Venerdì 30 ottobre 2015 I non credenti parlano di fede Giuseppe

I non credenti parlano di Gesù
Relatore: Giuseppe Lorizio
Venerdì 30 ottobre, il professor Giuseppe Lorizio ha inaugurato il ciclo di incontri del Centro
Culturale "J. Maritain", con una relazione dal suggestivo titolo "I non credenti parlano di Gesù".
Come ha ricordato il prof F. Gaiffi, che ha introdotto la serata, Mons. Giuseppe Lorizio è una delle
più importanti 'intelligenze teologiche' nel panorama italiano.
Professore ordinario di Teologia Fondamentale presso la Pontificia Università Lateranense, ha
inoltre insegnato Storia della filosofia e Metodologia presso la Pontificia Facoltà dell'Italia
Meridionale (sez. San Luigi), dove, come egli stesso ha ricordato, ha lavorato con Xavier Tilliette,
noto e fine teologo gesuita nonché suo maestro.
Come per Tilliette, anche per Lorizio l'intrecciarsi e il rincorrersi della ricerca filosofica e di quella
teologica da sempre costituiscono l'orizzonte di studio. In questa prospettiva, Il teologo da anni è
impegnato nell'approfondimento del pensiero di Rosmini (decisivo il suo contributo per la causa di
beatificazione). È membro infatti del Comitato scientifico della Rivista rosminiana di filosofia e di
cultura, dei Simposi rosminiani, della rivista Studium e della rivista Lateranum. Dirige i progetti di
ricerca interdisciplinari "Le radici teologiche del Concilio Ecumenico Vaticano II" e "Il contributo
delle neuroscienze e delle nuove tecnologie all'antropologia di ispirazione cristiana". Come membro
del Comitato nazionale per gli Studi Superiori di Teologia e di Scienze Religiose della CEI è stato
chiamato a tenere la Relazione teologica al prossimo Convegno Ecclesiale Nazionale, che si
svolgerà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015.
A suo carico, come ha ricordato anche Gaiffi, numerose e autorevoli pubblicazioni teologiche, tra le
quali ricordiamo: La logica della fede (2002); Fede e Ragione (2003); Le frontiere dell'Amore.
Saggi di teologia fondamentale (2009)
Lorizio ha iniziato la sua lucida e stimolante dissertazione con un omaggio al maestro Tilliette, del
quale, non a caso, ha citato una delle opere più vicine al tema in discussione, Il Cristo dei non
credenti ed altri saggi di filosofia cristiana, testo da lui stesso curato.
Tre le prospettive tracciate nel corso della conferenza: quella dei non credenti 'in ricerca', quella dei
credenti 'in ricerca' e quella dei non credenti che non hanno trovato risposta (responsabili, il più
delle volte, i credenti che offrono un'immagine superficiale del Cristo e/o una testimonianza di fede
non sostenuta dalla Ragione o spesso così assertiva da non lasciare spazio al dubbio e alla
sospensione, che pure attraversano la vita del credente)
In una cultura che si vuole definire seria e rigorosa, come Lorizio stesso ha sottolineato, non ci può
essere indifferenza nei confronti di Gesù. Egli è l'uomo e il profeta che da sempre parla al cuore
dell'uomo e che ne interpella l'intelligenza. Da qui l'interesse che Gesù ha suscitato e continua a
suscitare anche nel mondo intellettuale ateo e in quello cosiddetto 'extra moenia', al di fuori cioè
dell'ambito accademico meramente teologico. Lo dimostra l'attenzione, nel passato, di letterati,
artisti, filosofi non credenti, lo dimostrano oggi, anche in ambito italiano, lavori, tra gli altri, di
filosofi come Massimo Cacciari e Giorgio Agben (che recentemente si stanno occupando
soprattutto di Anticristo) o di cineasti come Alice Rohrwacher o di giornalisti come C. Augias o di
scrittori come Sandro Veronesi e Daniela Delle Foglie.
Come ha ricordato Lorizio, noi credenti non abbiamo il monopolio su Cristo. Egli è di tutti. Non
dobbiamo pertanto incorrere nel rischio di ghettizzare la sua figura e di vivere l'appartenenza
cristiana come una crociata.
