabilmente a causa del pezzo da 5 euro bruciato. E pensare che l'impianto, costato milioni di euro, era stato revisionato a luglio. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 54 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il ministro: «Black out, subito la relazione» 07/09/2014 QN - Il Resto del Carlino - Ancona Pag. 10 (diffusione:165207, tiratura:206221) Pronto soccorso pediatriaco: caos «Stop al trasferimento del Salesi» LAVORI fermi da quasi un anno e cantiere ridotto nel degrado assoluto: preoccupazione legata al progetto del nuovo pronto soccorso pediatrico a Torrette. La direzione sanitaria dell'azienda 'Ospedali Riuniti' è tranquilla. Più volte, nel corso degli ultimi mesi, ha ribadito che il pronto soccorso del Salesi sarà pronto in tempo per il trasferimento dell'intero pediatrico-infantile a Torrette, primavera 2015. INTANTO il cantiere è fermo e gli spazi desolatamente vuoti. Il progetto in realtà è cambiato in corso d'opera. Il cantiere era stato inaugurato nel 2012 e prevedeva l'allargamento del pronto soccorso per adulti di Torrette, così bisognoso di nuovi spazi per dividere i percorsi e migliorare il servizio. La decisione del direttore generale dell'azienda, Paolo Galassi - avallata dalla Regione - di trasferire il Salesi a Torrette abbandonando il vecchio immobile del Passetto, ha cambiato gli orizzonti. Almeno fino a quando non sarà realizzato il nuovo plesso che ospiterà, stavolta in maniera definitiva e non temporanea, l'intero ospedale Salesi. Di questo se ne riparlerà verso il 2020. I lavori del vecchio disegno sono stati più volte interrotti, una volta a causa di un vizio progettuale, un'altra a causa del maltempo, ma poi erano sempre ripresi. Fino al dicembre scorso quando gli addetti non sono tornati più al lavoro e le macchine si sono fermate. Da allora il cantiere è in totale abbandono. Il pronto soccorso pediatrico sorgerà di fianco a quello per adulti, ma il grosso del cantiere è al di sotto, nella zona dove vengono parcheggiate le ambulanze per il 118 e per l'elisoccorso. L'area è stata transennata e al di là delle transenne regna il degrado. Di recente una pioggia più abbondante del solito ha mandato il sito sott'acqua. La pioggia è penetrata dal vano superiore, completamente aperto allagando tutto. Oggi a terra ci sono i materiali di risulta, cumuli di tavole gettate a terra, pezzi di impalcature, ferraglia, il tutto in mezzo agli spazi vuoti intervallati dalle colonne che dovrebbero sorreggere il nuovo pronto soccorso pediatrico. Il deserto del cantiere è davanti agli occhi di tutti e non solo di pochi addetti. Arrivando al pronto soccorso, sulla sinistra rispetto alla 'camera calda' riservata alle ambulanze per scaricare i pazienti, il vuoto è evidente. SUL trasferimento del Salesi a Torrette interviene il vicepresidente del Consiglio regionale, Giacomo Bugaro: «La vicenda del blackout all'ospedale regionale deve indurre una riflessione sulla opportunità di trasferire, seppur temporaneamente, il pediatrico Salesi. Non oso immaginare cosa sarebbe accaduto se la neonatologia fosse stata già lì al momento del fatto: i tecnici mi hanno detto che l'esito, tragico, sarebbe stato inevitabile. Ritengo che il trasferimento debba essere sospeso e ripensato». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 55 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LAVORI FERMI DA UN ANNO, BUGARO 06/09/2014 Avvenire - Ed. nazionale Pag. 1.11 (diffusione:105812, tiratura:151233) Lorenzin: «L'eterologa così non sarà sicura» * Il ministro Lorenzin sull'accordo tra Regioni: si parte senza sicurezza. E anche senza fondi Il patto tra governatori non ha valore di legge né di linea guida e «non può obbligare alla tracciabilità completa donatorenato». Gravissima la mancanza di un Registro nazionale dei donatori, senza il quale è impossibile un controllo puntuale. E nel testo si apre «all'eterologa per tutti: chi paga?» Il Piano fertilità annunciato ad Avvenire? «Il gruppo di lavoro sarà presentato nei prossimi giorni». Stamina? «Il pa VIVIANA DALOISO Dubbi, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ne ha tanti sulla partenza della fecondazione eterologa delle Regioni. Bene l'accordo, ma «non sono serena». Perché prima dei dibattiti ideologici ci sono le persone, e quelle - le coppie in cerca di un figlio, i bimbi che nasceranno - «a mio parere non sono tutelate». E come potrebbero, da un semplice atto regolatorio? «La verità è che l'eterologa parte in una situazione artigianale, poco conforme ai nostri standard» Dubbi, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ne ha tanti sulla partenza della fecondazione eterologa delle Regioni. Bene l'accordo, bene i criteri condivisi e il Far West scongiurato, ma «non sono serena». Perché prima dei dibattiti ideologici ci sono le persone, e quelle - le coppie in cerca di un figlio, i bimbi che nasceranno - «a mio parere non sono tutelate». E come potrebbero, da quello che è un semplice atto regolatorio, che prevede limiti ma non sanzioni, potrà essere impugnato in qualsiasi tribunale e sostanzialmente demanda alla responsabilità dei singoli centri la tutela della salute? «La verità è che l'eterologa parte in una situazione artigianale, poco conforme agli standard qualitativi altissimi della sanità italiana». Dunque la sua opinione in merito all'accordo raggiunto tra le Regioni, che di fatto ha bypassato una legge del Parlamento, non è positiva... Sono soddisfatta che i contenuti riprendano in buona sostanza gran parte del mio decreto legge, che era esclusivamente sanitario, ma ci sono delle criticità. L'accordo ha il vantaggio di offrire criteri condivisi per le Regioni che vogliono partire subito in modo uniforme, nell'attesa che il Parlamento legiferi, dopo la decisione del Cdm di non procedere con atti del governo. Ha però il limite che, non essendo una norma di legge, non può obbligare alla tracciabilità completa donatore-nato, né istituire il Registro Nazionale dei Donatori, con tutte le garanzie sanitarie connesse, e comunque non è vincolante. D'altra parte tutte le istituzioni, dal governo alle Regioni stesse, hanno confermato la necessità di una legge. Condivido a questo proposito la richiesta del presidente Chiamparino di sollecitare le Camere per colmare al più presto il vuoto normativo nell'interesse della salute delle coppie e dei bambini che nasceranno. In merito ai contenuti delle linee guida, il ministero le condivide? Innanzitutto è bene capire che non si tratta affatto di linee guida. Il documento condiviso ieri dai presidenti delle Regioni sulla fecondazione eterologa è un provvedimento autonomo, che sarà poi utilizzato come riferimento dalle singole Regioni per uniformare gli atti amministrativi interni sulla fecondazione eterologa. Non è vincolante. Non va confuso con le linee guida, che sono un provvedimento amministrativo che attua norme di legge e che - condiviso fra lo Stato, le Regioni e le Provincie Autonome - ha valore vincolante. Le linee guida della legge 40, invece, ancora diverse, sono previste espressamente dalla 40 stessa: devono essere messe a punto dal ministero della Salute, che si avvale della collaborazione dell'Istituto Superiore di Sanità, e su di esse deve esprimere un parere il Consiglio Superiore di Sanità. In questo caso le Regioni non sono coinvolte. Quali sono i punti dell'accordo tra le Regioni che la preoccupano di più? Il fatto stesso che l'accordo fra le Regioni non sia una legge crea problemi: tracciabilità completa e registro dei donatori sono elementi fondamentali per l'attuazione in piena sicurezza dell'eterologa. Senza un coordinamento, di fatto sarà possibile dichiarare di aver donato gameti in una Regione e poterlo fare anche in tutte le altre. Ho sempre sostenuto la necessità del Registro per la sicurezza delle donazioni, specie per quelle con gameti importati. Nell'attesa, chi vorrà partire con le indicazioni delle Regioni si dovrà assumere tutte le responsabilità del caso. Dunque a oggi, dal suo punto di vista, le coppie non sono tutelate nell'intraprendere questo percorso? A mio parere no, e non sono serena. Ma c'è un altro punto molto delicato. Quale? Nelle indicazioni cliniche per l'accesso all'eterologa previste dalle Regioni si spiega che riguarderebbe anche coppie che hanno avuto ripetuti tentativi falliti di fecondazione SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 56 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'intervista 06/09/2014 Avvenire - Ed. nazionale Pag. 1.11 (diffusione:105812, tiratura:151233) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 57 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato omologa, o embrioni o gameti di scarsa qualità. Ricordo che la sentenza della Corte Costituzionale non parla di «eterologa per tutti», ma di condizioni di sterilità assoluta. Sicuramente i medici devono avere tutta l'autonomia nell'esaminare i singoli casi, e valutare se ci sono o meno le condizioni di una sterilità assoluta. È però anche vero che non ci può essere un automatismo fra fallimenti di omologa e accesso all'eterologa. Si tratta di percorsi profondamente differenti, che coinvolgono le coppie in modo diverso, e che implicano problematiche differenti nei nati: è necessario esserne consapevoli. E poi c'è il problema dei costi... Sì, anche perché se tutte le omologhe fallite diventassero richieste di accesso all'eterologa i costi per il servizio sanitario non sarebbero calcolabili. Nel decreto che avevo predisposto era specificato l'inserimento dell'eterologa nei Livelli essenziali di assistenza, e si era anche trovata la copertura economica fino a che i Lea non fossero stati aggiornati. Senza decreto, ogni Regione dovrà trovare le risorse per tutto questo, fermo restando che sono solo otto quelle senza piani di rientro, che quindi hanno margini di manovra nella gestione dei fondi. Insomma: senza una legge, chi paga? Passiamo a un altro punto decisivo della questione. C'è il rischio di una deriva eugenetica nei criteri fissati per la selezione dei donatori? Mi sono opposta fin dall'inizio al catalogo dei donatori, che infatti le Regioni non prevedono. Certo, se per garantire la compatibilità fra donatore e ricevente si dovessero scegliere carnagione, occhi e capelli, magari confrontando le foto, quello che abbiamo fatto uscire dalla porta rientra dalla finestra. Vedremo come si muoveranno i centri. Io rimango dell'idea che su questo argomento debba essere il Parlamento a stabilire i limiti. La possibilità di questa selezione è prevista, per esempio, nella delibera della Regione Toscana. Su questo devono rispondere gli amministratori della Regione Toscana. Prima dell'estate, proprio ad Avvenire, lei ha dichiarato l'intenzione di promuovere un Piano per la fertilità che comprenda un percorso educativo più ampio per le coppie, con la sensibilizzazione necessaria sui temi del concepimento e della procreazione soprattutto per i giovani. Sta prendendo corpo? Abbiamo emanato il decreto ministeriale di costituzione e il gruppo di lavoro sarà presentato proprio nei prossimi giorni. Un altro punto che sta particolarmente a cuore al dibattito pubblico da mesi a questa parte è la spinosa questione di Stamina. A che punto sono i lavori del comitato ministeriale? Attendiamo per la fine del mese i risultati del comitato. E per quanto riguarda invece la questione della "marijuana di Stato", che a quanto pare sarà prodotta dall'Istituto farmaceutico militare di Firenze, qual è la sua opinione in merito? Ho già detto in passato d'essere d'accordo sull'impiego di farmaci derivati da cannabis a uso esclusivamente terapeutico. È evidente che questo non può e non deve essere confuso con la liberalizzazione dell'uso della marijuana tout court, cui sono fermamente contraria. Il centro di Firenze ha tutti gli standard per procedere in sicurezza. Foto: Il ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin 08/09/2014 Il Gazzettino - Venezia Pag. 13 (diffusione:86966, tiratura:114104) Idroambulanza, approdo quasi pronto CHIOGGIA - L'ospedale di Chioggia presto avrà l'approdo per l'idroambulanza. Il responsabile operativo provinciale del 118 Paolo Caputo e il primario del Pronto soccorso di Chioggia Andrea Tiozzo hanno fatto un sopralluogo nei giorino scorsi per valutare le tratte da Venezia a Pellestrina e da Pellestrina a Chioggia. Un'operazione fondamentale per verificare la qualità dei canali navigabili, i tempi medi di percorrenza, i problemi che si potrebbero incontrare durante un soccorso: il tutto per valutare al meglio i lavori da programmare per l'arrivo di una idroambulanza a Chioggia, mentre la ditta Scutari ha cominciato lo scavo del canale. «Ancora poche settimane - ha dichiarato il direttore generale dell'Asl 14 Giuseppe Dal Ben - e anche l'ospedale di Chioggia avrà il suo approdo. Si costituirà così un servizio di idrosoccorso lagunare che mette in collegamento gli approdi dell'ospedale Civile e di piazzale Roma a Venezia, del Lido, di Santa Maria del Mare a Pellestrina, con quello dell'ospedale clodiense. Un servizio di emergenza rivolto in particolar modo agli abitanti di Pellestrina che potrebbero, in alcuni casi, venire dirottati verso Chioggia anziché verso Venezia». M.Bio. © riproduzione riservata SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 58 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SANITÀ Proseguono i lavori all'ospedale e per lo scavo del canale 08/09/2014 Il Gazzettino - Venezia Pag. 16 (diffusione:86966, tiratura:114104) «Non si cambiano le regole» Portogruaro contro Cereser «Non si possono cambiare "in corsa" le regole sulle votazioni della Conferenza dei sindaci. Portogruaro non intende subire limitazioni o penalizzazioni sui servizi sanitari». È ancora una volta unanime la posizione della Conferenza dei capigruppo consiliari, che si sono incontrati l'altra sera, su convocazione del sindaco Bertoncello, per un aggiornamento sulla sanità e sul progetto dell'ospedale unico dopo le novità emerse dalla riunione dell'esecutivo dell'assemblea dei primi cittadini dello scorso 1 settembre. La posizione dei capigruppo è quella più volte espressa: no all'ospedale unico, sì all'ospedale di rete su due poli e alla qualificazione dei servizi territoriali. «Sullo studio dei tecnici - affermano i capigruppo in una nota condividiamo le osservazioni dell'Amministrazione comunale (e cioè che l'eventuale sede ideale dell'ospedale unico è Portogruaro e non San Donà) e chiediamo che prima di qualsiasi decisione vengano approfondite tutte le questioni. In ogni caso - proseguono - risulta inaccettabile che le regole sulle votazioni della Conferenza dei Sindaci vengano cambiate in corsa». Il riferimento è in particolare alle dichiarazioni del sindaco di San Donà Cereser che ha proposto su questo tema il voto ponderato, cioè in base al numero degli abitanti. «Le scelte da attuare non possono stravolgere i servizi socio sanitari del Veneto Orientale e nello specifico del Portogruarese. Il rispetto delle comunità e della parità di condizioni sui servizi - concludono i capigruppo - non possono essere messi in discussione. Abbiamo lanciato per primi l'idea di un referendum ma le azioni di contrapposizione fra territori non ci piacciono. La voce dei cittadini deve essere sentita ma per ottenere risultati positivi per tutti. Questo è il compito delle istituzioni». © riproduzione riservata SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 59 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Teresa Infanti PORTOGRUARO 06/09/2014 QN - Il Giorno - Milano Pag. 18 (diffusione:69063, tiratura:107480) Circolare Areu: fate solo quel che fanno i volontari STEFANO CASSINELLI di STEFANO CASSINELLI - MILANO - METTERE un medico in ambulanza potrebbe essere vietato se passerà la linea introdotta da Areu in Lombardia. Chiunque dovesse scegliere se andare in barca a vela con Giovanni Soldini o con un dottore, sceglierebbe il velista professionista e secondo logica quando qualcuno fosse chiamato a formare un equipaggio di un'ambulanza preferirebbe il medico allo sportivo. Ma questa logica è annullata da "Ordine 100" con cui l'Agenzia regionale per le emergenze e urgenze chiede con decisione a medici e infermieri di non fare i volontari sulle ambulanze, dove sono evidentemente preferiti ingegneri, muratori, sarti o macellai. UNA SCELTA che sta mettendo in subbuglio gli operatori sanitari di tutta Italia e che il giurista toscano Luca Benzi, specializzato in professioni sanitarie e biodiritto, non esita a definire «assurda e inspiegabile». L'esperto infatti spiega: «Appare assurdo e misterioso il motivo per cui l'Azienda regionale per le emergenze e urgenze della Lombardia vada contro i propri interessi facendo di tutto per impedire a medici e infermieri qualificati di operare sulle ambulanze come volontari. Appare inspiegabile». "Ordine 100" è un documento con cui Areu di fatto chiede a medici e infermieri di non fare i volontari sulle ambulanze, ma nel caso lo facciano dovranno fare un corso e se attueranno pratiche mediche o infermieristiche lo faranno sotto la loro responsabilità. "ORDINE 100" è già stato pesantemente criticato dal Sindacato dei medici italiani che ne ha chiesto l'immediato ritiro perché lesivo della professionalità, chiedendo l'intervento dell'Ordine e affermando che «è un'assurdità perché un medico abilitato è tenuto sempre a esercitare la professione, se non lo fa incorre nel reato di omissione di soccorso, quindi non si capisce quale è la ratio di questa, a dir poco, anomala disposizione dell'Areu». Benci entra da giurista nel dettaglio del provvedimento: «Siamo al di fuori della ragionevolezza se pensiamo che un medico che viene da un percorso formativo deve fare un corso, che in alcuni casi è fatto da volontari che fanno altro di lavoro, per poter fare il soccorritore in ambulanza. Inoltre "Ordine 100" è anche vagamente minaccioso perché afferma che le procedure mediche saranno eseguite sotto la loro responsabilità e si creeranno difficoltà organizzative. Il motivo di questo ordine è sconosciuto e non è comprensibile la logica». SECONDO il legale una chiamata al 118 da cui poi parte l'intervento di Areu può comportare una sottovalutazione della situazione reale e «quindi trovarsi un volontario medico o infermiere sull'ambulanza dovrebbe essere perfetto per Areu perché metterebbe anche al riparo da eventuali errori. Questo documento deve essere ritirato». Tra i medici si sono ipotizzati anche rilievi penali rispetto: «Questo documento contiene illegittimità, ma non penali. Areu non può chiedere a un medico di non fare il suo dovere. Quando un medico non si attiva secondo le sue conoscenze può esporsi al rischio di omissione di soccorso, Areu inoltre dice che il medico non deve usare medicinali o strumenti medici, ma se un dottore ha medicine, strumenti e conoscenze non può non utilizzarli perché il quel momento è un volontario. Inoltre Areu non ha dato alcuna spiegazione delle motivazioni di questo ordine». