E la Regione prenota 16 chili di cannabis per i malati autorizzati

09/07/2016
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E la Regione prenota 16 chili di cannabis per i malati autorizzati
In Emilia-Romagna nel 2017 si consumeranno 16 chilogrammi di cannabis. Parliamo ovviamente di quella
terapeutica, quella lavorata appositamente per diventare un farmaco a tutti gli effetti. L'ordine è partito dalla
Regione alla volta dello Stabilimento chimico militare di Firenze, l'unico autorizzato dal ministero a produrre
cannabinoidi terapeutici. Nel 2015 ne sono stati consumati 11 chili, e ne hanno beneficiato circa 200
pazienti. «Stiamo per emanare un atto che oltre alla prescrizione informatizzata prevede le due indicazioni
per cui l'autorizziamo - spiega Ester Sapigni della Regione -, cioè il trattamento del dolore neuropatico e
quello nella sclerosi multipla». apigni Oltre che negli ospedali viene prescritta dai medici di famiglia Basta
una semplice prescrizione con la quale andare in farmacia, ma non in tutte In Emilia-Romagna nel 2017 s i
co n s u m e r a n n o 1 6 c h i l o grammi di cannabis. Parliamo ovviamente di quella terapeutica, quella
lavorata appositamente per diventare un farmaco a tutti gli effetti. Lavorazione che da quest'anno avviene
anche in Italia. Il ministero della Salute ha infatti individuato nello Stabilimento chimico farmaceutico militare
di Firenze il produttore unico nazionale che nel giro del prossimo anno dovrebbe rendere l ' I t a l i a a u to s
u f f i c i e n te . Pe r questo è stato chiesto alle Regioni qual è il fabbisogno stimato per il 2017 e da viale
Aldo Moro, dopo aver fatto due conti, hanno risposto che 16 chilogrammi possono bastare. «I preparati a
base di cannab i n o i d i s o n o g i à i n u s o d a tempo nelle regioni italiane, la nostra ha una legge dal
2014 - spiega Ester Sapigni, farmacista professional del Servizio assistenza territoriale dell'assessorato
regionale alla Sanità -, fino ad ora li abbiamo acquistati dall'Olanda». Bedrocan è il produttore, «l'unica
azienda a livello mondiale - si legge nel sito - a offrire cannabis standardizzata a uso medico
completamente germogliata». Nel 2015 nelle strutture sanitarie pubbliche della regione sono stati
consumati 11 chilogrammi di infiorescenza naturale di cannabis. E sono circa 200 i pazienti che ne hanno
fatto uso dietro prescrizione medica. «Molti provano, perché questi farmaci aiutano ad alleviare il dolore,
ma molti abbandonano», spiega Sapigni. L'indicazione all'uso della cannabis è solo per quei pazienti che
non rispondono alle terapie convenzionali. E non è alla portata di tutti. «Il paziente deve stare a domicilio,
non può assolutamente guidare, deve sopportare effetti collaterali - prosegue l'esperta -. Oltre che negli
ospedali viene prescritta dai medici di famiglia. Basta una semplice prescrizione con la quale va in
farmacia, ma non tutte sono in grado di manipolare questo prodotto». La Regione, dopo aver approvato la
legge nel 2014, ora sta per emanare una direttiva che prevede la prescrizione informatizzata da parte dei
medici di medicina generale all'interno della rete Sole. «In questo atto, che è già pronto, oltre alla
prescrizione informatizzata viene specificato che a carico del Servizio sanitario nazionale ci sono solo
alcune delle indicazioni del decreto ministeriale», continua la dirigente regionale. «Noi abbiamo posto solo
due indicazioni terapeutiche: per il trattamento del dolore nella sclerosi multipla e per il trattamento del
dolore neuropatico. In questi casi ci sono evidenze scientifiche sugli effetti dei cannabinoidi, per le altre
indicazioni non ci sono le stesse certezze». Le nuove disposizioni entrano in vigore a breve, dopo un ultimo
incontro tra la Regione e le aziende sanitarie. Già dalla fine del mese i medici potranno accedere alla
prescrizione informatizzata in Sole. Le indicazioni ministeriali all'uso della marijuana terapeutica sono più
ampie: si può p r e n d e r e c o n t r o l a n a u s e a causata da radioterapia o chemioterapia, o per terapie
contro l'Hiv, per stimolare l'appetito in chi soffre di anoressia o p e r l 'e f fe t to i p ote n s i vo n e l
glaucoma che resiste alle terapie tradizionali. Due i sistema di assunzione: orale e o per inalazione. Marina
Amaduzzi
Come funziona La Regione, dopo avere approvato la legge nel 2014, ora sta per emanare una direttiva
che prevede la prescrizione informatizzata da parte dei medici di medicina generale Fino a oggi la cannabis
terapeutica veniva acquistata in Olanda, il ministero della Salute ha però individuato nello Stabilimento
chimico farmaceutico militare di Firenze il produttore unico nazionale che nel giro del prossimo anno
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 11/07/2016
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ARRIVANO LE NUOVE DIRETTIVE
09/07/2016
Pag. 1 Ed. Bologna
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TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 11/07/2016
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dovrebbe rendere l'Italia autosufficiente
LA PAROLA CIN-RO E CIN-BO La varietà coltivata nello stabilimento militare di Firenze, l'unico autorizzato
in Italia, originariamente si chiama CINRO perché è stata messa a punto dal centro di ricerca di Rovigo: il
prodotto finito si chiama FM2, dove FM sta per Farmaceutico Militare e 2 perché contiene i 2 cannabinoidi
THC e CBD. È in coltivazione anche un'altra varietà con alto contenuto di THC che si chiama CIN-BO,
perché l'altra sede del centro rodigino è qui a Bologna.
