Disturbi di Apprendimento DISTURBI SPECIFICI: • Dislessia • Disgrafia • Disortografia • Discalculia • Disturbo di comprensione del testo • Disprassia • Disturbo di attenzione con iperattività Disturbi di Apprendimento DISTURBI NON SPECIFICI • Ritardo mentale • Varie forme di deficit intellettivo • Disturbi comportamentali e della condotta • Disagio Scolastico da cause sociofamiliari, psicologiche, deprivazione etc. I Disturbi Specifici (DSA) I DSA sono disturbi funzionali che derivano da una peculiare architettura neuropsicologica del soggetto che provoca difficoltà nell’acquisizione e nella stabilizzazione di alcuni processi di identificazione e scrittura delle parole e dei numeri. Questi disturbi sono quasi sempre di natura congenita ed oggi sono note anche basi genetiche che determinano spesso la trasmissione familiare del disturbo. I Disturbi Specifici (DSA) • Non sono il risultato di altre patologie neurologiche o di problemi sensoriali (uditivi, visivi, etc) o di disturbi psicologici ed emozionali • Il disturbo è limitato ad uno o più “moduli” • I risultati del bambino in test standardizzati specifici sono significativamente al di sotto di quanto previsto in base all’età, all’istruzione e al livello intellettivo • Molto spesso i DSA sono variamente associati fra loro. Definizione di dislessia • La dislessia è una disabilità specifica dell’apprendimento di origine neurobiologica. Essa è caratterizzata dalla difficoltà ad effettuare una lettura accurata e/o fluente e da scarsa abilità nella scrittura e nella decodifica. Queste difficoltà derivano tipicamente da un deficit della componente fonologica del linguaggio, che è spesso inattesa in rapporto alle altre abilità cognitive e alla garanzia di un’adeguata istruzione scolastica. • Conseguenze secondarie possono includere i problemi di comprensione nella lettura e una ridotta pratica della lettura, che può impedire la crescita del vocabolario e della conoscenza generale. ECCO IL BAMBINO… Un giorno, un bambino incontrò la scuola e la codifica/decodifica dei segni che la maestra ed i genitori chiamano scrittura e che servono per leggere, scrivere e fare i conti. ma si accorse che per lui era difficile decifrare quei segni … ma decifrare quei segni era ciò che gli adulti si attendevano da lui … e più fosse stato in grado di decifrare quei segni, più sarebbe stato chiamato bravo e si sarebbe sentito bravo … … e avrebbe vissuto la sua competenza con la gioia di apprendere. … ma lui non era bravo ED allora … … magari inizia a girare per la classe … magari diventa disinteressato … magari fa il buffone … magari si chiude in sé … magari inizia a disturbare … magari si specializza in un ruolo LA PAROLA ALL’ADULTO • Cosa può accadere ad un bambino per definizione intelligente che deve vivere con una difficoltà nuova per lui e per gli altri intorno a lui, fastidiosa e che non può essere celata? Cosa può accadere? Il bambino si accorge di non saper fare come gli altri: è difficile per lui creare i presupposti per adire una positiva stabile autostima che deriva dal vissuto di competenza nel ruolo ed iniziano ad abbassarsi le aspettative sull’apprendimento e la vita scolastica diventa un’esperienza sgradevole. Nel frattempo la scuola ha iniziato ad interrogarsi sul “cosa c’è” e sul “che fare”, si modificano le proposte didattiche, si cercano le possibili soluzioni pedagogiche, iniziano le richieste agli esperti La famiglia non comprende cosa stia accadendo a quel bambino che nei loro progetti… Gli esperti cercano di fornire risposte con gli strumenti messi a loro disposizione… … Ma quel bambino cosa penserà di sé? e su cosa dovrà costruire la stima di sé ? (e la sua rabbia dove andrà?) ma gli adulti significativi penseranno Che lui/ei è un dislessico oppure ha/vive un problema dislessico? • Pensare quindi a quel bambino con quel problema significa pensare anche in qual modo quel problema che lui vive può influenzare la formazione della personalità ed agire sulla rete di rapporti che egli vive, in famiglia, nella scuola, nella vita sociale Parole chiave • Autostima • Autoefficacia DISLESSIA E AUTOSTIMA la dislessia si accompagna a problemi emotivi e comportamentali di diversa espressione: il DSM IV elenca tra le manifestazioni e i sintomi associati ai disturbi dell’apprendimento “demoralizzazione, scarsa autostima, deficit nelle capacità sociali”. I soggetti con disturbi specifici dell’apprendimento presentano “atteggiamenti, vissuti e sintomi di tipo depressivo”, conseguenti all’amplificazione dell’insuccesso scolastico e alla formazione di idee di autosvalutazione Un’alta percentuale di soggetti abbandona la scuola, riporta difficoltà di adattamento sociale, lavorativo etc… Esiste il rischio di sottovalutare la portata dei problemi psicopatologici che compaiono nel quadro clinico dei DSA: la depressione, frequente nelle bambine, i disturbi d’ansia, in percentuali simili tra i due sessi; i disturbi di esternalizzazione, con prevalenza maggiore tra i maschi, nello specifico i disturbi della condotta e i disturbi oppositivo‐provocatori. Sarebbe particolarmente ricorrente l’associazione con il disturbo da deficit dell’attenzione, con o senza iperattività. L’età, oltre al genere, sembra essere una variabile collegata con il tipo di espressione del disagio: nella fascia di età compresa tra i nove e i dodici anni tenderebbero a prevalere i disturbi di internalizzazione, mentre al di sotto dei nove anni il disagio si esprimerebbe come disturbi del comportamento. I disturbi specifici di apprendimento generano quasi necessariamente disagio, poiché l’insuccesso sperimentato dal soggetto si accompagna “alle rappresentazioni sociali” della difficoltà scolastica che vanno a ricadere sull’attività interattiva con il gruppo dei pari e con gli adulti significativi. Lo sviluppo di una forma di psicopatologia non è un esito inevitabile,variabili importanti risultano essere: •la segnalazione precoce; •una presa incarico terapeutica valida e continuativa; •l’organizzazione della personalità; •il ruolo che i DSA vengono ad assumere nel processo di identificazione; •le variabili familiari. Anche quando non si possa parlare di una situazione di franca psicopatologia, è tuttavia di comune e comprensibile riscontro la sofferenza che deriva dal non sentirsi come gli altri, dallo scacco tra le abilità cognitive generali e le difficoltà incontrate in qualsiasi compito che coinvolge la lettura e la scrittura. L’esperienza dell’insuccesso e la valutazione che ne segue può avere ricadute sulla considerazione che il soggetto ha di sé; sembra fuori luogo dare per scontato che il bambino sviluppi, senza aiuti validi, una idea favorevole di ciò che sa fare, della propria abilità e della propria possibilità di interagire con l’ambiente, in una parola un’autostima positiva, poiché il “self concept” può essere messo alla prova in alcuni ambiti. Sembra perciò importante affrontare il delicato problema di quali sono le ricadute della dislessia con lo sviluppo di stili di risposta appresi. Cornice concettuale Prospettiva cognitivo‐comportamentale Valutazione del Sé‐percepito di un individuo operata attraverso un confronto con il Sé‐ideale Sé‐ideale immagine delle abilità, qualità o caratteristiche che il soggetto desidererebbe avere(struttura motivazionale‐ identitaria) Sé‐percepito percezione che il soggetto ha delle abilità, qualità, caratteristiche che possiede(autoefficacia) L’autostima si può definire come DIFFERENZA tra Sé‐ideale e Sé‐percepito Autostima alta limitata differenza tra Sé‐ideale e Sé‐percepito (Es.Un ragazzo che dà un alto valore al successo scolastico e ottiene buoni risultati_) Autostima alta L’autostima alta viene considerata una visione “sana”di sé: •se percepisce realisticamente pregi e difetti e non li valuta in modo ipercritico; •se la persona ha fiducia in sé e lavora per migliorare le proprie aree di debolezza, ma si “perdona”i propri fallimenti. Autostima bassa elevata differenza tra Sé‐ideale e Sé‐percepito (Es.Un ragazzo che desidera essere molto popolare ma che ha pochissimi amici) Autostima bassa L’autostima bassa può essere poco dannosa se influisce su poche aree del Sé. REAZIONI: •Esibire un comportamento di falsa sicurezza per dimostrare di “essere all’altezza” •Ritirarsi in se stessi ed evitare il contatto con gli altri con la convinzione di essere prima o poi rifiutati. AUTOSTIMA E AREE DEL SE’ L’autostima pur essendo considerata una caratteristica globale e unitaria è in realtà costituita da varie dimensioni, ossia da aree di esperienza della nostra vita. VISIONE MULTIDIMENSIONALE Pope et al. Distinguono quattro AREE FONDAMENTALI nella valutazione dell’autostima 1)AMBITO SOCIALE O INTERPERSONALE (Es. rapporti di amicizia tra pari) Percezione del bambino rispetto a se stesso come amico degli altriEs.Gli altri mi trovano simpatico?Apprezzano le mie idee?Mi fanno partecipare alle loro attività 2)AMBITO SCOLASTICO Percezione di se stesso come studente Es.Sono bravo in maniera adeguata (rispetto ai miei compagni, a quanto mi viene richiesto dagli insegnanti, a quello che desiderano i miei genitori)? 