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 60 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Sanità, equipaggi del 118: medico a bordo, meglio di no Camici bianchi in subbuglio 06/09/2014 QN - Il Giorno - Milano Pag. 5 (diffusione:69063, tiratura:107480) Venti posti letto in più per i malati cronici Il Bassini apre un nuovo reparto ad hoc ANDREA GUERRA di ANDREA GUERRA - CINISELLO BALSAMO - VENTI POSTI letto, 800 metri quadri, 12 camere a uno o due posti letto. E un milione e 300mila euro di investimenti. Sono i numeri del nuovo reparto Sub Acuti, inaugurato ieri mattina al terzo piano dell'Ospedale Bassini di Cinisello Balsamo. Presenti per l'occasione il direttore generale dell'azienda ospedaliera Icp (Istituti clinici di perfezionamento) Alessandro Visconti, il sindaco di Cinisello Balsamo Siria Trezzi e il vicepresidente della Regione Lombardia, Mario Mantovani, che ha anche la delega alla Sanità. IL REPARTO è dedicato ai cosiddetti pazienti fragili, principalmente anziani che necessitano di un'assistenza medico-infermieristica specializzata e di terapie di media complessità, ma anche malati cronici, che non richiedono ricovero in un reparto per pazienti acuti, o che hanno un preciso piano terapeutico da eseguirsi in un ambiente protetto. «In tutta la Regione sono circa tremilioni le persone affette da cronicità e pluricronicità: uno dei temi su cui ci stiamo interrogando è la presenza di anziani che necessitano di un'assistenza specializzata. Per questo credo che il reparto che inauguriamo oggi si inserisce in maniera corretta in questo solco e va nella direzione giusta», ha detto il vice governatore Mantovani. Che ha riservato i complimenti alla struttura cinisellese: «Congratulazioni per l'aria che si respira entrando in questo ospedale - ha aggiunto nella conferenza in Aula Magna -. L'accoglienza che avete riservato a me oggi è il segno distintivo della qualità della sanità lombarda». IL NUOVO reparto si apre al terzo piano. Occupa circa 800 metri quadrati e per ora è stato attrezzato con 20 posti letto anche se, parola di Alessandro Visconti, «possiamo anche arrivare a 24». Dodici le camere pronte ad accogliere i pazienti, tutte dotate di servizi igienici, televisore e climatizzatore: due di queste sono riservate ai pazienti che hanno specifiche problematiche e necessitano di un ulteriore isolamento per problemi, per esempio, di natura infettivologica. I lavori sono stati realizzati grazie a un finanziamento regionale per un importo di circa 1,3 milioni di euro. «I successi dell'Ospedale Bassini, come quello che celebriamo qui oggi, sono motivo di orgoglio per la nostra città ma anche per tutti i cittadini», ha detto il sindaco di Cinisello, Siria Trezzi. L'inaugurazione, con tanto di taglio del nastro e di benedizione da parte del cappellano don Luigi Lesmo e del parroco di Sant'Ambrogio don Alberto Capra, è solo la punta dell'iceberg di una lunga lista di interventi migliorativi messi in atto al Bassini. «Tra le prossime opere in programma - ha dichiarato il direttore generale Icp Visconti -, dobbiamo annoverare anche il restyling del reparto di Medicina fisica riabilitativa al sesto piano». Image: 20140906/foto/2662.jpg SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 61 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CINISELLO BALSAMO L'ASSESSORE REGIONALE MANTOVANI ALL'INAUGURAZIONE 06/09/2014 Il Manifesto - Ed. nazionale - editoriale Pag. 1 (diffusione:24728, tiratura:83923) È la fine di un tabù Luigi Manconi, Antonella Soldo Finalmente una buona notizia. O almeno così sembra. Sarebbe prossimo, cioè, il parere favorevole del ministero della Salute per l'avvio di una produzione di cannabis medicinale presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Se davvero così fosse, dovremmo esserne soddisfatti. Innanzitutto perché questa misura potrebbe introdurre una rilevante cesura nei processi di stigmatizzazione della cannabis come droga letale: una convinzione così pervicacemente impressa (e con effetti così perniciosi) tanto nella mentalità diffusa quanto nel senso comune di molte categorie: medici e operatori sociali, legislatori e opinion leaders. CONTINUA|PAGINA8 DALLA PRIMA Una interdizione morale e ideologica, che ha finito con l'assumere nel corso del tempo il peso di un vero e proprio tabù. Il che ha prodotto profonde conseguenze sia sul piano della ricerca scientifica che su quello dell'organizzazione sanitaria e, infine, nella sfera delle politiche pubbliche. Ora, sembra che si sia arrivati a un passaggio cruciale: è in via di formulazione e di definitiva stesura un protocollo tra i ministeri della Difesa e della Salute, frutto di una discussione che ha coinvolto esperti e tecnici dei due ministeri e l'Istituto superiore di sanità. E si va verso la decisione di affidare allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze l'incarico di preparare farmaci cannabinoidi. E' esattamente quanto abbiamo proposto a partire dal gennaio del 2014 attraverso un disegno di legge, una conferenza stampa, alcuni convegni e numerosi articoli (anche su queste stesse colonne). Accanto al diritto, davvero intangibile, all'auto-coltivazione per uso medico personale da parte dei pazienti, va assicurata una produzione industriale, magari pubblica, dal momento che finora non una sola azienda farmaceutica italiana ha chiesto la relativa licenza. Ebbene, quello Stabilimento di Firenze, dipendente dal ministero della Difesa, ci è sembrata la sede più adeguata per una coltivazione controllata e garantita. La proposta, che aveva sollecitato l'interesse della direzione dell'istituto, era stata accolta con il massimo favore da parte del ministro della Difesa, Roberta Pinotti. E fu proprio il sottosegretario di quel ministero, Domenico Rossi a illustrare - durante il convegno «La cannabis fa bene, la cannabis fa male» organizzato da «A buon Diritto» e dall'Associazione Luca Coscioni - la «capacità tecnica dello Stabilimento, con uno spettro che potrebbe andare dalla coltivazione al confezionamento», sottolineando, tuttavia, l'esigenza di raggiungere un accordo con il ministero della Salute. Quell'intesa oggi sembra a portata di mano. La tragedia è che ci sono voluti sette anni e tante sofferenze inascoltate perché si arrivasse a questo primo risultato. Risale, infatti, al 2007 il decreto ministeriale firmato da Livia Turco che inserisce il Thc e altri due farmaci analoghi di origine sintetica (il Dronabinol e il Nabilone) nella tabella delle sostanze psicotrope con attività farmacologica, riconoscendone così la legittimità dell'utilizzo in ambito medico. Nel 2013 un ulteriore decreto, emanato dal ministro della Salute Renato Balduzzi, sancisce l'efficacia farmacologica dell'intera pianta della cannabis. Nel frattempo undici regioni (Puglia, Toscana, Marche, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Abruzzo, Sicilia, Umbria, Basilicata, Emilia Romagna) hanno approvato leggi sulla cannabis medicinale. Questi provvedimenti, sebbene disomogenei tra loro, convergono tutti nel prevedere l'erogazione di quei farmaci con spese a carico dei rispettivi servizi sanitari regionali. Nonostante questi dispositivi, però, i numeri raccontano tutt'altro: solo 40 pazienti nel 2013 hanno avuto accesso a quella terapia. Gli ostacoli sono in primo luogo di natura culturale: il personale sanitario non è adeguatamente informato e medici e farmacisti il più delle volte sono riluttanti a fornire i cannabinoidi. A ciò si aggiunge un iter burocratico complesso e farraginoso. Al presente, questa la procedura: medico curante, azienda sanitaria, ministero della Salute, mercato estero, importazione, farmacia ospedaliera e infine paziente. Ciò porta il costo del prodotto a livelli altissimi, così che un mese di assunzione del farmaco può comportare una spesa di molte centinaia di euro. L'esito è che ancora oggi troppi pazienti si riforniscono al mercato nero. In conclusione, si può dire che questa vicenda, e il suo probabile risultato positivo, sono sommamente istruttivi: se anche l'uso terapeutico della cannabis è tuttora gravato da un tabù così pesante da impedirne la SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 62 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato MARIJUANA DI STATO 06/09/2014 Il Manifesto - Ed. nazionale - editoriale Pag. 1 (diffusione:24728, tiratura:83923) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 63 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato piena utilizzazione, si può ben capire perché una ragionevole legalizzazione per uso ricreativo incontri tanti ostacoli. Non è un caso che nel momento stesso in cui sembra accertato il consenso del ministro della Salute alla produzione di cannabis medica, il primo interesse di Beatrice Lorenzin sembra quello di affermare la sua irresistibile, impermeabile e inossidabile opposizione a ciò che ella chiama «liberalizzazione». Ci cascano le braccia. E' da quarant'anni che gli antiproibizionisti insistono su un punto cruciale: quello vigente oggi in Italia è propriamente un regime di liberalizzazione. Ovvero un sistema che permette a chiunque, a qualunque ora del giorno e della notte, in qualsiasi via o piazza di qualunque città, di acquistare una qualsivoglia sostanza stupefacente presso un'estesa rete di esercizi commerciali: gli spacciatori. Come si vede, un vero e proprio regime di liberalizzazione (illegale). All'opposto, ciò che vorremmo è una normativa di regolamentazione uguale a quella adottata per altre sostanze perfettamente legali e il cui abuso produce danni assai maggiori di quelli determinati dall'abuso di derivati della cannabis. Dunque, produzione, distribuzione e commercializzazione a carico dello Stato, con adeguata tassazione, e con limiti e vincoli. Ma è davvero così difficile intenderlo? 07/09/2014 Libero - Ed. nazionale Pag. 22 (diffusione:125215, tiratura:224026) (A. S.) Una survey on line è stata realizzata dalla Daiichi Sankyo insieme alla Società del Ritmo Cardiaco tra 1100 cardiologi in Brasile, Francia Germania, Giappone, Spagna, Regno Unito e USA esaminando la gestione della Fibrillazione Atriale Non Valvolare e il rischio di sanguinamento, la 'storia' dello stroke emorragico e le eventuali complicanze del paziente. L'indagine ha evidenziato che il fattore più importante nella scelta del trattamento per la prevenzione dell'ictus è il profilo di efficacia generale del farmaco. "Una quota significativa di pazienti con NVAF che dovrebbe ricevere un trattamento per l'anticoagulazione non sta ricevendo alcuna terapia anticoagulante orale (OAC) - ha detto Hugh Calkins, ultimo Past President della Heart Rhythm Society - e nei paesi presi in esame quasi tutti i cardiologi hanno riferito che i pazienti NVAF probabilmente hanno 'sofferto' un ritardo nella diagnosi". Secondo Wolfhard Erdlenbruch, direttore esecutivo Medical Affairs di Daiichi Sankyo "si tratta di risultati che sottolineano inoltre che un approccio 'uguale per tutti' non è certamente il modo ideale di gestire i pazienti con NVAF". Tutti i cardiologi (98%) ritengono che nei pazienti NVAF si può facilmente verificare un ritardo nella diagnosi, soprattutto perché sono asintomatici (86%), ma anche a causa della scarsa consapevolezza tra i medici di famiglia, medici di medicina generale (40%) e, in parte, degli stessi pazienti(36%). Sempre secondo il sondaggio l'84% dei cardiologi crede che l'assistenza coordinata tra gli operatori sanitari sia importante per la gestione della NVAF, ma solo un terzo degli intervistati (33%) ritiene che questo tipo di approccio 'integrato' per la gestione della NVAF sia oggi nei vari paesi ad un livello adeguato. Purtroppo gli stessi cardiologi riferiscono che poco meno della metà dei loro pazienti con NVAF hanno un caregiver e il 73% degli intervistati ritiene che i pazienti con un caregiver siano in grado di gestire meglio la loro condizione di quelli senza una badante. SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 64 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato FIBRILLAZIONE ATRIALE NON VALVOLARE (NVAF) LE CURE TROPPO DIVERSE DA UN PAESE ALL'ALTRO 08/09/2014 Il Secolo XIX - Genova Pag. 21 (diffusione:103223, tiratura:127026) Esenti ticket, in coda per gli esami «Non paga? Allora va dopo gli altri». La Asl apre un'indagine sui centri di diagnostica privati L'AZIENDA La dirigente Rebagliati: «Escludo che ci sia stata una direttiva da parte della Asl » EMANUELE ROSSI NON SI PAGA il ticket, sui raggi, ma il tic-tac. Nel senso del tempo perso, perché messa in coda in quanto esente dal pagamento della compartecipazione alla spesa sanitaria, in una struttura privata genovese convenzionata con la Asl3. «Se non paga il ticket deve andare dopo gli altri, perché la Asl non ci rimborsa», si è sentita dire al centralino al momento della prenotazione. L'episodio è stato denunciato al SecoloXIX da M. U., una paziente genovese con esenzione CO3, che significa essere invalidi civili con riduzione della capacità lavorativa dei due terzi, dal 67% al 99% di invalidità. L'esenzione, in Liguria, riguarda tutte le prestazioni, quindi visite ed esami inclusi. E la donna aveva bisogno di una lastra al bacino. «Il mio medico di famiglia mi ha fatto la ricetta per una lastra al bacino, senza indicare l'urgenza della prestazione - racconta la donna però ho deciso di rivolgermi ai centri privati in convenzione, per paura di dover aspettare troppo tempo se fissavo un appuntamento in ospedale». Prima, quindi, la donna ha chiamato i centralini della Iro di via San Vincenzo, secondo il suo racconto, «mi hanno subito chiesto se ero esente dal pagamento ticket e ho detto di sì, ma non sapevo perché me lo chiedessero. Poi mi hanno fissato l'appuntamento per la metà di settembre. Troppo tardi, però, perché mi fa male e allora ho provato all'istituto Morgagni di corso De Stefanis (che adesso fa parte del gruppo "Baluardo", ndr). «Anche lì mi sono sentita chiedere se ero esente al pagamento del ticket e allora ho chiesto perché e mi hanno detto che se ero esente sarei passata in coda ad altri esami». Una risposta che lascia interdetta la donna, che chiede ulteriori spiegazioni: «Mi hanno detto che siccome la Asl non paga più avevano questo tipo di politica e che non ci si poteva fare niente. Allora ho telefonato all' ufficio relazioni pubbliche della Asl 3 e poco dopo mi hanno richiamato dal centro, fissandomi l'esame a distanza di pochi giorni, come per magia». Sin qui, il racconto della paziente. Ma davvero nei centri diagnostici privati chi è esente dal pagamento del ticket viene messo "in coda" rispetto ad altri pazienti? Il SecoloXIX ha chiesto lumi alla sede del "Baluardo" di calata Mandraccio. «Mi sembra una ricostruzione strana - spiega la dottoressa Paola Deanno del Baluardo - perché nel nostro centro di corso De Stefanis non si fa radiologia in convenzione con la Asl, quindi la signora avrebbe dovuto pagare comunque, senza distinzione tra esenti ticket o meno». Ma che l'ipotesi non sia campata in aria lo conferma la stessa dottoressa: «Probabilmente la signora si è confusa, non si tratta di noi. Ma nei centri convenzionati le prestazioni vengono svolte in convenzione (quindi la Asl le rimborsa poi al centro) sulla base di un budget assegnato dall'azienda sanitaria a inizio anno a ciascuna struttura, una dotazione che è stata ridotta negli ultimi anni». Oltre quel budget, il centro può decidere se offrire comunque la prestazione dietro presentazione di ricetta rossa, ma rischia che non gli venga rimborsato. «Noi calcoliamo il budget su base mensile, altri centri annuale. Ma si può ipotizzare che un centro decida di fare più tardi gli esami non urgenti esenti dal pagamento del ticket perché"consumano" una parte maggiore del budget a disposizione». Mentre con il pagamento del ticket in cassa al centro rimane subito denaro contante. Insomma, una pratica poco corretta e non ammessa, ma non certo impossibile, altrimenti non si spiegherebbe il perché della richiesta sull'esenzione prima ancora di effettuare la prenotazione. Di certo c'è che per la Asl3 non è un comportamento corretto e l' Ufficio relazioni pubbliche di via Bertani annuncia che sull'accaduto denunciato da M. U. aprirà un'indagine: «A noi non risulta che venga praticata questa prassi dai centri con i quali siamo in convenzione, perché non sarebbe regolare. Quanto ai pagamenti, la Asl paga con regolarità e senza ritardi. Può essere vero che il budget viene spesso esaurito prima del limite dai centri, ma non certo a inizio settembre. Vogliamo vederci chiaro», spiega il responsabile dell'unità operativa cure primarie Lorenzo Bistolfi. Indicazione ribadita con forza da Bruna Rebagliati, direttrice sanitaria dei presidi ospedalieri della Asl3: «Quello che posso escludere con certezza è che ci sia stata una direttiva da parte della Asl in questo senso, ma non che ci sia stato un comportamento SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 65 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL CASO DALLA DENUNCIA DI UNA PAZIENTE 08/09/2014 Il Secolo XIX - Genova Pag. 21 (diffusione:103223, tiratura:127026) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 66 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato scorretto da parte di qualche centro privato. In ogni caso, indagheremo perché sarebbe un'azione grave, visto che l'esenzione ticket dà diritto esattamente alle stesse condizioni di trattamento di chi lo paga». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Il caso segnalato al Secolo XIX da una paziente ha spinto l'Asl ad aprire un'inchiesta sui centri convenzionati 08/09/2014 Il Secolo XIX - Genova Pag. 21 (diffusione:103223, tiratura:127026) «LA CENTRALINISTA E QUELLA DIAGNOSI PER TELEFONO, POVERA SANITÀ PUBBLICA» L'INCONTRO con la sanità pubblica passa quasi sempre da un centralino. E insieme a migliaia di casi di centralinisti che si prodigano ben oltre il loro ruolo per fissare appuntamenti secondo le esigenze dei pazienti, ce ne sono altri che si improvvisano medici e fanno diagnosi per telefono, facendo imbufalire i pazienti. Uno di questi è raccontato da Fabrizio C., genovese padre di un bambino di quattro anni, che voleva portare suo figlio a fare una visita oculistica e prenotare una visita vascolare. «Non che ci siano problemi preoccupanti ma, essendo entrambi genitori miopi, vogliamo rassicurarci con una visita di controllo spiega l'uomo - Il nostro medico, inoltre (preciso che è un oncologo), ci compila una richiesta per una visita vascolare a causa di un angioma piano che il bimbo ha sul polpaccio destro e che, col passare del tempo, ha iniziato ad espandersi. Chiamiamo il Cup (della Asl3) con i certificati del pediatra ed una centralinista, marcatamente scortese, pretende di farci una diagnosi telefonicamente senza aver mai visto il bambino. Ci chiede di tastarlo e di vedere che succede, risponde che dobbiamo tornare dal pediatra e farci fare una richiesta per una visita dermatologica. È a questo punto che mia moglie le porge la fatidica domanda: "ma lei è un medico?". Alla risposta negativa mia moglie incalza seccata di prenotare l'esame richiesto. La risposta ci lascia spiazzati: "Non c'è posto prima di febbraio 2015!"». Meglio invece per la visita oculistica, che glòi viene fissata al 4 sdettembre scorso. Ma anche in questo caso Fabrizio C. non ha un buon ricordo: «L'appuntamento è alle 10: dottori se ne vedono ovunque, vanno e vengono per i corridoi: qualcuno cammina più velocemente, altri passeggiano e chiacchierano tra loro, c'è chi ti rivolge persino un educato sorriso ma passa e va oltre ... Anche il tempo passa e arrivano le 11:30 quando finalmente mia moglie viene chiamata all'interno dell'ambulatorio (l'unico posto dove di dottori non c'è ombra - la vista viene fatta da laureandi che avranno all'incirca vent'anni). Comincio a pormi infinite domande: "ma a che serve prenotare un appuntamento se si rimane per ore in sala d'attesa? Perché non pagare il ticket e presentarsi direttamente senza telefonare al CUP? E chi lavora? Basteranno due ore di permesso? Perché i dottori esistono solo nei corridoi?». Alla fine l'amara conclusione: «Qualcuno mi ha suggerito che avrei dovuto fare tutto privatamente. La mia risposta è no, non voglio! Perché non me lo posso permettere e perché non voglio cadere nella trappola tesa per indurti a non usufruire della Sanità Pubblica. Non entro nel merito della professionalità per non incorrere nello stesso errore compiuto dalla "solerte" centralinista. Resta, però, una mia ferma convinzione che se ci fosse più serietà nell'organizzazione e soprattutto una maggiore considerazione per chi versa in una situazione di bisogno forse si riuscirebbe a vivere in un mondo migliore. Un mondo a misura d'uomo fatto di cortesia, di rispetto e di quella spensieratezza che è propria dei bambini e ai quali, nostalgicamente, invidio loro ogni giorno». SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 67 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LO SFOGO DI UN GENITORE CHE DEVE ASSISTERE IL FIGLIO IL CASO 07/09/2014 Il Tempo - Roma Pag. 5 (diffusione:50651, tiratura:76264) Lavori eterni all'ospedale Nove milioni in 9 anni Sperperi senza fine e la Regione stanzia altri fondi Antonio Sbraga TIVOLI Al nono anno di lavori anche il conto si adegua: 9 milioni di euro. A tanto ammonterà il costo complessivo della ristrutturazione dell'ex Monte di pietà di Tivoli dopo il nuovo finanziamento di «circa 1,3 milioni di euro per i lavori di restauro e recupero funzionale» del Palazzo Cianti attiguo al nosocomio. Stavolta i fondi sono quelli appena concessi dal Ministero dell'Economia alla Regione per l'edilizia sanitaria. Ma il cantiere non è nuovo: è aperto dal 2005, quando la Regione già finanziò per 7 milioni e 746 mila euro il «progetto esecutivo di ristrutturazione e completamento» del palazzo fatto erigere nel XVII secolo dal vescovo della Marsica per combattere l'usura. Ma non contro quella arrecata dal passare del tempo: la struttura, dopo quasi 40 anni di completo abbandono, ha infatti richiesto diversi interventi pur di essere in grado di poter ospitare