Husserl - ABC Tribe

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Husserl
Vita, formazione, pensiero e opere con rispettiva spiegazione di Edmund
Husserl
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1. UN SECOLO IN
CRISI
2. LA
FENOMENOLOGIA
3. VITA
3.1. Le delusioni di
Husserl
3.2. Husserl filosofo
4. PENSIERO
4.1. Introduzione al
pensiero
4.2. Edmund Husserl e
la scienza moderna
4.2.1. Il riferimento a
Galilei
4.2.2. Riferimento a
Cartesio
4.2.3. La filosofia
moderna
4.3. La Fenomenologia
4.3.1. Cammino per
arrivare alla
fenomenologia
4.3.2. La conoscenza
4.3.3. Critica allo
psicologismo
4.3.4. Critica
all’antropologismo
4.3.5. Logicismo
4.3.6. Riduzione
fenomenologica
4.3.7. Il cogito
4.3.8. Epoché
4.3.8.1 Epoché
eidetica
4.3.8.2. Epoché
trascendentale
4.3.9. Intuizione
4.3.10. L'intenzionalità
4.3.10.1.
L’intenzionalità del
sentimento
4.3.10.2. Gli atti
emotivi
4.3.10.3.Intenzionalità
emotiva
4.4. Gli stati emotivi
4.5. La pulsione
4.6. Ideazione
4.7. La fenomenologia
genetica
5.OPERE
5.1. Filosofia aritmetica
5.2. L'idea della fenomenologia
5.3.Ricerche logiche
5.3.1. I Prolegomeni
5.3.2.Prima ricerca
5.3.3. Seconda ricerca
5.3.4. Terza ricerca
5.3.5. Quarta ricerca
5.3.6. Quinta ricerca
5.3.7. Sesta e ultima ricerca
5.4. Idee per una fenomenologia
pura e per una filosofia
fenomenologica
5.5. Fenomenologia e teoria della
conoscenza
5.6.Meditazioni cartesiane
5.7.La crisi delle scienze europee e la
fenomenologia trascendentale
6. BRANI ANTOLOGICI
6.1. Da "Ricerche logiche"
6.1.1. Introduzione
6.2. Da "Idee per una fenomenologia
pura e per una filosofia
fenomenologia"
6.2.1. Libro Primo
6.3.Da "Meditazoni cartesiane"
6.3.1.La Quinta meditazione
6.4.Da "La crisi delle scienze
europee"
6.4.1. Il paradosso della soggettività
umana, che è soggetto per il mondo
e insieme oggetto nel mondo
7. AFORISMI
8.CONFRONTI www.ABCtribe.com - la riproduzione non autorizzata è vietata in qualsiasi forma e modalità
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4.7.1. Il mondo della
vita
4.8. La riduzione
trascendentale
4.8.1.
Intersoggettività
4.9. Assolutismo logico
4.10. La filosofia
aritmetica
4.11. "Storicismo e
filosofia della
weltanschauung"
8.1. Frege e Husserl
8.1.1. Lo psicologismo
8.1.2. La rappresentazione
8.1.3. Considerazioni conclusive
8.2. Husserl e Heidegger
8.3.Husserl e Kant
1. UN SECOLO IN CRISI
Il novecento è stato un secolo contrassegnato da profonde crisi, che interessarono non solo la sfera sociale,
politica ed economica, per la presenza di due guerre mondiali, ma anche la sfera culturale e soprattutto
esistenziali dell’uomo moderno, questo interessamento ha portato la ragione dell’uomo moderno a cadere in
una profonda crisi che ha interessato prevalentemente la ragione.
Infatti tutti gli avvenimenti di questo periodo hanno fatto vacillare le sicurezze che l’uomo aveva fino a quel
momento, anzi hanno proprio fatto cadere queste certezze facendo in questo modo sentire l’uomo solo e
impaurito di fronte all’immensità della vita.
Il secolo infatti è caratterizzato dalla crollo della
certezza di un ordine assoluto e definitivo di
sicurezze, un ordine che era appunto stato
costruito, o almeno così si pensava, dall’esercizio
della ragione, ma anche dalla convinzione che la
ricerca umana deve procedere per tentativi, e
quindi che nell’esperimento, l’osservatore esprime
la definitiva condizione intellettuale in cui ogni
ricercatore si trova coinvolto.
