Corporate governance e controllo della brand equity nell`attuale

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ARTI GRAFICHE APOLLONIO
Università degli Studi
di Brescia
Dipartimento di
Economia Aziendale
Francesca GENNARI
CORPORATE GOVERNANCE
E CONTROLLO DELLA BRAND EQUITY
NELL’ATTUALE SCENARIO COMPETITIVO
Paper numero 45
Università degli Studi di Brescia
Dipartimento di Economia Aziendale
Contrada Santa Chiara, 50 - 25122 Brescia
tel. 030.2988.551-552-553-554 - fax 030.295814
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Luglio 2005
CORPORATE GOVERNANCE
E CONTROLLO DELLA BRAND EQUITY
NELL’ATTUALE SCENARIO COMPETITIVO
di
Francesca GENNARI
Assegnista di Ricerca
Università degli Studi di Brescia
Indice
1. Corporate governance e responsabilità aziendale ...................................... 1
2. Evoluzione del contesto competitivo e processi di governo ...................... 6
3. Il governo del patrimonio di marca.......................................................... 11
3.1 Determinanti dell’ambiente interno .................................................. 17
3.2 Determinanti dell’ambiente esterno.................................................. 19
4. Performance sociale e patrimonio di marca ............................................. 26
Conclusioni .................................................................................................. 28
Bibliografia .................................................................................................. 31
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
1. Corporate governance e responsabilità aziendale
Le aziende si manifestano quali centri di aggregazione di una pluralità di
attese il cui soddisfacimento costituisce la condizione per il perseguimento
dei presupposti di durabilità e la premessa per l’ottenimento di ulteriori risorse.
La varietà degli interessi convergenti in azienda impone il coinvolgimento di diversi aspetti del successo (economico, competitivo e sociale) e
l’enfatizzazione ad una composizione equilibrata degli stessi. Ciò impone di
svincolarsi da una visione orientata esclusivamente ai risultati economici, o
quanto meno di maturare la consapevolezza di una responsabilità più ampia
nell’ambito del mantenimento delle imprescindibili condizioni di economicità.
L’azienda, infatti, per il fatto stesso di essere composta da individui e di
porsi in relazione con l’esterno è destinata a svolgere una funzione sociale la
cui consapevolezza manifesta inevitabilmente conseguenze nell’ambito della definizione degli indirizzi di governo e dei correlati processi realizzativi1.
L’affermazione della sfera sociale è da sempre connaturata agli studi di
economia aziendale. A titolo esemplificativo, si riportano alcuni significativi contributi: Gino Zappa sottolinea che “…[l’impresa] deve sottomettersi
alle esigenze volute dal bene comune della collettività nazionale nella quale
agisce2”; più estesamente Pietro Onida riconosce che “la disciplina di cui ci
occupiamo studia l’ambiente sociale in cui essa [l’azienda] ha vita e non
trascura gli effetti sociali dell’attività aziendale3.” Nella stessa direzione va
l’approfondimento di Giovanni Ferrero per cui “l’impresa scaturisce
nell’ambito di <<organizzazioni umane>> o, come anche si dice, di <<organizzazioni sociali>>: l’impresa è dunque uno strumento creato
1
Su tale concetto si rimanda, fra gli altri a H.R. Bowen, Social responsibilities of the
businessman, Harper & Row, New York, 1953; R.W. Ackerman R.A. Bauer, Corporate
social responsiveness, Reston Publishing, Reston, 1976; E.R. Freeman, Strategic
management. A stakeholder approach, Pitman, Boston, 1984; D.J. Wood, Corporate social
performance revisited, Academy of Management Review, n.16, 1991; M. Molteni, M. Lucchini, I modelli di responsabilità sociale nelle imprese italiane, F. Angeli, Milano, 2004;
M. Molteni., Responsabilità sociale e performance d’impresa: per una sintesi sociocompetitiva, V&P Università, Milano, 2004; M. Bergamin Barbato, C. Mio, Corporate social responsibility: verso un modello di governo dell’impresa, in D.M. Salvioni (a cura di),
Corporate governance e sistemi di controllo della gestione aziendale, Franco Angeli, Milano, 2004.
2
G. Zappa, Le produzioni nell’economia delle imprese , tomo I, Giuffrè, Milano, 1956.
3
P. Onida, Economia d’azienda, Utet, Torino, 1970, p.126.
1
Francesca Gennari
dall’uomo, ossia della <<società>> in quanto <<organizzazione umana>>4.”
Le affermazioni precedenti evidenziano un concetto di responsabilità sociale che può apparire totalmente o parzialmente in antitesi con quello di responsabilità economica. Infatti, da un’osservazione superficiale l’attenzione
alla socialità, anche se implicitamente connaturata nell’impresa in quanto
organizzazione di individui calata in un ambiente sociale, potrebbe comportare costi che mal si coniugano con un orientamento all’ottimizzazione del
risultato economico nel breve periodo.
In realtà, gli effetti “sociali” dell’operare d’azienda si relazionano in modo più o meno immediato con il perseguimento di risultati economici soddisfacenti in una duplice direzione: l’economicità garantisce la base necessaria
per l’ottenimento dei consensi attraverso il soddisfacimento dei bisogni, ottenibile grazie anche alla disponibilità di risorse investite nella costruzione
di una responsabilità che coinvolge aspetti non economici. Allo stesso tempo, tuttavia, non si può parlare di responsabilità sociale corretta quando si
prediliga il perseguimento di quest’ultima a prescindere dall’attenzione ad
aspetti tipici di responsabilità economica: nel lungo termine, infatti,
l’impresa è destinata a venire meno o a mutare le proprie caratteristiche originarie di organizzazione orientata al profitto.