la scuola infermieri, oltre ad uffici, servizi e reparti dell'ospedale. Tutti però in attesa del trasloco da quasi 9 anni, ossia da quando Palazzo Cianti è ostaggio di un cantiere infinito, che nel gennaio scorso ha visto approvare anche nuove varianti in corso d'opera, «finalizzate al miglioramento e alla sua funzionalità che non comportano aumento dell'importo del contratto». Ora con questa nuova tranche di finanziamenti del Mef il cantiere dovrebbe completare l'agognato restyling, «ma non capiamo quali altri tipi di interventi di restauro e recupero funzionale siano necessari adesso - chiede il responsabile del sindacato Fials, Vittorio Iannotta- dopo quasi 9 anni di un analogo cantiere per la «ristrutturazione e il completamento» del Palazzo che, da tempo, peraltro, è stato annunciato dall'Asl Rm G come prossimo alla riapertura». Ma gli slittamenti dei cronoprogrammi si segnalano anche negli altri ospedali dell'Asl Rm G, interessati da lunghi «lavori in corsia». A Colleferro 7 anni dopo l'avvio dei «lavori di ristrutturazione, completamento e messa a norma» del nosocomio, passati tra ben 4 avvicendamenti di diverse società nell'appalto da 12 milioni e 911 mila euro, c'è stato bisogno di un'ennesima perizia perché lo scorso anno «sono sopraggiunte nuove esigenze che hanno richiesto la redazione di una nuova variante, diversa da quella approvata nel marzo scorso e non ancora ratificata dalla Regione». Cantieri a rilento anche per il progetto-pilota della prima Casa della Salute del Lazio a Palombara (6 milioni e 918 mila euro), attesa da 8 anni. INFO Vanno a rilento anche i lavori dell'ospedale di Palestrina costo di 9 milioni e 812 mila euro, quelli di messa a norma e ristrutturazione dell'ospedale di Subiaco spesa di 2 milioni e 179 mila euro Ritardi SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 68 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tivoli Ancora lontano il trasloco del Monte di Pietà a Palazzo Cianti 08/09/2014 Il Tempo - Roma Pag. 2 (diffusione:50651, tiratura:76264) Ecco i prossimi tagli Via altri 531 letti Non c'è pace per le strutture romane Nuovo provvedimento entro 2 settimane Antonio Sbraga Come una recidiva, la patologia del maxi-deficit torna ad aggredire 4 anni dopo il corpaccione debilitato della sanità romana, che ha già subito amputazioni per 2280 posti letto nel 2010 con il decreto 80. Ma, per salvare il tessuto economicamente sano e far rientrare nei parametri l'assistenza ospedaliera pubblica e privata convenzionata di Roma e provincia, nei prossimi mesi il bisturi dei tagli tornerà ad affondare i suoi colpi, con una sforbiciata di altri 531 letti, portando a 2811 il computo complessivo dei posti, per acuti e post-acuzie, perduti in soli 4 anni. IL NUOVO DECRETO Entro giovedì 25, infatti, la Regione dovrà emanare «una revisione del documento di programmazione relativo alla rete ospedaliera», ossia il Decreto commissariale 80 risalente al 2010. Cosa resterà del Decreto 80 verrà fissato in un nuovo atto «con individuazione per singola struttura del numero dei posti letto suddivisi per area assistenziale medica, chirurgica, intensiva-subintensiva, materno-infantile-pediatrica, mantenendo la specificità per la specialità di psichiatria, malattie infettive e post-acuzie». Ma, già da adesso, è certo che «l'intervento proposto prevede una riduzione massima di 395 posti letto per acuti nel pubblico, pari al 58% della riduzione, e 287 nel privato accreditato, ivi compresi gli ospedali classificati». Mentre, per quanto concerne le «post-acuzie si prevede un incremento di 73 posti letto nel pubblico ed una riduzione di 5 posti letto nel privato accreditato». IL TAGLIO DI 531 LETTI Con un saldo, appunto di 531 letti tagliati a partire dal 2015, che si andranno a sommare ai 2280 amputati nel 2010 fra Roma e provincia. Perché, come specificato nei «programmi operativi 2013-2015» della Regione, la «riduzione dell'offerta ospedaliera per acuti, principalmente, sarà nell'area metropolitana di Roma dove il numero di posti letto per abitante è al di sopra dello standard di 3 per mille». Nell'intera Regione la «diminuzione della dotazione dei posti letto» negli ultimi 4 anni è già passata da «4,5 ogni mille abitanti a 3,9». Ma non basta. Soprattutto nella capitale, dove la dieta prescritta per ora prevede altre rinunce dolorose. A partire dalla «totale dismissione del Presidio ospedaliero Forlanini con trasferimento dell'attività sanitaria al Presidio ospedaliero San Camillo», ossia i 59 residui posti letto scampati alla mannaia del Decreto 80 di 4 anni fa. FORLANINI E CTO In Regione «sono in corso valutazioni per definire la nuova destinazione ad uso istituzionale dell'immobile», ossia i 600 mila metri cubi del grande nosocomio inaugurato nel 1934. E, se ancora non è nota la fine della struttura del Forlanini, è invece già decisa la «Vendita d e l l ' i m m o b i l e del CTO (Centro ]Traumatologic o Ospedaliero) con focalizzazione della mission assistenziale in sinergia all'Istituto assicurativo Inail».È previsto il «trasferimento di parte delle attività del Cto al Sant'Eugenio». Però, malgrado il «mantenimento dell'Unità Spinale Unipolare all'interno del presidio ospedaliero unificato Sant'Eugenio-CTO, con incremento dei posti letto, da 16 a 32, ed attivazione di un'area di Terapia Intensiva dedicata», il mantenimento del «polo ortopedico-riabilitativo avrà tra i 100 e i 120 posti letto», quindi 24 in meno degli attuali 144 (che fino al 2010 erano 215 prima del taglio dei 71 letti apportato dal Decreto 80). S.FILIPPO NERI E S. SPIRITO Anche il San Filippo Neri subirà una «rimodulazione dei posti letto», anche se con la «salvaguarda delle specialità legate all'emergenza, di tutta la filiera oncologica sia medica che chirurgica, dell'area materno-infantile e della riabilitazione». La Regione vuole «rafforzare la vocazione dell'Ospedale S. Spirito come presidio di emergenza-urgenza, trasferendone parte dell'attività in elezione presso il San Filippo Neri, con contestuale rimodulazione dei relativi posti letto del Santo Spirito». Che, già nel 2010, perse 60 letti, mentre al San Filippo Neri il Decreto 80 tagliò 42 posti. EASTMAN E REGINA MARGHERITA ADDIO Dal 2015 scatterà anche la «cessazione dell'attività di ricovero del presidio pubblico George Eastman dell'Asl Roma A: l'attività di ricovero in regime ordinario è organizzata in 9 posti letto di odontoiatria, e 4 posti di otorinolaringoiatria». Dunque rimarranno solo 13 posti letto, l'esatta metà degli attuali 26, dopo gli 11 già tagliati dal Decreto 80. L'Eastman verrà integrato «strutturalmente e funzionalmente all'Azienda Umberto I» e «le attrezzature, gli ambulatori ed il blocco operatorio» manterranno la «loro SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 69 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA CRISI DELLA SANITÀ 08/09/2014 Il Tempo - Roma Pag. 2 (diffusione:50651, tiratura:76264) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 70 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato operatività all'interno dell'assetto organizzativo del Policlinico». È anche prevista la «riconversione del presidio pubblico Nuovo Regina Margherita in Casa della Salute», con la perdita dei rimanenti 4 posti letto dopo i 16 già tagliati nel 2010. E anche «l'attività in regime di ricovero diurno, nelle more del completamento del processo di unificazione della Asl Roma A con la Roma E, è erogata dal presidio come articolazione organizzativa dell'Ospedale Santo Spirito». Solo dopo questi nuovi interventi si potrà fronteggiare la dolorosa recidiva e, apportando i tagli dei 531 letti dal 2015 dopo i 2280 operati nel 2010, «la rete ospedaliera programmata- conclude la diagnosi della Regione- risulterà in linea con le indicazioni nazionali». Mauro Alessandri Chiedo ai vertici Asl Rm G di agire con scelte opportune, puntuali e coerenti, sul fronte dei servizi e dell'impiego e salvaguardia del personale Giuliano Sala Ho inviato una lettera al presidente della Repubblica, per chiedere quali azioni può mettere in atto a difesa e tutela di un bacino di 140mila utenti Nicola Zingaretti La dotazione totale dei letti, pari a 3,9 Posti ogni mille abitanti, risulta superiore al valore di riferimento previsto dalla Legge 135-2012 Sandro Bernardini (Uil) Nel decreto dello scorso anno era previsto un incremento dei posti nelle Asl Rm F e G e ancora una volta non è stato rispettato nessun parametro Foto: Sforbiciata Non c'è pace per gli ospedali della Capitale e di tutta la provincia che da anni non fanno altro che sopportare soltato tagli e ridimensionamento non riuscendo così a contenere le richieste degli utenti Foto: Monterotondo Il provvedimento colpirà anche il SS. Gonfalone Bracciano L'ospedale Padre Pio nell'occhio del ciclone 08/09/2014 Il Tempo - Roma Pag. 3 (diffusione:50651, tiratura:76264) Le aziende locali di Civitavecchia e Tivoli hanno meno di un terzo degli standard previsti Promesse mancate Le Asl Roma F e G avrebbero dovuto ottenere 55 posti in più La trasfromazione Tre presidi attualmente sedi di pronto soccorso diventano area disagiata Ant. Sbr. La dieta imposta agli ospedali laziali rischia di far collassare anche quelli della provincia romana che, già attualmente, sono i più carenti di letti. Il decreto atteso per il 25, infatti, taglierà nelle due Asl più povere di posti del Lazio, che già ora dispongono di meno di un terzo dei letti previsti dagli stessi standard regionali, circa 100 posti. Nel giro di un anno l'Asl Rm F e Rm G rischiano di passare dal promesso incremento di 55 letti alla perdita del doppio di quei posti. Ossia circa la metà dei 220 letti di cui attualmente dispongono gli ospedali di Bracciano, Monterotondo e Subiaco, già scampati alle amputazioni del 2010, sospese anche a causa dei ricorsi ai giudici amministrativi contro il Decreto 80. Un taglio «in contraddizione rispetto al Decreto 480 del 6 dicembre scorso- denuncia Sandro Bernardini, segretario generale della Uil Fpl di Roma e Lazio- In quel decreto si diceva di aumentare i posti letto nelle strutture carenti, come appunto Asl Rm F ed Asl Rm G: 262 posti nell'Asl F (0,83%) rispetto ai 234 attuali e 625 nell'Asl G (1,26%) rispetto ai 598 attuali». Ora, invece, da ospedali sede di Pronto soccorso i 3 nosocomi passeranno a «presidi di area disagiata». Che perderanno la metà degli attuali letti per acuti e i reparti di degenza, ad eccezione di Medicina (con 20 posti ciascuno) e «una chirurgia elettiva ridotta che effettua interventi in Day surgery o eventualmente in Week Surgery con la possibilità di appoggio nei letti di medicina per i casi che non possono essere dimessi in giornata». Così diventeranno i nuovi «presidi ospedalieri di base» di Bracciano, Monterotondo e Subiaco secondo i piani operativi 2013-15 recepiti dal decreto 247. Il quale dispone anche, per il settembre 2016, «l'apertura del nuovo Ospedale dei Castelli con circa 300 letti, che andrà a sostituire i Riuniti di Albano e Genzano e lo Spolverini di Ariccia», con un saldo in attivo di 64 posti letto in più rispetto ai 236 complessivi attuali. Per la riorganizzazione di Bracciano, Monterotondo e Subiaco, invece, «anche in previsione di un rafforzamento dell'offerta di emergenza territoriale nelle 3 aree, viene avviato un monitoraggio dell'attività finalizzato ad una riconsiderazione della loro funzione entro il 31 dicembre 2015». Per ora avranno «risposta all'emergenza assicurata h24 da medici del Dea di I livello (Civitavecchia per Bracciano e Tivoli per gli altri 2), posti di Osservazione Breve Intensiva, presenza h24 del mezzo di soccorso medicalizzato, elisuperficie, laboratorio analisi per l'emergenza, servizio di teleconsulenza per la radiologia. L'attività di ricovero viene garantita con posti letto medicina generale, di chirurgia e di Day Surgery come dall'emanando regolamento (punto 9.2.2) della Legge 135/2012». Ma il sindaco di Bracciano, Giuliano Sala, si è già detto pronto a tornare al Tar, dopo la vittoria al Consiglio di Stato contro la riconversione tentata dal decreto 80 del 2010, perchè preferisce richiamarsi ad un'altra norma, la legge del 1992 che stabilisce, per il mantenimento della sede di Pronto Soccorso, la necessaria presenza di Medicina, Chirurgia e Ortopedia ed i relativi posti letto. Invece la proposta regionale «con la eliminazione di 40 posti letto per acuzie», abbasserebbe il rapporto letti-residenti nell'Asl Rm F dall'attuale 0,7 allo 0,5 a fronte dello standard regionale che prevede 3 letti ogni mille abitanti. Un «rapporto posti letto-popolazione residente che mostra di essere il più basso di tutta la Regione», come lamenta da tempo lo stesso direttore generale dell'Asl Rm F di Civitavecchia, Giuseppe Quintavalle. Anche l'Asl più estesa del Lazio (con i suoi 70 Comuni), la Rm G di Tivoli, Asl Rm G lamenta la «continua diminuzione dei posti letto attivi. Attualmente, infatti, l'Azienda nel suo complesso ha a disposizione 470 posti letto, rispetto ai 1431 necessari e stimati sulla base del fabbisogno della propria popolazione. Questa grave carenza produce di fatto il trasferimento obbligato del paziente in altri ospedali. Lo stesso vale per gli accessi di pronto soccorso». Con un conseguente record di mobilità passiva sia nei ricoveri (69%) che negli accessi (34,7%). SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 71 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il bisturi non risparmia le due Asl più povere 08/09/2014 Il Tempo - Roma Pag. 3 (diffusione:50651, tiratura:76264) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 72 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INFO Anziani Nel decreto della Regione si evinche anche che in tutto il Lazio anche «la dotazione dei posti letto presso le strutture residenziali per persone della terza età non autosufficienti e di posti letto per l'assistenza residenziale psichiatrica risulta carente». Insufficuenti anche i posti esistenti 07/09/2014 QN - La Nazione - Firenze Pag. 27 (diffusione:136993, tiratura:176177) Il Consiglio all'unanimità «L'ospedale non si tocca» TUTTI D'ACCORDO sull'ospedale. Perché «riveste per l'intero territorio mugellano un ruolo importante e imprescindibile per i servizi sanitari che ospita» e «le evidenziate criticità strutturali del plesso non devono mettere in discussione la permanenza in Mugello di tali servizi sanitari». Lo dice il consiglio comunale di Borgo San Lorenzo all'unanimità. Che ha discusso il tema su proposta del capogruppo della lista civica «Cambiamo insieme», Luca Margheri, con il documento poi modificato dal capogruppo del Pd Sonia Spacchini. Da oltre un anno i tecnici incaricati dall'Asl di Firenze lo hanno messo nero su bianco: l'ospedale del Mugello ha gravi problemi statici e di sicurezza sismica. «A giugno - dice Margheri - l'Asl ha deliberato un intervento di miglioramento statico strutturale, prevedendo un costo di 900mila euro. Un intervento che non risolve affatto il problema vero, quello della sicurezza sismica. Per questo è doveroso stare addosso a Asl e Regione. Quando s'ipotizza la demolizione e ricostruzione della struttura, ci sarà permesso di essere preoccupati. E anche prevedere interventi di consolidamento non sarà cosa indolore per l'organizzazione dell'ospedale. Per non parlare del fabbisogno economico, saranno necessarie decine e decine di milioni». SONIA Spacchini nega di aver voluto edulcorare il documento presentato da Luca Margheri: «Il senso di fondo - nota la capogruppo del Pd - è condiviso. Abbiamo voluto evitare di citare aspetti tecnici che a oggi sono allo studio. E abbiamo detto le cose che ci stavano a cuore. Non è un tema che nasce oggi...». E il sindaco Omoboni ricorda che grazie all'iniziativa dell'assessore alla salute Bonanni è già stato programmato a settembre un 'Tavolo Sanità' con la presenza di sindaci e assessori mugellani, direzione sanitaria e generale dell'Asl. Paolo Guidotti SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 73 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato BORGO SAN LORENZO ALLARME SICUREZZA 06/09/2014 La Padania - Ed. nazionale Pag. 11 (tiratura:70000) Prestazioni sanitarie anche alla sera e nei fine settimana. Dal 18 maggio sono state 56.235 le prenotazioni e oltre 35.500 le cure già effettuate Allo studio anche un nuovo accordo per la gestione delle case del Comune di Milano, che coinvolga tutta l'area metropolitana Igor lezzi La Regione Lombardia continua a lavorare seriamente. Ieri Roberto Maroni ha potuto snocciolare importante provvedimenti sulla sanità e sulla casa, emergenze tra le più sentite dai cittadini. A cominciare dall'operazione "Ambulatori aperti" che consente ai cittadini di poter usufruire di prestazioni sanitarie anche alla sera e nei fine settimana. Dal 18 maggio sono state 56.235 le prenotazioni e oltre 35.500 le prestazioni già effettuate. Numeri illustrati dal presidente della Regione, che ha sottolineato anche come il numero delle strutture sanitarie coinvolte (240 in tutta la Lombardia), sia «destinato ad essere incrementato». «Durante la sperimentazione fra maggio e luglio ha fatto notare il governatore - abbiamo rilevato l'ampio gradimento dell'iniziativa, quindi abbiamo reso permanente la misura, offrendo un servizio importante ai cittadini». La Regione non ha intenzione di fermarsi qui. «Il nostro obiettivo - ha spiegato infatti Maroni - è di arrivare progressivamente alla riduzione e quindi all'eliminazione delle liste d'attesa. Un impegno costoso e gravoso, che però possiamo coprire grazie alle risorse aggiuntive che ci vengono dal Fondo sanitario nazionale, oltre 500 milioni per il 2014 e altrettanti per il 2015, in virtù dell'applicazione dei costi standard, che proprio la Regione Lombardia ha fortemente voluto». Somme che possono anche aumentare grazie al decisionismo della Giunta lombarda che ieri «con una delibera ha stabilito di avviare una serie di azioni legali nei confronti dei gruppi Novartis e La Roche per la vicenda per cui queste due società sono state condannate dall'Antitrust a una multa di oltre 180 milioni: avrebbero favorito l'uso esclusivo del farmaco Lucentis, che ha un costo medio di circa 900 euro, scoraggiando quello di un farmaco analogo, Avastin, avente lo stesso principio attivo, ma con un costo di circa 80 euro. Questo avrebbe provocato, secondo l'Antitrust, un danno al Servizio sanitario nazionale stimato, dal 2009 in avanti, in centinaia e centinaia di milioni». Il danno per la sola Lombardia ammonta a 60 milioni «per cui abbiamo dato incarico all'Avvocatura regionale di procedere nei confronti delle due società per il recupero giudiziale o stragiudiziale di questo importo». A breve arriverà in giunta una delibera «che consentirà in Lombardia la fecondazione eterologa sulla quale manca una legge, è stato raggiunto un accordo in Conferenza delle Regioni, ma ci sono ancora dettagli non trascurabili da definire, per uniformare il comportamento delle Regioni». Anche sul fronte dell'edilizia popolare la giunta Maroni non sta con le mani in mano: «Regione Lombardia è pronta a studiare un nuovo accordo per la gestione delle case del Comune di Milano che coinvolga tutta l'area metropolitana». Nei mesi scorsi Aler aveva dato la disdetta della convenzione con il comune di Milano. Grazie a questa mossa «abbiamo suscitato una nuova valutazione, perché la vecchia convenzione non aveva più senso, a maggior ragione con l'arrivo della Città metropolitana. Abbiamo dunque formalmente mandato la disdetta, con l'intesa di studiare un nuovo accordo e un nuovo piano a partire da gennaio, altrimenti ognuno gestirà le proprie case». Il presidente ha infatti spiegato che l'assessore alla Casa, Housing sociale e Pari opportunità Paola Bulbarelli sta lavorando proprio col Comune, per arrivare a un accordo che garantisca alla Città metropolitana «i compiti che la nuova legge stabilisce». Anche se sul tema delle nuove realtà locali regna ancora la confusione. «In Conferenza delle Regioni - ha chiarito Maroni - si è discusso di un accordo con il Governo sul riparto delle competenze. L'accordo che doveva essere fatto per legge entro l'8 luglio non è stato sottoscritto, perché il Governo non ci mette i soldi. Siamo in procinto delle elezioni delle nuove Province (a fine settembre), ma non sappiamo ancora né quali risorse né quali competenze avranno». Nel frattempo è stato preparato un elenco con tutte le competenze trasferite alle Province (la Lombardia ne ha delegate 220) e «ora dobbiamo valutare se lasciarle o riportarle in Regione, ma il punto fondamentale è sapere se il governo mette i soldi. Altrimenti le SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 74 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Maroni e la sanità lombarda: «Sempre più ambulatori aperti, VIA LE LISTE D'ATTESA» 06/09/2014 La Padania - Ed. nazionale Pag. 11 (tiratura:70000) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 75 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Province avranno le competenze, ma non le risorse». Maroni ha poi sottolineato che in Lombardia la situazione è complicata perché, a fronte di 12 Province, la Città metropolitana partirà il 1 gennaio, 9 Province il 1 ottobre e Pavia e Mantova rimarranno con l'assetto attuale fino al 2016. «Tramite il sottosegretario Nava ha fatto presente Maroni - stiamo incontrando i sindaci di tutte le Province, perché loro sono quelli più direttamente interessati. Se le nuove province in materia di servizi per l'impiego, di manutenzione delle strade e scuole non saranno in grado di svolgere queste funzioni, tutto ricadrà sui sindaci. Sono preoccupato, non ho intenzione di ripotare qui le funzioni, perché, da federalista, voglio applicare il principio di sussidiarietà. È chiaro che se poi le deleghe saranno date a un soggetto che non funziona, dovremo intervenire». Infine, a due giorni dal Gran Premio di Monza, non poteva mancare una polemica con Bernie Ecclestone e con la folle idea di cancellare questo appuntamento dal calendario di Formula Uno. «Andrò al Gran Premio - ha assicurato il Governatore ma non parlerò con Bernie Ecclestone. Sono d'accordo con Capelli e con Dell'Orto sull'assoluta impossibilità che ci sia un calendario della F1 senza Monza perché non esiste la F1 senza Monza. Lo scorso anno ho parlato con Ecclestone, ma non ci parlerò quest'anno perché ho capito che da quel colloquio, che ho fatto per dimostrare l'interesse della Regione Lombardia alla vicenda, sono nate delle convinzioni che la Regione possa intervenire mettendoci dei soldi, ma non è così, ovviamente, a meno che il Comune di Milano e il Comune di Monza decidano, come da mia richiesta, di farci entrare nel consorzio che gestisce il parco dove c'è il circuito, mentre la Regione è solo nel consorzio della Villa Reale. Fin quando sarà così, noi i soldi non possiamo metterceli». 