Istituto MEME: Non siamo soli - Musicoterapia e adolescenti con

UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET
ASSOCIATION INTERNATIONALE SANS BUT LUCRATIF BRUXELLES – BELGIQUE
THÈSE FINALE EN «MUSICOTHÉRAPIE»
“NON SIAMO SOLI”
MUSICOTERAPIA E ADOLESCENTI CON DIVERSE ABILITÀ
MARIA CRISTINA DEBBI
Matricule 1875
Bruxelles
2008
ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES
MARIA CRISTINA DEBBI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2007 - 2008
“È la voglia di cambiare la realtà,
che mi fa sentire ancora vivo
E cercherò tutti quelli come me
che hanno ancora un sogno in più... un sogno in più.
Dentro un libro che nessuno ha scritto mai,
leggo le istruzione della vita,
anche se so che poi non le seguirò,
farò ciò che sento...
Oltre le distanze, noi non siamo soli
figli della stessa umanità
Anime viaggianti in cerca di ideali,
il coraggio non ci mancherà
Supera i confini di qualunque ideologia, l'emozione che ci unisce
in una grande idea.
Un altro mondo possibile c'è.
E lo cerco anch'io e lo voglio anch'io come te...”
[Eros Ramazzotti, Non siamo soli, 2007]
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Indice dei contenuti
Indice dei contenuti ………………………………………………...………………… 3
Premessa / Introduzione …………………………………………………….….…… 5
Interventi finalizzati all’integrazione degli alunni in situazione di handicap …...... 8
1 Stato dell’arte …………………………………………………………...……….… 10
1.1
La musicoterapia Orff …….……….….…..………………….….........… 13
1.2
La pedagogia della musica …………………..……….………………...... 15
1.2.1 Jacques Dalcroze …………………………..………………….……...….. 15
1.2.2 Edgar Willems ………………………………..………………………….. 17
1.2.3 Zoltan Kodaly ……………..……………………………………………... 18
1.3
Educazione musicale o musicoterapia? ...................................................... 19
1.4
Adolescenza ed handicap: il ritardo mentale ed i disturbi correlati …...... 20
1.5
Il ragazzo affetto da sindrome di Down e la musica ……..…………...… 22
1.6
Musicoterapia in contesto scolastico ………..………………………....... 24
1.7
Il rapporto tra musica ed adolescenza …………..……………………..... 26
1.8
Il laboratorio di animazione musicale: il gruppo …………..………….... 27
1.9
Problemi Aperti ………………………..………………………………... 28
3.
Materiali e metodi ………………………..…………………….…....…. 30
3.1
Descrizione del setting ……………………..…………………....…. 30
3.1.1 Disposizione della sala per gli incontri ………………..………...…. 34
3.2
Gli incontri di musica ……………………………...……………...…...… 35
3.2.1 Primo incontro ………………...…………………...…………….…. 35
3.2.2 Secondo incontro …………………………………......…………..… 37
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3.2.3 Terzo incontro ………………………………………………….…. 44
3.2.4 Quarto incontro ……………………………………………….….... 46
3.2.5 Quinto incontro ………………………………………………..…... 50
3.2.6 Sesto incontro ……………………………………………………... 51
3.2.7 Settimo incontro ……………………………………………….….. 54
3.2.8 Ottavo incontro …………………………………………………..... 57
3.2.9 Nono incontro ………………………………….………………...... 60
3.2.10 Decimo incontro …………………………………………….…….. 61
3.2.11 Undicesimo incontro …………………………………………..….... 63
3.2.12 Dodicesimo incontro ……………………………………...…..…..... 65
3.2.13 Tredicesimo incontro ……………………………………………...... 66
3.2.14 Quattordicesimo incontro …………...…………………...………..... 68
4. Risultati e discussione ……………………...……………...……...….. 73
5. Bibliografia ………………...…………………...………………...…….. 82
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Premessa / Introduzione
MUSICOTERAPIA E ADOLESCENTI CON DIVERSE ABILITÀ
14 incontri presso IPSIA “Fermo Corni”
Modena (novembre 2007 – febbraio 2008)
Progetto Spazi Attrezzati1 - Referente prof.ssa Lara Rovacchi
PREMESSA
La musica è uno dei pochi linguaggi in cui le differenze si appianano,
perché è di tutti e per tutti: non ci sono difficoltà oggettive che impediscano di fare
musica, perché è un’attività propria dell’essere umano, ce l’abbiamo dentro fin
dalla nascita, nel nostro cuore, nei nostri respiri e nella nostra voce. Specialmente
durante l’adolescenza, in cui è più difficile relazionarsi perché sembra che il
mondo non ci accolga per quello che siamo, la musica può essere un’ottima risorsa
per affermare “ Questo sono io e vi sto dicendo quello che sento e che è importante
per me”.
DESTINATARI DEGLI INCONTRI
Ragazzi provenienti da varie classi dell’Istituto e da altri istituti modenesi,
con problemi di disturbo del linguaggio espressivo e delle capacità scolastiche,
disturbi del linguaggio recettivo, della comunicazione e dell’attenzione, ritardo
cognitivo, disturbi della memoria.
1
http://www.ipsiacorni.it/pof2008/index.html
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OBIETTIVI
• Aumentare la fiducia nelle proprie capacità (con la sensazione dell’ “io
ce la posso fare” e negli altri, che possono essere un aiuto prezioso nel
raggiungimento dell’obiettivo.
• Affinare la capacità di concentrazione e ascolto.
• Aumentare la partecipazione ad un lavoro di gruppo il più possibile
divertente e stimolante.
• Migliorare l’attenzione e la coordinazione spazio-motoria tramite
l’utilizzo di strumenti musicali, del proprio corpo e della voce
(soprattutto mediante il ritmo).
• Migliorare l’espressione vocale e la capacità di esprimere emozioni agli
altri.
• Affermare la propria autonomia e la partecipazione ad un obiettivo
comune.
PROGRAMMA DEGLI INCONTRI
Il venerdì dalle ore 9.50 alle 11.40 con un intervallo di 10 minuti secondo
l’orario scolastico. La sede degli incontri è una sala apposita all’interno della
scuola. Il setting prevede il lavoro in piccoli gruppi di 3-6 ragazzi con la possibilità
di partecipazione aperta ai rispettivi docenti. Questo è il programma generale degli
incontri:
• Accoglimento dei partecipanti che si dispongono in cerchio nel centro della
sala.
• Presentazione reciproca e breve verbalizzazione sull’incontro precedente e
sulle impressioni salienti riguardo l’incontro stesso.
• Giochi musicali riguardo la fase di conoscenza (presentarsi attraverso un
suono, una cellula ritmica, brevi dialoghi con gli strumenti ritmicomelodici…).
• Esplorazione strumentale e ritmica utilizzando lo strumentario Orff, sempre
come strumento di relazione con gli altri.
• Imitazione e produzione musicale guidata (imitare un frammento ritmico
proposto, proporre poi un altro frammento che deve essere imitato secondo
il modello del rispecchiamento, suonare tutti insieme seguendo un preciso
pattern ritmico).
• Improvvisazione libera (suonare uno strumento a piacere secondo l’ispirazione momentanea e personale) e guidata (rispettare una consegna come
imitare uno stato d’animo o una situazione particolare utilizzando solo il
linguaggio musicale).
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• Anamnesi musicale, in cui ognuno propone al gruppo il genere musicale
preferito o la canzone o il motivo che in qualche modo lo rappresenta o gli
appartiene in quanto parte della sua storia personale.
• Ascolto di generi musicali differenti senza preclusione di epoca e stile.
• Attività individuali e di gruppo, per affermare la propria autonomia ma
anche la partecipazione ad un obiettivo comune.
• Riproduzione ritmico-musicale di alcuni brani ascoltati mediante la voce o
gli strumenti.
• Accompagnamento di brani proposti mediante la ripetizione di cellule
ritmiche costanti.
• Canto corale con le parole (sia leggendo un testo che a memoria) di brani
noti.
• Composizione di un testo mediante semplici regole e l’uso di parole chiave
proposte.
• Musicare e accompagnare il testo inventato.
• Attività inerenti l’espressione di emozioni e sentimenti attraverso la musica,
sia individualmente che in gruppo.
• Registrazione in mp3 e ascolto insieme delle musiche eseguite (registrazione
effettuata dai ragazzi stessi.
• Ripresa con videocamera (effettuata dall’educatore).
• Conclusione: condivisione delle sensazioni ed emozioni generate dalle
attività proposte e proposte per gli incontri successivi.
METODOLOGIA E STRUMENTI
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Didattica della musica.
Propedeutica musicale.
Apprendimento per imitazione.
Canto con le parole.
Improvvisazione.
Dialogo sonoro.
Ascolto libero e guidato.
Composizione di canzoni (song writing).
Uso dello strumentario Orff (tamburi con battente di varie dimensioni,
tamburelli, congas, xilofono, bongos, maracas, sonagli, triangoli…).
• Uso di tastiere elettroniche, lettore CD, lettore mp3, videocamera.
VERIFICA
Condivisione e dialogo coi ragazzi all’interno di ogni incontro sulle loro
impressioni, eventuali problemi di contenuto o relazionali, proposte. Dialogo con i
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rispettivi insegnanti di sostegno circa le caratteristiche di ogni ragazzo e le sue
aspettative, registrazione mediante videocamera di ogni incontro per successiva
trascrizione ed analisi.
Istituto I.P.S.I.A Fermo Corni
INTERVENTI FINALIZZATI ALL’INTEGRAZIONE DEGLI ALUNNI
IN SITUAZIONE DI HANDICAP
STRATEGIE E SCELTE METODOLOGICHE ORIENTATE ALL’INTEGRAZIONE
L’Istituto, per rendere concreto il diritto all’educazione e all’istruzione degli
alunni in situazione di handicap, attiva strategie di varia natura che hanno una
ricaduta sull’attività complessiva della scuola.
Si rende necessaria la collaborazione di tutte le risorse professionali
specifiche che operano sul progetto individualizzato, perché l’integrazione possa
risultare efficace sia sul piano dell’inserimento dell’alunno in situazione di
handicap nel proprio gruppo classe, sia su quello della realizzazione di un piano di
studio, anche curriculare, in grado di permettere all’alunno e alla sua famiglia di
guardare al futuro in modo fiducioso e ottimistico.
obiettivi del progetto di intervento a sostegno dell’integrazione scolastica
• Favorire la socializzazione e la condivisione del percorso scolastico con i
compagni.
• Compensare i diversi deficit attraverso sia la mobilitazione del personale di
sostegno e curriculare, sia l’utilizzo della strumentazione adeguata.
• Predisporre, se necessario, un piano di studi individualizzato che da un lato
valorizzi le attitudini e le abilità di ciascun alunno e dall’altro possa inserirsi
nella proposta formativa specifica dell’Istituto.
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Caratteristica dell’azione didattica
9 L’azione didattica si svolge di norma all’interno del gruppo classe, tenendo
conto delle esigenze dello studente certificato.
9 Viene privilegiata la socializzazione e la condivisione del percorso
scolastico dell’alunno con il gruppo classe.
9 Si utilizzano gli spazi dell’aula e dell’abilità, quando è necessario un
intervento individualizzato fuori dalla classe.
9 Si prevede continuità educativa e didattica.
9 Si prevede di attivare, nel corso dell’A.S. 2007/08 un progetto di Spazi
Attrezzati, per gli alunni che hanno una programmazione differenziata dagli
obiettivi della classe, che prevedere anche il coinvolgimento di altre scuole.
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1 Stato dell’arte
La musicoterapia comprende tutto l’insieme di idee, pratiche, orientamenti
nati dalla convinzione che l’esperienza con il suono abbia proprietà preventive,
riabilitative e curative. Fin dall’antichità si è ritenuto che la musica potesse avere
carattere terapeutico: presso gli antichi egizi, ad esempio, si pensava che il fascino
della musica potesse influenzare la fertilità femminile (se ne trovano testimonianze
in papiri medici del 1500 a.C.).
Anche la Bibbia riporta un caso di guarigione con la musica, la follia del re
Saul curata e miracolosamente guarita dal suono della cetra del giovane Davide: "e
così, ogni qualvolta il cattivo spirito venuto da Dio investiva Saul, Davide
prendeva la cetra e si metteva a suonare; Saul si calmava e stava meglio poiché lo
spirito maligno si ritirava da lui e lo lasciava in pace"2.
Anche presso gli antichi greci, che attribuivano alla musica un ruolo
determinante nelle loro teorie cosmogoniche e metafisiche, la relazione con i suoni
veniva utilizzata nella cura e nella prevenzione delle malattie.
Ormai queste antiche intuizioni sono supportate da un cospicuo patrimonio
di studi e ricerche che hanno dato dignità scientifica al “Curare con la musica”,
affiancando alle opere pionieristiche dei primi operatori, principalmente musicisti,
più precise nozioni psicologiche e pedagogiche.
In Italia, una delle prime definizioni di musicoterapica proposte è la
seguente:
2 (Samuele 1, 16 - 23).
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“… per musicoterapia si intende il ricorso ad esperienze musicali attive (in
cui si produce musica coltivando l’espressione creativa individuale o di gruppo in
una prospettiva di comunicazione socializzante) oppure passive (in cui predomina
l’ascolto o l’assunzione di stimoli ritmico - musicali). Queste esperienze sono
finalizzate al recupero, alla risocializzazione, all’integrazione sociale di persone,
siano queste adulti o bambini, affetti da handicap di diverso tipo che ne limitano
l’espressione relazionale e sociale”3.
In questa definizione sono presenti tre principali campi di intervento4:
• Un primo indirizzo a orientamento psicopedagogico o pedagogico, che trova
utilizzo nelle strutture educative (soprattutto scolastiche).
• Un secondo indirizzo di tipo clinico e psichiatrico usato in ospedali, case di
cura, centri di assistenza.
• Un terzo indirizzo che riguarda l’animazione in luoghi di socializzazione.
Il primo indirizzo è quello che riguarda l’argomento di questa tesi, per cui d’ora in
avanti si farà riferimento solamente ad esso e agli autori che si sono occupati di
questo ambito di attività.
La musicoterapia con bambini e ragazzi ha fatto la sua comparsa non prima
degli anni sessanta con le esperienze condotte da Juliette Alvin con bambini affetti
da ritardo mentale ed autismo. La Alvin è la fondatrice della scuola inglese di
3
G. P. Guaraldi, Situazione della musicoterapia in Italia, in Autori Vari, La musicoterapia in Italia:
problemi e prospettive, Pro Civitate Christiana, Assisi, 1977, pp. 11-24.
4
A. Antonietti, P. Lazzati, Musicoterapia cognitiva, schede per l’attivazione di operazioni mentali
di base attraverso il suono.
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musicoterapia e il suo metodo insiste sugli aspetti sociali dell’attualità musicoterapeutica, tesa così a favorire la comunicazione e l’inserimento degli svantaggiati.5
Negli Stati uniti Paul Nordoff e Clive Robbins condussero esperienze volte a
migliorare l’autostima e la vita sociale del ragazzo handicappato6. In entrambi i casi
si tratta di musicisti che hanno condotto studi ed esperienze che hanno posto
l’attenzione sulla musica come terapia, ma non si basano su precise conoscenze
psicopedagogiche. Mancano i presupposti teorici.
Tali presupposti sono invece presenti nell’esperienza di Thèrese Hirsh7
all’ospedale di Bel-Air, a Ginevra, che si rifà agli assunti della psicomotricità per
dar luogo al suo intervento riabilitativo musicale.
Un altro approfondimento si ha con Gertrud Orff8, moglie di Carl Orff,
compositore ed ideatore di un originale metodo di educazione musicale. Questo
approccio interessa molto più da vicino l’argomento di questa tesi, in quanto
coniuga appunto l’educazione musicale nella prima infanzia con i suoi aspetti
terapeutici. Di qui in avanti si parlerà quindi anche di educazione musicale e dei
principali metodi elaborati dall’inizio del secolo scorso in poi. Questo perché
parlando di prevenzione attraverso la musica non si può prescindere dai principali
approcci educativi, dal momento che non si tratta di “curare” determinate patologie
ma di favorire attraverso l’esperienza musicale lo sviluppo della creatività, della
vita sociale e del benessere generale del ragazzo svantaggiato.
5
J. Alvin, La musica come terapia, Armando, Roma, 1968; J. Alvin, Terapia musicale, Armando,
Roma, 1981.
6
P. Nordoff e C. Robbins, Musicoterapia per bambini handicappati, FrancoAngeli, Milano, 1982.
7
T. Hirsch, Musica e rieducazione, Armando, Roma, 1967.
8
G. Orff, Musicoterapia-Orff. Un’attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Pro Civitate
Christiana, Assisi, !982.
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1.1 La musicoterapia Orff
La musicoterapia Orff si è sviluppata a partire dall’opera didattica di Carl
Orff, la cui idea era di procurare al bambino una “dimensione musicale completa
nella quale esprimersi, prendere coscienza di sé, fare musica insieme agli altri”9.
Naturalmente questo tipo di musicoterapia può agevolmente essere applicato anche
a ragazzi ed adolescenti.
Sull’idea di “dimensione musicale” si è sviluppata anche la terapia, che usa
gli stessi mezzi, cioè le forme d’espressione infantile: parola, ritmo, melodia,
movimento, conoscenza dello spazio. L’espressione creativa proposta nell’OrffSchulwerk (la metodologia didattica di Carl Orff) nella terapia è diventata
“stimolo”, dal momento che al soggetto minorato non è possibile una corretta
esecuzione degli esercizi ritmici, melodici e armonici proposti da Carl Orff.
Fondamentale per creare la comunicazione tra terapeuta e ragazzi è
l’uso dello strumentario, con cui i sensi vengono sollecitati in tre modi:
vedendo, udendo, agendo. Suonando liberamente uno degli strumenti (piatti,
tamburelli e tamburi, cembali, sonaglini da dito, legnetti, maracas, triangoli, piatto
grande sospeso, nacchere, metallofoni, blocchi sonori, campane ecc.) il ragazzo
esprime un’immagine per lui significativa (un fiore, un animale).
Attraverso l’uso di semplici filastrocche è possibile una loro sonorizzazione
da parte dei ragazzi (ogni strumento rappresenta uno dei personaggi narrati nel
testo o una delle sue azioni) attraverso la libera associazione strumento-immagine.
Importante è l’utilizzo del linguaggio come elemento ritmico–sonoro. La
verbalizzazione di un ritmo aiuta a ricordarlo, mentre trasferire realtà verbali sul
9
G. Orff, Musicoterapia-Orff. Un’attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Pro Civitate
Christiana, Assisi, !982.
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piano ritmico non verbale, come il battimani, crea vivacità e un forte impatto
comunicativo quando viene eseguito in gruppo. Altro elemento fondamentale è il
movimento: se manca il movimento manca il fattore socializzante, non ci può
essere comunicazione. Musica e movimento sono strettamente legati: i mezzi
musicali hanno la funzione di “sciogliere e motivare il movimento”10. Ci sono
movimenti mimico-gestuali (imitare un gesto o una pulsazione ritmica) o
movimenti locomotori (spostarsi da un posto all’altro) che vanno da una forma
individuale ad una più complessa esperienza sociale (tenersi per mano, battere le
mani insieme, girare intorno ad un cerchio). Attraverso il movimento si attiva una
comunicazione circolare (movimenti iniziati da uno ed imitati dagli altri che alla
fine tornano indietro) che vale naturalmente anche per i soggetti cosiddetti “sani”.
Il terapeuta deve avere una tecnica, cioè una certa maniera di affrontare un
problema. La tecnica viene applicata e si perfeziona con l’esperienza. Tre sono le
categorie tecniche presenti per ogni seduta terapeutica: preparazione, azione,
rielaborazione che si possono definire rispettivamente meditatio, cantus, memoria.
Per meditatio si intende la riflessione, considerata come pre-riflessione,
cioè preparazione mentale a ciò che si deve fare. Tactus è l’agire personale,
creativo ed imitativo, che va strutturato ma non interrotto da correzioni (si forma la
capacità espressiva). Memoria è il ricordo di quanto fatto e viene continuamente
rielaborato e rivissuto. Una giusta e completa tecnica per Gertrude Orff deve
appropriarsi di questi tre momenti: anche il ragazzo, imparando a fare, progettare,
riflettere, apprende la tecnica e si ritrova un gran patrimonio di gesti ed esperienza.