E questo diventa il modo di procedere nel
ragionamento di tutte le scienze del periodo, un
metodo che nasce con Cartesio, e con Popper
che pensa che la scienza, si posi su un terreno
scabroso e non in equilibrio.
Una importante caratteristica del periodo diventa
l’estensione di tale atteggiamento critico anche
alle forme normali di relazione sociale e
personale, infatti tutto viene investito da uno
spirito di critica.
Ed è proprio per questa crisi e per i profondi cambiamenti che il secolo ha portato, che molti autori hanno
definito il novecento il secolo pirata, cioè un secolo caratterizzato dal procedere per prove ed errori, un
secolo che ha l’obiettivo di indagare e studiare solo quello che può essere visto, solo ciò che appare nella
realtà perché diventa sempre più chiaro che la realtà è più complessa di quanto può immaginare la chiara
luce del giorno, che illumina solo la superficie delle cose.
Emerge quindi in modo forte la critica verso la scienza in generale, che trova il suo massimo esponente in
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Nietzsche, che definisce la scienza come una filosofia di superficie che ha il compito, mediante la lettura
meccanicistica del mondo, di operare un falsificazione, per cui, ciò che è eterogeneo e incalcolabile viene
reso uguale, simile e calcolabile.
Ecco quindi che il secolo e le sue contraddizioni fanno emergere i limiti del positivismo che viene considerato
in questo periodo come una scienza schematica, astratta, estranea alle problematiche più profondamente
umanistiche, infatti è proprio in questo secolo che il passaggio dalla scienza alla tecnica viene avvertito come
una minaccia, perché questo passaggio aveva investito il campo più propriamente umano.
Ed è proprio da questo che nasce l’esigenza di mettere in crisi il concetto di ragione scientifica, quella
ragione che non sa cogliere l'originalità dell'esistenza umana nella sua individualità e libertà, quella ragione
che si limitava a consacrare i fini dominanti della società borghese delle nazioni coloniali di fine Ottocento.
In questo modo nascono delle nuove correnti di pensiero, come il movimento fenomenologico prima e
l'esistenzialismo dopo, che tentarono di uscire dall'impasse in cui era caduto il positivismo, considerando
l’esistenza umana irriducibile a semplice oggetto della ragione scientifica, anche se da un lato la
fenomenologia accentui di più i valori oggettivi di tale esistenza, mentre dall’altro lato l'esistenzialismo quelli
soggettivi. 2. LA FENOMENOLOGIA
La fenomenologia è una corrente filosofica del Novecento che nasce inizialmente come antitesi al
neokantismo, infatti la sua parola d'ordine è il "ritorno alle cose stesse", ai dati immediati dell'esperienza
interiore ed esteriore, ma anche alle oggettività di ordine più alto, come lo Stato, il diritto, l'eticità.
Questo movimento considera la filosofia come analisi della coscienza nella sua intenzionalità, infatti si basa
sull’idea che la coscienza è intenzionalità in quanto è sempre coscienza di qualcosa, e quindi l'analisi della
coscienza è essa stessa l'analisi di tutti i modi possibili in cui qualcosa può essere dato alla coscienza, cioè
può essere percepito, pensato, ricordato, amato, e desiderato, e quindi di ogni tipo di senso o di validità che
può essere attribuito agli oggetti di coscienza.
Il fenomenologo vuole costruire una filosofia che, però, si
fondi su dati indubitabili, cioè su evidenze stabili. E a tal
fine la via giusta è quella dell’epoché, cioè di quella
procedura che consiste nel sospendere, nel mettere fuori
uso, tra parentesi, le nostre persuasioni filosofiche e
scientifiche e le stesse convinzioni incastonate
nell’atteggiamento naturale che permette di credere
che nell’esistenza delle cose del mondo e nel mondo
stesso.
In poche parole bisogna sospendere il giudizio su tutto
quello che è indubbiamente certo, che non è né apodittico,
ne incontrovertibile finchè si riesca a trovare i dati che
resistono ai reiterati assalti dell’epoché.
L'analisi fenomenologica della coscienza può essere perciò effettuata soltanto se, la coscienza stessa non
viene assunta come una "realtà" allo stesso modo delle altre realtà del mondo e sia pure come fonte o
principio delle altre, poiché la realtà è soltanto uno dei modi in cui l'oggetto può presentarsi ala coscienza;
ma anche se la coscienza assume nei confronti del mondo l'atteggiamento di uno spettatore disinteressato,
al quale gli oggetti sono presenti come fenomeni, cioè nei modi specifici in cui essi stessi si pongono, ma
che non è praticamente coinvolto nelle loro vicende.