08/09/2014 Corriere Economia - N.28 - 8 settembre 2014 Pag. 17 La tecnologia indossabile può anche essere una «cura di mantenimento» contro le malattie gravi. La fascia Ybrain tiene sotto controllo le condizioni di chi soffre del morbo di Alzheimer, o di deterioramento cognitivo lieve. Nata dall'idea del neuroscienziato coreano Kyongsik Yun, Ybrain (ybrain.com), si indossa sulla testa. Due sensori incorporati emettono segnali elettronici a 2 milliampère (circa 1/8 della potenza di uno smartphone) per stimolare l'attività cerebrale. Il dispositivo dovrebbe essere usato per 30 minuti al giorno, cinque giorni alla settimana, a casa e senza bisogno di staff medico specializzato. Secondo gli attuali studi clinici, questo dispositivo è dal 20 al 30% più efficace di farmaci esistenti per i malati di Alzheimer. Ybrain è entrato nell'ultima fase di sperimentazione. Ottenute le autorizzazioni dalla Food and Drug Administration Usa e dell'omologa autorità coreana, dovrebbe essere possibile acquistarlo online o negli ospedali. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 76 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Un cerchietto in testa controlla l'Alzheimer 08/09/2014 ItaliaOggi Sette - N.212 - 8 settembre 2014 Pag. 19 (diffusione:91794, tiratura:136577) Fondo crescita per selezionati Domande ordinate in base alla sostenibilità economica ROBERTO LENZI Sarà molto selettivo il bando previsto dal Fondo crescita sostenibile, che concede agevolazioni alle imprese che presenteranno progetti per la ricerca e lo sviluppo. Il bando funzionerà a sportello, ma prevede che il giorno in cui si esauriranno le risorse a disposizione, pari a 300 milioni di euro, le domande saranno ordinate in base alla valutazione della sostenibilità economicofi nanziaria. È probabile che le risorse si esauriscano già il primo giorno, di conseguenza le imprese si giocheranno la possibilità di ottenere contributi con la compilazione della scheda tecnica che dovrà essere accompagnata da un piano di sviluppo. Per questo motivo, le caratteristiche del soggetto proponente, la fattibilità tecnica, la sostenibilità economico-fi nanziaria, la qualità tecnica e l'impatto del progetto saranno gli aspetti che determineranno la possibilità per le imprese di ottenere il fi nanziamento agevolato previsto dal Fondo crescita sostenibile. Il tutto dovrà, come previsto dal decreto ministeriale 25/07/2014, essere allegato alla domanda che potrà essere inviata a partire dalle ore 10 del 30 settembre 2014. L'invio sarà effettuato utilizzando la procedura di compilazione guidata di cui alla sezione «Progetti di R&S negli ambiti tecnologici di Horizon 2020» del sito internet del ministero dello sviluppo economico www.mise.gov.it. L'importanza del soggetto proponente. Il bando funziona a sportello, ma è comunque prevista una soglia minima di punteggio da raggiungere in base alla valutazione tecnica del progetto. Uno dei cardini della valutazione prevede di analizzare la capacità di realizzazione del progetto di ricerca e sviluppo con risorse interne, la qualità delle collaborazioni e la fattibilità tecnica del progetto. Il piano di sviluppo deve quindi descrivere le competenze e le esperienze del proponente rispetto al settore/ambito in cui il progetto ricade, con particolare riferimento alla presenza di personale qualifi cato, di strutture interne dedicate all'attività di ricerca e sviluppo, alle tipologie e alla numerosità dei progetti di ricerca e sviluppo realizzati nei tre anni precedenti la presentazione della domanda di agevolazione e all'ammontare delle spese di ricerca e sviluppo sostenute nello stesso periodo. Inoltre, sarà importante descrivere le eventuali collaborazioni con organismi di ricerca, sia che partecipino in qualità di co-proponenti che in qualità di fornitori di servizi di consulenza. Sarà opportuno evidenziare le competenze e le esperienze specifi che degli organismi di ricerca rispetto alle tecnologie al cui sviluppo è fi nalizzato il progetto presentato, l'attinenza delle attività previste a carico degli organismi di ricerca all'ambito della ricerca industriale piuttosto che a quello dello sviluppo sperimentale e la misura in cui le attività degli organismi di ricerca risultano necessarie per l'effettiva realizzazione del progetto. Infi ne, l'azienda deve descrivere le risorse strumentali e organizzative; con particolare riferimento all'idoneità e alla rispondenza delle apparecchiature scientifi che e delle strutture dedicate alle attività di ricerca e sviluppo, già in possesso del proponente. La sostenibilità economicofinanziaria è fondamentale per ottenere l'agevolazione. Il criterio di valutazione più importante dei quattro previsti è quello relativo alla sostenibilità economico-fi nanziaria. Oltre ad avere un ruolo nella costruzione del punteggio complessivo del progetto, questo è l'unico criterio che viene preso a riferimento per costruire la graduatoria relativa all'ultimo giorno di apertura dello sportello, cioè quello in cui si verificherà l'esaurimento delle risorse. L'analisi effettuata riguarderà una serie di indicatori economico-finanziari. Particolare importanza avranno i seguenti quattro indici: copertura fi nanziaria delle immobilizzazioni, indipendenza finanziaria, incidenza degli oneri fi nanziari sul fatturato, incidenza della gestione caratteristica sul fatturato. Focalizzare il piano sui risultati attesi. La qualità tecnica del progetto è il terzo punto della valutazione. Il piano di sviluppo deve esporre in modo approfondito i risultati attesi. Deve essere chiara la rilevanza, l'utilità e l'originalità rispetto allo stato dell'arte e la capacità del progetto di generare miglioramenti tecnologici nel settore/ambito di riferimento nel quale la tecnologia innovativa può essere utilizzata. Inoltre, va descritta la tipologia di innovazione, con riferimento alla capacità del progetto di introdurre dei cambiamenti tecnologici radicali nei prodotti o nei processi produttivi, ovvero di generare dei notevoli miglioramenti nei prodotti o nei processi, con SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 77 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Come ottenere gli incentivi per progetti di ricerca e sviluppo. Domande dal 30/9 08/09/2014 ItaliaOggi Sette - N.212 - 8 settembre 2014 Pag. 19 (diffusione:91794, tiratura:136577) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 78 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato una graduazione del punteggio in misura crescente, a seconda che si tratti di notevole miglioramento di processo, notevole miglioramento di prodotto, nuovo processo o nuovo prodotto. Porte chiuse se l'interesse industriale è ridotto. Il ministero si propone di fi nanziare esclusivamente progetti di ricerca & sviluppo che siano di chiaro interesse industriale e abbiano prospettive di sviluppo. Dal piano deve risultare chiaro l'interesse industriale all'esecuzione del progetto, la determinare in relazione all'impatto economico dei risultati attesi, con particolare riferimento alla capacità del progetto di generare soluzioni tecnologiche in grado di soddisfare i bisogni esistenti e/o di generare nuovi bisogni nei mercati in cui l'impresa opera, nonché di penetrare in nuovi mercati. Inoltre, va esposta la potenzialità di sviluppo, valutata sulla base della capacità del progetto di sviluppare il settore/ambito di riferimento e di generare ricadute industriali anche in altri ambiti/settori attraverso cambiamenti nell'architettura dei prodotti o dei processi o nelle modalità con le quali le singole parti e le tecnologie specifi che insite nei prodotti o processi sono collegate tra di loro. Gli ambiti tecnologici da individuare Il piano di sviluppo deve evidenziare l'ambito al quale è diretto il progetto di R&S fra i seguenti: tecnologie dell'informazione e della comunicazione (Tlc); • nanotecnologie; • materiali avanzati; • biotecnologie; • tecnologie di fabbricazione e trasformazione avanzata; • spazio; • tecnologie inerenti alle «Sfi de per la società». •l piano di sviluppo deve anche specifi care quali tra i seguenti obiettivi si propone di realizzare il progetto di R&S: nuovi prodotti o servizi; • nuovi processi; • notevole miglioramento dei prodotti o servizi esistenti; • notevole miglioramento dei processi esistenti. • 06/09/2014 Milano Finanza - N.175 - 6 settembre 2014 Pag. 1 (diffusione:100933, tiratura:169909) PROSTATA, SCATTA IL VERDE Cristina Cimato Una luce verde può proteggere chi è affetto da ipertrofia prostatica benigna, una patologia che colpisce l'80% degli adulti maschi sopra i 50 anni, cui si accompagnano talvolta disfunzioni sessuali come impotenza e problemi di eiaculazione e difficoltà urinarie. Al primo meeting internazionale organizzato da un gruppo internazionale di ricerca a livello urologico, dal titolo Nuovi orizzonti nel trattamento medico e chirurgico dell'ipertrofia prostatica e del tumore alla prostata, previsto al Policlinico Tor Vergata di Roma dall'11 al 13 settembre, si discuteranno recenti dati, pubblicati sulla rivista European Urology, che indicano la comparabilità di questa tecnica con il trattamento più invasivo. «Quando la prostata si ingrossa in modo importante, ostacolando il passaggio dell'urina, è necessario togliere il tessuto in eccesso, l'adenoma», ha spiegato Roberto Miano, ricercatore dell'Unità operativa di urologia all'Università Tor Vergatae relatore al convegno, «fino a qualche anno fa veniva eseguita la resezione endoscopica, con il rischio di un sanguinamento importante e ospedalizzazione certa, mentre da qualche annoè in uso il laser al triborato di litio, che emette una luce verde e permette di concentrare l'energia in modo selettivo, vaporizzando il tessuto in eccesso con un'immediata coagulazione, nonché tassi di sanguinamento e tempi di cateterizzazione decisamente inferiori». Il 50% dei pazienti trattati è stato dimesso in 24 ore, e questo permette di proporre lo studio come trattamento in day surgery per casi ben selezionati. Inoltre,è l'unico laser applicabile anche ai pazienti in terapia anticoagulante e antiaggregante, perché non necessita la sospensione dei farmaci. Lo studio, denominato Goliath, è stato condotto in molti centri europei e coordinato dal Sant'Andrea di Roma e dal professor Andrea Tubaro. Sempre per contrastare l'ipertrofia si è diffuso in modo capillare l'utilizzo del farmaco tadalafil, ossia Cialis, che cura contemporaneamente i disturbi urinari e sessuali. Il limite risiede nel fatto che è un medicinale caro perché non coperto dal Sistema Sanitario Nazionale. Nel 70% dei casi la disfunzione erettile è accompagnata da ipertrofia prostatica benigna. Come è emerso la scorsa primavera al Congresso della European Association of Urology e come verrà ribadito al prossimo congresso della Società italiana di urologia, previsto a Firenze dal 26 al 28 settembre, l'86% dei pazienti non abbandona la terapia se seguitoe sostenuto dai medici, migliorando così le proprie condizioni, altrimenti la rinuncia avviene entro poche settimane dall'inizio del trattamento. «Esiste ancora un'ampia fascia di pazienti che cerca di risolvere i problemi legati alla sessualità con il fai da te», ha affermato Vincenzo Mirone, ordinario di urologia all'Università Federico II di Napoli e segretario generale Siu, «su circa 3 milioni di italiani affetti da disfunzione erettile, solo1 milione risulta in terapia ufficiale». Per riuscirea diminuire la grandezza della ghiandola, quando fonte di problemi,è in corso attualmente al San Raffaele la sperimentazione di una microiniezione con un medicinale che ha un effetto apoptotico, ossia favorisce il meccanismo di morte cellulare per permettere una riduzione del volume. «Finora sono stati arruolati circa 20 pazienti», ha commentato Francesco Montorsi, primario di Urologiae direttore scientifico dell' Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, «ma è una strada che dà buone speranze». Nuova Rm e Psa predittivo per il tumore. Più giovani e più numerosi, ma curati meglio e con sempre minor invasività. Nonostante il numero dei casi sia in aumento, anche la ricerca sul tumore alla prostata si avvantaggia di nuovi approcci, come per esempio le diagnosi precoci attraverso l'indicatore Psa, da eseguire già a 40 anni. «Negli ultimi mesi sono emersi risultati convergenti rispetto alla validità di questo esame, se eseguito precocemente, nell'escludere per almeno 5 anni la possibilità di insorgenza di tumore quando i livelli sono molto bassi, ossia inferiori a 1», ha commentato Montorsi, «sta invece esplodendo l'importanza, per coloro che hanno un Psa superiore ai livelli normali, di eseguire una risonanza magnetica transettale multiparametrica (eseguibile attraverso una sonda che somiglia a quella utilizzata per l'ecografia ma anche dall'esterno, grazie a magneti molto potenti che restituiscono immagini precise, ndr ). L'esame è innovativo e permette di rendersi conto in modo preciso se vi siano zone sospette di tumore. Grazie a esso è possibile, se serve e in un momento successivo, eseguire una biopsia su quelle zone mirate». Di recente SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 79 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SALUTE 06/09/2014 Milano Finanza - N.175 - 6 settembre 2014 Pag. 1 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 80 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sono emersi anche i dati a 10 anni relativi alla chirurgia robotica, che confermano la tecnica sovrapponibile per efficacia all'intervento tradizionale, con recupero dal punto di vista della continenza e dell'erezione decisamente migliori. Terapie focali in sviluppo. I due aspetti sopracitati sono senz'altro i più nevralgici e sentiti anche dai pazienti vittime di tumore della prostata perché socialmente invalidanti ed emotivamente fonte di imbarazzo e stress. Al meeting di Roma verranno eseguiti per la prima volta in Italia due trattamenti innovativi, ossia la Hifu e la crioablazione in modo focale. «In molti casi i tumori presentano una crescita lenta e un'aggressività ridotta, quindi i trattamenti radicali sono sconsigliabili, perché determinano complicanze vaste», ha commentato Roberto Miano, «attraverso la risonanzae all'identificazione spaziale del tumore, si possono applicare tecniche mininvasive, come quelle focali. I due approcci che verranno eseguiti a Roma da due massimi esperti mondiali sono già utilizzati per i trattamenti radicali, ma non sono mai stati applicati con questa modalità in Italia». Entrambe le tecniche sono in fase di studio, ma i risultati iniziali sono incoraggianti. Hifu, eseguibile per via transettale, focalizza ultrasuoni sull'area da trattare e produce un effetto termico, provocando una necrosi dei tessuti, mentre la crioablazione agisce all'opposto, congelando la zona attraverso l'uso di un ago introdotto dal perineo e producendo uno shock cellulare. «Gli studi su queste tecniche sono in continuo aggiornamento e i risultati finora indicano una perdita di continenza pari allo 0% e un'impotenza compresa tra il 5 e il 20%, mentre con la chirurgia radicale queste percentuali salgono del 2-15% per la prima e del 40-80% per la seconda», ha precisato Miano. (riproduzione riservata) 06/09/2014 Gente - N.37 - 16 settembre 2014 Pag. 94 (diffusione:372741, tiratura:488629) l'alzheimer si sfida in cinque mosse cresce sempre più il numero di chi ne soffre. eppure, dicono gli esperti, «basterebbe uno stile di vita più sano per ridurre i rischi» Paola Occhipinti Le statistiche sono impressionanti. In Italia, tra gli over 65, c'è almeno un milione di persone che soffre di demenza, cioè quel processo degenerativo irreversibile che colpisce progressivamente le cellule cerebrali e la malattia di Alzheimer da sola rappresenta il 54 per cento di queste demenze neurodegenerative. A differenza di altre patologie, però, non esiste ancora un esame specifico per diagnosticarla, anche se un team di ricerca del King's College di Londra avrebbe individuato 10 proteine la cui presenza potrebbe essere indice di un maggior rischio malattia (ora si sta mettendo a punto un esame del sangue). «Spesso, dopo un primo campanello d'allarme (perdita di memoria, stato confusionale, alterazione del linguaggio), si inizia un percorso di visite ed esami clinici che possono però diagnosticare soltanto una "possibile" malattia di Alzheimer. L'unica certezza diagnostica si può infatti avere soltanto dopo la morte con un esame autoptico», spiega Gabriella Salvini Porro, presidente Federazione Alzheimer Italia. Il quadro, purtroppo, non è destinato a migliorare: secondo l'Oms (l'Organizzazione mondiale della Sanità), il numero dei malati nel mondo è destinato a raddoppiare nei prossimi 20 anni. Soprattutto perché il fattore di rischio più importante è l'età e l'Italia, che in Europa è al secondo posto dopo la Germania come indice di vecchiaia, deve preoccuparsi più di altri. Che cosa fare? «Molte ricerche suggeriscono che uno stile di vita sano possa prevenire il rischio di demenza in tarda età», spiega Gabriella Salvini Porro. L'Università di Exeter (Gran Bretagna) ha recentemente pubblicato uno studio che rileva come esista una connessione tra aumento del rischio Alzheimer e carenza di vitamina D, presente in salmoni, aringhe, latte, uova, fegato e verdure verdi. Esiste comunque una buona regola generale: «Quello che fa bene al cuore fa bene anche al cervello», riassume con Gente la presidente Federazione Alzheimer Italia. L'importante, perciò, è seguire alcuni punti saldi. Che, secondo la rivista scientifica Lancet Neurology , potrebbero portare a ridurre i nuovi casi di malattia anche del 30 per cento. Prima cosa da fare è appunto controllare il cuore: fumo, ipertensione, colesterolo alto, diabete e obesità possono danneggiarlo. Così, un regolare esercizio fisico può controllare pressione e peso e ridurre il rischio di diabete di tipo 2. Alcune ricerche suggeriscono poi che una dieta mediterranea ricca di cereali, frutta, verdura e pesce possa diminuire il rischio di demenza. «Benché siano necessari ulteriori studi per capire i benefici di un alimento specifico, è certo che troppi grassi e zuccheri aumentano il rischio di malattie cardiache e quindi è meglio evitarli», aggiunge la presidente. Allenare il cervello, dedicarsi a un nuovo hobby, apprendere una nuova lingua sono buone abitudini per contrastare gli effetti della malattia di Alzheimer. Stessa valenza ha una vita sociale attiva che risulta benefica per la salute del cervello in quanto ne stimola le riserve. l dieta mediterranea a tavola, seguite un'alimentazione sana, basata sulla dieta mediterranea, ricca di cereali, frutta e verdura. allenare la mente dedicatevi a un nuovo hobby, imparate una nuova lingua o a suonare uno strumento musicale: terrà il vostro cervello in allenamento. niente fumO La sigaretta è tra le cause maggiori di ictus e malattie cardiache. eserciziO fisicO un'attività fisica regolare riduce i problemi di obesità, diabete e ipertensione, tutti legati a un maggior rischio di sviluppo della malattia. PressiOne sOttO cOntrOLLO Le ricerche confermano che un apparato cardio circolatorio sano aiuta anche il nostro cervello. convegno a milano come aiutarli? si terrà a milano, il 20 settembre, il convegno organizzato dalla federazione Alzheimer italia per far conoscere la malattia di Alzheimer. L'incontro sarà concentrato sulla difficoltà che le famiglie incontrano nella gestione della vita quotidiana con il malato. chi è affetto da Alzheimer, infatti, spesso non è autosufficiente e può presentare un quadro clinico che va dagli scatti d'ira al disorientamento, dalla SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 81 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SALUTE la malattia degli over 65 non è ineluttabile: ecco come prevenirla 06/09/2014 Gente - N.37 - 16 settembre 2014 Pag. 94 (diffusione:372741, tiratura:488629) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 82 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato depressione alle allucinazioni. Gli interventi, avranno l'obiettivo di sostenere la famiglia sia sul piano pratico sia sul piano organizzativo. tra gli interventi, quello di murna Downs, esperta internazionale di approccio ai comportamenti della persona con demenza (milano, Palazzo marino, piazza della scala 2, dalle ore 9 alle ore 17). 