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#Più Politica per Più crescita
Una nuova politica economica, tale da consentire un controllo democratico sull’economia di mercato.
Ripartire con una nuova governance industriale che assicuri un cambio di passo a tutte le politiche
economiche dei paesi europei: un patto europeo per l’industria che possa sostenere il rilancio
dell’economia.
Il Progetto europeo va rinforzato abbattendo tutte le barriere ancora esistenti che rallentano una piena
integrazione: tra tutte quella della compatibilità tra i sistemi fiscali dei vari Paesi, in grado di rimettere in
moto gli investimenti transfrontalieri. Bisogna promuovere un’equa e univoca fiscalità all’interno
dell’Unione europea per consentire ai cittadini di godere dei vantaggi che può offrire il mercato unico. La
Ue deve intensificare il suo impegno nell’assistere gli Stati membri a proporre misure concrete per evitare
e risolvere ai contribuenti problemi di natura tributaria, relativi a doppia imposizione, agli ostacoli al
commercio elettronico, alla revisione del sistema dell’IVA dell’UE.
La Banca Centrale Europea, oltre a controllare e gestire la moneta unica, deve esercitare una politica
monetaria in grado di difendere gli Stati membri sul terreno del commercio mondiale, ove da anni sia gli
Usa sia i paesi orientali attuano manovre speculative di svalutazione delle proprie monete, rendendo di
fatto l’Euro troppo forte a livello internazionale, con danno ai prodotti europei.
Pertanto l’azione và calibrata attraverso due fronti, di breve per avviare un meccanismo di moto perpetuo,
insomma che si auto alimenti, e un fronte di lungo fatto di negoziati che agiscono sulla struttura dell’attuale
impianto normativo europeo
Le azioni di breve periodo da avviare per attuare una più compiuta unità europea, in grado di incidere sulla
competitività dell’economia, è un nuovo Piano Marshall targato e gestito attraverso la Banca Europea per
gli Investimenti (BEI), per il rilancio della spesa per le infrastrutture, una spesa Keynesiana vasta quanto
quella attuata da Roosevelt nel New Deal. Insomma una misura “shock”, la quale darebbe un immediato
effetto sull’economia reale, rilanciando consumi e le nuove produzioni industriali. Il ruolo della BEI,
potrebbe essere potenziato attraverso un aumento di capitale, finanziato proporzionalmente dai singoli
stati.
Gli investimenti in piani infrastrutturali, infatti, darebbero un beneficio diretto alle PMI e alle comunità
locali e sarebbero, tra l’altro, esclusi dai rigidi vincoli del patto di stabilità.
Una revisione con caratteristiche “protettive” dell’area di libero scambio va sollecitata verso il made in
Europe.
Tale politica dovrebbe essere volta a rilanciare in maniera forte gli scambi commerciali all’interno dei singoli
Stati della comunità europea, incentivando gli stessi con benefici fiscali per i consumatori di tipo indiretto
attraverso sistemi di detrazioni, e pertanto non ravvisabili come strumenti protezionistici.
L’azione di lungo invece, andrà sicuramente avviata una rivisitazione dei Trattati con la previsione di una
graduale cessione di sovranità dei singoli Stati. Non esiste ancora una vera politica economica e finanziaria
unica: basti pensare che lo Statuto della Banca Centrale Europea, in circa 5.000 pagine descrive nei minimi
particolari ciò che l’istituto non può fare; mentre quello della Federal Reserve americana descrive i poteri e
gli obiettivi del Governatore in meno di 20 pagine!
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