Sintesi sull’INSUFFICIENZA RESPIRATORIA Pneumologia-Ricciardolo Medicina d’Urgenza-Carbone L’efficienza globale della funzione respiratoria è espressa dalla capacità di assicurare un apporto di ossigeno e la rimozione di CO2 adeguati alle necessità metaboliche dell’organismo: essa viene valutata sulla base delle tensioni parziali di questi gas nel sangue arterioso. Su queste basi si definisce l’insufficienza respiratoria, condizione clinicolaboratoristica caratterizzata da alterati livelli ematici di PAO2 e PACO2 tali da impedire una corretta ossigenazione dei tessuti e una rimozione di anidride carbonica adeguata alle necessità metaboliche dell’organismo. Si viene a creare una condizione d’ipossia tessutale periferica legata all’alterato scambio gassoso a livello dell’interfaccia alveolo capillare.Può essere dovuta ad alterazione degli scambi gassosi intrapolmonari o ad un’inefficace ventilazione polmonare. Convenzionalmente si parla d’insufficienza respiratoria quando si ha: PaO2 < 60 mmHg (ipossiemia) PaCO2 > 45 mmHg (ipercapnia) Il limite di PaO2 costituisce un limite critico, in quanto a questo livello inizia la porzione più ripida della curva di dissociazione per l’ossiemoglobina, quella cioè nella quale riduzioni anche modeste della PaO2 si traducono in cadute marcate della SatO2. Un livello efficiente di scambi gassosi polmonari non è sempre sufficiente ad assicurare un adeguato apporto di ossigeno ai tessuti. Perchè ciò avvenga è necessario che anche il trasporto e l’utilizzazione periferica dell’ossigeno siano nella norma.Per convenzione però, le condizioni di deficit dell’apporto di ossigeno da queste cause non vengono classificate come insufficienza respiratoria e vanno quindi differenziate da questa. Il trasporto dipende dall’efficienza del circolo e dalle capacità di veicolazione da parte del sangue: infatti esso è pari al prodotto della portata cardiaca per il contenuto arterioso di ossigeno.Le forme di ipossia da alterazioni dei meccanismi di trasporto e utilizzazione periferica possono essere distinte in: a)ipossia da stasi che si realizza qualora un inadeguato apporto di ossigeno ai tessuti consegua a ridotta portata cardiaca o a ridotta perfusione tissutale. b)ipossia anemica, che si determina quando l’insufficiente trasporto di ossigeno sia imputabile alla riduzione quantitativa del patrimonio emoglobinico degli eritrociti c)ipossia istotossica, che consegue ad alterazione dei meccanismi di utilizzazione periferica dell’ossigeno, dovuta per esempio ad avvelenamento da cianuri. Classificazione: Le malattie del sistema respiratorio possono compromettere soltanto l’apporto di ossigeno oppure, insieme a questo, anche la rimozione della CO2. Su questa base l’insufficienza respiratoria viene distinta come segue: Tipo 1:è la condizione nella quale il deficit degli scambi gassosi interessa soltanto l’assunzione di ossigeno che, pertanto si manifesta con un’ipossiemia senza ipercapnia. Essa consegue a una compromissione della funzione del parenchima polmonare causato da enfisema, embolia, edema. Non si assembla l’02.→IPOSSIEMICA, NORMOCAPNICA Tipo 2: è la condizione caratterizzata sia da un deficit dell’ossigenazione sia da un’insufficiente rimozione della CO2, con conseguente ritenzione della stessa; questa forma si manifesta con ipossiemia associata ad ipercapnia. Essa consegue ad una compromissione della pompa ventilatoria, si ha un problema parenchimale, di ventilazione e di muscolatura; questi pazienti hanno oltre alla fase inspiratoria attiva(normale) anche la fase espiratoria attiva (invece che passiva) → IPOSSIEMICA, IPERCAPNICA L’insufficienza respiratoria va sempre considerata come sindrome e non come una malattia a sé stante. Infatti quadri simili d’insuff.respiratoria possono presentarsi in corso di malattia polmonari ed extrapolmonari molto diverse fra loro. Eziologia: .Cause ambientali→ambienti ad alta quota, ambienti con bassa concentrazione di CO2. .Cause neurologiche e muscolo scheletriche→ miastenia grave,distrofie, intossicazioni da barbiturici .Cause cardiovascolari→ shock, embolia polmonare, infarto polmonare, ipertensione polmonare .Patologie del parenchima→ BPCO, atelettasie, pneumotorace, polmoniti, asma ARDS L’espressione “insufficienza respiratoria acuta” denota una compromissione della funzione respiratoria determinatasi in un arco temporale molto breve e si riferisce, in genere, a quadri di entità severa. Nella definizione di tale entità occorre tener conto non solo del grado di alterazione delle tensioni dei gas arteriosi, ma anche della rapidità del peggioramento emogasanalitico.Qualora nel quadro di un’insufficienza respiratoria acuta si determini una ritenzione di CO2 a questa si accompagna sempre una condizione di acidosi scompensata, in quanto i meccanismi metabolici di compenso richiedono tempi prolungati in confronto alla rapidità che caratterizza l’insorgenza dell’insufficienza respiratoria acuta. Molte malattie possono associarsi a IRA, fra queste: ARDS, intossicazioni da barbiturici, encefaliti, edema polmonare acuto, embolie polmonari massive, polmoniti, prenumotorace iperteso. Patogenesi: L’ipossiemia può manifestarsi in caso d’inalazione di miscele gassose ipossiche o di respirazione in ambiente ipobarico (come ad altitudini elevate).Tuttavia più spesso la patogenesi di una riduzione della pressione di ossigeno nel sangue è riconducibile a 4 possibili meccanismi: -alterazione del rapporto ventilazione alveolare/perfusione (Rapporto Va/Q elevato o infinito):è una frequente causa di ipossiemia nella maggior parte della malattie polmonari. L’ipossia alveolare, dovuta ad una ridotta ventilazione, provoca vasocostrizione locale e una ridistribuzione del flusso sanguigno verso le regioni meglio ventilate; grazie a questo meccanismo, le aree ben ventilate sono anche adeguatamente perfuse e l’Hb ne esce saturata di ossigeno. Quando tale meccanismo di compenso non è più sufficiente si ha una riduzione della PaO2. Non avvengono gli scambi gassosi tra sangue e ambiente alveolare che assicurano il legame dell’Ossigeno con l’emoglobina e la rimozione dell’Anidride Carbonica. Si può definire il concetto di spazio morto patologico ovvero tutte quelle condizioni patologiche che determinano un aumento dello spazio morto a livello polmonare (NB: in condizioni normali sono presenti lo spazio morto anatomico e lo spazio morto fisiologico).L’alterazione del rapporto v/ q si ha spesso in patologie come embolia polmonare, enfisema polmonare, shock cardiogeno. La maggior parte di queste condizioni si presentano con ipossia e normocapnia (talvolta anche ipocapnia in condizioni di tachipnea come avviene nell’embolia polmonare). Ciò avviene perché i centri nervosi del respiro compensano gli alterati livelli ematici di O2 e CO2 aumentando la frequenza respiratoria. Nei territori polmonari normalmente ventilati e perfusi si ha un aumento dell’estrazione di CO2 dal sangue che va a compensare la diminuita diffusione presente nei territori patologici. Al contrario, la diffusione dell’O2, non varia più di tanto dato che l’emoglobina viene rapidamente saturata e solo una piccola quota può essere trasportata disciolta nel sangue. La somministrazione di miscele di aria arricchite di ossigeno è efficace nel correggere la bassa PaO2, poichè permette una sufficiente ossigenazione alveolare anche delle aree polmonari mal ventilate. L’ipossiemia dovuta invece alla presenza di aree non ventilate non è correggibile con l’ossigeno. -shunt venoarterioso dx/sx:le cause più frequenti di shunt dx/sx sono le malattie polmonari che causano un’alterazione del rapporto