10
G. Orff, Musicoterapia-Orff. Un’attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Pro Civitate
Christiana, Assisi, !982.
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1.2 La pedagogia della musica
Parlando di musica in contesto scolastico non si può non fare riferimento
alle principali correnti pedagogiche relative all’insegnamento della musica dagli
inizi del novecento in poi. Questo perché sono nate molto prima della
musicoterapia vera e propria ad opera di musicisti-didatti e
ad essi si è
inevitabilmente ispirata la musicoterapia. Sono stati qui di seguito riportati i metodi
con una particolare attinenza allo sviluppo futuro della musicoterapia, omettendo
volutamente
quelle
metodologie
puramente
“tecniche”
e
finalizzate
all’apprendimento delle abilità musicali codificate, come suonare bene, leggere la
musica, cantare per raggiungere un risultato qualitativamente alto. È stato ritenuto
che esulassero dall’argomento.
1.2.1 Jacques Dalcroze
Emile Jacques Dalcroze è un viennese nato nel 1865. Il concetto centrale
della sua pedagogia musicale è il ritmo. Questo è molto difficile da insegnare ed
apprendere e non va considerato sotto l’aspetto teorico ma “sperimentato”
attraverso il proprio corpo, integrando l’informazione sensoriale con la risposta
motoria.11 Dalcroze parla di “esperienza ritmica” e per ottenere ciò propone di
utilizzare inizialmente la marcia con gesti semplici, poi la corsa con l’oscillazione
delle braccia e i movimenti del corpo. In una seconda fase si passerà ad esercizi di
ascolto per l’affinamento della capacità percettiva: l’alunno deve far corrispondere
ai ritmi metrici ascoltati i propri passi. Il metodo Dalcroze tende quindi a
coordinare le funzioni psicomotorie e sensoriali, favorendo l’immaginazione
attraverso il ritmo.
11
S. Valseschini, Psicologia della musica e musicoterapia, Armando editore 1983.
15
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“… l’elemento fondamentale, maggiormente legato alla vita e all’arte del
suono è il Ritmo! Il Ritmo dipende esclusivamente dal movimento e trova l’esempio
perfetto nel nostro sistema muscolare.” [Émile Jaques-Dalcroze].
Le lezioni di Ritmica Dalcroze si praticano in gruppo, ma ogni singolo
allievo ne è parte attiva ed integrante in quanto l’esperienza individuale è centrale
nella pedagogia dalcroziana. I diversi aspetti del discorso musicale vengono
percepiti e espressi con il movimento, ma stimolati e sostenuti dall’improvvisazione pianistica/vocale/strumentale dell’insegnante il quale adegua costantemente la musica alle capacità ed ai progressi degli allievi tenendo conto della loro
individualità e possibilità espressiva.
L’educazione musicale si articola su tre aree di studio:
• Ritmica che sviluppa la capacità di risposta spontanea del corpo alla
musica attraverso il movimento.
• Solfeggio che educa l’orecchio e la voce.
• Improvvisazione che riunisce tutti gli elementi finora menzionati e
libera le potenzialità creative individuali.
Questi tre aspetti del lavoro vengono integrati in singole classi nelle quali gli
allievi utilizzano il movimento, la voce e gli strumenti in una varietà di attività che
coinvolge l’ascolto, la capacità elaborativa e inventiva. Gli obiettivi educativi del
metodo Dalcroze sono molteplici: trovare il piacere di esprimersi con il corpo in
sintonia con la musica, sviluppare l’orecchio e acquisire una comprensione
musicale globale e profonda, sviluppare la consapevolezza corporea (coordinazione, reazione, dosaggio dell’energia, equilibrio, uso del peso) sviluppare la
personalità nella sua interezza (sfera cognitiva, affettiva, psico-motoria) e-ducare le
capacità creative ed artistiche, collaborare e adeguarsi al gruppo, nel rispetto di sé e
degli altri. Chiaramente gli obiettivi dei questa metodologia si adattano bene sia ad
16
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un percorso educativo puro che ad un percorso terapeutico con persone
svantaggiate e, inoltre, i principi legati al movimento corporeo spontaneo sono
fondamentali.
1.2.2 Edgar Willems
Il metodo di Edgar Willems, belga, è stato sviluppato intorno al 1950.
Il suo obiettivo è migliorare l’”orecchio musicale” dell’alunno, abituandolo
a cogliere sottili differenze tra toni molto vicini. Per questo utilizza uno strumento
costituito da una serie di campanellini. Volendo eliminare tutti gli elementi di
possibile distrazione, non utilizza musica orchestrale ma linee melodiche semplici,
sempre comunque nell’ambito della musica tonale, cercando di insegnare il
rapporto tra i vari intervalli in accordi anche complessi. Importante anche per
Willems l’esperienza motoria fisiologica: favorisce esercizi iniziali di ritmo basati
sul battito cardiaco e la frequenza respiratoria. Questi i concetti fondamentali del
metodo Willems:
•
la consapevolezza che tra musica, essere umano e cosmo esista una stretta
correlazione;
•
il rispetto profondo dell'ordine e delle leggi naturali e gerarchiche esistenti;
•
un itinerario d'intervento didattico che si fonda sull'essenza costitutiva degli
elementi musicali (essenzialismo) e non esclusivamente sulle apparenze
esteriori e superficiali (esistenzialismo o formalismo);
•
un itinerario di sviluppo che ricalca da vicino il procedimento della lingua
materna.
Il metodo Willems si basa sul concetto di suono “vivo” e ritmo “vivo”, cioè
esperienze dirette, istintive, sensoriali, affettive. Si suddivide in tre tappe
fondamentali: vivere la musica partecipando attivamente all’attività musicale
17
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proposta, cioè si passa direttamente all’azione (possono essere utilizzati tutti gli
strumenti tipici dello strumentario Orff, purché abbiano un suono limpido e nitido),
sentire in modo affettivo e sensoriale quello che si sta facendo, conoscere
rielaborando il percorso e pervenire alla consapevolezza di ciò che si è fatto. La
teoria musicale è quindi ridotta al minimo la cosa più importante è l’atto
musicale e il suo vissuto, non certamente la qualità tecnica o il virtuosismo.
Willems rifiuta tutti gli elementi extramusicali come il disegno, le storie, i
giochi e tutte quelle cose che allontanano l’alunno da un’esperienza musicale pura
e in armonia con la natura e, invece, lo portano ad una intellettualizzazione e un
distanziamento dell’esperienza musicale, mediata da altri elementi.
1.2.3 Zoltan Kodaly
Il metodo “corale pentatonico” di Zoltan Kodaly viene elaborato intorno agli
anni 50 ed ha come presupposto il fatto che alcune esperienze psicologiche si
possono avere solo con la musica, per cui tutti vi debbono accedere e il più
precocemente possibile, fin dalla scuola dell’infanzia. Kodaly utilizza canti
popolari del repertorio comune folkloristico. Così intende mantenere una continuità
culturale nazionale nel tempo e creare una stretta relazione tra musica e linguaggio.
La scelta della scala pentatonica è stata fatta per facilitare l’intonazione, resa
difficoltosa dai semitoni.
Il canto secondo Kodaly non deve essere accompagnato da strumenti ma
essere “a cappella” secondo la tradizione rinascimentale e barocca ed essere
costituito da due linee melodiche. Questo perché il canto all’unisono difficilmente è
intonato mentre le due voci possono correggersi reciprocamente. Importante quindi
la struttura “collettiva” del metodo di Kodaly e la centralità del gruppo rispetto al
singolo, che rappresenta un elemento di diversità rispetto ai metodi precedentemente citati.
18
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1.3 Educazione musicale o musicoterapia?
Il concetto di musicoterapia in Italia oscilla tra un ambito prettamente
educativo e uno rieducativo: nelle istituzioni scolastiche, sull’onda dell’entusiasmo
per le potenzialità espresse dalla musicoterapia dagli anni settanta in poi, si è
arrivati a “desiderare l’utilizzo di metodi musicoterapici sostitutivi di quelli propri
dell’educazione musicale12”. Questo a causa dello stato carente in cui versa in Italia
l’educazione musicale, che in molti ordini di scuole è completamente assente o
lasciata alla buona volontà di insegnanti di altre materie. Unica eccezione la scuola
media, ma è estremamente riduttivo pensare che un alunno possa fare musica solo
per tre anni della sua vita Loredano Matteo Lorenzetti, importante pedagogista, nel
saggio Distinzione tra musicoterapia ed educazione musicale auspica un recupero
della dimensione pedagogica della musicoterapia, finora caratterizzata come mezzo
di intervento solo riabilitativo e terapeutico, ed un suo maggior utilizzo nella scuola
nell’ambito della prevenzione. Questo però senza sovrapporre due campi –
educazione musicale e musicoterapia - che devono restare distinti e rispettare le
specifiche caratteristiche. Esiste un confine separativo tra i due concetti. Nel
concetto di educazione musicale vi è l’idea pedagogica di informare, istruire e
formare l’alunno alla musica; nel concetto di musicoterapia, invece, l’operatività è
rivolta al ragazzo, utilizzando mezzi e modi propri del linguaggio musicale per
aiutarlo nelle sue eventuali difficoltà di natura psicosociale, per alleviare uno stato
di sofferenza.
Semplificando all’osso si potrebbe dire che nell’educazione musicale la
musica è un fine, nella musicoterapia un mezzo. Questa la differenza netta nelle
premesse. Nella realtà dei fatti le cose si confondono un po’: un’interpretazione
ampia dell’educazione musicale attribuisce a questa una forte influenza positiva
sulla formazione della personalità del ragazzo e delle sue capacità relazionali. Allo
12
L. Matteo Lorenzetti, Distinzione tra musicoterapia ed educazione musicale, in AA.VV.,
Educazione musicale o musicoterapia? Ed. Pro Civitate Christiana, Assisi 1982, pp. 22 e seguenti.
19
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stesso modo cercando di alleviare una sofferenza psicofisica attraverso la musica si
compie anche un atto educativo, perché il paziente apprende una tecnica musicale
adatta alle sue capacità e questa per sempre farà parte di lui e della sua crescita
personale. Si sa che non è Mozart o Beethoven, ma un ragazzo con un tamburello è
in quel momento un musicista e, se è contento di ciò che fa e lo fa serenamente
insieme agli altri, è un essere umano potenzialmente felice.
Concludendo, si può affermare che se sul piano pratico i due campi si
confondono, su quello teorico è necessario restino divisi, per favorire uno sviluppo
delle rispettive discipline il più possibile scientifico, parola che non deve
spaventare chi si occupa di arte. È necessario sviluppare la ricerca, la
sperimentazione, lo scambio di idee, lo studio della musicoterapia nell’ambito di
tutte le altre discipline psicologiche e pedagogico riabilitative, esattamente come
tutte le altre psicoterapie esistenti. Necessario è anche un investimento nella ricerca
di metodi pedagogici sempre più efficaci e pedagogicamente rilevanti.
Questo atteggiamento scientifico è soprattutto un fatto di onestà e rispetto
nei confronti del materiale umano che è al centro sia dell’educazione musicale che
della musicoterapia.
1.4 Adolescenza ed handicap: il ritardo mentale ed i disturbi correlati
Il contesto in cui si svolge questo intervento è un ambiente scolastico, anche
se si tratta di uno spazio attrezzato posto all’interno dell’edificio scuola e non di un
ambiente classe. I ragazzi che ne fanno parte hanno problemi vari di inserimento
scolastico, di cui il predominante è il ritardo mentale. Questo, detto anche
oligofrenia, è un disturbo dello
sviluppo psichico causato da fattori
prevalentemente organici, che si manifesta durante lo sviluppo, nell’infanzia o
nell’adolescenza. Pur essendo molto importante la componente organica, il ritardo
mentale è influenzato anche da fattori socioculturali e psicologici. Il deficit che ne
deriva è soprattutto intellettivo ed ha come risultato l’impedire l’adattamento nel
20
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contesto ambientale. In rapporto al Q.I. si distinguono diversi livelli di gravità:
ritardo mentale lieve (Q.I. da 50-55 a 70), ritardo mentale moderato (Q.I. tra 35-40
e 50-55), ritardo mentale grave (Q.I. tra 20-25 e 35-40) e ritardo mentale
gravissimo (Q.I. minore di 20-25).13 Nei casi in cui il deficit dell’intelligenza è
lieve, non è infrequente che l’esistenza del soggetto sia sufficientemente adeguata,
specialmente se fin dal primo insorgere del problema vengono adottati interventi di
supporto specifici. L’incapacità di far fronte alle richieste dell’ambiente può
indurre frustrazione che sembra rallentare lo sviluppo dell’Io e favorire problemi
emozionali. La dipendenza da altre figure ostacola lo sviluppo di sé come
immagine separata e favorisce una maggiore vulnerabilità ad altre patologie. Tra
queste, disturbi affettivi che si esprimono attraverso la comunicazione somatica,
dato che il paziente ha difficoltà di comunicazione. Nella depressione prevalgono
aspetto triste, perdita dell’appetito, calo ponderale, insonnia, agitazione o
rallentamento, perdita dell’appetito e calo ponderale. Eccitazione, nervosismo,
iperattività caratterizzano invece la mania.
Sono frequenti le turbe della personalità (dovute a scarsa autostima e
immagine negativa di sé) e del comportamento.
I successi nel campo lavorativo, scolastico, sociale possono contribuire ad
aumentare l’autonomia del soggetto e portarlo ad un funzionamento più che
soddisfacente. Per questo occorre mettere in atto strategie di supporto e rinforzo
dell’autostima ed evitare atteggiamenti iperprotettivi. All’inizio può essere utile un
atteggiamento direttivo e organizzato, con domande e compiti formulati in modo
definito, chiaro e conciso. Ottenuta la fiducia del paziente egli potrà fornire
informazioni come un soggetto normale e come tale si dovrà lavorare con lui. La
musicoterapia è uno dei campi d’intervento che possono risultare efficaci per questi
obiettivi, specialmente nell’ambito preventivo.
13
Le informazioni sul ritardo mentale sono state prese da Giberti – Rossi, Manuale di psichiatria,
quarta edizione, Piccin e Vallardi, 1996.
21
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1.5 Il ragazzo affetto da sindrome di Down e la musica
La sindrome di Down è un tipo di alterazione cromosomica dovuta alla
presenza di un cromosoma in sovrannumero di tipo 21. Il sintomo più evidente, che
riguarda questo lavoro, è il ritardo mentale. Esso però non è uguale per tutti i
soggetti, anzi è bene non assimilare mai un caso di ragazzo Down con un altro,
perché “assai diverse e profondamente differenti sono le carenze intellettive tra
soggetto e soggetto”14.
Il range dell’intelligenza è molto ampio poiché si va da soggetti (pochi) con
un ritardo talmente grave da non riuscire nemmeno a camminare, a soggetti con
ritardo molto lieve.15
La musica, in questi casi, è una terapia molto efficace16, e anche la
componente puramente sonora (eventi acustici diversi, suoni e rumori, spesso
anche il silenzio come pausa tra diversi interventi fonici), favorisce conoscenze ed
acquisizioni che in altro modo verrebbero attuate con notevole sforzo o addirittura
neppure acquisite.
Il ragazzo Down è solitamente allegro, cordiale ed affettuoso. Manifesta
frequentemente forti esigenze emotive e richiede espressioni affettuose alle persone
con cui entra in rapporti di socializzazione. Desidera divertirsi e divertire gli altri,
soprattutto mediante l’imitazione. Inoltre ha uno spiccato desiderio di musica, sente
abbastanza intensamente il ritmo, mostra piacere all’ascolto di brani musicali molto
melodici. La proposta musicale offerta a questi soggetti deve tener presente ciò e
richiamare anche altre istanze, come quella imitativo-motoria, mimica e, in un
secondo tempo, grafica17. Occorre eliminare le musiche che hanno scarso successo
14
G. L. Zucchini, Musica e Handicap – musicoterapia e tecniche psicomusicali per l’integrazione
degli alunni handicappati, editrice La Scuola, 1989.
15
R. P. Ingalls, Insufficienza mentale – Problemi e prospettive, Zanichelli, Bologna 1984.
16
G. L. Zucchini, ibidem.
17
G. L. Zucchini, ibidem.
22
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di attenzione e quelle che scatenano atteggiamenti di aggressività, che in alcuni
soggetti Down appaiono all’improvviso. Comunque, in genere il ragazzo Down
ama la musica molto melodica, perché lo immerge in un clima equilibrato,
emotivamente ricco, calmo e tranquillo. Ma occorre tener pronte anche musiche
ritmate, con buon sostegno armonico. In ogni caso è opportuno non soffermarsi
sempre sullo stesso tipo di musica, perché non diventi uno stereotipo, ma articolare
la scelta nell’ambito di generi vari.
Le attività musicali, magari abbinate ad altre come piccole danze o
drammatizzazioni, sono efficaci soprattutto se attuate in gruppo. Sono momenti
interessanti di socializzazione, relazione con gli altri, reciproca conoscenza. La
musica favorisce ulteriormente il rapporto io-altri che il ragazzo Down gradisce e
che apprezza con gioia ed interesse.
Anche l’ascolto vero e proprio è da promuovere, specialmente insieme ad
altri. Questo sarà un momento di arrivo, destinato
ai più lievi, ma è molto
importante nell’educazione del gusto e dell’intera personalità. Bisogna accertarsi
che il ragazzo provi davvero gusto e piacere per ciò che sta ascoltando, in modo
che non diventi un momento di alienazione e distacco dalla realtà. Occorre
comunque ricordare che la proposta attiva deve sempre essere attuata ed anzi
privilegiata rispetto altri momenti. Anche il canto può essere utilizzato,
specialmente in gruppo, pur nelle evidenti difficoltà dovute alla voce spesso rozza e
sgraziata ed alla scarsa intonazione. Occorre alimentare l’interesse spontaneo per
questa attività, abbinandola ad altri giochi espressivi nel caso risultasse
eccessivamente difficoltosa.
Importante infine è la produzione, cioè il far musica insieme agli altri o da
solo, che è un momento di gratificazione fondamentale per il ragazzo Down, che di
questa attività è capace e spesso dimostra una ricca inventiva.
23
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1.6 Musicoterapia in contesto scolastico
Negli ultimi anni in generale si sono moltiplicati gli interventi di
musicoterapia nel settore riabilitativo, psicoterapeutico e preventivo, ma è solo
quest’ultimo che ha sentito l’esigenza di ufficializzare la disciplina per quanto
riguarda il progetto educativo18. La possibilità di utilizzare competenze specifiche
legate all’ascolto e alla produzione sonoro-musicale, sia individuale che di gruppo,
permette di osservare i ragazzi sotto un altro aspetto, quello complesso del non
verbale, invisibile ed indicibile. Un intervento di musicoterapia è legato comunque
al concetto di “cura”, ma non inteso nel senso specialistico di terapia di un
malessere conclamato, bensì nel senso che riveste quotidianamente nella nostra
vita e in quella degli altri. Avere cura significa prestare attenzione e con essa
ascolto. “La scuola è forse l’unico spazio aperto e democratico che i ragazzi
incontreranno nella loro esistenza; la musicoterapia può contribuire in modo
significativo a porre l’accento sull’ascolto di necessità individuali e di gruppo,
collaborando con le figure interne alla scuola nella realizzazione di obiettivi
riguardanti la comunicazione, la relazione e la socializzazione.”19
Un intervento a favore di persone con “diverse abilità” o comunque con
difficoltà varie, siano esse dovute a ritardo mentale, disturbi del linguaggio, del
comportamento, difficoltà emotive, porta con sé un sostanziale problema di
impostazione, in base alla “filosofia dell’intervento”.
In termini più scientifici, si tratta di un problema epistemologico.
18
Cinzia Blanc ne La musicoterapia attraverso le esperienze – Dalla realtà operativa alla ricerca
(Interventi dal IV Congresso Nazionale di Musicoterapia, Firenze, 26-28 Novembre 1999), a cura di Cinzia
Blanc e Ferdinando Suvini, LoGisma 2001.