05/09/2014 Tempi - N.36 - 10 settembre 2014 Pag. 24 (diffusione:102000) Inutile promettere che la mannaia del rigore risparmierà la sanità. Già oggi perfino nelle regioni più virtuose i conti tornano a stento. Spending review? Sì, grazie. Ma attenzione, per mettere le mani su un malato occorre conoscerne le esatte misure. I casi di scuola dell'Inghilterra e del Massachusetts | DI ACHILLE LANZARINI* OGNI GIORNO I GIORNALI RICORDANO C h e la spesa pubblica non è più sostenibile ed è necessaria la spending review, che teoricamente dovrebbe essere una rivisitazione della spesa, ma che praticamente è limitata al taglio dei costi. L'attuale governo italiano ha ribadito che la sanità non sarà colpita. In realtà, secondo l'Ocse; come in molti altri paesi europei i nostri governi hanno già provveduto a diminuire la spesa sanitaria negli ultimi anni. Stime preliminari suggeriscono che queste riduzioni della spesa sanitaria sono continuate a un tasso pari a -3 per cento in termini reali nel 2013. Infatti, anche le regioni più virtuose, a seguito dei tagli, faticano a chiudere in pari i bilanci della sanità e ci riescono solo riducendo le voci di spesa più rilevanti. Nel 2012 in Italia la spesa sanitaria rappresentava il 9,2 per cento del Pii, una percentuale molto vicina alla media dei paesi Ocse (9,3), ma oggi non è più sostenibile: i costi cioè, alti o bassi che siano, sono maggiori delle entrate. Per continuare a fornire servizi adeguati in qualità e quantità, è urgente una strategia diversa dai tagli lineari e capace di garantire la sostenibilità economica delle prestazioni sanitarie, a cominciare dagli ospedali, il cui costo rappresenta il 50 per cento del totale della spesa pubblica sanitaria, stimata nel 2014 nella ragguardevole cifra di 111,5 miliardi di euro. Negli anni passati il settore ospedaliero è stato oggetto di numerosi interventi volti alla riduzione dei posti letto con l'obiettivo di razionalizzare l'attività e di ridurre i costi di gestione. Il risultato è che sono diminuiti i ricoveri, ma non proporzionalmente la spesa, anzi. Come è stato • • possibile? L'Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) ha pubblicato una corposa ricerca dal titolo L'attività ospedaliera: dati e riflessioni, i cui risultati sono indicativi. Ad esempio, dall'analisi dei bilanci degli ospedali si rileva come il costo medio per ricovero sia fortemente differenziato a seconda della struttura, e ciò indipendentemente dagli aspetti clinici o organizzativi: in sintesi, molti ospedali pubblici non sono efficienti. Ciò conferma, secondo Agenas, che spesso il costo degli ospedali pubblici non dipende dall'attività prodotta, ma da altri fattori, tra cui anche l'abitudine a considerare l'ospedale una specie di ammortizzatore sociale. Per quanto riguarda gli ospedali privati accreditati, la ricerca di Agenas sottolinea che mentre le inefficienze dei pubblici sono interamente a carico dello Stato, della collettività, i buchi degli ospedali privati ricadono esclusivamente sul gestore, sulla proprietà. Paradossi del mercato È un problema non solo italiano. Nel Massachusetts, ad esempio, si è riscontrata una forte differenza di costo tra diversi ospedali, pur per lo stesso tipo di prestazione. Come noto, il sistema sanitario americano è diverso dal nostro, poiché negli Stati Uniti i ricoveri sono pagati dalle assicurazioni che ne negoziano preliminarmente il costo con i diversi ospedali. Un imponente studio in merito pubblicato dallo stesso Stato del Massachusetts ha dato risultati sorprendenti: a fare la differenza non è né una diversa qualità della cura, né una maggiore complessità del servizio, né la tipologia di ospedale, né il comfort alberghiero. Fa la differenza la forza contrattuale dell'ospedale di imporre alle società di assicurazione un prezzo più elevato. E trattandosi per lo più di ospedali no profit, è chiaro che la motivazione non è la ricerca di un maggior profitto. Anche negli Stati Uniti, quindi, il costo della sanità non dipende dall'attività prodotta. Grossi gruppi ospedalieri americani, per cercare maggiore efficienza, hanno attuato una razionalizzazione degli ospedali chiudendo e accorpando diverse strutture. Tuttavia, studi apparsi sul Journal of Health Economics, su Economie Inquiry e altri ancora pubblicati dalla Robert Wood Johnson Foundation non hanno rilevato effetti soddisfacenti. Più vicino alla nostra realtà europea è quanto accaduto tra il 1997 e il 2006 in Inghilterra, dove è stata attuata una radicale razionalizzazione ospedaliera, attraverso la chiusura di numerosi piccoli ospedali. Uno studio pubblicato dallo statunitense National Bureau of Economie Research (Nber) ne ha valutato gli esiti: drastica riduzione del personale ma nessun miglioramento della qualità clinica e, sorprendentemente, nemmeno della produttività, SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 83 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Per fare i tagli ci vogliono i numeri 05/09/2014 Tempi - N.36 - 10 settembre 2014 Pag. 24 (diffusione:102000) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 84 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato tanto che sono aumentate le liste d'attesa. La ricerca, eloquentemente intitolata "mania delle fusioni" (Mergermania), afferma che le operazioni di fusione su larga scala non funzionano, perché riducendo l'offerta ospedaliera riducono anche la concorrenza, che è alla base del miglioramento. Ciò è confermato da una più recente riforma ospedaliera sempre inglese (studi pubblicati dal Nber e dalVEconomie Journal) che, perseguendo la realizzazione di un sistema competitivo, ha ottenuto non solo un aumento della qualità clinica, ma anche un miglior risultato gestionale degli ospedali. L'importanza di saper valutare In Italia, il decentramento regionale della sanità ha portato allo sviluppo di diversi modelli. Quello lombardo si è distinto, attraverso il perseguimento del principio di sussidiarietà, per l'accreditamento degli ospedali privati: ciò ha contribuito a migliorare il sistema regionale, poiché proprio allargando l'offerta si è potenziata per il cittadino la possibilità di scelta e dunque si è introdotto un sistema concorrenziale. Ma la concorrenza è sufficiente a salvare i conti pubblici? Di più, la concorrenza non è rischiosa in un ambito delicato come la salute? Michael Porter, guru dell'economia mondiale, ha scritto suìYHarvard Business Review che ciò che manca è un appropriato sistema di misurazione dell'attività sia economica che clinica. Infatti, dove si sono resi disponibili dati accurati, è stato possibile identificare le aree di miglioramento, discuterne con i professionisti e, quindi, rendere più efficienti i processi organizzativi, valorizzando la clinica. Misurare significa dare trasparenza al sistema e indicare, numeri alla mano, chi è più bravo, chi è più efficiente, chi è più produttivo. Solo così la spending review sulla sanità non si tradurrà in un taglio lineare dei costi, ma nell'eliminazione degli sprechi. In sintesi, concorrenza e valutazione sono la medicina di certa autoreferenzialità, che in sanità può diventare patologia seria. • *coordinatore U. 0. Patrimonio Fondazione Irccs Policlinico di Milano, collaboratore Centro studi Sanità pubblica (Università di Milano Bicocca) Foto: II governatore della Lombardia Roberto Maroni con il suo predecessore Fomiigoni. Grazie al sistema di accreditamento degli ospedali privati, la sanità lombarda è diventata un modello di efficienza in Italia. È la virtù della concorrenza e della sussidiarietà L'OPERAZIONE DI FUSIONE SU LARGA SCALA REALIZZATA IN INGHILTERRA NON HA FUNZIONATO: RIDUCENDO L'OFFERTA OSPEDALIERA SI È RIDOTTA ANCHE LA CONCORRENZA, LA BASE DEL MIGLIORAMENTO 05/09/2014 Tempi - N.36 - 10 settembre 2014 Pag. 8 (diffusione:102000) Cosa sappiamo davvero di questo virus misterioso e terribile? Troveremo mai una cura? Che rischi corre l'Africa? E noi? Parla la dottoressa Sampathkumar, infettivologa i dell'ospedale numero uno d'America RODOLFO CASADEI dell'ultimo minuto, scordatevi il colpo di scena di un risolutivo vaccino. Anche stavolta Eboia sarà fermata perché alla fine SCORDATEVI SIERI MIRACOLOSI sarà fermata - coi mezzi tradizionali che abbiamo imparato a conoscere dalle epidemie precedenti: isolamento dei pazienti e di tutti coloro che sono entrati in contatto con loro per almeno 21 giorni, reidratazione e assistenza palliativa ai malati, massime precauzioni per il personale sanitario, che deve evitare di entrare in contatto fisico diretto coi malati e deve decontaminarsi dopo ogni attività. Le recenti guarigioni non possono essere attribuite allo ZMapp, il farmaco prodotto dalla Mapp Biopharmaceutical, e la via maestra per arrestare il contagio resta un aggressivo "contact tracing", cioè l'individuazione e la messa in quarantena di chiunque abbia avuto rapporti con un infetto conclamato. La febbre emorragica diagnosticata per la prima volta nel 1976, nella regione del fiume Eboia nell'allora Zaire, continua ad essere una pestilenza contro la quale non esistono pallottole magiche, ma solo le armi rappresentate dalla disciplina, il coraggio e la capacità di comunicazione del personale medico e delle autorità sanitarie. È quello che emerge anche da questa intervista con Priya Sampathkumar, consulente per le malattie infettive alla Mayo Clinic di Rochester, nel Minnesota, e direttrice presso lo stesso centro del comitato per il controllo delle infezioni, che ha l'intera responsabilità per la sorveglianza e la prevenzione allo scopo di ridurre il rischio di infezioni in ambito ospedaliero fra pazienti, personale impiegato e visitatori. La Mayo Clinic non è una struttura sanitaria fra tante: è stata recentemente classificata come il migliore ospedale di tutti gli Stati Uniti. La dottoressa Sampathkumar smorza gli entusiasmi per il farmaco sperimentale che va sotto il nome di ZMapp: la sperimentazione del medesimo è appena all'inizio, non ne esiste nemmeno la quantità sufficiente per condurre una vera sperimentazione con test clinici sui malati. Nel frattempo Eboia, apparsa a marzo in Guinea Conakry, si è estesa ad altri tre paesi africani: Liberia, Sierra Leone e Nigeria, mentre si segnalano casi sospetti ai quattro angoli del mondo in seguito a spostamenti in aereo. Al 20 agosto scorso il paese più colpito risultava essere la Liberia, con 1.020 casi accertati e 624 morti. Seguiva la Sierra Leone con 910 casi e 392 morti. In totale dai quattro paesi africani si segnalano 2.615 casi che avrebbero causato 1.427 morti. La mortalità, dunque, si aggira attorno al 54,5 per cento. È il tasso tipico dell'Ebola di ceppo sudanese. Esistono infatti cinque varietà diverse del virus. Quelle che causano estese epidemie sono solo tre, e di esse la più letale è quella zairese, che conduce alla morte quasi il 90 per cento degli infettati. Va ricordato che l'attuale epidemia ha già registrato più casi di qualunque epidemia del passato. Finora la più estesa aveva avuto luogo nel 2000 nel nord dell'Uganda nella regione di Gulu. I casi erano stati in tutto 425 e i morti 224. Ed ecco come la professoressa Sampathkumar risponde agli interrogativi più comuni. Professoressa, c'è una domanda che tutti si fanno, a sei mesi dall'inizio di questa epidemia di Eboia: possiamo fermare il contagio? In passato i focolai di questa febbre emorragica erano ristretti ad aree remote dell'Africa. Oggi non rischiamo che l'epidemia diventi incontrollabile e si estenda, per la prima volta, al mondo intero? No, l'epidemia di Eboia può essere fermata. Ma per fermarla è necessaria una vera cooperazione internazionale e miglioramenti nell'ambito dell'infrastruttura medica e di quella della sanità pubblica nei paesi colpiti. Cosa vuoi dire «miglioramenti nell'ambito dell'infrastnittura medica e di quella della sanità pubblica»? Le infrastnitture africane sono notoriamente fatiscenti. Vuoi dire che non si tratta di mandare nuovi medicinali, che ancora non esistono, ma di arrivare ad avere ospedali locali dove il personale sanitario disponga dell'indispensabile per svolgere il suo lavoro in condizioni di relativa sicurezza: maschere, guanti, camici, eccetera. Dove si utilizzino aghi e siringhe monouso, per ridurre al minimo la possibilità di trasmissione da paziente a paziente. Dove gli standard di igiene siano rispettati e i rifiuti ospedalieri trattati adeguatamente. Dove le attrezzature siano disinfettate o eliminate se monouso. Quella che ho definito "infrastruttura della SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 85 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato EBOLA come si può fermare un'epidemia senza precedenti 05/09/2014 Tempi - N.36 - 10 settembre 2014 Pag. 8 (diffusione:102000) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 86 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sanità pubblica" invece consiste nella capacità di comunicare al pubblico come ci si deve comportare quando c'è un caso sospetto per evitare che si espanda il contagio. Si tratta di comportamenti che sono dati per scontati nel mondo occidentale, ma che in Africa vanno richiamati esplicitamente. Perché questa epidemia sta durando più a lungo di quelle del passato? E che dire del suo tasso di mortalità? Secondo l'Oms è attorno al 54 per cento dei contagiati, dunque non particolarmente alta, ma si ha l'impressione che il personale sanitario sia stato falcidiato. Come si spiegano questi fenomeni? Gli episodi del passato hanno avuto luogo in aree remote. Gli individui esposti al contagio non viaggiavano e non avevano accesso alle cure mediche. Per questa ragione le epidemie erano quantitativamente limitate ma presentavano alti tassi di mortalità. Nel mondo d'oggi, a causa dell'incremento degli spostamenti all'interno delle aree interessate dalla malattia, l'epidemia si è estesa a città densamente popolate e la trasmissione è avvenuta fra parenti e amici dei contagiati. I primi casi sono stati ospedalizzati presso strutture sanitarie prive di adeguate risorse umane e strumentali per individuare immediatamente la natura dell'infezione e questo ha portato effettivamente a un aumento della sua trasmissione. Il personale ospedaliero è entrato in contatto col virus prima di rendersi conto che si trattava di • • Eboia, non ha fatto in tempo a prendere le opportune precauzioni. Da qui l'alto tasso di infezione fra medici e infermieri. Per questo stavolta si riscontrano più morti negli ospedali che nelle aree remote. Tutto ciò ha indebolito la fiducia della gente nella comunità medica, e le famiglie hanno cominciato a prendersi cura da sé dei membri infetti dei gruppi familiari a casa propria, spesso all'interno di aree urbane molto affollate, esponendo in questo modo molti altri individui al virus. A ciò si aggiunga, infine, che le regioni dell'Africa occidentale colpite dalla malattia vengono da lunghi anni di instabilità politica: la gente non ha fiducia nelle autorità e nel governo, e nemmeno nelle autorità sanitarie. Sono poco propensi ad ascoltarle e a seguire i loro consigli. Cosa sappiamo delle origini della malattia a questo punto? Quali sono i vettori attraverso i quali si espande? Questo morbo così temuto e misterioso ha rivelato finalmente tutti i suoi segreti? Eboia è un'infezione zoonotica, cioè il virus è ospitato nel corpo di un animale e da lì si trasmette agli esseri umani di solito attraverso il contatto dentro la foresta con carcasse di animali morti, magari perché cacciati, o per via alimentare quando si mangiano le carni di questi animali selvatici. Dopodiché il virus può passare da una persona a un'altra attraverso il contatto senza protezione delle membrane delle mucose o il contatto di lesioni cutanee con sangue infetto o altri fluidi corporei di un persona infettata. Si sottolinea che il virus non si trasmette attraverso l'aria, però potrebbe trasmettersi nella forma cosiddetta aerosol: starnuti, colpi di tosse, eccetera. In base a tutto quello che sappiamo fino ad ora, non sembra che si trasmetta attraverso l'aria. Negli Stati Uniti il Cdc di Atlanta (Centre for disease contrai, la massima autorità americana in materia di malattie infettive, ndr) ci ha invitato a prendere precauzioni contro la possibile generazione di infezioni per via aerosol. Stiamo attrezzandoci di conseguenza. Ma tutte le evidenze scientifiche non fanno pensare che la trasmissione per via aerea sia una modalità di contagio importante. Quali animali sono maggiormente sospettati di essere all'origine dell'epidemia in questo caso? Si è parlato molto dei pipistrelli della frutta. Non lo sappiamo ancora con certezza. Negli episodi del passato i principali indiziati erano i grandi primati, scimpanzè e gorilla. Animali braccati e cacciati da molti cacciatori. Si dice che stavolta abbiamo a che fare coi pipistrelli come vettori animali dell'infezione, ma la cosa non è ancora chiara. Non è chiaro se i pipistrelli sono coinvolti o no. Premesso tutto questo, cosa dobbiamo veramente fare per fermare l'epidemia? C'è la possibilità che si arresti spontaneamente da sola, come è accaduto in passato? I paesi colpiti hanno bisogno di aiuto da parte della comunità internazionale per fermare questa epidemia. È improbabile che si fermi da sé spontaneamente. C'è urgente bisogno di personale e di know-how relativo alla sanità pubblica soprattutto per effettuare il "contact tracing" al fine di limitare l'ulteriore diffusione della malattia. Bisogna migliorare l'igiene e la gestione dei rifiuti ospedalieri. Sommando insieme miglioramenti nell'infrastruttura ospedaliera e un'accresciuta attenzione al controllo di base dell'infezione e ai princìpi dell'igiene, l'epidemia può essere fermata. Che cos'è il "contact tracing"? Se noi ci troviamo di fronte a un caso di infezione, le persone che stanno abitualmente intorno al paziente sono tutte esposte al contagio. Potenzialmente possono tutte ammalarsi,. Se permettiamo loro di continuare ad avere relazioni sociali fuori dalla casa, esponiamo 05/09/2014 Tempi - N.36 - 10 settembre 2014 Pag. 8 (diffusione:102000) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 87 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato un'intera comunità al contagio. Se noi abbiamo un caso di Eboia in una famiglia dove ci sono anche altre quattro persone, e a queste imponiamo di non uscire di casa per i successivi 21 giorni, il massimo pericolo di contagio riguarda solo quelle quattro persone. Ma