11/07/2016
Pag. 73 N.25 - luglio 2016
Platinum
Si studiano nuovi farmaci con meccanismi di analgesia a lungo termine
Generalmente, una malattia ha specifiche cause che la generano; se la cura annienta le cause, la malattia
cessa. Il dolore cronico è un caso diverso, perché ipersensibilizza le vie dolorose più a lungo delle cause
che lo hanno generato: non basta combattere le cause, cioè, per eliminare la malattia. E oggi le soluzioni
farmacologiche sono insufficienti. E questo il tema della ricerca del progetto Paincage, che coinvolge nove
partner europei ed è coordinato dal professor Antonino Cattaneo, neuroscienziato della Scuola Normale
Superiore di Pisa. Lo scopo è formulare una generazione di farmaci più efficaci rispetto alla malattia. "Ogni
farmaco è una molecola che colpisce un bersaglio, che spesso è una proteina che va o attivata o inibita dal
farmaco stesso - spiega Cattaneo -. In questo caso, si tratta di neurotrofine (in particolare NGF) o
endocannabinoidi. Inibire queste molecole può trattare il dolore cronico, ma ha molti potenziali effetti
collaterali: servono selettori che colpiscano il sistema NGF ma che siano più selettivi di quelli attuali. La
pluridisciplinarità dei partner ci permette di colpire in molti punti diversi, interagendo costantemente". Giunto
ormai a metà dell'opera, il progetto ha già portato a un risultato futuribile. "Alcuni dei candidati farmaci che
studiamo presuppongono meccanismi di analgesia a lungo termine, speculari al dolore cronico. Cioè: io li
somministro per un certo periodo, ma l'analgesia dura molto più a lungo. E un fenomeno nuovo: stiamo
studiando i meccanismi di modulazione epigenetica che lo possono permettere, riuscirci aprirebbe orizzonti
importanti".
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/07/2016
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Contro il dolore cronico
11/07/2016
Pag. 29
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Malati & Malattie
Presentato a Firenze il primo network italiano dedicato alle terapie del
dolore
Gloria Saccani Jotti
Perché a distanza di sei anni dall'approvazione della Legge sulla terapia del dolore (la 38/2010) ci sono
ancora così tante disparità sul territorio italiano nell'accesso ai farmaci ed alle cure? La attuale
regionalizzazione della sanità riduce o aumenta le diseguaglianze? Perché i cittadini non sono ancora
adeguatamente informati sui loro diritti in tema di cura? Quali sono le sfide che attendono gli specialisti che
si occupano del dolore? A queste domande ed a molte altre ancora hanno cercato di rispondere gli oltre
duecento partecipanti della sesta edizione del Workshop IMPACT proactive, che si è svolto a Firenze:
esperti interdisciplinari del dolore, opinion leader nazionali, rappresentanti delle Istituzioni e delle Società
Scientifiche, portavoce delle Associazioni di difesa dei diritti dei cittadini, ricercatori e medici di medicina
generale. «Un appuntamento fisso, che conferma la sua natura di punto di riferimento sulla tematica del
dolore, a 360°» spiega il professor Gian Franco Gensini, presidente e responsabile Scientifico di IMPACT
proactive. «Abbiamo voluto incentrare l'edizione di quest'anno sulle disparities: le disuguaglianze, che sono
ancora troppe nelle diverse Regioni italiane, per quanto riguarda la problematica della gestione del dolore
». Molto interessante il dibattito sull'esistenza o meno ad oggi in Italia di un rischio reale di dipendenza
nell'utilizzo di farmaci oppiacei nel dolore cronico con la presentazione di dati emersi dalla
somministrazione di un Questionario attraverso la Rete PINHUB. Chiediamo al professor Guido Fanelli,
membro del Comitato Scientifico di Impact e presidente della Commissione Terapia del Dolore presso il
ministero della Salute, che cosa è questa rete. «La Rete Pain Interregional Network Hub è il primo network
del dolore italiano che unisce più di 20 Centri Hub in campagne di Ricerca e sensibilizzazione sulla
tematica del dolore. L'Hub di Parma per esempio, dove io sono professore ordinario, con oltre 16mila
prestazioni erogate all'anno, ha numeri che testimoniano la mole di lavoro svolta quotidianamente.
Importantissima anche la attività di ricerca con il progetto PAIN-Omics, che studia la possibilità di
identificare marcatori genetici del dolore responsabili del mal di schiena».
Foto: [email protected]
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 11/07/2016
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12/07/2016
Pag. 8 Ed. Napoli
diffusione:234691
tiratura:339543
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Pianeta sanità
Cardarelli chiude il reparto di terapia del dolore
GIUSEPPE DEL BELLO
IL primario va in pensione e il suo reparto del Cardarelli (cure palliative e terapia del dolore), sarà
soppresso. Eppure è l'unico del genere in una regione priva di strutture dedicate, soprattutto a pazienti
oncologici in fase terminale. Le sole attive, che peraltro non rispondono a pieno alle esigenze di una fascia
di malati particolarmente delicata, lavorano in convenzione pubblico-privato. E così, Vincenzo Montrone,
anestesista e terapeuta del dolore, oggi accusa. La sua crociata è partita una settimana fa con un appello
lanciato sul sito change.org. «Sono deluso, amareggiato, vedo l'immensa miopia della politica, il
clientelismo - si legge nel documento - e adesso vedo svanire il sogno per cui 40 anni fa, da pioniere, mi
battevo per far nascere questa disciplina».
