Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles Le Musique nous Portera Scuola di Specializzazione: Musicoterapia Relatore: Dott.ssa Roberta Frison Contesto di Project Work: Centro Socio Riabilitativo S. Piero in Bagno Tesista Specializzando: Jacopo Zanelli Anno di corso: Primo Modena: 5 settembre 2009 Anno Accademico: 2008 - 2009 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Indice dei Contenuti Prima di un inizio 4 Introduzione 5 Nascita della Musicoterapia 6 Setting 14 La mia esperienza Musicale nella pratica terapeutica 16 I membri del Gruppo/Anamnesi 16 Sedute Musicoterapia: setting e attività 23 Seduta di gruppo 24 Classificazione degli strumenti 25 Classificazione degli strumenti secondo il loro uso 27 Modalità d’intervento 28 Sequenze tecniche proprie del contesto non verbale 29 La scelta degli strumenti e il procedere della seduta 30 Risultati Ottenuti 34 Concetto ed importanza del contesto 37 Premessa storica 38 Diverse definizioni di contesto: da una prospettiva oggettivista al costruzionismo sociale 41 Il contenitore della comunicazione 45 Il contesto come messaggio 48 Il contesto di apprendimento 52 Il contesto in campo clinico 55 Conclusioni 58 Perché parliamo di contesto 59 L’autismo 60 ___________________________________________________________________ 2 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Autismo, descrizione generale 61 Visione d’insieme 61 I sintomi 62 Comunicazione Verbale e Non verbale 62 Interazione Sociale 63 Immaginazione e repertorio d’interessi 63 Possibili cause 64 Trattamenti 65 Anamnesi di N. 65 Massaggio Infantile Tatto e Pelle 68 Sedute Musicoterapia con N. 70 Setting 70 Risultati ottenuti con N. 73 I principi base della Musicoterapia 74 Conclusioni e Ringraziamenti 76 Riferimenti Bibliografici 77 ___________________________________________________________________ 3 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Prima di un inizio Trovandomi con una penna in mano, tante idee ben definite per la testa e tuttavia poca capacità di fissare tramite la scrittura concetti altrettanto nitidi, mi sono detto che, riferendomi al mio particolare percorso di studi, colui che si appresta a mettere insieme i pezzi che compongono una tesina ha in sé la presunzione di chi si sta formando nell’ambito della Musicoterapia e pensa di fare il più bel lavoro di sempre, di stupire tutti con grandi risultati e frasi che scorrono perfette come il nostro tempo e si ritrova invece il più delle volte spiazzato, incapace di dare forma e voce ai propri pensieri da un lato, di raggiungere risultati significativi dall’altro. Ecco, questo è stato il mio grande problema: la voglia incredibile di raccontare qualcosa di talmente importante e il timore, anzi, la certezza di rendere tutto troppo banale e forse poco incisivo. Nonostante ciò, vorrei definire questa tesina in modo che sia per quanto possibile chiara e come dire, corretta. Ho deciso di dividere questa tesina in tre paragrafi, secondo me importanti, che posso rintracciare nel percorso del progetto che ho svolto nella struttura riabilitativa e che mi hanno accompagnato nella mia personale formazione. Il primo paragrafo definisce la musicoterapia in generale e il mio approccio con essa ai ragazzi disabili; il secondo paragrafo parla invece del contesto e della sua importanza; il terzo ed ultimo paragrafo definisce la differenza fra musicoterapia ricettiva e attiva. Ogni paragrafo sarà a sua volta suddiviso in mini paragrafi. ___________________________________________________________________ 4 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Introduzione Il progetto svolto durante i mesi di project work che andrò a presentare in questa tesina è un lavoro diviso in più situazioni musicoterapiche. Tale progetto ha comportato da parte mia la massima partecipazione e il massimo coinvolgimento fisico-emotivo, permettendomi fin da subito di capire, nonostante questo fosse il mio primo approccio alla musicoterapia, l’importanza di un dialogo non verbale. Il centro socio-riabilitativo di San Piero in Bagno è un istituto gestito da una cooperativa sociale (Cop. L’alveare), dove operatori specializzati (psicologi, psicoterapeuti, educatori), si occupano della riabilitazione e del reinserimento sociale di alcuni utenti disabili. Il centro svolge attività di assistenza e supporto dalle ore 9.00 alle ore 16.00, mentre per i casi in cui è richiesta un’assistenza costante, è previsto un gruppo appartamento dopo l’orario di chiusura. In tale sede ho svolto il mio project work, prendendo in carico un gruppo di quattro utenti. Così, il mercoledì organizzavo sedute di gruppo con tre di loro, essendo adatti ad una musicoterapia collettiva, mentre con il quarto, affetto da una grave forma di autismo, ho lavorato individualmente. I tre componenti del gruppo presentavano patologie più o meno simili, insufficienza mentale di varia gravità spesso associata a disturbi psicotici e con essi è stato possibile realizzare delle sedute costruttive, sia per me che per loro. Per quanto riguarda il ragazzo autistico invece, le probabilità di successo erano sicuramente già scarse in partenza, poiché N. è ormai adulto e le sue stereotipie sono già in una fase avanzata e di difficile comprensione e miglioramento. Tuttavia ho potuto riscontrare una serie di feedback positivi, che mi hanno indotto a persistere nella terapia. L’idea che mi sono formato della Musicoterapia durante il primo anno di studi, è che la musica possa penetrare, modificare e rendersi utile anche in molti contesti lavorativi. Sono arrivato a questa conclusione grazie a esperienze lavorative personali non legate alla professione del musicoterapeuta, ma totalmente d’altro genere. In particolare mi riferisco ad una azienda specializzata nella lavorazione di materiale grezzo come pietre e sassi, nella quale ero impiegato come operaio. Prima di concentrarmi sulle attività svolte con gli utenti del centro e dei risultati da me ottenuti, vorrei descrivere alcuni aspetti basilari della Musicoterapia, il lavoro ___________________________________________________________________ 5 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Musicoterapico, modelli di musicoterapia, concentrarmi sul significato del contesto e sulla differenza tra Musicoterapia Ricettiva e Musicoterapia Attiva. Nascita della musicoterapia Dai tempi preistorici, in tutte le culture troviamo rituali per curare mediante suoni e musica. Le forme di cura con la musica, il canto ed il movimento erano rivolte verso la totalità della persona e, spesso, coinvolgevano il gruppo sociale in un approccio ecologico alla salute. La continuità di queste pratiche nel tempo è però più ascrivibile a concetti filosofici e religiosi che alla medicina. Negli ultimi decenni, la Scienza moderna ha dato un contributo alla comprensione del complesso fenomeno uomo-suono da differenti prospettive, uno riguarda la moderna fisica dei quanti con la dimostrazione dello stato della materia come onde e particelle simultaneamente; un altro contributo viene dalle neuroscienze e dai metodi di indagine mediante strumenti e metodiche avanzate, come la brain imaging, ecc. Anche i nuovi approcci alla ricerca di tipo qualitativo nella pratica terapeutica permettono di studiare, in modo scientifico non deterministico, l’esperienza soggettiva complessa ed i cambiamenti ascrivibili all’intervento con la musica. Per cui comincia ad emergere l’efficacia specifica ascrivibile a metodi e tecniche mirati per determinati disturbi con esperienze musicoterapeutiche ed, in parte, comincia a diventare più comprensibile quello che c’era di misterioso, come le risposte neurofisiologiche, i processi immaginativi ed emotivi e la loro associazione alla salute. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, negli Stati Uniti si è cominciato l’utilizzo sistematico della musica e di esperienze musicali, attive e ricettive, per il reinserimento dei reduci di guerra, come anche nelle cure palliative (ustionati), nonché nei disturbi psichici. Successivamente la musicoterapia si è diffusa a livello mondiale, assumendo le caratteristiche di una vera e propria disciplina e di una professione per interventi in ambiti molto diversificati (disturbi dello sviluppo e della comunicazione, autismo, problemi cognitivi, patologie psichiatriche, Alzheimer, handicap psico-fisici, …, ecc.). Studi e ricerche forniscono dati per la comprensione dell’interazione tra l’essere umano e la musica ed il suono. Ad esempio, sembra che l’ascolto di musica in uno stato di ___________________________________________________________________ 6 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 rilassamento, come nella Guided Imagery and Music, influisca sui soggetti abbassando il livello di beta endorfine nel plasma (McKinney et at., 1994), così come si è evidenziata una modulazione del sistema oppioide e serotoninergico all’ascolto di input sonori (Scifo, 1998). Siccome alcuni studiosi sostengono che il sistema oppioide riveste un ruolo basilare nel modulare il comportamento sociale (Panksepp, 1996) e che gli psicoterapeuti evidenziano la fondamentale importanza di esperienze emotive molto intense per modificare i modelli operativi interni, allora gli interventi con la musicoterapia possono rappresentare modalità efficaci nella prassi terapeutica come nella promozione e nello sviluppo della salute bio-psico-spirituale. Definizione di Musicoterapia La Musicoterapia è una disciplina organizzata ed una professione che presenta aspetti scientifici, artistici ed interpersonali, raggruppati intorno a due poli principali: la musica (suono) e la terapia. Gli interventi vengono effettuati nell’area pedagogica, clinicoriabilitativa e per la promozione e lo sviluppo di potenzialità anche nella dimensione spirituale, sulla base di teorie psicologiche, psicoterapeutiche e modelli clinici. In questa prospettiva vanno considerati quattro fattori principali: la preparazione professionale di chi la pratica, i bisogni e le risorse del paziente, la situazione/livello di intervento e le modalità di approccio utilizzate nel trattamento. Un’ampia definizione di Musicoterapia è quella della World Federation of Music Therapy – WFMT (1996): ̀ La Musicoterapia è l’uso della musica e/o di elementi musicali (suono, ritmo, melodia ed armonia) da parte di un musicoterapista qualificato con un cliente o un gruppo, in un processo studiato per facilitare e promuovere la comunicazione, la relazione, la mobilità, l’espressione, l’organizzazione ed altri rilevanti obiettivi terapeutici, per incontrare i bisogni fisici, emozionali, mentali, sociali e cognitivi. La Musicoterapia ha lo scopo di sviluppare il potenziale e/o ristabilire le funzioni dell’individuo in modo che possa raggiungere una migliore integrazione intra ed interpersonale e, conseguentemente, una migliore qualità di vita attraverso la prevenzione, la riabilitazione o il trattamento. Il Prof. Kenneth Bruscia, nella seconda edizione di Defining Music Therapy, propone: ‘La Musicoterapia è un processo sistematico d’intervento dove il terapeuta aiuta ___________________________________________________________________ 7 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 il cliente a promuovere la salute, usando esperienze musicali e la relazione che si sviluppa mediante le esperienze stesse come forze dinamiche di cambiamento’ (Bruscia, 1998, 20) Oltre alla definizione, Bruscia offre un contributo rilevante in quanto chiarisce che la musicoterapia viene praticata nell’area didattica, medica, psicoterapeutica, relativa alla salute, ricreativa ed ecologica, a quattro differenti livelli di intervento e di responsabilità clinica del terapista/terapeuta (1998, 163): Livello Ausiliario: tutti gli usi funzionali della musica e di ciascuno dei suoi componenti per scopi associati ma non terapeutici. Livello Accrescitivo: ogni pratica nella quale la musica o la musicoterapia è utilizzata per aumentare gli sforzi di altre modalità di trattamento e per fornire un contributo di sostegno al piano generale di trattamento del cliente. Livello Intensivo: ogni pratica in cui la musicoterapia riveste un ruolo centrale e indipendente nell’affrontare obiettivi prioritari nel piano di trattamento del cliente e, come risultato, produce cambiamenti significativi nella situazione attuale del cliente. Livello Primario: ogni pratica in cui la musicoterapia ha un ruolo indispensabile o originale per i bisogni principali terapeutici del cliente e, come risultato, induce cambiamenti pervasivi nella vita del cliente. La Musica e l’esperienza musicale nella pratica terapeutica Per quanto riguarda l’utilizzo della musica, delle sue componenti e delle esperienze musicali, ho qui riportato due punti di vista particolarmente rilevanti e significativi, che possono essere considerati come riferimenti nella pratica, a prescindere dai modelli e dalle scuole di pensiero. Il primo riguarda la classificazione del Prof. Even Ruud (in Wigram, Nygaard Pedersen, Bonde, 2002, 40), che considera quattro livelli nell’esperienza e nelle proprietà fondamentali della musica: Livello fisiologico: il suono come fenomeno fisico, o musica come stimolo. Livello sintattico: la musica come fenomeno estetico con le sue forme e strutture, o musica come terapia. Livello semantico: musica come espressione e comunicazione di significati ___________________________________________________________________ 8 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 metaforici e simbolici, o musica in terapia. Livello pragmatico: la musica come fenomeno sociale ed interpersonale, o musica come comunicazione ed interazione sociale. Il secondo è quello del Prof. Bruscia, che parte dall’idea che “analizzare le dinamiche della musicoterapia comporta analizzare i vari modi coi quali il paziente sperimenta la musica” (Bruscia 1998, 132). Il musicoterapeuta considera, quindi, le esperienze musicali insieme ai bisogni del paziente, in relazione ad uno, o più, dei sei modelli dinamici proposti, centrati ciascuno sulle sei proprietà di base dell’esperienza con la musica: Objective MusiC: Musica come esperienza oggettiva (pratiche che utilizzano la musica come stimolo). Universal Music: Musica come forma di energia universale (suoni dell’universo e vibrazioni della natura utilizzati in quelle pratiche che ritengono che la “musica è una forma di energia vitale” il cui ordine è efficace per ripristinare un equilibrio nella salute). Subjective Music: Musica come esperienza soggettiva (ascolto ed improvvisazione nel processo terapeutico per rappresentare o far emergere emozioni, modi di relazionarsi, ecc. del paziente). Collective Music: Musica come esperienza collettiva in una cornice socio – culturale per promuovere una ”identità condivisa nelle persone che appartengono ad una comunità” (es. riti con la musica). Aesthetic Music: Musica come esperienza estetica di bellezza e significato. Transpersonal Music: Musica come esperienza transpersonale di unione e totalità. Le ultime due possibili esperienze sono trasversali e possono essere sperimentate anche in ciascuno degli altri quattro modelli. Modelli, Metodi di Musicoterapia e di Musica nell’ambito della salute Nel panorama internazionale emergono modelli di musicoterapia che presentano un “approccio sistematico ed originale a metodi, procedure e tecniche, fondato su determinati principi” (Bruscia 1998, 115), oltre ai metodi e ai procedimenti che riguardano le risposte fisiologiche alla musica ed alle vibrazioni, la musica in medicina ___________________________________________________________________ 9 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 e la musica e la salute. Qui di seguito riporterò sinteticamente alcuni modelli per esemplificare diversi orientamenti e pratiche cliniche. Data la specifica conoscenza della Guided Imagery and Music - GIM e del Modello Integrato di Musicoterapia. Behavioural Music Therapy – BMT Questo metodo è rivolto alla modifica del comportamento in un’ampia accezione (fisiologico, emozionale, cognitivo, ecc.) e si basa sulle Teorie comportamentali e cognitive (Madsen et al. 1968). All’interno di questa cornice teorica, la musica è considerata uno stimolo, una ricompensa, per accrescere o diminuire certi comportamenti, compresa l’attenzione o il modo di camminare in soggetti con il Parkinson (Thaut et Alii, 1996). Ai suoi esordi negli Stati Uniti, la musicoterapia si è sviluppata sui principi comportamentisti. Attualmente questo modello è molto praticato e diffuso, con un certo numero di studi e ricerche per comprovarne l’efficacia, come musica in terapia (con metodi attivi e ricettivi), ad un livello accrescitivo, in quanto gli scopi riguardano specialmente i sintomi, osservabili in comportamenti manifesti disadattivi, piuttosto che uno sviluppo integrale della personalità o le cause remote del disturbo. Le aree di applicazione includono problemi di sviluppo, anziani fragili, ecc. comunque può essere utile nei casi che possono beneficiare di un approccio comportamentale insieme ad altri interventi. Free Improvisation Therapy – di Juliette Alvin Il modello, elaborato da Juliette Alvin dagli anni ’50, prevede l’uso controllato della musica, da parte del musicoterapeuta, nel trattamento, nella riabilitazione, nell’educazione e nella formazione di adulti e bambini che soffrono di disordini fisici, mentali o emotivi (Alvin, 1975). Sui concetti analitici freudiani, l’Autrice considera la musica come una creazione dell’uomo e, quindi, l’uomo può vedere se stesso nella musica che egli compone. Perciò la musica può essere il mezzo per far emergere il mondo inconscio interiore. Nel suo lavoro clinico, spesso i riferimenti teorici sono basati su orientamenti umanistici e dello sviluppo, uniti a quelli sulle funzioni fisiologiche e psicologiche della musica ed alla funzione della musica nei gruppi terapeutici. Questo approccio alla musica come terapia, situabile ad un livello accrescitivo e ___________________________________________________________________ 10 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 primario, prevede di utilizzare insieme al paziente, in una relazione paritetica, metodi di improvvisazione libera (vocale e strumentale), senza particolari regole stabilite dal terapeuta o forme musicali già definite e convenzionali (tonalità, armonia, schemi ritmici, ecc.). Un altro metodo, considerato dalla Alvin un mezzo efficace di comunicazione ed interazione, riguarda “l’improvvisazione empatica” elaborata dal musicoterapeuta per riflettere la comprensione che il terapeuta ha del cliente o per presentarsi al cliente in modo da stabilire una relazione di fiducia e rassicurante. Il modello include metodi di valutazione descrittiva riguardanti gli effetti della terapia, della musica come stimolo, le risposte del cliente all’ascolto di brani, le risposte vocali e strumentali del cliente nelle diverse esperienze musicali. Analitically Oriented Music Therapy – AOM – di Mary Priesley Il modello, elaborato dalla violinista Mary Priesley negli anni ’70, è da lei definito come segue: ‘Analytical Music Therapy è il nome che è prevalso dall’uso simbolico, orientato analiticamente, di musica improvvisata dal musicoterapeuta e dal cliente. E’ utilizzata come mezzo creativo per esplorare la vita interiore del cliente in modo da disporre di una via verso la crescita ed una maggiore auto-conoscenza’ (Priestley, 1994, 3). La sua cornice teorica include, oltre le teorie analitiche e psicoanalitiche, anche quelle psicosociali, della comunicazione (tra madre e bambino) e dello sviluppo. Utilizzato inizialmente con pazienti psichiatrici, il modello AOM è impiegato con soggetti capaci di simbolizzazione, con bambini ed adolescenti con un ego debole e per la formazione di musicoterapeuti. Per scopi d’integrazione, di sviluppo di una meglio definita immagine di sé e di auto consapevolezza, nella seduta vengono utilizzati metodi di improvvisazione, tonale o atonale in base alla modalità utilizzata dal cliente per esprimere se stesso, con “regole” per esplorare con la musica un argomento significativo emerso nel colloquio iniziale con il cliente. Altre tecniche prevedono la composizione di canzoni o di musica strumentale, insieme all’utilizzo di musica pre-composta. Non è l’aspetto estetico che viene considerato ma la funzione che le esperienze ed i prodotti musicali hanno per i fini terapeutici. Mediante le scale elaborate da Bruscia, da lui denominate Improvisational Assessment ___________________________________________________________________ 11 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Profiles – IAPs (1987), viene valutata sia la musica del terapeuta che del cliente in modo da rilevarne l’influenza reciproca. Creative Music Therapy – di Nordoff-Robbins E’ uno dei più conosciuti ed applicati modelli di musicoterapia centrato sul fare musica, come terapia. Elaborato dalla fine degli anni ’50 da Paul Nordoff e Clive Robbins e, successivamente, in collaborazione con