se quelle quattro persone continuano a uscire di casa e ciascuna di loro ne incontra altre dieci, subito abbiamo un gruppo di 40 persone a rischio. Il "contact tracing" dunque consiste nell'identificare quelle quattro persone che sono state esposte al virus che ha colpito il loro familiare, e nell'evitare che entrino in contatto con altri. Altrimenti l'infezione si diffonde in cerchi concentrici. È proprio ciò che deve essere evitato. Conosciamo il numero esatto delle infezioni avvenute nel corso di quest'ultima epidemia fino ad oggi? Si tratta di cifre affidabili? L'Oms aggiorna settimanalmente il conteggio dei casi appurati, ma riconosce che la cifra esatta resta sconosciuta e che i numeri registrati probabilmente rappresentano una sottostima delle dimensioni dell'epidemia. Dobbiamo continuare a scrivere che non c'è nessuna cura, nessun farmaco, nessun vaccino per Eboia? Cosa pensa di questo ZMapp, il farmaco sperimentale che è stato somministrato ad alcuni pazienti? Può essere indicato come l'origine di alcune guarigioni? Quanto siamo lontani da un vaccino anti-Ebola? Fino ad oggi non esiste nesun trattamento efficace contro Eboia. Lo ZMapp è stato usato solo con un pugno di pazienti e non ne esiste nemmeno una quantità sufficiente anche solo per prendere in considerazione una sperimentazione farmacologica sotto controllo clinico. Siamo lontani ancora parecchi anni da un vaccino efficace contro Eboia. Una persona guarita dalla malattia per quanto tempo resta ancora infetta e contagiosa? Quando una persona guarisce la sua infettività diminuisce fino a un livello che rende non più trasmissibile la malattia. Però nel caso dei maschi il virus rimane presente ancora per molto tempo nello sperma, e nuovi contagi potrebbero avvenire per via sessuale ancora per quasi tre mesi. Lei è la responsabile delle malattie infettive alla Mayo Clinic. Quali programmi conducete a questo riguardo? La Mayo Clinic è uno dei più importanti istituti clinici, di ricerca e per l'insegnamento del paese. È stata indicata come il migliore ospedale di tutti gli Stati Uniti. Non abbiamo un programma di ricerca dedicato ad Eboia, ma abbiamo un eccellente programma relativo alla prevenzione delle infezioni e lavoriamo a stretto contatto con le autorità sanitarie pubbliche in materia di focolai di epidemie e sulle modalità di intervento per limitare la trasmissione delle malattie infettive. • 2.615 Al 20 agosto erano 2.615 i casi di Eboia segnalati tra Guinea Conakry, Liberia, Sierra Leone e Nigeria. I decessi causati dal virus sarebbero 1.427 CONTAGIATI 54,5 PER CENTO È il tasso di mortalità di Eboia riscontrato per l'epidemia in corso. Un dato che si avvicina al tasso tipico del ceppo sudanese della malattia 90 PER CENTO Delle cinque varietà di Eboia conosciute, la più letale è quella zairese, che uccide 9 malati su 10. Finora l'epidemia più estesa aveva avuto luogo nel 2000 in Uganda: 425 casi, 224 morti Foto: Nella foto, l'addestramento di un gruppo di volontari anti-Ebola a Kailahun, in Sferra Leone, uno dei paesi maggiormente colpiti dalla nuova epidemia diffusasi nei mesi scorsi in Africa occidentale dopo la comparsa, a marzo, dei primi casi in Guinea Conakry Foto: Priva Sampathkumar è consulente per le malattie infettive alla Mayo Clinic di Rochester, Minnesota, classificata recentemente come il migliore ospedale di tutti gli Stati Uniti. Nella foto a sinistra, personale sanitario in una struttura di Freetown, Sierra Leone NON ESISTONO PALLOTTOLE MAGICHE CONTRO QUESTA FEBBRE EMORRAGICA, LE SOLE ARMI EFFICACI SONO DISCIPLINA, CORAGGIO E CAPACITÀ DI COMUNICAZIONE DELLE AUTORITÀ Foto: «LO ZMAPP? NON NE ESISTE NEMMENO UNA QUANTITÀ SUFFICIENTE PER UNA SPERIMENTAZIONE SOTTO CONTROLLO CLINICO. SIAMO LONTANI ANCORA PARECCHI ANNI DA UN VALIDO VACCINO CONTRO EBOLA» 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 26 (diffusione:4349, tiratura:4535) Con una serie di incontri ufficiali è stato presentato in luglio il "Libro bianco sullo sviluppo del sistema sociosanitario in Lombardia", che nel sottotitolo allude a un impegno comune per la salute, a indicare una diversa distribuzione e ripartizione delle prerogative tra i principali attori della sanità. «Non è una riforma del sistema, ma una serie di proposte e di idee sottoposte alla valutazione dei diretti interessati. Mi aspetto spunti di riessione, integrazioni, suggerimenti e anche critiche. Siamo pronti a migliorare il nostro progetto con il contributo di tutti». Con queste parole, riportate sul suo sito internet dall'agenzia di stampa Asca, il governatore regionale Roberto Maroni ha descritto gli scopi e le prerogative del Libro bianco sullo sviluppo del sistema socio-sanitario in Lombardia che l'amministrazione ha varato e presentato all'inizio dello scorso luglio. Sempre secondo le agenzie, il numero uno di Palazzo Lombardia ha comunque sottolineato l'esistenza nel progetto di alcuni principi-cardine destinati a rimanere invariati poiché sono «alla base del sistema lombardo». Tra questi si segnalano alcuni punti centrali del documento come «la libertà di scelta da parte del cittadino» e le novità di maggiore rilievo, quali il passaggio dal concetto di «curare» a quello del «prendersi cura». Ovvero, in lingua inglese, dal to cure al to care. L'analisi dello scenario entro il quale ha preso le mosse l'iniziativa è essenziale per comprenderne gli orientamenti. Vivono sul territorio circa 10 milioni di persone che equivalgono a poco meno di un quinto dell'intera popolazione nazionale e che sono addirittura più di quante non abitino in ben 17 dei 28 Paesi UE. Tra il 2009 e il 2013 le prestazioni ambulatoriali offerte sono qui aumentate da 150 a 170 milioni mentre negli ultimi 15 anni è calato sensibilmente il numero dei ricoveri: si è al -26% con un decremento da 1,3 milioni a 958 mila casi. Si è dunque dinanzi agli effetti di un «processo di de-ospedalizzazione» che è stato trainato anche da un diverso utilizzo delle risorse disponibili a fronte del riparto del Fondo sanitario nazionale. La Lombardia è in Italia la Regione che alla sanità destina la più bassa spesa in proporzione al Pil: il 5,47% contro una media del 7,04 nella Penisola e «punte del 10% al Sud». Una Regione in grigio La Lombardia è tuttavia anche una tra le Regioni più grigie d'Italia, se non quella in assoluto più anziana. I numeri dell'Istat indicano chiaramente che gli ultra-65enni rappresentano già il 21% del totale dei residenti. Entro il 2065 si prevede che «il rapporto tra popolazione non attiva - da 0 a 14 anni e dai 65 anni in avanti - e popolazione attiva - 15-64 anni - passerà dall'attuale 32,7% al 54,4%. Nel 2030, infine, si potrebbero calcolare ben tre over-65 per ogni due giovani di età inferiore ai vent'anni. Ragion per cui al centro della «serie di proposte» discusse in più sedi alla metà dell'estate, c'è l'attenzione al trattamento delle cronicità che è destinatario di molti benefici del passaggio dal to cure al to care. Dopo avere avviato «forme di sperimentazione dell'assistenza» ai malati cronici, «non più organizzata per patologia ma attraverso gruppi ROBERTO CARMINATI di lavoro che si prendono cura, insieme e con medicina di iniziativa, del percorso del paziente», adesso il sistema regionale mira ad altri traguardi. Partendo dall'assunto che il cronico non può godere della stessa mobilità concessa alle acuzie - «ci si sposta per cercare le eccellenze, per intervenire in un determinato momento», recita il Libro bianco - la Regione sembra voler mettere in atto una sorta di rivoluzione copernicana. «Non è la persona a doversi spostare», è stato scritto nelle battute iniziali del documento, circa 120 pagine in totale, «ma sono i servizi a doversi orientare attorno alle sue esigenze. Sul territorio l'assistenza assicura continuità e recupera efficacia» complice l'instaurazione di una galassia di servizi integrati. «Tornare a casa o presso i centri riabilitativi», è l'idea del white paper, «deve significare entrare in un sistema di relazioni tra famiglie e team multi-professionali» di «presa in carico della persona». Questo è il senso intimo del concetto di prendersi cura, che intende fare fronte alle esigenze dei cittadini non solo in termini di qualità del servizio ma di autentica prossimità alle fasce più deboli. Parola d'ordine: razionalizzazione In linea generale quel che la Regione si attende dal piano di restyling disegnato dal Libro bianco è una razionalizzazione dell'offerta che passa per la riduzione del numero delle Asl e la loro trasformazione, oltre dall'introduzione di una Centrale unica di committenza. Maggiori qualità e sicurezza per i SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 88 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Linee guida per l'assistenza che verrà 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 26 (diffusione:4349, tiratura:4535) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 89 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato pazienti dovrebbero essere garantiti anche dalla riqualificazione del personale, formato in maniera tale da potersi meglio dedicare al supporto delle cronicità. Dall'incrementata continuità terapeutica dovrebbe infine scaturire una più marcata omogeneità di prestazioni e servizi («più unità», si è potuto leggere nella documentazione ufficiale) il cui robusto potenziamento deve avvenire in accordo e in stretto contatto con le amministrazioni comunali. Fanno parte dei «principi cardine» evocati da Maroni alcuni dei punti passati in rassegna appena più su. È allo studio un'articolazione del SSR che vede le Asl tramutarsi da aziende in agenzie, per garantire una migliore programmazione territoriale insieme con l'accreditamento di tutti i soggetti erogatori, la loro contrattualizzazione e la loro appropriatezza. Sempre alle agenzie è demandato il compito di sovrintendere all'integrazione con i comuni, laddove diverse sono le vocazioni delle Aziende integrate per la salute o Ais. Facendosi carico di assicurare la continuità assistenziale «integrano i servizi sociali e sanitari» e propongono un nuovo paradigma. «Superano la distinzione tra ospedale e territorio», stando a quanto riferito dai documenti ufficiali in arrivo dall'amministrazione lombarda, «attraverso un polo ospedaliero orientato alle prestazioni in acuzie e specialistiche a livelli crescenti di complessità; e un polo territoriale, che si occupa di prevenzione sanitaria e sociosanitaria ed erogazione di prestazioni per la cronicità e le fragilità». Una sola centrale al comando Mentre poi la cabina unica di regia per provvedere alle procedure di acquisto centralizzate di beni e servizi dovrebbe nascere per portare più concorrenza e trasparenza insieme a una «riduzione dei costi», sonoro è l'accento che la Lombardia pone sulla valutazione dell'erogazione. L'ipotesi è dare vita a una Struttura di controllo dell'appropriatezza e della qualità al cui centro c'è un cosiddetto sistema di vendor rating, ovvero di giudizio dei fornitori. «Aggiornato su base trimestrale, «orienta sia la programmazione e la messa a contratto degli erogatori sia il cittadino che esercita il diritto alla libera scelta. Ha funzioni di programmazione del governo clinico, di valutazione delle tecnologie sanitarie, di monitoraggio del sistema e della qualità dell'assistenza, delle politiche di controllo e della relativa gestione». Scopo del progetto è quindi il miglior possibile equilibrio tra domanda e offerta con una selezione degli erogatori basata sulle loro effettive capacità prestazionali. Pietra di paragone è secondo gli osservatori l'esperienza britannica del National Institute for Health and Care Excellence. Si tratta dell'agenzia che nel Regno Unito si occupa dello sviluppo di linee guida in ambito socio-sanitario e assistenziale e che ne verifica poi la concreta applicazione. E sin dal 2009, quando è stata fondata, il suo team di ricerca ha supportato e consigliato 27 produttori su 94 progetti riguardanti 57 diverse aree terapeutico-assistenziali. In quest'ottica la nuova struttura prevista per la sanità lombarda acquisterebbe «un ruolo di supporto alle scelte strategiche di politica sanitaria della Regione», secondo la descrizione datane da Corriere Salute, facendo leva in sede di valutazione e giudizio sulla vasta mole di dati che il sistema informativo regionale già ora elabora. La portata del white paper è tale da aver suscitato il consenso anche di parti dell'opposizione, visto che il sito di informazione Affaritaliani.it ha ospitato un intervento in cui la consigliera comunale per il PD a Palazzo Marino Rosaria Iardino ha parlato di «una logica condivisibile». E, pur manifestando alcune perplessità circa la possibile strategia di ripartizione della spesa, ha definito il documento «estremamente innovativo sia in termini di processo sia per i suoi contenuti». 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 30 (diffusione:4349, tiratura:4535) ROBERTO FRAZZOLI Una semplice scheda in sette punti, rivolta ai medici e agli infermieri degli ospedali, per facilitare l'applicazione della legge 38 sulla terapia del dolore: è la proposta di un progetto di ricerca che ha dato risultati decisamente positivi. Dolore ridotto del 13,7%, miglior controllo degli effetti collaterali con una diminuzione della loro prevalenza pari al 10,8%, una comparsa degli episodi di Break Through cancer Pain (BTcP) inferiore del 20% e un'intensità media degli eventi acuti più bassa del 4,2%. È stato sufficiente chiedere a medici e infermieri di compilare una semplice scheda di sette punti (una check list, nell'espressione inglese) per ottenere un netto miglioramento del controllo e trattamento del dolore nei reparti ospedalieri di oncologia, con un ovvio beneficio per i pazienti. Sono questi i risultati preliminari del progetto "38Checkpain", iniziativa che si propone di facilitare l'applicazione della legge 38 del 15 marzo 2010 ("Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore"), tuttora ampiamente inapplicata negli ospedali. I risultati preliminari del progetto - oltre a dimostrare l'efficacia di uno strumento semplice come una check list - confermano anche la validità dei presupposti della legge 38, che quindi merita di raggiungere una piena applicazione: misurare, trattare e monitorare il dolore consente effettivamente di ridurne l'intensità, a tutto vantaggio dei pazienti e di una sanità più efficace. Per saperne di più abbiamo rivolto alcune domande a Marta Gentili, presidente dell'associazione "Vivere senza dolore" che ha promosso l'iniziativa 38Checkpain. Una situazione insoddisfacente L'idea di sperimentare nuovi strumenti che potessero facilitare l'applicazione della legge 38 è nata in seno all'associazione "Vivere senza dolore" a seguito di un'analisi che ha consentito di rilevare come negli ospedali italiani il controllo del dolore sia tuttora effettuato in modo insoddisfacente. «Lo spunto per questo progetto è venuto da una nostra precedente indagine», spiega Gentili, «che aveva dimostrato come nei reparti ospedalieri il dolore fosse ancora poco rilevato e trattato: nel 50-60% dei casi i pazienti tuttora convivono con la sofferenza. La legge 38 ha reso obbligatorio inserire nella cartella clinica una scheda di valutazione del dolore, che però spesso rimane inutilizzata». Perché una check list? Lo strumento che l'associazione ha scelto di sperimentare è appunto la check list. Ma quali sono i motivi alla base di questa scelta? Come spiegare l'efficacia di questo mezzo così semplice? Spiega Gentili: «Sapevamo, dalla letteratura, che in ambito operatorio le check list (utilizzate per verificare alcune procedure apparentemente banali, come per esempio la disinfezione delle mani, la corretta somministrazione di un trattamento antibiotico ecc.) si sono dimostrate estremamente efficaci nel ridurre la mortalità dovuta a complicazioni post operatorie. Inoltre, nel libro "Check list" scritto dal professor Atul Gawande, responsabile Oms per la stesura delle check list in ambito operatorio, è riportata brevemente un'esperienza dell'applicazione di questo strumento anche per il controllo del dolore nei reparti ospedalieri. Forse l'aspetto essenziale che rende la check list più efficace della scheda inserita nella cartella clinica è che viene "spuntata" direttamente al letto del paziente dal medico durante il giro visita o dall'infermiere, mentre misura la temperatura e prova la pressione. La nostra check list», prosegue Gentili, «segue i punti salienti dell'articolo 7 della legge 38/2010 ed è di veloce compilazione: servono infatti solo 47 secondi per spuntare i sette item che la compongono. È essenziale che lo strumento sia rapido e semplice e che venga visto come un supporto e non un inutile atto burocratico». Dolore come malattia, non come sintomo I ritardi nell'applicazione della legge 38 dimostrano come il sistema sanitario - contrariamente a quanto suggerisce il senso comune - sia ancora poco sensibile al problema di un paziente che soffre. Come spiegare questa situazione? «Tradizionalmente», osserva Gentili, «il dolore in medicina veniva considerato un sintomo, non una malattia in sé. Per di più, un sintomo utile al medico che, monitorando il livello di sofferenza del paziente, poteva verifi care l'effi cacia del trattamento. Oggi le cose sono cambiate: come nel resto del mondo, grazie alla legge del 2010 anche in Italia il dolore è stato riconosciuto come quinto parametro vitale da monitorare quotidianamente, al pari della temperatura corporea, della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 90 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Una check list contro il dolore 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 30 (diffusione:4349, tiratura:4535) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 91 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato respiratoria. E il paragone con gli altri parametri vitali evidenzia il ritardo culturale che riguarda il dolore: nessuno penserebbe di non trattare la febbre alta, per esempio. La strada per giungere alla piena applicazione della legge 38, però, è ancora lunga, anche perché spesso i pazienti non hanno la forza di chiedere il trattamento del dolore o ritengono che la sofferenza sia inevitabilmente connessa alla loro condizione di malati o di anziani». Il futuro del progetto 38Checkpain Come si è detto, i risultati presentati di recente si riferiscono alla prima fase del progetto 38Checkpain, che è destinato a proseguire, come chiarisce Gentili. «Siamo partiti con una fase di test nei reparti di oncologia, riscontrando una grande collaborazione da parte dei medici; ora l'obiettivo è allargare l'impiego della check list ad altri reparti ospedalieri, in primo luogo quelli di medicina, geriatria e ortopedia, nei quali il dolore ha una forte prevalenza. Per farlo, cercheremo di coinvolgere le società scientifi che alle quali aderiscono gli specialisti di queste tre discipline. L'importante è che i clinici capiscano che la check list non è una nuova incombenza burocratica, ma uno strumento pratico che può aiutarli nel loro quotidiano a migliorare la qualità di vita dei malati ricoverati. Stiamo inoltre cercando di coinvolgere il professor Guido Fanelli, in qualità di coordinatore della Commissione Ministeriale di Terapia del Dolore e Cure Palliative e ci auguriamo di poter collaborare con il Ministero della Salute per valutare la possibilità di fare della check list uno strumento uffi ciale. Nell'edizione 2015 del World Medicine Park confi diamo di poter presentare i risultati di questa seconda fase del progetto», conclude Gentili. IL PROGETTO 38CHECKPAIN Il progetto 38Checkpain è promosso dall'associazione pazienti "Vivere senza dolore" con il patrocinio di Cipomo (Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri) e dell'associazione pazienti oncologici Bianco Airone, e con un contributo incondizionato di Mundipharma. La prima fase dell'iniziativa si è svolta da febbraio a maggio 2014 e ha coinvolto 92 reparti oncologici di altrettanti ospedali italiani. Lo studio prevedeva la compilazione due volte al giorno, da parte dei clinici aderenti all'iniziativa, di una check list che aveva lo scopo di verificare l'avvenuto monitoraggio dell'intensità del dolore e l'impostazione di terapie adeguate per il controllo della sintomatologia algica, ma anche degli effetti collaterali e degli eventi di BTcP, ove presenti. La check list si compone di sette punti che consentono di verificare l'avvenuto monitoraggio dei parametri del dolore indicati nell'art. 7 della legge 38. Complessivamente, sono stati valutati 3.240 pazienti ricoverati presso i centri partecipanti. I risultati preliminari del progetto sono stati presentati di recente al Congresso World Medicine Park di Minorca - Satellite Event in Oncology. I RISULTATI IN DETTAGLIO Analizzando in dettaglio i risultati preliminari raccolti nei reparti specialistici, l'associazione "Vivere senza dolore" ha rilevato che il 47% dei pazienti ricoverati aveva un dolore non controllato d'intensità pari a 5,5 su scala NRS da 0 a 10. Nell'ambito della prima fase del progetto 38Checklist (che si è svolta in reparti di oncologia), l'utilizzo della checkpain list ha permesso una riduzione dell'intensità del dolore del 13,7% rispetto al gruppo di controllo, una diminuzione degli effetti collaterali del 10,8% a fronte di un loro aumento nel gruppo di controllo pari al 18,6%, un decremento del 20% della frequenza dei fenomeni di BTcP e una riduzione della loro intensità dell'8,7%, contro un dato pari al 4,2% del gruppo di controllo. Questi risultati vengono ritenuti particolarmente signifi cativi, considerando che nei reparti di oncologia il tema del dolore riceve abitualmente una notevole attenzione. LA LEGGE 38 L'emanazione della legge n. 38 del 15 marzo 2010 ha rappresentato un traguardo importante nel panorama sanitario italiano ed europeo. La legge 38/2010, tra le prime in Europa a fornire risposte ai bisogni della popolazione in tema di cure palliative e di dolore cronico, stabilisce la creazione di due reti di assistenza, che devono rispondere alle esigenze e ai bisogni sia del paziente che necessita di cure palliative sia del paziente affetto da dolore cronico. Il provvedimento, inoltre, dedica una particolare attenzione al paziente pediatrico, riconoscendolo come soggetto con specifi ci bisogni ed esigenze. Tra le altre cose, la legge 38/2010 semplifi ca le procedure di accesso ai medicinali impiegati per il trattamento del dolore: grazie a essa, i medici di famiglia possono ora prescrivere i farmaci oppiacei utilizzando il semplice ricettario del Servizio Sanitario Nazionale. In tale contesto, la persona malata può essere assistita e ricevere sostegno, oltre che dai familiari e dal volontariato, anche da medici, operatori sanitari e altri professionisti specifi catamente formati in materia di cure palliative e terapia antalgica. La misurazione e il trattamento del dolore è 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 30 (diffusione:4349, tiratura:4535) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 92 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato un dovere di tutti gli operatori sanitari e, per questo, nella legge si rende obbligatoria la sua rilevazione all'interno della cartella clinica nei pazienti ricoverati. 