L'avvisaglia data il 21 giugno, il giorno in cui la dirigenza del Cardarelli invia alla Regione il Piano di
riordino in cui si cancella la Terapia del dolore. In particolare, la proposta è di abolire i posti letto per i
pazienti affetti da patologia algica tumorale e di sostituirli con un ambulatorio. Nel dipartimento
anestesiologico e non più come è stato finora nel dipartimento Onco-ematologico.
E adesso? È Montrone a illustrare il possibile scenario post-chiusura: «Tutti i malati che arriveranno in fase
terminale e ricoverati nelle varie divisioni, saranno inviati, come accadeva molti anni fa, nel dipartimento di
emergenza (rianimazione, terapia intensiva, medicina di urgenza) determinando ricoveri impropri e una
morte priva di umanità. Tra le conseguenze negative anche il fatto che questi ricoveri sottrarranno posti
letto, negando a loro volta una speranza di salvezza ad altri pazienti. Se non sottoponendosi ai vergognosi
trasferimenti in elicottero». La Terapia del dolore del Cardarelli è stata la prima del centro-sud (1977), e
l'attivazione dei posti letto ha permesso di raggiungere obiettivi che vanno al di là della pur fondamentale
assistenza. In primis, il risparmio notevole che, sottolinea Montrone, è stato valutato in circa quattro milioni
e 800 mila euro annui: «Prima dell'attivazione dei posti letto, il costo per malati oncologici terminali era
lievitato dai quasi quattro milioni del 2005 ai sei e mezzo del 2009. In seguito, siamo scesi a un milione e
700 mila nel 2012». E poi, c'è la "dimissione protetta" adottata per i pazienti oncologici secondo cui i malati
dimessi vengono seguito al proprio domicilio. La palla passa ora alla Regione. «Dovrebbe identificare la
"Rete di cure palliative" - conclude Montrone -, ma quasi certamente saremo cancellati anche da questa. Il
piano sanitario non ha previsto nulla nelle strutture ospedaliere, mentre vorrebbe concentrare tutto sul
territorio, carente e di pessima qualità».
L'ACCORDO II ATENEO Accordo per la promozione della ricerca tra II Ateneo e Gsk, principale gruppo
farmaceutico per presenza industriale.
All'iniziativa, presentata al meeting su "Ricerca tra accademia e impresa. Nuovo modello della scienza,
della salute, del lavoro", hanno partecipato il rettore Giuseppe Paolisso (foto) e Silvestro Canonico,
presidente di Medicina.
Obiettivo: sviluppo di principi attivi e lo studio di meccanismi d'azione.
L'AGENDA
ARTI SANITARIE Alle 19 di giovedì 21 agli Incurabili: inaugurazione dell'"Antro alchemico".
Interviene, il direttore del museo Gennaro Rispoli (foto), il docente Gennaro Carillo. Sarà presentato il
volume del giornalista Antonio Emanuele Piedimonte "Alchimia e Medicina a Napoli" DIAGNOSTICA
PET/TAC L'ospedale Moscati di Avellino, capofila di uno studio sul nodulo polmonare. Il protocollo per la
valutazione con Pet/Tac è stato elaborato da Marco Spadafora, e da Alberto Cuocolo (foto), ordinario di
Diagnostica per immagini
CARDIOLOGIA FEDERICO II Su Annals of internal Medicine i risultati di uno studio condotto da Giuseppe
Gargiulo della Federico II: la Tavi, terapia mininvasiva, ha raggiunto risultati simili alla chirurgia DIABETE IN
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/07/2016
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12/07/2016
Pag. 8 Ed. Napoli
diffusione:234691
tiratura:339543
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CAMPANIA Approvata la delibera che definisce il fabbisogno dei centri diabetologici, pubblici e privati.
Previsti uno per 100 mila abitanti, 59 in tutta la regione. La direzione dell'assessorato alla sanità dovrà
anche definire la ricognizione delle strutture RICETTA ELETTRONICA Partirà mercoledì 20 la ricetta
elettronica anche per le prestazioni di assistenza specialistica.