ventilazione/perfusione, con alveoli non ventilati ma perfusi. Il sangue non entra in contatto con l’aria respirata e giunge nelle cavità sinistre del cuore senza essersi ossigenato e senza essersi liberato dalla CO2. Mancando il contatto fra aria e sangue in aree polmonari più o meno estese, l’ipossiemia è scarsamente correggibile anche con elevate concentrazioni di ossigeno e ciò la distingue da alterazione del rapporto v/q -ipoventilazione alveolare -alterazione della diffusione alveolo capillare dell’ossigeno Quadro clinico: I sintomi legati all’ipossiemia possono essere molto diversi a seconda della sua rapidità d’insorgenza e della durata. Uno dei segni più importanti dell’ipossiemia è la cianosi, che si manifesta con una colorazione bluastra delle mucose, del letto ungueale, della cute. La comparsa di cianosi dipende dalla quantità di Hb ridotta circolante; pertanto gli individui poliglobulici presentano cianosi per livelli di PaO2 e SaO2 più elevati che gli anemici. L’ipossia può avere molteplici effetti sull’apparato cardiocircolatorio: la portata cardiaca aumenta come meccanismo di compenso all’ipossiemia tendendo a mantenere il trasporto di ossigeno inalterato nonostante la diminuzione del contenuto di ossigeno del sangue arterioso; la tachicardia è quindi un segno facilmente rilevabile. In alcuni casi è possibile riscontrare un aumento della pressione arteriosa sistemica come effetto riflesso della stimolazione chemocettoriale; peraltro un’ipossia tissutale, associandosi ad acidosi, può causare vasodilatazione periferica. Se l’ipossiemia si protrae x più giorni può compare poligloblulia, che costituisce un tentativo di supplire alla diminuzione del contenuto di 02 nel sangue, causata dalla diminuita paO2, mediante aumento della quantità di emoglobina messa a disposizione per il legame con l’ossigeno. L’ipercapnia si associa invece ad acidemia con insorgenza di acidosi respiratoria e manifestazioni importanti sono anche a carico del sistema nervoso centrale; qui l’ipercapnia produce vasodilatazione cerebrale che nei casi + gravi dà ipertensione endocranica.I sintomi + comuni sono cefalea gravitativa, tremori, agitazine neuropsichiatrica. Per livelli elevati di CO2 si ha anche obnubilamento del sensorio e coma ipercapnico.Per quanto riguarda il sistema cardiocirc. l’ipercapnia di grado moderato può accentuare gli effetti dell’ipossia sulla pressione arteriosa sistemica e polmonare. Per livelli elevati invece determina vasodilatazione periferica. Segni e sintomi di ipercapnia possono essere anche oliguria, ipersecrezione acida, pirosi, ulcere gastriche, scialorrea, ipersudorazione. Trattamento in PS: Anamnesi ed esame obiettivo: . valutazione dello stato di coscienza del paziente .anamnesi: ricerca di eventuali comorbidità causali. Se il pz parla devo chiedere l’insorgenza del problema (da quanto tempo?con che modalità?è legato a sforzo o a riposo?compare con sforzi lievi o intensi?); se manca il fiato è importante stabilire se è legato a qualche posizione in particolare (clino o ortstatismo?) e la tempistica(insorge di giorno o di notte?). Devo cogliere anche i sintomi di accompagnamento, di cui il principale è la dispnea. Devo osservare il pz. Un paziente con IRA ha avuto un recente aumento di peso, presenta cute pallida o cianotica, respira male, tirando su le spalle, appoggiandosi al tavolo, sfruttando i muscoli accessori. Molto spesso è un pz. magro, scavato, che presenta piedi gonfi (edemi declivi), è dispnoico, suda freddo, ha i peli dritti (a causa delle catecolamine), può essere marezzato, con aree ipo e iper perfuse.La marezzatura è legata ad una maldistribuzione del circolo che prevede un rallentamento del circolo, l’attivazione della cascata adrenergica dove le zone ipoperfuse sono anche vaso costrette. L’adrenalina circolante stimola la sudorazione e induce vasocostrizione (si sceglie di perfondere meglio gli organi vitali, , cervello, reni. Se il paziente è marezzato è grave. Se alla persona manca il fiato dopo uno sforzo(es. camminare) significa che ha un riserva ridotta, non ha fiato) se invece gli manca anche a riposo è + grave, bisogna analizzare il decubito: se manca il fiato quando si sdraia è perché ha difficoltà di espansione del polmone che s’irrigidisce, s’ispessisce, s’imbibisce; ciò si può avere x difficoltà di trasporto.L’interstizio polmonare s’ingrandisce a causa della presenza di liquido che ristagna formando EDEMA. Verosimilmente la pompa del sx non risucchia e non respinge sufficiente liquido, la diastole non è sufficiente e ho una capacità di risucchio insufficiente perché nella contrazione precedente il ventricolo non si è svuotato del tutto, lasciando del sangue all’interno della sua cavità.Così facendo la pressione positiva si trasmette a monte sino a giungere al polmone→ingorgo che porta un ↑PA capillari polmonari (ergo p.idrostatica> p.oncotica)→ il liquido passa nell’interstizio→ il polmone si fa più pesante, + rigido, meno elastico . Questo liquido se la persona sta in piedi scendo verso gambe e piedi, il polmone si libera e come tale respira meglio perché l’ingorgo si riduce. Bisogna chiedere al pz se è ↑ di peso, se si alza di notte a far pipì, poiché i reni nel momento in cui siamo sdraiati sono più perfusi e si fa maggior pipì Se inoltre il pz. respira meglio da sdraiato significa che il polmone è ingrado di ossigenare meglio il sangue da sdraiato poiché evidenetemente da in piedi non ha una pressione sufficiente.Perchè non dovrebbe averla?per colpa di un’ostruzione!un trombo!Ecco perché dobbiamo controllargli anche gli arti inferiori .esecuzione di un EGA( gold standard per la diagnosi di IRA), insieme a PaO2 e PaCO2 si determinano il valore del Ph arterioso e la concentrazione di carbonati. In tal modo è possibile rilevare non solo il grado eventuale di ipossiemia ei percapnia ma anche la rapidità con cui l’ipercapnia si è instaurata, in relazione all’evidenza di un compenso realizzato metabolicamente. . misurazione e monitoraggio dei parametri vitali (FR, polso, PAO, Sat02,T°) .esame spirometrico, fornisce indiciazioni sull’entità e sul tipo di compromissione respiratoria .ECG, per evidenziare stato di sofferenza ipossica del miocardio o la presenza di aritmie .l’ematocrito va tenuto sotto controllo, specie per contrastare gli effetti di un’eventuale emoconcentrazione .posizionare un CV x il controllo della diuresi, in modo da avere un’indice di perfusione renale che può essere ridotta per l’ipercapnia e per la vasocostrizione renale conseguente ad essa. Insieme ad essa può quindi essere utile una valutazione della creatine mia e dell’azotemia. Terapia:Nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta l’obiettivo primario è assicurare una sufficiente ossigenazione tissutale e correggere l’eventuale acidosi.L’entità dell’ossigenazione deve tener conto non solo della PO2 arteriosa ma anche della quantità di ossigeno che raggiunge i tessuti: è quindi molto importante tenere sotto controllo l’ematocrito e la funzione cardiaca.La correzione dell’ipossiemia si può effettuare con la somministrazione di ossigeno attraverso cannule nasali, controllando il flusso di o2 erogato o attraverso maschere In seguito verrà trattata l’ipercapnia. Il motivo risiede in un aumentata mortalità nei pazienti con ipossiemia. Il Trattamento dell’ipercapnia consiste nell’uso della ventilazione meccanica, indicata in caso di mancata risposta all’Ossigeno terapia, ipercapnia e acidosi (pH < 7.26).Questa può essere: invasiva: mediante intubazione endotracheale non invasiva: mediante supporto ventilatorio collegato a una maschera nasale o maschera facciale EDEMA