19
Ibidem.
24
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Dice Gregory Bateson: “Non si può sostenere di non possedere
un’epistemologia. Chi lo sostiene ha semplicemente una cattiva epistemologia”.
“Il problema dell’epistemologia, o, più semplicemente, del modo di vedere il
mondo, delle idee guida, del substrato culturale di chi si occupa degli accadimenti
umani è, a mio avviso, fondamentale e si pone, ovviamente, anche per coloro che
operano nel settore dell’handicap. Direi che il primo intervento a favore dei
portatori di handicap (sia esso fisico, psichico, sensoriale non fa differenza) deve
essere indubbiamente un intervento di chiarimento epistemologico; di chiarimento
rispetto al nostro modo di vedere l’handicappato ed al modo in cui è visto nella
cultura collettiva prevalente.
Intervenire sull’handicap significa quindi innanzi tutto compiere un’azione
di rottura di un paradigma dominante, che si definisce della disperazione, in base al
quale la disabilità perde i confini della propria specificità funzionale per invadere,
in un processo di generalizzazione solistica, tutta la persona e le aree della sua
esistenza. Questo paradigma è diventato non solo patrimonio dell’opinione
pubblica ma, cosa assai più grave, dello stesso disabile e della sua famiglia.
La cosa che colpisce di più al primo approccio con i disabili e le loro
famiglie è la quasi totale assenza di aspettative evolutive. Spesso tutto quello che ci
si aspetta è assistenza, o meglio, assistenzialismo.
L’epistemologia della disperazione, la generalizzazione della disabilità,
induce atteggiamenti di iperprotezione, di anticipazione, di sovrapposizione, di
infantilizzazione che veicolano, attraverso una potente valenza comunicativa non
verbale, un messaggio così sintetizzabile verso il disabile: -Tu non sei capace… di
niente!
Rompere questo paradigma significa contrapporre alla cultura della
disperazione la cultura della speranza. Significa identificare i confini della
disabilità e promuovere le potenzialità delle parti sane; sviluppare capacità,
25
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competenze, autonomia e quindi la fiducia in se stessi e nelle proprie
possibilità.
L’obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita dei portatori di
handicap di-mostrando al mondo le loro possibilità”20.
1.7 Il rapporto tra musica ed adolescenza
L’adolescenza si può considerare un’età di intensa riscoperta emozionale,
che può essere favorita ed accompagnata dalla musica. Importante quando si parla
di adolescenza è la connessione tra dinamiche regressive ed evolutive: da un lato
implicite nel discorso musicale21, dall’altro interne all’adolescente22.
La musica sembra amplificare tendenze regressive in soggetti con minori
risorse di tipo socio-cognitivo. Essa in questo caso non si avvale di quelle capacità
elaborative e trasformative che sono alla base della sua ricchezza, ma diverrebbe
veicolo espressivo di emozioni confuse o intense. È un’esperienza di tipo olistico,
20
Roberto Lorenzini, Psicologo-Psicoterapeuta, Presidente Cooperativa Sociale Agape, Diretore
Servizio Progetti Consorzio Sociale Mosaico: prefazione a: Flora Gagliardi, “Prima della musica”,
Musicoterapia e teatro musicale per disabili mentali adulti, Edizioni del cerro, Pisa 2001.
21
Osmano Oasi, Consistenza e linee di sviluppo del rapporto tra musica ed adolescenza, in
Interventi dal IV Congresso Nazionale di Musicoterapia, Firenze, 26-28 Novembre 1999, LoGisma editore
2001. L’autore cita ricerche che suggeriscono un legame tra musica e specifiche funzioni vegetative, con
l’induzione di particolari stati regressivi (McDonald, Henson 1987; Lapassade 1976 per gli studi sulla
trance; Fraisse 1974 per quelli sul ritmo). Altre ricerche sottolineano il ruolo trasformativo della musica
(Racket 1976, Anzieu 1985, Fornari 1984) o il compito supportivo rispetto ai diversi gradi di autonomia
dell’IO (Kris 1952 e Kohut, Levarie 1950).
22
Ibidem. L’autore sintetizza le dinamiche evolutive rispetto a tre specifici oggetti: il corpo, con
l’attenzione dedicata alla predominanza del vissuto sul pensato; le figure genitoriali (Da Freud (1905) che
sottolinea il nuovo investimento libidico verso i genitori in adolescenza a Meltzer (1978) che pone l’accento
sulle nuove relazioni d’oggetto che l’adolescente si trova a costruire); il gruppo con la sua capacità
supportava (Meltzer 1978) ma anche i suoi vissuti di esclusione e solitudine (Winnicott 1965,1971).
26
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ove prevalgono le sensazioni di coinvolgimento senso-motorio e inglobamento
generalizzato. Si parla di “intense emozioni in musica”, alcune delle quali trovano
nelle discoteche il luogo privilegiato.
Dall’altra parte, la musica sembra accentuare inclinazioni evolutive in
adolescenti in cui la fruizione del discorso musicale sia accompagnata da maggiori
risorse di tipo socio-cognitivo, ma anche da specifica competenza musicale: alla
musica verrebbe così attribuita un’importante funzione di tipo simbolico (Rechardt,
1987) e transizionale (McDonald 1970). Attraverso la musica possono quindi
essere potenziate le aree di autonomia e buon funzionamento dell’Io. A questo
proposito si sottolinea anche che la musica attiva importanti processi mentali
all’interno della relazione tra l’adolescente e il gruppo dei pari, connessi allo
sviluppo dell’identità adolescenziale e basati sulla condivisione dei gusti musicali.
Si può dire che il senso di condivisione e d’aggregazione determinato tra gli
adolescenti dalla presenza di gusti musicali simili dà luogo ad uno specifico vissuto
di appartenenza ad un gruppo.23
1.8 Il laboratorio di animazione musicale: il gruppo24
È stato scelto questo termine e non propriamente musicoterapia perché la
prassi musicoterapeutica non si rivolge specificamente ad una funzione (motoria,
psichica, sociale, cognitiva...), ma le proposte investono globalmente la persona,
che le recepisce e le trasforma in un “auto-aiuto”.
L’intervento “curativo” è mirato alla rivalutazione delle risorse e capacità di
ciascuno, delle “parti sane” della persona con problemi, perché essa possa usarle e
farle fruttare nel mondo reale. Questa è senz’altro una forma di riabilitazione,
23
Ibidem.
24
Flora Gagliardi, Prima della musica, musicoterapia e teatro musicale per disabili mentali adulti,
edizioni del Cerro, Pisa 2001.
27
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che non tende ad una riduzione del danno, ma vuole portare il soggetto a
riarmonizzarsi, a trovare in se stesso una integrazione che gli faciliti la
relazione col mondo esterno. Per questo l’aspetto riabilitativo è predominante
rispetto a quello terapeutico, anche se la distinzione tra i due concetti non è netta né
prestabilita e sfuma in molti casi.
La motivazione principale dell’aver destinato tale attività ad un gruppo è
stata quella di offrire un’attività d’insieme basata sulla condivisione di affetti
piuttosto che di apprendimenti. La dimensione cognitiva non è però esclusa, dato
che è presente in ogni attività dove si condividono esperienze fatte di regole
comuni.
“Il gruppo rappresenta la struttura collaborante che fa da sostegno a se
stesso e al singolo individuo nelle occasioni, non sempre facili, della messa in
gioco, dell’esercizio, e in tutti i momenti performativi che comportano
un’esposizione di fronte ad altri”.25
Inoltre l’esercizio e il necessario addestramento costituiscono un campo di
costruzione di condotte adeguate e di tolleranza del proprio e dell’altrui errore,
nell’ottica di rafforzare un processo migliorativo e non sottolineare il fallimento.
25
Ibidem.
28
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1.9 Problemi Aperti
Lavorare con un gruppo di adolescenti non è per niente facile, in assoluto.
La musica può essere un linguaggio facilitatore, ma non è sempre una panacea.
Proprio per le sue implicazioni regressive e il forte coinvolgimento emotivo, può
essere addirittura un fattore destabilizzante per un adolescente già fragile… Un
altro tipo di problema è costituito dall’eterogeneità dei gruppi.
I soggetti che ne fanno parte hanno un loro vissuto e problematiche
diversissime e non sempre lo stare insieme è la formula giusta, come si vedrà dal
racconto dell’esperienza fatta. Alcuni soggetti hanno abbandonato l’esperienza
dopo pochi incontri, per ragioni legate al proprio vissuto personale ma anche
all’interazione difficoltosa con gi altri. Per altri è stato molto difficoltoso
rapportarsi a compagni che avevano con la musica un approccio completamente
diverso, non riuscendo però a comunicare questa diversità, col rischio che fosse
vissuta come fastidio. Si è ritenuto giusto, comunque, usare questa formula in
quanto ognuno di noi, per quanto difficile, deve rapportarsi con gli altri
quotidianamente, anche in continue ed estenuanti situazioni di conflitto.
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3. Materiali e metodi
3.1 Descrizione del setting
Il Progetto di musicoterapia si svolge presso l’Istituto IPSIA “F. Corni” di
Modena e i destinatari sono alunni con diversi problemi di inserimento scolastico,
seguiti ciascuno da un insegnante di sostegno o da un educatore. I partecipanti
provengono sia dall’istituto Corni che da altre scuole superiori della provincia di
Modena (Istituto Guarini ed Istituto Cattaneo), in quanto il progetto è stato
proposto ed allargato a diverse scuole della provincia. I partecipanti fissi sono
risultati essere quattro alunni maschi di diverse età (sono stati presenti dal principio
alla fine delle sedute, con sporadiche assenze), mentre altri due, una femmina ed un
maschio, hanno partecipato rispettivamente a due e un incontro soltanto.
Di seguito la descrizione dei quattro partecipanti fissi e dei due
occasionali26:
Antonio: classe IV Istituto Corni, disturbo del linguaggio espressivo e delle
capacità scolastiche. Ha partecipato anche agli incontri dello scorso anno.
Collaborativo, desideroso di imparare, ma timido e riservato, tranquillo. Spesso si
distrae ed ha bisogno di essere coinvolto direttamente nelle attività e di avere una
qualche responsabilità per non annoiarsi. Difficilmente propone di fare qualcosa ma
se invitato non si tira mai indietro. Legge i testi anche se con qualche difficoltà, non
canta, muove solamente le labbra. Interessato al funzionamento di tutte le
apparecchiature elettroniche. È presente a quasi tutti gli incontri.
Henry: classe III Istituto Guarini, sindrome di Down. Disturbo del
linguaggio, fa molta fatica a comunicare verbalmente. Pronuncia poche parole,
spesso non intere e difficili da comprendere per chi non lo conosca bene, balbetta.
Molto motivato a partecipare e collaborativo, suona volentieri e a lungo gli
26
I nomi dei partecipanti, nel rispetto della privacy, sono stati cambiati.
30
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strumenti che predilige. Tende a fare il protagonista isolandosi in un suo mondo
mentre suona, senza preoccuparsi molto di quello che fanno gli altri. Comunque
socievole e tranquillo, spesso allegro. Fatica a seguire consegne direttive, preferisce
suonare liberamente e spesso è lui che “guida” il gruppo imponendo il suo ritmo
agli altri. Durante l’andamento degli incontri si integra sempre meglio ed ascolta
maggiormente i suoi compagni. Non legge nulla, non canta, si limita a qualche
parola delle canzoni che preferisce. Ha una grande passione per Eros Ramazzotti, il
cantante che nomina spesso al punto da presentarsi con il suo nome. Ottimo
rapporto con il suo educatore, che lo accompagna sempre e spesso partecipa
attivamente agli incontri e funge da interprete per ciò che dice. Presente quasi
sempre.
Paolo: classe I Istituto Corni, disturbo misto dell’apprendimento. Epilessia
recondita
criptogenetica.
Tranquillo,
deve
migliorare
l’autopercezione
e
compensare le manifestazioni svalutative. È il più giovane del gruppo e non ha
ancora cambiato la voce. Ha una lettura lenta e non accurata ed una comprensione
del testo deficitaria. Compie diversi errori nei dettati scritti. Ha difficoltà di calcolo,
ma si muove bene entro il numero 100. È disponibile, anche se preferisce compiere
le proprie attività autonomamente, da solo. Necessita sia di lavoro individuale che
di migliorare le capacità relazionali, nonché autonomia ed autostima. È assente
quattro volte, di cui tre consecutivamente.
Massimo: classe III Istituto Cattaneo, ritardo mentale e disturbo misto
delle capacità scolastiche. Difficoltà a comunicare verbalmente, si esprime con
pochissime parole. Anche lui molto tranquillo, sereno, collaborativo. Ha qualche
difficoltà di coordinazione dei movimenti. Non comprende subito le consegne ma
appare molto motivato ad eseguirle, annuisce sempre, è allegro, spesso durante gli
incontri ride, ascolta attivamente. Non legge i testi, non canta ma ripete solamente
qualche parola del ritornello delle canzoni. Esegue con una certa continuità ritmi da
lui improvvisati. Non propone attività, non si muove autonomamente ma risponde
prontamente ad ogni consegna. Anche lui presente quasi sempre.
31
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Elisabetta: classe V Istituto Cattaneo, ritardo mentale lieve. È l’unica
ragazza e probabilmente questo la mette in difficoltà, infatti abbandonerà il gruppo
dopo appena due incontri. È anche la più dotata cognitivamente. Legge i testi e
canta le canzoni che conosce, ne propone anche altri di cantanti che le piacciono.
Ha una bella voce. Molto timida ed insicura, fatica ad integrarsi e a comunicare con
gli altri e se le viene chiesto, non sa dire se l’attività le piaccia e se intenda
continuare a partecipare. Si mostra tuttavia molto collaborativa ed esegue senza
problemi tutte le consegne.
Tohm: classe II Istituto Corni, deficit cognitivo di grado lieve, disturbo del
linguaggio e disagio emotivo. È presente ad un solo incontro, il penultimo.
Impossibilitato a partecipare prima. Anche lui parla poco, molto timido ma
comprende benissimo ogni consegna e la esegue correttamente. Grande abilità
ritmica, collaborativo, purtroppo la sua partecipazione è estremamente limitata.
Gli incontri si svolgono ogni venerdì dalle 9.50 alle 11.40, con un intervallo
di 10 minuti circa tra le due ore. Il luogo è un’aula ampia destinata solitamente agli
audiovisivi, situata al primo piano, con un lungo tavolo di legno bianco e una platea
di sedie di legno davanti. La tipica sala per conferenze, utilizzata per varie attività
dell’istituto. Su fondo vi è una grande libreria a tutta parete con videocassette di
vario genere, dvd, dischi in vinile, libri. La libreria è chiusa e non verrà mai aperta
per questo progetto. Sulla parete opposta, il lungo tavolo di legno bianco viene
utilizzato perlopiù come piano d’appoggio per libri, zaini, strumenti, giacche o
dagli insegnanti di appoggio per compilare registri e documenti vari.
La sala, come già detto, è posta al primo piano, ed ha due accessi: uno
dall’interno, direttamente dalle scale della portineria principale dell’istituto, l’altro
dall’esterno attraverso una scala metallica che parte dal cortile interno. I ragazzi
entrano quasi sempre da quest’ultima, provenendo dalle rispettive aule situate in un
edificio sul lato opposto o comunque dal cortile interno. La tirocinante invece entra
dalla portineria facendosi aprire il locale dalla bidella, dato che normalmente è
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chiuso. Sul lato destro dell’aula si apre uno sgabuzzino collegato ad un bagno.
Nello sgabuzzino, su due scaffali metallici, sono depositati gli strumenti musicali,
materiale per un impianto di amplificazione (microfoni, vari, casse e altro materiale
di proprietà della scuola). Lo sgabuzzino viene aperto ogni volta dalla bidella per
prendere gli strumenti e poi richiuso a chiave per tutta la durata dell’incontro.
Questo lo strumentario in dotazione:
• Tamburi piatti di legno di varie dimensioni, con battente.
• 2 triangoli.
• Due grandi congas.
• Una grancassa.
• Uno xilofono con battenti.
• Un bastone per la pioggia decorato verde.
• 3 paia di maracas di legno.
• Un tamburo grande tipo grancassa con rifiniture blu.
• 2 bongos.
• Sonagli vari.
• Un sonaglio con giri di collane di palline metalliche.
• Un tamburello basco.
• Un cembalo rotondo senza membrana, solo coi piattini.
• Uno dei ragazzi in diversi incontri ha portato una chitarra elettrica
con amplificatore.
• Una chitarra classica piccola portata da uno dei ragazzi.
• Tre paia di legnetti.
• Tastiera Yamaha PSR E303 di proprietà della tirocinante.
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• Lettore mp3 di proprietà di uno dei ragazzi.
• Lettore cd.
3.1.1 Disposizione della sala per gli incontri
La tirocinante al suo arrivo, un quarto d’ora circa prima dei ragazzi, si fa
aprire la sala e lo sgabuzzino, prende gli strumenti negli scatoloni di cartone, li
dispone per terra sparsi al centro di un cerchio fatto dalle sedie della prima fila
della platea. Le altre vengono spinte indietro per creare spazio. Pur essendo i
partecipanti ufficiali all’incontro per lo più cinque (quattro più la tirocinante, a
parte due incontri in cui vi erano cinque ragazzi), le sedie che costituiscono il
cerchio sono sempre qualcuna in più, ad esempio sette, in modo da comunicare
un’idea di accoglienza verso un ipotetico nuovo venuto che si può aggiungere
volendo al gruppo, che non vuole quindi essere chiuso. I rispettivi insegnanti di
sostegno a volte hanno partecipato attivamente alle attività a volte sono stati
semplici spettatori (in questo caso si posizionano nelle sedie della platea
retrostanti). La loro partecipazione è stata lasciata libera. A volte si sono rivelati
indispensabili, specie quando vi erano diversi assenti e il gruppo era troppo esiguo,
oppure hanno proposto delle attività dimostrandosi partecipi di ciò che facevano i
loro ragazzi. Questi ultimi hanno mostrato di gradirne la presenza, che non ha mai
infastidito ma rassicurato e, specialmente verso la fine degli incontri, si sono
rivelati un tutt’uno con il gruppo. Le sedie sono disposte in cerchio con un posto
vuoto all’estremità occupato dalla tastiera posta su un banco di scuola. La tastiera,
usata perlopiù dalla tirocinante per accompagnare le canzoni ma anche dai ragazzi
a turno per improvvisare, fa così parte del cerchio.
Tutta questa disposizione è voluta per dare l’idea di un laboratorio di
musica, uno spazio dove si può ritrovare una qualsiasi band giovanile per fare le
prove di un repertorio per un ipotetico spettacolo. Tutto vuole riportare alla libertà
di partecipazione e di espressione.
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3.2 Gli incontri di musica
3.2.1 Primo incontro
Il primo incontro è particolare, in quanto si presentano soltanto due ragazzi:
Henry e Antonio. Antonio fa parte di questo istituto ed ha partecipato anche agli
incontri dello scorso anno e conosce molto bene l’aula e la tirocinante, che saluta
cordialmente. L’altro ragazzo è Henry, un ragazzo con sindrome di Down che
viene accompagnato dal proprio educatore, Oliviero.
Si presenta disponibile e curioso, non sembra avere timore nell’entrare nella
stanza, ma non parla quasi. Le sue espressioni verbali sono molto limitate, ripete
alcune frasi distinguibili a fatica per chi non lo conosce, spesso ha bisogno del suo
educatore per “tradurre” quello che vuole dire. L’educatore appunto dice che Henry
ama la musica e in particolar modo un cantante, Eros Ramazotti, di cui è un grande
fan, al punto che spesso dice di chiamarsi appunto Eros. Il nome del cantante
ricorre spesso durante tutto l’incontro e i successivi, come modalità di risposta
anche a domande non pertinenti. Per lui è una modalità espressiva importante, una
sorta di identificazione rassicurante. Dal secondo incontro in poi il ragazzo porterà
l’ultimo cd di Eros Ramazotti, una raccolta di successi più qualche canzone inedita,
che diverrà una sorta di colonna sonora degli incontri, così come altri cd portati da
altri.