Carol Robbins, è impiegato, specialmente con bambini, con disturbi lievi e gravi di apprendimento (inclusa la Sindrome di Down), con l’autismo, con handicap psico-fisici, con disturbi dell’udito. La base teorica fa riferimento alle teorie antroposofiche di Steiner ed alle teorie umanistiche di Maslow, ritenendo che in ciascun essere umano vi sia un “bambino, o persona, musicale” che da una risposta innata alla musica. E’ su questa idea e sul potere della musica che si basano gli interventi del modello rivolti verso l’auto-espressione e la comunicazione, come anche verso l’autorealizzazione e lo sviluppo di potenzialità creative, mediante una relazione calda ed accettante che riconosce, rispecchia e rispetta i sentimenti del “bambino” e le sue scelte. Oltre a requisiti di empatia, al musicoterapeuta sono richieste eccellenti capacità d’improvvisazione clinica per elaborare musicalmente le espressioni ed i comportamenti del cliente, durante le fasi della terapia volte a: ‘Incontrare il bambino musicalmente… Evocare la risposta musicale… Sviluppare abilità musicali, libertà espressiva e mutua risposta…’ (Bruscia, 1987, 45). Una vasta mole di materiale musicale, da utilizzare nelle sedute e per la formazione dei musicoterapeuti, è stata pubblicata, come pure sono state costruite numerose scale per l’analisi e la valutazione della produzione musicale e della relazione bambino/terapeuta. Infine molti casi clinici, riportati in un’ampia letteratura, testimoniano l’efficacia di questo modello che è sempre più diffuso a livello internazionale. MusicMedicin – Musica e Medicina Dal 1976 la cosiddetta musica ansiolitica è stata utilizzata nel Dipartimento di Anestesiologia nell’ospedale Sportkrankenhaus Hellersen di Ludenscheid, in Germania, per alleviare ansia e stress associati ad interventi chirurgici. Dal Simposio internazionale su “Ansia, Dolore e Musica in Anestesia” è nata la International Society for Music in Medicine – ISMM, per trattare di tutte le possibili applicazioni della musica in ___________________________________________________________________ 12 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 medicina. Quest’approccio considera il ritmo come il parametro più potente ed efficace in musica, anche se sono studiati altri componenti musicali ed i relativi effetti. I due terzi dei partecipanti a quest’approccio sono medici collegati in una rete con altre figure professionali in modo da favorire lo sviluppo di ricerche e dati per le applicazioni terapeutiche della musica in differenti specialità in medicina. MusicMedicine è penetrata in tutte le aree della pratica medica tradizionale, con una gamma d’interventi che vanno dal benessere dei neonati ai bisogni degli anziani che soffrono per varie forme di demenza e fragilità fisica. Esempi degli effetti si hanno sulle funzioni cerebrali, sui ritmi interni, nella riabilitazione, nelle situazioni pre, peri e post chirurgiche, nel sollievo dal dolore, con problemi di traumi per ripetuti ictus. Infine terapie con suoni e vibrazioni sono esempi dell’ampiezza di questa specialità in medicina (Rebollo Pratt, R. & Spintge, R., 1996). Obiettivi Obiettivo della Musicoterapia nella riabilitazione psichiatrica è l’apprendimento (o il riapprendimento) di norme relazionali socialmente adeguate; fornire quindi al gruppo o al singolo un mezzo nuovo di esprimersi e comunicare, usufruendo di un linguaggio non verbale, che, spesso, rimane sconosciuto e inutilizzato. Questo mezzo arricchirà le possibilità espressive del soggetto per comunicare aspirazioni e bisogni, aiuterà a rimuovere inibizioni motorie psicologiche, procurerà un certo grado di distensione, svilupperà la creatività. La pratica riabilitativa si propone di aumentare le funzionalità corporee residue e di facilitare la comunicazione sfruttando l’utilizzo di canali alternativi cercando di migliorare la propriocezione corporea globale, il tono dell’umore, la socializzazione e le capacità empatiche del gruppo e del soggetto. Metodologia In generale la metodologia da usare in musicoterapia deve tener presente e combinare due prospettive: la prima dà importanza alla spontaneità, alla libera produzione, all’improvvisazione; la seconda, al contrario, mira all’organizzazione, alla ricostruzione controllata e ___________________________________________________________________ 13 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 razionale. Questa seconda prospettiva implica una programmazione ferma, ma anche flessibile e sempre capace di arricchirsi di nuovi elementi, in pratica aperta all’utilizzazione di qualsiasi proposta musicale. Verrà quindi fatto uso, a seconda dei casi trattati, di forme alternative quali la voce, gli strumenti, il corpo e i vari elementi scompositivi della musica come il ritmo, la melodia, l’armonia. Si cercherà inoltre, (secondo le efficaci esperienze sulla “globalità dei linguaggi” della Guerra Lisi - Roma) di interessare aree sempre più vaste della personalità dell’individuo, invitando i pazienti, con modalità ben precise, a muoversi liberamente, danzare, cantare, disegnare, dipingere, dando luogo a forme espressive anche di carattere figurativo (ovviamente i due orientamenti devono continuamente combinarsi e controllarsi in un processo di reciprocità). Un primo intervento consiste nell’ascolto musicale ed espressione verbale: vengono proposti brani musicali opportunamente selezionati in base a precise caratteristiche strutturali e timbriche, ma anche in relazione alla formazione del gruppo in terapia, tenendo cioè in considerazione il livello culturale medio e le caratteristiche di identità sonora (ISO Vedi R. Benenzon) individuali. Un’altra importante via da seguire consiste nell’espressione attraverso gli strumenti musicali: questa modalità rappresenta un ulteriore tentativo di attivare processi comunicativi e animare un setting relazionale. Setting Il setting è il luogo dove si scambiano e si aprono emozioni, dove il problema non è considerato solo espressione di disagio, ma il disagio è espressione di terapia e forza per combattere qualcosa che infastidisce il contesto quotidiano della persona. Per avere un buon setting, per facilitare la libera espressione del corpo e della psiche dell’individuo, il terapeuta dovrà impegnarsi a scegliere una stanza di dimensioni adeguate, non troppo piccola per non impedire il movimento corporeo, ma neanche troppo grande per creare dispersione fra gli individui. Dovrà stare attento alla scelta dei colori della stanza, dovranno essere presenti colori tenui o neutri per non sviare l’attenzione dei pazienti, sarà arredata di soli materiale essenziali, come un mobile ___________________________________________________________________ 14 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 contente gli strumenti, qualche tavolo e sedia; possibilmente dovrà avere un pavimento in legno per consentire il contatto delle vibrazioni con il corpo; qualsiasi suono fuori dal setting dovrà essere incluso nella seduta (operai al lavoro, canto degli uccelli) e ovviamente il terapeuta dovrà disporre del suo strumentario G.O.S. Ogni Musicoterapeuta deve avere un proprio G.O.S. e con questo insieme di strumenti, il musico terapeuta lavorerà con i pazienti, sia individualmente che in gruppo. Gli strumenti saranno sempre gli stessi; se ne inseriranno dei nuovi solo eccezionalmente, a seconda della strategia d’intervento decisa dal terapeuta. Quanto più a lungo il musicoterapeuta manterrà nel suo percorso professionale il Gruppo operativo Strumentale (G.O.S.), tanto più chiare saranno le sue percezioni e la sua comprensione del legame con il paziente, e più facile il riconoscimento della scelta dello strumento come oggetto intermediario. Il setting può svilupparsi sia all’interno di una struttura che all’aperto, come nei pressi di laghi, fiumi o prati di montagna, e in qualsiasi altro posto dove il terapeuta pensi possa ricevere importanti feedback da parte dei pazienti. Un altro aspetto importante per un buon setting, è la messa in gioco del corpo e della mente da parte del terapeuta. Egli dovrà immergersi nel problema presentato, capirlo ma soprattutto accettarlo, perché qualora non vi fosse la completa padronanza delle capacità terapeutiche, così come delle facoltà umane, egli non potrebbe creare un sano legame con il paziente ed il suo problema. Quindi il terapeuta avrà modo, attraverso gli studi fatti, le competenze acquisite, le esperienze personali, di rafforzare il proprio carattere e la propria padronanza terapeutica. ___________________________________________________________________ 15 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 La mia esperienza musicale nella pratica terapeutica I membri del Gruppo/Anamnesi I Membri del gruppo I tre utenti che compongono il gruppo sono due uomini di 30(E.) e 58(L.) anni e una donna di 31(S.) Anamnesi di L. L. sano di nascita, viveva tranquillamente con i genitori e la sorella nel paese di San Piero in Bagno, ma la sua adolescenza resterà profondamente segnata da un lutto:all’età di dodici anni egli assistette all’incidente nel quale il padre perse la vita. Da qual momento in poi L. si è chiuso in se stesso, rifiutandosi di comunicare con il mondo esterno e di esternare le proprie emozioni. Ora vive nel centro di San Piero in Bagno e manifesta irritabilità, depressione e scarsa convinzione nei propri mezzi, il che l’ha condotto a una sorta di regressione. È questo il motivo per cui L. non risponde a nessuno stimolo, al contrario s’irrita a qualsiasi domanda gli venga rivolta dall’operatore. Egli produce suoni inarticolati al posto di parole e ciò avviene soprattutto quando si guarda allo specchio. Nel corso dell’anno 2008/2009 L. ha mantenuto stabili le sue autonomie con un lieve incremento nelle abilità pratiche, laboratoriali e di vita quotidiana in generale. Nel corso del tempo risulta essere meno frettoloso, dimostrandosi più concentrato nello svolgimento dei compiti assegnati, soprattutto in caso di attività che non richiedono un alto grado di precisione. Si sono verificati anche episodi in cui l’utente riesce a livello cognitivo a organizzare ed elaborare correttamente più informazioni date dall’operatore, per esempio se l’operatore gli fornisce una serie d’informazioni per trovare un oggetto situato in una stanza diversa da quella in cui si trova riesce a portare a termine il compito assegnato. Tutto ciò è supportato da una maggiore comunicazione verbale: in caso di difficoltà nel portare a termine il compito, egli comunica a parole ciò che sta cercando e che non riesce a trovare; non rimane quasi mai bloccato senza sapere come affrontare il problema, ma si rivolge all’operatore per essere aiutato; oppure se l’operatore gli chiede il motivo per cui non ha svolto quella mansione capita più ___________________________________________________________________ 16 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 raramente che risponda con un boh?!, ma la risposta è pertinente alla domanda. All’interno del G.A. si è sempre cercato di creare collaborazione fra gli abitanti della casa; L. è sicuramente una di quelle persone che ha partecipato abbastanza attivamente (nei periodi in cui manifestava una maggiore apertura relazionale), per cui lo si è coinvolto ulteriormente, valorizzandolo con rinforzi positivi, andando a fortificare così il suo io fragile ed innalzare la sua autostima. Ultimamente L. è più sciolto nei movimenti, questo lo facilita anche nelle autonomie: si allaccia le scarpe con minor difficoltà, quando dà lo straccio si abbassa senza fatica, mentre in passato appariva più rigido etc., ora quando si veste è più attento nel mettere gli indumenti in modo appropriato (riconosce il dritto dal rovescio) e non dimentica nulla. Per quanto riguarda l’aspetto relazionale, non sempre utilizza le stesse modalità di approccio all’Altro: queste rispecchiano la sua maggiore o minore apertura del momento, dimostrando di avere giornate in cui è propenso ad accettare e a ricercare un contatto sia fisico che verbale, mentre altre in cui tende ad isolarsi sia fisicamente che mentalmente. Con l’utilizzo della Musicoterapia L. sembra essere più presente e partecipe alla vita quotidiana, manifestando interesse a tutte le attività e molte volte agli stimoli dell’operatore. Un altro punto importante che L. dovrà superare sarà l’immagine di se stesso rispetto al mondo: non accetta la propria figura riflessa allo specchio, provando forte disagio ed emettendo gemiti e lamenti. Ho trovato difficile far capire ad L. l’importanza ed il giusto peso da attribuire al cibo. L. infatti non accetta domande e frasi di senso compiuto, quando esse si presentano scatta in L. ira trasformata in pianto per non poter mangiare quello che lui desidera e quando lo desidera. Tutto ciò mi porta ad intuire il grosso senso di vuoto che L. ha dentro di sé, come se niente potesse riempirlo, come se il cibo fosse per lui l’unica fonte di sollievo e gioia momentanea. Ma non è così. L. attacca e divora il cibo in brevissimo tempo, come a voler colmare il vuoto dentro di sé. Le attività che piacciono di più a L. sono la pittura, il canto, la libera espressione attraverso uno strumento e tutte quelle tecniche in cui si usa molto il tatto. Per quanto riguarda la pittura, egli predilige situazioni in cui non vi siano schemi da seguire, così la sua lunga ed energica pennellata dà sfogo alla sua ansia ed alla sua insicurezza interiore. ___________________________________________________________________ 17 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Mi sembra dunque opportuno accennare alla modalità di percezione del colore da parte degli esseri umani. Possiamo infatti constatare che tutti i colori che si riferiscono alle ore notturne sono quelli che rallentano il ritmo e che vanno dal viola al blu, al verde, che sono freddi; tutti i colori che vanno dal giallo, arancione al rosso, marrone sono invece colori caldi. Se vediamo un qualcosa di giallo, arancio o rosso questo ci comunica una sensazione di apertura, di allegria, di attività. L’azzurro e il verde, sono invece più distensivi, si suole dire: “vado a distendermi al mare o in collina”. La luce agisce sulla respirazione poiché venire alla luce è coinciso con il primo atto inspiratorio di assorbimento dell’ambiente vitale. Il primo piacere è la sensazione di luce, infatti la luce ci garantisce la sopravvivenza; la luce è una spinta a vivere. Al contrario, quando subentra uno stato depressivo di esaurimento o diminuzione della proiezione di sé, per difesa dalla realtà o regressione, non ci va più di metterci in luce, si sta (si vive) in penombra. Per questa ragione, con gli individui affetti da handicap è possibile recuperare il piacere, utilizzando sia il suono che il colore. Infatti, L. predilige colori come il rosso e il nero: rosso è il momento della scarica dell’energia che ormai è stata canalizzata verso il raggiungimento del desiderio, il momento dell’investimento energetico totale. Le persone che si esprimono sempre in rosso, descrivono inconsciamente un grande bisogno di scarica, per esempio, un bambino che si esprime in rosso ed in nero, ci dice del suo gran bisogno, gran piacere, nello scaricarsi, ma che normalmente questo bisogno gli viene boicottato. Il nero, infatti, trattiene tutto dentro di sé, manifestando negazione alla luce con aggressività e contrasto. Per quanto riguarda invece le attività musicali, L. ama il flauto. Cambiando setting e posizione degli strumenti egli sceglie sempre questo strumento, che suona forte e senza il supporto di una base ritmica, mentre non degna nessuno di uno sguardo, concentrandosi esclusivamente sul proprio strumento. Appena smette di suonare, ritorna al consueto dondolamento che lo contraddistingue. Un altro strumento del quale si serve è la voce: egli infatti ama cantare, soprattutto canzoni della sua giovinezza come quelle di Battisti, dei Nomadi e alcuni canti romagnoli. Egli è abbastanza intonato e in questo caso riesce a seguire il ritmo delle canzoni. Al di fuori del contesto musicoterapico, ho potuto osservare L anche in situazioni di vita quotidiana: una buona colazione, la lettura del giornale al bancone del bar, l’aperitivo prima di pranzo costituiscono per lui un’esperienza piacevole e gratificante in cui egli ___________________________________________________________________ 18 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 possa sentirsi ben accetto ed integrato. Anamnesi di E. E. ha trent’anni, vive dall’Aprile 2008 a Monteguidi, una frazione del comune di Bagno di Romagna. In passato viveva nei pressi di un paesino modenese e frequentava un centro diurno in cui faceva a seconda della giornata attività di: musica (ama suonare il tamburo), biblioteca (lettura di libri, giornali, fiabe per le quali era previsto un confronto con gli altri utenti), giochi come la tombola o semplici mansioni da svolgere presso negozi di frutta e verdura locali, equitazione. E. sembra una persona con maggiori potenzialità rispetto a quelle che tende ad utilizzare. Nelle autonomie sembra avere poche risorse: deve essere seguito nell’igiene intima, non si pulisce dopo aver espletato le proprie funzioni corporali e presenta difficoltà durante i pasti. Egli infatti tende a mangiare poco se non stimolato dall’operatore, inoltre talvolta rigurgita il cibo. E. beve tantissima acqua e si ferma solo al rimprovero dell’operatore; non taglia la carne da solo. Nelle attività tende ad essere abbastanza passivo prima di iniziare, per questo deve essere continuamente stimolato e se viene richiesta la sua partecipazione, probabilmente la sua risposta sarà negativa. E. presenta inoltre dei tratti ossessivi: odia sporcarsi le mani, detesta trovare oggetti fuori posto, è schivo al contatto fisico. Tra le attività che E. predilige vi è il canto, infatti egli conosce quasi tutto il repertorio musicale italiano, soprattutto se si tratta di Celentano, la cui musica permette di instaurare delle situazioni di gioco e piacevole armonia sia con me che con gli altri operatori. Ad esempio, durante l’ora di viaggio dalla sua abitazione alla struttura, mi sono trovato più volte ad improvvisare, fischiettando o cantando i motivi da lui prediletti. E. mi guardava sorridendo, portando le mani a livello del collo in forma di X., poi subito l’esplosione: egli iniziava a cantare seguendo il tempo da me imposto, correggendomi qualora non ricordassi le esatte parole del testo. Al contrario di L., E. non ama affatto pitturare in quanto teme di sporcarsi. Infatti, se non esortato dall’operatore, tende ad isolarsi e a rifiutarsi di partecipare all’attività. Questo sua difficoltà è causata in parte dalla madre, altrettanto ossessionata dalla pulizia. Ritengo ora necessario fare un breve cenno alla situazione familiare di E.. La madre di E. presenta qualche tratto maniacale–depressivo, che si ripercuote sul figlio. La sorella ___________________________________________________________________ 19 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 invece, sposata e madre di una bambina di due anni, chiama E. zio, aspettandosi che egli agisca di conseguenza. Per questo E. si sente molto responsabilizzato, il che a volte fa crescere in lui un po’ di ansia. E. ama inoltre suonare il pianoforte, il triangolo, il tamburo, le maracas e la chitarra. Ogni volta che facciamo attività di questo tipo, come ad esempio improvvisazioni al pianoforte, E. si mostra subito attento e desideroso di mettersi a sua volta in gioco. Infine E. non ama dedicarsi alla falegnameria, alla fabbricazione di strumenti rudimentali, rimanendo in disparte immerso nei propri pensieri. Attualmente E. è più sicuro di se stesso, durante il viaggio riesce ad aprire da solo lo sportello dell’auto ed il finestrino qualora lo ritenga opportuno, ad allacciarsi la cintura ed infine ad inserire il nastro nella radio. Quando l’ho conosciuto invece, circa sei mesi fa, tutto questo era per lui motivo di ansia, e queste semplici azioni erano ostacoli insormontabili. Anamnesi di S. S. è una ragazza di trentuno anni, vive in un piccolo paese nelle colline toscoRomagnole, frequentando da febbraio 1999 il centro socio riabilitativo di San Piero in Bagno, data di apertura. Dal momento dell’inserimento nella struttura di S. a oggi (prima dell’inizio del suo percorso Musicoterapico), ci sono state delle evoluzioni in diverse aeree: sul piano cognitivo, delle autonomie di base, delle abilità sociali, relazionali e comportamentali. Ad ogni modo, nel corso degli anni, queste evoluzioni, sono state interrotte da brusche regressioni, con particolare rilievo in quest’ultimo anno; talvolta dipese dalla difficoltà nel far propria una fase evolutiva più matura, altre dettate dalla difficoltà nel gestire le piccole frustrazioni della vita quotidiana, ad esempio: S. ripone un oggetto personale in qualche posto, dimentica dove l’ha lasciato e immediatamente manifesta uno scompenso emotivo con atteggiamenti fortemente etero aggressivi, mettendo a