Come già avviene per le prescrizioni farmaceutiche, il medico le registrerà on line per consegnare al
cittadino un promemoria per ricevere la prestazione
Foto: L'ALLARME L'anestesista e e terapeuta del dolore Vincenzo Montrone denuncia il rischio di chiusura
del suo reparto
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/07/2016
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12/07/2016
Pag. 2 N.27 - 12 luglio 2016
tiratura:40000
Stop alle disparità sul dolore
Fans al top e oppioidi ancora al palo: il falso problema della dipendenza
Guido Fanell
Cosa c'è di peggio di una diseguaglianza nel trattamento del dolore, oncologico e benigno, tra un cittadino
e l'altro? È qualcosa che va contro la nostra Costituzione, che contrasta apertamente con una Legge di
Stato (Legge 38/2010) e soprattutto contro ogni principio sociale e civile. In Italia purtroppo questo accade
quotidianamente. Il trattamento dei pazienti con dolore è diventato una sorta di roulette russa sulla pelle dei
cittadini: alcune Regioni possono garantire l'accesso a determinati farmaci e altre no. In alcune Regioni c'è
un Centro Hub di Terapia del dolore riconosciuto dalla Regione e in altre no. E non si capisce secondo
quale criterio. Sono solo alcuni dei tanti, tantissimi esempi di "disparities" - di disuguaglianze tanto ingiuste
quanto paradossali - di cui abbiamo parlato alla Stazione Leopolda nel corso dell'ultima edizione di «Impact
proactive» , l'evento che ormai da sei anni si fa garante della corretta applicazione della Legge 38. Una
Legge che ho avuto l'opportunità di condividere fin dalla progettazione: una vera e propria avventura,
raccontata nel libro-intervista La legge del dolore , un "diario di bordo" delle innumerevoli difficoltà che ho
affrontato insieme agli altri componenti della Commissione nazionale del Ministero della Salute per portare
alla luce quella che considero una delle pagine di civiltà più belle degli ultimi anni. Una Legge che altri paesi
ci invidiano, e che è talmente avanti, che a distanza di sei anni la sua applicazione è ancora deficitaria e
difforme su tutto il territorio italiano. Di questo si è parlato a Firenze, assieme a rappresentati istituzionali
come la Senatrice Emilia De Biasi , presidente della Commissione Igiene e Sanità al Senato, e il Senatore
Andrea Mandelli , presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, e a esperti di terapia del
dolore, oncologi, medici di medicina generale, associazioni dei cittadini. Abbiamo parlato di un Paese
schizofrenico, con 21 sistemi sanitari autonomi che non comunicano tra loro, e in cui, come ha ricordato
Luciano Frattini «due cittadini con dolore separati dal Po sono trattati in maniera totalmente differente: se
sei nato in Lombardia puoi essere curato con le terapie e i device più appropriati, e con i farmaci oppioidi di
ultima generazione, ma se sei nato sulla sponda emiliana (a soli 50 metri di distanza!) non è detto che tu
abbia disposizione le stesse terapie, gli stessi device e le stesse tecnologie perché non sono inseriti nel
Prontuario Terapeutico Ospedaliero». Assurdo. Ma vero. Come se ne esce? Da questo summit sono
emerse diverse proposte: non solo da parte degli specialisti, ma anche dei Medici di medicina generale e
dei farmacisti, dei rappresentanti delle Istituzioni e delle associazioni dei cittadini. Anzitutto, come stabilisce
il Titolo V della Costituzione, le Regioni devono dialogare tra loro, e iniziare a collaborare realmente.
Dobbiamo anche creare reti sul territorio, potenziando il ruolo dei medici di famiglia e incentivando la
collaborazione con il personale sanitario. E poi, investire di più sulla formazione: l'Università di Parma ad
esempio, che io rappresento in quanto professore ordinario di Anestesia, Rianimazione e Terapia del
Dolore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia, sta dando vita a un vero e proprio polo di aggregazione
nazionale e internazionale: proprio in questi giorni è stato inaugurato CorporaTech, Centro di alta
formazione e ricerca, all'interno del quale saranno realizzati percorsi formativi unici con l'utilizzo di sistemi
di Live surgery, tavoli interattivi, aule multimediali, simulatori e cadaver lab; non solo fornirà formazione ai
massimi livelli alle diverse figure professionali che si occupano di terapia del dolore, ma sarà un motore per
la ricerca scientifica e industriale, in grado di attrarre fondi per la ricerca. È un progetto ambizioso, ma non
basta: dobbiamo investire sulla formazione a livello nazionale, e avere tutto il supporto necessario per
poterlo fare. A questi temi si collega strettamente un'altra disparità di cui abbiamo discusso lungamente nel
corso di Impact proactive, quella legata all'utilizzo dei farmaci oppiacei. Su cui in Italia ci sono poche idee,
ma confuse. Qualcuno tira in ballo il caso degli Stati Uniti, con più di 16mila decessi causati da overdose;
ma forse se si citano questi dati bisognerebbe ricordare che negli Usa il consumo medio pro-capite di
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/07/2016
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IMPACT PROACTIVE/ Troppe disuguaglianze tra Regioni nell'accesso a terapie e device
12/07/2016
Pag. 2 N.27 - 12 luglio 2016
tiratura:40000