Infatti la fenomenologia può descrivere solo i modi tipici in cui le cose e i fatti si presentano nella coscienza,
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perché la coscienza è sempre intenzionale, è sempre coscienza di qualche cosa, e quindi anche se si può
dubitare della consistenza e della stessa esistenza della cosa, non si può mai dubitare della coscienza.
Alla coscienza le cose si presentano in modi tipici , ma il problema che sorge da questa affermazione è se
questi modi tipici sono costituite dalla coscienza stessa o sono invece realtà che si impongono alla
coscienza, come luce all’occhio e il suono all’orecchio.
Comunque questo movimento fenomenologico nasce con Husserl, anche se possono essere considerati
come suoi precursori Bernhard Bolzano e Franz Brentano.
Husserl crea questa corrente filosofica come polemica antipsicologica, ed è proprio per questo che egli
attinge al pensiero matematico e filosofico di Bolzano che parlava di della verità in sé o il contenuto logico di
una proposizione a prescindere dal fatto che questa venga o non venga espressa o creduta; ma attinge
anche alle idee di Brentano che sosteneva che l’intenzionalità è la caratteristica che tipicizza i fenomeni
psichici, questi ultimi poi si riferiscono sempre ad altro.
Il pensiero deve sforzarsi di riviverle nel loro momento
originario, mettendo da parte ogni pregiudizio
aprioristico, ed è proprio per questo che Scheler
afferma che la fenomenologia è una tecnica della
coscienza intuitiva che esige un nuovo e vivente
contatto del pensiero e intuizione con i fatti e oggetti
della filosofia, mentre Heidegger la vede più come un
metodo. Per la fenomenologia il fenomeno è ciò che è
immediatamente dato alla coscienza e quel che essa
esige dal filosofo è che egli lo descriva onestamente
invece di darne interpretazioni fantastiche.
Accanto ai fenomeni empirici vi sono però fenomeni
essenziali che vengono appresi da "una seconda vista"
puramente intellettuale; e a queste conoscenze il
fenomenologo arriva solo quando riesce a mettere tra
parentesi.
Rilevare queste essenze è appunto compito della fenomenologia, intesa come dottrina dei fenomeni
essenziali e come tale distinta dalle scienze che hanno per oggetto i fenomeni empirici, che in essa possono
trovare il loro intimo fondamento. Mentre Scheler fa coincidere "riduzione fenomenologica" e "riduzione
eidetica", affermando che nell'intuizione fenomenologica ci è dato l'essere assoluto e che "l'essere assoluto è
conoscibile evidentemente e adeguatamente in ogni sfera del mondo esterno e interno", Husserl distingue la
riduzione eidetica da quella fenomenologica, come raggiungimento di quel piano di sapere assoluto, privo di
presupposti e base di ogni altro sapere, che egli pone nella coscienza trascendentale.
Scheler svolgerà così la fenomenologia in senso realistico, impegnandosi, anche a contatto con altre correnti
di pensiero, in problemi etici e religiosi mentre Husserl cercherà sempre più di approfondire il problema
gnoseologico e quello della fondazione della scienza nella varietà delle sue dimensioni, insistendo sul
radicamento delle ragioni essenziali nell'orizzonte della coscienza trascendentale e sforzandosi di mostrare
come si costituisca in base a essa il mondo dell'oggettività e dell'intersoggettività. Proprio quest'ultima fase
del pensiero husserliano, che lo trova impegnato a mostrare come a partire dalla coscienza si costruisca il
mondo e a cercare di render conto dell'intersoggettività e storicità in cui esso ci è dato, costituisce oggetto di
studio e di vivo dibattito da parte dei filosofi contemporanei.
3. VITA
Edmund Husserl nasce l’8 aprile del 1859 a Prossnitz, in Moravia, secondogenito di una famiglia ebrea
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liberale e indifferente alla religione di mercanti tessili. Nel 1876 consegue la maturità ad Olomouc, e nello
stesso anno inizia i suoi studi presso l’Università di Lipsia, dove intraprende lo studio della matematica e
della fisica, ma nel 1878 si trasferisce all’Università di Berlino, per poter seguire i corsi dei matematici
Kronecker e Weierstrass, proprio quest’ultimo infatti sarà il relatore della sua tesi di laurea del 1883.