Si aspetta qualche minuto se per caso arrivassero altri partecipanti, poi si
decide comunque di andare avanti nella seduta anche con soli due partecipanti, pure
molto diversi tra loro. Antonio è più comunicativo verbalmente e risponde sempre
in modo pertinente ad ogni richiesta, anche se non partecipa a tutte le attività, ad
esempio non canta assolutamente, neppure per imitazione. Preferisce le percussioni
e la sua scelta cade sempre sui tamburi (grancassa e congas). Esegue quasi alla
perfezione le cellule ritmiche proposte. Risponde in modo preciso e pertinente alle
consegne, pur in modo conciso e senza improvvisare molto. Henry invece sembra
molto a suo agio in lunghe improvvisazioni specialmente alle congas. Suona senza
interruzione anche per diversi minuti se non interrotto ed in modo abbastanza
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appropriato, con un ritmo particolare e personale ma piuttosto preciso. Tende a fare
il “solista”, non pare ascoltare molto le consegne proposte ma suona liberamente
come trasportato in una dimensione tutta sua.
Antonio pare un po’ in sofferenza in questa situazione, in quanto fatica ad
integrarsi nelle lunghe improvvisazioni libere del compagno, che a sua volta non
risponde in modo preciso se sollecitato a fare una precisa consegna. Vengono
proposte anche attività legate al canto, ma i due ragazzi non partecipano. Il canto
con le parole non è la modalità più adatta per questi ragazzi in questo momento,
verrà quindi proposto alternativamente in futuro, ma senza insistenza. Verrà
perlopiù sostituito da ascolti da cd su cui si può intervenire sovrapponendosi al
cantante.
Come si è già sottolineato, l’incontro odierno è apparso particolare, non
molto coesivo per i ragazzi ma piuttosto slegato, non si è trattato di un incontro di
gruppo ma di due individualità sovrapposte e molto differenti tra loro.
Nel salutarsi ci si augura che il successivo sia più partecipato ed eterogeneo.
D’altra parte il progetto è appena partito e probabilmente deve ancora mettersi in
moto la macchina burocratica per far sì che partecipino più ragazzi di diverse
scuole.
Si propone loro di scegliere uno strumento tra quelli sparsi sul pavimento e
di suonare liberamente qualsiasi cosa vogliano per alcuni secondi (si propone al
massimo 20 secondi per dare un punto di riferimento, ma i ragazzi suonano poi per
un tempo decisamente inferiore, pochi secondi). Dopo aver suonato i ragazzi sono
invitati a presentarsi dicendo semplicemente il nome e la classe, poi devono
risuonare ancora il proprio strumento sempre per alcuni secondi, risuonando il
ritmo di prima oppure un altro, liberamente.
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3.2.2 Secondo incontro
Al secondo incontro infatti si presentano cinque partecipanti, di cui una
ragazza, Elisabetta, proveniente dall’Istituto Cattaneo, così come Massimo, che
arriverà più tardi.
È arrivato anche Paolo, un ragazzo di questo istituto, il più giovane del
gruppo (frequenta la prima), molto timido, non parla se non interpellato, con forti
problemi di autostima.
La disposizione scelta dai ragazzi è questa: Henry appena alla sinistra della
tirocinante, nella prima sedia di fianco alla tastiera, Elisabetta di fianco a lui, poi
Antonio che è il veterano del gruppo (questa in fondo a sinistra è la sua postazione
preferita, anche l’anno precedente sceglieva quasi sempre quella sedia), indi
l’educatore di Henry, Oliviero, che lo accompagnerà sempre e più volte parteciperà
direttamente alle attività, come oggi, dato il buon rapporto che ha con il ragazzo.
Diverse volte Oliviero funge da traduttore di ciò che dice Henry, dal momento che
il lessico del ragazzo in gruppo è limitato a poche parole non sempre comprensibili.
La sedia di fianco a lui è occupata da Valeria, un’altra tirocinante che oggi è
addetta alle videoriprese e quindi si sposta spesso per riprendere bene tutti. La sedia
di fianco è vuota ma verrà occupata da Massimo, il ragazzo che arriverà in seguito.
Il cerchio è completato da Paolo e di fianco a lui nonché di fianco alla tastiera la
sua insegnante di sostegno Alessandra.
Si propone loro di scegliere uno strumento tra quelli sparsi sul pavimento e
di suonare liberamente qualsiasi cosa vogliano per alcuni secondi (si propone al
massimo 20 secondi per dare un punto di riferimento, ma i ragazzi suonano poi per
un tempo decisamente inferiore, pochi secondi). Dopo aver suonato i ragazzi sono
invitati a presentarsi dicendo semplicemente il nome e la classe, poi devono
risuonare ancora il proprio strumento sempre per alcuni secondi, risuonando il
ritmo di prima oppure un altro, liberamente. La prima è naturalmente la tirocinante,
che si presenta suonando una delle due congas. Poi la segue Elisabetta scegliendo
una maraca: si presenta semplicemente indicando il nome, la scuola di provenienza
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e la classe, che è la 5° L. Elisabetta quindi oltre ad essere l’unica femmina è anche
la più grande del gruppo. Si mostra molto attenta a quello che viene detto e fatto.
Osserva in giro quello che fanno gli altri.
Dopo di lei Antonio che sceglie i bongos e collabora subito, indicando che
frequenta la 4° del Corni, l’Istituto in cui ci troviamo. Antonio ha sempre il suo
cellulare di fianco, che controlla spesso e sembra che ci giochi anche durante gli
incontri, distraendosi. In realtà appena interpellato lo appoggia subito e spesso
risponde che stava semplicemente registrando quello che veniva suonato. Questa
era una attività che faceva spesso l’anno precedente e anche negli incontri di
quest’anno spesso è impegnato a registrare ciò che si sta facendo per poi farlo
sentire subito dopo ai compagni. Antonio è molto interessato al funzionamento di
tutte le apparecchiature elettroniche e svolge per il gruppo il ruolo di tecnico
(accendere il lettore e trovare le tracce scelte, registrare, a volte far funzionare la
videocamera). Appare spesso distratto ma risponde puntualmente se gli viene
richiesto di fare qualcosa e si mostra molto attento a quello che fanno i compagni.
Henry invece prende le bacchette della batteria e batte sulla conga,
presentandosi poi balbettando come Eros Ramazzotti (queste sono le sue uniche
parole, non precise, in realtà dice qualcosa come: Eros Zotti). Nel suonare è molto
sciolto ed è quello che esegue l’intervento più lungo. Dopo di lui il suo educatore,
Oliviero, che sceglie un tamburo col battente e completa la presentazione di Henry
dicendo il suo nome, la sua funzione di accompagnatore di Henry e la scuola, che è
il Liceo Guarini di Modena. Mentre lui parla Henry gli sorride. Da sottolineare che
l’educatore di Henry, che parteciperà attivamente a quasi tutte le attività degli
incontri successivi, si rapporta sempre a lui mentre parla, infatti presentandosi
richiama anche Henry ripetendo il suo nome (Henry si era presentato come Eros).
Paolo sceglie il triangolo e si presenta in modo conciso, molto brevemente,
battendo tre colpi secchi prima e dopo la sua presentazione. Dice semplicemente
che frequenta la 1° A del Corni. Dopo di lui la sua insegnante di sostegno,
Alessandra, con i sonagli, si presenta dicendo la sua funzione. Massimo arriverà
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mezz’ora dopo e non parteciperà alla presentazione, ma entrerà subito nel vivo dei
giochi musicali proposti.
Per l’incontro di oggi sono previste attività più strutturate, non più
improvvisazione libera come la volta precedente.
Si propone come primo brano per “rompere il ghiaccio” una breve
canzoncina di saluto in inglese e in do maggiore.
hello good morning
my dear friends
hello good morning
shake your hands
La canzoncina viene prima proposta ad imitazione frammento per
frammento, poi vengono insegnati dei semplici gesti collegati alle parole del testo
(salutare, battere le mani, mettersi le mani sul cuore e mimare il gesto di darsi la
mano). La parte gestuale viene eseguita abbastanza bene, solo con qualche
problema di coordinazione, la parte cantata praticamente non viene eseguita se non
dalla tirocinante, dagli insegnanti di sostegno e in parte da Elisabetta. A questo
punto Elisabetta si toglie la giacca (fa molto caldo col riscaldamento acceso) e
quindi la tirocinante invita anche Paolo a fare altrettanto. Antonio viene invece
invitato a riporre momentaneamente il cellulare, in attesa di una musica da
registrare su richiesta del gruppo. Tale canzoncina di saluto verrà eseguita all’inizio
degli incontri anche le volte successive.
Dopo questa presentazione si effettua il gioco ad imitazione dello specchio,
in cui uno propone un breve ritmo con lo strumento e gli altri lo imitano col
proprio. Comincia la tirocinante con dei semplici ritmi di 4/4 imitati agevolmente
da tutti. L’esercizio viene eseguito bene, così la tirocinante chiede che qualcun altro
lo esegua. Nessuno si offre, Elisabetta ride. La tirocinante propone Antonio, dato
che lo ha già fatto l’anno precedente. Il ragazzo accetta e svolge l’esercizio bene
imitato da tutti. Poi comincia Henry, che propone un ritmo più complesso e
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soprattutto lungo da imitare. Piuttosto difficile, perché contiene molti battiti, inoltre
Henry non si ferma per lasciar suonare gli altri non lasciando loro spazio. Forse non
ha ben compreso la consegna del gioco, che gli viene rispiegato. Infine propone una
variante interessante: invece di suonare la conga solo sulla membrana comincia a
percuotere con la becchetta il bordo metallico, producendo un suono secco
completamente diverso. Efficacemente, perché gli altri lo imitano cambiando anche
loro il modo di battere lo strumento per produrre suoni differenti. Si prosegue un
po’ cercando suoni sempre più sottili e vari.
A questo punto entra Massimo, il ragazzo che mancava all’appello. Entra
con un insegnante e viene invitato subito a sedersi con gli altri. Henry continua a
suonare, si scambiano due parole, poi la tirocinante chiede di far silenzio per
ascoltare il nuovo arrivato e spiegare il prossimo esercizio. Dopo che si è
brevemente presentato, viene invitato a scegliere uno strumento: sceglie la
grancassa con due battenti.
Il gioco seguente è una semplice improvvisazione in cui i ragazzi devono
partire a suonare uno dopo l’altro seguendo l’attacco dato e poi continuare per
accumulo. Henry deve partire ma non ha ben compreso la consegna perché
comincia poi si interrompe subito, come fosse il gioco precedente. Gli viene
rispiegata la consegna e viene invitato a suonare solo con le mani. Continua
Elisabetta poi si aggiunge Antonio e quindi Massimo e Paolo. Massimo interviene
con battiti regolari e costanti che danno la pulsazione a tutti. Il ritmo è abbastanza
preciso. La tirocinante con il tamburo col battente ribatte il ritmo di Massimo.
Dopo un po’ il ragazzo propone un ritmo 4/4 TA TA TATTA TA, che diviene la
base ritmica di tutta l’improvvisazione e la tirocinante sostiene questo ritmo
ribattendolo. Dopo un po’ rallenta l’andamento con un battito ogni 2/4 e infine
indica lo stop.
Poi si passa ad un programma di percussioni da fare in ensemble affidando
ad ognuno dei ragazzi un semplice ritmo da effettuare con uno strumento ben
preciso, continuando poi a batterlo anche insieme ai ritmi degli altri, per poi
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scambiarsi gli strumenti e cambiare ritmo finche tutti abbiano provato tutti gli
strumenti e tutti i ritmi.
Gli strumenti e i ritmi proposti rientrano nell’ambito di un tempo 4/4 in cui
occorra mantenere una pulsazione regolare di un quarto. La pulsazione è indicata
da una sillaba che coincide con un determinato gesto della mano sullo strumento, in
modo da essere facilmente memorizzabile ed eseguibile.
Questi gli strumenti e i ritmi proposti:
• congas, ritmo TU TU TA TA (dove TU indica il battere col palmo
della mano l’estremità lontana del tamburo e TA il battere delle dita
unite contro l’estremità vicina del tamburo. Così di seguito.
• Grancassa, ritmo TU FA TA (TU è il battito con battente sul tamburo,
FA è il battito invece con la mano, TA è il battito con battente e
tenendo la mano appoggiata sul tamburo, ed è un battito da 2/4).
• Sonaglio, ritmo CI CI CI CI CHA CHA (due battute da 4/4, in cui CI
è una semiminima e si batte col sonaglio verso l’alto, CHA è una
minima con sonaglio rivolto in basso).
• Triangolo, ritmo KO CI KO, in cui si batte su due lati del triangolo
(lato base lato) tre semiminime, l’ultimo quarto una pausa.
Le congas sono due, quindi i cinque ragazzi provano a turno i vari
ritmi e si scambiano di volta in volta gli strumenti.
La tirocinante spiega ad ogni ragazzo il gesto da effettuare, poi lo lascia
provare da solo, correggendolo in caso di errore ed invitando gli altri ad osservare
con attenzione per poi riprodurlo in seguito. Elisabetta, Antonio e Paolo eseguono
quasi subito correttamente tutti i ritmi proposti, Henry e Massimo con più difficoltà
e non in modo preciso. Da sottolineare come Antonio cerchi di spiegare a Henry il
ritmo delle congas, mentre il gruppo suona, cercando di dirgli di imitare i suoi
gesti. Elisabetta appare timida ma molto collaborativa, parla correttamente,
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interviene in modo pertinente. Non si propone in modo attivo ma risponde
adeguatamente ad ogni consegna. La sua insegnante di sostegno la dipinge come
restia nel dire quel che le piace e vuole fare, o se vuole o no partecipare all’attività.
Lei non si pronuncia. Partecipa volentieri alle attività proposte ed è l’unica che
canta ed anche con voce appropriata. Viene invitata a cambiare sonaglio e a
prenderne uno doppio che suona di più. Il primo a suonare la grancassa è Massimo
che incontra qualche difficoltà di coordinazione. Henry e Antonio suonano
abbastanza precisamente il ritmo sulle congas. Paolo è il più preciso con il
triangolo. Si parte dal TU FA TA della grancassa poi via via tutti insieme tutti
insieme, con Antonio che dà indicazioni a Henry sull’uso delle congas. Gli
insegnanti da dietro osservano. La tirocinante col tamburo doppia il ritmo ora di
uno ora dell’altro per aiutare chi si trova in difficoltà. Dopo un primo giro si riparte
al contrario. Il gioco dura tre quattro minuti in tutto, poi la tirocinante li ferma e
propone un cambio di strumento. Nel frattempo suona l’intervallo e si rimanda a
dopo.
Nella ripresa dopo un quarto d’ora circa si cambiano gli strumenti
introducendo la variante dello xilofono come strumento solista, che fa un ritmo
libero mentre gli altri lo mantengono costante. Viene affidato a Henry, che suona
quasi di continuo anche mentre gli altri provano i loro strumenti. È un sottofondo
delicato che non disturba. Massimo al triangolo è un po’ in difficoltà con il quarto
di pausa alla fine (suona di continuo invece di fermarsi un quarto), ma si impegna e
il ritmo è comunque preciso e dopo un po’ lo esegue correttamente. Ad un certo
punto entra la coordinatrice del progetto, prof. Lara Rovacchi, per salutare ed
augurare buon lavoro. I ragazzi per lo più continuano a suonare. La salutiamo poi
lei parla con gli altri prof dietro il tavolo. Elisabetta alla grancassa esegue il ritmo
bene quasi subito, Antonio ha i sonagli e Paolo alla conga. Henry suona lo xilofono
con una bacchetta usandone tutta l’estensione. Dopo qualche minuto ci si ferma
quando la tirocinante dà l’indicazione con i tre battiti. Al terzo giro Elisabetta
suona il triangolo, Henry i sonagli, Antonio la grancassa. Viene incoraggiato a
sollevare lo strumento per tenerlo tra le ginocchia ed ottenere un suono più
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rotondo… Massimo alla conga trova un po’ di difficoltà a coordinare le due mani e
suonarle alternate, tende invece a suonarle insieme. La tirocinante doppia il suo
ritmo sull’altra conga. Da sottolineare che in questo gioco gli insegnanti di
sostegno e gli educatori che prima partecipavano si sono fermati ed osservano
soltanto quello che fanno i ragazzi. Ora allo xilofono c’è Paolo e suona con un
andamento tranquillo e costante, con suoni di uguale durata e vicini.
Successivamente Henry viene invitato alla grancassa, Antonio al triangolo e
Massimo allo xilofono, Elisabetta alla conga e Paolo ai sonagli. Nell’ultimo giro di
strumenti Henry vuole introdurre un’altra variante e prende in mano i bongos
sedendosi per terra. Paolo è alla grancassa (il più reciso nel suonarla), Antonio alla
conga, Massimo ai sonagli, Elisabetta allo xilofono. Henry parte con un ritmo
incalzante molto più veloce dei precedenti, imponendolo in questo modo anche agli
altri. Elisabetta suona lo xilofono seduta per terra e realizza una linea melodica che
procede per ribattuti. Crea un tema interessante poi arricchito ulteriormente con dei
glissandi. Con quest’ultima improvvisazione i ragazzi si mostrano più liberi e
l’insieme risulta più ricco e fantasioso.
Dopo che tutti hanno provato tutti gli strumenti, si propone di cambiare
decisamente attività e passare all’ascolto di un cd di loro proposta ed al canto di
una delle canzoni ascoltate.
Oltre i momenti strutturati, in cui si svolgono le varie attività proposte dalla
tirocinante e/o dai ragazzi, ci sono i momenti “liberi” all’interno delle due ore di
incontro. Questi sono concentrati all’inizio, prima dell’arrivo di tutti (ci sono
sempre cinque – sei minuti prima che tutti e quattro raggiungano la sala) e durante
e dopo l’intervallo. La ricreazione in sé dura 10 minuti, ma viene sempre dilatata di
qualche altro minuto di libertà in cui pur essendoci tutti presenti nella sala ognuno
può liberamente spaziare da un’attività all’altra come vuole, insieme agli altri o
singolarmente. Si tratta di momenti in cui si sperimentano varie opportunità: si
provano i diversi suoni alla tastiera, si riprovano motivi noti e facili come le piccole
melodie note a tutti, tipo Fra Martino, Tanti auguri o altre canzoncine
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eventualmente imparate e scuola negli anni precedenti, come l’inizio di Per Elisa di
Beethoven, brano che tutti conoscono e provano a suonare alla tastiera, che in
genere è molto apprezzato e soddisfacente.
3.2.3 Terzo incontro
Sono presenti Antonio, Paolo, Elisabetta, Massimo e Henry, come la volta
precedente. Non è presente Valeria, la collega della tirocinante.
Arriva, come farà sempre, per primo Henry, che si presenta come “Eros
Zotti” (Ramazzotti, il suo cantante preferito). Dopo l’arrivo degli altri, si intona la
canzoncina Hello good morning come la volta precedente, con la modalità già
sperimentata, cioè prima tutti insieme poi ad imitazione. Dapprima solo con le
parole, poi solamente i gesti ed infine tutto insieme. I risultati sono più o meno gli
stessi, cioè non canta quasi nessuno a parte Elisabetta e la tirocinante. Bene i gesti
da parte di tutti. Si provano poi i ritmi già sperimentati la volta scorsa, sempre
scalando via via gli strumenti in modo che tutti possano sperimentare tutti i pattern
ritmici appresi. Elisabetta, Antonio e Paolo eseguono l’esercizio molto bene, anche
i movimenti più complessi, che mostrano di aver interiorizzato correttamente. Gli
altri due comunque seguono senza difficoltà, anche se non sono precisi. Henry
esegue correttamente il ritmo delle congas TU TU TA TA, pare che in passato
abbia già fatto uso di percussioni per cui gli risulta immediato suonare un tamburo.
Ha molta naturalezza nei gesti, che segue anche con la testa. Appare sempre molto
concentrato.
La prova risulta forse un po’ lunga, verso la fine infatti si nota qualche
segnale di stanchezza a causa delle molte ripetizioni. Antonio si stira e guarda il
telefonino, anche gli altri appaiono distratti e si guardano intorno.
