CHIMICA, LEZIONE #2 Modello atomico di Bohr La principale critica che veniva mossa al modello atomico di Rutherford era perché l'elettrone, con carica negativa, quindi attratto dalla carica positiva del protone per forza elettrostatica o coulombiana, non collassasse sul nucleo. Per spiegare il motivo, si devono considerare gli studi del fisico Max Planck. Secondo la teoria di Planck (1900), un'onda elettromagnetica ha energia quantizzata. Questa energia è pari a: E=h*ν dove h è la costante di Planck, pari a 9.625 * 10-34 J*s, e ν (ni) è la frequenza dell'onda elettromagnetica. Su questa teoria fonda le basi la meccanica quantistica. Nel 1913 il danese Niels Bohr, dopo aver concluso gli studi del dottorato, si reca negli studi di Thomson e Rutherford per approfondire le sue conoscenze in materia. Bohr capì che non si possono applicare le leggi della fisica classica per modelli microscopici, come quello atomico. Iniziava così il campo della meccanica quantistica. In particolare Bohr, nell'applicazione della teoria di Planck, enuncia 2 postulati: 1) un elettrone in un'orbita stazionaria preferenziale non emette energia; 2) un elettrone emette, invece, energia in un'orbita eccitata. Un elettrone che viene eccitato passo in un'orbita che non è la sua preferenziale. Da questa posizione rilascia energia, pari a E = h * ν, fino a quando torna nella sua orbita preferenziale. L'energia emessa sarà pari alla differenza fra i due livelli energetici delle orbite. Esistono quindi vari livelli energetici in un atomo. Numeri quantici. Per descrivere questi livelli energetici si introduce il primo numero quantico, o numero quantico principale, indicato con n. Esso assume valori positivi interi a partire da 1. n = 1, 2, 3, … Nel 1915 Sommerfeld scoprì sperimentalmente che alcune orbite sono ellittiche. Da qui nasce la necessità di introdurre il secondo numero quantico, o numero quantico secondario, che descrive la forma dell'orbita. l = 0, … , n - 1 Vediamo alcuni casi: n=1 l=n–1=0 l=0 Orbitale sferico (s) n=2 l = 0, 1 l=1 Orbitale trilobato (p) n=3 l = 0, 1, 2 l=2 Orbitale pentalobato (d) n=4 l = 0, 1, 2, 3 l=3 Orbitale eptalobato (f) Il terzo numero quantico, o numero quantico magnetico, descrive la direzione dello spazio in cui è orientato l'orbitale. m = -l, … , +l l=0 m=0 Nessuna direzione (orbitale sferico, non ha senso parlare di direzione di una sfera) l=1 m = -1, 0, +1 3 direzioni (pz, py, px) l=2 m = -2, -1, 0, +1, +2 5 direzioni l = 3 m =-3, -2, -1, 0, +1, +2, +3 7 direzioni Nel 1924 Pauli enunciò il suo principio dell'esclusione, secondo cui in ogni orbitale possono essere contenuti solo 2 elettroni. Ma questi 2 elettroni avrebbero i 3 numeri quantici identici, non potendo essere identificati. Serve quindi introdurre un quarto numero quantico, o numero di spin. I due elettroni in ogni orbitale devono avere spin opposto (rotazione sul proprio asse), possiamo identificarli quindi come: ms = -1/2, +1/2 Dualismo onda-particella Il fisico Compton nel 1922, colpendo un elettrone con un'onda elettromagnetica, notò che l'elettrone veniva spostato dall'energia dell'onda. Nel 1924 De Broglie ipotizzò che l'onda elettromagnetica avesse proprietà sia ondulatorie che corpuscolari. Restava però da dimostrare che una particella potesse avere proprietà ondulatorie. E questo fu dimostrato da G. Thomson, figlio di J. J. Thomson, nel 1927. Un'emissione di elettroni in fasci paralleli colpisce uno schermo, nel quale vi è un foro. Dall'altra parte del foro notiamo che gli elettroni non sono più in fasci paralleli, ma si propagano secondo le regole di rifrazione delle onde. Veniva così dimostrato che anche gli elettroni hanno un comportamento ondulatorio. L'ipotesi di De Broglie era quindi verificata. Principio di indeterminazione Dal momento che un elettrone ha un comportamento ondulatorio, non è possibile determinare la sua direzione. Così nel 1927 Heisenberg enuncia il suo principio di indeterminazione: Non è possibile sapere nello stesso momento velocità e posizione di un elettrone. Si abbandona quindi il concetto di orbita e si introduce quello di orbitale: l'orbitale è la zona in cui vi è la massima probabilità (>95%) di trovare un elettrone. Equazione di Schrödinger L'orbitale è quindi descritto da una complessa equazione d'onda che viene detta equazione di Schrödinger, dal nome del suo formulatore. Ψ=EΨ ossia, l'operatore hamiltoniano della funzione d'onda è uguale all'energia (E = hν) per la funzione. Configurazione elettronica Per “sistemare” gli elettroni negli orbitali si segue il cosiddetto Principio dell'Aufbau (Aufbau in tedesco significa “riempimento”). • Gli elettroni occupano gli orbitali a energia inferiore disponibili; • Principio di esclusione (De Pauli, massimo 2 elettroni per orbitale con spin opposto); • Regola di Hund: gli elettroni con lo stesso contenuto energetico si dispongono isolatamente nel maggior numero di orbitali possibile; • Gli orbitali si riempiono per valori crescenti di energia. Per sapere quale orbitale si riempe dopo un altro, ci viene utile costruire il seguente schema e di seguire l'andamento delle frecce, da quella in 1s a seguire: A titolo esemplificativo, vedremo la configurazione elettronica di alcuni elementi. Carbonio ( C ) Titanio ( Ti ) Si definiscono elettroni di valenza gli elettroni del livello maggiore più gli eventuali elettroni degli orbitali inferiori non completi. Nel caso del carbonio abbiamo 4 elettroni di valenza. Nella configurazione del titanio 2 del quarto livello più 2 del terzo livello, non ancora completo, quindi 4 in totale.