POLMONARE ACUTO CARDIOGENO →Abnorme accumulo di liquidi negli spazi extravascolari e nei tessuti polmonari,in particolar modo negli spazi interstiziali o negli alveoli polmonari causato da un’inadeguata gittata cardiaca conseguente a un deficit di pompa cardiaca. Cause: IMA, aritmie, cardiomiopatie, insufficienza cardiaca cronica Fisiopatologia: Il deficit di pompa(o per meglio dire, l’insufficienza ventricolare sinistra legata a un’incapacità di gestione dell’ipervolemia) determina un aumento della pressione polmonare a livello dei capillari e delle vene polmonari del ventricolo sinistro. Quando la pressione idrostatica nei capillari polmonari ↑ diventando > di 25 mmHg e > della pressione oncotica del plasma, inizia la trasudazione del liquido (sangue) nell’interstizio (edema interstiziale) e negli alveoli(edema alveolare).Inizialmente trasuda solo la componente liquida successivamente, con l’aumento della pressione, giunge nell’interstizio anche la componente proteica del sangue. Questo notevole accumulo di sangue porta il polmone ad aumentare di peso(è pieno di acqua e sangue) e,imbibito, risulta essere meno funzionale,+ rigido, i muscoli inspiratori fanno più fatica a dilatarlo e l’ossigeno non riesce a penetrare velocemente e a scambiarsi con l’anidride carbonica→ si determina sangue meno ossigenato e un complessivo rallentamento del flusso ematico, i polmone si espande meno, si ha un aumento delle resistenze delle vie aeree ( i bronchioli terminali s’imbibiscono e il pz in pre edema sente i polmoni fischiare). É ridotta la compliance polmonare. Segni e sintomi:l’EPA può iniziare con tosse non produttiva, broncospasmo, DISPNEA. Tardivamente, quando si accumula liquido nelle vie aeree distali, diventano udibili rantoli alle basi polmonari; il pz. appare dispnoico, cianotico, pallido, sudato, gorgogliante. L’espettorato è di tipo schiumoso, talvolta ematico. Vi è tachicardia e generalmente aumento della PA Eseguendo un EGA arterioso inizialmente è riscontrabile una ↓ PAO2 e PACO2, successivamente, con l’evoluzione verso l’insufficienza respiratoria, si sviluppa ipercapnia(↑ PaCO2) con ACIDOSI RESPIRATORIA progressiva. Oltre all’acidosi respiratoria può sopraggiungere anche un quadro di ACIDOSI METABOLICA; se infatti rallento il mio circolo, il sangue è meno ossigenato e sono già in insufficienza respiratoria, utilizzerò un lavoro anaerobio (poiché mi manca l’O2 per svolgere quello aerobio)→ ciò comporta un aumento dei lattati (accumulatasi perché il polmone compie un grande sforzo per lavorare essendo già in insufficienza) un aumento dell’acido lattico e l’insorgenza di Acidosi Metabolica. La riduzione della PaO2 si ha perché sopraggiunge anche la vasocostrizione periferica necessaria per mantenere perfusi i tessuti nobili. Diagnosi: si basa sulla valutazione delle manifestazioni cliniche di congestione polmonare. Molto spesso si esegue un RX torace che conferma la congestione delle vene polmonari. Terapia: -ridurre sovraccarico di liquidi -migliorare la funzione ventricolare -migliorare gli scambi respiratori 1)Tenere il pz in posizione seduta per ridurre il ritorno venoso 2) Somministrare ossigeno al 100% con maschera per raggiungere una Pao2 di almeno 60 mmHg; se l’insufficienza resp. È grave o se l’ipossia non migliora è necessario ricorrere alla CPAP così da ridurre il ritorno venoso. L’ossigenazione viene monitorata con pulsossimetria ed emogasanalisi arteriosa 3)somministrare diuretico dell’ansa: furosemide EV 4)somministrare morfina EV a basse dosi per dirurre le resistenze periferiche e il ritorno venoso, in modo che il sangue possa redistribuirsi dal distretto polmonare agli altri distretti corporei. Inoltre la morfina diminuisce l’ansia e l’agitazione. 5) somministrare vasodilatatori (nitroglicerina sublinguale o EV) per diminuire il ritorno venoso. Pressione idrostatica: spinge l’H20 fuori dal capillare Pressione oncotica: determina il passaggio dei liquidi (acqua, elettroliti, proteine) dall’interstizio al capillare. V.n : 2025 mmHg SHOCK Lo shock è un’insufficienza circolatoria acuta e severa, associata a grave deficit di perfusione tessutale.Può essere: -ipovolemico -cardiogeno -ostruttivo -distributivo Cause: -Ipovolemico→ emorragie, deplezione di liquidi (vomito, diarrea, abuso di diuretici, cheto acidosi), sequestro interno (ascite, pancreatite, ostruzione intestinale) -Cardiogeno→ Miopatico (IMA,miocardite), meccanico (insufficienza acuta della mitrale, stenosi aortica grave), aritmie. -Ostruttivo→ tamponamento cardiaco, pneumotorace iperteso, dissezione aortica, embolia polmonare massiva -Distributivo→ sepsi, sostanze tossiche, anafilassi, neurogeno, endocrino Fisiopatologia: Il comune denominatore di tutte le forme di shock è l’evoluzione verso il danno e la morte cellulareLo shock può essere diviso in 3 stadi: -Primo stadio (IPOTENSIONE COMPENSATA) → la ridotta portata cardiaca stimola una varietà di meccanismi compensatori che alterano la funzione miocardica e le resistenze periferiche per mantenere la perfusione di organi vitali come cuore e cervello. I sintomi clinici in questo stadio sono minimi. -Secondo stadio (IPOTENSIONE NON COMPENSATA) → i meccanismi compensatori messi in atto nel primo non sono più sufficienti e quindi la perfusione tissutale è diminuita. Sono presenti segni iniziali d’insufficienza cerebrale, renale, miocardica e segni di aumentata stimolazione simpatica. -Terzo stadio→ grave ischemia con danno tissutale soprattutto a carico del capillari endoteliali dei reni, del fegato, dei polmoni. Il danno ischemico del tratto gastrointestinale permette l’invasione del circolo da parte dei batteri; l’ischemia renale può indurre IRA acuta; il danno all’endotelio provoca una trasudazione di liquido e proteine nello spazio extracellulare, accentuando così l’ipotensione. La grave acidosi e le tossine rilasciate nel sangue contribuiscono alla depressione miocardica. Manifestazioni cliniche ed esami diagnostici: Manifestazioni cliniche comuni sono: ipotensione (PAM < 60 mmHg e PAOS <90 mmHg), tachicardia, tachipnea, agitazione, alterazione del sensorio, sudorazione e segni di intensa vasocostrizione periferica (pallorre, polsi deboli, estremità fredde). Nello shock settico prevale la vasodilatazione, x cui le estremità sono calde. Sono inoltre comuni oliguria e acidosi metabolica. Esami di laboratorio: emogramma, conta leucocitaria, dosaggio di elettroliti, creatinina. Se presente un sanguinamento → conta piastrinica, INR, Ptt parziale. In ogni caso→ eseguire EGA. Eseguire ECG Rx torace. Per differenziare i diversi tipi di shock è necessaria la misurazione della PVC o della pressione d’incuneamento capillare (PICP). Una PICP media inferiore a 6 mmHg può essere indice di ipovolemia o di shock distributivo; se superiore a 20 mmHg indica insufficienza ventricolare sx e quindi shock cariogeno. La gittata cardiaca è di solito ridotta nei pz . con shock ipovolemico o cariogeno, aumentata in fase iniziale in caso di shock settico. Trattamento: è volto all’aumento della pressione arteriosa, al ripristino della perfusione tessutale e alla correzione del disordine di base. I primi provvedimenti sono: -accesso venoso con ago cannula -somministrazione di O2 -posizionamento dl pz (arti sollevati rispetto al capo se vi è ipovolemia; posizione semiseduta se vi è insuffic. Cardiaca). -monitoraggio PV (valutare spesso il sensorio, la PA, la FC, la temperatura, la diuresi, eventualmente applicare catetere vescicale) -ECG, pulsossimetria, elettroliti -somministrazione di liquidi → Fisiologica o Ringer Lattato sino alla ripresa di una diuresi soddisfacente -se il