Un anno dopo la laurea ritorna a Vienna, per studiare con Leo Königsberger, che era un allievo di
Weierstrass, e qui a Vienna si avvicina a Brentano, che era un grande filosofo e psicologo, che impressionò
così tanto Husserl da farlo diventare da quel momento in poi uno studioso di filosofia.
La vicinanza con Brentano però duro poco infatti nel 1886 Husserl decise di trasferirsi all'Università di Halle
per ottenere l’abilitazione all'insegnamento universitario, abilitazione che arriva un anno dopo.
Nello stesso anno dopo essersi convertito alla
confessione evangelica, sposa Malvine Charlotte
Steinscheider, che si era convertita anche lei alla
confessione evangelica insieme al fidanzato.
Sono questi gli anni delle prime produzioni letterari,
infatti già nel 1887, sotto la supervisione di Stumpf a
Halle scrive la sua prima opera “Sul concetto di
numero” , che fu anche la base della sua prima opera
maggiore, scritta nel 1891 con il titolo “Filosofia
aritmetica”.
Sono queste prime opere che rappresentano il
cambiamento che stava avvenendo nell’autore che in
qualche, modo cerca di combinare, come si capisce
anche dal titolo, In queste primissime opere,
matematica, psicologia e filosofia affinchè la
matematica potesse avere un fondamento solido.
Per fare questo Egli parte dall’analisi del processo psicologico necessario per ottenere il concetto di numero
e poi costruire una teoria sistematica su di esso, utilizzando dei metodi e concetti appresi dai suoi maestri.
Comunque i successivi quattro anni furono caratterizzati da una florida produzione di vari manoscritti
accomunati dallo stesso tema, e dalla scrittura del secondo volume della sua opera più importante Filosofia
dell'Aritmetica, che avrebbe dovuto trattare l'aritmetica generale dei numeri cardinali e l'uso degli algoritmi
aritmetici in altri campi, quindi temi più generali e astratti del primo volume.
E sempre in questi anni, e precisamente il primo agosto del 1894, che Husserl ottenne, in occasione del
giubileo dell'università di Halle-Wittemberg, il titolo di Professore, anche se non gli fu data nè una cattedra né
uno stipendio.
Inoltre in questo periodo comincia a leggere lo scritto Über inhalt und Gegenstand der Vorstellungen di
Kazimierz Twardowski , che gli fa abbandonare il piano di completare il secondo volume della Filosofia
dell'Aritmetica, per concentrarsi sempre più sulla logica intesa come "teoria delle teorie" ed epistemologia
generale.
Ed è proprio grazie alla lettura di questo testo, che il nostro Autore inizia ad elaborare una teoria della
conoscenza e dell'intenzionalità più complessa e ricca del suo insegnante Brentano.
Una teoria che gli permette di colmare le lacune presenti nella teoria di Brentano e dei suoi discepoli,
distinguendo per esempio tra atto, contenuto ed oggetto, là dove invece Brentano e i suoi seguaci più
ortodossi prevedevano solo la presenza di un atto mentale e del suo oggetto, infatti Husserl partiva dalla
costatazione che era paradossale l’idea di Brentano che vedeva ogni atto come una presentazione di un
oggetto o il contenitore di questa rappresentazione, perchè ci sono innumerevoli esempi di "oggetti
inesistenti".
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La lettura di Twardowski, inoltre fece avvicinare Husserl alle teorie di Bernard Bolzano, che appunto
contemplava anche cosiddette "Gegenstandslose Vorstellungen", cioè "rappresentazioni prive di oggetto".
Rappresentazioni che secondo il nostro Autore potevano risolvere il paradosso, perché, come vuole
Brentano, tutte le rappresentazioni hanno un oggetto, che può essere interno, ovvero un contenuto, un
senso, mentre non a tutte le rappresentazioni corrisponde un oggetto esterno, ovvero indipendentemente
esistente.
Anche se, come detto prima, Husserl non era
stato assunto, durante il 1896 tenne degli
importanti lezioni sulla logica, ricerca che aveva
iniziato sei anni prima, e queste lezioni
rappresentarono l’abbozzo per la prima
stesura dei Prolegomeni per una Logica Pura, che
rappresenta il primo volume delle Ricerche
Logiche.