rischio la sua incolumità e quella degli altri utenti; oppure un utente nello spostarsi la urta involontariamente o semplicemente la sfiora e S., anche in questo caso manifesta scompensi emotivi con comportamenti fortemente inadeguati. Queste regressioni sono inoltre caratterizzate dall’assunzione di atteggiamenti marcatamente infantili (sia nel modo di camminare, di parlare, della gestualità e della postura). Ad ogni modo, soprattutto a partire da aprile 2008, è stata rilevata una ___________________________________________________________________ 20 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 maggiore tensione nella ragazza, che si è protratta a fasi alterne, fino al mese di luglio, ultimo periodo in cui S. ha frequentato il Centro Diurno prima della chiusura estiva. Questa forte instabilità dell’umore, quando si presenta, ha sempre penalizzato S. nella partecipazione alle attività laboratoriali di tipo educativo - riabilitativo proposte dagli operatori; in questi casi la ragazza tende ad allontanarsi dal setting, buttando prima a terra alcuni oggetti, poi sbattendo le porte e uscendo dal laboratorio urlando rabbiosamente, in questi casi il viso le diventa rosso bordò, il corpo sempre più contratto e rigido. Questa sua agitazione ha sempre avuto risvolti negativi anche nella relazione con gli altri utenti e gli operatori. Infatti, S. esprime la propria sofferenza interiore attraverso l’aggressività fisica (dando sberle, pugni, calci e sputando) e verbale (ricoprendo d’insulti chi le è a fianco); è capitato in più occasioni che ha fatto male ad alcuni utenti e anche agli operatori. Nel momento in cui S. manifesta la massima agitazione, gli operatori intervengono cercando di accompagnare la ragazza in un contesto in cui non possa fare male a se stessa e agli altri utenti. L’operatore si relaziona a S. partendo dalla consapevolezza che la ragazza sta esprimendo un sintomo di una sofferenza personale profonda e pesante. Lo sforzo è quello di instaurare un clima accogliente, che possa essere rassicurante per la persona, nel tentativo di arginare, di circoscrivere temporalmente la manifestazione acuta. Durante questi episodi il contatto con la realtà è praticamente assente e la persona sembra essere sempre più assorbita in una dimensione psicotica e delirante. Quando l’agitazione della ragazza è meno intensa, si è sempre provato ad aiutarla ad esprimere la sua aggressività mettendola nella condizione di poterlo fare senza vissuti di colpa: la si è accompagnata nella stanza morbida (stanza appositamente adibita allo sfogo degli utenti) e le si è offerto la possibilità di prendere a pugni i cuscini, proponendole un percorso di primo spostamento, da modalità comportamentali aggressive ritenute lesive ed inaccettabili (etero aggressive), ad un’attività in cui possa esprimere l’aggressività in modo ludico e innocuo. Quando la rabbia era stata sfogata, gli operatori condividevano con lei quell’esperienza, affiancandola e sostenendola emotivamente, ed aiutandola nel riconoscere e valorizzare la serenità raggiunta. Per far fronte all’aggravamento della ragazza, era stato anche avviato, in accordo con la famiglia, un progetto individuale all’interno del contesto familiare a partire dal mese di ottobre 2006 dal lunedì al venerdì; un operatore del centro si recava presso l’abitazione per seguirla dal momento ___________________________________________________________________ 21 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 dell’alzata. Questo progetto sperimentale avrebbe permesso a S. di avere una figura professionale che la supportasse fin dal risveglio, in tutte le fasi della preparazione per agevolarla poi nel distacco dalla famiglia; inoltre sarebbe stato anche di aiuto per la madre, alleggerendola dalla responsabilità della preparazione della figlia al mattino, che a sua volta aveva manifestato stanchezza nella gestione dei figli (entrambi con ritardo mentale). Il progetto, attualmente con una riduzione a tre giorni la settimana, ha dato risultati positivi, in quanto S. ha avuto minor difficoltà nel passaggio da casa al centro, ad ogni modo il momento dell’alzata è continuato ad essere motivo di agitazione, manifestata attraverso comportamenti etero aggressivi fisici e verbali. Attraverso questa aggressività ed il suo modo regressivo di comportarsi e relazionarsi agli altri, si è cercato di individuare attività che potessero liberare ma nello stesso tempo accettare questo sfogo, permettendole di capire e migliorare i suoi stati d’animo. Le attività a cui è più interessata sono: la pittura, il canto e la produzione sonora di uno strumento, la bagno terapeutico, il ballo, la cura della persona e le passeggiate all’aperto. Ovviamente le decisioni e la partecipazione alle attività avvengono attraverso i suoi stati d’animo. Il mio progetto di Musicoterapia prevede l’inserimento di S. all’interno di un gruppo, in modo che essa possa accettare i propri stati d’animo e soprattutto aprirli al gruppo, imparare l’importanza del lavorare insieme, affrontare più serenamente gli aspetti quotidiani della vita e rafforzare il proprio carattere. Così le ho proposto attività di libero sfogo con strumento, accompagnandola in certi momenti ad un livello ritmico-musicale da me prefissato, attività di pittura, balli di gruppo o libera espressione corporea ed insieme ad altri operatori ho seguito le attività di “cura della persona” ed “bagno terapeutico”, quest’ultimo accompagnato da musiche appropriate. Tale progetto ha permesso a S. quindi di riscontrare minore difficoltà nel passaggio da casa al centro, di conseguenza le attività da lei svolte hanno dato migliori risultati e motivo di fiducia per gli operatori. S. predilige la pittura, manifestando particolare interesse per i disegni di grandi dimensioni, per questo adora la pittura effettuata con i ___________________________________________________________________ 22 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 piedi oppure quella che le permetta di dar sfogo a grandi pennellate continue. S. ama anche spalmarsi il miele caldo sulle mani per poi tracciare dei segni. Ama dedicarsi alla falegnameria, in particolare alla costruzione di strumenti musicali e cornici in legno. Un’altra attività molto importante per lei, proposta dalle operatrici del centro, con le quali ho collaborato in alcuni casi, è la cura della persona. Le piace infatti mettersi in mostra, sfoggiando un bel vestito ed un volto truccato. S. è molto loquace, infatti durante le uscite racconta di sé a chiunque incontri per strada. Essa adora andare nella piscina termale: in questo modo può rilassarsi e abbandonarsi a se stessa. Infine, S. ama cantare, in modo del tutto personale, le sue canzoni preferite, soprattutto quelle di Neck. Ad esempio se le propongo Laura non c’è S. la rende in questa maniera: “Laura non c’è, è andata via eh eh eh via, Laura eh eh eh eh via, cosa mia”. Ciò deriva dalla sua difficoltà nel pronunciare le parole. A partire da questi suoni ho deciso di svolgere delle attività sulla pronuncia dei suoni vocalici, che le permettessero una miglior articolazione delle parole. Spiegherò più approfonditamente questa attività quando descriverò le sedute di musicoterapia. Sedute di musicoterapia: setting e attività I setting che ho proposto nelle diverse attività sono stati adattati ad ogni situazione nel modo consentito, e soprattutto agli utenti con cui dovevo operare. Per prima cosa ho cercato di individuare una stanza o un luogo ideale dove l’iso musicale di ogni paziente potesse emergere così da instaurare una comunicazione. Una stanza il più possibile isolata dai rumori esterni e caratterizzata da colori poco sgargianti per evitare di distogliere l’attenzione degli utenti. Tuttavia, la più parte delle volte mi sono trovato a lavorare in condizioni ben lungi da quelle ___________________________________________________________________ 23 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 appena descritte. Questo perché sono stato il primo ad inaugurare un’esperienza musicoterapica al centro, mentre in passato si cercava, ad esempio attraverso i colori della struttura, di distrarre gli utenti coinvolgendoli in un’atmosfera di allegria e armonia. Spesso dunque durante le sedute l’attenzione degli utenti veniva meno, il che mi arrecava grandi difficoltà. Seduta di gruppo Collocando alcuni strumenti al centro della stanza (Benenzon identifica il centro come raccoglitore di emozione e disagi e lo chiama posizione del fuoco) sistemavo il gruppo in cerchio attorno ad essi, delineando, sia verbalmente o semplicemente suonando, lo svolgimento della seduta. L’attività era generalmente aperta da una fase di riscaldamento finalizzata a scaricare le energie e ad incanalarle sui tamburi o su qualsiasi altro strumento a percussione, costruito da noi stessi oppure presente nella struttura. Questa fase mi permetteva di armonizzare il gruppo e di creare una relazione per quanto possibile terapeutica attraverso l’uso di tali strumenti. Osservando la scelta degli strumenti potevo già intuire le sensazioni e gli stati d’animo degli utenti e pormi delle domande sul perché di tale scelta. Ogni strumento a mio avviso possiede un suo io, ovvero ogni strumento ha una sua speciale caratteristica che permette di avvicinarsi ai pazienti scavando e rivelando il loro profondo. Prima di passare allo svolgimento delle sedute vere e proprie è dunque necessario mettere in chiaro quali siano gli strumenti utilizzati in musicoterapia e come questi possano essere classificati e ricordare inoltre quale sia la modalità di intervento alla quale il musicoterapeuta dovrebbe il più possibile attenersi. ___________________________________________________________________ 24 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Classificazione degli strumenti Una classificazione che abbraccia la maggioranza degli strumenti esistenti, convenzionali e non, folcloristici o di fabbricazione spontanea, è quella di HornbostelSachs e prevede: IDIOFONI AEROFONI MEMBRANOFONI CORDOFONI ELETTROFONI La classificazione degli strumenti corporeo-sonoro-musicali da utilizzare in musicoterapia secondo Benenzon prevede: - CORPORALI - NATURALI - QUOTIDIANI - CREATI convenzionali - MUSICALI: non-convenzionali, folcloristici, primitivi - ELETTRONICI Corporali Il corpo umano è lo strumento più importante fra tutti quelli che il musicoterapista ha a sua disposizione. Il corpo in sé può convertirsi in un idiofono, un aerofono, un membranofono e un cordofono. Infatti tutti gli strumenti hanno origine dal corpo umano e sono, in linea di principio, un prolungamento di questo. Ricordiamo che il corpo è il primo strumento ad essere utilizzato nel relazione che si stabilisce tra la madre e il feto ___________________________________________________________________ 25 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 e, successivamente, tra la madre e il neonato. Il musicoterapista deve imparare a riconoscere appieno il proprio corpo e a sfruttarne tutte le potenzialità sonorovibrazionali. Il suo allenamento personale è rivolto a eliminare blocchi psicologici, pregiudizi e inibizioni che potrebbero impedirgli di esprimersi liberamente attraverso il corpo. Naturali Definiremo strumenti naturali quegli oggetti che si trovano spontaneamente nella natura e che producono dei suoni da se stessi senza il concorso delle mani dell’uomo. Quotidiani Uno strumento quotidiano è quell’oggetto di uso giornaliero capace di produrre suoni per il solo fatto di essere usato. Creati Si tratta di strumenti che sono il prodotto della combinazione, modificazione e ristrutturazione, operate dall’uomo, delle suddette categorie. In Musicoterapia gli strumenti creati sono quelli fabbricati, creati o improvvisati dal paziente o dal musicoterapista con l’obbiettivo di stabilire un vincolo mediante il loro uso. Questi strumenti sono fabbricati con i materiali più diversi, con oggetti della vita quotidiana, dando così origine a un insieme polimorfo che favorisce la libera proiezione di chi li fabbrica. Gli strumenti creati hanno caratteristiche tali che li portano ad essere fra quelli più importanti nella pratica musicoterapica. Musicali convenzionali Sono fabbricati su scala industriale o artigianale e sono propri di una determinata cultura, alla quale appartengono sia il paziente sia il musicoterapista. Tutti questi strumenti comportano una determinata forma di esecuzione e richiedono un certo tirocinio per arrivare a produrre dei suoni già formati. Musicali non-convenzionali Sono quegli strumenti fabbricati che hanno smesso di appartenere o non hanno mai fatto parte della cultura proprio del paziente. Questi strumenti posti nel setting musicoterapico provocano curiosità e possono stimolare domande di tipo verbale. ___________________________________________________________________ 26 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Folcloristici Sono quegli strumenti artigianali che, al pari di quelli folcloristici veri e propri, hanno un preciso carattere etnico. Elettronici Appartengono a questa categoria tutti i riproduttori di suoni, come l’audio registratore, il lettore di compact-disc, i sintetizzatori, i computer, etc. Classificazione degli strumenti secondo il loro uso - oggetto sperimentale; - oggetto catartico; - oggetto difensivo; - oggetto incistato; - oggetto intermediario; - oggetto integratore. Oggetto sperimentale Quando accede a un setting di Musicoterapia il paziente è colpito dalla vista degli strumenti. Questo provoca in lui il bisogno di guardarli, osservarli, toccarli e suonarli istintivamente. Il paziente ne sperimenta la percezione tattile, la forma, il colore, il suono, sollecitandone le risonanze etniche. Oggetto catartico Lo strumento oggetto di sperimentazione permette a poco a poco di cominciare a scaricare la tensione accumulatasi. Oggetto difensivo L’elemento ignoto del setting va a sommarsi a quello rappresentato dagli altri pazienti appartenenti al gruppo, scatenando così una sensazione persecutoria. Lo strumento e la ___________________________________________________________________ 27 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 produzione sonora permettono al paziente di occultare le pulsioni interne destate in lui dalle ansie che lo allarmano. Il paziente tende a mantenere lo strumento scelto per tutta la seduta; gli sarà difficile sceglierne un altro. Oggetto incistato Alcuni pazienti trasformano lo strumento in una specie di “ciste” avvolta dal proprio corpo. Lo strumento non viene utilizzato per produrre suoni, ma viene manipolato. In particolare i pazienti affetti da autismo prendono lo strumento e lo avvolgono con le mani o con la bocca. Oggetto intermediario Si tratta di qualunque oggetto capace di permettere il passaggio di energia comunicativa da un individuo all’altro. Oggetto integratore È l’oggetto che permette la comunicazione tra vari individui. Modalità d’intervento Osservazione: nei primi momenti di una seduta il musicoterapeuta deve astenersi dall’agire, produrre o esprimersi. La tecnica suggerisce di saper aspettare. E’ la posizione della ricettività che gli permette di ascoltare, percepire, ricevere, accettare, comprendere. Associazione corporea Ð sonora Ð musicale: questo termine ricorda quello delle associazioni libere che il paziente effettua nelle psicoterapie verbali. Il paziente comincerà ad esprimersi liberamente e il musicoterapista potrà cominciare ad usare le associazioni corporeo-sonoro-musicali. Generalmente queste associazioni sono il risultato anche dell’elaborazione dei contenuti transferali e contro transferali. Isolamento riflessivo-attivo: il musicoterapista smette di attuare e scinde la sua attenzione fra ciò che sta succedendo fuori e ciò che sta succedendo in se stesso. E’ il ___________________________________________________________________ 28 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 momento di maggior contatto con le sensazioni di controtransfert, in cui si distingue ciò che proviene dal paziente e ciò che proviene dalle proprie sensazioni. Sequenze tecniche proprie del contesto non - verbale In un semplice processo di comunicazione in musicoterapia vengono ripercorse tappe simili alle seguenti: Imitazione: il musicoterapeuta prova l’eco ritmica, risponde in maniera esattamente uguale a ciò che esprime il paziente. Quest’eco ritmica significa che il musicoterapista ha compreso il paziente, che lo ha ascoltato. Utilizza lo stesso strumento o un altro simile. E’ un atteggiamento molto simile a quello di una madre che di fronte ai primi balbettii di un figlio risponde imitandolo ed utilizzando la stessa parte del corpo che ha utilizzato il figlio. Imitazione parziale: il musicoterapeuta accompagna la manifestazione espressiva del paziente o risponde imitandolo, però in un’altra tonalità o modificando alcuni aspetti o parametri della produzione sonora. Domamda-Risposta: il paziente si esprime e il musicoterapeuta risponde con altre sequenze o altre produzioni sonore e utilizza un altro strumento. Associazioni Corporeo-Sonoro-Musicali: dalla somma di tutto ciò possono sorgere nel musicoterapeuta espressioni o produzioni sonore riguardanti l’impatto che il fenomeno comunicativo con questo paziente sta avendo su di lui e che lo porta ad agire di conseguenza. ___________________________________________________________________ 29 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 La scelta degli strumenti e il procedere della seduta Durante le sedute ho potuto constatare che spesso gli utenti erano attratti da uno strumento in particolare, L., ad esempio, si concentrava sull’utilizzo del flauto, scoprendo poi che quel suono gli ricordava il fischio di un treno con a bordo un familiare(in genere la madre). Essendo L. uno degli elementi più attivi nel gruppo, ho spesso deciso di porre il flauto al centro della terapia di gruppo, forse anche per il fatto che io personalmente ricevevo molte sensazioni da questo strumento. Così ho spesso costruito attraverso di esso la musicoterapia di gruppo, affidando agli altri ragazzi strumenti che potessero ricordare alla lunga il fischio di un treno, ma che fossero per loro motivo di attenzione ed espressione. L. è stato dunque un tramite tra me e tutto il gruppo in quanto a causa sua ho modificato i setting prefissati. Solo alla fine dell’intero percorso musicoterapico ho scoperto che gli strumenti utilizzati richiamavano alla mente degli utenti un ricordo indelebile dell’infanzia e non solo, un ricordo ancora vivo in loro e che associavano alla fine del mondo, intesa come espressione della massima realizzazione. Ad esempio, E. preferiva il triangolo, il cui suono può ricordare la partenza o l’arrivo di un treno, se ci riferiamo all’immagine creata da L., S. invece prediligeva il tamburo, l’ansia della partenza oppure l’andamento del treno. Dopo la fase di riscaldamento la seduta andava da sé, nel caos più totale mi avvicinavo ad ognuno di loro cercando nel loro sfogo un ritmo che mi permettesse di muovermi e di interagire con loro. Dopo qualche minuto cambiavo strategia, richiamando la loro attenzione ed improvvisando a mia volta un ritmo che potesse entrare in comunicazione, in modo che il mio ruolo potesse essere visto da loro, come portatore di calma e di tempo per se stessi. Dopo aver improvvisato e trovato un ritmo giusto, che permettesse al gruppo di armonizzarsi ma che possibilmente lasciasse aperto canali di libero sfogo(non insistevo su di un solo ritmo, ma attraverso i feedback che percettivo dai singoli utenti cambiavo la base ritmica, permettendo così al gruppo di aver altre possibilità di sfogo e di non monotonia musico-emozionale), cercavo di dare spazio alle emozioni che gli utenti esprimevano sia nel movimento corporeo che nello strumento suonato. Quindi il mio obbiettivo era di dare tempo all’ansia, cancellare i brutti pensieri, vivendo momenti più sani. Un po’ di tempo, soprattutto in L., vuole dire tanto, trovarlo ___________________________________________________________________ 30 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 significa allontanarsi dall’indebolimento del corpo e della mente, dall’ansia della vita e tutto quello che essa comporta (mangiare, dormire, star bene al mondo). Attraverso il mio ritmo davo loro un tempo, così da poter entrare in sintonia con loro e aiutarli a superare le difficoltà che la vita comporta in una maniera diversa. Ad esempio infatti L. si comporta costantemente come se non avesse tempo, mangiando, lavandosi e vestendosi ansiosamente e nervosamente. Lo stesso vale, anche se in maniera più attenuata, per gli altri utenti. Attraverso la musicoterapia ho cercato in qualche modo di definire il loro tempo e creare spazio nella loro vita. Altre volte invece usavo come intermediario l’uso della voce. Questo è uno strumento a mio avviso importantissimo, cha dà vita non solo alle parole, ma anche alle emozioni. Con il gruppo in carico ho potuto, attraverso l’uso di musicoterapia