pz non risponde a questo trattamento → farmaci vasoattivi (dopamina, noradrenalina). - se l’ipotensione persiste → amine simpatico mimetiche o vasopressina -se vi è acidosi metabolica → bicarbonato di sodio → se PO2 < 70 mmHg → O2 al 100% - Identificare e trattare cause di shock; in shock settico iniziare subito la terapia antibiotica dopo l’emocoltura; se l’eziologia è sconosciuta usare antibiotici che coprano i cocchi Gram positivi e gli enterobatteri Gram negativi. SHOCK CARDIOGENO →Lo shock cardiogeno è una sindrome clinica caratterizzata dalle risposte dell’organismo alla riduzione del flusso ematico ai tessuti periferici a causa di una insufficiente gittata cardiaca per un deficit primitivo della pompa. Si manifesta con un danno generalizzato ai tessuti per via del ridotto apporto di ossigeno e sostanze nutritive alle cellule. Lo shock cardiogeno si verifica quando la capacità del cuore di contrarsi e pompare sangue è alterata e l’apporto di ossigeno è inadeguato per il cuore e i tessuti. Cause: .Aritmiche (tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare→ sono “LIFE TREATMENT”; vanno trattate sennò il pz. muore; causano shock perché il cuore non si contre + in maniera regolare, il ventricolo non si riempie bene) .Meccaniche (stenosi aortica grave, cardiomiopatia ipertrofica, insufficienza acuta della mitrale) .Miopatiche (IMA di una coronaria discendente, miocardite, cardiomiopatia dilatativa) Lo shock è di solito il risultato di una gittata cardiaca insufficiente, quindi può manifestarsi ogni qualvolta si abbia una grave riduzione della GC rispetto al valore normale. I fattori che possono gravemente ridurre la gittata cardiaca sono: -alterazioni cardiache che riducono la capacità del di pompare sangue. Queste alterazioni, tra le quali si ricorda in particolare l’IMA, comprendono anche gli stati tossici del cuore, le gravi disfunzioni delle valvole cardiache, le aritmie cardiache e altre condizioni. Lo shock è dovuto alla riduzione della capacità di pompa. -fattori che riducono il ritorno venoso, responsabili anche della riduzione della GC, perché il non può pompare un volume adeguato di sangue se non ne riceve in maniera sufficiente con il ritorno venoso. La causa + comune di riduzione del ritorno venoso è la diminuzione del volume ematico, ma il ritorno venoso può decresce anche per una riduzione del tono vasomotore o per un’ostruzione del flusso ematico in qualche punto del sistema circolatorio, specialmente lungo la via venosa che riporta il sangue al . Uno shock circolatorio si può verificare anche se la GC è normale o , addirittura, superiore alla norma. Ciò può avvenire per un eccessivo metabolismo che rende inadeguata anche una GC normale, oppure per anomalie nella distribuzione della perfusione ai tessuti, che portino la maggior parte della gittata cardiaca a passare attraverso vasi sanguigni diversi da quelli che provvedono alla nutrizione dei tessuti. Fisiopatologia: La forza contrattile del miocardio diminuisce e causa una notevole riduzione della GC, correlata sia al volume d’eiezione sia alla frequenza cardiaca. Quando il volume d’eiezione e la frequenza cardiaca diminuiscono o diventano erratici, la PA cala e la perfusione tissutale agli organi vitali (cuore, cervello, polmoni, reni) diminuisce . Il flusso ematico alle coronarie si riduce con conseguente riduzione dell’apporto di ossigeno al miocardio, ischemia e ulteriore diminuzione della capacità funzionale del cuore. L’incompleto svuotamento ventricolare durante la sistole causa anche l’aumento delle pressioni polmonari, con accumulo di sangue nei polmoni, congestione ed edema polmonare, aggravando l’ipossia e portando all’ischemia gli organi vitali. Lo shock cariogeno, una volta raggiunto un livello critico di gravità, si aggrava progressivamente; l’insufficiente perfusione provoca un deterioramento dei tessduti, compresi il e il sistema circolatorio e la compromissione funzionale di questi ultimi, a sua volta, riduce la GC. Ne deriva un circolo vizioso caratterizzato da un progressivo peggioramento dello shock, una perfusione tissutale ancora meno adeguata, un ulteriore aggravamento dello shock e così via sino al decesso. Gli stadi dello shock cardiogeno: -stadio non progressivo; in cui i normali meccanismi di compenso consentono alla fine un pieno recupero senza la necessità di un intervento terapeutico -stadio progressivo nel quale, senza la terapia, lo shock si aggrava sino alla morte -stadio irreversibile, in cui lo shock ormai è progredito sino a rende qualsiasi intervento terapeutico incapace di evitare, nel giro di poco, la morte del paziente. Manifestazioni cliniche: ipossia cerebrale (confusione, agitazione), ipotensione arteriosa (PaOS <90 mmHg), polso tachicardico( il cuore cerca di compensare) e debole, cute fredda(senza circolo non ho calore né omeostasi) e umida (sudato freddo), tachipnea e crepitii respiratori, oliguria, pz. pallido (x ipoperfusione) con deficit di ritorno venoso (marezzato) Gestione: -limitare ulteriormente il danno miocardico e perseverare il miocardio sano -migliore la funzione cardiaca, aumentando la contrattilità cardiaca, diminuendo il post-carico(è la quantità di lavoro che deve svolgere il cuore per vincere la resistenza periferica. è il risultato delle resistenze immediate al deflusso del sangue dai ventricoli) o entrambi. Trattamento: -apporto di ossigeno supplementare attraverso cannula nasale in concentrazione 2-6l/min per raggiungere una Sat =90%. È utile monitorare il valore degli EGA e dell’ossimetria, perché aiuta ad indiace quando l’assistito richiede un metodo + aggressivo di erogazione dell’ossigeno -controllo del dolore toracico con morfina solfato ev.; è anche un vasodilatatore, riduce il carico di lavoro del cuore, diminuisce il precarico e allevia l’ansia. È consigliabile misurare i livelli di enzimi cardiaci (CPK-MB, troponina) ed eseguire quotidianamente un ECG a 12 derivazioni x accertare il grado di danno del miocardio. -monitoraggio emodinamico con catetere arterioso multilume inserito in arteria polmonare x misurare la pressione in arteria polmonare, la pressione di riempimento del miocardio, la GC, le resistenze polmonari. -terapia farmacologica combinata a base di farmaci simpatico mimetici che aumentano la gittata cardiaca, mimando l’azione del sistema nervoso simpatico attraverso la vasocostrizione , determinando aumento del precarico e aumentando la contrattilità miocardica e farmaci vasodilatatori usati per diminuire il precarico e il post-carico, questo riduce il carico di lavore del cuore e la richiesta di ossigeno. I farmaci + usati sono quindi dobutamina, dopamina, nitroglicerina -infusione di liquidi, moderata. SEPSI E SHOCK SETTICO Si definisce sepsi la risposta infiammatoria sistemica dell’organismo a un’infezione epressa da almeno 2 delle seguenti condizioni: -temperatura >38°C o <36 °C -frequenza cardiaca > 90 bpm -tachipnea con FR > 20 atti/minuto o iperventilazione indicata da PaCo2 <32 mmHg -globuli bianchi >12 000 mm3 o <4000/mm3 Altre patologie come le pancreatiti, le lesioni tissutali, i traumi multipli, lo shock emorragico sono in grado di scatenare un’analoga reazione sistemica, definita, indipendentemente dalla causa sindrome di risposta infiammatoria sistemica (SIRS). La sepsi è quindi una SIRS con eziologia microbica, sospettata oppure provata dal riscontro di agenti infettivi nel sangue. La sepsi può progredire in sepsi grave, caratterizzata da ipotensione o segni di ipoperfusione tessutale e disfunzione d’organo (ipossiemia, acidosi lattica, oliguria, alterazioni dello stato mentale) .La spesi grave può