Si decide di cambiare attività e si chiede loro di parlare dei loro cantanti
preferiti. Henry ha portato il doppio cd e dvd con i grandi successi di Eros
Ramazzotti, per farlo ascoltare a tutto il gruppo. Il ragazzo tende a fare il
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protagonista isolandosi un po’ dagli altri, probabilmente perché fa fatica a
comunicare verbalmente, ma è molto collaborativo e motivato a partecipare.
Appare sorridente e tranquillo. Preferisce usare le congas, che suona sia con le
mani che con le bacchette, andando avanti per diversi minuti con un suo ritmo
continuo, mentre fa un po’ più fatica a seguire consegne direttive. Suona invece
liberamente per molto tempo. Mostra comunque uno spiccato senso ritmico e le sue
improvvisazioni sono estremamente coerenti. Fatica a cambiare strumento, ma lo fa
se questo gli viene richiesto. Quando la tirocinante gli spiega un semplice compito,
lo esegue, anche se non subito. Vengono cantate le canzoni del suo cd: Terra
promessa, Più bella cosa, Non siamo soli. Per ogni canzone la tirocinante
distribuisce il testo scritto in grande ai ragazzi in modo che chi vuole cantare possa
farlo agevolmente. Henry non canta, imita qualche parola e sembra che segua
l’andamento del testo, ma non legge nulla. Antonio invece prova a seguire
leggendo e muovendo le labbra, anche se non si sente nulla. L’unica che canta le
canzoni è Elisabetta, che legge e segue bene il testo. È intonata ed ha una bella
voce. Ricorda le canzoni e le canta tutte, lei è forse la più dotata cognitivamente,
avendo solo un lieve ritardo mentale. Parla con Antonio, che già conosce e che è
molto simile a lei come capacità. Il fatto di essere l’unica ragazza però la penalizza
e probabilmente la fa sentire un po’ isolata. La sua insegnante di sostegno l’ha
accompagnata all’ingresso, poi la lascia molto libera e si siede lontana.
Paolo invece era arrivato con l’insegnante che gli resta accanto per quasi
tutto l’incontro. È il più giovane del gruppo, frequenta la prima, ed è anche il più
piccolo di statura. Anche la voce è ancora quella di un bambino, non avendola
ancora cambiata. Anche lui ha buone capacità cognitive ed esegue ogni compito
senza problemi. Chiede di provare diversi strumenti. È abile ma timido, parla poco,
tiene la giacca anche se fa molto caldo per il riscaldamento.
Massimo è probabilmente un po’ più grave degli altri (a parte Henry) avendo
poca padronanza verbale ed evidenziando qualche difficoltà a coordinarsi nei gesti
ed a capire ed eseguire le consegne. Si mostra molto motivato, entusiasta, annuisce
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sempre, è allegro, ascolta attivamente, non legge le parole ma canticchia mentre
ascolta il cd. Dopo aver ascoltato e cantato le canzoni di Eros, Antonio e Elisabetta
richiedono Nek, cantante che a loro piace molto. Si propone di portare la volta
successiva un suo cd. Antonio aveva chiesto la volta precedente di poter ascoltare i
Tokyo Hotel, nota band giovanile tedesca, ora fra quelle più in voga tra gli
adolescenti. La tirocinante ha oggi procurato un cd con i loro maggiori successi. Si
ascolta tutti insieme Monsoon, che è la canzone che li ha lanciati in Italia e una di
quelle più ascoltate in radio. La canzone è in inglese e nessuno riesce a cantarla, la
si ascolta semplicemente. La conoscono Elisabetta e Antonio. Si chiede a Antonio
di portare una traduzione in italiano del testo.
Alla fine si prova tutti insieme l’inno di Mameli, che tutti conoscono e che è
caratterizzato da un ritmo facilmente eseguibile con le percussioni. La tirocinante
lo suona alla tastiera e tutti gli altri battono il ritmo sui tamburi. È il saluto per
l’arrivederci al prossimo incontro.
3.2.4 Quarto incontro
In questo incontro i partecipanti sono dapprima tre, Paolo, Henry e Antonio,
poi si aggiunge Massimo, che arriva con la sua insegnante di sostegno mezz’ora
dopo, a causa dei trasporti pubblici. È presente Valeria, la collega della tirocinante,
che partecipa attivamente a tutte le attività, non essendo oggi impegnata nella
videoripresa.
La disposizione delle sedie è la seguente: Antonio si siede in fondo a sinistra
(quella è quasi sempre la postazione che preferisce), Henry di fianco alla
tirocinante, sempre a sinistra (il posto di fianco alla tastiera è quasi sempre quello
scelto da Henry), Paolo di fianco a Antonio verso il fondo, sempre sulla sinistra.
Massimo al suo arrivo si posizionerà sulla destra, con due sedie libere ai lati. I
rispettivi insegnanti in questo incontro non partecipano, stanno dietro ed osservano.
I ragazzi non sembrano preoccuparsene, le attività si svolgono come se non ci fosse
nessun altro.
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La tirocinante sceglie come strumento i sonagli, Antonio lo xilofono, Valeria
il triangolo, Henry e Paolo le congas.
Per prima cosa si parla delle attività svolte la volta precedente e si cerca di
ricordare i vari pattern ritmici provati, ripassandoli una o due volte sempre ad
imitazione della tirocinante, poi i ragazzi, con la tirocinante, cominciano con una
improvvisazione di gruppo. Antonio prima suona un tema libero abbastanza preciso
e ritmato, seguito dagli altri, poi esegue una canzoncina a lui nota dai tempi delle
elementari, una scala di do ascendente con delle note ribattute. Questo diventa il
tema dell’improvvisazione e il ritornello predominante. Gli altri accompagnano
piano e con un ritmo abbastanza regolare. Al segnale di STOP della tirocinante i
ragazzi si fermano. Si decide di cambiare gli strumenti per variare
l’improvvisazione: ora è Henry il solista allo xilofono, Antonio e Paolo
alle
congas.
La musica cambia completamente perché Henry impone da subito un ritmo
molto più veloce usando tutta l’estensione dello xilofono. Di conseguenza anche il
ritmo degli altri si fa più veloce e accompagna adeguatamente.
A questo punto entra Massimo e si cambia ancora, l’attività viene modificata
e la consegna ora è di imitare con gli strumenti a percussione un branco di cavalli
che marciano prima al passo, poi al trotto ed infine al galoppo. Antonio ora suona
la grancassa, Valeria sempre al triangolo, Henry e Paolo alle congas. L’obiettivo è
far esercitare i ragazzi nella differente velocità associando al suono un’immagine
visiva che li aiuti. La tirocinante guida suonando il tamburo col battente, dando il
ritmo di marcia ed indicando via via i cambiamenti. Dopo aver provato per un po’
questo gioco, si introducono alcune varianti nel tema, cioè l’arrivo prima di una
mandria di bisonti al pascolo, poi degli indiani con i loro tamburi di guerra che
partono in lontananza e si avvicinano sempre più, indi l’arrivo della cavalleria e un
colpo di cannone. Questo viene realizzato all’improvviso con un colpo secco e forte
sul tamburo. I ragazzi immediatamente lo imitano senza problemi e lo ripetono
ogni volta viene loro indicato. Tutti lo eseguono in modo preciso. Poi viene
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indicato il lancio delle frecce da parte degli indiani e questo viene realizzato con lo
sfregamento della membrana del tamburo. Anche questa immagine non crea
problemi e viene eseguita da tutti ad imitazione. Questo esercizio si rivela di facile
realizzazione e non presenta particolari problemi per nessuno dei ragazzi, dal
momento che le immagini sono molto chiare, ben note e facili da tradurre in
musica. Facendo riferimento ad un immaginario noto fin da bambini ed accessibile
immediatamente a tutti viene realizzato un esercizio di improvvisazione efficace e
coeso nell’insieme.
La tirocinante ad un certo punto introduce un’altra variante cominciando a
cantare una melodia sul ritmo ossessivo dei tamburi. Il tema scelto è quello
principale di Star Wars, che era stato citato nel precedente incontro e che tutti ben
conoscono. I ragazzi non seguono, come purtroppo succederà in seguito, non
essendo il canto l’espressione a loro più consona. A parte qualche accenno con i
movimenti delle labbra, nessuno canta le canzoni proposte. Si decide ugualmente di
introdurre ogni tanto una parte cantata, eseguita per lo più dalla tirocinante, a volte
con l’aiuto degli insegnanti di sostegno.
A questo punto si cambia ancora attività e Henry va alla tastiera, Antonio
alla conga, Massimo allo xilofono e Paolo al bastone della pioggia. La tirocinante
sceglie i sonagli. Valeria è uscita nel cambio dell’ora, per un impegno di lavoro.
Chi impone l’andamento è Henry alla tastiera solista. Suona con entrambe le
mani una melodia alternata, mai le due mani insieme, sempre una nota alla volta
articolando bene le dita sui tasti come se camminassero. L’andamento è dolce e
cullante, il ritmo costante e il ragazzo segue con i movimenti della testa quello che
suona con le mani. Non si sposta dalla posizione iniziale delle mani, che insistono
più o meno sempre sugli stessi tasti, per lo più consecutivi, sempre a mani alternate.
Antonio è quello che lo segue meglio, ma anche gli altri si adeguano al
repentino cambiamento di atmosfera che questo tipo di musica produce.
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Dopo questa attività si passa all’ascolto di alcune musiche stavolta proposte
dalla tirocinante. La prima è Oh when the Saints go marching in cantata da Luis
Armstrong, versione estremamente ritmata e jazzistica. La canzone, avendo una
melodia molto semplice ed orecchiabile, si presta ad essere eseguita senza troppa
difficoltà allo xilofono. La tirocinante decide di insegnare il tema a Paolo che è in
grado di apprenderla ed eseguirla quasi subito. Ripete ad imitazione la prima frase
(si ripete tre volte DO MI FA SOL), poi nella seconda, un po’ diversa (MI DO MI
RE), presenta qualche difficoltà, risolta però dopo alcune prove. Si chiede poi a
Antonio di eseguire Jingle bells (MI MI MI – MI MI MI – MI SOL DO RE MI),
sempre sullo xilofono. Sembra non avere troppi problemi. Anche questa canzone
viene ascoltata in versione jazz da cd, mentre i ragazzi la accompagnano
liberamente con le percussioni.
Si ascolta poi la canzone gospel Oh happy day, decidendo di accompagnarla
con gli strumenti. Antonio e Massimo sono nel frattempo usciti perché avevano
altri impegni scolastici ed hanno dovuto terminare prima l’incontro. Si aggiunge
allora Oliviero per rafforzare l’organico ridotto. Henry suona la conga, la
tirocinante i sonagli, Oliviero le maracas, Paolo un sonaglio formato da un supporto
in legno con avvolta intorno una catena di palline metalliche. Henry mantiene per
un po’ il ritmo solito TU TU TA TA, poi Oliviero scuote energicamente la maraca
(è di fianco a Henry) e Henry lo imita eseguendo una rullata sul suo tamburo,
seguita da altre in successione. Paolo mantiene la pulsazione. L’unica che canta è
come al solito la tirocinante.
Si ascolta alla fine Silent night, per poi salutarsi in vista delle vacanze
natalizie. L’accompagnamento si fa più rarefatto, quasi scompare. Henry ha preso il
bastone della pioggia, Paolo lo xilofono su cui esegue dei battiti lenti simili al
rintocco delle campane, poi fa dei leggeri glissandi. Anche Oliviero con la sua
maraca esegue come dei rintocchi di campana. Dopo questa dolcissima canzone ci
si saluta e ci si augura buon Natale.
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3.2.5 Quinto incontro
Nell’incontro di oggi sono presenti Antonio, Massimo e Henry. È assente
Paolo. Si comincia con un esercizio di improvvisazione guidato dalla tirocinante
che, con i legnetti batte un ritmo sempre uguale quattro quarti: TATTA un TA TA
TA (due crome, pausa di croma e croma, semiminima, semiminima) che i ragazzi
imitano con i loro strumenti, rispettivamente: Henry con la conga, Massimo con le
maracas, Antonio con i legnetti.
Dopo un po’ Henry cambia ritmo e assume una parte da solista: batte sulla
conga qualche colpo forte e veloce a mani alternate, tamburella piano con tutte e
dieci le dita poi riprende i colpi più forti, il tutto ad intervalli abbastanza regolari.
Questa alternanza ritmica e dinamica diventa in breve la linea melodica di tutta
l’improvvisazione. Subito dopo cambia anche l’accompagnamento ritmico e
Antonio propone una variante sempre in quattro quarti aggiungendo una croma sul
terzo quarto (TATTA un TA TATTA TA). Massimo e la tirocinante si adattano al
nuovo ritmo. Henry continua la sua linea personale finché conclude con una
successione di battiti veloci e forti a mani alternate ed un colpo secco. In questo
modo, senza nessuna indicazione da parte della tirocinante, l’improvvisazione ha
una sua conclusione. I ragazzi a questo punto hanno interiorizzato i concetti di
inizio-svolgimento-fine del brano e li mettono in pratica senza che qualcuno debba
guidarli ed indicarglielo. L’improvvisazione è durata in tutto quattro minuti.
In una seconda improvvisazione si cambiano strumenti: Massimo sceglie il
guiro, Antonio il tamburo col battente, Henry sempre la conga ma con le bacchette
anziché con le mani, la tirocinante l’altra conga. Comincia sempre la tirocinante
con un ritmo uguale abbastanza martellante (pulsazione sempre uguale). I ragazzi
seguono, finché Henry sovrasta il ritmo collettivo battendo con le bacchette, che
permettono sulla conga un suono molto più forte. Massimo sorride suonando il
guiro con una bacchetta, Antonio ride perché si rende conto di essere inquadrato
dalla videocamera. Henry appare il più concentrato sul suo strumento.
Dopo gli esercizi di improvvisazione si passa all’ascolto di un brano tratto
dal cd masterizzato che Henry porta sempre con sé (Il doppio album dei successi di
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Eros Ramazotti, che Henry ha portato fin dal secondo incontro per farlo ascoltare al
gruppo. Lo porterà ogni volta). Si ascolta e si prova a cantare Terra promessa,
distribuendo come al solito il testo. I ragazzi non cantano, si limitano a seguire il
testo scritto (solo Antonio è in grado di farlo e Paolo che oggi non è presente) e
muovere la bocca come se seguissero il cd. Si sente solamente la voce della
tirocinante. Si decide comunque di ripetere l’esercizio quasi ad ogni incontro,
variando le canzoni ed aggiungendone di altre, perlopiù proposte da loro. In questo
modo le melodie e le parole diventano di volta in volta più familiari e, anche se non
nell’immediato, entrano nel loro bagaglio linguistico per essere utilizzate in futuro.
Si è così rivelato un atteggiamento che è tipico anche nei bambini: essi
amano ripetere una cosa già nota, che conoscono e sanno fare bene, anche se
l’esercizio può risultare, visto dall’esterno, noioso. Questo ha forse a che fare con
l’acquisizione di competenze che rafforzano l’autostima: a tutti fa piacere sentirsi
capaci di fare una cosa, abili, competenti e riceverne dall’esterno l’approvazione.
Tale esperienza è ovvio che voglia essere ripetuta il maggior numero di volte
possibile. Al contrario, a nessuno piace invece fare la figura dell’incapace e
mostrarsi esitante nel fare un esercizio (da non dimenticare che in un lavoro di
gruppo, quindi pubblico, il giudizio degli altri è sempre presente ed influisce sulle
prestazioni di ciascuno). Per questo motivo si è scelto di non insistere sul fatto di
dover cantare (si sarebbe sottolineato il fatto che non lo facevano), ma di andare
avanti come se andasse bene così e riprendendo ogni volta (specialmente
nell’ultima parte degli incontri, quando l’attenzione naturalmente cala) le canzoni
preferite dai ragazzi (preferibilmente dietro loro specifica richiesta). Esse sono
diventate un po’ una sigla per gli incontri stessi.
3.2.6 Sesto incontro
Sono presenti Henry, Massimo e Antonio, manca Paolo.
Henry ha portato una chitarra elettrica con un piccolo amplificatore, che
mostra orgogliosamente a tutto il gruppo. Da qui in poi la sua immagine diverrà
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quella di un chitarrista rock. Porterà lo strumento a quasi tutti gli incontri,
suonandolo e facendolo, a volte e con fatica, provare anche agli altri.
Si comincia da una canzone richiesta la volta scorsa da Antonio: Un mondo
d’amore di Gianni Morandi. La canzone è stata proposta perché il ragazzo l’aveva
ascoltata a scuola anni prima e gli è sempre rimasta impressa, così l’ha proposta al
gruppo. La richiesta è stata accolta e la tirocinante ha portato all’incontro di oggi
una registrazione della stessa, da far ascoltare ai ragazzi. È stato proposto a Antonio
di scaricare il testo da internet e portarlo all’incontro, in modo da distribuirlo a tutti
per cantarlo agevolmente seguendolo. Il ragazzo promette che ne porterà diverse
copie. In realtà anche la tirocinante aveva già preparato le copie del testo da
distribuire, ma si è deciso di far finta di non averlo, per dare la possibilità a Antonio
di impegnarsi attivamente in un compito in vista dell’incontro successivo. Oggi si
decide solamente di ascoltarlo, poi di risuonarlo e provare a seguirne il ritmo con
gli strumenti. Dopo l’ascolto dal cd la tirocinante risuona il brano alla tastiera con
l’accompagnamento dei ragazzi: Henry alla chitarra, Massimo allo xilofono,
Antonio alla grancassa. Antonio tiene il tempo correttamente. I professori non
intervengono, si limitano a guardare. Dopo questa canzone, se ne ascolta un’altra
sempre dallo stesso cd: C’era un ragazzo, anche questa richiesta da Antonio per
averla ascoltata a scuola. Henry controlla il volume dello stereo, probabilmente lo
reputa troppo alto. La tirocinante canta accompagnandosi col tamburo col battente.
In questa canzone intervengono a cantare anche la prof.ssa di sostegno di Massimo
e Oliviero, educatore di Henry. Massimo sembra contento dell’intervento e sorride.
Antonio tiene il tempo correttamente, accelera al momento giusto e segue bene
anche tamburellando con le dita ogni tanto. Henry suona la sua chitarra elettrica
facendo le mosse di un cantante sul palco, cioè alzandosi in piedi e scuotendo
spesso lo strumento. Alla fine della canzone Henry fa il gesto di riaccordare la
chitarra, come fosse entrato decisamente nella parte.
Si propone di ascoltare ora la canzone Si può dare di più, cantata dal trio
Morandi, Ruggeri, Tozzi. Antonio si limita ad ascoltare, ogni tanto muovendo le
labbra come a cantare qualche parte del testo. Massimo batte il tempo con la mano.
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Henry si muove sempre come un chitarrista. Tengono il tempo, ma non lo seguono
tanto. Sembra un ascolto semi-attivo. Suona l’intervallo.
Nella ripresa non è presente l’educatore che funge da operatore con la
videocamera e si chiede alla prof.ssa di sostegno di Massimo di sostituirlo. Non
essendo pratica dell’uso della videocamera, Antonio si offre di spiegarle il
funzionamento. Il ragazzo è estremamente interessato all’uso di tutte le
apparecchiature elettroniche e spesso gli viene affidata la funzione di tecnico
all’interno del gruppo. Si passa ad una improvvisazione. Massimo suona il
tamburo, Antonio la grancassa, Henry la chitarra e la tirocinante lo xilofono. Henry
attacca un assolo di chitarra elettrica. Essendo collegato ad un amplificatore, riesce
a suonare più forte degli altri sovrastandoli. Si alza in piedi ed effettua un
crescendo. Anche Antonio lo segue suonando più veloce. Si giunge ad un momento
si grande confusione. La tirocinante dopo poco interrompe. Henry conclude con un
gran salto con in mano la chitarra. Massimo si mostra molto allegro.