ricettiva, lavorare attraverso la voce. Questa tecnica mi ha permesso di entrare a stretto contatto con gli utenti e di scavare nel loro profondo attraverso le parole delle canzoni. Ognuna di esse era indirizzata ad un utente a seconda dell’età, del sesso e del carattere. Ad esempio con L. sceglievo canzoni classiche italiane degli anni 60/70 come quelle di Battisti, Celentano e tanti altri, insomma musiche che sono nate e cresciute insieme ad L.; con E. invece sceglievo canzoni più moderne, dei Nomadi, di Ligabue, di Vasco Rossi, sebbene lui fosse appassionato soprattutto a Celentano, il suo mito; infine con S. mi sono semplicemente adeguato alle sue richieste. Le canzoni che mi richiedeva erano soprattutto di Nek, in seguito sono stato io a farle conosce Ligabue. Quest’attività, come ho già detto, mi ha permesso ancor più di una seduta basata sull’utilizzo di strumenti, la creazione di uno stretto legame con gli utenti, in quanto le parole dei testi delle canzoni erano segnali che in ogni momento essi inviavano a me e agli operatori che di volta in volta mi affiancavano nel mio progetto. Un’altra seduta che mi ha particolarmente affascinato, coinvolto e stupito è stata quella in cui ho utilizzato il mio strumento, il contrabbasso, durante l’attività musicoterapica. Si sa che questo non è lo strumento più adatto per tale disciplina, anche perché non è facilmente maneggevole, ma i feedback che ho ricavato mi hanno permesso di riflettere a lungo. Assieme agli altri operatori del centro ho stabilito un giorno in cui potesse essere svolta questa attività, che è stata così fissata in quattro mercoledì successivi. Con l’aiuto dei miei colleghi, anche loro partecipanti all’attività, ho adibito una stanza ___________________________________________________________________ 31 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 sistemando tavoli e divani nell’angolo più lontano dalla porta e fatto posizionare in ordine sparso su dei materassini gli utenti del centro. Brandendo il mio strumento, mi sono sistemato nel limite del possibile in mezzo agli utenti ed ho iniziato a mettere in vibrazione le corde, per richiamare la loro attenzione. Dopodiché, mi sono avvicinato ad ognuno di essi con lo strumento, appoggiandolo su una parte del loro corpo in modo che potessero percepirne le vibrazioni. Successivamente, ho posto una sedia nel centro della stanza facendovi sedere uno ad uno gli utenti col volto rivolto verso lo schienale della sedia, di modo tale che la loro schiena fosse appoggiata e sostenuta dalla parete posteriore del contrabbasso. Il risultato è stato inaspettato: dalla loro espressione potevo percepire la sensazione di benessere e stupore, che mi ha fornito un ulteriore spunto per lo svolgimento delle sedute successive. Le vibrazioni che esso produceva facevano si che l’utente percepisse nuovi stimoli, instaurando un nuovo contatto con la realtà. Questo genere di attività è in genere svolto con non vedenti che hanno fatto del tatto lo strumento privilegiato di percezione esterna. Grazie alle vibrazioni infatti, essi riescono ad orientarsi nello spazio e a percepirlo. Tramite questa esperienza volevo far capire agli utenti del centro come il loro corpo fosse vivo, carico di vibrazioni al pari di quello del contrabbasso. Un’altra attività svolta con tutto il gruppo, è stata quella del “bagno terapeutico”. Immergendosi nell’atmosfera pacata, tranquilla creata dall’acqua, il soggetto rivive le sensazioni già vissute nel grembo materno. Ad uno stato di rilassamento si aggiunge il contatto corporeo, con l’obbiettivo primario di una ridefinizione del confine tra il sé e il non-sé recuperando il concetto dell’Io-pelle, con lo scopo cioè di ottenere una migliore percezione del sé. In tale ambito si lavora anche sulle autonomie di base. Un giorno prestabilito a settimana, il martedì, ci recavamo nella piscina termale di uno stabilimento di Bagno di Romagna, per rilassarci e dare la possibilità agli utenti di inserirsi in un contesto nuovo, rilassante, ma anche moderno ed elegante. Quest’attività permetteva sia al gruppo preso in carico che il ragazzo autistico con il quale lavoro individualmente, di esprimersi solo ed esclusivamente attraverso il movimento del proprio corpo. Ciò ha permesso agli utenti di distaccarsi, almeno momentaneamente, dai propri pensieri e dalle proprie preoccupazioni e di dar libero sfogo alle proprie emozioni. Quest’attività è stata indubbiamente utilissima per L., che manifesta enormi difficoltà nel comunicare un suo stato d’animo, oppure semplicemente nell’accettarlo, ___________________________________________________________________ 32 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 nonostante le sue capacità mentali non impediscano. risultato glielo Un altro importante di questa terapia è l’effetto immediato che ha provocato l’acqua in N, il ragazzo autistico del quale parlerò più approfonditamente nei paragrafi successivi. Egli appariva molto più rilassato, cullato da quell’acqua che era forse per lui un ricordo del grembo materno. E così anche gli operatori ne hanno tratto vantaggio, potendosi rapportare all’utente in maniera più serena e proficua. Questo potere rilassante e lenitivo dell’acqua termale, unito ad un contesto accogliente e giocoso, forse dettato anche dalla scelta del sottofondo musicale (alternavo musiche propriamente da massaggio e rilassamento a musiche blues-jazz) che utilizzavo per queste sedute termali, riusciva anche una volta finita la piscina a far rimenare tranquilli e sereni tutti gli utenti fino alla chiusura del centro. Le tecniche qui elencate mi hanno permesso di lavorare proficuamente con tutti gli utenti e di mettermi alla pari in gioco. Da queste sedute inoltre ho tratto un insegnamento fondamentale: l’importanza di saper aspettare, di cogliere il momento giusto e di non lasciarsi sfuggire quei segnali che gli utenti inviano quando meno ce lo aspettiamo, per tentare di capire il perché delle loro scelte e quali significati essi gli attribuiscano. Tutte queste cose insieme mi hanno permesso un lavoro attento, dandomi prima di tutto la possibilità di muovermi in qualche direzione, di ipotizzare una scelta appropriata in base al tipo di feedback ricevuto. Saper cogliere l’aspetto verbale è dunque di vitale importanza, così come lo è il poter risalire al contesto della persona, alla sua completa anamnesi, partendo dalle radici dell’individuo per poi seguirne la crescita, gli sviluppi e infine arrivare alla malattia e ad un suo potenziale miglioramento. Dopo aver letto le opere di Freud, sostengo che, per arrivare al significato della malattia, sia necessario conoscere approfonditamente il contesto di una persona per poter capire il ___________________________________________________________________ 33 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 significato che dà a determinate scelte, il perché ha fatto tali scelte e come il suo corpo risponde ad esse. Di conseguenza, sarà possibile delineare un ipotetico percorso che possa essere d’aiuto a tale persona, rispettando il suo io. Risultati ottenuti Le sedute di musicoterapia mi hanno innanzitutto permesso di scoprire me stesso, di iniziare a capire e ad imparare, almeno nel mio piccolo, l’arte dell’aiutare. Nelle attività in cui si suonava ho instaurato una comunicazione, o meglio, un nuovo linguaggio di comunicazione non verbale e per alcuni casi feedback verbali straordinari. Mi viene in mente ad esempio L. quando attraverso la pittura associata alla musica realizza un dipinto che egli associa a un treno con sua madre dentro ad aspettarlo. Questo per un operatore significa molto, un punto di partenza, un nuovo inizio dal quale poter costruire insieme all’utente progetti validi per un percorso che gli fornisca nuovi mezzi comunicativi ed espressivi. Attraverso un’analisi congiunta degli operatori L. è riuscito a ritagliare più spazio per le sue emozioni, a sentirsi più padrone della sua immagine riflessa allo specchio, mentre prima non la riconosceva come propria. Il suo comportamento durante i pasti e nei confronti del cibo non ha registrato nessun cambiamento notevole, tuttavia L. è ora disposto a riordinare la stanza da pranzo. Talvolta è proprio lui a richiamare alla mia attenzione quelle che sono le attività del giorno, mentre altre volte sembra non ricordarlo. Ora egli è senza dubbio più accondiscendente e accetta le attività proposte da tutti gli operatori. Ad esempio se mi mettevo a cantare una canzone da lui conosciuta, normalmente L. mi seguiva cantando con me. Tutte queste cose mi hanno permesso di capire più approfonditamente il lavoro del musicoterapeuta, che cosa significa mettersi in gioco, lasciarsi andare e accettare il disagio. ___________________________________________________________________ 34 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Per quanto riguarda E., l’attività di musicoterapia ha permesso di trovare in lui nuovi mezzi di comunicazione verbali e non verbali, di lasciarsi andare e di attenuare un po’ della sua ansia. Tuttavia, mi sono accorto che il mio lavoro non è stato molto incentrato sui suoi bisogni, i suoi stati d’animo e le sue preoccupazioni. Egli non è sufficientemente migliorato nell’igiene intima e durante i pasti. Riscontri positivi si sono verificati invece in ambito cognitivo. Di fronte ai rimproveri e alle osservazioni degli operatori egli mostra, dopo un iniziale rifiuto, maggior volontà di collaborare e di migliorarsi. L’uso della voce è stato per E. l’attività di maggior interesse ed espressione, alcune canzoni per lui rappresentavano come la vita andrebbe vissuta (Il ragazzo della via Gluck). Sono arrivato a questa conclusione analizzando in primis la sua famiglia durante il viaggio dalla sua abitazione al centro, la sua casa in collina e la sua vecchia città nella periferia modenese e il significato che hanno quelle canzoni per lui. E. è un ragazzo con un margine di miglioramento altissimo, sebbene ancora non riesca ad esprimersi e ad operare al meglio delle proprie potenzialità. Rimane il fatto che E. si è lasciato trasportare dalle attività svolte, nonostante le sue ansie continuassero a fluttuare da una percussione all’altra, rimanendo libere nell’aria. Inoltre, ho potuto costatare che questo liberarsi di emozioni e ansie, anche solo durante l’attività, permette a E., e non solo, di scaricarsi e di lasciare libero il proprio corpo di entrare in comunicazione in modo sano con il mondo esterno. Il lavoro svolto con S. è stato sicuramente affascinante e coinvolgente, questo forse perché mi sono trovato di fronte ad una ragazza, con pensieri ed emozioni molto diversi dagli altri membri del gruppo. S. all’inizio del lavoro si mostrava volenterosa e partecipe a qualsiasi attività, mi aiutava nella preparazione della seduta e cercava in qualsiasi modo di essermi d’aiuto. Ciò ha finito per diventare un problema, poiché il rapporto che si andava a creare non era certamente terapeutico né seguiva le regole della seduta, anzi, era un rapporto amichevole a tratti morboso nei miei confronti. Nonostante io abbia cercato fin da subito di instaurare quella distanza che si deve creare tra terapeuta e paziente, S. continuava a vedermi più come un ragazzo carino più o meno suo coetaneo, che come una figura professionale. I risultati ottenuti con S. sono stati comunque positivi e soddisfacenti. S. infatti si mostrava interessata ad ogni attività, soprattutto come gli altri utenti a quella del canto. Attraverso le canzoni esprimeva disagio, euforia e tristezza che l’aiutavano così ad esprimersi e a dimenticare i suoi ___________________________________________________________________ 35 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 problemi. Alcuni miglioramenti si sono verificati anche durante i pasti: S. era più convinta nella scelta delle pietanze, chiacchierava di meno fra una portata e l’altra ed era più composta a tavola. Tuttavia, non posso stabilire con sicurezza che siano state le attività svolte a provocare i miglioramenti di S. o se fosse solo la mia presenza a determinare reazioni positive da parte sua, in quanto essa cercava costantemente di mettersi in mostra e di ottenere la mia approvazione. Un’attività che finora non ho evitato di approfondire, ma che ritengo sia stata di grande aiuto ad S. è stata la riproduzione di suoni vocalici con il sostegno del pianoforte. S. ha difficoltà nell’articolare correttamente i suoni e questo esercizio avrebbe dovuto aiutarla a colmare questa lacuna. L’attività consisteva nella produzione di note nell’ordine della scala, che facevo associare a lettere dell’alfabeto. Quando poi suonavo più note insieme veniva composta una parola: ad esempio, prendendo il mi come prima nota, il re, il do e il sol formavo la parola ciao che S. doveva ripetere più volte e così via. Quest’attività ha così aiutato S. a raggiungere una migliore articolazione dei suoni vocalici, permettendole di esprimersi con maggior scioltezza. Di altrettanta importanza sono state l’attività della pittura e della produzione sonora con lo strumento. Per quanto riguarda la prima, attraverso la scelta dei colori, l’ampiezza della pennellata S. dava libero sfogo al proprio io, mentre nella seconda, attraverso musiche che coinvolgevano il corpo, S. si scaricava tramite la percussione insistente del tamburo. Un esempio di esercizio molto approssimativo che eseguivo con S. In un primo momento con l’aiuto del pianoforte facevo pronunciare le lettere che corrispondevano alle note (c=mi-i=re-a=do-o=sol), …, etc., poi successivamente venivano pronunciate insieme, formando la parola ciao. E cosi tante altre parole per aiutare una scorrevole articolazione, ma anche per memorizzarsi certe parole in modo da modificare quel suo linguaggio infantile. ___________________________________________________________________ 36 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Concetto ed importanza del contesto Il concetto di contesto è stato uno dei concetti più importanti per la teorizzazione dell’approccio sistemico. Usato per la prima volta da Gregory Bateson nell’ambito delle scienze sociali è stato successivamente ripreso da altri studiosi nelle discipline più disparate: si pensi agli sviluppi di Erving Goffman in sociologia, a quelli di Gardner in pedagogia, a quelli di Minski nei campi dell’intelligenza artificiale, ecc. Com’è facile comprendere, quindi, esiste una mole impressionante di materiale sull’argomento, molto spesso con traiettorie assai diverse le une dalle altre. Ho deciso per questo motivo di restringere il campo di questa tesina all’ambito psicoterapeutico cercando di individuare le caratteristiche essenziali di questo concetto. Ho pensato di iniziare il lavoro facendo un breve excursus storico: come si è passati dal modello psicoterapeutico individuale a quello sistemico e di come a poco a poco ci si è cominciati ad interessare ai contesti del paziente e della sua famiglia (contesto di vita, contesto terapeutico, ecc). Sono quindi entrato nel vivo del discorso individuando 3 concetti chiave che mi sono sembrati fondamentali per comprendere l’importanza del contesto: contesto come contenitore della comunicazione (come una qualcosa cioè che pur non appartenendo alla comunicazione concorre a darle significato); contesto come messaggio (il contesto, in altre parole, può essere considerato esso stesso un messaggio su come vada intesto un certo fenomeno) e contesto di apprendimento (e la sua relazione con la formazione del carattere). In conclusione, ho parlato delle applicazioni di questo concetto in ambito clinico, tenendo conto anche del rapporto tra contesto pubblico e contesto privato. ___________________________________________________________________ 37 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Premessa storica Agli inizi degli anni Cinquanta si registra da parte di alcuni psicologi clinici una certa insoddisfazione nell’applicazione del modello psicoanalitico ortodosso nel trattamento delle psicosi e negli interventi di psicoterapia infantile. Chi lavora con i bambini sente sempre di più il bisogno di coinvolgere maggiormente i genitori: i concetti di “madre patogena” e “padre inadeguato” formulati alla fine degli anni Quaranta suggeriscono la possibilità di abbandonare il setting più ortodosso legato esclusivamente al rapporto paziente-terapista, introducendo una maggiore elasticità nel lavoro clinico. Anche all’interno della psichiatria vengono denunciate alcune difficoltà e sorgono interessanti interrogativi relativi alla nascita dei disturbi da trattare, e in particolare si inizia a dubitare circa l’efficacia, in alcune situazioni, dell’intervento condotto solo sull’individuo portatore del sintomo. Nel trattamento di alcuni adulti schizofrenici, per esempio, s’inizia ad intravedere la possibilità di leggere il comportamento del soggetto come legato a particolari situazioni relazionali che l’individuo si trova nel suo contatto sociale e familiare a vivere concretamente. Negli stessi anni l’etologia suscita un notevole interesse per i significativi risultati ottenuti nei numerosi studi sulla vita degli animali condotti effettuando ricerche “sul campo” e osservando dal vivo i comportamenti, le abitudini e comunicazioni del mondo animale. Questo approccio tende a focalizzare l’attenzione di numerosi professionisti che lavorano nel campo della salute mentale, specialmente di coloro che iniziano a pensare che ci possa essere un legame tra patologia e ambiente sociale e familiare in cui il soggetto vive. L’esempio dell’etologia porta infatti i pionieri (N. Ackerman, M. Bowen, C. Whitaker, S. Minuchin, G. Bateson, ecc.) ad organizzare interventi conoscitivi del contesto di vita dei pazienti in terapia. Si sviluppa così una certa forma di antropologia a domicilio della quale assumono la guida i clinici e in cui, per la prima volta, viene osservato il contesto familiare in cui vivono i soggetti portatori di disturbi psichiatrici. L’unità di analisi sembra quindi poter diventare la famiglia in quanto contesto di apprendimento primario per ciascuna persona e luogo delle relazioni privilegiate. Naturalmente non s’ignorava che a sua volta la famiglia è aperta al mondo e scambia informazioni con ciò che è ___________________________________________________________________ 38 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 esterno ad essa, ma si sottolineava che è all’interno della famiglia che ogni individuo sperimenta gli effetti del suo comportamento e impara a reagire a quello degli altri. Parallelamente a queste prime esperienze cliniche, si diffuse la cibernetica sotto l’impulso di Norman Wiener, disciplina che studia i meccanismi con cui uomini, animali e macchine comunicano con l’ambiente esterno e lo controllano. Wiener inizia ad interessarsi del comportamento umano attraverso una serie di studi e di riflessioni, anche se in un campo ben lontano, fino ad allora da interessi per l’uomo, ma si accorge ad un certo punto che proprio il funzionamento di certe macchine gli fornivano lo spunto per osservare l’uomo ed il suo comportamento, in un modo completamente diverso, cioè come “macchina” che comunica, che “trasmette” informazioni e che “corregge” il suo comportamento in base alle informazioni che riceve di ritorno. Questo viene realizzato attraverso due meccanismi fondamentali che vengono denominati informazione e retroazione. Secondo questi due concetti in un sistema interpersonale ogni persona influenza le altre con il proprio comportamento ed è parimenti influenzata dal comportamento altrui. La stabilità e il cambiamento inerenti al sistema sono determinati da tali circuiti di retroazione: l’informazione in ingresso può venire così amplificata (è il caso della retroazione positiva) e provocare un cambiamento nel sistema, oppure può venire neutralizzata (e allora si parla di retroazione negativa) e mantenere la stabilità dello stesso. Accanto alla cibernetica si va diffondendo la teoria generale dei sistemi che sembra offrire nuovi strumenti per comprendere realtà più complesse. Agli inizi degli anni Cinquanta in America, a Palo Alto, Boulding, un economista, Rapaport, un biomatematico, Gerard, un fisiologo e von Bertalanffy, un biologo, fondarono una società per la ricerca generale sui sistemi; le riflessioni e analisi dei risultati delle ricerche portarono ad un interessante e proficuo confronto fra diverse discipline: dalla matematica alla cibernetica, alla teoria dell’informazione e dei giochi. Enorme è stata l’influenza di questa prospettiva sulle scienze umane, in quanto ha aperto la possibilità di leggere i comportamenti dei singoli soggetti non più solo in termini di energia individuale (energia psichica, libido) ma in termini di informazione, cioè come risposta ad altri messaggi provenienti dal contesto. Ferdinand de Saussure1 definisce il sistema come «una totalità organizzata fatta di elementi solidali che non 1 Ferdinand de Saussure, Corso di linguistica generale, Bari-Roma, Laterza, 