evolvere nello shock settico, definito come grave ipotensione (Paos <90 mmHg o di 40 mmHg più bassa rispetto a quella abituale del pz) che non risponde al ripristino della volemia mediante infusione di liquidi e accompagnata da disfunzione d’organo. Lo shock settico è uno shock distributivo con alterazioni dei mediatori chimici o biologici che riducono il tono vascolare e la contrattilità del muscolo cardiaco generando aree ben perfuse e vaso dilatate e aree mal perfuse e vaso costrette. Ha un’enoerme importanza perché dopo lo shock cariogeno è il tipo di shock che porta a morte con maggior frequenza. SEPSI→SEPSI SEVERA (sepsi+ ipoperfusione tissutale o disfunzione d’organo) → SHOCK SETTICO (sepsi+ ipoperfusione + pressione bassa) Epidemiologia:la sepsi è una patologia grave, con tassi di mortalità elevati, del 20-35% in pz. con sepsi grave e del 4060% in pz. con shock settico. La sepsi può essere causata da qualunque classe di microorganismi; tuttavia i batteri e in particolare stafilococchi, streptococchi, Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa rappresentano i patogeni più comunemente identificati. Lo shock settico è invece indotto da: peritonite provocata dalla diffusione di un’infezione dell’utero o delle tube uterine, dovuto ad aborto strumentale, peritonite conseguente a perforazione intestinale, dovuta a patologie dell’intestino o a ferite; infezione generalizzata dell’organismo dovuta alla disseminazione di un’infezione cutanea, come quelle da streptococco o da stafilococco; un’infezione gangrenosa generalizzata, causata specificatamente dai bacilli delle gangrena gassosa; la diffusione al sangue di infezioni renali o delle vie urinarie, spesso sostenute da batteri provenienti dal colon. Patogenesi:la sepsi prevede un focolaio primitivo d’infezione (focolaio sepsigeno), talvolta occulto, dove i microorganismi si moltiplicano e da cui, insieme ai loro prodotti, vengono immessi nel sangue in gittate ripetute. Una volta arrivati nel torrente circolatorio possono impiantarsi in diversi siti, originando focolai metastatici. La patogenesi della sepsi è associata alla risposta dell’ospite (mediata da leucociti, piastrine, endotelio vasale, citochine, prostaglandine) nei confronti dell’agente patogeno. I principali effetti di questa risposta sono rappresentati dall’alterazione della permeabilità del tono vale e da trombosi vascolare con conseguente edema, riduzione del flusso ematico, ipossia, acidosi. Manifestazioni cliniche: Uno dei sintomi principali della sepsi è la febbre, intermittente e preceduta da brividi.In alcuni pz (anziani, bambini, soggetti con insuff.renale si può non avere febbre). A ciò si aggiungono tachicardia e tachipnea. Altre manifestazioni riferibili sono oliguria, ipotensione, alterazione del sensorio, anoressia, vomito, nausea, diarrea. Si riscontra leucocitosi neutrofila, piastrinopenia, proteinuria, aumento degli indici di flogosi (VES, PCR), ipoglicemia. Lo shock settico è invece caratterizzato da: -presenza di febbre elevata -imponente vasodilatazione, spesso generalizzata e molto intensa nei tessuti sede d’infezione -aumento della GC nel 50% dei casi per vasodilatazione arteriola tre nei tessuti infetti, per incremento del metabolismo e vasodilatazione di altri distretti, conseguenti alla stimolazione del metabolismo cellulare da parte delle tossine batteriche e all’elevata T° corporea. -aumento della viscosità del sangue, provocato dall’agglutinazione di eritrociti, causata a sua volta dalla degenerazione tissutale -formazione di micro coaguli in varie sedi, per una condzione detta coagulazione intravasale disseminata. Nelle fasi iniziali dello shock settico il pz. di solito non presenta segni di shock circolatorio, ma solo dell’infezione batterica. In seguito, se l’infezione si aggrava, il sistema cicrcolatorio viene coinvolto sia direttamente xk interessato dall’infezione, sia indirettamente, a opera delle tossine batteriche. Si verifica allora la fuoriuscita di plasma nei tessuti. Complicanze sepsi e shock settico: ARDS, piastrinopenia e manifestazioni emorragiche, insufficienza renale, danno epatico Diagnosi: le manifestazioni cliniche e i dati di laboratorio devono far sospettare un quadro di sepsi; può essere utile isolare il microorganismo patogeno dal sangue o da altri fluidi/materiali corporei (infezioni urinarie, ascessi intraddominali). Devono sempre essere eseguiti almeno 2-3 set di emocolture, prelevate da diversi accessi venosi a distanza di mezzora l’una dall’altra. I prelievi per gli esami microbiologici devono precedere l’inizio della terapia antibiotica. É importante ricercare la sede del focolaio d’infezione anche mediante esami radiologici, per definire una terapia antibiotica mirata e la sua durata e per stabilire l’eventualità di un intervento chirurgico. Nel quadro di shock settico si utilizza come terapia quella del protocollo EARLY GOAL DIRECTED THERAPY (EGDT); poiché il problema principale in un quadro di shock settico è l’IPOVOLEMIA dovrò: -reintegrare i liquidi con la somministrazione di soluzione fisiologica che crea volume, per fondendo anche le aree poco perfuse. -monitorare tramite vena giugulare o succlavia la PVC, somministrando 500 ml di fisio/30’ sino a che la PVC ha valori fra 8 e 12 mmHg e >12mmHg nei pz. ventilati -la MAP dev’essere fra i 65 e i 90 mmHg - la saturazione venosa centrale dev’essere >70% -la diuresi > 0,5 ml/kg/h - posizionare il pz in Trendelenburg, in modo da favorire il ritorno venoso e incrementare la GC S’inizia quindi somministrando fisiologica, se poi questa non funziona e quindi non si ha riempimento volemico somministrare farmaci vasoattivi come noradrenalina e dopamina; se neanche questi fanno effetto somministrare adrenalina in continuo. PANCREAS E PANCREATITE Pancreas→ localizzato posteriormente allo stomaco, si estende lateralmente dal duodeno alla milza. È suddivisibile in testa, corpo, coda. È un organo retro peritoneale. La superficie è nodulare o lobulare.Il sangue arterioso raggiunge l’organo attraverso diramazioni dell’arteria splenica, dell’arteria mesenterica superiore, delle arterie epatiche comuni. Il Pancreas, situato nell’addome superiore ha funzione sia esocrine che endocrine. -funz. esocrina( concentrata a livello della TESTA): secrezione enzimi pancreatici (amilasi, per la digestione dei carboidrati, lipasi, che facilita la digestione dei grassi, tripsina, per la digestione delle proteine) che poi il dotto di Wirsung riversa nel duodeno -funz. endocrina( concentrata a livello di CORPO e CODA grazie alle Isole del Langherans) : secrezione d’insulina, glucagone, somatostatina nel circolo ematico. Pancreatite→Infiammazione acuta del pancreas caratterizzata da dolore addominale e aumento di amilasi e lipasi del siero. Le alterazioni anatomopatologiche vanno dall’edema interstiziale dei casi + lievi e a risoluzione spontanea (pancreatite edematosa) sino alla necrosi colliquativa (pancreatite necrotico emorragica) che caratterizza i casi più gravi. È una patologia grave, con elevata mortalità; colpisce perlopiù uomini, fra i 40 e i 45 anni, con storia di alcolismo o donne fra i 50-55 anni con storia di pancreatite da calcoli biliari. Cause: -abuso di alcool -calcolosi delle vie biliari (colpisce maggiormente il sesso femminile) -ipertrigliceridemia -trauma addominale -infezioni: parotite, epatite virale -LES -ulcera peptica penetrante Forme cliniche: -edematosa: Caratterizzata da edema interstiziale; l’organo mantiene la sua anatomia ma è imbibito e ingrandito.Decorso senza complicanze, minima disfunzione d’organo, guarigione rapida e restitutio ad integrum del