In seguito Massimo viene invitato alla tastiera, strumento che di solito usa
poco, dal momento che raramente si alza dalla sua sedia. Interviene l’educatore di
Henry che propone al ragazzo di lasciar provare la chitarra a Antonio. Henry
accetta ma non si allontana dal suo strumento. Antonio imbraccia la chitarra e
Henry gli è davanti, molto vicino, come se controllasse ogni suo movimento. Viene
invitato ad allontanarsi un po’ per lasciargli suonare un pezzo, Henry sembra capire
e fa qualche passo ma torna subito nella posizione di prima. Antonio comincia a
suonare e lui lo fissa e si muove come cercando di aiutarlo a suonare, ad una
distanza di venti centimetri, praticamente lo sovrasta Si cerca di distrarlo, per un
po’ sembra avvicinarsi alla tastiera, ma il ragazzo si rivela troppo preso dal suo
strumento in mano al compagno e torna subito da lui. In ogni modo lo lascia
suonare, pur standogli vicinissimo. Rimane
a fissare Antonio. L’educatore di
Henry si siede allo xilofono. Massimo nel frattempo alla tastiera trova il tasto che
fa partire gli accompagnamenti automatici e sembra gradirli molto, dato che li
lascia suonare ed interviene ogni tanto sui tasti. In questo modo l’improvvisazione
ha una base ritmica ed armonica molto precisa. Ogni tanto ne varia qualcuno, ma
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l’accompagnamento è sempre presente. Massimo fa dei glissandi sulla tastiera. La
tirocinante suona i sonagli. Il ritmo viene mantenuto dagli accompagnamenti
automatici della tastiera, Antonio continua a suonare la chitarra elettrica molto
concentrato, mentre Henry continua a stare in piedi di fronte a lui, immobile.
Quando l’accompagnamento viene fermato da Massimo, la musica finisce. Si
cambiano gli strumenti. Ora Henry va alla tastiera e comincia la sua musica
tranquilla articolando le dita a mani alternate e su tasti vicini. Ora sembra aver
dimenticato la chitarra, che infatti viene fatta provare a Massimo, aiutato ad
imbracciarla. Antonio si siede al tamburo. L’educatore allo xilofono. Antonio
impone un ritmo più veloce, contrapposto alle armonie rarefatte di Henry, che nel
frattempo ha impostato il suono del clavicembalo che dà all’insieme un’atmosfera
molto particolare e sottile. La tirocinante per accentuare questo andamento
tranquillo e sognante prende il bastone della pioggia, poi lo passa a Massimo, che
nel frattempo ha riposto la chitarra elettrica. Si ferma il tamburo di Antonio. Il
momento che si crea è molto intenso. Antonio ora torna alla chitarra, mentre Henry
suona e Massimo gioca col bastone della pioggia. Chi dà l’andamento è Henry che
suona molto dolcemente. Antonio lo segue pizzicando una corda alla volta e
facendo lunghe pause tra un suono e l’altro. Sembra gli risponda e lo segua. Nel
frattempo Massimo giocherella anche col sonaglio. Henry suona sempre più veloce
e con la mano dirige i compagni mentre suona. Quando indica la fine del pezzo,
scoppia un applauso finale da parte di tutti i presenti.
3.2.7 Settimo incontro
In questa seduta sono presenti tutti e quattro i ragazzi. Paolo è rientrato dopo
un’assenza durata alcuni incontri consecutivi. Dopo un breve colloquio con la sua
insegnante di sostegno per chiederne il motivo, si è saputo che il ragazzo spesso si
comporta in questo modo e rimane assente diverse mattine senza una ragione
apparente. L’insegnante dice che a volte semplicemente resta a letto e nessuno lo
accompagna a scuola. Non ci sono motivazioni legate agli incontri di
musicoterapia, anzi, il ragazzo ha espresso diverse volte il desiderio di continuare il
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corso. In ogni caso, ogni volta l’incontro gli viene riproposto e lui è libero di
partecipare o no. Da qui in avanti comunque sarà sempre presente.
La disposizione dei ragazzi nella sala ormai è una consuetudine, cioè, in
senso orario: Henry di fianco alla tastiera a sinistra, Antonio sempre a sinistra una
sedia o due dopo, Massimo esattamente di fronte alla tastiera, Paolo in mezzo sulla
destra. La tirocinante si sposta dalla tastiera a una delle sedie a destra libere. Ci
sono sempre alcune sedie in più per accogliere eventualmente gli insegnanti che
volessero partecipare oppure un altro ragazzo che si aggiungesse, anche se ormai a
questo punto degli incontri il gruppo è consolidato.
Nell’improvvisazione di oggi Massimo suona il bastone della pioggia, Henry
il tamburo, Antonio i bongos e Paolo ha portato una chitarra classica di sua
proprietà. Racconta che qualche anno fa ha seguito un corso di chitarra di base, non
ricorda molto ma ha portato lo strumento per farlo vedere ai compagni e provare a
suonarlo. Viene invitato calorosamente a provare. In questa improvvisazione la sua
chitarra sarà lo strumento solista. Il ragazzo esegue una accordo (non perfetto, le
dita sono più o meno nella posizione dell’accordo di DO) e ripete sempre quello in
modo ostinato. È presente comunque un tappeto armonico riconoscibile e costante,
accompagnato da una base ritmica in sottofondo. La tirocinante propone di cantare
una testo su questo tappeto sonoro, di inventare cioè una canzone. La melodia sarà
un unisono con una nota di volta sul finale che ritorna sulla nota di partenza, una
specie di parlare intonato. Propone due frasi molto semplici, di facilissima
memorizzazione: “Siamo tutti qui, siamo tutti qui a suonar – Henry, Antonio,
Massimo, Paolo”. La tirocinante ripete questo testo diverse volte sempre sulla base
che i ragazzi continuano a suonare. Pur invitati, non intervengono sul canto ma si
limitano a suonare. L’esperimento è comunque interessante perché l’insieme risulta
omogeneo e coerente, è una canzone di senso compiuto. Questo l’organico: Henry
suona le congas, Antonio il tamburo col battente, Paolo sempre la sua chitarra,
Massimo il bastone della pioggia. Dopo un po’ Antonio lascia lo strumento per
registrare col cellulare la performance. Dopo l’esecuzione farà riascoltare la
registrazione. Dopo alcune ripetizioni del testo, Henry aumenta l’intensità del
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suono delle sue congas e viene invitato a diminuire. Il ragazzo si ferma imitato
dagli altri, prosegue solo Massimo col bastone della pioggia creando così un finale
soft molto gradevole. Segue un momento di silenzio prolungato da parte di tutti, in
cui si aspetta che Antonio faccia partire la registrazione.
Henry prende la sua chitarra elettrica finora rimasta nella custodia e
comincia a suonarla in acustico, senza collegarla all’amplificatore. Suona molto
piano come stesse accordando o provando i suoni. La tirocinante allora propone un
ascolto di un brano da cd accompagnato dalla sola chitarra acustica. È una canzone
tratta dal film Into the wild di recente uscita. Il cantante è Eddy Vedder dei Pearl
Jam, famoso gruppo rock americano, qui in versione solistica ed acustica con una
ballata dolce e malinconica dal titolo Guaranteed. La tirocinante prima di proporre
l’ascolto racconta brevemente la trama del film, che i ragazzi non hanno visto. È la
storia di un giovane americano di ventidue anni che dopo la laurea abbandona tutto
e parte a piedi per un viaggio avventura che lo porterà in Alaska a vivere per mesi
in perfetta solitudine in mezzo alla natura selvaggia. Il film ha un finale
drammatico, cioè la morte del protagonista. È tratto da una storia vera.
La tirocinante chiede ai ragazzi se sanno dove si trova l’Alaska. Antonio
risponde che è dove ci sono i pinguini. Non corretto, ma c’è l’idea del territorio
estremo polare. Durante il racconto continuano a tamburellare sui loro strumenti,
poi ascoltano la canzone in silenzio, senza battere alcun ritmo. Henry ha la bocca
aperta. L’attenzione è al massimo.
Dopo questa viene proposta un’altra canzone sempre dallo stesso cd: Hard
sun, che invece ha una base ritmica predominante, da musica country americana. I
ragazzi accompagnano la base del cd. Massimo ha sempre il bastone della pioggia,
Antonio e Henry le congas, Paolo ha la chitarra ma la suona battendo col pugno
sulla cassa armonica, con lo strumento appoggiato a terra. Così sembra un tamburo
con un’eco armonica. Si aggiunge Oliviero, educatore di Henry, con i legnetti.
Henry segue molto la musica, ride quando si sente inquadrato dalla videocamera.
Massimo dopo un po’ cambia strumento e prende il tamburo, Antonio invece
smette di suonare e prende il cellulare, non si sa se per registrare o guardare
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qualcos’altro. La canzone si conclude e Paolo batte l’ultimo colpo sulla chitarra.
L’accompagnamento ritmico realizzato è coerente ed appropriato al brano che i
ragazzi ascoltavano.
La stessa cosa si è verificata per altri brani musicali: dopo averli sentiti
suonare in un certo modo, i ragazzi tendono a riprodurre naturalmente
l’arrangiamento proposto e la cosa sorprendente è che riescono perfino ad estendere
la competenza acquisita ad altre canzoni, ripetendo o rielaborando in forma anche
diversa strutture ritmico-melodiche acquisite per adattarle ad un nuovo brano. In
questo modo si è osservato un progresso costante dei ragazzi sotto un profilo
strettamente tecnico-musicale: tale risultato non è stato certamente voluto né
cercato appositamente, si è manifestato come “effetto collaterale” del far musica
insieme semplicemente “per divertirsi” senza sforzo apparente né preconoscenze.
3.2.8 Ottavo incontro
Sono presenti tutti e quattro i ragazzi. Henry suona la chitarra elettrica,
Paolo la sua chitarra classica. Insiste su una stessa corda realizzando una melodia
da solista. Antonio e Massimo suonano due tamburi col battente quasi all’unisono.
Massimo segue Antonio osservandolo e cercando di imitarlo. Dopo un po’
Massimo realizza una variazione molto significativa: suona alternativamente due
strumenti, cioè la conga che ha davanti con tre battiti e una pausa, poi altri due
battiti sulla grancassa che ha di fronte. Sulla grancassa sono appoggiate le maracas.
Il suono che si crea è un tonfo con l’eco delle vibrazioni degli strumentini
soprastanti. Il ritmo è un tre quarti TATTA TA un / TA TA un. La prima battuta
sulla conga, la seconda sulla grancassa. Molto interessante. In breve diventa lui la
voce solista dell’improvvisazione.
Henry risponde alzandosi in piedi e suonando davanti alla videocamera,
imitato poco dopo da Paolo. Antonio nel frattempo si è alzato perché è suonato
l’intervallo. Il ragazzo è estremamente ligio agli orari.
Nella ripresa si prova a cantare la canzone di Gianni Morandi proposta negli
incontri scorsi da Antonio: Un mondo d’amore. Il ragazzo ha portato per tutti il
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testo scaricato da lui stesso da Internet. La si ascolta dal cd portato appositamente
dalla tirocinante, che canta durante l’ascolto. Massimo continua con i due tamburi.
Antonio finalmente segue il testo e abbozza il canto. Non si sente, ma le labbra si
muovono e segue fedelmente il testo della canzone da lui proposta. Mentre canta
batte il tempo sulla conga. Henry suona sempre la sua chitarra elettrica. Massimo
segue il ritmo con la bacchetta. La tirocinante lascia ascoltare in questo modo tutta
la canzone, poi propone di riprovarla ma dal vivo, cioè suonando e cantando solo
loro. Si propone di imparare il testo ad imitazione. La tirocinante và alla tastiera e
suona la base di accordi, cantando una frase alla volta e chiedendo loro di ripeterla.
Non cantano, continuano invece a suonare i loro strumenti. Canta solamente la
prof. di sostegno di Massimo, dalla sua postazione dietro il cerchio delle sedie. I
ragazzi seguono bene il ritmo, ma non cantano. Si decide di continuare ugualmente
l’esercizio. Paolo batte il tempo sulla chitarra con il pugno, come faceva in
precedenza. Henry sembra che canti perché muove le labbra, ma non si sente nulla.
Probabilmente sta provando a suo modo a seguire la canzone. Seguono bene, anche
se non cantano. Dopo aver ripetuto frase per frase la si canta tutta di fila, senza
interruzioni. Cantano la tirocinante e la prof.ssa di sostegno di Massimo.
Si propone poi un’altra canzone di Gianni Morandi, sempre proposta da
Antonio, cioè C’era un ragazzo. Tutti seguono il ritmo con gli strumenti mentre la
si ascolta, come era stato fatto per la precedente. Anche questa volta Antonio canta
diverse parti del testo, anche se la voce non si sente. Dopo un po’ il gruppo si ferma
e riprende a suonare quando la canzone intona la frase onomatopeica
TATTATTATTATTA TATTATTATTATTA (il suono della mitragliatrice che
segue il ritornello della canzone), facilmente eseguibile ritmicamente. Henry si
mostra particolarmente concentrato con la sua chitarra. Antonio segue bene il
ritmo. Paolo continua a tenere la chitarra appoggiata e terra, con una mano pizzica
le corde. Henry sorride. Massimo tamburella a tempo. Dopo che la traccia sul cd è
terminata, la tirocinante prende lo spartito della canzone e lo risuona alla tastiera
come il brano precedente, proponendo un’esecuzione dal vivo. Henry segue molto
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bene il ritmo con la chitarra elettrica, Paolo continua con lo stesso tamburella
mento.
A questo punto si decide di ascoltare il cd con le canzoni di Eros Ramazotti,
ormai un leit-motiv degli incontri, vista la predilezione di Henry per il cantante. La
tirocinante sceglie la canzone d’inizio, che è come altre volte Terra promessa.
Henry si alza in piedi per accompagnarla con la chitarra elettrica, facendo anche la
mimica del cantante rock. Paolo fruga nel suo zaino poi ricomincia a suonare la sua
chitarra. Massimo batte sul tamburo ma tenendolo rivoltato. Si è ormai alla fine
dell’incontro e i ragazzi cominciano a mostrare segni evidenti di stanchezza. Anche
per questo motivo si lasciano gli ascolti delle loro canzoni alla fine, così possono
lasciarsi andare senza doversi concentrare per fare un’attività, ma anzi l’ascolto
permette loro anche di distrarsi. Si chiede loro cos’altro vogliono ascoltare.
Propongono Fuoco nel fuoco. Paolo ricorda il video della canzone, gli sembra che
ci fosse anche la ex moglie di Eros, Michelle Hunziker. La tirocinante non se lo
ricorda e il ragazzo propone di cercarlo su You tube. La tirocinante canta, Massimo
suona sempre il tamburo rivoltato, Paolo suona la chitarra ora tenendola sulle
ginocchia. Entra un altro insegnante a chiedere a che ora termina il nostro incontro,
gli si comunica che durerà ancora pochi minuti. Paolo ora propone la canzone
L’ombra del gigante, sempre dallo stesso cd. Henry è sempre in piedi che mima le
canzoni del suo cantante preferito. Paolo ora gioca con i piroli della chitarra,
Antonio tamburella con la bacchetta sul tamburo blu. Massimo sembra seguire con
attenzione ed è abbastanza preciso. Paolo riprende la chitarra (l’aveva appoggiata
un attimo) e suona addirittura più forte coprendo la musica del cd. Henry è sempre
in piedi quando la canzone finisce, ma Antonio continua a tamburellare e gli altri lo
imitano creando una piccola coda. Poi Paolo ripone la chitarra nella custodia.
L’incontro sembra ormai finito, ma c’è un finale a sorpresa, perché Massimo
riprende il gioco di usare due tamburi alternando i battiti, Henry ricomincia a
suonare da seduto, Paolo prende le bacchette e suona lo xilofono. Incredibilmente
hanno ricominciato a suonare proprio sullo squillare della campanella di fine ora.
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La tirocinante canta insieme alla prof.ssa di sostegno di Massimo. Antonio
accompagna il ritmo con il tamburo col battente.
3.2.9 Nono incontro
Sono presenti tutti e quattro i ragazzi. Una diversa attività che viene
proposta oggi, oltre gli esercizi di rispecchiamento e alcuni momenti di libere
improvvisazioni con gli strumenti, è un’attività di ascolto di un cd contenente
diverse colone sonore da film famosi (in genere il tema principale del film),
precisamente:
• Guerre stellari.
• Lo squalo.
• Balla coi lupi.
• Jurassic Park.
• Indiana Jones.
• Ritorno al futuro.
• Rocky.
• L’esorcista.
• 2001 odissea nello spazio.
• Il buono, il brutto e il cattivo.
• Mission Impossibile.
• Superman.
• Via col vento.
• James Bond – 007.
• Pulp fiction.
• Mission.
• Profondo rosso.
• La vita è bella.
• Jesus Christ Superstar.
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L’esercizio consiste in una sorta di quiz: il motivo viene fatto ascoltare e
loro devono indovinare da quale film è tratto. Si svolge in questo modo: il lettore
cd posto su una delle sedie del cerchio, Antonio che funge da dj e seleziona la
traccia indicata dalla tirocinante, gli altri in cerchio ad ascoltare. Il gioco piace
molto e, cosa piuttosto simpatica, coinvolge in prima persona anche gli insegnanti
di sostegno e gli educatori che in quel momento sono presenti, che partecipano
all’indovinello cercando di dare indizi ai ragazzi quando si trovano in difficoltà,
ovvero dicendo loro stessi la soluzione quando si tratta di film un po’ più datati che
i ragazzi stessi non hanno mai visto (come “2001 odissea nello spazio” o “Jesus
Christ superstar” o “Profondo rosso”). I ragazzi invece riconoscono al primo colpo
e anzi chiedono di riascoltare più volte “L’esorcista”, “Lo squalo”, “Mission
impossibile”, “Guerre stellari”, “Il buono il brutto e il cattivo”, “Rocky”, film in cui
l’incipit del tema è particolarmente incisivo e coinvolgente oltre ad essere molto
breve, quindi probabilmente più facile da ricordare, entrato nell’immaginario
collettivo degli adolescenti. Più difficili da riconoscere i temi melodici come
“Mission”, “La vita è bella”, “Balla coi lupi” e “Jurassic Park”, probabilmente
perché si tratta di frasi melodiche lunghe, piuttosto lente, forse più impegnative da
ricordare. Paolo ha riconosciuto il tema di Jurassic Park, ma dopo che gli è stato
suggerito che il film parlava di dinosauri.
Altre musiche sono state sì riconosciute ma in modo vago, non abbinate a
film precisi ma legate ad un qualche ricordo (“Ritorno al futuro”, “Indiana Jones”,
“007”, “Via col vento”). Altre ancora non sono state riconosciute neppure dopo
aver detto loro di cosa si trattava (“Superman”, “Pulp fiction”). Finito l’esercizio si
riprovano a cantare le canzoni di Gianni Morandi e di Eros Ramazzotti che sono la
colonna sonora di tutti gli incontri.
3.2.10 Decimo incontro
Nell’incontro odierno manca ancora Paolo, sono presenti gli altri tre. Antonio
suona la grancassa, Henry tutte e due le congas alternando le due mani, Massimo
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un cembalo con i sonagli, la tirocinante i legnetti. La tirocinante batte un ritmo di
base quattro quarti TATTA unTA TA TA mantenendo la continuità ritmica,
Antonio un ritmo preciso TATTA un TA un, Massimo mantiene la continuità con
una pulsazione continua, Henry alterna le due mani sulle conga effettuando ogni
tanto una rullata (batte entrambe le mani su una conga alternandole molto
velocemente). Il solista risulta essere lui, soprattutto quando mette in risalto la sua
rullata, che si sente molto. Massimo dopo un po’ cambia strumento e prende il
tamburo col battente facendo un ritmo molto scandito TATA’un TATA’un. Ora è
lui lo strumentista che risalta di più. Antonio blocca per un po’ Henry e gli dà
indicazioni su come proseguire l’andamento. Il ragazzo segue le sue indicazioni.