In questa prospettiva, la vicenda del filosofo Nietzsche, dapprima appassionato credente poi
'maestro del sospetto', appare paradigmatica. Educato in ambiente pietista, da adolescente Nietzsche
si innamora di Gesù (ne è stigma la struggente poesia 'Al Dio ignoto', scritta a 20 anni, che echeggia
il discorso di Paolo sull'Areopago) per passare poi alla ‘morte di Dio’ in Così parlò Zarathustra.
Qui dice che Gesù è morto troppo presto e che se avesse avuto più tempo, avrebbe imparato a
sorridere e avrebbe ritrattato la sua dottrina. Alla fine della vita, ormai folle, Il filosofo si
firmava 'Dioniso' o 'Il Crocifisso'. Difficile dunque perdere il Cristo, impossibile esserne
indifferenti. La cultura che lo ignora pecca di inutile snobismo. La cultura seria, sia laica che non,
prende sempre sul serio Gesù Cristo. Forse siamo in un periodo della nostra Storia nella quale si
passa dall'ateismo tragico di stampo esistenziale all' incredulità giuliva(chi dice di non credere, lo
fa in maniera gaudente). Si passa dalla Verità all'opinione, dal sospetto alla diffidenza. Chi crede e
professa la verità viene visto con diffidenza. La verità viene vista come strutturalmente violenta,
riconducibile alle religioni e ai suoi esiti fondamentalisti (spesso riteniamo che questo
fondamentalismo appartenga solo ad una religione, invece sovente anche noi cattolici ci macchiamo
di un certo Talebanismo). Accade che la figura di Gesù, veicolata talvolta da un certo tipo di
predicazione o catechesi superficiali non risponda in modo convincente alla 'domanda' del non
credente che è alla ricerca di un senso per vivere. Ecco allora che il Cristo dovrebbe diventare non
solo modello di risposta alle domande di senso ma anche modello di ricerca, di interlocuzione.
Lorizio ha citato, a questo proposito, un testo non propriamente teologico ma che simpaticamente
può assurgere ad emblema: una striscia dei famosi Peanuts, del Vangelo secondo Charlie Brown
(esempio di genere fumetto colto ma non religioso)...........'Cristo è la risposta' mostra per tre volte
un cartello, che susciterà la reazione: 'ma la domanda quale era?'.
C'è una legittima incredulità anche dei credenti, una dimensione di oscurità, della cosiddetta 'notte
dell'anima' che ci accompagna. La fede non è solo risposta ma è anche domanda: C'è il postcristianesimo di chi non è più credente, di chi, come Nietzsche, si è fermato ad una fede emotiva
senza passare ad una fede pensata, elaborata. "Una fede non pensata non è fede" diceva
Sant'Agostino. L'emozione iniziale della fede è importantissima ma va necessariamente sostenuta
dalla Ragione, dall'elaborazione, dal pensiero.
Recenti lavori letterari, che riguardano il Cristo dei non credenti, come il monologo teatrale Non
dirlo di Sandro Veronesi, rivendica questa necessità di rapportarsi a Gesù. Veronesi si appella al
Vangelo di Marco (non dimentichiamo che il Vangelo, che significa buona notizia, è un genere
letterario), il Vangelo più antico ma anche quello più scarno ed essenziale (basato prevalentemente
sulla catechesi di Pietro). Quello di Marco è il Vangelo della domanda, della paura della tomba
vuota. Vangelo di azione, nel quale prevale il 'non dire'. Gesù, in Marco, si appella sempre al
silenzio e alla discrezione.... Come dire, Il Vangelo deve essere accolto nella libertà non con le
imposizioni o le manifestazioni di piazza.
A questo proposito, la Dei Verbum, della quale celebriamo il cinquantesimo, ci invita a riscoprire la
Bibbia come libro per tutti, anche per i non credenti, in un periodo di esilio della Parola (Lorizio ha
poi precisato, in una risposta data durante il dibattito, che riscoprire la Bibbia non significa leggerne
la verità avulsa dalla teologia. La Parola di Dio va sempre contestualizzata, evitando
fondamentalismi generati da un certo 'biblicismo'). Il teologo Ratzinger scrive che bisogna
ringraziare Lutero se, come cattolici, abbiamo riscoperto la forza e la centralità della Parola.