pancreas. -necrotizzante: Necrosi pancreatica presente sin dall’esordio, raramente come complicanza di una PA edematosa; la necrosi si estende anche all’esterno del pancreas, nel peritoneo, creando raccolte di materiale emorragico che possono infettarsi sviluppando un quadro d’insufficienza multiorgano associata a complicanze locali e/o sistemiche. Fisiopatologia:La pancreatite acuta è causata dalla digestione dei tessuti che costituiscono l’organo da parte degli enzimi proteolitici che esso stesso produce, principalmente la tripsina. In chi soffre di colelitiasi i calcoli biliari entrano nel dotto biliare comune e si depositano in corrispondenza dell’ampolla di Vater, impedendo il flusso del succo pancreatico o causando un reflusso della bile dal dotto biliare comune nel dotto pancreatico. Così i potenti enzimi digestivi, che normalmente rimangono nella forma inattiva fino a quando il succo pancreatico non ha raggiunto il duodeno, vengono attivati all’interno del pancreas. L’attivazione degli enzimi digestivi può determinare digestione delle membrane cellulari, edema, emorragia interstiziale, necrosi. Il danno cellulare, a sua volta, libera altri enzimi attivati che vanno ad aumentare la permeabilità vascolare e l’edema. Il ripetersi di questi fenomeni e il loro progressivo aumento d’intensità culmina nello sviluppo della pancreatite necrotizzante. La pancreatite probabilmente può essere provocata anche da spasmi e edema dell’ampolla di Vater in seguito a duodenite. Manifestazioni cliniche: Intenso dolore addominale, detto “a sbarra”. Il dolore e la dolenzia addominale derivano dalla stimolazione delle terminazioni nervose causata dall’irritazione e dall’edema del pancreas infiammato. Al dolore contribuiscono anche la distensione della capsula pancreatico e l’ostruzione del dotto pancreatico. Compare spesso come dolore acuto, 24-48 ore dopo un pasto abbondante, è forte, spesso irradiato ai fianchi e ai quadranti addominali inferiori, attenuabile dal mantenimento della posizione supina. A ciò spesso si accompagna anche il vomito, che non allevia né il dolore né la nausea, febbre, tachicardia, ipotensione, shock. Accertamento e diagnosi: La diagnosi si basa generalmente sul rilievo di un aumento della concentrazione sierica di amilasi e lipasi; nel 90% dei casi, i livelli sierici di amilasi e lipasi raggiungono un valore pari al triplo del limite superiore di normalità; il valore di lipasi alterato da solo è sufficiente a confermare diagnosi di pancreatite. Altre anomali di laboratorio comprendono l’ipertrigliceridemia, l’ipocalcemia, la leucocitosi. É consigliabile eseguire una Rx diretto dell’addome (per escludere perforazioni di un viscere addominale) e un’ecotomografia con mezzo di contrasto per rilevare l’aumento di diametro del pancreas e la presenza di pseudo cisti o ascessi. Inoltre può essere utile esaminare un campione feci: nelle persone con patologia pancreatica sono ipocoliche, abbondanti e maleodoranti, contengono dal 50 al 90% di grassi. Gestione: -monitoraggio Sat 02, T°, globuli bianchi, indici di flogosi (VES,PCR) -sedazione del dolore con farmaci che non incrementino lo spasmo della papilla di Vater (ergo non usare oppiacei quali la Morfina, meglio la pentazocina). Somministrare inibitori di pompa protonica(PPI) in infusione continua. -somministrazione EV di liquidi e plasma expanders per mantenere un adeguato volume circolante -misure contro l’autodigestione ezimatica: porre a riposo totale il pancreas, con un digiuno per 48-72 ore o con il posizionamento di un sondino naso digiunale che bypassi stomaco e duodeno .Posizionare un sondino naso-gastrico solo solo se vi sono segni di ileo paralitico. -trattamento di complicanze quali ipocalcemia (per deficit dell’albumina) e iperglicemia -se pancr.necrotico emorr. somministrazione di antibiotici ad ampio spettro, verso Gram- , quali IMIPENEM e MEROPENEM Complicanze: pseudo cisti ascessi pancreatici insufficienza polmonare con ipossia insufficienza renale ARDS edema polmonare acuto lesionale addome acuto emorragia gastrointestinale TROMBOSI VENOSA PROFONDA La trombosi venosa profonda (TVP)è l'ostruzione, parziale o completa, di una o più vene del circolo profondo degli arti inferiori ( /o delle vene della pelvi ) o superiori da parte di un coagulo di sangue o di un trombo. L'embolia polmonare (EP) è la complicanza più temibile della TVP ed è causata dalla migrazione nel circolo arterioso polmonare di un trombo venoso profondo o di suoi frammenti. Epidemiologia: Condizione clinica frequente, seria, potenzialmente fatale che spesso complica il decorso clinico di altre patologie ma può colpire anche soggetti in buona salute. Incidenza annua: 0,17% Fisiopatologia: Triade di Virchow: stasi venosa, lesione della parete vasale, ipercoagulabilità. .Stasi venosa: si sviluppa stasi venosa quando il flusso ematico è rallentato, come in caso di insufficienza cardiaca o di shock, quando le vene sono dilatate, per esempio in seguito a terapia farmacologica, e quando la contrazione dei muscoli scheletrici è ridotta, come in caso di immobilità, paralisi degli arti o anestesia. È stato provato che l’allettamento riduce il flusso ematico nelle gambe di almeno il 50%. .Lesione della parete vasale: la lesione del rivestimento endoteliale di un vaso sanguigno in una certa area facilita la formazione di un coagulo.I traumi vasali diretti, le venopatie, le irritazioni venose di orgine chimica in seguito alla somministrazione ev di farmaci possono lesionare le vene. .Aumento di coagulabilità:l’aumento della coagulabilità si sviluppa soprattutto in persone che abbiano sospeso bruscamente una terapia anticoagulante. anche l’uso di farmaci contraccettivi possono predisporre all’ipercoagulabilità. La tromboflebite, l’infiammazione della parate venosa, è spesso associata alla formazione di un coagulo. Quando il coagulo si forma inizialmente come conseguenza di stasi venosa o di ipercoagulabilità, in assenza d’infiammazione si parla di flebo trombosi. Anatomia patologica: I trombi sono di due tipi - trombo piastrinico: per adesione e aggregazione delle piastrine su un endotelio alterato (fase iniziale della trombosi), con le caratteristiche di essere saldamente adeso alla parete vasale e di non occupare tutto il lume, è povero di eritrociti e si parla di “trombo bianco”, caratteristico delle arterie. -trombo coagulativo: per rallentamento del flusso, non adeso al lume vasale, detto “trombo rosso”, perché è ricco in eritrociti, caratteristico delle vene Il 70-80% dei trombi si genera nel distretto fra anca e ginocchio, interessando la vena femorale superficiale e la vena poplitea. Fattori predisponenti alla TVP: -congeniti: deficit di proteina C, deficit di proteina S, deficit di antitrombina III -clinici: allettamento prolungato, immobilizzazione, traumi chirurgici, assunzione di estro progestinici, obesità, neoplasia (secernono fattori co-coagulanti, specie il K pancreas e il K prostata), età >40 aa, cardiopatie. Manifestazioni cliniche: Nel 50% dei casi la TVP è asintomatica; può esordire con dolore all’arto, edema e tumefazione, poiché il flusso del sangue venoso è ostacolato. Il grado di gonfiore può essere determinanto misurando il diametro dell’arto a vari livelli, con un metro a nastro. I due arti vengono confrontati allo stesso livello, per rilevare eventuali differenze. La cute interessata dalla TVP Può ESSERE Più CALDA e le vene superficiali più sporgenti. Il dolore, che spesso però si manifesta tardivamente, è provocato dall’infiammazione della vena e può essere evidenziato con una lieve palpazione dell’arto. Il segno di Homan(dolore al