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/07/2016
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questi farmaci è pari a 800 mg di equivalenti in morfina, e di solo 2 mg in Italia, e che Canada e Stati Uniti
da soli, con il 17% della popolazione mondiale, hanno il 92% del consumo globale di oppioidi e derivati
della morfina. Oltretutto, come emerge da uno studio recentemente pubblicato sulla European Review for
Medical and Pharmacological Sciences , i farmaci oppioidi hanno un rischio di dipendenza molto basso
anche nei pazienti con episodi di dipendenza, del 3,3%, che scende addirittura allo 0,2% in chi non ha un
passato di dipendenze. Stiamo quindi parlando di un falso problema: i dati più recenti presentati da Sergio
Liberatore nel corso di Impact proactive ci dicono non solo che l'Italia è l'ultimo tra i cinque paesi top
europei (Inghilterra, Spagna, Francia e Germania) per consumo di oppioidi, ma anche che è il terzo Paese
invece per utilizzo di Fans, che come sappiamo presentano molti e gravi effetti collaterali. La questione va
quindi ribaltata: l'utilizzo dei farmaci oppiacei deve crescere in maniera appropriata e regolamentata; per
motivi culturali e legislativi non corriamo gli stessi rischi degli Stati Uniti. Vorrei poi chiudere il discorso sulle
disparità con una piccola riflessione. Il problema è mondiale: tre paesi su quattro non hanno accesso alla
terapia del dolore. È per questo che quest'anno abbiamo organizzato, con tanti altri colleghi impegnati in
prima linea contro il dolore, una doppia spedizione con due delegazioni che si sono presentate
contemporaneamente a New York, alle Nazioni Unite, e a Roma presso il Santo Padre, per presentare un
nuovo "Giuramento di Ippocrate". Si tratta di un decalogo con cui la comunità scientifica ribadisce il suo
impegno a prendersi cura della sofferenza che deriva dal dolore, evitando tutte le diseguaglianze e curando
chiunque senza distinzione di età, genere, etnia e religione. Ogni nostra decisione terapeutica deve basarsi
sul rispetto della volontà della persona e nella difesa della sua dignità. Questo lo dobbiamo anzitutto ai
pazienti, ma anche a noi stessi: vogliamo riscoprire l'orgoglio di essere medici. Guido Fanelli professore
ordinario di Anestesia, Rianimazione e Terapia del dolore Dipartimento di Medicina e chirurgia Università
degli studi di ParmaItalia in coda tra i Paesi top 5 europei per consumo di farmaci destinati al trattamento
del dolore cronico benigno, che colpisce il 20% della popolazione e riguarda soprattutto artropatie e
dorsopatie. E il trend dell'impiego di antidolorifici negli ultimi tre anni è in leggera flessione (-0,6%). L'unica
classe terapeutica in crescita è quella degli oppioidi forti, che guadagnano terreno (+6,3% nel 2014-16 sulle
standard units e +6,5% sui fatturati) «a testimonianza del lento ma progressivo sdoganamento del loro
utilizzo a scopo antalgico», ma la base di partenza resta ridotta in valore assoluto e l'Italia è l'ultimo Paese
tra i top 5 per consumo e valore complessivo. Al primo posto per volumi si colloca il Regno Unito, seguito
da Germania, Francia e Spagna. L'Italia resta invece terza per consumo di Fans. Sono questi alcuni dati
sulla terapia del dolore benigno in Italia, Ue e Usa illustrati dall'ad di Ims Health Sergio Liberatore nel corso
del recente appuntamento di Impact proactive a Firenze. «Dalla Legge 38/2010 si registra un significativo
aumento - spiega Liberatore - dei consumi degli oppioidi soprattutto forti, tuttavia la crescita ha rallentato
negli ultimi tre anni. L'Italia resta agli ultimi posti in Europa nel trattamento del dolore e perdura un
significativo ricorso ai Fans». Paure e pregiudizi legati all'uso degli oppioidi restano quindi ancora in parte
ben radicati e il timore di fenomeni di abuso e dipendenza - negli States gli effetti collaterali legati a questi
antidolorifici sono tra le prime cause di morte per farmaci - rischiano di frenare il cammino graduale verso
un uso appropriato. «L'appropriatezza è dovuta - spiega l'ad Ims Health - ma va anche ricordato che negli
Usa le modalità di prescrizione ed erogazione, oltre al livello dei consumi sono completamente diversi
rispetto all'Italia». Al di là del caso americano, l'Italia resta indietro e sul territorio il consumo di oppioidi è
decisamente limitato. Tra i top 5 più Usa, in Italia Ims Health rileva infatti la maggiore concentrazione
distributiva ospedaliera (22,7% contro il 77,3% del canale retail), che lascia pensare a un uso
prevalentemente post operatorio. «Ciò da un lato previene gli abusi spiega l'ad Ims Health - ma potrebbe
alimentare la tendenza, da parte dai pazienti non ospedalizzati, all'autoprescrizione e all'autogestione di
antinfiammatori, con una possibile sottostima degli effetti collaterali». I segnali di cambiamento tuttavia non
mancano: «Negli ultimi anni - conclude Liberatore - si sono manifestati i segnali di una maggiore apertura
alla prescrizione di oppioidi». Ro. M.
12/07/2016
Pag. 2 N.27 - 12 luglio 2016
tiratura:40000
A Parma la terapia passa dalla tavola
Massimo Allegri
Negli ultimi anni si sta ponendo una grande attenzione sul ruolo della nutrizione nel prevenire lo sviluppo di
dolore cronico e nell'ottimizzare la gestione del paziente in terapia cronica con farmaci analgesici.