1967. ___________________________________________________________________ 39 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 possono essere definiti isolatamente ma solo in rapporto gli uni agli altri, in funzione del posto che occupano nella totalità». Sempre in questo periodo storico si colloca la produzione scientifica di Gregory Bateson. Bateson era un antropologo, sociologo e studioso di relazioni umane. Pioniere della cibernetica, Bateson ha evidenziato la relazione tra contesto di apprendimento e formazione del carattere, riprendendo la teoria dei tipi logici di Bertrand Russel, applicandola allo studio dei meccanismi di comunicazione e delle relazioni sociali, e formula assieme a Paul Watzlawich, la teoria del doppio vincolo applicandola allo studio della schizofrenia; è stato ispiratore della scuola di Palo Alto, autore di ricerche sperimentali sulla comunicazione animale, epistemologo, studioso dei processi di cambiamento delle culture… Un lungo percorso per fondare e perfezionare una scienza della mente, ovvero l’Ecologia della Mente. Ecologia per Bateson significa una complessa armonia di connessione tra le idee e le cose, la partecipazione ad una unica entità; una entità che può essere chiamata mente. Il sistema di pensiero ecologico di Bateson si basa sulla convinzione che l’unità di misura dell’evoluzione non è il singolo organismo o la singola specie, bensì “l’organismo-piùil-suo-ambiente”. Sulla base di una concezione assolutamente laica, Bateson dichiara che tutto ha la stessa struttura, dalla pietra all’essere vivente. Bateson utilizza strumenti differenti per descrivere un qualsiasi fenomeno, strumenti provenienti da discipline e campi a volte anche contrastanti, che ridanno visioni differenti dello stesso oggetto osservato; una volta fatto il confronto delle diverse descrizioni, Bateson inizia a segnalare gli elementi ricorrenti e uguali, fondamenti della forma e della struttura nel mondo, che si possono desumere da ogni descrizione raccolta: mostra una metastruttura, una rete di relazione che ritorna sulla base di principi trasversali, orizzontali. Perfino le idee stesse possono essere considerate come degli esseri viventi: soggiacciono a leggi di evoluzione, selezione e propagazione. Nel 1967 Watzlawick, Beavin e Jackson pubblicano un importante volume dal titolo Pragmatica della comunicazione umana che consacrò e diffuse nel mondo la prima teorizzazione completa dell’approccio sistemico. In questo volume riportano le riflessioni e le ricerche da loro compiute sugli effetti che la comunicazione ha sul comportamento ovvero i modi in cui ciascuno conferma, rifiuta, squalifica l’altro nella relazione. I risultati degli studi del gruppo di Palo Alto sembrano confermare che il ___________________________________________________________________ 40 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 disagio, la patologia si manifestano là dove esiste confusione a livello comunicativo e di conseguenza nell’organizzazione delle regole del sistema. L’idea del contesto come matrice dei significati applicata all’analisi dei fenomeni psicopatologici e del setting psicoterapeutico ha introdotto una rivoluzione nel modo di considerare categorie cliniche quali il sintomo, la diagnosi e il trattamento, ridefinendole in termini relazionali. Il sintomo cessa di essere trattato come un’espressione di disfunzioni individuali e viene invece assunto come informazione riguardante l’intera rete dei rapporti in cui la persona è inserita; la diagnosi non è l’attribuzione di categorie patologiche ad un singolo individuo, ma fa riferimento a modalità di funzionamento di un gruppo; l’intervento terapeutico non si fonda sull’analisi dei processi intrapsichici, ma sull’osservazione dei modelli interattivi dell’intero gruppo familiare e si propone di modificare il contesto entro il quale il disagio è emerso e mantenuto, e non soltanto le dinamiche individuali della persona portatrice di tale disagio. Diverse definizioni di contesto: da una prospettiva oggettivista al costruzionismo sociale Contesto è stato indubbiamente un concetto chiave dell’approccio sistemico alla psicoterapia fin dai suoi esordi. In generale per contesto si intende il complesso delle circostanze entro cui un determinato fatto emerge e si sviluppa. Nel corso degli anni queste circostanze sono state diversamente definite ed identificate dai terapisti sistemici, senza tuttavia che mutasse il principio metodologico a cui l’idea di contesto rimanda e che possiamo sintetizzare con le parole di Bateson2: “Senza l’identificazione del contesto non si può capire nulla. L’azione osservata è del tutto priva di senso finché non viene classificata come “gioco”, “minaccia” o quant’altro”. Il contesto, aveva scritto altrove Bateson3, è la “matrice dei significati”. Con questa definizione, questo autore non identifica cosa sia il contesto, né ci suggerisce che cosa noi dobbiamo considerare per contesto, ci fornisce invece una indicazione metodologica: nessun fatto può essere 2 3 Bateson, G., Una sacra unità, Adelphi, Milano, 1975. Bateson, G., Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1972. ___________________________________________________________________ 41 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 spiegato senza considerare l’intreccio delle circostanze entro cui tale fatto emerge e si sviluppa. Nicola Abbagnano4, nel dizionario di filosofia, definisce contesto «l’insieme degli elementi che condizionano, in un modo qualsiasi, il significato di un enunciato» e che rendono possibile afferrarne il senso. Rifacendosi alla definizione di Ogden e Richards, ulteriormente precisa: «Un contesto è l’insieme di entità (cose ed eventi) correlate in un certo modo; queste entità hanno ciascuna un carattere tale che altri insiemi di entità possono avere gli stessi caratteri ed essere connessi dalla stessa relazione; ricorrono quasi uniformemente. Un contesto letterario è un gruppo di parole, incidenti, idee ecc. che in una data occasione accompagna o circonda ciò che si dice abbia un contesto, laddove un contesto determinante è un gruppo di questa specie che non solo ricorre ma è tale che uno almeno dei suoi membri è determinato dagli altri». Una definizione, quindi, che indica come il significato psicologico di un messaggio non può essere compiutamente compreso se non analizzando i precisi significati che esso assume all’interno degli scambi tra emittente e ricevente. Nel corso degli anni e in sintonia con l’approfondimento epistemologico che ha caratterizzato la riflessione dei terapisti sistemici, la nozione di contesto è stata differentemente articolata: da una prima definizione fattuale si è passati, grazie alla introduzione di una impostazione costruttivista, alla sottolineatura della dimensione simbolica contenuta in tale nozione. Le molteplici ridefinizioni teoriche, tuttavia, non ne hanno modificato l’importanza metodologica. Non hanno cioè mutato il principio in base al quale nessun fatto può esser considerato al di fuori del complesso delle circostanze in cui si origina e si sviluppa. Ciò che è cambiato è l’idea di che cosa si debba intendere per tali “circostanze”. Secondo una prospettiva oggettivista, questo insieme di circostanze s’identifica con la realtà dentro cui gli individui compiono azioni ed intrattengono relazioni; secondo un’ottica costruttivista, il contesto si identifica invece con il sistema di rappresentazioni (più o meno condivise) in base al quale gli attori sociali costruiscono il mondo circostante e all’interno del quale compiono azioni e intrattengono rapporti. Nel primo caso l’analisi è rivolta a quelle circostanze, rilevabili da un osservatore esterno, all’interno delle quali un determinato fatto emerge; nel secondo caso, l’analisi 4 Abbagnano, N., Dizionario di filosofia, UTET, Torino, 1971. ___________________________________________________________________ 42 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 si focalizza sui significati che tali circostanze assumono in funzione dei sistemi di rappresentazioni dei vari soggetti coinvolti. Quindi si è passati da una definizione che faceva leva sugli aspetti comportamentali, interattivi e strutturali coinvolti in un determinato fatto alla considerazione degli aspetti simbolici racchiusi in questo fatto. Bateson5 aveva sottolineato che «i contesti non sono altro che categorie della mente» e che, in questo senso, non ci sono semplicemente contesti, ma contesti di contesti, sottolineando come l’idea di contesto rimandi più ad un metodo che a un oggetto. I terapeuti sistemici, tuttavia, hanno ignorato per diverso tempo questo contributo e in accordo con la cultura oggettivista predominante hanno identificato il contesto con il luogo fisico e sociale dell’interazione (indipendentemente dal fatto che fosse un’interazione familiare o terapeutica). Così, mentre nell’analisi della psicopatologia ciò che risultava centrale era la rilevazione dei modelli relazionali osservabili, nello sviluppo delle tecniche di intervento, centrale era l’identificazione delle caratteristiche strutturali-istituzionali in cui la terapia veniva condotta. In tempi più recenti, tuttavia, si è fatta strada un nuovo metodo in seno alla teoria sistemica che ha permesso di sottolineare la dimensione più simbolica del contesto. Mi riferisco all’approccio costruttivista che si è sviluppato sulle ricerche dei biologi cileni Humberto Maturana e Francisco Varela. Secondo quest’approccio ogni individuo è costruttore della realtà a partire da processi cognitivi presieduti da strutture mentali 6. A seguito di ciò il contesto dell’insorgenza e mantenimento di un sintomo è stato identificato con l’intreccio tra modelli interattivi e processi simbolici, e da questo punto di vista sono i contesti di apprendimento delle varie sindromi ad essere posti al centro dell’analisi e della ricerca. Le caratteristiche della situazione socio-istituzionale in cui la psicoterapia ha luogo inoltre non sono più state considerate come aventi un significato universalmente e oggettivamente definito. Il loro significato è considerato come costruito a partire dai sistemi di rappresentazioni dei soggetti racchiusi all’interno del contesto7. La stessa richiesta fatta allo stesso servizio, come si capisce, può avere significati diversi per pazienti diversi, poiché l’atto stesso di rivolgersi ad un servizio, le prestazioni che ci si 5 Bateson, G., Una sacra unità, Adelphi, Milano, 1975. Bogliolo, C., Psicoterapia Relazionale delle Famiglia. Teorie, tecniche, emozioni nel modello consenziente, Franco Angeli, Milano, 2001. 7 Fruggeri, L., Famiglie. Dinamiche interpersonali e processi psicosociali, Carocci, Roma, 1998. 6 ___________________________________________________________________ 43 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 aspetta di ricevere, le caratteristiche della istituzione su cui si fa affidamento per risolvere i propri bisogni, possono essere diversamente rappresentate da utenti diversi o da diverse categorie di utenti. Le rappresentazioni che i soggetti hanno di ogni singola fase, circostanza, persona, funzione implicata nel processo dell’intervento, sono diverse in quanto sono connesse alla storia individuale e sociale della persona. Questo significa che il contesto socio-istituzionale, all’interno del quale un terapista opera, non può essere universalmente e aprioristicamente condiviso, in quanto esso dipende a sua volta dai sistemi di significato delle persone implicate. Nei primi anni ’90 si è fatta strada una nuova teoria: il costruzionismo sociale. Secondo questa teoria il sé e l’identità personale sono dei costrutti delle relazioni interpersonali, che a loro volta sono determinate nel contesto sociale. Mentre il costruttivismo, quindi, fa leva sul ruolo costruttivo della persona a partire da processi cognitivi, il costruzionismo è maggiormente focalizzato sulla genesi sociale delle idee. Secondo questo punto di vista, il contesto non è semplicemente il luogo o il contenitore dell’interazione, non è neanche soltanto il sistema di rappresentazioni in base al quale i partecipanti all’interazione attribuiscono senso alle rispettive azioni e al luogo in cui l’interazione si svolge, esso è caratterizzato dalle dinamiche relazionali derivanti dai sistemi di rappresentazione e di significato dei soggetti coinvolti nell’interazione. Le aspettative delle famiglie o dei pazienti nei confronti dell’intervento terapeutico, il loro modo di rappresentarsi il luogo della terapia, i loro miti o paradigmi familiari, le loro teorie implicite relative alla malattia, così come le aspettative, rappresentazioni, miti e teorie implicite dei terapisti, vengono assunti a oggetto di analisi, non separatamente, ma per come essi si coordinano nell’azione congiunta che costruisce il processo terapeutico8. Il contesto, secondo l’approccio costruzionista, diventa la matrice dei significati delle azioni compiute dai soggetti nel corso della loro interazione. Lo stesso intervento, quindi, messo in atto da un terapista, di fronte allo stesso tipo di problema, presentato però da persone diverse può, proprio perché si coordina con persone diverse (ognuna con i propri sistemi di rappresentazione di sé, degli altri e della 8 Cronen, V., Johnson, K., Lannamann, J., Paradossi, doppi legami, circuiti riflessivi: Una prospettiva teorica alternativa. Terapia Familiare, 1983, 14, pp. 87-120). 9 Zucchelli, A., Il comprendonio. Perché è tanto difficile farsi capire dagli altri, Firenze Libri, Firenze, 1995. ___________________________________________________________________ 44 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 situazione) dare luogo alla costruzione di diversi contesti interattivi che dunque generano significati diversi dell’intervento. Il contenitore della comunicazione Il concetto di contesto da numerosi anni è al centro di un dibattito che ha coinvolto professionisti provenienti dai settori più disparati: psicologia, sociologia, antropologia, etologia, linguistica, ecc. Nonostante la molteplicità di contributi che sono stati prodotti in questo campo è possibile delimitare una serie di concetti chiave che accomunano le varie definizioni di questo concetto. Contesto, innanzitutto, può essere definito, per utilizzare le parole di Alberto Zucchelli 9 tutto ciò che, pur non appartenendo alla comunicazione, concorre a darle significato. Senza questa componente, senza questo contenitore della comunicazione, la comunicazione stessa diventa impossibile. Anche se l’attenzione di chi trasmette è concentrata sul farsi capire e quella di chi riceve sul cogliere il significato del messaggio, di fatto non si può comunicare in modo astratto, e le parole, i gesti, i fatti avverranno sempre all’interno di una situazione che non può non esistere, non può essere asettica, non può non influenzare la relazione tra i comunicanti. E’ comprensibile, per questo motivo, l’invito di Watzlawick e collaboratori10 a non limitare l’osservazione al singolo “fenomeno che resta inspiegabile finché il campo di osservazione non è abbastanza ampio da includere il contesto in cui il fenomeno si verifica”. Un evento comunicativo, un sintomo o un disagio psicologico rimangono inspiegabili, pertanto, se interpretati solo in chiave intrapsichica e isolati dall’intreccio delle relazioni nelle quali si inscrivono. Watzlawick11 e Maria Grazia Cancrini12, a questo proposito, riportano tutta una serie di esempi che chiariscono il concetto esposto precedentemente. Vorrei riportare, tuttavia, l’esperienza che mi è stata raccontata da una mia amica che lavora come insegnante presso la Scuola Media di Sant’Agata Feltria 10 Watzlawick, P., Beavin, J. H., Jackson, Don D., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971. 11 Ibidem, p. 13. 12 Cancrini M. G., Zavattini G. C., Individuo e contesto nella prospettiva relazionale, Bulzoni, Roma, 1977. ___________________________________________________________________ 45 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 (PU) e che trovo sia efficace per spiegare l’importanza del contesto e della sua comprensione. “A circa un mese dall’inizio ufficiale dell’anno scolastico si presenta in classe (si tratta di una Iª) un nuovo alunno proveniente dalla Cina trasferitosi recentemente nel paesino dell’Alta Valmarecchia con i genitori da una città più grande. Questo ragazzino da subito dimostra di essere uno studente modello nonostante le difficoltà linguistiche e integrandosi alla perfezione con i compagni di classe che lo cercano regolarmente per andare a giocare a calcio nel campetto polivalente del Comune. C’è però un aspetto del suo comportamento in classe che infastidisce notevolmente le insegnanti, compresa la mia amica ed è il suo atteggiamento nei loro confronti: sembra assente ed ha lo sguardo costantemente abbassato, quando viene interpellato mantiene questo comportamento apparentemente sottomesso, se rimproverato tende a rinchiudersi come una tartaruga incassando la testa tra le spalle. Le cause di questo problema vengono attribuite ad un’estrema timidezza da alcuni, ad una mancanza di rispetto da altri o ad un non meglio specificato problema di carattere psicologico. Parlando con un insegnante di sostegno presente all’interno della scuola viene fuori un’altra ipotesi che non era mai stata presa in considerazione e che si rivela essere quella vincente: in Cina è comune avere un atteggiamento “sottomesso” nei confronti degli insegnanti e l’atto di fissare negli occhi è considerato un affronto. Da noi, in Italia, è l’esatto opposto ed è prassi comune dire ai nostri interlocutori «guardami negli occhi mentre ti parlo!…». In questo esempio è chiaro il ruolo del contesto. E’ evidente che il comportamento di questo ragazzino, in sé non ha nulla di strano, ma si colloca in un contesto che ne deforma il contenuto rendendolo strano ed incomprensibile. Il nostro compito quando ci troviamo di fronte ad un comportamento che ci risulta inspiegabile, quindi, è proprio quello di andare ad osservare e conoscere il contesto in cui si situa, tenendo sempre presenti i nostri limiti che sono quelli ovvi di non essere mai osservatori neutrali, ma sempre in qualche modo partecipi alla situazione che abbiamo di fronte. Contesto può essere definito pertanto come un reticolo comunicativo, dominato da regole precise, in cui gli esseri umani sono costantemente inseriti. Questo concetto ha ricadute importanti nell’ambito della clinica. L’idea del contesto ___________________________________________________________________ 46 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 come matrice dei significati applicata all’analisi dei fenomeni psicopatologici e del setting psicoterapeutico ha introdotto una rivoluzione nel modo di considerare categorie cliniche quali il sintomo, la diagnosi e il trattamento, ridefinendole in termini relazionali. Il sintomo cessa di essere trattato come un’espressione di disfunzioni individuali e viene invece assunto come informazione riguardante l’intera rete dei rapporti in cui la persona è inserita; la diagnosi non è l’attribuzione di categorie patologiche ad un singolo individuo, ma fa riferimento a modalità di funzionamento di un gruppo; l’intervento terapeutico non si fonda sull’analisi dei processi intrapsichici, ma sull’osservazione dei modelli interattivi dell’intero gruppo familiare e si propone di modificare il contesto entro il quale il disagio è emerso e mantenuto, e non soltanto le dinamiche individuali della persona portatrice di tale disagio.13 Come si può vedere, quindi, senza contesto non è possibile comprendere gli individui e il loro comportamento, soprattutto se essi stanno male: i loro sintomi hanno un fortissimo valore comunicativo nel contesto in cui si verificano. Per questo i terapeuti relazionali non si concentrano tanto su cosa non funzioni nell’individuo, ma osservano cosa succede tra gli individui appartenenti allo stesso contesto. Osservando tutto il sistema contemporaneamente si possono raccogliere una serie d’informazioni importanti: Chi è l’individuo. Come si vede. Come s’immagina. Come vede il rapporto con gli altri. Come il suo comportamento condiziona gli altri. Come il comportamento degli altri lo condiziona. La stima che ha di se stesso, ecc. Se osserviamo lo stesso individuo sintomatico all’interno dell’ospedale o nel suo contesto di appartenenza ci accorgiamo che i suoi sintomi acquisiscono un significato molto diverso: l’ospedale è un ambiente fortemente normalizzante, in cui la persona 13 Malagoli Togliatti, M., Il contesto nella psicoterapia relazionale. In: Malagoli Togliatti, M., Telfner, U. (a cura di) Dall’individuo al sistema, Bollati Boringhieri, Torino, 1991. ___________________________________________________________________ 47 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 viene confrontata con una normalità precostituita, mentre nel contesto originario i suoi sintomi appaiono come un’esagerazione di un credere comune all’intero sistema. Dunque