Appunti sulla socializzazione con confronto delle definizioni di Berger e Reiman Alla nascita subito il bambino entra in relazione con il proprio corpo e con gli altri → i suoi bisogni corporali sono soddisfatti dall’intervento di altre persone e la mancanza del loro soddisfacimento rinforza la richiesta - corpo (bisogni fisiologici, e stimoli fisico-ambientali come fame, caldo/freddo, sonno, luce/buio ecc) - presenza di altri e loro differente importanza per il bambino Le figure di riferimento per il bambino sono coloro che si prendono cura di lui (madre, prevalentemente). I coloro che si prendono cura di lui lo fanno in modo spontaneo, ma non indipendente dalla società nella quale si trovano. Si prendono cura del bambino attraverso modelli di comportamento nei quali ilo bambino viene inserito. Questi modelli interagiscono anche con il corpo, con l’organismo e il suo funzionamento → la regolazione dell’orario dei pasti stimolerà l’organismo ad avere fame nelle ore stabilite. Allo stesso modo altri bisogni fisici, come il sonno o più tardi l’evacuazione saranno regolati fino a diventare spontanei secondo quella data scansione di tempo. Come prendersi cura del bambino non è una decisone autonoma della madre, questa apprende il modello dalla società alla quale appartiene. A seconda delle diverse società ci sono fonti di informazione differenti: nella nostra sono pediatri, manuali, amiche, madre (nonna), internet…) in società tradizionali possono essere la madre (nonna), il vicinato, i parenti. Il bambino è posto dentro un modello di relazione con gli altri e con il proprio corpo. Questo modello è per lui il microcosmo della relazione con la madre e la famiglia. Impara a conoscere questo microcosmo, ma solo molto dopo vedrà che questo microcosmo è a sua volta parte di un macrocosmo molto più vasto. Moltissimo di ciò di cui il bambino fa esperienza è modellato e collegato in stretta relazione con il macrocosmo della società. Le pratiche della nutrizione sono in questo senso un utile esempio: all’interno della medesima società possono variare in relazione a differenze di istruzione e di classe sociale. Ad esempio l’allattamento artificiale è stato introdotto dalle madri della classe media e poi si è progressivamente diffuso anche presso le madri delle classi popolari. Sono state ancora le madri di classe media a cominciare ad abbandonarlo per l’allattamento al seno. La regolazione degli orari dell’allattamento è un altro esempio: dal modello medio-borghese che prevedeva una scansione rigida di orari così che il bambino si adattasse anche fisicamente a quegli orari si è passati negli anni ’60-’70 ad un modello “a richiesta” del bambino. Sono stati i pediatri ad introdurre questo modello e a delegittimare il precedente. Tra società differenti ci sono molte differenze anche in questo tipo di pratiche di nutrizione. Il processo attraverso il quale un individuo impara a diventare membro della società si chiama socializzazione. I modelli di socializzazione vengono imposti al bambino e però diventano suoi fino alla regolazione del proprio organismo. Anche dal punto vi sta emozionale queste modalità di regolazione hanno un forte impatto di “istruzione” nel modo di provare emozioni e di manifestarle, di riconoscere quelle degli altri e così via. Questo non significa che i membri della stessa società agiscono tutti nello stesso modo, ci sono grandi varietà che sono legate alle differenze sociali all’interno di una società, e poi ci sono le differenze 1 individuali e psicologiche che si inseriscono in questo tessuto ricco di fili. I comportamenti in contrasto con i modelli prevalenti nella società saranno condannati e talvolta anche sanzionati. Il bambino però “vede” il mondo nel quale si trova attraverso quel modello specifico all’interno del quale è posto. Per lui quello è il mondo, non conosce altri modelli di comportamento e gli adulti hanno grande potere su di lui per rinforzarlo con premi e punizioni nel modello nel quale è stato posto. Da un lato è possibile considerare la socializzazione come un modello “poliziesco” basato su premi e