L'impostazione di un corretto stile di vita, in termini di aderenza a una dieta equilibrata e dello svolgimento
di attività fisica regolare, assume un ruolo fondamentale nel diminuire lo stato infiammatorio, e le sindromi
dolorose croniche correlate. Dati di letteratura hanno dimostrato che il sovrappeso e l'obesità sono fattori di
rischio per lo sviluppo della fibromialgia, dell'artrosi, dell'artrite reumatoide, e del mal di schiena, e sono
strettamente correlati all'infiammazione, al grado di disabilità dei pazienti e all'insorgenza della depressione,
indipendentemente dall'età e dal sesso dei pazienti. Il tessuto adiposo, infatti, rappresenta un organo
endocrino attivo, coinvolto, tra le altre funzioni, nella regolazione dell'infiammazione. Ad oggi, nuovi
protocolli clinici multidimensionali sono necessari per fornire maggiori dettagli sul rapporto tra la
fisiopatologia del dolore e il sovrappeso/obesità e l'impatto di queste due condizioni sulla funzionalità
quotidiana e sulla qualità di vita, con particolare attenzione ai bambini, alle donne in gravidanza e agli
anziani. A tal proposito, i nostri sforzi per il trattamento dell'obesità e del dolore cronico sono sinergici, al
fine di migliorare non solo la condizione clinica, ma anche la qualità della vita modulando lo stile di vita dei
pazienti. Riteniamo che l'utilizzo di piani nutrizionali personalizzati (basati su una dieta di tipo mediterraneo)
e di opportuni integratori rappresenti un valido sostegno per la gestione del paziente con dolore. A tal
proposito, il nostro obiettivo principale consiste nell'identificare una nuova linea di ricerca multidisciplinare
che includa la gestione della nutrizione personalizzata accanto ai diversi trattamenti terapeutici e protocolli
farmacologici. Il centro Hub di terapia del dolore dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, in
collaborazione con la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia e con l'Università degli Studi di
Pavia, sta sviluppando nuovi studi clinici multidisciplinari e multicentrici, su ampie coorti di pazienti, volti a
intervenire sulle abitudini alimentari dei pazienti, approfondendo i miglioramenti dei pazienti in termini di
efficacia (sollievo dal dolore) e di sicurezza (assenza di effetti collaterali) delle terapie, analizzando anche il
background genetico e le modificazioni epigenetiche, per identificare nuovi biomarcatori oggettivi del
successo terapeutico nella gestione multidisciplinare del dolore cronico. Tali studi saranno quindi estesi a
tutti i centri Hub italiani. Tale approccio multidisciplinare consentirà di ottimizzare le proposte terapeutiche e
di ottenere una medicina personalizzata ( precision medicine ) in grado di migliorare il rapporto
costo/beneficio degli interventi stessi, prendendo in considerazione la profonda variabilità interindividuale
che caratterizza il dolore stesso. L'obiettivo della ricerca consiste nell'utilizzare un nuovo modello di
gestione del paziente, focalizzando le differenze individuali. A questo scopo, il team di ricerca comprende
diverse figure: terapisti del dolore, biologi nutrizionisti e molecolari, e infermieri di ricerca, che svolgono la
propria attività in completa sinergia con gli altri, per consentire un approccio "dal laboratorio al letto del
paziente", da sempre utilizzato dal gruppo di ricerca SIMPAR (Study in Multidiscplinary PAin Research).
Tale gruppo svolge attività di ricerca traslazionale mediante approcci innovativi che comprendono anche la
nanotecnologia, l'optogenetica e la nutrizione. Il fine ultimo consiste nel produrre nuove linee guida per
affrontare le esigenze terapeutiche dei pazienti con dolore. ricercatore confermato, Dipartimento Scienze
Chirurgiche Università Parma Manuela De Gregori servizio di terapia del dolore, Fondazione IRCCS
Policlinico San Matteo , Pavia
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/07/2016
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LO STRUMENTO DEI PIANI NUTRIZIONALI
12/07/2016
Pag. 2 N.27 - 12 luglio 2016
tiratura:40000
L'agopuntura abbatte i costi di emicrania e cefalea
Carlo Maria Giovanardi
L'agopuntura si sta sempre di più proponendo come terapia non farmacologica nel trattamento del dolore in
tutti i Paesi occidentali: una diffusione sostenuta non solo dal "passaparola" dei pazienti che ne hanno tratto
beneficio, ma anche da una parte della classe medica, seppur ancora minoritaria, che ha cominciato a
utilizzarla e a consigliarla. Anche l'ultima revisione della Cochrane (l'iniziativa internazionale no-profit e
indipendente che da più venti anni raccoglie e valuta criticamente l'efficacia e la sicurezza degli interventi
sanitari) nell'aprile 2016 ha dato un parere favorevole all'agopuntura nella profilassi della cefalea tensiva, e
proprio in questi giorni si è espressa positivamente anche nella profilassi dell'emicrania, rafforzando il
parere favorevole già precedentemente espresso nel 2009. Non solo: sono sempre più numerosi i lavori
pubblicati, tra i quali quello di Wonderling D. et Al. Cost effectiveness analysis of a randomised trial of
acupuncyure for chronic headache in primary care, che sostengono che l'agopuntura, oltre ad essere
efficace, faccia risparmiare sulla spesa farmacologica in particolare in patologie croniche quali le cefalee.
Quando parliamo di emicrania, parliamo di una patologia che in Europa, tra costi diretti (farmaci, ricoveri
ospedalieri, esami diagnostici, ecc.) e indiretti (giornate lavorative perse) ha un costo stimato in 27 miliardi
di euro all'anno. In Italia colpisce oltre una persona su dieci, circa 7,2 milioni di persone. Il costo annuale di
un paziente in Italia va dai 828.52 euro per il paziente con emicrania episodica ai 2.648 euro per il paziente
con emicrania cronica. Molti abusano dei farmaci, con conseguenze negative quali ulcere gastroduodenali
e epatiti da farmaci e danni renali; l'abuso di farmaci è tra le cause principali di cronicizzazione
dell'emicrania. I dati statistici in nostro possesso ci dicono non solo che l'80% dei pazienti con emicrania
curati con l'agopuntura hanno un miglioramento, ma anche che il trattamento con agopuntura ha
scarsissimi effetti collaterali, quando praticata da medici opportunamente formati. Questo vale per
l'emicrania, ma anche per altre patologie quali la lombalgia cronica e il dolore artrosico in genere.
