Per descrivere meglio il complesso rapporto tra giovani

Per descrivere meglio il complesso rapporto tra giovani e società dell’estetica, società dell’immagine e del brand, capire il fenomeno
dell’Omologazione giovanile , la perdita di autostima che da questi fenomeni ne deriva, esplorandone più da vicino le cause, le implicazioni
socio-culturali e i conflitti disetici che lo animano, abbiamo chiesto il parere della
Dott.ssa Chiara Facchetti, psicologa esperta in diagnosi e cura delle principali problematiche psicologiche e relazionali dell’adolescente
e dell’età infantile.
“Io non credo che tutti i gruppi di coetanei siano così selettivi verso chi non ha le stesse possibilità economiche: tuttavia lo scegliere un gruppo di
amici così diversi da sé potrebbe già essere un segnale di sottile disagio: perché altrimenti una persona dovrebbe sentire l’esigenza di
assomigliare a chi è così lontano da sé, mettendo in campo anche così grandi dispendi di energia e denaro? Anche nella scelta dei coetanei
rientra in qualche modo l’indice di autostima che si possiede: se io non mi piaccio, cercherò di frequentare chi io vedo come un modello a cui
sperare di assomigliare, e farò di tutto per farmi accettare da esso, per avere la dimostrazione che qualcosa, in fondo, valgo anche io.
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La scarsa autostima, l’incapacità a trovare relazioni amicali e affettive realmente di supporto, la solitudine sono tutti aspetti che possono essere
curati con una consulenza psicologica o con una terapia, e la persona può imparare per lo meno a conoscere questi lati di sé, per imparare a
farci i conti e a gestirli nella maniera migliore possibile. Le dipendenze, il bullismo, sono tutte manifestazioni di profondo disagio, di problemi
psicologici che assolutamente vanno presi in considerazione e non sottovalutati: in questo senso la “noia” non centra nulla, anzi, questi ragazzi
così sofferenti non sono annoiati, sono sofferenti ma immersi in un ambiente (famigliare, scolastico, sociale) che troppo spesso non riesce a
vedere la loro sofferenza. Tale sofferenza non vista può prendere due strade, o venire “sputata fuori” attraverso il bullismo, la violenza sugli altri, i
comportamenti aggressivi, o rivolta verso di sé, con le condotte che feriscono il corpo e lo spirito della persona. E’ importante dire che quando
una persona pensa di soffrire di questi disturbi, l’unica cosa che può fare è chiedere aiuto e iniziare un percorso di terapia, dato che ci sono livelli
di sofferenza che, purtroppo e per quanto sia doloroso ammetterlo, da soli non scendono.”
In base alla sua esperienza quale valore attribuiscono i ragazzi all’immagine e quale al denaro? Come sappiamo i nostri giovani hanno
eletto a status symbol generazionali oggetti come il lucchetto di Moccia, il videofonino, il tablet, il blog, l’MP3, il tatuaggio, la borsa
firmata, gli occhialoni griffati ecc. Tutti oggetti percepiti come indispensabile impalcatura di autostima. Come attribuendo a questi
oggetti un potere taumaturgico sulla personalità, spesso col fine di riempire un vuoto sostanziale e doloroso. C’è insomma una
domanda di identità che proviene dai nostri giovani. Ma cosa cercano i nostri ragazzi oggi? Come superare la logica ossessiva del
possesso accettazione? Ha suggerimenti da dare ai nostri ragazzi?
Vittime del Fashion
“Secondo me occorre fare una distinzione, tra un bisogno di omologazione e di possesso “sano” e un bisogno esasperato e che, come Lei
diceva, nasconde un profondo vuoto di autostima e di conoscenza del proprio valore come persone. Quando si è giovani, soprattutto nella fase
dell’adolescenza, è normale sentire l’esigenza di omologarsi ai coetanei, magari anche partendo dal modo di vestire e dagli oggetti di cui ci si
circonda. Il compito di quest’età è infatti quello di staccarsi dai genitori e dall’immagine di bambini che questi ultimi hanno di noi, per costruire
piano piano una propria identità autonoma di giovani adulti: è normale che questo compito passi anche proprio dalle cose materiali di cui
l’adolescente si circonda, perché essi sono proprio i primi segnali del manifestarsi della propria autonomia decisionale e di scelta…un po’ come
dire “non accetto più di vestirmi come vuole mamma, ma scelgo io”, e infatti non è un caso che spesso gli adolescenti non scelgono un look o un
accessorio a caso, ma cercano di assomigliare ai coetanei che frequentano, un po’ come se questo fosse un segnale del fatto che anche loro
fanno parte di quel gruppo, e non sono più solo “figli”. Altra cosa è invece la ricerca spasmodica di oggetti alla moda, che serve per colmare un
profondo vuoto di autostima e di valore personale: in questo caso si può arrivare addirittura ad avere un disturbo da dipendenza da shopping e
dagli oggetti materiali, e l’unico consiglio in questi casi è quello di chiedere supporto ad uno psicologo, anche semplicemente per una breve
consulenza che aiuti a fare chiarezza e a capire da dove arriva questo bisogno di possedere oggetti, abiti e status symbol.”
Siamo una generazione digitale, iper connessa, social, multitasking che passa giornate in rete, spesso fino allo scollamento definitivo
con la realtà (nomadismo del web, protagonismo virtuale ecc). Pensiamo ai profili facebook fasulli, ai giochi che simulano vite
parallele, ai nick, agli avatar ecc.. Cosa si cela, nel caso dei giovani, dietro questa frattura tra realtà e virtualità? Ci si conosce in rete, ci
si innamora, flirta, spoglia, ci si prende e ci si lascia. Tutto on line. Come incidono questi surrogati di affettività sul comportamento dei
nostri ragazzi? Si condivide tutto, ma l’isolamento e la marginalizzazione in rete sono una triste realtà. Come cambiano i rapporti
nell’era 2.0?
Giovani e media
“La rete, come ogni cosa, ha pregi e difetti: permette a tutti di restare in contatto, ma è chiaro che se tale perenne connessione non è supportata
da un sentimento reale e “vivo”, l’esito è solo un’amicizia artificiale destinata ad estinguersi. La rete, connessa con l’overdose di status symbol di
cui si parlava precedentemente, può essere rischiosa nel senso che tende ad amplificare l’esibizione di “falsi sè”, cioè di identità false che la
persona si crea per nascondere – prima di tutto a se stessa, e di conseguenza poi agli altri – il vuoto di relazioni e di valore personale di cui
soffre. Allora vediamo casi di ragazzi che sviluppano vere e proprie dipendenze dallo shopping (di abiti, di ultimi ritrovati tecnologici, ecc), che
fingono letteralmente di frequentare posti e persone, e che poi mettono il tutto online, apparentemente senza fare nulla di diverso dai coetanei,
ma in realtà con lo scopo di rendere più reale la finta immagine di sé a cui questi ragazzi, disperatamente, si aggrappano.”
a cura di Matteo Napoli