polpaccio in concomitanza alla dorsi flessione del piede) è specifico Accertamento e valutazioni diagnostiche: -Esame obiettivo degli arti valutando dolore, senso di pesantezza, eventuali alterazioni funzionali, gonfiore delle caviglie, edema, asimmetrie di circonferenza degli arti inferiori misurate a livello di cosce e caviglia, aumento di T°C, presenza di eritemi. Prevenzione: -uso di calze elastiche -strumenti per la compressione intermittente -assunzione specifiche posizioni -esecuzione esercizi -somministrazione eparina non frazionata a basso peso molecolare Sintesi sull’EMBOLIA POLMONARE Medicina d’urgenza- Calvo Pneumologia- Ricciardolo Embolia polmonare: è l’ostruzione di una parte dell’albero vascolare polmonare (perlopiù dell’arteria polmonare o di uno dei suoi rami) causato da un trombo che origina nel sistema venoso o nella parte destra del cuore. È la principale conseguenza della TVP. →Migrazione di una massa solida, liquida o gassosa di dimensioni varie (embolo) da una sede periferica attraverso una vena sistemica o dal cuore destro in un vaso del circolo arterioso polmonare con interruzione improvvisa totale o parziale del flusso di sangue che può determinare: 1)alterazioni respiratorie: effetto spazio morto (zone alveolari ventilate ma non perfuse), 2)alterazioni circolatorie: riduzione del letto arterioso polmonare, ipertensione polmonare, cuore polmonare acuto, calo della gittata cardiaca, ipotensione arteriosa sistemica, diminuzione della portata coronarica, 3)infarto polmonare emorragico. Eziologia: Può essere trombotica e non trombotica: •Trombotica: autoctona (trombo a localizzazione polmonare), periferica (complicanza di una Trombosi Venosa Profonda) o cardiaca (fibrillazione atriale) •Non trombotica: gassosa o liquida (midollo osseo nelle fratture del bacino) Embolia polmonare non trombotica Le embolie di grasso o di altro materiale solido hanno le stesse conseguenze del coagulo ematico embolico mentre le embolie gassose determinano sintomi acuti e fugaci che talvolta possono anche essere molto gravi in rapporto alla quantità d' aria presente nel circolo venoso. Embolia adiposa. E' la forma più frequente tra le embolie polmonari non trombotiche. Si verifica a seguito di una frattura delle ossa lunghe (femore, tibia), ma talvolta anche dopo un trauma del tessuto adiposo o del fegato infiltrato di grasso. E' caratteristico un intervallo libero di 24-72 ore dal trauma, improvvisamente compaiono: irritabilità, confusione mentale, delirio fino al coma, dispnea, tachicardia, tachipnea e quadro clinico-radiologico di ARDS, si osservano petecchie sulla parte superiore del torace e sulle braccia per la comparsa di una trombocitopenia, frequenti sono l' anemia, l' ipocalcemia e la DIC. La mortalità è del 10%. Embolia da liquido amniotico. E' possibile alla fine del primo stadio del parto. Si presenta improvvisamente con grave dispnea, cianosi, ipotensione arteriosa, shock circolatorio, convulsioni tonico-cloniche, coma. La mortalità è dell' 86%. Embolia gassosa:Cause: complicanze neurochirurgiche, taglio cesareo, cateterismo cardiaco, circolazione extracorporea, pneumotorac, rapida risalita dopo immersioni subacquee.Sono necessarie grandi quantità di aria per avere effetti letali (5-15 ml/Kg). Sospettare la diagnosi nei pazienti con dispnea, cianosi, shock circolatorio, convulsioni, paresi, coma. Semeiologicamente va ricordato un improvviso rumore idroaereo di gorgogliamento intratoracico. La mortalità è elevata. Embolia settica. E' il quadro clinico più comune nel paziente con endocardite destra ed infezione persistente. Epidemiologia: Colpisce 60-70/ 100 000, con una mortalità del 30% se non trattata; l’embolia polmonare è una patologia frequente, spesso associata a trami, interventi chirurgici (ortopedici perlopiù, chirurgia addominale maggiore, pelvica, ginecologica) gravidanza, scompenso cardiaco, età >50 aa, stati di ipercoagulabilità e immobilità prolungata. Può verificarsi anche in una persona apparentemente sana.É rara sotto i 40 anni. Fisiopatologia: Nella maggior parte dei casi, l’embolia polmonare è dovuta a un coagulo di sangue o a un trombo che, prodottasi negli arti inferiori o nella pelvi è embolizzato verso i polmoni, tuttavia esistono altri tipi di emboli: aria, grasso, liquido amniotico e settici (da invasione batterica del trombo). Sebbene la maggior parte dei trombi abbia origine nelle vene profonde degli arti inferiori, altre fonti di trombi sono le vene pelviche e l’atrio destro del cuore. Una trombosi venosa può essere provocata da un rallentamento del flusso sanguigno(stasi venos a=, in conseguenza di un danno alla parete vascolare o da alterazioni dei meccanismi di coagulazione del sangue. Anche la fibrillazione atriale può essere causa di EP: un atrio destro fibrillante e dilatato provoca il ristagno del sangue e la formazione di coaguli al suo interno, che tendono poi a migrare nella circolazione polmonare. Quando un trombo ostruisce completamente o parzialmente un’arteria polmonare o isuoi rami, vi è un aumento dello spazio morto alveolare, perché l’area benché continui ad essere ventilata riceve un flusso ematico scarso o nullo; gli scambi gassosi sono quindi compromessi o assenti. Quindi il coagulo rilascia diverse sostanze nell’area circostante, determinando vasocostrizione locale e bronco costrizione; ciò determina un aumento delle resistenze polmonari e alterazioni del rapporto ventilazione-perfusione. Le conseguenze emodinamiche sono un aumento delle resistenze vascolari polmonari dovute alla vasocostrizione locale e alla riduzione dell’ampiezza del letto vascolare polmonare, che provoca un aumento della pressione arteriosa polmonare e, di conseguenza, un aumento del lavoro ventricolare destro x mantenere il flusso polmonare. Quando le richieste di lavoro del ventricolo dx eccedono la sua capacità, si verifica l’insufficienza ventricolare dx che produce una diminuzione della GC, seguita da una diminuzione della Pa e dallo scompenso cardiocircolatorio acuto =shock. Cause: deficit di proteina C, deficit di proteina S, deficit di antitrombina III, storie di precedente tromboflebite, vascolopatia, immobilizzazione prolungata, periodi prolungati in posizione seduta o lunghi viaggi (Economy Class Syndrome), vene varicose, diabete mellito, età avanzata, obesità, uso di contraccettivi orali, abbigliamento costrittivo, ipercoagulabilità. Anatomo-patologia: .Embolia polmonare acuta Massiva: interessa almeno 2 rami lobari e il 50% del letto vascolare polmonare. Si manifesta clinicamente con shock circolatorio o arresto cardiaco .Embolia polmonare acuta Submassiva:interessa almeno un segmento polmonare e il 30-40% del letto vascolare Classificazione clinica: Ep stabile, submassiva→Dispnea persistente o recidivante; sincope Ep instabile, massiva→Ipotensione assoluta/relativa (PAS<90 mmHg o ↓ PAS ≥ 40 mmHg, + 15 min)+ Shock cardiogeno o necessità infusione catecolamine + Arresto cardiorespiratorio Manifestazioni cliniche: -segni: tachipnea, tachicardia, segni di TVP, febbre, cianosi, ipotensione, shock -sintomi: dispnea, dolore precordiale violento "a colpo di pugnale", oppressivo, accompagnato a senso di angoscia, o dolore epigastrico (ischemia del ventricolo destro per cuore polmonare acuto, ipotensione arteriosa, ridotta portata coronarica), tosse emottisi, sincope Attraverso lo Score di Wells ottengo la probabilità di avere sotto gli occhi una TVP con sviluppo in EP. Vi sono 7 diverse variabili; la TVP è poco probabile se lo score è <2, mediamente probabile se compreso fra 2 e 6, molto probabile se >6. Diagnosi strumentale: -Ega: quadro di