3)AMBITO FAMILIARE Percezione di se stesso come componente della propria famigliaEs.Sono apprezzato in famiglia? Sono certo dell’amore dei miei genitori e dei miei fratelli? 4)AMBITO CORPOREO Percezione del proprio aspetto fisico e delle proprie capacitàEs.Sono soddisfatto del modo in cui il mio corpo appare e delle sue prestazioni? AUTOSTIMA GLOBALE Autovalutazione integrata di tutte le componenti del Sé (Es. Sono bravo…mi piace la maggior parte di me stesso) AUTOSTIMA E STILE ATTRIBUTIVO L’autostima è quindi strettamente collegata allo stile attributivo di una persona, ossia a quel processo cognitivo attraverso il quale si cerca di attribuire una causa agli eventi, di interpretare i fatti che si verificano nell’ambiente AUTOSTIMA E LOCUS OF CONTROL Le attribuzioni sono tendenzialmente di tipo: •INTERNO in caso di successo: riesco perché sono bravo, mi sono impegnato; •ESTERNO in caso di fallimento: non riesco perché sono stato sfortunato o perché il compito è difficile. AUTOSTIMA E STILE ATTRIBUTIVO Se attribuisco la responsabilità del mio insuccesso a una situazione specifica, sulla quale ho un certo controllo(es. poco studio) la mia autostima non ne risulterà necessariamente compromessa. Se invece attribuisco l’insuccesso a una causa globale, fuori dal mio controllo(es. per la matematica sono negato, non sono intelligente)la percezione di me stesso sarà molto negativa con una forte incidenza sulla mia autostima Performance scolastica e autostima si trovano quindi in un rapporto interattivo • Ma quali strumenti personali può mettere in campo l’insegnante – o meglio, il corpo docente ‐ per far sì che il percorso scolastico del suo alunno sia costellato il meno possibile da insuccessi e fallimenti che inevitabilmente avranno ripercussione sul vissuto di sé ? PENSO SIA IL CASO DI INTRODURRE UN CONCETTO CHE PUÒ ESSERCI UTILE La resilienza • Il termine “resilienza” indica la proprietà dei materiali di resistere agli urti senza spezzarsi (Vocabolario Garzanti). Nella letteratura psicologica e sociologica, questo concetto è utilizzato per indicare la capacità di un individuo di resistere con successo a situazioni avverse, imparando a sviluppare competenze a partire dalle difficoltà e rafforzando la fiducia in sé e nel proprio agire Definizioni del concetto di resilienza • Qualità che aiuta gli individui o le comunità a resistere e a superare le avversità Newman e Blackburn (2002) • Processo positivo di adattamento nonostante presenza di rischi e difficoltà. Masten (1994) • Competenza che si esprime nel contesto di sfide significative all’adattamento e allo sviluppo Masten e Coatsworth (1998) • Indica la capacità umana universale di affrontare, superare e addirittura uscire rinforzati da esperienze negative. La resilienza può essere individuata a livello della persona, di un gruppo e di una comunità e fortifica le capacità vitali di coloro che ne sono coinvolti. Grotberg (1995) • Adattamento positivo in risposta alle avversità Waller, (2001) Come si evince da queste definizioni, la resilienza indica un aspetto fondamentale per tutti gli esseri umani: la capacità di fronteggiare situazioni di crisi attivando energie e risorse al fine di proseguire lungo una traiettoria di crescita. Un punto particolarmente significativo è che la resilienza non viene intesa come una qualità statica, bensì come il risultato di un’interazione dinamica fra l’individuo e l’ambiente. Come altre abilità, la resilienza può essere acquisita attraverso un processo di apprendimento che deve essere sostenuto e incoraggiato dalle istituzioni formative. L’educazione alla resilienza comporta il potenziamento di competenze e costituisce pertanto uno strumento primario di prevenzione del disagio psicopatologico e sociale FATTORI CHE PROMUOVONO LA RESILIENZA: A‐ l’esistenza di un legame