Solone di Atene Vita Solone nasce ad Atene intorno al 640 a.C. ed è

Solone di Atene
Vita
Solone nasce ad Atene intorno al 640 a.C. ed è discendente dell’antico clan dei Medontidi, una famiglia
aristocratica che faceva risalire le sue origini nientemeno che al leggendario re Codro.
Poco conosciamo della sua giovinezza (è opinione comune che egli si sia dedicato al commercio e al
viaggio) e dei suoi esordi politici: è attestato il suo intervento a favore della riconquista di Salamina,
isola contesa per lunghi anni fra Megara e Atene, ed è noto l’aneddoto secondo cui si sarebbe finto
pazzo (un tratto fra i tanti che ricorda Odisseo) per poter aggirare il divieto che gravava su ogni forma
d’esortazione a una nuova campagna bellica contro Megara: in tale occasione avrebbe recitato
sull’agorà la sua elegia Salamina.
Nel quadro delle discordie civili che coinvolgevano l’aristocrazia, il nuovo ceto mercantile e il demos,
Solone fu eletto diallaktès, figura di conciliatore politico non rara nella storia greca del tempo. È a
questa esperienza che le fonti posteriori connettono una nutrita serie di riforme legislative. L’anno cui
si attribuisce l’arcontato di Solone è il 594 a.C.
Secondo la tradizione, dopo tale periodo egli si sarebbe allontanato volontariamente da Atene, per non
essere costretto dalle parti in lotta a rimettere mano alla propria opera legislativa, che di fatto aveva
scontentato sia gli aristocratici che il dèmos: ne seguirono dieci anni di peregrinazioni attraverso il
Mediterraneo (si ritiene che Solone abbia visitato almeno Cipro e l’Egitto; del tutto impossibile, per
ragioni cronologiche, il suo incontro con il re di Lidia Creso, narrato da Erodoto).
Rientrato ad Atene, intervenne più volte nell’agone politico che vedeva ormai emergere la figura di
Pisìstrato, mettendo inutilmente in guardia i concittadini dalla futura tirannide. La sua morte è
probabilmente da porre intorno al 561 a.C., data del primo tentativo tirannico dello stesso Pisistrato.
L’opera politica
La tradizione che vuole Solone fondatore della democrazia ateniese è un mito politico.
Tra le riforme legislative e costituzionali che si attribuiscono a Solone si registra la discussa soluzione
nota con il nome di seisáchteia (letteralmente «scuotimento dei pesi»), che probabilmente corrispose
a una eliminazione parziale dei debiti precedentemente contratti dai piccoli proprietari, anche se il
legislatore si oppose fermamente alle richieste più estremistiche del demos.
Accanto a questo intervento, egli promosse una riforma del sistema metrologico (cioè delle unità di
misura dei pesi, allora fondamentali per determinare il valore del denaro) ed una fondamentale
revisione del sistema di accesso alle magistrature: spetta a Solone, infatti, quella riforma delle classi
sociali ateniesi che vide i potenziali aspiranti alle cariche pubbliche divisi secondo i quattro ceti
censitari dei pentacosiomedimni, dei cavalieri o triacosiomedimni, degli zeugiti e dei teti. La
sostituzione del principio timocratico (fondato cioè sul reddito annuo, misurato in grano e in olio) al
principio aristocratico fu un duro colpo per i ceti nobiliari dominanti, che si videro affiancati, nella
gestione della cosa pubblica e più in generale nella definizione dei diritti e dei doveri politici, dai nuovi
ricchi provenienti dal ceto mercantile e affaristico.
Le cariche di maggior prestigio rimanevano comunque limitate alle prime due classi censitarie, e
appare del tutto fuori luogo dichiarare il carattere democratico della riforma avviata da Solone;
similmente, è da escludere che sia stato Solone a istituire la Bulé. Si deve invece a lui l’istituzione
dell’Eliea, il tribunale popolare che godette di particolare fortuna in età periclea e post-periclea.
Degno di nota è il metodo prescelto dal legislatore per pubblicare la sua riforma: un sistema di tavole
iscritte (i cosiddetti áxones), issate su un perno che le rendeva girevoli e facilmente consultabili da ogni
cittadino nella sede del Pritaneo.
L’opera poetica
Noto soprattutto come uomo politico e come membro dei "Sette sapienti", Solone è anche autore di un
cospicuo corpus poetico: le fonti antiche parlano di ca. 5000 versi fra elegie, giambi ed epòdi. Di tale
produzione sopravvivono in citazioni ca. 300 versi, di cui la maggior parte elegiaci.
L’opera poetica di Solone costituisce una sorta di commento all’opera politica: destinata alla
circolazione all’interno del simposio aristocratico, e dunque fra i membri di quella che doveva essere
una eterìa (un club politico) del tutto favorevole all’indirizzo ideologico promosso dal legislatore, la
poesia soloniana dibatte i temi del buon governo, della moderazione, della ricchezza e dell’avidità
come pericolo per la polis, della dike come valore fra i più alti dell’etica tradizionale (su questo punto
Solone risulta un diretto erede di Esiodo, e in certo senso un anticipatore di alcune problematiche che
sono al centro dell’opera di Eschilo), ma anche argomenti di carattere specificamente edonistico e
simposiale (l’amore per i fanciulli, i piaceri della tavola) e - nella produzione giambica e trocaica –
tematiche di scottante attualità politica, affrontate con il piglio della polemica e dell’invettiva.
Importante, da parte sua, la riflessione su un tema che sarà quanto mai tipico della tragedia: quello
dell'àte o accecamento mentale, che colpisce coloro che Dio ha deciso di mandare in rovina, facendo sì
che si rovinino da soli compiendo atti inconsapevolmente autolesionistici (è il latino quem Deus
perdere vult, prius dementat). Solone stesso teme di esserne stato vittima, agendo in perfetta buona
fede, ma di fatto ponendo le premesse per l'avvento della tirannide.