L'agopuntura dovrebbe quindi rappresentare il trattamento privilegiato in caso di dolore, per il suo rapporto
costo-efficacia e l'assenza di effetti collaterali, e la prima scelta in casi di allergia ai farmaci e in particolari
condizioni quali ad esempio la gravidanza, o nell'anziano spesso sottoposto a politerapia. In Italia c'è
ancora molto da fare su questo fronte, anche a causa di resistenze interne alla classe medica all'adozione
di terapie non farmacologiche, ma è possibile un cauto ottimismo: ad oggi l'agopuntura è inserita nei Lea
regionali della regione Toscana e dell'Emilia - Romagna, e in altre regioni italiane è utilizzata presso centri
pubblici, anche se più per volontà di singoli che per una pianificazione pubblica programmata. Una
diffusione "a macchia di leopardo" che riflette quelle che sono le "disparità" anche nell'applicazione della
Legge 38 e all'accesso alle cure e ai farmaci per la terapia del dolore, di cui si è parlato anche
recentemente a Firenze nel corso del Workshop Impact proactive. A fronte del problema dei costi associati
al trattamento di patologie croniche, alcune Regioni si stanno muovendo attivamente per trovare soluzioni
che siano efficaci, sicure e costo-efficaci. In Emilia-Romagna è attiva una collaborazione con Osservatorio
per le Mnc e il Servizio sanitario regionale, con lo scopo di valutare l'impatto sui pazienti dell'agopuntura, e i
risparmi correlati per il Sistema Sanitario; la classe medica e i decisori delle politiche sanitarie, dovrebbero
porsi la domanda del perché questo non avvenga in maniera sistematica nel Ssn: oltre alla soddisfazione
dei pazienti, i soldi risparmiati potrebbero essere indirizzati per altri trattamenti. L'introduzione dei costosi
farmaci biologici porrà sempre di più i responsabili della sanità pubblica a scelte eticamente difficili,
nell'interesse dei cittadini e della loro salute; e l'agopuntura, più che una scelta, potrebbe diventare una
necessità. Cpresidente Federazione italiana delle società di Agopuntura
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/07/2016
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MEDICINA INTEGRATA
12/07/2016
Pag. 3 N.27 - 12 luglio 2016
tiratura:40000
Quelle parole che aiutano il processo terapeutico
Cristina Cenci
Impact proactive 2016 ha focalizzato la sua attenzione sulle diseguaglianze nell'accesso alla terapia del
dolore, mostrando la disomogeneità di applicazione della Legge 38/2010 e del ricorso ai farmaci nelle
diverse regioni. Esiste però una diseguaglianza meno visibile, ma altrettanto insidiosa, associata non alla
terapia, ma alla narrazione che l'accompagna. Il dolore è una delle esperienze umane più soggettive che
esista, ancorato a componenti non solo organiche ma anche affettive, emotive, identitarie, relazionali. In
alcuni esperimenti sul dolore, il neurofisiologo Fabrizio Benedetti ha mostrato la centralità del rituale
dell'atto terapeutico, e in particolare delle parole che accompagnano la cura, nel determinare effetti placebo
o nocebo. L'intensità percepita del dolore aumenta o diminuisce non solo per l'effetto del farmaco, ma
anche delle parole e del tipo di relazione che accompagnano la somministrazione. Tutto questo porta in
primo piano la centralità della personalizzazione del percorso di cura e della qualità della relazione tra
medico e paziente. Questa qualità non può essere lasciata alla libera interpretazione del curante o alla sua
buona volontà. Deve diventare una componente fondamentale nell'applicazione della Legge 38, per evitare
disuguaglianze invisibili, associate a scarsa efficacia e appropriatezza, anche dove i farmaci vengono usati.
La medicina narrativa può offrire gli strumenti per la costruzione di una storia di cura appropriata. Le linee di
indirizzo del 2015 dell'Istituto Superiore di Sanità ne chiariscono la definizione e l'ambito di applicazione:
«Con il termine di Medicina Narrativa si intende una metodologia d'intervento clinico-assistenziale basata
su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire,
comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura.
Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura)». La medicina
narrativa è lo strumento per integrare gli strumenti clinici e farmacologici e le percezioni e le preferenze
della persona. Aiuta a vedere e curare non il dolore ma il 'mio dolore'. Il V Convegno Nazionale di Medicina
Narrativa del 15 aprile 2016, organizzato da Omni-Osservatorio Medicina Narrativa Italia e dalla Usl
Umbria2, ha riunito medici, filosofi, pazienti per riflettere sull'uso delle narrazioni nella valutazione e
trattamento del dolore. Nel suo intervento, Arianna Cozzolino , medico palliativista, ha ricordato che «Come
operatori sanitari siamo responsabili dell'uso tossico delle parole» e ha sottolineato l'importanza del metodo
nella relazione medico-paziente efficace: «Un colloquio con un paziente è una procedura vera e propria e ci
vuole la stessa preparazione che occorre per fare un intervento chirurgico». Il 'mio dolore' può assumere
diverse forme. Il dolore identitario orienta non solo il cosa posso/cosa non posso fare ma anche il cosa
posso essere/cosa non posso essere. Il dolore stoico mi regala eroismo. Il dolore espiatorio è la pena per
una colpa. Il dolore sacrificale è passaggio 'necessario' per accedere alla guarigione. Il dolore sentinella è il
dolore che mi segnala se sto bene o male. Il dolore stigma è il dolore che mi esclude. Il dolore vicario è il
dolore dell'altro che diventa mio. Il dolore fantasma è il dolore immaginato ma non immaginario. Il senso e i
significati che il dolore assume per ognuno, hanno un impatto centrale nell'autovalutazione, nell'aderenza e
nella percezione di efficacia della cura, negli effetti placebo e nocebo. L'ascolto della storia, del perché, del
come, del quando del dolore, dal punto di vista del paziente, è fondamentale per una cura e una storia di
cura appropriate. La standardizzazione dei processi, fondamentale per garantire l'uguaglianza di accesso al
trattamento, non deve diventare serialità della relazione, nociva per il paziente. Standardizzare l'accesso,
personalizzare la storia, questa è la sfida. Center for Digital Health Humanities Osservatorio medicina
narrativa Italia
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 12/07/2016
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FOCUS SULLA RELAZIONE MEDICO-PAZIENTE
13/07/2016
Pag. 110 N.30 - 19 luglio 2016
diffusione:183635
tiratura:252323
Il cerotto che spegne quel "fuoco"
Dopo un herpes zoster si può soffrire di una nevralgia molto dolorosa. Che oggi si tiene sotto controllo con
una nuova cura
CInzia Testa
Anna ha 70 anni e racconta che spesso persino il contatto degli indumenti con la pelle aumenta le fitte
dolorose. Giulia ne ha 61 e dice che la sensazione di bruciore è così forte da rendere un tormento le notti.