significativo con un adulto, non necessariamente un genitore o un congiunto, in grado di sostenere e accompagnare il giovane nei momenti di difficoltà; B‐ l’appartenenza a un gruppo che assicuri un livello adeguato di sostegno sociale, anche attraverso il riconoscimento delle capacità di ruolo; C‐ la capacità di cogliere un significato e una direzione nelle proprie esperienze, sottraendole a un vissuto di caos e di destino inesorabile; D‐ la percezione di un senso profondo del valore di sé come persona Cosa accade allora ? • Allorché i bambini hanno sviluppato una serie di idee su come sono, è probabile che comincino a comportarsi con maggiore frequenza in modi conformi al proprio concetto di sé, provocando negli altri feedback tali da avvalorare ulteriormente l’immagine che di se stessi si sono creati • In questo modo il giudizio degli altri diventa una profezia che si autoavvera riguardo al concetto di sé del bambino e al suo comportamento • Le frustrazioni conseguenti alle difficoltà di apprendimento possono ridurre il livello di autostima del bambino e aumentare il rischio di disturbi emotivi‐psicologici: ansia, enuresi, disturbi oppositivo‐provocatori e della condotta, instabilità psicomotoria, depressione … Ed allora l’adulto cosa può fare ? Promuovere l’autostima: linee di intervento Approccio psicologico cognitivo‐comportamentale: •Intervenire sull’individuo e sui suoi processi cognitivi attraverso: 1.Il problem‐solving interpersonale (es. aiutare il bambino a rendersi conto che c’è un problema; a fermarsi a pensare; a decidere un obiettivo; a pensare alle soluzioni possibili; a pensare alle conseguenze di ciascuna soluzione; a scegliere la soluzione migliore) Promuovere l’autostima: linee di intervento 2.Il dialogo interno(es. aiutare i bambini a monitorare se stessi –osservare le loro attivitàmentali “interne”, come la tendenza a pensare a se stessi in modo autosvalutante; insegnare loro a valutare il proprio comportamento manifesto o non manifesto, cioèdeterminare se i loro pensieri o comportamenti si conformano a certi standard; istruire i bambini a rinforzare se stessi per il loro comportamento) Promuovere l’autostima: linee di intervento 3.Lo stile di attribuzione(es. aiutare il bambino a comprendere cosa sono le attribuzioni e come tali autoaffermazioni influenzino il dialogo interno e molti altri ambiti del funzionamento psicologico) 4.L’autocontrollo(es.fornire al bambino alcuni esempi di situazioni che richiedono l’autocontrollo; parlare loro delle regole; rendere i bambini consapevoli che esistono delle convenzioni sociali (script); parlare dell’importanza di fare progetti e portarli a termine) Promuovere l’autostima: linee di intervento 5.La modificazione degli standard cognitivi(es. incoraggiare il bambino a usare i pensieri autocritici e gli stati emotivi spiacevoli come segnali interni per capire che necessita di modificare gli standard) 6.La comprensione interpersonale (es. aiutare il bambino a tener conto delle percezioni, dei sentimenti e dei pensieri altrui) Promuovere l’autostima: linee di intervento 7.Le abilità di comunicazione(es. insegnare al bambino le abilità di comunicazione fungendo da “modello”, esemplificando l’abilità per il bambino; fornire un feedback circa l’esecuzione dell’abilità; discutere di eventuali difficoltà e suggerire delle modalità di problem‐solving per gestirle) 8. L’immagine corporea (es. aiutare il bambino a rendersi conto di come viene percepito dagli altri e delle potenziali conseguenze del suo comportamento). TENTARE DI AIUTARE NEL • Restituire significato alla sofferenza • Evitare che si cristallizzi una reazione di difesa dovuta alla ferita insanabile della propria identità • Evitare l’instaurarsi di una dinamica di vergogna, colpa, rifiuto che può pregiudicare anche l’accettazione di ogni aiuto • Favorire nel ragazzo una consapevolezza precoce • Incoraggiare a sperimentare la capacità di agire sulla realtà esterna per modificarla • Favorire lo sviluppo di un senso di autoefficacia e di competenza per recuperare uno sviluppo armonico pur conservando aree di vulnerabili Conclusioni ‐ Prognosi Buone capacità cognitive Comprensione da parte dell’ambiente del disturbo Adeguato atteggiamento psicologico Precocità dell’intervento Buon equilibrio didattico Pentagono di Critchley