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 60 (diffusione:4349, tiratura:4535) Nel corso della VI Conferenza Nazionale dei Dispositivi Medici (DM) è stato presentato il primo rapporto sui consumi riferiti al 2012. Un rapporto ancora incompleto per diversi aspetti, ma che contiene molti spunti interessanti. Si illustrano qui le potenzialità del monitoraggio, se ne spiegano le criticità proponendo in alcuni casi possibili soluzioni, come il maggior coinvolgimento dei sistemi informativi e delle ingegnerie cliniche, e ci si chiede se, da strumento di governance, non possa diventare anche strumento di management. Nell'ambito del fabbisogno di salute della popolazione i dispositivi medici sono diventati una componente importante a seguito del continuo aumento del "consumo" da parte di utenti professionali e di privati. Questa rilevanza sul piano sanitario ha comportato anche un incremento notevole nella spesa pubblica per dispositivi medici e per prestazioni associate al loro utilizzo, tanto che in molte aziende sanitarie la spesa per i DM ha superato la spesa dei farmaci e si pone come seconda voce di spesa complessiva nel bilancio delle aziende sanitarie, dopo quella per il personale. In questo contesto è emersa l'impellente necessità di attivare a livello nazionale e regionale strumenti di governance per gestire e monitorare l'introduzione e l'uso delle tecnologie nell'ambito del sistema sanitario, valutandone la sostenibilità economico-finanziaria. Il punto di partenza, come per ogni strumento di governo di un sistema, è consistito nell'acquisire la conoscenza dei processi reali di acquisto dei DM e l'effettiva dimensione del mercato in termini di volume e spesa, tramite strumenti di recupero ed elaborazione dei dati per l'analisi critica delle informazioni. In questo ambito si colloca il decreto del ministro della Salute 11 giugno 2010 che ha previsto "Istituzione del usso informativo per il monitoraggio dei consumi dei dispositivi medici direttamente acquistati dal Ssn". Il monitoraggio ministeriale Lo scorso 17 dicembre 2013 a Roma, nel corso della VI Conferenza Nazionale dei Dispositivi Medici, è stato presentato il primo Rapporto sui consumi di DM relativi al 2012, che rappresenta il primo risultato del monitoraggio dei dispositivi medici direttamente acquistati dal Ssn. I dati contenuti nel rapporto, seppur ancora incompleti, sono un'importante risorsa e aprono la strada a numerosi spunti di discussione. Gli obiettivi che il Ministero ha posto alla base di questo progetto sono assolutamente condivisibili: la preoccupazione che la spesa dei DM possa andare fuori controllo è reale, soprattutto in assenza di parametri di confronto che ne stabiliscano l'appropriatezza. I dati, quindi, in forma aggregata, sono un potente strumento di governance a livello centrale. Il Ministero infatti ha già stabilito dei tetti di spesa per questo tipo di dispositivi, fissata per il 2013 al 4,8% del Fondo Sanitario Nazionale e ridotta al 4,4% nel 2014. Lo scopo dell'attività di monitoraggio del consumo dei DM è riuscire a creare modelli di benchmarking che siano strategici e diano indicazioni di merito per eventuali manovre di spending review, senza il ricorso sistematico al taglio lineare. In questa ottica i modelli devono fornire strumenti per verificare l'appropriatezza d'uso del DM in riferimento alla destinazione d'uso indicata dal fabbricante e alla tipologia di pazienti e di patologia per la quale è usato, garantendo l'efficacia clinica in relazione alla sicurezza del paziente e degli operatori. A tal proposito vanno sottolineati due elementi qualificanti dell'iniziativa: • l'individuazione certa del dispositivo attraverso l'istituzione della Banca Dati dei dispositivi medici, che consente l'avvio della tracciabilità dei consumi, monitorata attraverso i relativi ussi informativi; • la pubblicazione dei dati sul sito del Ministero in formato open data, aggiornati periodicamente e disponibili per gli operatori sanitari sulla piattaforma del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (Nsis) in tempo reale. Il modello che c'è dietro al usso è collaudato. Un file xml contenente i dispositivi medici consumati viene trasmesso periodicamente al Ministero per l'elaborazione. È un file analitico che riporta gli "estremi" necessari a identificare il consumo. Per rendere possibile il monitoraggio, da tempo il Ministero ha introdotto una codifica riguardante i DM, nota come Classificazione Nazionale dei Dispositivi (Cnd). Un dispositivo viene identificato quindi da una coppia di valori, il suo codice Cnd (un valore alfanumerico costituito da una lettera e da una serie di numeri) e il numero di repertorio, che è un numero SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 93 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Flusso informativo ministeriale dei dispositivi medici. Possibile strumento di gestione? 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 60 (diffusione:4349, tiratura:4535) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 94 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato progressivo rilasciato dal Ministero. L'onere della registrazione del dispositivo spetta al produttore. Il livello di dettaglio delle informazioni rilevate consente di riferirsi alle seguenti dimensioni di analisi: • tempo (anno, mese), • localizzazione (Regione, azienda sanitaria, struttura, reparto), • dispositivo (numero di repertorio, classificazione Cnd, fabbricante ecc.), • consumo (quantità di unità), • spesa (per le quantità). Il rapporto ministeriale In un documento di 50 pagine il Ministero ha presentato i risultati del monitoraggio per il 2012. Molti sono gli spunti interessanti. Sicuramente lo è, per esempio, il dato riguardante la spesa divisa per categoria di dispositivo (prima lettera del codice Cnd). La fanno da padroni sicuramente i dispositivi protesici, i cardiologici e gli impiantabili attivi, trattandosi in molti casi di dispositivi ad alto costo. La struttura del codice Cnd consente di gestire gerarchicamente il dato. In questo modo si possono analizzare i dati con livelli di aggregazione differenti. Per esempio, nella categoria P, il 51,5% è costituito da dispositivi P09, cioè protesi ortopediche e mezzi per osteosintesi e sintesi tendineo-legamentosa. Qual è l'attendibilità di questi dati? Qual è la percentuale di copertura rispetto al numero reale di dispositivi consumati? Nel rapporto c'è una stima della copertura del monitoraggio effettuata prendendo in considerazione le voci di bilancio relative ai costi sostenuti per dispositivi prelevate dai conti economici delle aziende sanitarie. Benché in alcuni casi possa esserci una discrepanza tra il costo puro del dispositivo e quanto in realtà viene fatturato dalla ditta fornitrice (si immagini il caso di servizi accessori forniti con il dispositivo), il C.E. resta un ottimo riferimento per la stima della copertura del monitoraggio. Come si evince dalla tabella a pag. 61, si tratta sicuramente di un ottimo livello di copertura, anche in considerazione del fatto che l'introduzione dell'obbligo di trasmissione dei dati è piuttosto recente. Criticità e anomalie Benché gli obiettivi di questo progetto siano strategici, se si guarda allo stesso dal punto di vista dell'IT, salta agli occhi una prima considerazione: dall'introduzione della Sdo e del relativo usso di trasmissione ogni azione di aumento della governance che si è voluta gestire attraverso l'introduzione di un nuovo usso informativo è stata sempre accompagnata da investimenti, più o meno cospicui, in ambiti Ict. In questo caso, si è probabilmente pensato che gli strumenti già a disposizione delle aziende fossero sufficienti per la preparazione, l'elaborazione e la trasmissione dei dati. Ma anche i sistemi attualmente usati vanno comunque adattati alle nuove esigenze. È evidente la complessità anche solo della banale introduzione della codifica Cnd e del numero di repertorio nei gestionali aziendali. Inoltre, rispetto ad altri ussi, che trovano centri di responsabilità ben localizzati nelle aziende sanitarie, gli attori interni coinvolti a vario titolo nella gestione dei DM sono diversi: • i Servizi di Acquisizione Beni e Servizi o Provveditorati, in quanto titolari della procedura amministrativa e dei contratti; • le Far macie Ospedal iere, i n quanto coinvolte nella movimentazione della maggior parte dei DM; • gli Economati o i Servizi Patrimoniali, in quanto coinvolti nella movimentazione di tutti i dispositivi che per vari motivi non vengono gestiti dalle Farmacie Ospedaliere; • le Ingegnerie Cliniche, in quanto coinvolte nella gestione delle apparecchiature biomedicali; • i Servizi Informativi Aziendali, in quanto facilitatori dei processi telematici e dei ussi informativi. Pertanto è presente una problematica, relativa alla gestione dei ussi, riferita alla qualità e alla completezza delle informazioni, dovuta alla frammentazione dei dati e alla scarsa interazione e collaborazione tra i vari attori sopra elencati. Quanto indicato salta particolarmente all'occhio per i dispositivi con classe Cnd Z, cioè le apparecchiature sanitarie e relativi componenti accessori e materiali. È evidente che Farmacie e Magazzini riescono, pur con qualche diffi coltà, ad adempiere agli obblighi relativi all'invio dei dati, mentre le Ingegnerie Cliniche non sono state probabilmente coinvolte a suffi cienza nella problematica. E la spiegazione potrebbe essere semplicemente che i diversi servizi usino software gestionali diversi che non comunicano tra loro. Per cercare di capire quali siano queste anomalie presenti nel rapporto, proviamo a riportare alcuni esempi. Se si fi ltrano tutti i dati relativi al codice Cnd Z e si aggregano per azienda sanitaria, si scopre che si passa da un'azienda che ha comunicato una spesa complessiva per apparecchiature sanitarie in tutto il 2012 di poco più di 78 euro ad un'azienda che ha comunicato una spesa complessiva di 5.824.911 euro. Si scopre inoltre che alcune categorie di apparecchiature sono poco presenti: sono stati acquistati nel 2012, secondo il rapporto, solo 12 apparecchiature per elettroterapia (Z121501), solo 19 elettrocardiografi (Z1205030X) e solo 45 spirometri (Z1215010X), in tutta Italia. Il tipo di apparecchiatura più presente è il monitor a parametri vitali 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 60 (diffusione:4349, tiratura:4535) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 95 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato (Z1203020X) con 477 voci di spesa. Vi sono anche problemi di coerenza che andrebbero studiati: un'azienda sanitaria ha comunicato di aver speso 22,88 euro per acceleratori lineari ad energia media e multipla (Z110101). È comprensibile che l'interesse del Ministero in questo momento sia soprattutto aumentare la copertura in quelle categorie Cnd che rappresentano la maggiore voce di spesa nazionale, ma sarebbe un peccato non investire per perfezionare la qualità del dato del monitoraggio. Dalla governance ex post alla gestione ex ante Il monitoraggio avviato ha fornito un patrimonio di informazioni che consente di analizzare i dati di spesa e assicurare strumenti di controllo, ma potrebbe anche permettere la condivisione di quelli che effettivamente possono essere considerati prezzi di riferimento per futuri acquisti o elementi per rinegoziare i contratti in essere. È auspicabile, pertanto, estendere l'utilità del monitoraggio a strumento di management quotidiano e non solo come supporto alle decisioni per lo strategic apex. La condivisione e la diffusione delle informazioni dovrebbe essere il punto di inizio di un processo di standardizzazione delle procedure per l'acquisizione dei dispositivi soprattutto in relazione alle tecnologie "innovative" e di individuazione dei risultati attesi con la verifica dei criteri di valutazione di efficacia clinica, di impatto organizzativo e di sostenibilità economica. Le Regioni e anche le singole aziende potrebbero avere a disposizione uno strumento per iniziare un percorso reale di analisi, correlando i dati di consumo con quelli di produzione sanitaria. Questo strumento renderebbe possibile analizzare le principali scelte sull'acquisto nelle varie aziende delle tipologie prevalenti di DM, confrontare i prezzi pagati dalle singole aziende sanitarie per DM simili o equivalenti e infine confrontare le modalità di acquisizione dei DM e i criteri di natura tecnico/economico, qualitativi usati in sede di valutazione delle diverse offerte. Il valore di un tale strumento è evidente, in particolare per operatori come gli ingegneri clinici che affrontano ogni giorno il problema di determinare la congruità dei costi delle apparecchiature basandosi sul vecchio modello di richiesta dei prezzi praticati agli stessi fornitori. In particolare, poi, per le apparecchiature sanitarie (Cnd Z), l'analisi dei prezzi è soggetta a criticità di sistema, infatti le forniture effettuate nelle diverse aziende sanitarie, e perfino all'interno della stessa azienda, riguardano spesso configurazioni diverse (componenti hardware, moduli software, accessori), modalità diverse di somministrazione, kit e consumabili (esempio: monouso) differenti. Inoltre un'unica fornitura è spesso l'insieme di più DM: si citavano prima i monitor a parametri vitali; in una fornitura di un monitor sono sempre inclusi il cavo paziente per l'acquisizione del dato Ecg, il bracciale per la rilevazione della Nbp, il sensore per la pulsossimetria, tutti DM a sé stanti che non sempre vengono dettagliati in offerta economica o in fattura. Questa complessità, propria delle apparecchiature sanitarie, rende più difficile l'attendibilità e la qualità dei dati rilevati già in fase di elaborazione e quindi di analisi dei ussi informativi. Altro elemento di complessità che particolarizza l'analisi della spesa relativa alle apparecchiature è la rilevanza in termini quantitativi della voce relativa ai costi di gestione e manutenzione delle stesse. Le criticità evidenziate rappresentano alcuni dei fattori che determinano differenze, anche significative, tra il C.E. e il reale "consumo" di apparecchiature sanitarie. Nonostante tutto, affinando il usso informativo e migliorando la completezza e qualità dei dati relativo all'apparecchiature, lo strumento di monitoraggio basato sulla classificazione Cnd e sul repertorio renderebbe più trasparente e soprattutto più efficace il lavoro di confronto dei prezzi effettivi di mercato e delle modalità di acquisizione con possibili considerazioni tecnico/economico, estremamente utili per l'introduzione e quindi la gestione delle tecnologie. Conclusioni I presupposti quindi di un corretto monitoraggio dei DM sono anzitutto la creazione di un'anagrafica comune degli stessi e l'informatizzazione dei relativi contratti di acquisizione. A riguardo, i dati essenziali per la costruzione dell'anagrafica sono il Cnd e il numero di repertorio; un'importante criticità ancora non risolta è quella relativa proprio al processo di informatizzazione dei contratti che, seppur attivato, a oggi è ancora non completo. A tal fine, l'ingegnere clinico, a livello sia operativo sia gestionale, ha un ruolo fondamentale considerate le sue conoscenze specifiche. Altra attività strategica, infatti, per il miglioramento della qualità del dato del monitoraggio, è il processo di acquisto dei DM di tipo disposable che, con la partecipazione dell'ingegnere clinico, dalla fase di definizione dei capitolati a quella di valutazione delle offerte e alla conclusiva di esecuzione del contratto, risentirebbe di notevoli vantaggi, come riscontrato per l'analogo processo di 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 60 (diffusione:4349, tiratura:4535) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 96 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato acquisizione delle apparecchiature biomediche; in particolare, in tempi relativamente brevi, si potrebbe avere una conoscenza molto approfondita delle problematiche ancora in essere e alla definizione di strumenti efficienti di controllo locali che sicuramente concorrerebbero a ottimizzare il monitoraggio nazionale. Un'ulteriore riessione sul perché sia opportuna una figura che faccia da trait d'union per le varie categorie di dispositivi nasce dalla considerazione che partecipano al monitoraggio anche i dispositivi diagnostici in vitro, seppure per il momento il Ministero ha preferito non rendere obbligatoria la loro trasmissione (nel monitoraggio 2012 sono stati trasmessi Ivd solo per poco più di 570mila euro). Si tratta di dispositivi spesso non gestiti né dalle farmacie ospedaliere né dai magazzini economali ma direttamente dai laboratori. Si tratta di materiale da laboratorio come provette, cuvette, ampolle ecc.; materiale di consumo come reattivi e reagenti e, naturalmente, apparecchiature da laboratorio, che insieme costituiscono una fetta importante della spesa per dispositivi. Dal dato prima citato di copertura, risulta dai conti economici aziendali, una spesa di quasi 890 milioni di euro nel 2012. Risulta inoltre molto stimolante pensare come dal monitoraggio possano dipendere scelte gestionali importanti. Si pensi, per esempio, alla logistica dei DM di tipo disposable. Mentre la gestione del farmaco è una scienza che vive oggi un grado di assessment importante e viene riconosciuta come strategica all'unanimità, la gestione della logistica del dispositivo è spesso sottovalutata. Riettendo un attimo, però, sempre più dispositivi oggi hanno una scadenza, sempre più un'inutile giacenza rappresenta un costo, sempre più la non conoscenza delle proprie scorte di magazzino in termini di dispositivi, rappresenta un'inefficienza. È facile immaginare, come avviene per una gestione corretta del farmaco, a risparmi dell'ordine del 20% con una gestione della logistica più efficiente ed efficace. Anche in questo contesto, l'ingegnere clinico, che spesso ha competenze di project management, potrebbe rivelarsi una risorsa importante. Infine, non dimentichiamo l'infrastruttura di base sulla quale tutte queste attività si reggono. Occorre un profondo coordinamento con i sistemi informativi aziendali. Se si pensa che, in alcuni casi, semplicemente attraverso una personalizzazione e un'ottimizzazione del software amministrativo-contabile aziendale, si potrebbero ottenere enormi vantaggi in termini di qualità del dato, l'importanza dei Cio in questi processi è palese. La speranza è che, oltre a un maggiore coinvolgimento delle ingegnerie cliniche e dei sistemi informativi nei processi interni delle singole aziende, si abbia una maggiore presenza di queste figure anche nei tavoli di lavoro ministeriali per evidenziare criticità non emerse ma anche nuove potenzialità non immaginate. DEFINIZIONE DI DISPOSITIVO MEDICO La direttiva europea 93/42/CEE, poi modificata dalla direttiva 2007/47/CE, definisce il dispositivo medico come segue: «qualunque strumento, apparecchio, impianto, software, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software destinato dal fabbricante a essere impiegato specificamente con finalità diagnostiche o terapeutiche e necessario al corretto funzionamento del dispositivo, destinato dal fabbricante a essere impiegato sull'uomo a fini di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia; di diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap; di studio, sostituzione o modifica dell'anatomia o di un processo fisiologico; di intervento sul concepimento, il quale prodotto non eserciti l'azione principale, nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici o immunologici né mediante processo metabolico ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi». All'interno del monitoraggio sono presenti anche altre due categorie di dispositivi che non rientrano in questa direttiva. Si tratta dei dispositivi impiantabili attivi (Iad) e dei dispositivi diagnostici in vitro (Ivd). 