Stiamo parlando del dolore post-herpetico, una forma di nevralgia che si può sviluppare in seguito
all'herpes zoster, più conosciuto come fuoco di Sant'Antonio. In medicina viene definito non a caso "dolore
neuropatico localizzato". La caratteristica principale di questo disturbo infatti è quella di essere concentrato
in una zona piccola del corpo. Ciononostante, scatena disturbi così intensi e difficili da trattare da diventare
invalidante. La buona notizia però è che oggi si può tenere sotto controllo. Come riconoscere il problema
Se hai sofferto di fuoco di Sant'Antonio, sei guarita, ma all'improvviso si scatenano dolori che ti tolgono il
fiato nelle stesse zone dove ti aveva colpito la malattia, non perdere tempo: rivolgiti a un Centro per la cura
del dolore. «La diagnosi è fondamentale» spiega Massimo Allegri, ricercatore del Dipartimento di scienze
chirurgiche dell'Università di Parma. «Non ci sono esami da eseguire. Sono basilari invece un lungo
colloquio con il paziente e un'accurata visita, indispensabili per mettere in luce i disturbi e la loro intensità.
Con queste informazioni è possibile prescrivere una cura ad hoc». La terapia passo per passo La cura
punta a ridurre l'intensità e la percezione del dolore. «La prima opzione è spesso un trattamento locale con
un cerotto che rilascia un farmaco anestetico da applicare ogni 12 ore» aggiunge l'esperto, che insieme ad
altri specialisti ha condotto numerosi studi sull'herpes zoster. «Si agisce infatti in modo mirato solo nella
zona dove si genera il dolore. Il vantaggio è di avere pochissimi effetti collaterali e questo fa sì che si possa
proseguire la cura per lunghi periodi, se necessario. Tanto che solo in una minima percentuale di casi
occorre aggiungere anche un trattamento sistemico, cioè a base di antidolorifici da assumere per bocca». A
confermare i benefici del trattamento con un cerotto a base di lidocaina è stato uno studio condotto da un
gruppo di Centri per la terapia del dolore italiani e pubblicato sul Journal pain research . Il dolore è diminuito
del 46 per cento a distanza di un mese dall'inizio della cura e del 66 per cento dopo tre mesi. GETTY
20,6% DEI PAZIENTI HA SOFFERTO DI DOLORE POSTERPETICOuando questo disturbo si scatena,
può durare tre mesi o addirittura oltre sei per il 9,2% dei malati. Lo provano i dati emersi da un recente
studio condotto da un network di medici di famiglia.
Foto: @CinziaTesta19
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 13/07/2016
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POSSO AIUTARTI?. FORMA
15/07/2016
Pag. 5 Ed. Como Lecco
diffusione:50422
tiratura:72902
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MERATE I DUE SPECIALISTI CHIAMATI AL MINISTERO
L'impegno di Sacchini e Fanelli per imporre la terapia del dolore
- MERATE - I MEDICI DELLA BRIANZA rappresentano un'eccellenza nel mondo. Meratese, il professor
Virgilio Sacchini (foto in alto), da mesi impegnato all'IEO di Milano e al Memorial Sloan Kettering Cancer
Center di New York dov'è tornato in questi giorni, ha partecipato all'incontro promosso alla Leopolda di
Firenze dall'EBM, Evidence Based Medicine. Ospite anche il professor Guido Fanelli, originario di Olgiate
Molgora, ora presidente della commissione terapia del dolore al Ministero della Sanità, nonché primario di
anestesia a Parma. «Medicina personalizzata, ricerca sul genoma e tempi più brevi nel percorso richiesto
per testare i farmaci sono i temi sui quali in Usa stiamo lavorando - ha sottolineato Sacchini - soprattutto
sull'ultimo punto, dobbiamo accorciare i tempi. Perché questo significa salvare vite umane. Nel mondo ci
sono 150 Paesi che non hanno ancora accesso alla terapia del dolore. Sono milioni di persone che non
dispongono di farmaci indispensabili. Quanto all'Italia, il 26% dei nostri concittadini soffre di dolori. Costruire
un percorso comune non è facile, a gestire la sanità sono le Regioni, e ognuna ha una legge diversa.
Dobbiamo cancellare queste disparità». Sergio Perego
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 15/07/2016
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