Lo stesso anno e precisamente il 31 dicembre
Husserl prese la nazionalità Prussiana.
Nel 1901 fu nominato professore straordinario
all'università di Gottinga, dove tenne un'orazione
inaugurale riguardo all'uso di concetti "impossibili"
o "immaginari" in matematica. Fino al 1906 però
fu solo professore straordinario,e solo in
quell’anno divenne professore ordinario.
Questi anni sono caratterizzati da intense ricerche sulla logica, ed è proprio grazie a queste ricerche che il
nostro Autore fa delle scoperte sulla fenomenologia, scoperte che gli permetteranno di pensare ad una
distinzione tra l'atto mentale, definito noesis, ed il fenomeno a cui tale atto è diretto, definito noema, e a
creare un nuovo metodo di studio che è quello della riduzione trascendentale, un metodo che lui definisce
con il termine di epoche, o solipsismo logico, un metodo che ha alcune caratteristiche in comune con gli
esperimenti mentali di Hobbes e Cartesio.
Questo metodo dell’epoché assume come suo punto finale l’ego assoluto, che emerge quando viene
eliminato ogni rinvio ad altre soggettività o oggettività trascendenti.
La conoscenza di essenze, o idee pure, sarebbe possibile solo eliminando tutte le assunzioni riguardo
l'esistenza del mondo come esterno ed indipendente, infatti il metodo usato da Husserl si concentra sulle
strutture ideali ed essenziali della coscienza, infatti esclude l’ipotesi sull'esistenza di oggetti esterni, facendo
rimanere solo l'ego trascendentale, che è opposto all'ego empirico, concreto nel qui ed ora.
Quindi la fenomenologia trascendentale è lo studio delle strutture essenziali che rimangono rivelate nella
coscienza pura, in poche parole è lo studio noemata.
Husserl rimane a Gottinga fino al 1916, infatti in quello stesso anno viene chiamato a Friburgo a diventare
successore del professore Rickert, di ideologia neokantiana, e al suo ingresso a questa università tiene una
orazione che riguarda La Fenomenologia Pura, il suo campo di ricerca e il suo metodo.
Inoltre è proprio in questo periodo che fonda la rivista Annuario di filosofia e di ricerca fenomenologica, che
diventa il principale organo del movimento fenomenologico, e che infatti raccoglierà gli scritti importanti dei
suoi primi discepoli, quali Scheler e Heidegger, e pubblica anche alcuni dei suoi scritti più significativi, quali
Filosofia come scienza rigorosa, nel 1911 e il primo tomo delle Idee per una fenomenologia pura e una
filosofia fenomenologica nel 1913.
Ma ancora in questo periodo la filosofia di Husserl resta chiusa all’interno della Germania, infatti si deve
aspettare la fine della guerra per avere una vera e propria espansione, e infatti cominciano le sue prime
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conferenze estere, un esempio è la conferenza che tenne a Londra nel 1922 sulla fenomenologia, o quella
che tenne a Parigi alla Sorbona, ma anche a Strasburgo nel 1929, inoltre il testo della conferenza venne
tradotto in francese da Pfeiffer e da Lévinas grazie anche all’aiuto di A. Koyré, e venne raccolto in una nuova
opera che viene pubblicata nel 1931 con il titolo Meditazioni cartesiane.
Negli anni 1924-1925 anche Rudolf Carnap
frequentò alcune lezioni di Husserl, e
successivamente dichiarò che il metodo della
riduzione transcendentale di Husserl fosse molto
simile alla propria "autopsicologia" e "solipsismo
metodologico".
Nel marzo del 1928 Husserl diventa Professore
Emerito, ma continua a mantenere la cattedra di
filosofia a Friburgo ad interim durante il semestre
estivo, fino all'ottobre dello stesso anno, quando
decide volontariamente di lasciare la cattedra al suo
successore e discepolo Martin Heidegger, anche se
continua a tenere lezioni.
In questo periodo inizia anche a dedicarsi alla
composizione di altre opere, come Logica formale e
trascendentale che esce nel 1929 e una Postilla alle
Idee, che diventa una prefazione della traduzione
inglese di questa stessa opera, che esce però solo
nel 1931.
