Un breve periodo di cecità postnatale determina una

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COMUNICATO STAMPA
Un breve periodo di cecità postnatale determina una
riorganizzazione del cervello di lunga durata
Una transitoria deprivazione visiva alla nascita è sufficiente a determinare una
permanente attivazione delle aree visive in risposta a stimoli uditivi
TRENTO (Italia) / HAMILTON e MONTREAL (Canada) – Un periodo di cecità, anche molto
breve, ma in una fase sensibile della vita come appena dopo la nascita, determina una riorganizzazione delle aree del cervello coinvolte nell’elaborazione degli stimoli visivi, anche se
la vista viene poi recuperata entro un anno di vita. Lo hanno scoperto dei ricercatori del
Centro Mente/Cervello dell’Università degli Studi di Trento, della McMaster University e della
University of Montreal. Lo studio è apparso oggi sulla rivista Current Biology.
È noto da tempo che il fenomeno della plasticità cerebrale modifica l’architettura neurale per
la percezione e la cognizione. In altre parole, il nostro cervello ha la capacità di modificarsi e
adattarsi sulla base dell’esperienza vissuta. Come hanno dimostrato molti studi di
neuroimaging, una cecità permanente insorta precocemente altera la risposta neurale della
corteccia visiva e determina una riorganizzazione di compensazione del lobo occipitale.
Quest’area, deputata all’elaborazione degli stimoli visivi, si attiva durante la percezione di
stimoli uditivi. E proprio questo reclutamento delle aree visive per l’esecuzione di compiti
uditivi sarebbe alla base delle migliori prestazioni degli individui ciechi congeniti quando
devono elaborare stimoli sensoriali diversi.
Fino ad ora non era ancora chiaro se anche un breve e transitorio periodo di cecità appena
dopo la nascita fosse in grado di determinare una simile riorganizzazione permanente delle
funzioni cerebrali. Per scoprirlo, i ricercatori hanno studiato la risposta neurale a stimoli
sonori in 11 adulti, trattati ad entrambi gli occhi prima dell’anno di età per cataratta congenita
– un disturbo della vista dovuto ad opacità del cristallino. Il ripristino della funzione visiva,
con intervento chirurgico di sostituzione del cristallino, era avvenuto quando i soggetti
avevano un’età compresa tra 9 giorni e 8 mesi. I ricercatori hanno confrontato i loro modelli
di attivazione neurale con quelli del gruppo di controllo, 11 adulti senza pregressi o attuali
disturbi della vista.
«I nostri soggetti avevano sperimentato la cecità alla nascita, nel periodo più delicato dello
sviluppo cerebrale. Pur essendo stati ciechi per meno di 8 mesi, l’attività delle loro aree visive
era significativamente aumentata in risposta a stimoli di natura uditiva » ha spiegato Olivier
Collignon, responsabile dello studio e ora all’Università degli Studi di Trento e ricercatore
affiliato ancora con l’Università di Montreal. «Quindi, un periodo breve e temporaneo di
deprivazione sensoriale visiva nelle fasi precoci dello sviluppo postnatale determina
cambiamenti di lunga durata di tipo crossmodale».
La plasticità crossmodale in caso di cecità è un meccanismo di vitale importanza per
compensare la deprivazione visiva, ma può avere anche degli effetti negativi a causa delle
possibili interferenze nel caso di recupero della vista. In questo caso, infatti, l’elaborazione
degli stimoli visivi avverrebbe in quelle stesse aree visive della corteccia che hanno subito le
modificazioni plastiche.
«In questo senso, la plasticità cerebrale può essere considerata come un’arma a doppio taglio»
ha commentato Collignon. La presenza di una risposta uditiva nelle aree occipitali dei pazienti
curati per cataratta, osservata nello studio, pone delle questioni cruciali relative al modo in cui
questi input non visivi possano coesistere o addirittura interferire con le funzioni visive così
ripristinate. Olivier Collignon e colleghi stanno cercando di comprendere in che modo la
riorganizzazione cerebrale crossmodale influisce sulle abilità visive dei pazienti operati di
cataratta precoce. Ciò può avere delle ricadute sullo sviluppo dei programmi di riabilitazione.
Olivier Collignon
Il professor Olivier Collignon è il responsabile e fondatore del Crossmodal Perception and
Plasticity Group del Center for Mind/Brain Sciences (CIMeC) dell’Università di Trento.
Nel 2013 ha ricevuto un finanziamento europeo - ERC Starting Grant - di un milione e mezzo
in cinque anni per il progetto MApping the Deprived VIsual System: Cracking function for
prediction (MADVIS).
Collignon e i suoi colleghi, Giulia Dormal (University of Montreal, University of Hamburg),
Adelaide de Heering (McMaster University, University of Louvain), Franco Lepore (University
of Montreal), Terri Lewis (McMaster University, The Hospital for Sick Children, and Daphne
Maurer (McMaster University, The Hospital for Sick Children), hanno pubblicato lo studio
“Long-Lasting Crossmodal Cortical Reorganization Triggered by Brief Postnatal Visual
Deprivation” sulla rivista Current Biology (del 20 August 2015).
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