Numero 21 - Articolo 2

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[Numero 21 - Articolo 2. Dicembre 2007] Il controllo della
frequenza cardiaca nella fibrillazione atriale cronica:
raccomandazioni terapeutiche delle linee guida ed evidenze dei
trials clinici randomizzati
Titolo originale: "Rate control in permanent atrial fibrillation"
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: BMJ 335;1057-1058;
doi:10.1136/bmj.39365.511076.BE 2007
Recensione a cura di: Italo Paolini
Indirizzo dell'articolo: Visita
Parole chiave: fibrillazione atriale; diossina; frequenza cardiaca
Sintesi
Questo interessante editoriale analizza le evidenze a supporto delle raccomandazioni
terapeutiche di recenti linee guida sul controllo della frequenza cardiaca nella fibrillazione
atriale (f.a.) cronica. Secondo gli autori non sono adeguatamente motivate e giustificate le
raccomandazioni provenienti dalle linee guida, secondo le quali la digossina dovrebbe
rappresentare un farmaco di 2° o 3° scelta, a favore di altre classi farmacologiche quali
betabloccanti o calcio antagonisti bradicardizzanti.
Premesse
La fibrillazione atriale (f.a.) è la causa più comune di aritmia cardiaca ed è causa, soprattutto
nella popolazione anziana, di una notevole morbidità. Le linee guida più autorevoli e recenti
sono:
•
•
Giugno 2006, linee guida da parte del UK National Institute for Health and Clinical
Excellence (NICE) http://www.nice.org.uk/page.redirect?o=cg36#documents In questo
documento, partendo dalla pratica storica si giunge alla raccomandazione di preferire,
come scelta terapeutica iniziale, betabloccanti o calcio antagonisti bradicardizzanti al
posto della digossina, con l’unica eccezione dei soggetti sedentari.
Revisione congiunta, nel 2006, da parte delle associazioni scientifiche American College
of Cardiology/American Heart Association/European Society of Cardiology
(ACC/AHA/ESC)
http://www.cardiosource.com/guidelines/guidelines/atrial_fib/pdfs/AF_final.pdf con
indicazione all’ uso preferenziale di betabloccanti o calcio-antagonisti per il controllo
della frequenza cardiaca in corso di f.a. cronica.
La tabella seguente riassume, sinteticamente, quanto emerge dalla linee guida suddette circa il
controllo della f.c. in corso di f.a. cronica:
Non esiste una definizione univoca del controllo ideale della frequenza cardiaca (f.c.) nella f.a.
cronica. Il controllo farmacologico ideale deve avvenire in condizioni di riposo e di sforzo fisico,
senza causare eccessiva bradicardia notturna. Scopo ultimo del trattamento, migliorare i
sintomi e la tolleranza all’esercizio fisico e prevenire la cardiomiopatia indotta da tachicardia.
Un sottogruppo dello studio AFFIRM (Atrial Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm
Management) ha evidenziato la mancanza di relazione tra controllo della frequenza
ventricolare e sopravvivenza complessiva o qualità della vita. Diversi studi epidemiologici, nel
Regno Unito e USA, hano riportato un complessivo declino nell’uso di digossina, forse come
risultato delle recenti raccomandazioni. La popolazione con f.a. assume talvolta betabloccanti o
calcio antagonisti per indicazioni diverse dal controllo della frequenza cardiaca. In uno studio
descrittivo della gestione della f.c., in 2027 soggetti, gli autori dello studio AFFIRM non hanno
riportato differenze significative nel controllo adeguato della f.c. a riposo e sotto sforzo nella
popolazione trattata con betabloccanti o con digossina, da soli e questo suggerisce che la
digossina rimanga ancora uno dei farmaci di prima linea nella gestione della f.c.
Analisi e discussione
La revisione riportata dagli autori dell’editoriale, effettuata mediante ricerca su database
pubmed e Cochrane per studi pubblicati in inglese, ha riguardato 57 studi includendo 25 trials
randomizzati, controllati, in doppio cieco che valutavano l’uso di digossina, betabloccanti, caantagonisti e delle loro combinazioni per il controllo della f.c. nella f.a. cronica. Le differenze
nella metodologia ed outcomes dei vari studi hanno resodifficile il confronto e la univocità delle
conclusioni.
Solo una minoranza di studi hanno riportato score sintomatologici e preferenze dei pazienti. La
digossina è, ovviamente, il farmaco da più lungo tempo usato per il controllo della f.c. nella
f.a. cronica. Essa agisce principalmente mediante un effetto vagomimetico sul nodo
atrioventricolare ed ha un modesto effetto inotropo positivo. Ha una curva dose-risposta
alquanto piatta ed un basso indice terapeutico. Questo comporta, spesso, l’uso di dosi
subterapeutiche. E’ meno efficace nel controllo della frequenza cardiaca durante l’esercizio
fisico ed in condizioni di attivazione simpatica.