il contesto è importante per attribuire significato al comportamento e ai messaggi del soggetto, ma perché ciò sia possibile è necessario allargare il contesto, non limitarsi al mittente e al ricevente, ma allargare il campo di osservazione fino ad includere gli effetti che tale comportamento ha sugli altri, le reazioni degli altri a questi comportamento, e il contesto in cui tutto ciò accade. Il centro dell’interesse si sposta dalla monade isolata artificialmente alla relazione tra le parti di un sistema più vasto. Il contesto come messaggio Precedentemente ho detto che il contesto ha un’importanza fondamentale nel momento in cui vogliamo comprendere il significato da attribuire a un fenomeno. Ho anche detto che una caratteristica del contesto è quella di definire implicitamente o esplicitamente quali siano le regole di relazione significative e rilevanti al suo interno. Il contesto, tuttavia, possiede un’altra caratteristica fondamentale: se è vero che possiede al suo interno delle strutture qualitative e relazionali allora possono essere considerate esse stesse messaggi. Il contesto, in altre parole, può essere considerato esso stesso un messaggio su come vada intesto un certo fenomeno. Al mutare del contesto mutano anche le regole che gli sono proprie, determinando quell’inevitabile fenomeno di slittamento di contesto e quindi di confusione e incomprensione delle regole e dei significati comunicativi. Quando cambia il contesto, quindi, cambia anche il tipo di relazione (come abbiamo avuto modo di verificare personalmente durante il training nell’esperienza delle due sedie poste in posizioni differenti). In questa chiave di lettura, la classica situazione nella quale si sviluppa la nevrosi sperimentale ne è un esempio: «Negli esperimenti di Pavlov», sostiene Bateson14, «viene fornita all’animale l’informazione questo è un contesto per la discriminazione fin dall’inizio della sequenza e tale informazione viene resa sempre più difficile. Ma quando la discriminazione diviene impossibile, la struttura del contesto cambia totalmente. Le marche di contesto (context markers) ora confondono l’animale, 14 Bateson. G., Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1976. ___________________________________________________________________ 48 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 il quale si trova in una situazione che richiede decisioni basate sulla congettura o sull’azzardo e non sulla discriminazione. L’animale è posto in un tipico doppio vincolo che è presumibilmente schizofrenogenico». Nell’interazione umana i processi e i meccanismi ben più complessi, i vincoli di dipendenza e la contraddittorietà della comunicazione in contesti confusi e confondenti possono produrre effetti altrettanto patologici, come ben evidenza il famoso saggio sul doppio legame “Verso una teoria della schizofrenia” elaborato da Bateson15 e dagli altri componenti il gruppo di Palo Alto nel 1956: saggio che tanta influenza ha esercitato nella riconcettualizzazione della patologia. Secondo questa teoria (assolutamente rivoluzionaria rispetto a tutte le precedenti legate sempre all’evidenziazione di un deficit organico o psichico) i sintomi della schizofrenia non sono altro che un modo di comunicare che diventa congruo e comprensibile se inserito all’interno del contesto in cui avviene. Ovviamente gli esempi che ho riportato fanno riferimento a condizioni patogene e alterate che sono il prodotto di una comunicazione disturbata, che rende incomprensibili i messaggi. Solitamente gli individui sono in grado di identificare correttamente i vari contesti attraverso il riconoscimento dei context marker (si tratta di messaggi che possono essere rappresentati da un elemento dell’ambiente, dal comportamento di un con specifico che ci permettono di riconoscere un determinato contesto), richiamando le proprie precedenti esperienze in contesti di quel tipo, adattando di conseguenza il proprio comportamento e le proprie aspettative circa il comportamento altrui, selezionando una data classe di comportamenti, tra i molti possibili, in quanto appropriati. L’interazione può essere dunque segmentata in contesti, ciascuno contrassegnato da metasegnali, il riconoscimento dei quali attiva in un soggetto una classe di comportamenti, in relazione alle esperienze precedenti16. Secondo questo concetto, contesto non è un semplice sinonimo di circostanze obiettive ma rimanda a precedenti contesti di apprendimento. Bateson17 ha identificato una serie di segnali non verbali il cui riconoscimento da parte del soggetto permette di contestualizzare le loro comunicazioni. Questi segnali 15 Bateson, G., Jackson, D. D., Haley, J., Weakland, J. H., in Cancrini (a cura di), Verso una teoria della schizofrenia, Boringhieri, Torino, 1977. 16 Viaro, M., «Concetto di contesto e teoria sistemica». In: Di Blasio, P., Contesti relazionali e processi di sviluppo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1995. 17 Ibidem. ___________________________________________________________________ 49 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 metacomunicativi sono: mood signals, vale a dire segnali che informano circa la disposizione interna, lo stato emotivo del soggetto; messaggi che simulano i precedenti, per esempio, nell’istrionismo, o nell’inganno; messaggi che permettono a chi li riceve di distinguere i primi dai secondi (il messaggio “questo è un gioco” appartiene a questa categoria). I mood signals, in particolare, informano circa l’umore, lo stato emozionale e la disposizione interna del soggetto. Nelle specie sociali non umane, questi segnali liberano, con un rigido meccanismo chiave-serratura, una risposta comportamentale automatica nel con specifico; questa risposta rappresenta un segnale che a sua volta agisce retroattivamente con analogo meccanismo, sul primo individuo. Anche nell’uomo, sottolinea Bateson, pur essendo i meccanismo molto meno rigidi, vi è tuttavia una tendenza a rispondere in modo automatico a questi segnali fondamentali di relazione, affidati prevalentemente al comportamento non verbale e al codice analogico. In questo senso la relazione definita da questi segnali non verbali è il contesto necessario per la decodificazione del significato del linguaggio. Bateson denomina frame il particolare contesto che si costituisce mediante questi segnali metacomunicativi. Tale concetto viene utilizzato per rappresentare quell’interfaccia attraverso cui gli esseri viventi entrano in relazione con la realtà. Secondo l’autore ogni cultura elaborerebbe un insieme istituzionalizzato di copioni (scripts) che dettano non solo criteri di rilevanza tra informazioni, ma anche ruoli reciproci da osservare e modi di strutturare l’interazione. Ecco un esempio riportato da Maurizio Viaro che può essere utile per comprendere questo concetto. Tannen e Wallet18 analizzano una consultazione pediatrica che si svolge in un centro di formazione, dove le visite vengono videoregistrate a uso degli studenti. Il pediatra in questa situazione alterna tre diversi tipi di registro linguistico e intonativo (commutazioni di codice): il motherese (linguaggio degli adulti indirizzato ai bambini), il tono professionale, il tono conversazionale convenzionale. L’adozione dell’uno o dell’altro registro lessicale è 18 Tannen, D., Wallet, C., Inetractive Frames and Knowledge Schemas in Interaction: Examples from a Medical Interview, Social Psychology Quarterly 50.2: p.205-216. ___________________________________________________________________ 50 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 sufficiente a designare un interlocutore (facendo “come se” gli altri non fossero presenti) e un certo tipo di attività, proiettando un seguito immediato al quale tutti gli altri partecipanti si adattando. Il frame d’incontro sociale richiede che il pediatra stabilisca un rapporto con la madre e intrattenga il bambino, ignorando del tutto telecamera e operatore. Il frame dell’esame clinico in un centro di addestramento richiede che il pediatra si accerti che operatore e cinepresa siano pronti (per poi ignorarli) e che compia determinate manovre guadagnandosi la collaborazione del bambino, spiegando in tono neutro e linguaggio tecnico quanto va evidenziando. Infine, il frame di consultazione richiede che dia le proprie spiegazioni alla madre, tenendo il bambino in attesa, e ignorando tutti gli altri. Ciascun frame si riferisce non solo a criteri di rilevanza di alcune informazioni rispetto ad altre, ma detta anche dei ruoli, copioni e strutture d’interazione, alle quali tutti di regola si allineano: per esempio, quando si seleziona una persona particolare come interlocutore principale, e di altri come semplici spettatori autorizzati. Successivamente tale concetto è stato ripreso dallo psichiatra William F. Fry e dal sociologo Erving Goffman. Nell’interazione, quindi, è frequente il passaggio da un frame ad una altro, passaggi che vengono segnalati mediante variazioni intonative, cenni non verbali, ma anche mediante indicatori strettamente lessicali, come appunto la variazione di codice (nell’esempio, il passaggio a una terminologia tecnica, a un linguaggio informale, o al motherese). Le caratteristiche di un frame sono state così riassunte da Bateson: un frame è esclusivo, in quanto seleziona, escludendole, alcune informazioni come irrilevanti; è inclusivo, in quanto esalta alcune informazioni come rilevanti rispetto ad altre; è legato alla percezione, in quanto organizza una Gestalt percettiva; è metacomunicativo, in quanto qualifica altri messaggi elementari, modificandone il significato; un frame è, infine, in relazione alle premesse implicite che guidano un soggetto (al modo di punteggiare la sequenza di eventi). Una volta definito un frame, ognuno di noi si comporta “come se” alcune informazioni o dati percettivi non esistessero: alcune informazioni vengono attivamente represse, escluse e vanno a costituire uno sfondo, rispetto a quelle che vengono incluse come ___________________________________________________________________ 51 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 figura. Il contesto (o un frame) come si è visto non sono da intendersi come “ciò che limitano” l’individuo, e neppure come dei contenitori “dentro” i quali stanno le persone o le loro azioni. Le persone e ciò che esse fanno creano un intreccio di relazioni che contestualizzano le loro comunicazioni, “un tessuto di contesti e di messaggi che propongono un contesto (ma che, come tutti i messaggi, hanno “significato” solo grazie al contesto). I messaggi creano contesti, che ininterrottamente danno significato ai messaggi. E questo intreccio di relazioni è in costante movimento, in evoluzione19. Il contesto di apprendimento Il concetto di apprendimento è inseparabilmente collegato da Bateson al concetto di contesto nel senso che nessun apprendimento è concepibile al di fuori di un contesto ipotizzato come avente carattere di ripetibilità. Questa definizione, quindi, presuppone un’assunzione circa la costanza del contesto: presuppone, cioè, che la situazione al momento t2 sia riconosciuta dal soggetto in qualche modo come la stessa situazione al momento t1. In caso contrario, ci si troverebbe di fronte semplicemente a una risposta diversa in una situazione diversa, quindi a un apprendimento 0. L’assunzione della costanza del contesto è per Bateson la pietra angolare per l’utilizzazione della teoria dei tipi logici (secondo questa teoria esiste discontinuità fra una classe e i suoi elementi: la classe non può essere un elemento di se stessa e uno degli elementi non può essere la classe). In altri termini, ciò che assicura la stabilità dell’identità psicologica dell’individuo è la costanza dei segni di riconoscimento del contesto (detti anche marche di contesto o context marker), che costituiscono impliciti e indispensabili criteri di osservazione, di decodifica e di analisi degli innumerevoli contesti relazionali all’interno dei quali l’individuo viene a trovarsi. La relazione tra contesto di apprendimento e formazione del carattere, definita da 19 Bertrando, P., Testo e Contesto. Narrativa, postmoderno e cibernetica, Connessioni, Rivista dei Centri di Terapia della Famiglia. ___________________________________________________________________ 52 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Bateson20, può essere sinteticamente illustrata nei seguenti punti: L’apprendimento 0, avviene quando il soggetto che apprende è preprogrammato per dare risposte stabilite. La fame, la sete, e probabilmente alcuni livelli dell’interesse sessuale, sono esempi di comportamenti "cablati". Non c’è alcuna scelta nell’esperienza di questo livello: si ha fame o si ha sete. Apprendimento 1: Bateson fornisce numerosi esempi di apprendimento 1 citando l’apprendimento in laboratorio, così come viene descritto negli esperimenti psicologici: abituazione, condizionamento Pavloviano, apprendimento strumentale, apprendimento meccanico e annullamento che avviene in mancanza di rinforzo. Ciascuno di questi fenomeni, illustra un cambiamento che non è caratteristico del livello 0 di apprendimento. In altri termini, può accadere che un soggetto, agendo in un particolare contesto, apprenda una nuova risposta, modificandosi in tal modo l’insieme delle alternative tra cui operare la scelta, da quel momento in poi. Un contesto di apprendimento è definito da un pattern di contingenze di rinforzi, il contesto pavloviano classico è, per esempio, definito dal seguente pattern: se si dà lo stimolo e un dato intervallo di tempo, allora segue il rinforzo. Il concetto di deuteroapprendimento, o apprendimento di tipo 2 (apprendere ad apprendere) consiste nella capacità di discernere fra livelli comunicativi di diverso tipo logico che sono solitamente riconoscibili attraverso delle etichettature (cornici, contesti). Bateson dice che il deutero-apprendimento consiste nell’apprendere a riconoscere e a sapere interagire dinamicamente con queste etichettature che contrassegnano i messaggi. Nel deutero-apprendimento viene appreso un modo di segmentare gli eventi , un modo di vedere le cose. Il contesto porta con se', accanto agli eventi esterni, anche il comportamento del soggetto, ma questo comportamento, regolato dall'apprendere ad apprendere, sarà tale da plasmare il contesto globale fino ad adattarlo alla segmentazione voluta. Bateson afferma che il deutero-apprendimento ha una sua funzione specifica nell’economia dei processi del pensiero cioè, che tendiamo ad utilizzare gli stessi canali neuronici, configurati in un determinato contesto, in 20 Viaro, M., «Concetto di contesto e teoria sistemica». In: Di Blasio, P., Contesti relazionali e processi di sviluppo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1995. ___________________________________________________________________ 53 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 contesti simili per evitare dispendio di energia. Tale Apprendimento 2 viene a costituire per Bateson il prototipo di un certo tipo di fatalismo. L’apprendimento di tipo 3 può essere considerato un vero e proprio cambiamento dei punti di riferimento (una sorta di riorientamento cognitivo). Secondo Bateson è questa un’evenienza abbastanza difficile, visto il grado di rigidità e di autoconvalida che possiede l’apprendimento di tipo 2. Si tratta dunque di un processo di liberazione, di disintossicazione, un po’ misticismo zen, un po’ pratica clinica. Nell’apprendimento di tipo 3 avviene una ridefinizione dell’io. Come si può vedere, il passaggio da un livello ad un altro implica la capacità di generalizzazione, attribuendo il caso singolo ad una classe di casi, e di particolarizzazione, applicando le proprietà di una classe al caso singolo. Questo modello logico e gerarchico dei livelli di apprendimento non è, dunque, unidirezionale: l’uomo è in grado di gestire procedimenti induttivi, per generalizzazione (parte tutto), e deduttivi, per particolarizzazione (tutto parte); è, inoltre, capace di attuare procedimenti abduttivi, cioè il passaggio trasversale parte/parte o tutto/tutto. I concetti che ho espresso a proposito del contesto di apprendimento hanno un’importante cruciale nella pratica clinica: il superamento dei paradossi e delle situazioni di doppio vincolo, infatti, si possono attuare mediante la rottura con il contesto di riferimento, e attraverso la relativizzazione mediante il passaggio ad un contesto più generale. Il passaggio ad un contesto più ampio permette, quindi, di considerare il paradosso “dal di fuori”. Scrive Bateson: «L’apprendimento dei contesti della vita è cosa che deve essere discussa non come fattore interno, ma come una questione di relazione esterna tra due creature […]. Come la visione binoculare fornisce la possibilità di un nuovo ordine d’informazione (sulla profondità), così la comprensione (conscia e inconscia) del comportamento attraverso la relazione fornisce un nuovo tipo logico di apprendimento (deuteroapprendi-mento) […]. Io sostengo che esiste un apprendimento del contesto, un apprendimento che è diverso da ciò che vedono gli sperimentatori, e che questo apprendimento del contesto scaturisce da una specie di descrizione doppia, che si accompagna alla relazione e all’interazione; come tutti i tipi di apprendimento contestuale, anche questi temi di ___________________________________________________________________ 54 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 relazione si autocondividono». Secondo Bateson, ogni sottovalutazione dell’importanza del contesto di apprendimento porta alla sopravvalutazione delle determinanti individuali e, alla lunga, genetiche del comportamento umano. Il contesto in campo clinico Mara Selvini Palazzoli nel 1970, quando ha iniziato a interessarsi in modo sempre più specifico del discorso relazionale, ha dedicato al concetto di contesto un breve articolo che ha influenzato parecchie generazioni di terapeuti della famiglia soprattutto in Italia (Contesto e metacontesto nella psicoterapia della famiglia). In questo lavoro la Selvini afferma che «… parole, frasi, constatazioni e comportamenti assumono significato in rapporto alla situazione in cui vengono osservati, cioè a quelle particolari circostanze che, in un preciso momento, circondano una persona (o più persone) e ne influenzano in comportamento». Sempre in quest’articolo l’autrice si occupò delle implicazioni di questo concetto nella pratica clinica dello psicoterapeuta sottolineando la diversa lettura di un contesto da parte dei partecipanti. Per indicare la possibilità di una diversa lettura, di una diversa attribuzione di significato, la Selvini parla di slittamento di contesto: sottolinea che le regole implicite ed esplicite che definiscono i ruoli, le relazioni e le aspettative di coloro che partecipano a un certo contesto comunicativo possono non essere condivise. Per creare un contesto terapeutico il terapeuta deve fare attenzione a tutti quei fattori che influenzano la relazione terapeutica senza venire esplicitamente espressi. Dice la Selvini: «… senza un quadro di riferimento contestuale condiviso almeno su un livello minimo, il fraintendimento e il deragliamento comunicativo sono inevitabili. Per creare un contesto terapeutico è necessario un rapporto di fiducia che il lavorare assieme alla soluzione di un problema possa portare a qualcosa di potenzialmente valido».21 Afferma anche che: «permanere nella confusione dei contesti equivale a permanere nella confusione dei significati». 