punizioni che gli adulti danno al bambino Da un altro punto di vista la socializzazione può essere pensata come un processo nel quale viene data al bambino la maniera di sviluppare le proprie inclinazioni e caratteristiche all’interno di un mondo adatto a lui. Da realtà potente e misteriosa, come appare dapprima al bambino, il mondo nel quale cresce diventa progressivamente il proprio mondo e lui diventa membro di questo mondo. La socializzazione non è un processo unilaterale. E’ un processo reciproco che coinvolge sia il socializzato che il socializzante. La madre viene socializzata dal bambino al proprio ruolo di madre dalle risposte e reazioni che lui dà agli stimoli della madre e dalle reazioni che la madre ha alle reazioni del bambino. Cioè da come la madre interpreta ed elabora le risposte del bambino. Questo è ben evidente nel fatto che i genitori che hanno più di un figlio affrontano in modo diverso la socializzazione del secondo, terzo figlio, rispetto a quella del primo. Socializzazione primaria e socializzazione secondaria La socializzazione primaria Berger: è il processo originario attraverso il quale il bambino diventa un membro effettivo della società Reiman: la fase di apprendimento che l’individuo percorre durante l’infanzia e che facendone un membro della società lo pone anche in grado di corrispondere in ampia misura alle richieste della medesima La socializzazione secondaria Berger: indica tutti i processi successivi attraverso i quali un individuo viene ammesso in un mondo sociale specifico Reiman: il processo di apprendimento riguardante un individuo adulto che ha già compiuto la propria socializzazione primaria e che lo mette in grado di adattarsi alle aspettative comportamentali impostegli da muovi ambienti sociali o da nuovi gruppi di riferimento La socializzazione quindi è un processo che dura tutta la vita si basa sui medesimi processi di identificazione e interiorizzazione che sono però sviluppati in modi differenti nella socializzazione primaria e nella socializzazione secondaria Il veicolo principale della socializzazione è il linguaggio. 2 Apprendendo un linguaggio il bambino Berger: impara e trattiene i significati socialmente condivisi acquisisce la capacità di pensare in modo astratto, cioè di tradurre la realtà che vede e di cui fa esperienza in concetti sviluppa la capacità di riflessione sulla realtà, sugli altri e su se stesso interpreta i significati e le esperienze proprie e degli altri e quindi sviluppa la capacità di reciprocità, verso le figure di riferimento e gli altri, che cresce in modo proporzionale all’uso del linguaggio. Reiman: nel linguaggio il bambino può trovare la chiave sia dell’intero mondo di significati degli altri significativi, sia del contenuto di senso di ogni loro relazione sociale. Durante l’apprendimento delle parole ha luogo anche una trasmissione di emozioni e di comportamenti socialmente sanzionati. La lingua svolge anche un’altra funzione: offre al socializzando un supporto decisivo ai fini della costruzione della propria identità sociale. In questo modo le circostanze esterne, oggettivate dalla lingua e collegate alla prescrizione di uno specifico atteggiamento di reazione, entrano direttamente a far parte del mondo del bambino Altro significativo Reiman: la persona che in virtù del proprio investimento emotivo, della propria costante interazione e di quel diverso grado di potere che detiene nei confronti del socializzando, esercita anche un influsso modellante sullo sviluppo della sua personalità. È la madre, padre, fratelli, le persone che quotidianamente interagiscono con il bambino Berger: la figura dell’altro significativo è connessa al processo di identificazione del bambino con gli altri. Tale processo prende forma sia come assunzione in prima persona dell’atteggiamento dell’altro che mira a portare il bambino a far propri i significati dell’atteggiamento assumendo verso se stesso quello stesso atteggiamento anche in assenza della madre assunzione del ruolo dell’altro. Ruolo come modello generale di condotta che è fatto dalla ripetizione e stabilizzazione. 3