Tuttavia la Parola non va mai imposta. Credere è scegliere di credere in libertà.
Paradigmatico quanto emerge da un recente e piacevole romanzo La felicità delle suore di Daniela
Delle Foglie e dal film Corpo Celeste di Alice Rorwacher, opere diverse, legate dalla riflessione sul
Cristo e dalla necessità della riscoperta del vero Cristo, a dispetto di una visione facile ed
edulcorata. Emerge, inoltre, il ripudio di una fede di tipo kerigmatico forte che pretende solo di dare
risposte e non di porre domande. Espressione letteraria di post cristianesimo anche l'opera di E.
Carrere che, in Il regno, passa dall'agnosticismo ad una fede indotta dall'emotività e poi ancora
all'agnosticismo generato da un non sapere più come interpretare i testi della Bibbia.
Come accostarsi a Gesù? Non si incontra Gesù per strada, ma nei credenti in Lui. Il problema verte
dunque sulla credibilità dei cristiani (cfr. la lezione metodologica fornitaci dal 'pagano' Tacito negli
Annales a proposito dei primi cristiani: si arriva a sapere chi è Cristo partendo dai cristiani).
L'Europa purtroppo non si stupisce più del Vangelo. Oggi siamo chiamati a fare uno sforzo di
pensiero che deve accompagnare sempre la fede dei credenti. Come diceva Bobbio: "esistono i
pensanti e i non pensanti", e nel caso dei cristiani, pensare è necessario. Il pensiero può diventare
Logos, presupposto del dialogo con i non credenti.
Come si diceva prima, l'ultimo libro del non credente Augias nuovamente interpella i cristiani. Il
testo, Le ultime 18 ore della vita di Gesù, gira intorno al mistero della Pasqua, centrale per la nostra
fede. Augias indaga sulle ultime ore della vita di Gesù in stile giornalistico, non sempre appropriato
e spesso mancante di approccio critico. Le immagini cristologiche sono quelle del teologo
dissidente H. Küng. Personaggio centrale è Pilato che esprime il dubbio, tra ragione e sogno della
moglie Claudia, che chiede: 'chi era quest'uomo?'. Un profeta che voleva trasformare la Religione in
fede, di cui ogni essere umano può diventare custode e interprete presso la Divinità. Gesù è un
pazzo, un ingenuo, che interpella la samaritana, le donne, gli ultimi e che non ha calcolato che
anche la Religione può suscitare ambizione e rivalità. Il testo si ferma sulla soglia della Fede. Fede
che per noi si fonda proprio sulla morte e Risurrezione di Cristo.
Lorizio ha concluso la lezione mutuando dall'imponente e superba opera Le sfere del filosofo Peter
Sloderdijk la metafora esistenziale delle sfere (se ci si pensa, la nostra vita è fatta di sfere: es. la
sfera religiosa, quella economica, filosofica, etc.) per poi applicarla al rapporto del credente con
Cristo e la Chiesa.
La 1a sfera, ovverossia la Bolla, è il grembo materno, simbolo di calore e protezione. Nel nostro
caso, la Bolla rappresenta il livello emotivo, quello della percezione di un Gesù e di una Chiesa
rassicuranti (andiamo in chiesa o frequentiamo quella comunità o ascoltiamo quel prete perché ci fa
star bene senza porci troppe domande). La 2a sfera, il Globo, simboleggia l'uscita dalla
bolla/emozione con la creazione dell' istituzione, come se quella di Cristo fosse un'istituzione, una
morale, una filosofia (cfr la filosofia di Cristo in Erasmo da Rotterdam). Qui Gesù perde la sua
forza di interpellare, dandoci norme, regole, come se il Cristianesimo fosse una Morale.
La 3a sfera è la Schiuma (cfr il caffè schiumato), che rappresenta il mescolato, il contaminato,
l'ibridato. Il Cristianesimo di Gesù in questo stadio ha la forza, come la schiuma, di contaminarsi,
mescolarsi, senza annientarsi, in quanto ha la forza di incontrare tutti e ciascuno.
Questo l'augurio del teologo.....