21 Malagoli Togliatti, M. «Il contesto nella psicoterapia relazionale». In: Malagoli Togliatti, M., Telfener, U., (a cura di) Dall’ individuo al sistema. Manuale di psicopatologia relazionale, Bollati Boringhieri, Torino, 1991. ___________________________________________________________________ 55 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 L’esistenza o meno di tale contesto deve essere continuamente sottoposta a controllo (metacontesto). Solo comunicando sulla comunicazione (meta-comunicazione) e sul contesto in cui essa a luogo, i messaggi possono acquisire un significato condivisibile. Il terapeuta deve quindi interrogarsi per capire se il suo punto di vista sul contesto sia condiviso o meno dai membri della famiglia che partecipano agli incontri terapeutici, e cerchi di chiarire quali sono le aspettative, le finalità e gli obiettivi propri e dei membri della famiglia. Poiché il contesto è matrice di significati, in campo clinico-diagnostico lo psicoterapeuta dovrà fare attenzione all’influenza esercitata dall’insieme dei gruppi di cui l’individuo fa parte (scuola, lavoro, famiglia), dalle reazioni del sistema sociale al comportamento deviante di cui l’individuo si è reso protagonista; ma anche al processo di sviluppo della sua modalità di relazionarsi, cioè al suo contesto di apprendimento. Non abbiamo, quindi, un singolo “luogo di osservazione”. Abbiamo al contrario una rete di rapporti che si evolve continuamente fra una molteplicità irriducibile di luoghi di osservazione e di spiegazione che si mischiano e correlano continuamente tra di loro. Non esiste, quindi, un vero contesto ma una situazione con regole, ruoli, aspettative e funzioni costruiti dai suoi partecipanti. Il contesto non ci si presenta ordinatamente in collaborativo, terapeutico, giudiziario, accusatorio e così via. Queste sono divisioni che operiamo noi stessi con vari scopi. Proprio questa soggettività richiede uno sforzo particolare per conoscere l’oggettività peculiare di ogni specifico luogo d’intervento. Come si è visto, quindi, è possibile arrivare a comprendere il comportamento umano secondo un’ottica relazionale, inserendo tale comportamento nel contesto in cui si manifesta. Partendo da questo presupposto è chiaro che il comportamento disturbato (apparentemente inspiegabile) può essere considerato come adeguato alla situazione comunicativa in cui è inserito. Se osserviamo, ad esempio, lo stesso individuo sintomatico all’interno dell’ospedale o nel suo contesto di appartenenza ci accorgiamo che i suoi sintomi acquisiscono un significato molto diverso: l’ospedale è un ambiente fortemente normalizzante, in cui la persona viene confrontata con una “normalità” precostituita, mentre nel contesto originario i suoi sintomi appaiono come un’esagerazione di un credere comune all’intero sistema. Il tentativo di cambiare, cioè di togliere il disagio ed il malessere del singolo individuo, passerà, ovviamente, per una strada diversa, sarà cioè il tentativo di cambiare la ___________________________________________________________________ 56 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 situazione comunicativa che vive quel dato individuo e che in qualche modo sembra determinare l’esistenza del problema. Il lavoro psicoterapeutico viene così inteso come un lavoro di rielaborazione della propria storia nel senso che, con l’aiuto del terapeuta, il singolo individuo, la coppia, la famiglia escono dal contesto in cui sono immersi, ristrutturano i dati della loro storia passata ed attuale in quanto creano e trasformano nuovi processi storici di cui diventano protagonisti. Dice Maria Grazia Cancrini22 «Nel momento in cui non pensiamo più al disturbo mentale come da un congegno che si è rotto dentro l’individuo, come la psicopatologia classica l’ha sempre considerato, ma lo consideriamo come l’espressione di una comunicazione in qualche modo adeguata al contesto, ciò che tenteremo di cambiare sarà la situazione in cui questa comunicazione avviene, cioè il sistema interattivo che ha fra le sue regole quella comunicazione; su tali presupposti gli strumenti del cambiamento saranno ovviamente quelli della comunicazione, verbale e non verbale, digitale e analogica». Secondo la teoria del doppio legame, il sintomo schizofrenico viene considerato come il tentativo di non comunicare, di “non esserci”, al fine di sfuggire al dilemma presentato dalla comunicazione paradossale, è evidente come in questa situazione lo sforzo del terapeuta, cioè della persona cui viene richiesto un cambiamento, dovrà essere quello di modificare la rete di messaggi paradossali ed incongrui che vengono a determinare la situazione schizofrenica. Nel corso degli ultimi anni il concetto di contesto è divenuto sempre più articolato e complesso in quanto i “luoghi” in cui si situa la relazione terapeutica si correlano a problematiche più ampie. I terapisti sistemici cominciano a constatare che il dove viene condotta la psicoterapia non è soltanto un contenitore di azioni, ma una variabile incidente sull’effetto di tali azioni. Prendono così atto che non sono soltanto i comportamenti dei membri della famiglia ad assumere significati in relazione alla situazione; il principio della contestualizzazione vale anche per le azioni dei terapisti. Ad esempio il rapporto tra contesto pubblico e contesto privato implica un’analisi delle modalità secondo cui psicoterapeuta e utente si mettono in relazione tra di loro in situazioni sociali diverse. Ad esempio si è potuto constatare che nell’ambito privato la domanda del cliente-paziente è orientata dalla competenza del terapeuta cui egli si 22 Cancrini M. G., Zavattini G. C., Individuo e contesto nella prospettiva relazionale, Bulzoni, Roma, 1977. ___________________________________________________________________ 57 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 rivolge e dalla tecnica che questi utilizza. Il terapeuta a sua volta prende in carico il paziente valutando se esistono le condizioni necessarie e indispensabili per applicare quella specifica tecnica psicoterapeutica alla situazione in esame. Nell’ambito del servizio pubblico la domanda di aiuto che viene rivolta al terapeuta è estremamente eterogenea e può essere fatta da o per utenti di differente età e differente diagnosi clinica, provenienti da contesti socioculturali anch’essi molto differenti tra di loro. Quanto i diversi contesti influiscano sulla relazione ci viene indicato anche dal nome con cui i partecipanti a tale relazione vengono indicati: terapeuta-cliente nel privato, operatore-utente-paziente nel pubblico. Anzi, nel pubblico si ha la doppia denominazione utente-paziente, che in genere distingue chi ha già una diagnosi psichiatrica (paziente) e si rivolge a un servizio di salute mentale, da chi non è stato etichettato e si rivolge a quello o ad altri servizi sociosanitari. In questi ultimi anni è stato compiuto in modo accurato un lavoro d’indagine e di riflessione sull’intervento relazionale-sistemico in contesti non terapeutici. In questa direzione si sono mossi numerosi autori: prima fra tutti la Selvini Palazzoli occupandosi di macrosistemi; Malagoli Togliatti approfondendo le esperienze d’intervento da parte degli operatori che svolgono ruoli non terapeutici o, più recentemente, Stefano Cirillo attraverso un lavoro di valutazione e di controllo per la tutela del minore attraverso le esperienze del centro milanese per il bambino maltrattato. Conclusioni Per studiare il comportamento umano, abbiamo visto nei paragrafi precedenti della tesi, non possiamo isolare l’individuo dal suo contesto, ma dobbiamo sempre considerare gli effetti che il suo comportamento ha su gli altri, le loro reazioni e il contesto in cui avviene l’interazione. Ne deriva che, se pensiamo che per studiare il comportamento umano dobbiamo prendere in considerazione la relazione tra le parti all’interno di un sistema, allora studieremo la comunicazione umana come veicolo delle manifestazioni comportamentali osservabili nella relazione stessa. Come ha affermato Gregory Bateson la comunicazione si crea attraverso le incessanti ___________________________________________________________________ 58 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 alchimie e trasformazioni che si generano all’interno delle relazioni tra gli elementi che compongono il sistema; la comunicazione, dunque, nasce e si sviluppa nel segno delle differenze e del cambiamento, in un universo di messaggi che acquisiscono un chiaro significato solamente se collocate nel loro contesto relazionale e ambientale. Il contesto, tuttavia, non è da intendersi come “ciò che limita” l’individuo, e neppure come un contenitore “dentro” il quale stanno le persone o le loro azioni. Le persone e ciò che esse fanno creano un intreccio di relazioni che contestualizzano le loro comunicazioni. Come ha affermato Minuchin «… la vita psichica di un individuo non è un processo totalmente interno. L’individuo influenza il suo contesto e ne è influenzato tramite costanti e ricorrenti sequenze interattive» I messaggi creano contesti, che ininterrottamente danno significato ai messaggi. E questo intreccio di relazioni è in costante movimento, in evoluzione. Abbiamo visto, infine, come ciò che assicura la stabilità dell’identità psicologica dell’individuo sia la costanza dei segni di riconoscimento del contesto (detti anche marche di contesto o context marker), che permettono di discriminare tra gli innumerevoli contesti relazionali all’interno dei quali l’individuo viene a trovarsi. L’interazione può essere dunque segmentata in contesti, ciascuno contrassegnato da metasegnali, il riconoscimento dei quali attiva in un soggetto una classe di comportamenti, in relazione alle esperienze precedenti. Secondo questo concetto, contesto non è un semplice sinonimo di circostanze obiettive ma rimanda a precedenti contesti di apprendimento. Perché parliamo di contesto Perché descrivere per quasi metà tesina il contesto e la sua importanza ? A mio avviso il contesto è la parte più importante per definire sia la malattia che la cura. Questo perché per poter tracciare delle linee, o ipotizzare una causa per cui quella persona possa avere agito in quella determinata maniera invece che in un’altra, bisogna in primo, valutare il contesto della persona. Si prenderanno in considerazione tutti gli aspetti quotidiani che caratterizzano la persona, analizzandoli e spiegando il motivo di determinate scelte e meccanismi messi in atto nelle diverse situazioni. Che si tratti di un colloquio fra ___________________________________________________________________ 59 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 psicologo e paziente, o musicoterapeuta e gruppo disabile grave non cambia niente, il contesto di essi ha influenzato positivamente o negativamente lo sviluppo della persona, determinando la causa della malattia. Ad esempio L., sano di nascita, assiste alla morte del padre, fatto a cui nessuno di noi vorrebbe mai assistere. In questo modo il contesto inizia ad entrare in gioco, modificando la crescita della persona. Il contesto quindi è portatore di messaggio e senza di esso a mio avviso non vi sarebbe una concreta presa in carico. Decido quindi di inserire in questo paragrafo il lavoro che ho individualmente svolto con N. poiché con lui più che con gli altri, è necessario soffermarsi su tutti gli aspetti non verbali e sul contesto che lo circonda in quanto egli non è in grado di fornire risposte concrete alle attività e agli stimoli, mentre come già spiegato, il contesto è alla base del messaggio, messaggio come matrice di significati. Per parlare di N. è però necessario introdurre la patologia dalla quale è affetto: l’autismo. L’autismo Dal mio punto di vista le persone affette da autismo sono come un sole che non sprigiona né luce né calore. Questo perché, riferendomi alla mia esperienza con un autistico grave, quando si prova ad entrare in comunicazione con loro è come cercare un punto di incontro tra due rette parallele, destinate a non incrociarsi mai. In realtà tale affermazione è un’esagerazione, in quanto nell’autismo esistono speranze di incontro e avvengono per lo più in contesti che non utilizzano il canale verbale. Ecco perché la musicoterapia e altre forme terapeutiche non verbali sono importanti forme di comunicazione e di apertura. ___________________________________________________________________ 60 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 L'autismo è un disturbo di cui attualmente l'eziologia (ossia la causa) non è nota. E' per questo che la diagnosi viene ancora effettuata in base ad indicatori comportamentali. Ciò significa che come sintomi vengono considerati specifici comportamenti del paziente. Tale modalità di classificazione e diagnosi del ''disturbo autistico'' è quella attualmente adottata dai due manuali diagnostici più utilizzati: il DSM IV e l'ICD 10. Essi forniscono semplicemente una griglia d'osservazione (la più diffusa, ma non univocamente accettata) che lo specialista potrà seguire per la diagnosi. Attualmente molti quadri sintomatici differenti vengono designati (talvolta anche impropriamente) con il termine autismo. Per questo si preferisce spesso parlare più genericamente di disturbi dello spettro autistico. All'interno di tale definizione si fanno oggi rientrare tutte quelle patologie caratterizzate da gravi alterazioni del comportamento, della comunicazione e dell'interazione sociale. Questo tipo di disturbi è classificato dall'American Psychiatric Association (DSM IV) col nome di Disturbi generalizzati dello sviluppo, poiché altera diffusamente la normale evoluzione della personalità. In questa sezione diamo una descrizione in generale dei tre disturbi dello sviluppo più studiati (autismo, sindrome di Asperger e sindrome di Rett), per poi analizzare più in dettaglio quanto riportato a questo proposito dal DSM IV e dall'ID 10. Autismo, Descrizione generale Visione d'insieme L'autismo è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo che interessa la funzione cerebrale. Normalmente i sintomi sono rilevabili entro il secondo/terzo anno di età e si manifestano con gravi alterazioni nelle aree della ___________________________________________________________________ 61 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 comunicazione verbale e non verbale, dell'interazione sociale e dell'immaginazione o repertorio di interessi. Le persone con autismo presentano spesso problemi comportamentali che nei casi più gravi possono esplicitarsi in atti ripetitivi (rituali, stereotipie, ecc.), anomali, auto o etero-aggressivi. L'autismo si trova a volte associato ad altri disturbi che alterano in qualche modo la normale funzionalità del Sistema Nervoso Centrale: epilessia, sclerosi tuberosa, sindrome di Rett, sindrome di Down, sindrome di Landau-Klefner, fenilchetonuria, sindrome dell'X fragile, rosolia congenita. L'incidenza varia da 2 a 20 persone su 10.000, a seconda dei criteri diagnostici impiegati e colpisce i maschi 4 volte di più che le femmine in tutte le popolazioni del mondo di ogni razza o ambiente sociale. L'autismo fu descritto come quadro clinico per la prima nel 1943 da Leo Kanner. I sintomi I sintomi riguardano le tre aree della personalità viste più sopra (comunicazione verbale e non verbale, interazione sociale e immaginazione o repertorio di interessi). Comunicazione verbale e non verbale La persona utilizza il linguaggio in modo bizzarro o appare del tutto muta; spesso ripete parole, suoni o frasi che sente pronunciare (ecolalia). Anche se le capacità imitative sono integre, queste persone spesso hanno notevoli difficoltà ad impiegare i nuovi apprendimenti in modo costruttivo in situazioni diverse. Spesso è presente ritardo mentale. ___________________________________________________________________ 62 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Interazione sociale Apparente carenza di interesse e di reciprocità con gli altri; tendenza all'isolamento e alla chiusura; apparente indifferenza emotiva agli stimoli o ipereccitabilità agli stessi; difficoltà ad instaurare un contatto visivo (es. guardare negli occhi le persone), ad iniziare una conversazione o a rispettarne i turni, difficoltà a rispondere alle domande e a partecipare alla vita o ai giochi di gruppo. Non è infrequente che bambini affetti da autismo siano inizialmente diagnosticati come sordi, perché non mostrano alcuna reazione, come se non avessero udito appunto, quando sono chiamati per nome. Immaginazione o repertorio d’interessi Di solito un limitato repertorio di comportamenti viene ripetuto in modo ossessivo; si possono osservare sequenze di movimenti stereotipati (per es. torcersi o mordersi le mani le mani, sventolarle in aria, dondolarsi, ecc.) detti appunto stereotipie. Queste persone possono manifestare eccessivo interesse per oggetti o parti di essi, in particolare se hanno forme tondeggianti o possono ruotare (biglie, trottole, eliche, ecc.). Si riscontra una resistenza al cambiamento che per alcuni può assumere le caratteristiche di un vero e proprio terrore fobico. La persona può esplodere in crisi di pianto o di riso. Può diventare autolesionista, iperattiva ed aggressiva verso altro o verso oggetti. Al contrario alcuni mostrano un'eccessiva passività e ipotonia che sembra renderli impermeabili a qualsiasi stimolo. La gravità e la sintomatologia dell'autismo variano molto da individuo a individuo e tendono nella maggior parte dei casi a migliorare con l'età (soprattutto se il ritardo mentale è lieve o assente), anche se una remissione totale dei sintomi è un evento ___________________________________________________________________ 63 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 particolarmente raro. Possibili cause Non è stata individuata una causa specifica per l'autismo, anche se molti e diversi sono i fattori osservati che possono contribuire allo sviluppo della sindrome. Poiché nel 60% dei casi gemelli omozigoti (che hanno lo stesso patrimonio genetico) risultano entrambi affetti, con tutta probabilità una componente genetica esiste, anche se non è il solo fattore scatenante: in questo caso la percentuale di concordanza dovrebbe essere non del 60% ma del 100%. Gli studi di genetica si stanno attualmente concentrando su alcune regioni dei cromosomi 7 e 15. Come fattori implicati sono stati riscontrate anche anomalie strutturali cerebrali (cervelletto, amigdala, ippocampo, setto e corpi mammillari), anomalie a livello di molecole che hanno un ruolo nella trasmissione degli impulsi nervosi nel cervello (serotonina, beta-endorfine). Come precedentemente visto, l'autismo può inoltre presentarsi insieme ad altre sindromi già note: X-fragile, sclerosi tuberosa, fenilchetonuria (non trattata) e rosolia congenita. E' importante ribadire che nessuno dei fattori precedentemente illustrati può essere identificato come "la causa dell'autismo", poiché, anche presi tutti insieme, essi rendono conto solo di una parte della popolazione di persone affette da autismo. ___________________________________________________________________ 64 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Trattamenti Data l'alta variabilità individuale, non esiste un intervento specifico valido per tutti allo stesso modo. Inoltre raramente è possibile ottenere la remissione totale dei sintomi. Per questo sono molti e diversi i trattamenti rivolti all'autismo. Gli unici però supportati da studi scientifici sulla loro validità sono gli interventi di tipo comportamentale e quelli di tipo farmacologico. Gli interventi educativo-comportamentali risultano tanto più efficaci quanto più i bambini sono piccoli. Gli interventi più efficaci risultano spesso essere quelli effettuati in età precoce. L'intervento si basa su un training altamente strutturato e spesso intensivo adattato individualmente al bambino. I terapisti lavorano sullo sviluppo delle capacità sociali e di linguaggio. L'impiego dei farmaci è volto alla riduzione o all'estinzione di alcuni comportamenti problematici o di disturbi associati come l'epilessia e i deficit di attenzione, col fine di evitare ulteriori aggravamenti o per migliorare la qualità della vita. Anamnesi di N. N. si presenta come un ragazzo che, malgrado sia tendenzialmente restio al contatto sociale, si dimostra vivace, dinamico e sembra aver raggiunto una qualche consapevolezza sociale. Anche se il suo atteggiamento è quasi sempre passivo, vale a dire di attesa che la relazione si concretizzi grazie all’avvicinamento alle situazioni sociali per esplorarle e stabilire un contatto. ___________________________________________________________________ 65 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 N. stabilisce delle relazioni gradualmente: inizia con un contatto fisico fortuito che è agevolato dal suo stereotipo movimento delle mani con le quali tocca l’altro e poi, annusa la propria mano per captare, evidentemente, odori familiari che lui può identificare come rassicuranti o, al contrario sconosciuti. In quest’atteggiamento si può, forse, dedurre una qualche apertura all’altro che si protrae nel tempo e si ripete in tutte le occasioni in cui N. incontra la stessa persona, mostrando in questo modo, anche una certa intenzionalità alla relazione sociale. Anche lo sguardo di N. non è sempre evitante, ma si può osservare, ogni tanto, la ricerca dell’altro attraverso sguardi seppure sfuggenti e di qualche secondo. Inoltre, N. dimostra anche una certa capacità ad esprimere stati affettivo – emozionali come ad esempio il mettere attraverso gesti intenzionali come ad esempio il mettere un braccio intorno alla spalla di un’altra persona (solitamente l’operatore) o cercando la mano dell’altro per tenerla nella sua per molto tempo. A volte, la relazione è solo strumentale e messa in atto per raggiungere propri scopi: può accadere che N. si avvicini ad una persona per sollecitare proprie stimolazioni sensoriale, toccando delle parti morbide dell’altro con le mani (ma verso cui si dirige, a volte, anche con il viso), traendone visibile piacere tattile. Per quanto riguarda il linguaggio e la comunicazione, N. presenta notevoli difficoltà: non ho ancora osservato in lui la capacità di esprimere, anche solo attraverso gesti di assenso o di dissenso, una sua opinione o preferenza, quando gli si rivolge una domanda. La sua volontà la si deduce attraverso il comportamento improvviso di tutto il corpo: N. è capace di chiedere qualcosa solo attraverso il suo avvicinarsi