L’insieme strumentale è molto più preciso ed omogeneo rispetto l’inizio degli
incontri, si capisce che i ragazzi si ascoltano molto di più e cercano di adeguare le
loro performances uno all’altro. Si decide di aumentare il livello di complessità
quando Massimo, come già fatto in precedenza, prende due strumenti: oltre il
tamburo col battente che tiene in mano, appoggia i bongos sule ginocchia e batte
alternativamente col battente sull’uno e sull’altro. La tirocinante invita gli altri due
a fare altrettanto. In realtà Henry ha già due congas davanti e non deve modificare
nulla, Antonio invece prende una delle piastre dello xilofono e la tiene in una
mano, battendo con l’altra ora sulla grancassa ora sulla piastra. L’effetto è curioso,
visto il contrasto tra il suono forte e cupo della grancassa e quello sottile e secco
della piastra. Il ragazzo suona un ritmo continuo, un battito su uno un battito
sull’altro alternativamente. La tirocinante prende il tamburo blu oltre quello piccolo
che ha in mano. Si instaura presto una sorta di dialogo tra Henry e Massimo che si
rispondono. Ad un certo punto Antonio continua la sua pulsazione ritmica mentre
gli altri si fermano di colpo. Ha così una parte solistica tutta sua. Realizza un
pattern di questo tipo: TATTA sulla grancassa alternato a TA sulla piastra dello
xilofono. Poi la tirocinante dà l’attacco agli altri e l’improvvisazione di gruppo può
ricominciare.
A questo punto tocca a Massimo la parte solistica. La tirocinante fa segno al gruppo
di fermarsi ed il ragazzo continua da solo. Per un po’ continua con lo stesso ritmo,
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poi realizza un’altra variante di rilievo, cioè rivolta il tamburello che ha in mano e
lo suona al contrario. La tirocinante lo imita e fa la stessa cosa. Quando Massimo
batte l’ultimo colpo, succede un’altra cosa molto interessante: i suoi compagni
proseguono e battono un colpo uno dopo l’altro. Comincia così un nuovo gioco,
sorto spontaneamente: si suona un colpo solo a turno, in senso orario. Il gioco va
avanti con sorprendente precisione ed attenzione da parte di tutti. A questo punto
degli incontri l’intesa che si è creata all’interno dell’ensemble è davvero notevole.
Un affiatamento così era impensabile all’inizio del percorso, come pure una tale
integrazione ed ascolto reciproco. Anche Antonio sorride, cosa piuttosto rara.
Dopo qualche giro così Massimo ricomincia a suonare di continuo e l’intera
improvvisazione di gruppo riprende vita.
3.2.11 Undicesimo incontro
Sono presenti Antonio, Paolo, Henry. Oggi manca Massimo.
Henry si è presentato come le altre volte con la chitarra elettrica sulle spalle,
ma oggi non sembra volerla utilizzare. L’ha lasciata provare a Paolo, che dimostra
una notevole abilità ritmica. Dice che ha preso qualche lezione in passato, quando
andava alle scuole medie. Non cambia gli accordi, anzi ne mantiene sempre uno,
ma la base ritmica è buona. Non canta, prova solamente ad accennare le canzoni.
Antonio ha portato un altro dei suoi cd, con le canzoni dei Gem Boy, gruppo
locale che suona rock demenziale, spesso parodiando brani di autori famosi. Ha
portato questo cd proprio perché è presente la versione demenziale di Un mondo
d’amore di Gianni Morandi. La musica è la stessa, ma il testo è naturalmente
modificato in modo irriverente e canzonatorio. L’incipit è questo: “C’è un grande
prato verde / dove nasce della roba / che si chiama marijuana / questo è il grande
prato della gioia.”
La canzone procede in modo assolutamente demenziale, comunque non
serio o di denuncia. L’intento è solo quello di divertire con tematiche “proibite”, il
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gruppo che lo ha eseguito non ha alcun obiettivo se non quello di far ridere il suo
pubblico.
Naturalmente il testo è diseducativo al massimo, ma si ritiene che in questo
contesto non possa danneggiare nessuno se viene solamente ascoltato, ridendoci
sopra e senza approfondirlo. Antonio lo ha portato solo come esempio di ciò che i
ragazzi ascoltano oggi. È stato comunque invitato a portarlo e farlo sentire a tutti,
visto che dopo aver ascoltato l’originale di Morandi il ragazzo aveva più volte
citato la versione dissacratoria dei Gem Boy. Antonio registra poi con l’IPOD la
successiva improvvisazione strumentale.
L’educatore di Henry ha portato oggi un cd contenente musiche di un
famoso gruppo rock americano. Vi è una traccia con una base ritmica dominante,
che ha un inizio facilmente riproducibile. Si tratta di un ritmo fatto solamente dai
legnetti, cui si aggiungono via via altre percussioni fino all’arrivo della chitarra
elettrica e quindi la voce. Si propone di ascoltarla e cercare di riprodurre
l’esecuzione imitandola il più possibile, con qualche inevitabile semplificazione
ritmica. Parte sempre la tirocinante con il ritmo dei legnetti, che i ragazzi devono
imitare partendo uno dopo l’altro a canone. Per ultimo si decide che parta Henry
con la sua chitarra elettrica. L’esercizio non è semplice, anzi con gli strumenti in
realtà si crea un’altra cosa rispetto all’originale, ma è comunque utile e motivante
per tutti. Dopo questa prova si ascoltano, come già fatto altre volte, i primi due
brani del cd di Henry, quello con le canzoni di Eros Ramazzotti, per poi provare a
cantarle. Si tratta sempre di Non siamo soli (cantata in coppia con Ricky Martin) e
Terra promessa. I ragazzi non cantano ma accompagnano con gli strumenti
cercando di imitare la base ritmica. Si provano anche nello stesso modo Un mondo
d’amore e C’era un ragazzo, ad imitazione secondo la modalità già sperimentata.
Alla fine dell’incontro si prova un’improvvisazione libera con Henry alla
tastiera e Paolo che esegue un ritmo interessante con il tamburo col battente, molto
preciso. Guida gli altri poi si fa imitare accelerando o rallentando il ritmo, oppure
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variandone il suono da piano a forte. Il ragazzo ha già mostrato altre volte una
notevole capacità ritmica ed una grande precisione.
3.2.12 Dodicesimo incontro
Oggi Henry ha lasciato provare la chitarra elettrica a Massimo, mentre lui
suona la tastiera. Henry ha fornito anche il plettro, ne porta sempre più di uno.
Antonio batte un ritmo sulle due congas con i battenti. La tirocinante ha i legnetti.
Paolo non è presente. Massimo tiene la chitarra semisdraiata in mano, la mano
sinistra è ferma a sostenere il manico e con la destra effettua una pennata sempre
uguale. Henry ricomincia con i suoi giri di musica soffusa alla tastiera, la
tirocinante e Antonio mantengono la pulsazione con i due strumenti ritmici.
Antonio appoggia le bacchette e continua con le mani. C’è un intervallo in cui
suona soltanto la tastiera, con sporadici interventi delle pennate di Massimo e
qualche battito di legnetti. Antonio suona le congas solo con i polpastrelli, come se
sfiorasse la membrana. Henry suona la tastiera in piedi. Antonio riprende a suonare
un po’ più forte ed è per un momento quello che emerge di più. Henry imposta
come altre volte il suono del clavicembalo, che rende il tocco più rarefatto e sottile,
molto metallico. Massimo ora con la chitarra suona sempre più piano, come volesse
fargli eco. La tirocinante ha il bastone della pioggia. Massimo con un cenno indica
di voler cambiare strumento e prendere lui il bastone, la tirocinante allora lo aiuta a
togliersi la chitarra e gli porge il suo strumento. Tutto il gruppo suona pianissimo.
Antonio è alla grancassa, ma quasi non si percepisce il suo suono. Si sente perlopiù
solo Henry. A questo punto Antonio si ferma del tutto e gioca con le bacchette in
mano. Massimo comincia a ridere perché il bastone della pioggia perde la
sabbiolina interna da alcuni fori, scuote lo strumento e sembra che ci giochi.
Antonio si alza e prende in mano la chitarra effettuando pennate estremamente
leggere. Oliviero, l’educatore di Henry, accompagna con lo xilofono l’ensemble.
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3.2.13 Tredicesimo incontro
In questo incontro si verifica una importante novità che per un verso riporta
indietro il gruppo agli inizi del programma, per un altro verifica le competenze
acquisite durante tutti i precedenti incontri: è arrivato Tohm, un ragazzo che
avrebbe dovuto partecipare fin dall’inizio ma non si era mai presentato. Oggi è
intervenuto perché vuole rendersi conto di cosa si tratti. È accompagnato da
un’insegnante di sostegno. La tirocinante cerca di inserirlo chiedendogli come si
chiama, che classe fa, se ha già visto o suonato gli strumenti presenti nella sala e,
non ultimo, presentandogli gli altri componenti del gruppo. Poi la tirocinante spiega
al ragazzo l’uso di alcuni strumenti, ad esempio le maracas (scelte da lui tra tutti),
provandone l’uso ad imitazione. Durante tutta la durata dell’incontro sarà questa la
modalità, cioè la tirocinante doppierà il suono di Tohm standogli di fronte. Sono
presenti tutti gli altri ragazzi, che hanno un po’ cambiato le loro solite postazioni
per far posto al nuovo venuto (che comunque si è seduto per primo in fondo a
destra). Massimo è alla tastiera, Paolo al posto di Massimo di fronte ad essa,
Antonio sulla destra e Henry sulla sinistra, l’unico a rimanere nella solita posizione
di sempre. Tohm spesso si rivolge alla sua insegnante di sostegno che è seduta
dietro di lui. Antonio suona le congas, Massimo la tastiera e Paolo il guiro. Henry
ha preso il triangolo e per tutto l’incontro suonerà quello (Non l’aveva mai preso
prima!). La tirocinante spiega l’uso delle maracas al nuovo venuto, ma dopo
qualche prova si decide di provare un nuovo strumento. Si chiede a Antonio di dare
la sua conga a Tohm e di prendere la grancassa, la tirocinante prende l’altra conga
poi comincia a suonare il ritmo 4/4 TU TU TA TA, che aveva spiegato agli altri
all’inizio del corso. Ora viene provato a specchio con Tohm. Il ragazzo riesce quasi
subito ad eseguirlo. Massimo imposta un suono tipo fisarmonica e comincia a dare
manate alternate sulla tastiera, facendo contemporaneamente partire le basi canzoni
contenute nella memoria della tastiera. Si tratta perlopiù di melodie popolari o brani
di musica classica tra i più noti. Parte John Brown. Si decide di tenerla come base
per una improvvisazione di gruppo sulla sua allegra melodia. Dopo un po’ il
ragazzo cambia la base e ne prova diverse altre, senza però lasciarle proseguire che
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per pochi secondi, come non gliene piacesse nessuna. La tirocinante ferma il
gruppo per dare altre indicazioni. Dice a Antonio di partire da solo con il ritmo TU
FA TA e siccome il ragazzo lo esegue subito correttamente gli si chiede di
arricchirlo con un battito in più e trasformarlo così in un ritmo di due battute,
TU FA TA TU TU FA TA un
Paolo suona correttamente il ritmo RA-A RI RI sul guiro, poi partono la
tirocinante e Tohm con il ritmo delle congas TU TU TA TA. Henry e Massimo
suonano un ritmo libero al triangolo e alla tastiera, partendo per ultimi. Oliviero si
aggiunge al gruppo suonando i legnetti. Massimo ricomincia a cercare nuovi suoni
e nuove canzoni registrate, come La stangata, Three blind mices, arrangiamenti da
melodie di Mozart e Bach, Deck the hall, i temi della Carmen di Bizet. Il ragazzo si
ferma su Astro del ciel e dice che vuole ascoltarla. Per un po’ tutto il gruppo si
ferma per sentire la melodia natalizia, poi è Paolo stesso che fa ripartire la ricerca.
Gli si chiede di fermarsi su Funiculì funiculà, che tutti possono canticchiare nel
ritornello. Paolo prende i sonagli. Tohm si è fermato ed ascolta. Henry si sente
poco perché tiene il triangolo bloccato con la mano, impedendone le vibrazioni.
A questo punto la tirocinante blocca l’improvvisazione per cambiare gioco.
Spiega a Tohm l’uso del tamburo col battente, suonando sempre a specchio con lui.
Paolo invece suona il tamburo blu con due battenti. Si decide di effettuare il gioco
dello specchio in cui uno di loro propone una cellula ritmica e tutti gli altri lo
imitano. Si chiede a Henry di cominciare con il triangolo. Antonio ha la grancassa
come prima, Massimo invece il guiro. Massimo e Paolo si sono scambiati di posto,
cioè il primo è a destra, il secondo in fondo a sinistra. Henry a differenza di ciò che
faceva all’inizio del corso comincia con battiti singoli, facilmente imitabili da tutti.
Le prime sedute proponeva cellule ritmiche inimitabili perché lunghe e complesse.
Sembra aver compreso l’obiettivo relazionale del gioco di rendere tutti partecipi
agevolmente della stessa musica. Dopo i battiti singoli effettua più battiti veloci.
Tohm suona il tamburo battendo sul bordo, variante da lui improvvisata. La
tirocinante blocca il gruppo per far partire un altro. Tocca a Antonio con la
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grancassa. Suona prima due, poi tre poi quattro battiti. Tohm segue bene, così come
tutti gli altri. Poi il compito di proporre un ritmo tocca a Paolo, che batte un ritmo
TATA’ un TATA’ imitato bene dagli altri. Il ritmo diventa ora più complesso: TA
TATA’ TA TATA’ e successivamente TA TATA’ TATA’ TATA’. Gli altri
riescono ad imitarlo senza problemi. Si chiede ora a Tohm di provare lui a proporre
un ritmo da imitare. Nel frattempo Massimo torna alla tastiera.
Tohm, che stava intanto tamburellando sulla conga, accetta di provare il
gioco e propone un ritmo già complesso TATTA TATTA TA TA’. È interessante
ed articolato. Il ragazzo mostra uno spiccato senso ritmico. Ne propone poi una
prima variante, TA TATTA TATTA TA e una seconda, TATTA TATTA un TA,
che poi diventa più lunga (TATTA TATTA TATTA un TA). I ritmi proposti
rivelano una certa padronanza del mezzo ed una grande abilità. È un peccato che il
ragazzo abbia potuto partecipare soltanto oggi, perché la sua presenza costante
avrebbe arricchito notevolmente l’intero gruppo.
Henry comincia a sperimentare una diversa postura: si volta all’indietro
verso il tavolo di tre quarti e suona girato rispetto i compagni. Così non può vederli,
ascolta il ritmo e lo riproduce senza approfittare dell’elemento visivo del gesto.
Siccome il ritmo si è rivelato interessante, si propone di costruire una
improvvisazione proprio a partire da quella specifica cellula ritmica (TATTA
TATTA un TA). Si continua per un po’, poi Henry e Antonio si fermano mentre
Massimo continua un suo sottofondo con la tastiera. Come già detto, la presenza
del ragazzo nuovo ha arricchito tutto il gruppo ed ha permesso di mettere alla prova
tutte le competenze musicali acquisite, che sono apparse notevolmente migliorate.
Peccato solamente la brevità del suo contributo al gruppo.
3.2.14 Quattordicesimo incontro
Non è presente Tohm, che causa concomitanza con altre lezioni non ha
potuto partecipare. Henry ricomincia ad assumere una postura insolita. Accavalla le
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gambe e le mette di lato sul bracciolo, si rannicchia sulla sedia e guarda
all’indietro. Per gran parte dell’incontro si limiterà ad osservare gli altri senza
suonare e si volterà verso la prof.dda di Massimo facendole cenni e sorrisi.
Antonio, come già altre volte, ha portato un suo cd da far ascoltare al gruppo: si
tratta della raccolta dell’ultimo Festivalbar, che riunisce le canzoni di successo
della scorsa estate. Si propone l’ascolto della canzone che Eros Ramazzotti ha
eseguito con i Tazenda, gruppo sardo che canta in dialetto locale. Antonio, dopo
essere stato invitato, si avvicina allo stereo e controlla l’avvio della traccia e il
relativo volume. Nel frattempo ha spento la tastiera di Massimo che continuava a
suonare. Gli altri aspettano, solo Paolo tamburella mentre Antonio cerca la traccia e
fa partire la musica. Massimo ascolta e tiene il tempo dondolando la testa, mentre
con la mano sinistra batte sui tasti muti. Paolo con la mano aperta batte il ritmo
sulla conga, molto piano. Henry non suona, ma con entrambe le mani aperte in aria
fa un gesto come di saluto o come se dirigesse Paolo, che è di fronte a lui. Antonio
controlla l’audio e lo regola, non suona. La canzone ha un ritornello in cui si ripete
spesso la frase “E t’amo, e t’amo..” mentre si alternano in eco il cantante dei
Tazenda e la voce di Eros. Massimo ripete sempre questa frase, mostrando di aver
sentito spesso questa canzone. Ora ha riacceso la tastiera e ogni tanto interviene
con la mano destra a suonare brevi incisi sui tasti, senza però sovrastare la base. La
canzone è dolce ed ha un ritmo dilatato. La si ascolta quasi in silenzio, con i
pochissimi interventi di Paolo e Massimo. Antonio si limita a guarda la custodia del
cd per leggere i titoli di tutte le tracce. Henry guarda all’indietro e pare si rivolga
alla prof. di Massimo, ma senza dirle nulla.
Finita questa, si chiede loro cos’altro vogliono ascoltare. Paolo comincia a
tamburellare sulla conga, è l’unico che suona anche mentre la tirocinante spiega. È
per lui un comportamento insolito e viene valutato positivamente, in quanto in
precedenza il ragazzo aveva mostrato una notevole timidezza che ne aveva
impedito qualsiasi gesto spontaneo. Se non interpellato stava zitto ed immobile, ora
sembra prendere l’iniziativa in vari momenti. La canzone scelta è Chariot, altro
successo della scorsa estate, dal ritmo più allegro. Si ascolta semplicemente, senza
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fare l’accompagnamento con gli strumenti. Henry è accasciato sulla sedia
all’indietro, con le gambe appoggiate al bracciolo. Paolo si è appoggiato sulla
conga con entrambe le braccia e si dondola. Antonio si stira le braccia e sorride
guardando Oliviero. Massimo si gratta un orecchio poi tamburella sulla tastiera. Il
clima è di completo rilassamento mentre si ascolta il cd, anche la tirocinante è
ferma ed ascolta solamente senza cantare o fare gesti. Dopo un po’ Paolo comincia
a battere con la mano sulla conga, Henry batte i piedi sempre a gambe incrociate e
Massimo comincia a giocare con i tasti. Paolo poi tamburella con le mani sulla
conga.
Alla fine della registrazione Massimo chiede di ascoltare un’altra canzone.
Si guarda il retro della custodia del cd per vedere l’elenco delle tracce e si propone
Pensa, canzone di Fabrizio Moro che parla della mafia. La caratteristica della
canzone è la ripetizione ossessiva nel ritornello della parola pensa, quella che dà il
titolo. Questa è ben memorizzata da tutti i ragazzi, infatti durante l’ascolto
Massimo più volte la ripete cantandola insieme al disco. Mentre canta il ragazzo
ride e chiede di alzare il volume dello stereo. Mentre canta tiene il tempo con la
mano battendola sulla tastiera. Henry invece non canta e non suona, si limita a
dondolarsi sulla sedia e ogni tanto beve dalla bottiglietta d’acqua che si è portato,
guardando spesso dietro, verso la prof.ssa di sostegno di Massimo. Poi guarda
anche Antonio e i due si sorridono, coinvolgendo nella risata anche la prof.ssa e, di
rimando, tutto il gruppo. Questo fatto non si era mai verificato finora. Anche
Massimo ride dando manate sulla tastiera e continuando a cantare la parola pensa.
Paolo riprende in mano il battente e suona sulla grancassa, a canzone
terminata.