L’avvento del nazismo e le sue leggi razziali crearono enormi difficoltà A Husserl, per esempio gli fu tolto il
diritto d'insegnare, sorte analoga che tocco anche al figlio, professore di Diritto, che nel 1936 emigrò negli
USA, nello stesso anno, e più precisamente il 6 aprile, Husserl fu mandato in "vacanza" permanentemente,
ma per fortuna tutto questo si risolse già il 20 luglio dello stesso anno, giorno in cui venne esonerato e quindi
poté tornare al lavoro.
Non contento di ciò che gli era successo Husserl continua nelle sue conferenze a, come quelle tenute a
Vienna e a Praga nel 1935, a rilanciare il programma fenomenologico come via di salvezza dai pericoli di
disumanizzazione e irrazionalismo che incombevano sulla cultura europee; conferenze queste che
costituiscono l'abbozzo della sua ultima opera, incompiuta, che sarà pubblicata postuma con il titolo La crisi
delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale.
Infatti Husserl muore nel 1938 all’età di settantanove anni a Friburgo, e i suoi numerosi manoscritti furono
salvati grazie a H. L. van Breda, che li trasferì all'università di Lovanio, dove costituiscono il fondo degli
Archivi Husserl.
E solo dopo il 1950 iniziò la pubblicazione di questi inediti, come nel 1952 i volumi secondo e terzo delle
Idee , nel 1956 Filosofia prima e Sulla fenomenologia della coscienza interna del tempo nel 1966.
3.1. Le delusioni di Husserl Durante la sua vita sono state numerose le delusioni ricevute, non solo dalla politica dominante del periodo
che lo considerava uno dei tanti professori ebrei da mettere a tacere, e infatti, proprio per questo gli avevano
tolto l’insegnamento, lo avevano isolato, insultato, compatito; e ancor di più gli avevano anche vietato
l’accesso alla biblioteca dell’Università.
A questo tradimento si aggiungeva un altro tradimento ancora più grave, che lo ferì in maniera particolare, e
fu quello dell’allievo che Husserl considerava più promettente e sul quale aveva riposto le più accese
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speranze, Martin Heidegger, che non solo aveva imboccato filosoficamente un’altra strada, ma si era
mescolato con la marmaglia nazista, ne aveva caldeggiato lo spirito, appoggiato con entusiasmo i destini,
condiviso, fino a un certo punto, la storia.
Questa nuova delusione si aggiunge a quella
delusione, amarezza e irritazione dovuta alla
publicazione da parte di Heidegger di Essere e
tempo, opera nella quale distruggeva in qualche
modo l’idea della fenomenologia di Husserl, anche
se lo stesso Heidegger aveva dedicato questa opera
al suo maestro.
Ma più che un omaggio al grande filosofo quella
dedica sembrava uno scherzo, infatti già ad una
prima lettura dell’opera Husserl vide che quelle
pagine erano scandalosamente intrise di tutto ciò
che fino a quel momento aveva osteggiato.
Infatti agli occhi di Husserl l’uomo era un impasto di
contraddizioni, di velleità di passioni che poco o nulla
avevano a che fare con l’idea di filosofia che invece
doveva solo prendere in considerazione ciò che era
nel mondo.
Mentre Heidegger, al contrario, pensava che bisognava sospendere quel mondo umano, di metterlo tra
parentesi, una idea che in qualche modo rispecchiava ciò che stava succedendo in tutto il mondo, ma
soprattutto, in Germania in quel periodo, infatti in Europa circolava una brutta aria, le parole più ricorrenti
erano declino, crisi, tramonto.
Tanto che anche Husserl, il padre della fenomenologia, così assorto fino ad allora nelle sue microanalisi,
incominciò a riflettere su ciò che stava accadendo.
E frutto di queste riflessioni fu la stesura della sua ultima grande opera, rimasta incompiuta con il titolo La
crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale.
Il primo abbozzo fu presentato in una serie di conferenze tenute nell’aprile e nel novembre del 1935 a Vienna
e a Praga. Il testo pronunciato fu pubblicato l’anno successivo a Belgrado nella rivista Philosophia, ma solo
nel 1954 si riuscì - grazie anche alle carte trafugate e salvate dalla Friburgo nazista da padre Leo Van Breda
e messe al sicuro nell’archivio di Lovanio - a ricavare un’edizione esaustiva di quell’opera.