Nella popolazione con f.a., i farmaci beta-bloccanti (BB) hanno effetti diversi sulla
frequenza cardiaca e questo dipende dalla variabilità del beta-blocco esercitato e dall’attività
beta-agonista intrinseca alle diverse molecole. Dieci studi hanno valutato BB da soli. Questi
farmaci sono risultati migliori rispetto alla digossina nel controllare la f.c. a riposo in un solo
studio sebbene abbiano determinato un miglior controllo della f.c. sotto sforzo in 4 studi. Lo
xamoterolo (sospeso in Inghilterra nel 2000) è stato il solo BB a migliorare la tolleranza
all’esercizio fisico rispetto alla digossina, ma a spese di un peggior controllo della frequenza
cardiaca. In altri sei studi la capacità all’esercizio non migliorava quando i BB venivano usati da
soli. Altri studi hanno evidenziato un miglior controllo della f.c. a riposo e durante l’esercizio
fisico della combinazione tra BB e digossina rispetto alla digossina usata da sola, ma l’effetto di
questa combinazione sulla tolleranza allo sforzo non è univoca. Gli studi esaminati riportano
alcuni miglioramento di questo parametro, altri una situazione invariata, altri ancora una
riduzione della capacità di esercizio fisico. Altri effetti avversi sono stati riportati con l’uso di BB
e, cosa importante, due studi hanno riportato un peggioramento dei sintomi di scompenso in
assenza di digossina in pazienti con scompenso cardiaco.
Il ca-antagonista diltiazem è stato valutato in 5 studi. Questi hanno mostrato che il
diltiazem risultato migliore della digossina nel controllo della frequenza cardiaca durante
l’esercizio fisico, ma non a riposo e non vi è stato miglioramento nella capacità di esercizio.
Undici studi hanno valutato la combinazione di dilitiazem e digossina; la maggior parte di
questi ha riportato un miglioramento del controllo della f.c. a riposo e sotto sforzo quando vi
era il confronto con la digossina da sola. Inoltre, due studi, hanno mostrato un miglioramento
della tolleranza all’esercizio fisico con i due farmaci in combinazione.
Risultati simili si sono avuti quando la monoterapia con verapamil è stata comparata con la
digossina. Il verapamil ha migliorato la frequenza cardiaca durante l’esercizio fisico nel
confronto con la digossina, in 3 studi. La tolleranza all’esercizio fisico è risultata migliore con
verapamil da solo in due studi su tre che hanno valutato questo aspetto. La combinazione di
verapamil e digossina ha determinato un miglior controllo della frequenza cardiaca a riposo
e sotto sforzo, rispetto alla digossina da sola. Il concomitante uso dei due farmaci aumenta le
concentrazioni della digossina. Episodi di bradicardia o pause sono state osservate diverse
volte con la combinazione. La tolleranza all’esercizio è risultata migliorata in misura minima
rispetto al miglior controllo della frequenza cardiaca, con alcuni studi che riportano un
miglioramento ed altri che non rilevano cambiamenti. Le limitazioni all’uso di verapamil e
diltiazem riguardano il loro effetto inotropo negativo e i considerevoli effetti avversi dose
dipendenti.
Conclusioni
In pazienti con f.a. cronica la digossina è stata il pilastro del trattamento per molti anni. le
nuove raccomandazioni, nel relegare la digossina al ruolo di 2° o 3° scelta dovrebbero essere
basate su evidenze e sicurezza d’uso. Gli autori dell’editoriale osservano che esistono poche
evidenze sulla capacità della monoterapia con betabloccanti o ca-antagonisti di migliorare la
tolleranza allo sforzo quando confrontati con la digossina. Al contrario, l’uso in monoterapia dei
BB può determinare un peggioramento della capacità di esercizio fisico, specialmente in
soggetti con una storia di scompenso cardiaco. In modo similare esistono poche evidenze che
la monoterapia con questi farmaci migliori il controllo della f.c. a riposo e durante l’esercizio
quando confrontate con la digossina. Gli effetti positivi sulla variabilità della frequenza cardiaca
associati con una migliore tolleranza allo sforzo si sono osservati solo con la combinazione tra
digossina e BB o Ca-antagonisti. La conclusione, in base alle analisi dela letteratura riportate, è
che la combinazione di digossina e un betabloccante o un ca-antagonista dovrebbe essere
raccomandata come prima linea di trattamento. In ogni caso considerano di maggior sicurezza
un inizio di trattamento con la digossina in monoterapia.
Rilevanza per la Medicina Generale
La prevalenza di f.a. nella popolazione degli assistiti in carico al MMG rende interessante il
ragionamento e le analisi contenute nell’editoriale del BMJ. In particolare l’osservazione che il
controllo della frequenza cardiaca non è di per se stesso un obiettivo, ma và valutato nelle
ripercussioni sulle condizioni generali e sulla qualità di vita del paziente. Le comorbidità
presenti rendono spesso ragione dell’uso di beta-bloccanti e ca antagonisti diidropiridinici al
posto della digossina. Il MMG ha sicuramente esperienza nell’uso dei farmaci citati nell’articolo
ed è in grado di gestire con sufficiente sicurezza il loro uso in base alle caratteristiche del
singolo paziente. L’associazione tra BB e digossina o tra Ca-antagonisti e digossina, può
costituire, in molti casi la scelta più efficace, ma deve far parte, a mio modo di vedere, di un
percorso integrato in cui il parere del cardiologo, nella ottimizzazione della terapia e nella
valutazione di controindicazioni e tollerabilità, è importante.
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