Dal momento che non ci sono nel cd altre tracce che interessi ascoltare, si
propone di ripetere due delle canzoni di Eros Ramazotti più sentite finora, Non
siamo soli e Terra promessa, che si possono considerare un po’ la colonna sonora
di tutti gli incontri. Antonio prende in mano il tamburo col battente. Henry
imprevedibilmente prende la grancassa a Paolo e usa la bottiglia di plastica
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dell’acqua come battente! Anche questo non era mai capitato. Paolo non si
arrabbia, ma gli avvicina lo strumento e lo ascolta. Henry ora sostituisce la bottiglia
con i soliti battenti, suonando tanti colpi secchi tutti uguali. Massimo è sempre alla
tastiera, la tirocinante sulla conga. Anche Paolo prende la conga e si aggiunge al
gruppo. Il ritmo eseguito dai ragazzi è molto vivace, ad imitazione di quello del
disco, anzi ad un certo punto copre addirittura la musica e si confonde con essa.
Anche quando lo stereo si ferma il gruppo continua a suonare. Si eseguono delle
parti solistiche a turno. Prima la tastiera, poi la grancassa ed infine le congas. Il
ritmo si fa sempre più veloce fino a divenire indiavolato. Si effettuano tante rullate,
da parte delle percussioni, finché la tirocinante dà il segnale di stop e tutto il gruppo
si ferma.
Antonio,
addetto
allo
stereo,
fa
partire
la
seconda
canzone
e
l’accompagnamento ricomincia. Il ragazzo si sposta e si siede sul lato opposto, alla
sinistra della tastiera, con le mani sulla testa. Massimo si muove e và ad alzare il
volume dello stereo, visto che la postazione è stata liberata. Paolo ha in mano le
maracas, la tirocinante canta, Henry usa la grancassa come fosse una batteria ed
imita appunto le movenze di un batterista rock. Sorride.
Antonio prima sbadiglia, poi si copre le orecchie, dato che per lui il volume
dello stereo è troppo alto. La tirocinante abbassa un po’ la manopola. Poi Antonio
fa segno a Henry di suonare un po’ più piano sulla grancassa.
A questo punto il disco si blocca: evidentemente dopo tanti ascolti è un po’
usurato. Antonio si siede immediatamente di fianco allo stereo per controllarne il
funzionamento. La tirocinante, visto che la canzone non riparte, propone di
cambiare gli strumenti e scegliere solo quelli che suonano piano, dato che il volume
sonoro precedente era troppo elevato per alcuni.
Henry sceglie il triangolo, Massimo abbassa il volume della tastiera, Paolo
ha già in mano le maracas e continua con quelle. Gli si propone di prendere un
tamburello basco, strumento nuovissimo appena scartato, acquistato dalla scuola
recentemente. Paolo ne prova il suono scuotendolo da una parte e dall’altra.
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Antonio sceglie il cembalo con i sonagli. Casualmente Massimo avvia
l’accompagnamento automatico e si sente una melodia di Mozart. La tirocinante
prende in mano il bastone della pioggia. Henry suona sul triangolo un colpo ogni
tanto, come fosse il rintocco di una campana. Massimo blocca gli
accompagnamenti automatici ed abbassa il volume della tastiera ulteriormente.
Paolo e Antonio scuotono leggermente i relativi tamburelli.
L’ultima improvvisazione del gruppo termina molto piano, sfumando
all’unisono. Ormai la coesione dell’ensemble è ad un ottimo livello, come pure la
capacitò di ascolto reciproco.
Al suono della campanella, ci si saluta calorosamente e si fanno a tutti i
migliori auguri per il proseguimento dell’anno scolastico e un invito a continuare a
fare musica.
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Risultati e discussione
L’intervento di musicoterapia si è articolato in quattordici incontri, quindi
relativamente breve, per riscontrare significativi cambiamenti nei ragazzi rispetto
le loro problematiche iniziali. Si sono però verificati cambiamenti anche notevoli
nel comportamento all’interno del gruppo per quanto riguarda gli aspetti di
socializzazione, creatività, coinvolgimento e riguardo l’atteggiamento nei confronti
della pratica musicale. Dall’osservazione continua e dalla successiva riflessione
sono emersi questi elementi predominanti:
Il gruppo è risultato essere piuttosto omogeneo. I quattro partecipanti fissi
(Antonio, Henry, Massimo, Paolo), pur nelle differenti problematiche di invio,
avevano molto tratti in comune: tranquilli, motivati, collaborativi, con problemi ad
esprimersi verbalmente, preferenza per la pratica strumentale rispetto quella vocale,
difficoltà di lettura, una certa abilità ritmica, capacità di ascolto specialmente
attivo, buoni rapporti con i propri insegnanti o educatori, buona capacità di stare in
gruppo ma senza farsi coinvolgere troppo e mantenendo anzi un certo distacco dai
compagni e tendenza ad agire per conto proprio.
Queste caratteristiche hanno determinato alcune scelte per quanto riguarda la
programmazione e lo svolgimento delle attività: si è preferito ad esempio non
insistere troppo sull’aspetto verbale, sul canto delle parole e sulla lettura dei testi,
pur mantenendo queste attività. Il miglioramento delle capacità scolastiche relative
la lettura e l’espressione verbale non rientrava tra gli obiettivi principali.
Allo stesso tempo si è preferito privilegiare la comunicazione mediante
l’elemento strettamente musicale NON VERBALE, soprattutto mediante l’uso
degli strumenti e l’improvvisazione strumentale. Questa è stata sicuramente
l’attività principale di tutti gli incontri. Essa è nata spontaneamente durante i primi
incontri, quando si è visto che era un’attività molto gradita e che lasciava i ragazzi
liberi di esprimersi senza costrizioni se non l’uso di semplici regole d’insieme
come gli attacchi e le chiuse. Si sono poi aggiunti elementi più strutturati come i
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precisi pattern ritmici che sono stati insegnati. Questo per fornire strumenti in più
con cui esprimere la propria libertà, come fossero mattoncini Lego con cui costruire
qualunque cosa si desideri.
Si è vista con il trascorrere degli incontri una sempre maggiore varietà nella
scelta degli strumenti, nell’utilizzare ritmi diversi, nell’uso stesso degli strumenti
(non solo in un modo ma tenendoli al contrario, percuotendoli con le mani piuttosto
che con i battenti, tenendoli in braccio o per terra, battendo forte o con la punta dei
polpastrelli…). Ciò è sicuramente dovuto ad una creatività che è stata favorita
e sviluppata attraverso il far musica insieme, ascoltandosi.
La creatività non deve essere confusa con particolari doti o capacità di
invenzione fantastica che in realtà molto individui non hanno: ogni individuo
manifesta ed esprime se stesso proiettandosi liberamente e felicemente in una
dinamica inventiva. L’autenticità dell’espressione creativa non appartiene solo agli
artisti, ma ad ogni individuo. “Solo gli sciocchi identificano l’originalità creativa
con lo straordinario ed il fantastico; gli altri riconoscono che la sua misura risiede
nell’adibire oggetti consueti a usi ai quali non avevamo pensato”27. Non si può
chiamare creativo un atto ripetitivo, che accolga stereotipi strutturati e li esegua in
modo perfettamente uguale, ma è bene comunque chiarire che “l’atto creativo non
scaturisce dal nulla, ma si muove nell’ambito dell’esperienza del soggetto e del suo
ambiente di vita, permettendo originali strutturazioni di idee, comportamenti,
materiali che in un modo o nell’altro hanno determinato o interessato l’esperienza
esistenziale dell’individuo”28.
Proprio l’ascolto dei compagni ha creato delle sinergie e dei momenti di
dialogo veramente costruttivi: se all’inizio del percorso ognuno dei partecipanti
suonava per sé, come fosse isolato, alla fine era evidente che ognuno ascoltava ciò
27
J. Dewey, Democrazia ed educazione, La nuova Italia, Firenze 1961.
28
G. L. Zucchini, Musica e Handicap – musicoterapia e tecniche psicomusicali per l’integrazione
degli alunni handicappati, Editrice la Scuola, Brescia 1989.
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che faceva l’altro e regolava il proprio ritmo sulla base di ciò che l’ascolto
dell’altro gli comunicava, in una sorta di feedback virtuoso.
La tirocinante stessa è stata spesso sorpresa da un momento musicale
insolito venutosi a creare come per caso. Un’idea suggerita da qualcuno del gruppo
che dava l’input per tutto ciò che avrebbero poi fatto gli altri. Una modalità
leggermente diversa dal solito che cambiava inesorabilmente il corso dell’intera
seduta.
Uno degli obiettivi dell’intero corso era proprio quello di far sentire i ragazzi
padroni del proprio spazio, liberi di gestirlo a proprio piacimento, di modificarlo,
di sbagliare senza paura, sentendo che ogni idea che partisse da loro veniva
accettata e messa in comune.
Ci sono stati significativi cambiamenti anche a livello individuale:
Antonio, da una situazione iniziale in cui utilizzava sempre e solo lo stesso
strumento, è passato a sperimentarli quasi tutti, anche se non gli era espressamente
richiesto. Non ha cantato una canzone intera, ma ne ha proposte due-tre a tutto il
gruppo. Ha portato diversi cd da far ascoltare, ha registrato le improvvisazioni per
poi condividerne l’ascolto, ha cercato su Internet dei testi e ne ha portate diverse
copie per tutti. Sicuramente la sua capacità di ascolto di ciò che facevano gli altri è
aumentata, come si deduce dagli ultimi incontri in cui rispondeva alle proposte
musicali di Henry creando una sorta di dialogo con lui, mentre nei primi incontri
ognuno suonava per suo conto, in modo slegato dagli altri.
Henry è partito da una situazione in cui si mostrava un po’ isolato dagli altri,
con cui comunicava a fatica. Suonava da solo per lungo tempo senza preoccuparsi
di ciò che facevano gli altri, come se non ascoltasse ma seguisse solamente il suo
ritmo interno. Diverse volte ha imposto a tutti il suo andamento, il suo fraseggio
ritmico o melodico, specialmente nei lunghi assoli alla tastiera. Ma verso la fine ha
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dimostrato di ascoltare maggiormente, addirittura in alcuni momenti ha solo
ascoltato senza suonare, ha sperimentato strumenti diversi (mentre all’inizio si
concentrava sempre sugli stessi), ha dialogato e duettato con i compagni, ha fatto
loro provare la sua chitarra elettrica. Insomma, ha modificato in modo anche
significativo i suoi moduli comportamentali, in risposta agli stimoli che gli
venivano da tutto il gruppo.
Paolo era partito da una situazione iniziale di estrema timidezza, dovuta
anche al fatto di essere il più giovane. Quasi non parlava, non si muoveva se non
interpellato, non faceva alcun gesto spontaneo, neppure togliersi la giacca se aveva
caldo. Nel corso degli incontri, ha richiesto espressamente delle canzoni, ha portato
una chitarra da far vedere e sentire ai compagni, ha provato tutti gli strumenti, ha
duettato con i compagni, una volta ha addirittura interrotto la tirocinante che
spiegava continuando a suonare anche al di fuori della consegna. Si spera che
l’attività musicale abbia contribuito almeno un po’ a migliorare la fiducia in se
stesso.
Massimo aveva cominciato il corso mostrandosi teso, un po’ rigido, anche
lui senza muoversi se non espressamente sollecitato, utilizzando gli strumenti in
modo stereotipato e sempre gli stessi. Dopo alcuni incontri ha cominciato a
sceglierne di diversi, fino ad utilizzarli tutti, anche a due per volta. Ha mostrato una
sempre maggiore libertà e spontaneità, rivelando un aspetto allegro e giocoso.
È chiaro che alcuni dei cambiamenti citati possono essere dovuti
semplicemente al trascorrere del tempo tutti insieme, per cui facendo una qualsiasi
attività di gruppo si sarebbe arrivati ad una risultato di maggiore confidenza e
spontaneità tra i componenti. Bisogna però notare che tutto ciò è avvenuto nella
quasi assenza di comunicazione verbale, limitata a pochissimi minuti nell’arco
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delle due ore. Il linguaggio con cui i componenti del gruppo hanno comunicato era
esclusivamente musicale, con ritmi e note al posto delle parole. La grammatica
utilizzata è stata diversa, ma si è potuta chiaramente percepire una maggiore
fluidità del discorso ed una sempre maggiore armonia all’interno di esso. Come un
dialogo che all’inizio è sconnesso, tra stranieri che parlano una lingua diversa e,
invece, poco a poco, cominciano a capirsi e a parlare la stessa lingua, comunicando
in modo comprensibile a ciascuno.
Di seguito si riportano i momenti in cui si sono verificati cambiamenti
significativi nel normale svolgimento degli incontri:
Antonio propone una variante sempre in quattro quarti aggiungendo una
croma sul terzo quarto (TATTA un TA TATTA TA). Massimo e la tirocinante si
adattano al nuovo ritmo. Henry continua la sua linea personale finché conclude con
una successione di battiti veloci e forti a mani alternate ed un colpo secco. In
questo
modo,
senza
nessuna
indicazione
da
parte
della
tirocinante,
l’improvvisazione ha una sua conclusione.29
Si ferma il tamburo di Antonio. Il momento che si crea è molto intenso.
Antonio ora torna alla chitarra, mentre Henry suona e Massimo gioca col bastone
della pioggia. Chi dà l’andamento è Henry che suona molto dolcemente. Antonio lo
segue pizzicando una corda alla volta e facendo lunghe pause tra un suono e l’altro.
Sembra gli risponda e lo segua. Nel frattempo Massimo giocherella anche col
sonaglio. Henry suona sempre più veloce e con la mano dirige i compagni mentre
suona. Quando indica la fine del pezzo, scoppia un applauso finale da parte di tutti i
presenti.30
29
Quinto incontro, pag. 48.
30
Sesto incontro, pag. 52.
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Dopo un po’ Massimo realizza una variazione molto significativa: suona
alternativamente due strumenti, cioè la conga che ha davanti con tre battiti e una
pausa, poi altri due battiti sulla grancassa che ha di fronte. Sulla grancassa sono
appoggiate le maracas. Il suono che si crea è un tonfo con l’eco delle vibrazioni
degli strumentini soprastanti. Il ritmo è un tre quarti TATTA TA un / TA TA un.
La prima battuta sulla conga, la seconda sulla grancassa. Molto interessante. In
breve diventa lui la voce solista dell’improvvisazione.31
Antonio finalmente segue il testo e abbozza il canto. Non si sente, ma le
labbra si muovono e segue fedelmente il testo della canzone da lui proposta32
L’incontro sembra ormai finito, ma c’è un finale a sorpresa, perché
Massimo riprende il gioco di usare due tamburi alternando i battiti, Henry
ricomincia a suonare da seduto, Paolo prende le bacchette e suona lo xilofono.
Incredibilmente hanno ricominciato a suonare proprio sullo squillare della
campanella di fine ora. La tirocinante canta insieme alla prof. di sostegno di
Massimo. Antonio accompagna il ritmo con il tamburo col battente.33
Massimo dopo un po’ cambia strumento e prende il tamburo col battente
facendo un ritmo molto scandito TATA’ un TATA’ un. Ora è lui lo strumentista
che risalta di più. Antonio blocca per un po’ Henry e gli dà indicazioni su come
proseguire l’andamento. Il ragazzo segue le sue indicazioni. L’insieme strumentale
è molto più preciso ed omogeneo rispetto l’inizio degli incontri, si capisce che i
31
Ottavo incontro pag. 56.
32
Sempre ottavo incontro pag. 56, righe seguenti.
33
Ottavo incontro, pag. 58.
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ragazzi si ascoltano molto di più e cercano di adeguare le loro performances uno
all’altro.34
Quando Massimo batte l’ultimo colpo, succede un’altra cosa molto
interessante: i suoi compagni proseguono e battono un colpo uno dopo l’altro.
Comincia così un nuovo gioco, sorto spontaneamente: si suona un colpo solo a
turno, in senso orario. Il gioco va avanti con sorprendente precisione ed attenzione
da parte di tutti. A questo punto degli incontri l’intesa che si è creata all’interno
dell’ensemble è davvero notevole.35
Henry a differenza di ciò che faceva all’inizio del corso comincia con battiti
singoli, facilmente imitabili da tutti. Le prime sedute proponeva cellule ritmiche
inimitabili perché lunghe e complesse.36
Henry ricomincia ad assumere una postura insolita. Accavalla le gambe e le
mette di lato sul bracciolo, si rannicchia sulla sedia e guarda all’indietro. Per gran
parte dell’incontro si limiterà ad osservare gli altri senza suonare37
Paolo comincia a tamburellare sulla conga, è l’unico che suona anche mentre
la tirocinante spiega. È per lui un comportamento insolito e viene valutato
positivamente, in quanto in precedenza il ragazzo aveva mostrato una notevole
timidezza che ne aveva impedito qualsiasi gesto spontaneo.38
34
Decimo incontro, pag. 61.
35
Decimo incontro, pag. 62.
36
Tredicesimo incontro, pag. 67.
37
Quattordicesimo incontro, pag. 69.
38
Quattordicesimo incontro, pag. 69-70.
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La canzone scelta è Chariot, altro successo della scorsa estate, dal ritmo più
allegro. Si ascolta semplicemente, senza fare l’accompagnamento con gli
strumenti.39
Henry invece non canta e non suona, si limita a dondolarsi sulla sedia e ogni
tanto beve dalla bottiglietta d’acqua che si è portato, guardando spesso dietro, verso
la prof. di sostegno di Massimo. Poi guarda anche Antonio e i due si sorridono,
coinvolgendo nella risata anche la prof. e, di rimando, tutto il gruppo.40
Henry imprevedibilmente prende la grancassa a Paolo e usa la bottiglia di
plastica dell’acqua come battente!41
Casualmente Massimo avvia l’accompagnamento automatico e si sente una
melodia di Mozart. La tirocinante prende in mano il bastone della pioggia. Henry
suona sul triangolo un colpo ogni tanto, come fosse il rintocco di una campana.
Massimo blocca gli accompagnamenti automatici ed abbassa il volume della
tastiera ulteriormente. Paolo e Antonio scuotono leggermente i relativi tamburelli.
L’ultima improvvisazione del gruppo termina molto piano, sfumando
all’unisono.42
Nella descrizione di Materiali e Metodi utilizzati non è stato mai menzionato
il termine musicoterapia. Questo perché, nonostante l’intervento fosse palesemente
musicoterapeutico, è stato espressamente chiesto dagli operatori scolastici di
chiamarlo semplicemente corso di “musica”. In pratica queste due ore erano
39
Quattordicesimo incontro, pag. 70.
40
Quattordicesimo incontro, pag. 70.
41
Quattordicesimo incontro, pag. 71.
42
Quattordicesimo incontro, pag. 72.
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considerate dai ragazzi un’altra materia, musica, appunto. Non una materia di
valutazione scolastica, ma uno spazio libero in cui provare, sperimentare, eseguire
brani di musica più o meno noti, insieme, come farebbe un gruppo musicale vero e
proprio. L’obiettivo era quello di creare un gruppo che lavorasse insieme con una
sua identità, e questo pare sia stato raggiunto, pur nei limiti che inevitabilmente ha
la brevità dell’intervento. Il gruppo doveva poi fungere da supporto per ciascuno
dei componenti, e del gruppo si ritiene dovessero far parte gli insegnanti di
sostegno, gli educatori ed eventualmente altri elementi della scuola di volta in volta
presenti.
Pur non essendo fisicamente presenti sempre, gli altri componenti che non
fossero i ragazzi hanno rappresentato un collegamento con l’ambiente in cui vivono
i ragazzi stessi, la scuola. La scuola così ha visto e ha partecipato all’attività, nei
suoi successi e nei suoi eventuali fallimenti, come un’esperienza da condividere.
Questa partecipazione ha rappresentato anche un elemento di difficoltà, dato
che i ragazzi si sentivano comunque osservati e a volte giudicati dai loro
insegnanti. Escludere insegnanti ed educatori poteva essere un’altra opportunità,
con conseguenze diverse. Poteva essere “meglio”, ma non è detto. Si è scelto di
fare così perché i ragazzi potessero anche condividere l’esperienza con chi
quotidianamente lavorava con loro, potessero raccontarla, parlarne anche dopo la
sua conclusione.
Tutto ciò usando un linguaggio specifico, la musica. Quale musica? Quella
che veniva da loro direttamente, con le improvvisazioni, più o meno guidate perché
come ogni linguaggio non è innato ma ha bisogno di apprendimento e pratica;
quella che già era presente nella loro memoria, con le canzoni del repertorio
proposte o da loro stessi o dall’esterno.
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