60 54,6% 0% 5% 10% 15% 20% 25% 22,3% 12,0% 11,4% 8,9% 7,1% 6,2% 5,9% 4,9% 4,0% 2,9% 2,4% 2,3% 1,9% 1,6% 1,5% 1,4% 1,1% V-DISPOSITIVI VARI 0,4% 0,4% 0,4% 0,3% P-DISPOSITIVI PROTESICI IMPIANTABILI E PRODOTTI PER OSTEOSINTESI C-DISPOSITIVI PER APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO J-DISPOSITIVI IMPIANTABILI ATTIVI A-DISPOSITIVI DA SOMMINISTRAZIONE, PRELIEVO E RACCOLTA H-DISPOSITIVI DA SUTURA M-DISPOSITIVI PER MEDICAZIONI GENERALI E SPECIALISTICHE K-DISPOSITIVI PER CHIRURGIA MINI-INVASIVA ED ELETTROCHIRURGIA TDISPOSITIVI DI PROTEZIONE E AUSILI PER INCONTINENZA (D.Lgs.46/97) Z-APPARECCHIATURE 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 60 (diffusione:4349, tiratura:4535) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 97 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SANITARIE E RELATIVI COMPONENTI ACCESSORI E... F-DISPOSITIVI PER DIALISI R- DISPOSITIVI PER APPARATO RESPIRATORIO E ANESTESIA Q-DISPOSITIVI PER ODONTOIATRIA, OFTALMOLOGIA, E... B-DISPOSITIVI PER EMOTRASFUSIONE ED EMATOLOGIA U-DISPOSITIVI PER APPARATO UROGENITALE G-DISPOSITIVI PER APPARATO GASTROINTESTINALE 1,LSTRUMENTARIO CHIRURGICO PLURIUSO O RIUSABILE D-DISINFETTANTI, ANTISETTICI E PROTEOLITICI (D. Lgs. 46/97) S-PRODOTTI PER DTERILIZZAZIONE V-SUPPORTI O AUSILI TECNICI PER PERSONE DISABILI N-DISPOSITIVI PER SISTEMA NERVOSO E MIDOLLARE Figura 1 Distribuzione della spesa per categoria Cnd (fonte Rapporto sulla spesa rilevata dalle strutture sanitarie pubbliche del Ssn per l'acquisto dei DM) I DISPOSITIVI MEDICI OGGETTO DI MONITORAGGIO Il decreto del ministro della Salute 25 novembre 2013 defi nisce i dati oggetto della rilevazione relativa alla rilevazione monitoraggio dei consumi dei DM direttamente acquistati dal Ssn. L'alimentazione della banca dati è a cura delle singole Regioni e riguarda anche i contratti stipulati dal 1 ottobre 2010 per l'approvvigionamento di DM. Per questi ultimi, il monitoraggio riguarda: i dispositivi medici distribuiti alle Uo delle strutture di ricovero e cura destinati al consumo interno o alla distribuzione diretta; i dispositivi medici acquistati o resi disponibili dalle Asl o strutture equiparate e destinate alle strutture del proprio territorio per consumo interno, distribuzione diretta o distribuzione per conto; i contratti di acquisizione e messa a disposizione di DM sottoscritti dalle Asl. Percentuale di copertura del monitoraggio (fonte: rapporto sulla spesa rilevata dalle strutture sanitarie pubbliche del Ssn per l'acquisto dei dispositivi medici) A B C D E=B+C+D F=A/(B+C) Area geografi ca Flusso consumi spesa per DM BA0220 B.1.A.3.1) Dispositivi medici BA0230 B.1.A.3.2) Dispositivi medici impiantabili attivi BA0240 B.1.A3.3) Dispositivi medici diagnostici in vitro (IVD) B.1.A.3) Dispositivi medici* Copertura % Nord 1.539.931.254 1.849.755.000 229.580.000 540.612.000 2.619.947.000 74 Centro 386.557.892 494.768.000 103.264.000 117.008.000 715.040.000 65 Sud e Isole 587.569.097 912.473.000 245.700.000 232.258.000 1.390.431.000 51 Totale 2.514.058.243 3.256.996.000 578.544.000 889.878.000 4.725.418.000 66 NB Dal calcolo della "copertura %" nazionale sono state escluse le Regioni Sardegna e Lazio. * Modelli CE - consuntivo 2012, dati aggiornati al 25/9/2013. Flusso consumi: dati riferiti al periodo gennaio-dicembre 2012. Si ricorda che al momento i dispositivi diagnostici (IVD) non sono rilevati con il Flusso Consumi. MONITORAGGIO GRANDI APPARECCHIATURE Il decreto del ministro della Salute del 22 maggio 2014 ha istituito il usso informativo per il monitoraggio delle grandi apparecchiature sanitarie in uso presso le strutture sanitarie pubbliche, private accreditate e private non accreditate. Il usso informativo consente attualmente di rilevare le informazioni relative alle seguenti 7 tipologie di apparecchiature sanitarie individuate dallo specifico codice della Classificazione Nazionale dei Dispositivi medici (Cnd): • Tac (Cnd Z11030601-04), • Rmn (Cnd Z11050101-06), • acceleratori lineari (Cnd Z 11 01 01 01-03), • sistemi robotizzati per chirurgia endoscopica (CND Z 12 02 01 01), • sistemi Tac/Pet (Cnd Z 11 02 03 01), • gamma camere computerizzate (Cnd Z 11 02 01 01-05), • sistemi Tac/gamma camera (Cnd Z 11 02 02 01). I dati dovranno essere trasmessi direttamente dalle strutture sanitarie al Ministero della Salute, nell'ambito del Nsis. Le informazioni rilevate sono le seguenti: localizzazione - la struttura presso la quale è collocata o disponibile la grande apparecchiatura sanitaria; caratteristiche - le principali caratteristiche e sottocaratteristiche della grande apparecchiatura che determinano l'erogazione di prestazioni sanitarie. Ricomprende anche gli interventi di aggiornamento che consentono di aumentare le prestazioni sanitarie erogate dalla stessa apparecchiatura; acquisizione - le modalità di acquisizione della grande apparecchiatura, riferite esclusivamente alle strutture sanitarie pubbliche; attivazione - modalità e tempi di attivazione della grande apparecchiatura presso la struttura sanitaria; gestione - i tempi medi di disponibilità di una grande apparecchiatura ed eventuali contratti di manutenzione. Foto: GIANLUCA GIACONIA responsabile Settore Ingegneria Clinica, Azienda Ospedaliera Dei Colli, Napoli; membro del gruppo di lavoro sull'Ict di AIIC ALBERTO LOMBARDI responsabile Ufficio Ingegneria Clinica, Asl Benevento ANTONIETTA PERRONE responsabile struttura Ingegneria Clinica, Aou Federico II, Napoli 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 66 (diffusione:4349, tiratura:4535) ROBERTO CARMINATI La politica di contenimento e razionalizzazione della spesa che ha caratterizzato l'azione dei governi succedutisi alla guida del Paese negli ultimi anni non ha mancato di far sentire la sua inuenza anche in ambito sanitario, come la Corte dei Conti ha certificato con il suo Rapporto 2014. Nonostante «il settore sanitario» si trovi «oggi ancora di fronte a scelte impegnative anche dal punto di vista finanziario», nel 2013 hanno trovato conferma «i progressi già evidenziati negli ultimi esercizi nel contenimento dei costi per l'assistenza sanitaria». Pur se per entità leggermente inferiori a quelle registrate durante lo scorso biennio «la spesa complessiva ha continuato a ridursi» risultando infine di 2 miliardi «inferiore alle attese» e stabile «in termini di prodotto» attorno al 7%. Allo stesso tempo e sempre a dispetto di alcune incertezze non ha rallentato neppure «il processo di riduzione dei disavanzi delle regioni in squilibrio strutturale». E in questo caso i dubbi riguardano per lo più la qualità del servizio e l'appropriatezza o l'organizzazione «delle strutture che sono alla base delle difficoltà economiche esplose negli squilibri strutturali». A mettere in evidenza progressi e criticità della gestione dell'architettura sanitaria nel Paese è stata la Corte dei Conti con il suo Rapporto 2014 sul coordinamento della spesa pubblica che conta corposi capitoli dedicati al tema. Contraddizioni e contrasti paiono pendere ancora sul conto economico nonché sulle politiche delle Regioni sottoposte a piano di rientro e nel complesso l'autorità ha segnalato difficoltà nel «riassorbire in maniera duratura gli squilibri» e nell'uso di «strumenti di correzione dei disavanzi». Nel frattempo però «la definizione di regole contabili e l'esercizio dei conseguenti controlli» hanno permesso di elevare quella che la Corte ha definito «una cortina di protezione sulla destinazione dei fondi». Mentre le misure mirate al riassorbimento dei ritardi di pagamento della Pubblica Amministrazione «dovrebbero impedire il ripetersi in futuro dei fenomeni di ritardo nel uire delle somme destinate al sistema sanitario». Da questo punto di vista desta perplessità «il provvedimento che consente di destinare ad altre finalità gli sforzi fiscali attivati per il processo di rientro». Questo «crea opacità», ha scritto l'Istituzione, spezzando «il collegamento tra un prelievo e la sua destinazione specifica» che è alla base della logica che sottende in linea generale ai Piani di rientro. Il nuovo Patto per la salute - che mentre scriviamo è oggetto di dibattito tra il governo di Matteo Renzi e i governatorati regionali - non può inoltre prescindere dall'affrontare in modo efficace istanze inuenzate da una molteplicità di fattori. La garanzia di disponibilità e accesso a cure e strumenti terapeutici tecnologicamente avanzati ma anche «costosi» e la «difficoltà di mantenere elevati prelievi fiscali locali», in primo luogo. Ma anche il dovere di conservare standard qualitativi alti e competitivi rispetto alla media europea in nome, per esempio, della direttiva Ue 2011/24 sull'assistenza transfrontaliera. E infine, l'imperativo a un rilancio e a un consolidamento delle strategie territoriali a supporto delle patologie croniche o degenerative dovute ai trend demografici. Due miliardi in meno rispetto al 2012 Posto il quadro generale, il Rapporto 2014 ha certificato che le uscite per l'assistenza sanitaria calcolate nel 2013 sono state pari a 109,3 miliardi di euro contro la previsione di 111,1 miliardi del Documento di programmazione economico-finanziaria o Def della primavera dello scorso anno. Sebbene in proporzione minore (0,3% a fronte dell'1,3% del 2012), la spesa si è ristretta per il terzo anno di seguito: dei 7 miliardi risparmiati dalle Pubbliche Amministrazioni rispetto al preconsuntivo stilato a ottobre 2 sono riconducibili all'area healthcare che assorbe poco più del 15% del totale. Nel periodo preso in esame si è registrata una essione da 0,3 punti percentuali degli importi inerenti l'assistenza e le prestazioni offerte dal servizio pubblico e i budget per il personale dipendente sono calati dell'1,2%. In leggero incremento (+0,2%) si sono invece attestati i consumi intermedi e secondo la Corte dei Conti tale dinamica «riette anche nel 2013 la scelta delle Regioni di ricorrere alla distribuzione diretta dei farmaci ai fini di un controllo complessivo della spesa». Anche nel prosieguo di quest'anno la medesima voce dei consumi intermedi è attesa dall'organo di controllo sulla gestione delle risorse dello Stato a «scontare le misure di contenimento adottate negli ultimi esercizi». La previsione è di un ridimensionamento del 10% dei corrispettivi per l'acquisto di beni e di servizi, SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 98 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Gli effetti del rigore sulla sanità 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 66 (diffusione:4349, tiratura:4535) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 99 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ma con la possibilità per le Regioni di ricorrere a «misure alternative di contenimento della spesa»; e l'obbligo per le Aziende sanitarie locali di «rinegoziare i contratti (ed eventualmente recedervi) qualora i prezzi unitari siano superiori del 20% ai prezzi di riferimento». In vista c'è un tetto all'investimento in dispositivi medici «pari al 4,8% del livello di finanziamento del Ssn, cui concorre in via ordinaria lo Stato (4,4% dal 2014)» e la revisione dei limiti di spesa farmaceutica ospedaliera dal 2,5 al 3,5% con una suddivisione al 50% tra Regioni e aziende del farmaco delle quote di ripianamento in caso di superamento del limite di spesa. Etichettata come «stazionaria» anche la spesa degli operatori market, e cioè estranei al perimetro pubblico, sulla quale pesano il calo del 3% della farmaceutica inuenzata dal +2% delle compartecipazioni a carico dei cittadini e la riduzione media del 5% che ha interessato il prezzo dei farmaci. Tra le strategie per il contenimento della spesa che più hanno contribuito a questa performance la Corte dei Conti ha evidenziato «la rideterminazione del tetto della spesa farmaceutica territoriale (in cui conuisce la spesa farmaceutica convenzionale) dal 13,1% del finanziamento cui concorre lo Stato del 2012 all'11,35% dal 2013 e la modifica del meccanismo di ripiano dell'eventuale sforamento della spesa». A sua volta ha virato verso il basso per 0,7 punti la spesa destinata all'assistenza medico-generica laddove è salita quella relativa ad altre prestazioni, tra le quali la specialistica, l'ospedaliera convenzionata e la riabilitativa, tutte segnalate in impennata per l'1,4%. I pronostici per il periodo 2015-2018 Alla luce di quanto previsto dal Def 2014, ci si prepara dunque a un incremento del 2% a 111,474 milioni della spesa complessiva, con crescite da 3,8 punti per i consumi intermedi, e a un identico ritocco della quota riferita al segmento market. L'aspettativa è per un +1,5% attribuibile alla farmaceutica e di uno 0,1% in più per la medicina di base. «Le altre prestazioni in convenzione», ha notato la Corte dei Conti, «presentano una variazione positiva del 3,4%» che sconta «gli effetti delle misure di contenimento della spesa e, in particolare, della riduzione del 2% rispetto al valore 2011 degli importi e dei volumi degli acquisti da erogatori privati», secondo la dicitura dell'organismo. Con le altre componenti di uscita pronosticate in aumento del 6,7% dai 5 miliardi del 2014, il ritmo di crescita della spesa sanitaria dovrebbe attestarsi tra il 2015 e il 2018 al 2,1% e quindi al di sotto della variazione prevista per il Prodotto interno lordo nominale. Lungo tutto l'arco del 2013 si è messo a bilancio un andamento positivo (+2,5%) dell'acquisto di beni e tra questi prodotti farmaceutici (il 54% del totale) e dispositivi (il 38) sono progrediti rispettivamente del 5,8 e del 2,7%; mentre si è assistito a un crollo (-50% circa) dell'acquisizione di componenti chimici. «La riduzione del finanziamento», ha scritto la Corte dei Conti, «e la rimodulazione in riduzione della quota obiettivo (dal 5,2 al 4,8% del finanziamento medesimo) fanno sì che nel complesso la spesa ecceda l'obiettivo di poco meno del 7% (nel 2012 era inferiore al limite di circa il 5%). Sono soltanto cinque le Regioni che presentano una spesa inferiore al limite previsto. Fatta eccezione per la Lombardia, si tratta di Regioni del Mezzogiorno», mentre «le Regioni in Piano di rientro superano in modo solo marginale l'obiettivo», ma presentano anche la crescita più forte durante l'anno (+6%). Contestualmente, entro il perimetro di queste ultime si è potuta osservare «una significativa ricomposizione» tra le varie tipologie di dispositivi. In essione gli impiantabili; sulla rampa di lancio si sono al contrario posizionati quelli indirizzati alla diagnostica in vitro. Differente e di minore incidenza sul totale degli impiantabili è la tendenza in atto presso le amministrazioni regionali estranee al Piano di rientro, dove è tuttavia percepibile il tentativo di contenere i costi. Stime più precise dovrebbero essere disponibili, si evince dal Rapporto 2014, in avvenire, grazie al contributo del Repertorio dei dispositivi medici e grazie a iniziative come il report istituito dal Ministero della Salute e relativo all'investimento in device effettuato dalle varie strutture nel 2012. Lo stato dell'arte dei servizi convenzionati Il Rapporto 2014 della Corte dei Conti ha inoltre calcolato al 3,4% la discesa dei valori riconducibili alla farmaceutica convenzionata, la cui spesa è stata pari a 8,6 miliardi di euro dopo il ridimensionamento del 10% già vissuto nel 2012. Sono molteplici gli elementi che hanno contribuito a un tale risultato e tra questi l'organo di controllo ha annoverato «la riduzione del prezzo medio dei farmaci per effetto dell'inserimento nel prontuario di nuovi farmaci generici». Accanto a questa sono state menzionate poi «l'implementazione dell'attività di monitoraggio del livello di appropriatezza delle prescrizioni terapeutiche» e «i risparmi originati dall'incremento dello sconto sul prezzo dei farmaci a carico di grossisti e farmacisti». Ancora, «la rideterminazione all'11,35% del tetto relativo 05/09/2014 Tecnica Ospedaliera - N.8 - settembre 2014 Pag. 66 (diffusione:4349, tiratura:4535) SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/09/2014 100 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato alla farmaceutica territoriale, al netto degli importi corrisposti dal cittadino per l'acquisto di farmaci a un prezzo diverso dal prezzo massimo di rimborso stabilito dall'Agenzia Italiana del Farmaco, con l'attivazione del meccanismo del pay-back già previsto in caso di superamento del tetto». Infine, «la crescita della quota di compartecipazione alla spesa a carico del cittadino, in relazione alle misure di compartecipazione adottate in talune Regioni sottoposte a Piano di rientro e ai ticket sui farmaci» vigenti anche in Regioni non toccate dal Piano». Presso le prime ha fatto avvertire il suo inusso anche l'azione di potenziamento del paradigma della distribuzione diretta. Nell'opinione e nei numeri visibili nel Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica, il modello ha infatti inuito sullo «spostamento di alcune quote del mercato dal canale convenzionale» a quello non-intermediato. A catena, ciò ha generato risparmi dei quali le Regioni sono state le principali beneficiarie, in virtù della minore retribuzione della supply chain. L'analisi ha quindi preso in considerazione la specialistica convenzionata, i cui costi sono stati fissati per il 2013 a 4,8 miliardi per una crescita da 0,7 punti. Il rallentamento del quale essa è stata oggetto deriva tanto dall'adozione degli strumenti di governo della spesa approntati in tal senso dalle Regioni; quanto poi su scala locale dall'accento sulla deospedalizzazione e sul trasferimento di alcune prestazioni all'ambito ambulatoriale, cioè pratiche diffusesi con successo in anni recenti. Per finire, quanto agli acquisti di assistenza ospedaliera tra i quali quelli da ospedali convenzionati e classificati, Irccs e policlinici universitari privati, e case di cura accreditate, essi sono stati giudicati «sostanzialmente stabili» ed è stato loro assegnato un valore da 8,5 miliardi circa. Su questo capitolo di uscita, come sul precedente, hanno giocato un ruolo importante - secondo quanto è stato ufficializzato dalla Corte dei Conti - «le misure introdotte dal dl 95 del 2012, che prevedeva una riduzione complessiva degli acquisti da erogatori privati in volumi e corrispettivo in misura tale da ridurne la spesa per il 2013 dell'1% rispetto al valore consuntivato nell'anno 2011».