Una opera questa con la quale riuscì anche a rispondere alle avversioni di Heideggere e della sua opera
Essere e tempo, infatti l’ultima opera di Husserl impressionò i lettori e diede avvio a un grande revival della
fenomenologia, che arrivò anche in Italia, grazie a Enzo Paci, mescolandosi al marxismo e
all’esistenzialismo.
Husserl infatti partiva dal presupposto che la scienza moderna aveva raggiunto i suoi straordinari successi al
prezzo di una perdita del suo significato per la vita, infatti la sua razionalità aveva permesso di esercitare un
dominio vasto sulla terra, anche se non aveva permesso di capire il senso di questo dominio o le sue
conseguenze, abbandonandoci a noi stessi proprio in ciò che è decisivo per la nostra esistenza e il suo
successo.
Ed è proprio per questa carenza che ha permesso, secondo il nostro Autore al moderno ideale
dell’oggettività scientifica di ridurre alla sola teoria l’antico ideale della conoscenza, abbandonando la prassi
alla volontà di potenza.
Per tutta la vita Husserl aveva cercato di combattere
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il relativismo, di cui le verità scientifiche, erano a loro
modo un’emanazione. Non si sentiva un dilettante,
uno sprovveduto che si improvvisava critico della
scienza.
Husserl pensò che alla filosofia occorresse una
"fondazione originaria". Tanto più la sua forza
sarebbe stata persuasiva quanto meno si fosse
allontanata da quel fondamento che ogni pensiero
che si ritenesse tale aspirava a realizzare. In molti
avevano provato e in molti avevano fallito. Ma era lì,
sulla soglia di quella porta stretta, tra il mondo della
vita e il puro pensiero, che si giocava la partita e se
voleva vincerla doveva evitare gli errori commessi
dai suoi predecessori. Doveva evitare, per esempio,
di lasciarsi incantare da un principio unico, un motore
da cui tutto nasce e tutto si muove.
Nella Crisi delle scienze europee Husserl considerò il moderno sistema delle scienze come il frutto di una
serie di "fondazioni originarie", tra le quali fu decisiva quella rappresentata dalla matematizzazione della fisica
iniziata da Galilei. Secondo Husserl si riprendeva così l’antico ideale greco di una scienza razionale
dell’essere nella sua totalità, ma esso fu realizzato solo in misura parziale e unilaterale, perché la scienza
moderna rimase prigioniera dell’oggettivismo e del naturalismo. E ciò ha finito per favorire la genesi opposta
e contraria del soggettivismo e relativismo, producendo un conflitto irrisolvibile, che ha precipitato la filosofia
come scienza in una crisi abissale.
Husserl intese la scienza moderna, nelle sue oggettivazioni e astratte idealità, come un superamento del
senso comune, che però portò più a una perdita che un arricchimento, perché la nuova scienza, di cui
parlava, produceva alla fine l’idea di un mondo in sé che, in quanto abitato da forme oggettive, si
contrapponeva come mondo vero al mondo soggettivo dell’esperienza comune, una contrapposizione che si
riduceva nella contrapposizione del mondo dell’esperienza dal sapere scientifico.
E in questo modo, riflettendoci bene Husserl capì che la scienza si impoveriva, perdendo il suo significato
per la vita, producendo appunto quella che Husserl considerò la crisi delle scienze europee.
3.2. Husserl filosofo
Molti autori inseriscono Husserl nel panorama di quelle filosofie della presenza che impongono la violenza
dello sguardo, anche se a ben guardare il metodo fenomenologico a cui faceva riferimento il nostro Autore,
era più che altro un metodo che permetteva la scoperta della plurivocità insita nello sguardo stesso, come
una riappropriazione delle insospettate potenzialità del rapporto visivo quotidiano con le cose e di quello del
filosofo con la totalità del mondo, e solo in questo modo si riduceva e si riconduceva alla soggettività
trascendentale.
Quello che Husser sospende è la nostra adesione ingenua al darsi delle cose, la nostra prossimità ad esse,
che esclude in prima battuta ogni distanziamento critico.
La posizione husserliana mostra come
proprio l’operare consapevole dello sguardo
dell’io sulle cose del mondo impianti la
dimensione della fenomenicità, che si
rappresenta non come sfera a sé stante, ma
come definizione delle articolazioni del
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