Modifiche agli articoli 575, 579 e 584 del codice penale, in materia

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Modifiche agli articoli 575, 579 e 584 del codice penale, in
materia di omicidio
A.C. 1565
Dossier n° 291 - Schede di lettura
4 maggio 2015
Informazioni sugli atti di riferimento
A.C.
1565
Titolo:
Modifiche agli articoli 575, 579 e 584 del codice penale, in materia di omicidio
Iniziativa:
Parlamentare
Iter al Senato:
No
Numero di articoli:
3
Date:
presentazione:
10 settembre 2013
assegnazione:
27 gennaio 2014
Commissione competente :
II Giustizia
Sede:
referente
Pareri previsti:
I Commissione (Affari costituzionali)
La proposta di legge sostituisce con il termine "persona" il riferimento al termine "uomo", utilizzato dal
codice penale per indicare il soggetto passivo del reato di omicidio.
Contenuto
Le disposizioni della proposta di legge
La proposta di legge è composta da tre articoli. Ciascuno di essi sostituisce con il termine "persona" il
riferimento al termine "uomo", utilizzato in tre articoli del codice penale per indicare il soggetto passivo del
reato di omicidio.
La relazione illustrativa evidenzia l'anacronismo dell'attuale formulazione, pur sottolineando che nessuno
penserà mai – ovviamente - di annoverare tra le cause di non punibilità dell'omicidio l'uccisione di un
appartenente al sesso femminile.
L'articolo 1 modifica l'articolo 575 del codice penale, che punisce l'omicidio. In base all'articolo 575,
chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.
L'espressione "un uomo" è sostituita dall'espressione "una persona".
L'articolo 2 modifica l'articolo 579 del codice penale, relativo all'omicidio del consenziente. Tale articolo
prevede al primo comma che chiunque cagiona la morte di un uomo, con il consenso di lui, è punito con la
reclusione da sei a quindici anni. La proposta di legge sostituisce pertanto la locuzione "un uomo, col
consenso di lui" con la locuzione "una persona, con il suo consenso".
L'articolo 3 della proposta di legge, infine, modifica l'articolo 584 del codice penale relativo all'omicidio
preterintenzionale. Tale articolo punisce chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti previsti dagli
articoli 581 (percosse) e 582 (lesione personale,) cagiona la morte di un uomo (reclusione da 10 a 18 anni).
Anche in questo caso, l'espressione "un uomo" è sostituita con l'espressione "una persona".
Il termine "persona" è presente in altre disposizioni del codice penale. Lo stesso Titolo XII del libro
secondo è rubricato "delitti contro la persona".
Lo stesso articolo 579 del codice penale prevede al terzo comma una fattispecie aggravatasi il fatto è
commesso contro minore degli anni 18 ovvero contro "una persona" inferma di mente o che si trova in
condizione di deficienza psichica ovvero ancora "contro una persona" il cui consenso sia stato dal colpevole
estorto. In termini analoghi, l'articolo 583 stabilisce dalle circostanze aggravanti ipotesi in cui dal fatto derivi
una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa. Ancora, l'omicidio colposo (articolo 589)
riguarda chiunque cagioni per colpa della morte di (una persona).
Non risultano invece altre disposizioni del codice penale in cui la persona offesa dal reato sia individuata
con il termine "uomo", come negli articoli oggetto di modifica della proposta di legge.
La Costituzione invece utilizza il termine "uomo" all'articolo 2 (La Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale).
Si valuti se le modificazioni introdotte, relative al richiamo alla persona, debbano determinare anche
una riformulazione delle espressioni contenute nel codice, in cui è utilizzata esclusivamente la forma
maschile. Si veda ad esempio, con specifico riguardo alle fattispecie di omicidio, l'elencazione delle
circostanze aggravanti previste dall'articolo 576 del codice penale, in cui è prevista l'applicazione della
pena dell'ergastolo se l'omicidio è commesso contro "il" discendente (n. 2); se l'omicidio è commesso
"dal" latitante (n. 3); se il fatto è commesso "dall'associato" per delinquere (n. 4).
Le linee guida del Parlamento europeo
Il 19 maggio 2008 l'Ufficio di presidenza del Parlamento Europeo ha accolto una prima serie di linee guida
del Parlamento per un linguaggio neutro dal punto di vista del genere, specifiche per ogni lingua.
Con riguardo specifico all'Italia, il documento sottolinea che "in Italia il dibattito su un uso non sessista della lingua
è ancora agli esordi e nella lingua correntemente usata dai media e, in particolare, dalla stampa, nonché nel parlato
e nello scritto comuni, si utilizzano a tutt'oggi pochissimi neologismi e si tende a utilizzare il maschile con funzione
neutra. In ambito istituzionale la declinazione delle cariche al femminile (sindaca, ministra, assessora, già oggetto di
esplicito pronunciamento ufficiale in altri Stati europei (v. Francia), non è per lo più regolamentata ed è lasciata alla
responsabilità individuale di Comuni, Province e Regioni
Soltanto il 24 maggio 2007 il Ministero per le riforme e le innovazioni nella Pubblica Amministrazione ha emanato
una Direttiva sulle misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche ,
nella quale, per quanto attiene al tema in oggetto, si rinvia a due testi specifici che formulano delle proposte su un
uso non discriminatorio della lingua. Posto che la lingua italiana non dispone di un genere neutro e che quindi
inevitabilmente al maschile è riconosciuta una valenza generica, è innegabile che speciali accorgimenti e
determinate tecniche redazionali possono contribuire alla redazione e alla traduzione dei testi in italiano del
Parlamento europeo, che rispettino per quanto possibile la neutralità di genere (anche sulla base dei documenti
citati poc'anzi).
