Riflessioni bioetiche intorno al/a fine della vita Pro! Stej(mo Modica La parola eutanasia, come si sa, deriva dali 'unione dei vocaboli greci E:LI e eavaroç. La troviamo in alcuni testi dell'antichità greca e latina, per indicare il suo significato etimologico: "buona morte". Specialmente significativo è il testo in cui lo storico Svetonio narra la morte di Cesare Augusto, il quale spirò improvvisamente tra le braccia della moglie, avendo per se quella E:ù8avaaiav che aveva sempre desiderato per se e per i suoi Alla fine del secolo XIX e gli inizi del XX in base a una serie di cambiamenti culturali profondi, comincia a diffondersi un significato nuovo del termine eutanasia, come: "omicidio per pietà" o di "omicidio del consenziente". Il processo di trasformazione linguistica si è concluso dando al termine una accezione totalmente difforme al senso originario: da "buona morte" ad "ait;to per una buona morte". Si impone a questo punto 1a necessità di formulare un criterio per distinguere la Tanatologia scientifica, che si è sviluppata in Occidente in epoca contemporanea, dalla Tanatofogia classica da sempre esistente. Criterio etico di riferimento Il criterio di riferimento è il vero bene della persona. Il problema della eutanasia si pone quando qualcuno dal fondo della sua sofferenza lancia a qualcun altro un appello che suona pressappoco cosÌ: "Aiutami a morire!". Cosa vuoI dire chi dice: "Dottore, mi aiuti a morire!". Dice innanzitutto il bisogno di aiuto che ha, dice che crede di non farcela ad affrontare il morire. Fare "tutto il possibile" Il medico è chiamato a fare «tutto il possibile» per ridare salute al malato, e mantenere in vita chi non è morto ancora. Nessuno, tanto meno chi per professione è chiamato a custodire e promuovere la vita, dovrebbe disprezzare quell'ultimo istante. Quando si parla del malato cronico o terminale come di una vita «senza valore» o «un vegetale senza dignità», significa che si è persa la misura del vero valore della persona, sana o malata che sia. Fare "solo il possibile" Se il vero bene della persona paziente esige di fare «tutto il possibile», esso richiede anche di fare «solo il possibile»: fare tutto ciò che veramente giova alla persona, evitare ciò che è futile, inutile o dannoso. Fare il "meglio possibile" Non basta fare «tutto e solo il possibile». Bisogna anche farlo «il meglio possibile». Non si tratta solo di «quantità» terapeutica: ci vuole uno sforzo di «qualità». Come rispettare una volontà che non può esprimersi Prof. Mario Picozzi L’intervento intende approfondire quali sono le condizioni che rendono possibile decidere e più precisamente decidersi. A fronte di questo si analizzeranno i casi in cui il soggetto abbia in parte o del tutto perso la capacità di esprimersi e si offriranno criteri, di natura etica e deontologica, per assumere le conseguenti decisioni.