Ipossiemia-Ipocapnia (Pa O2 < 80 mmHg, PaCO2 >100 mmHg)con alcalosi respiratoria con compresente acidosi metabolica conseguenti all’iperventilazione. La gravità dell’ ipossia correla con la gravità e l’ estensione dell’ embolia polmonare . -Elettrocardiogramma:è utile per escludere un IMA; in caso di embolia massiva mostra il pattern S1Q3T3, (onda S in D1, onda Q in D3 e inversione dell’onda T in D3), il segno di cor pulmunare acuto; si può avere inversione di T in anteriore (diagnosi differenziale con IMA), può esservi tachicardia e bbdx incompleto. -Rx torace: rilevamento di aree di necrosi polmonare dalla caratteristica forma ‘’a cuneo’’ (apice diretto verso la carena e base verso la parete toracica)_ Segno di Westermark: ipertrasparenza del territorio ischemico (oligoemia regionale) _ Segno di Palla (o segno della nocca) : abnorme dilatazione dell’arteria polmonare in sede ilare con brusco restringimento del tratto a valle_Riduzione del volume polmonare (consegue a difetto di surfattante da ridotta perfusione polmonare). Gobba di Hampton : si forma in caso di infarto; area di tenue opacità alveolare piramidale a contorni sfumati (spesso in sede media o basale), normalmente subpleurica e con apice verso l’ilo; si manifesta a distanza dall’evento embolico.Nota: non c’è broncogramma aereo –> diagnosi differenziale con la polmonite). Spesso accompagnata da versamento pleurico -Dosaggio D-dimero (misurato con metodica ELISA):prodotto di degradazione della fibrina (indice del fatto che sta avvenendo la lisi di un trombo), derivante dall’attivazione dei processi di coagulazione e fibrinolisi. Si tratta di un test molto sensibile (95%) (valori < 500 microg/L sono associati a bassa probabilità clinica e permettono di escludere l’EP),ma poco specifico (50%), risulta elevato anche in gravidanza, in stati infiammatori, in persone anziane o in pz. neoplastici.Con alti livelli di D-dimero, in genere, si procede ad un Eco-Doppler degli arti inferiori alla ricerca di segni di TVP.Va ricercato quando il sospetto di EP è basso,allora il D-dimero aiuta ad escludere.É inutile nei casi di alta probabilità, perché non modifica l’iter diagnostico. -Tc spirale con Mdc: Visualizzazione dei tronchi arteriosi polmonari principali, segmentari e subsegmentari mediante somministrazione di mezzo di contrasto iodato. Sensibilità variabile (90% trombi prossimali 71-84% trombi segmentari)Non esclude l’EP nei pazienti a probabilità medio-alta se negativa. É un esame di prima scelta -Angiografia polmonare :Prevede l’introduzione nell’albero arterioso polmonare di mezzo di contrasto. é il gold standard per la diagnosi di embolia polmonare. È riservata a quei pz nei quali gli esami di laboratorio e gli esami non invasivi non sono conclusivi per la diagnosi-Tecnica non sempre disponibile, invasiva, espone a radiazioni, possibili gravi complicazioni (1.5%, mortali 0.1%) Controindicazioni: allergia al mezzo di contrasto, insufficienza renale grave, scompenso cardiaco congestizio grave, piastrinopenia importante, aritmie -Scintigrafia polmonare (ventilatoria/perfusoria): non permette una visione diretta del trombo, ma esplica le conseguenze dell’occlusione sulla ventilazione e perfusione polmonare. Alta specificità (> 95%) Bassa sensibilità (< 50%).Necessità di compliance del paziente per la fase ventilatoria -Ecocardiografia:valutazione della funzionalità cardiaca (frazione di eiezione, volume ventricolare…)alla ricerca di segni di sovraccarico destro (più che per la diagnosi ci serve per valutare il rischio del pz di andare in contro a complicanze in futuro) Ci dice se c’è disfunzione del Ventricolo DX con rischio di sviluppare shock cardiogeno. Si individuano così i pz a rischio di morte intra-ospedaliera.é una tecnica non invasiva e rapida, eseguibile anche in DEA. Trattamento embolia polmonare in emergenza: -reperimento accesso venoso periferico per somministrazione liquidi e farmaci necessari. Somministrare cristalloidi/colloidi 500 ml in bolo in 20 minuti. -O2terapia con obiettivo SpO2 >90% con Ventimask per alleviare l’ipossiemia, l’insufficienza respiratoria e la cianosi centrale -venogo effettuate una scintigrafia perfusionale, un EGA; si può eseguire una Tc spirale o un’angiografia polmonare. -L’ipotensione viene trattata mediante l’infusione di dobutamina che ha un effetto vasodilatatore sui vasi polmonari e sui bronchi, o di dopamina. -ECG viene motniroato in continuo per l’insorgenza di artimie cardiache o di insufficienza ventricolare dx -se opportuno somministrare diuretici ev e farmaci antiaritmici -Si procede al prelievo per valutare gli elettroliti plasmatici, un emocromo completo e l’ematocrito. -Eparina sodica, somministrata precocemente nel sospetto di TEP in attesa della conferma diagnostica per prevenire l' estensione dei trombi e proteggere il paziente dalle recidive di embolia in un paziente NON CRITICO.Viene somministra EV o sottocute.Se è eparina a basso peso molecolare non devo monitorizzare il PTT.Alla conferma diagnostica, dopo 24 ore di infusione eparinica si embrica il Warfarin, 10 mg per os per 2-4 giorni, aggiustare la dose fino a che l' INR sia stabilmente su valori di 2-3 e sospendere l'eparina. Il trattamento con dicumarolici va continuato per 3-6 mesi per ridurre significativamente il rischio di recidiva trombo embolica. -Se l’accertamento clinico e l’EGA ne indicano la necessità, la persona viene intubata e collegata a un ventilatore meccanico. -Se si è verificata embolia massiva e la persona è ipotesa, s’inserisce un catetere vescicale a permanenza x monitorare la diuresi. -Vengono somministrate piccole dosi di morfina o sedativi per via EV per alleviare l’ansia, ridurre il dolore al torace, migliorare la tolleranza del tubo endotracheale. Trattamento embolia polmonare preospedaliero: .Se paziente emodinamicamente è stabile e la diagnosi è probabile EPARINA CALCICA 5000 U in bolo ev .Se paziente in shock o addirittura in PEA e diagnosi sicura/fortemente sospetta TROMBOLISI SISTEMICA (Terapia antitrombotica basata sulla somministrazione di farmaci in grado di lisare un trombo formatosi all’interno del distretto arterioso dei vasi con conseguente ricanalizzazione/riperfusione del vaso interessato.Si somministrano treptochinasi, l’urochinasi e l’attivatore tissutale del plasminogeno.) ALTEPLASE 0.6 mg/Kg in bolo ( max 50 mg) Controindicazioni alla trombolisi: Recente sanguinamento intracranico spontaneo Sanguinamento addominale Intervento chirurgico o puntura di vaso non compressibile da meno di 10 gg Ictus ischemico da meno di 2 mesi Sanguinamento gastroenterico da meno di 10 gg Trauma importante da meno di 15 gg Intervento neurochirurgico o oftalmico da meno di 1 mese Recente crisi ipertensiva Recente RCP Gravidanza Trattamento chirurgico: embolectomia chirurgica (a cielo aperto o percutanea) indicazioni: EP acuta e massiva in pazienti con controindicazioni alla trombolisi, assenza di risposta alla terapia medica e trombolitica, tromboembolismo cronico da trombi in arteria polmonare filtri venosi cavali (permanenti o temporanei) indicazioni: controindicazione assoluta alla terapia anticoagulante e/o trombolitica, EP ricorrente nonostante trattamento anticoagulante o trombolitico, gravi emorragie in corso di terapia anticoagulante FlowChart per diagnosi di EMBOLIA POLMONARE: Anamnesi+ Esame obiettivo+ECG+RX torace. Esecuzione D-dimero: D-dimero normale→altra diagnosi D dimero aumentato→TC spirale o scintigrafia polmonare perfusionale: se negativa→altra diagnosi se positiva→trattamento se dubbia→ ECO doppler.Se EcoD negativo considerare l’angiografia polmonare, se positivo→trattamento.