Il termine "uomo" nella lingua italiana non ha necessariamente una connotazione sessista e nella sua accezione
idiomatica può essere utilizzato nella redazione di testi del Parlamento. Il termine "uomo" o "uomini" è infatti
ammesso quando è sinonimo di "persona nel suo complesso di diritti e doveri" o "essere vivente", "essere umano"
o ancora come sinonimo di "genere umano". Sono dunque ammesse espressioni come: a passo d'uomo, a misura
d'uomo; il cane è il migliore amico dell'uomo; il lavoro nobilita l'uomo; l'uomo è un animale sociale; l'uomo di
Neanderthal.
Un caso a parte è rappresentato da "diritti dell'uomo". È opportuno precisare che nel caso di espressioni quali
"Corte europea dei diritti dell'uomo" e "Convenzione europea dei diritti dell'uomo" si tratta, nello specifico, di
denominazioni ufficiali. Qualora non si tratti di citare la giurisprudenza delle due corti, tuttavia, la locuzione "diritti
dell'uomo" può essere sostituita da "diritti umani". Il termine "uomo", più spesso al plurale, "uomini", non è
raccomandato invece allorché è utilizzato come sostantivo generico descrittivo di una categoria ed è come tale
riflesso di una società in cui la presenza femminile era assente in determinate categorie.
L'uso del genere nel linguaggio amministrativo
Si ricorda il lavoro di Alma Sabatini "Il sessismo nella lingua italiana" (1987), promosso dalla Commissione
Nazionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri,
elencava specifiche "Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana".
Le proposte di Alma Sabatini trovarono eco nel Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle
amministrazioni pubbliche pubblicato dal Dipartimento per la Funzione Pubblica della Presidenza del
Consiglio dei Ministri (1993) e soprattutto nella Direttiva 23 maggio 2007 della Presidenza del consiglio Dipartimento della Funzione pubblica, emanata in attuazione della direttiva europea 2006/54/CE,
riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in
materia di occupazione (la direttiva europea non fa, tuttavia, riferimento alle discriminazioni di genere
nell'uso del linguaggio.
La direttiva 23 maggio 2007 richiama quanto previsto nel lavoro della Sabatini prevedendo, in particolare
(Par. VI, Formazione e cultura organizzativa), che "le amministrazioni pubbliche devono utilizzare in tutti i
documenti di lavoro (relazioni, circolari, decreti, regolamenti, ecc.), un linguaggio non discriminatorio) come,
ad esempio, usare il più possibile sostantivi o nomi collettivi che includano persone dei due generi (es.
persone anzichè uomini, lavoratori e lavoratrici anzichè lavoratori)".
La direttiva del 2007 non ha avuto uno specifico seguito anche se alcune amministrazioni regionali e
locali hanno adottato provvedimenti volti ad evitare un uso sessista della lingua.
La Regione Toscana – con la legge regionale n.16 del 2 aprile 2009 (Cittadinanza di genere) - ha stabilito
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(art. 82) che l'uso, nello Statuto della regione, del genere maschile per indicare i soggetti titolari di diritti,
incarichi pubblici e stati giuridici "è da intendersi riferito a entrambi i generi e risponde pertanto solo ad
esigenze di semplicità del testo"; analogamente, lo Statuto del Comune di Pisa (2001), art. 3.12 (e lo stesso
fa quello del Comune di Taormina) stabilisce che "in tutti gli atti del Comune è utilizzato un linguaggio non
discriminante. In particolare sono espresse al femminile le denominazioni degli incarichi e delle funzioni
politiche ed amministrative del Comune quando sono ricoperti da donne"; lo Statuto del Comune di Reggio
Emilia - da ultimo modificato nel 2013 - stabilisce che il comune opera per «riconoscere, garantire ed
adottare un linguaggio non discriminante, identificando sia il soggetto femminile che il maschile»
Più di recente, il 16 aprile 2015, il Consiglio comunale di Torino (prima fra le grandi città italiane) ha
approvato una mozione che impegna il Sindaco e la Giunta Comunale ad adeguare, nel rispetto della lingua
italiana, tutta la modulistica amministrativa e la comunicazione sui siti internet in modo da mettere in
evidenza entrambi i generi e ad inserire nei piani di formazione in corso l'uso del linguaggio di genere
sempre nel rispetto della lingua italiana. La mozione impegna inoltre l'Ufficio di Presidenza del Consiglio
Comunale a presentare entro novanta giorni un testo dello Statuto della Città, aggiornato al linguaggio di
genere.
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è corredata dalla sola relazione illustrativa.
Necessità dell'intervento legislativo
La proposta di legge è diretta a modificare il codice penale e, perciò, il ricorso allo strumento legislativo è
necessario.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge costituisce esercizio della competenza legislativa statale, ai sensi dell'art. 117,
secondo comma, lett. l), con riguardo all'ordinamento penale.
La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (a cura dell'Avvocatura
della Camera)
Da un primo esame della giurisprudenza della Corte EDU in tema di discriminazioni fondate sul sesso non
sono state trovate pronunce in materia di "linguaggio di genere". La verifica deve peraltro tenere conto del
fatto che la Corte, quando esamina una presunta violazione dell'articolo 14 CEDU (relativo al divieto di
discriminazione), lo fa sempre in associazione con un diritto sostanziale tutelato dalla Convenzione
medesima (ad es. il diritto al rispetto della sfera privata e familiare). Ciò in quanto, ai sensi del suddetto
articolo 14, la discriminazione è vietata soltanto riguardo all'esercizio di un diritto riconosciuto nella
Convenzione stessa.
GI0358
Servizio Studi - Dipartimento Giustizia
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