prepotentemente verso la meta desiderata in quel momento, oppure, attraverso l’allontanarsi da essa. In certi momenti, emette dei suoni che assomigliano ad una cantilena ma non appaiono specifici di una data situazione. Mostra di possedere delle abilità (mangiare utilizzando le posate, vestirsi e svestirsi durante l’utilizzo dei servizi igienici) ma, spesso, ha bisogno di essere continuamente stimolato per intraprendere tali attività. Infatti, N. tende ad un atteggiamento dipendente, attendendo che sia l’operatore ad aiutarlo o a stimolarlo a fare da sé. Il comportamento di N. appare abbastanza ripetitivo: tende a girovagare per il centro diurno, a volte, mettendo in atto una specie di gioco con l’operatore, facendosi inseguire e verificando che ciò stia avvenendo, girandosi spesso all’indietro e, in alcuni casi, ___________________________________________________________________ 66 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 sorridendo e mostrandosi divertito. Tende ad intrattenersi in attività legate al movimento della mano che tocca il proprio corpo (il viso e all’altezza della caviglia), tocca l’altro se è vicino, annusa. Mentre cammina fa dei giri su se stesso e, a volte, sembra obbligato a mettere in atto tali gesti per potere proseguire; se è insieme all’operatore con cui è abbracciato, si distacca per qualche secondo per effettuare il movimento, per poi riabbracciarlo. Tende ad esplorare l’ambiente che lo circonda attraverso lo sguardo, il tatto, ma soprattutto tramite la bocca: quasi tutto ciò che colpisce la sua attenzione, dopo averlo annusato (in certi casi) arriva alla bocca, fino ad ingerirlo, senza riuscire a discriminare ciò che è innocuo da ciò che può essere nocivo per la sua salute. In alcuni momenti, compare un comportamento che può essere, sia in interpretato come l’espressione di una forte emozione di difficile gestione, ma anche come una atto autolesionistico (stringe fortemente un braccio alla testa, a volte, stringe quello dell’operatore, piegando la sua testa in avanti) esprimendo, con il volto, una notevole sofferenza. Durante le attività laboratoriali, N. tende a partecipare sempre in maniera marginale, interagendo con i membri del gruppo in modo da apparire causale, pur mostrando una certa intenzionalità di condivisione dell’esperienza. Nel corso di un’attività di pedipolazione con i colori, in un gruppo allargato, N. è riuscito a partecipare per tutta l’attività, immergendosi nel gruppo che colorava con i piedi a ritmo di musica. In certi momenti, esprimeva il bisogno di girare da solo, senza il contatto dell’operatore, in altri, ne accettava volentieri la sua vicinanza. In quest’occasione, appariva divertito dal constatare che i suoi piedi, colorati ogni volta con colori diversi, lasciavano una traccia sul foglio bianco: camminava e guardava le sue impronte. Anche in questo caso, mostrava la tendenza a conoscere attraverso la bocca, tentando di portare alla bocca, le bottiglie di colore. Anche l’attività di rilassamento sembra essere un attività che N. apprezza. Tuttavia, ho potuto constatare che se N. tende a restare ipervigile e a mantenere un controllo costante sull’ambiente circostante. La stessa attività, quando è effettuata in un rapporto individualizzato, diviene un’esperienza emotivamente pregnante e gradevole: pian piano N. si rilassa, distende i suoi muscoli, abbandonandosi molto di più all’esperienza di rilassamento. Nel momento in cui N. incomincia a mostrare segni d’insofferenza rispetto al permanere in gruppo, lui stesso si dirige fuori e il fatto di camminare nel giardino circostante in Centro diurno, a ritmo sostenuto, lo ___________________________________________________________________ 67 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 aiuta a distrarsi e a permettersi ancora, successivamente, di ritornare al’interno del gruppo. A volte, la passeggiata fuori dalla struttura diviene un’attività programmata in cui è possibile instaurare con N. un rapporto di maggiore conoscenza attraverso il quale stabilire anche delle semplici regole come ad esempio, la necessità di mantenere sempre un contatto ed una vicinanza per ridurre al minimo le situazioni di pericolo (attraversare improvvisamente, ingerire sostanze ecc); stimolare N. ad osservare l’ambiente esterno (conoscere la natura circostante, le strade, orientarsi nel centro del paese); rinforzare la relazione attraverso una maggiore conoscenza ed un rapporto che si ripete nel tempo. Altre volte, uscire fuori a camminare rappresenta, semplicemente, un’attività catartica per aiutare N. a tirare fuori la tensione (visibile anche attraverso il movimento del suo corpo che diviene quasi, incontrollato) e riacquisire una maggiore distensione psicofisica. Massaggio Infantile Tatto e Pelle La pelle è il primo organo che si sviluppa, e il TATTO il primo senso ad essere attivo. Il senso del tatto è pienamente formato a sette settimane di gestazione, quando il feto è lungo due centimetri. Con N. Infatti, il principale strumento di comunicazione è il tatto. Attraverso di esso, egli comunica un suo stato, di rifiuto o di accettazione, mandando così feedback all’altra persona. Ad esempio, dalle prime attività, all’ultimo giorno di progetto, N. per prima cosa mi odorava, toccandomi in qualsiasi parte del corpo, e se il mio corpo produceva sudore o profumo, lui comunicava un suo stato d’animo, di tranquillità se mi sentiva sudato, perche a mio avviso, voleva dire che io facevo qualcosa, anche solo corrergli dietro per lui, nell’altro caso, nella maggior parte, comunicava rifiuto nei miei confronti. ___________________________________________________________________ 68 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Il TATTO è diverso da tutti gli altri sensi in quanto implica sempre la presenza del corpo che tocchiamo e del nostro corpo che tocca l'altro. A differenza che nella vista e nell'udito, nel CONTATTO sentiamo cose DENTRO di noi, dentro il nostro corpo. Nel gusto e nell'olfatto le esperienze sono limitate alle superfici della cavità nasale e del palato. Il senso del TATTO è diffuso sull'intera superficie della pelle, ma le terminazioni nervose sono concentrate soprattutto in alcune zone: palmo della MANO e DITA pianta del PIEDE - LABBRA. L'area della mano occupa un terzo del centro motorio del cervello. Le mani, e specialmente le punte delle dita, sono collegati al cervello con un numero di nervi infinitamente superiore a quello dei nervi che collegano al cervello altre parti del corpo. L'area del cervello dedicata alle labbra, è sproporzionatamente vasta rispetto a quella dedicata ad altre strutture che sono anche in relazione con le labbra. Nella pianta del piede terminano 72.OOO nervi. Durante o prima delle infezioni virali di qualunque tipo, i piedi dei bambini presentano parecchi punti dolenti. Pressioni giornaliere su tali punti, e un delicato massaggio, lo aiutano a "rivitalizzarsi". (v. Reflesssologia) Anche se il tatto non è di per sé un fatto emotivo, non è sentito solo come semplice modalità fisica, ma, affettivamente come sentimento. Le esperienze del bambino di contatto col corpo della madre, costituiscono il suo primo e fondamentale mezzo di comunicazione, il suo primo linguaggio, il suo primo CONTATTO con un altro essere umano. Il bambino s’identifica con le ESPERIENZE TATTILI che fa nei primi sei mesi di vita. Col massaggio lo aiutiamo a prendere coscienza del suo corpo. Solo acquisendo la coscienza dei propri CONFINI, all'inizio costituiti dal CORPO, può allargarli, acquisire autonomia, andare verso spazi sempre più aperti. TOCCARE è far passare L'AMORE attraverso la PEL. ___________________________________________________________________ 69 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Seduta musicoterapica con N. Setting Le sedute musicoterapiche con N. non si svolgevano mai in un luogo prestabilito, tanto meno mi prefissavo setting specifici, poiché dovevo adattarmi alle sue esigenze. Questo perché, come già detto, per noi operatori è impossibile e controproducente tenere N. obbligatoriamente in una stanza a fare attività. Ho dovuto dunque agire di conseguenza, cambiando anche all’interno della stessa seduta setting e attività che mi ero riproposto di svolgere. Nei momenti in cui N. si mostrava più disposto a collaborare, le attività erano le seguenti: Giocare con una palla grande a suon di musica. Ascoltare suoni regressivi come il battito del cuore, rumori intestinali. Ascoltare rumori della vita quotidiana, come l’abbaiare e di un cane, il rumore dell’acqua che scorre, il fischio di un vigile, il vento, il tuono, la pioggia, le macchine che passano, operai al lavoro e le onde del mare. ___________________________________________________________________ 70 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Tentativi di approccio a vari strumenti musicali: dejeredoo, legnetti, bongos, maracas, triangoli e tamburo. Pattinaggio musicale. Massaggi. Imitazione. Accompagnati da musiche stimolanti il movimento, io ed N. giocavamo con una palla di grandi dimensioni, divertendoci soprattutto a farla rimbalzare contro il muro, a passarcela e in molte occasioni io la tiravo contro di lui. Quest’attività è stata la più semplice, ma forse la più coinvolgente per entrambi, poiché invece di bloccare il movimento con attività calmanti, invitavo N. al libero sfogo. Per quanto riguarda l’ascolto di suoni regressivi, il battito del cuore è per lui rilassante, suscita la sua curiosità e a tratti N. sembra divertito. I rumori intestinali invece sembrano per lui momenti di scoperta. Anche in questo caso N. s’incuriosisce e pare rilassato, manifestando inoltre il bisogno del contatto con l’operatore. I rumori della vita costituiscono per me e per N. una fonte importante di stimoli. A mio avviso, questi suoni possono essere utilizzati come stimolo per diverse attività e per alcune persone possono rimandare ad esperienze totalmente personali. Il significato che questi suoni assumono per N. non si può sapere con esattezza, penso solo che essi possano costituire importanti fonti di comunicazione col mondo che lo circonda. Dico questo perché quando gli facevo ascoltare questi suoni egli non dava importanti segnali a livello verbale e non, continuando imperterrito nella sua monotona rotazione del corpo. In effetti, N. sembrava manifestare curiosità a qualsiasi suono gli venisse proposto, alzando lo sguardo verso lo stereo ogni volta, indistintamente, senza tuttavia comunicare lo stimolo percepito. Per quanto riguarda l’approccio ai vari strumenti qui sopra elencati, ho potuto constatare che il dejeredoo è uno strumento potente e invasivo a cui N. reagiva talvolta scoppiando a ridere e incuriosendosi molto, provando anche lui a soffiarvi dentro. I legnetti invece, uno strumento di piccole dimensioni, non erano apprezzati da N. infatti ogni volta che li usavo egli li gettava a terra, di conseguenza io facevo lo stesso, provocando anche in ___________________________________________________________________ 71 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 questo caso il sorriso di N. e suscitando la sua curiosità. Il bongos invece è uno strumento anch’esso potente, ma con un timbro orientaleggiante, per il quale N. provava scarso interesse. Ho usato questo strumento perché ho pensato di riuscire ad entrare in comunicazione con il suo corpo attraverso tale suono. Anche con le maracas ritenevo di poter stabilire una comunicazione con l’utente, creando un clima di festa ed allegria, in quanto questo strumento ricorda danze brasiliane e ritmi latini. Il triangolo è uno strumento perforante, il suo suono esprime calma, ansia, dolcezza, ma anche l’esatto contrario, per questo N. era da un lato rilassato, dall’altro quasi infastidito da tale suono. Infine il tamburo è uno strumento il cui suono è potente tanto da poter arrivare ad incutere timore e ad esprime angoscia (non a caso il rullo di tamburi è utilizzato per creare suspense e attesa). N. ne era attratto, a più riprese ha tentato di suonare con le bacchette, o semplicemente con le mani, lo strumento, che suscitava in lui grande interesse e lo faceva sentire forte e protetto. Il pattinaggio musicale è dal mio punto di vista una delle attività più appropriata per N., in quanto stimola e non impedisce il suo movimento, anzi, lo invita alla libera espressione corporea. Partivamo da una stanza chiusa con musiche di Beethoven, Mozart e Chopin e, inseguendo N. per la stanza instauravamo una specie di “guardia e ladri” nel quale lui doveva fuggirmi, il che suscitava in lui grande ilarità. La musica accompagnava il tutto, creando per entrambi un’atmosfera giocosa dalla quale traevamo la giusta energia per la nostra attività. I massaggi erano per N. fonte di rilassamento. Insediandoci in una stanza appositamente adibita (luce soffusa, materassini, cuscini di varie dimensione etc.), ci stendevamo su un materasso lasciandoci cullare dalle musiche rilassanti che coinvolgevano e armonizzavano corpo e spirito. Così iniziavo dai polpacci, per poi risalire alle cosce, soffermandomi sulla pancia per trasmettere energie e calore, passando dalle braccia con movimenti dolci per arrivare infine alla testa, massaggiandola lentamente, distaccandomi e avvicinandomi in base a ciò che mi trasmetteva. Quando notavo che N. non era particolarmente ben disposto per la seduta, tentavo di entrare in comunicazione con lui imitando le sue azioni. Così poteva andare avanti dalla mattina sino all’ora di pranzo, nel tentativo di trovare un punto d’incontro, che potesse essere d’aiuto a N.. Ad esempio, all’ora di pranzo, se lui gettava a terra il piatto, io lo ___________________________________________________________________ 72 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 imitavo, ma subito dopo raccoglievo il piatto enfatizzando il gesto, avvicinando a lui quell’oggetto senza che lo toccasse. N. rimaneva incuriosito dal mio gesto, senza però che questo lo conducesse a qualche miglioramento. Cercavo quindi, attraverso l’imitazione, di produrre azioni terapeutiche importanti per N., dandogli modo, attraverso l’uso del canale non verbale, di trovarsi un miglior comportamento per le varie situazioni quotidiane della vita (mangiare, dormire, vestirsi, relazionarsi anche solo non verbalmente agli altri etc.). Risultati ottenuti con N. Non posso raccontare né affermare che si siano creati, durante le sedute individuali di musicoterapia, grandi miglioramenti. Per quasi tutto il periodo del project work N. mi ha messo a dura prova, spingendomi al limite delle facoltà umane. Egli mi ha sempre provocato anche durante le attività, manifestandosi raramente partecipe. I soli miglioramenti, se così possiamo chiamarli, sono il rapporto che si è creato solo alla fine del progetto tra me e N.. Solo alcune attività gli sono state d’aiuto, tra cui il pattinaggio musicale, il suono dell’acqua e il rilassamento con il dejeredoo. Per tutto il resto, non mi è stato possibile ottenere risultati positivi e feedback importanti, poiché era quasi impossibile tenere N. all’interno di una stanza. Questo lavoro, sicuramente il più difficile, mi ha però permesso, e solo ora che non mi occupo più di N. lo posso dire, di capire l’efficacia della musicoterapia, l’importanza di una comunicazione non verbale, le difficoltà che l’autismo comporta e mi ha sicuramente dato modo di pensare e di rafforzare il mio carattere in vista di un successivo contatto con questo problema. Sicuramente i risultati sperati non sono stati raggiunti, ma posso affermare che per poter vedere un miglioramento bisogna, con la massima pazienza, aspettare e cogliere ogni sfumatura, emozione, sguardo che ogni paziente presenta, imparando dalle piccole cose si può aspirare a qualcosa di più importante. ___________________________________________________________________ 73 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 I principi base della pratica musicoterapeutica sono: il paziente è assolutamente parte attiva della terapia; la centralità del rapporto di fiducia e l’accettazione incondizionata rispetto al paziente; l’adattamento e la personalizzazione della tecnica volta per volta; scambio reciproco di proposte tra paziente e musicoterapeuta. La musica dà alla persona malata la possibilità di esprimere e percepire le proprie emozioni, di mostrare o comunicare i propri sentimenti o stati d’animo attraverso il linguaggio non verbale. Tipico è il caso degli individui affetti da autismo, cioè individui che sono in una condizione patologica della personalità, per cui tendono a rinchiudersi in se stessi rifiutando ogni comunicazione con l’esterno. La musica dunque permette al mondo esterno di entrare nella mente del malato, favorendo l’inizio di un processo di apertura. La Musicoterapia si divide in tre rami principali: la Musicoterapia recettiva; la Musicoterapia attiva; la Musicoterapia integrata. Nella Musicoterapia recettiva al paziente viene fatta ascoltare musica registrata o eseguita dal vivo dal terapeuta. La Musicoterapia attiva si basa invece sull’applicazione di tecniche che prevedono una partecipazione creativa sia dell’utente che dell’operatore. Tra le tecniche maggiormente usate ci sono: l’improvvisazione musicale; il dialogo sonoro; ___________________________________________________________________ 74 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 la composizione di canzoni (songwriting); il movimento sulla musica; il canto e la vocalizzazione. Il paziente diventa soggetto attivo, partner musicale (per questo non è necessario che il paziente abbia avuto alcuna formazione musicale precedente). Questo tipo di musicoterapia è riuscita a volte ad attenuare blocchi neurologici seri. La musicoterapia integrata utilizza elementi della musicoterapia attiva, elementi della musicoterapia passiva e elementi di altre metodologie e discipline (ad esempio training autogeno, fantasia guidata, tecniche di visualizzazione, yoga). La musicoterapia viene utilizzata anche con finalità preventiva. Un altro aspetto importante che mi ha portato a pormi delle domande, e a darmi delle risposte, è stato l’utilizzo di Musicoterapia recettiva in una fabbrica operante nel settore delle materie prime, come sassi e pietre. Gli operai sono costretti all’uso di tappi e cuffie a causa dei pesanti rumori che i macchinari producono, concentrandosi quindi solo sul lavoro. Quest’aspetto, mi ha permesso di fare delle ipotesi, arrivando ad installare una piccola radiolina, dove il rumore era meno assordante e ovviamente in orari prestabiliti. Io per primo, dopo il pranzo, ascoltando un po’ di radio o di musica da cassette, mi distraevo, pensando meno alla fatica e alla grossa difficoltà di comunicazione cui sarei andato incontro. Per molti aspetti, quella semplice radiolina è stato un punto d’incontro dopo la pausa, ci si scherzava su, e questo ha permesso a tutti sicuramente di iniziare il lavoro con più serenità. Dopo qualche periodo, addirittura il responsabile si presentava nel nostro luogo di ritrovo per fare qualche chiacchiera, e successivamente, ha cominciato presentarsi al lavoro munito di lettore mp3. E così anche un altro dipendente ha iniziato ad ascoltare tutti i giorni la propria musica, prediligendo, musica folk, regge e rock allo stato puro, ad esempio i Guns&Roses. ___________________________________________________________________ 75 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Conclusioni e Ringraziamenti La musica è indubbiamente uno stimolo per tutti, portatore di energia e carica personale. La musica non fa domande, basta solo saperla indirizzare al punto giusto, saperla ascoltare e lasciarsi trasportare da essa. So che ancora, purtroppo o per fortuna, questo punto giusto non l’ho trovato, ma tutte queste esperienze mi stanno conducendo alla sua ricerca, e dopotutto, inseguire qualcosa d’importante è all’ordine del giorno per tutte le persone e ci fa, come dire, sentire più vivi perché abbiamo uno scopo per il quale lottare. Ringrazio la mia ragazza, attenta e precisa, che mi ha dato man forte nello svolgimento di questa tesina, ringrazio il Centro Socio-Riabilitativo, ringrazio la canzone che mi ha accompagnato nella stesura della tesina, colonna sonora di quasi tutta un’estate, ringrazio il mio collega Lorenzo, (psicologo e psicoterapeuta) che mi ha offerto tantissimi spunti e fonti per ampliare le mie ricerche sul contesto, ringrazio infine me stesso, per lo meno per averci provato. ___________________________________________________________________ 76 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Jacopo Zanelli - SST in Musicoterapia (Primo anno) A.A. 2008 - 2009 Riferimenti Bibliografici ABBAGNANO, N., Dizionario di filosofia, UTET, Torino, 1971. BATESON, G., JACKSON, D. D., HALEY, J., WEAKLAND, J. H., in Cancrini (a cura di), Verso una teoria della schizofrenia, Boringhieri, Torino, 1977. BATESON, G., Una sacra unità, Adelphi, Milano, 1975. 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