STUDI RECENTI SULLA PUREZZA RITUALE DEL PHONOS DIKAIOS IRENE SALVO SCUOLA NORMALE SUPERIORE Nella cultura greca, la credenza nella contaminazione dell’omicida contemplava la possibilità, per chi uccideva, di restare puro davanti alle leggi civiche e sacre. Le espressioni che indicavano l’assenza di una sanzione per chi commetteva un omicidio erano caratterizzate da una certa fluidità (vd. e.g.: νηποινεὶ τεθνάναι in IG I3 104.38, Dem., 23.60; καθαρὸς τὰς χεῖρας ἔσται in Andoc., 1.95, SEG LI 1105 B.11; μὴ μιαρὸς ἔστω in SEG XXVI 1306.23-26; ὅσιος ἔστω in Dem., 23.74, RhodesOsborne, GHI, 79.10-11). I casi di impunità dell’omicida sono stati catalogati in due categorie principali: la prima comprende omicidi tollerati dallo Stato, quali l’omicidio per legittima difesa, di un μοιχός, di un compagno in guerra o durante gare atletiche; la seconda include l’omicidio di un nemico dello Stato, come un tiranno, un cospiratore contro la democrazia o un debitore insolvente (vd. M. Youni, ‘The different categories of unpunished killing and the term atimos in ancient Greek law’, in E. Cantarella, G. Thür (eds.), Symposion 1997, Wien 2001: 117-137). Ad Atene, l’impunità era stabilita dal tribunale del Delphinion, che garantiva l’effettivo verificarsi delle circostanze di un omicidio legittimo. Come notato da Laura Pepe (Phonos. L’omicidio da Draconte all’età degli oratori, Milano 2012), probabilmente verso la fine del V secolo, il Delphinion iniziò a valutare anche l’elemento soggettivo (volontarietà, premeditazione). 1. Legge ateniese contro la tirannide, 337/6 a.C., Museo dell’Agora, Atene (P. Rhodes, R. Osborne, Greek Historical Inscription, Oxford 2003, n. 79, pl. 7). L’intenzione di uccidere, però, non avrebbe compromesso in alcun modo l’impunità del tirannicida. La natura complessa della dichiarazione della purezza rituale del tirannicida, contestabile da un punto di vista etico e religioso, spiega probabilmente la diffusione delle clausole relative alla precisazione dello statuto giuridico e rituale del tirannicida nelle leggi anti-tiranniche, soprattutto a partire dal IV secolo a.C. Di recente, Bernard Eck (La mort rouge. Homicide, guerre et souillure en Grèce ancienne, Paris 2012) ha sottolineato come il tiranno o l’avversario della democrazia fosse presentato come un polemios. Alcuni esempi: decreto per la condanna di Arthmios (Dem., 9.41-44); decreto di Demofanto (Andoc., 1.96-98; Lyc., 1.124-127); legge di Eretria (SEG LI 1105 B.20-24); trattato di sympoliteia tra Teo e Kyrbisso (SEG XXVI 1306.21-27). L’assimilazione a un nemico di guerra costituiva un’ulteriore giustificazione giuridica alla liceità del tirannicidio, accanto alla ragione di Stato e al principio dell’autodifesa. Al tempo stesso, secondo lo studioso, la legittimità del tirannicidio spiega l’assenza di colpevolezza e contaminazione nell’operato del soldato. 2. Legge di Eretria, SEG LI 1105, IV sec. a.C. (foto di D. Knoepfler, BCH 125 (1), 2001, p. 201 fig. 2, Museo Archeologico di Eretria) 3. Teseo nella posa del tirannicida. Coppa di Douris da Vulci, primo quarto del V sec. a.C., British Museum London La comparazione tra uccidere in battaglia e uccidere legittimamente un tiranno, tuttavia, non convince pienamente, dal momento che da un punto di vista giuridico l’uccisione in guerra non era considerata un omicidio. Mentre si era ritenuto necessario legiferare sulla posizione di chi uccideva un commilitone in battaglia (vd. Dem. 23.53), non occorreva legittimare e legalizzare le azioni di un soldato nei confronti di un avversario. L’unico punto di contatto tra l’uccisione di un nemico in guerra e il tirannicidio si può rintracciare nell’alterità dei due gesti rispetto agli omicidi ordinari. Lo status rituale del tirannicida, il quale riceveva inoltre onori e privilegi, dimostra come non si trattasse di una questione privata tra la famiglia della vittima e il responsabile del delitto: il fatto era d’interesse collettivo. Il fenomeno della contaminazione perdeva rilevanza di fronte alla protezione dello Stato democratico da nemici interni ed esterni. 3. Armodio e Aristogitone, di Kritios e Nesiotes, copie romane, originale del 477/6 a.C., Museo Archeologico Nazionale, Napoli. Irene Salvo - Scuola Normale Superiore ([email protected])