Ad evidenza, se l’attenzione è focalizzata sul breve termine, l’impegno
dell’impresa sul fronte sociale non sempre si manifesta economicamente
conveniente. Tuttavia, l’adozione di una visione economicamente corretta,
strategicamente orientata al lungo periodo, annulla la contrapposizione fra
socialità ed economicità, evidenziando un concetto di responsabilità più
ampia in cui i diversi aspetti (economico, legale, ammnistrativo, sociale/ambientale) partecipano sinergicamente alla realizzazione delle condizioni di sopravvivenza duratura dell’impresa.
L’adozione di una cultura della responsabilità implica, pertanto,
l’impegno aziendale su più fronti congiuntamente, nell’ottica della soddisfazione di tutte le categorie di stakeholder a vario titolo e con varia intensità
interessate alla dinamica di impresa. In questo contesto nella responsabilità
imprenditoriale convergono i concetti di responsabilità economica, legale/giuridica, sociale ed ambientale: la sopravvivenza dell’impresa secondo le
condizioni di economicità e nel rispetto delle leggi deve, cioè, abbinarsi
all’adozione di un’etica comportamentale nell’ambito del processo decisionale e nei confronti di tutti gli stakeholder e dell’ambiente al fine di garantire un equo contemperamento fra obiettivi economici, preoccupazioni sociali, rispetto della natura e delle condizioni di lavoro.
4
G. Ferrero, Impresa e management, Giuffrè, Milano, 1987, p.7.
2
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
Figura 1. Responsabilità d’impresa e processi di governo
RESPONSABILITA’
GLOBALE DI
IMPRESA
PROCESSI DI
GOVERNO
EFFICACI ED
EFFICICIENTI
MIGLIORAMENTO
DEI RAPPORTI CON
GLI STAKEHOLDER
RISORSE
Le imprese consapevoli della responsabilità che, a vario titolo, manifestano nei confronti delle diverse categorie di stakeholder partecipano alla
crescita dell’ambiente in cui si muovono garantendosi, al contempo, durabilità ed autonomia nel lungo periodo.
Il perseguimento delle condizioni di economicità si manifesta, comunque, quale parametro base di garanzia di sopravvivenza dell’impresa in
quanto in grado di produrre5 valore; la diffusione equa e trasparente di tale
5
In particolare, la considerazione della responsabilità economica quale base per l’intero
operare di impresa ha da sempre caratterizzato le realtà aziendali tipicamente orientate al
profitto, mentre le scelte strategiche delle imprese qualificate come non profit, almeno in
passato, sembravano totalmente o parzialmente avulse da considerazioni di tipo economico.
Ad oggi la realtà tende a manifestare elementi di complessità per cui può venire meno il
binomio profit-prevalenza della responsabilità economica e non profit-prevalenza della responsabilità sociale. Può accadere, infatti, che aziende tradizionalmente orientate al profitto
assumano un ruolo sociale tanto importante da indurre una prevalenza della responsabilità
sociale su quella economica. Si richiama, a titolo d’esempio, la Fiat la quale ha nel corso
del tempo assunto l’immagine ed il ruolo di azienda patrimonio e rappresentante nel mondo
dell’intera nazione e per questo è stata sempre supportata nei momenti di difficoltà. In questo contesto il mantenimento di un’azienda simbolo e delle relative risorse (soprattutto in
termini di lavoro) ha invertito il normale ordine di priorità fra responsabilità economica e
responsabilità sociale che caratterizza normalmente le aziende profit.
Per queste realtà sorge, pertanto, il problema di individuare il limite oltre il quale il riconoscimento della funzione sociale svolta (in termini di posti di lavoro, immagine riconosciuta, servizio offerto, eccetera) non sia più sufficiente per giustificare un utilizzo delle risorse che non rispetti i requisiti base dell’economicità.
Al contrario aziende tradizionalmente riconosciute come non-profit, caratterizzate da
una responsabilità sociale prevalente su quella economica a causa della funzione sociale
svolta (come la fornitura di servizi essenziali per la collettività) sembrano manifestare una
maggiore attenzione ai principi dell’economicità consapevoli che l’utilizzo non economico
3
Francesca Gennari
valore si qualifica come responsabilità imprescindibile nei confronti delle
categorie di stakeholder che hanno a vario titolo partecipato alla creazione
del valore stesso (responsabilità sociale in senso stretto). L’adozione di un
tale atteggiamento implica la diretta o indiretta partecipazione dell’impresa
alla soluzione dei problemi della collettività sociale in senso ampio (ad esempio inquinamento, tracciabilità dei prodotti, informativa sui mercati borsisitici, eccetera) e, quindi, la possibilità, da parte dell’impresa stessa, di
porsi come agente di miglioramento dell’ambiente (responsabilità pubblica)6.
Con riguardo, in particolare, alla responsabilità sociale, anche se il concetto non è nuovo, certamente nuova è la consapevolezza della sua centralità.
Il dibattito sulla responsabilità sociale delle imprese, in effetti, è ancora
aperto: le determinanti che possono ingenerare nell’impresa, almeno nel
breve periodo, l’esigenza di adeguare i propri comportamenti alle istanze
sociali possono essere ricondotte precipuamente a7:
-
vincoli legislativi (normative sui materiali inquinanti; sulla tutela dei
dipendenti; sulla discriminazione sul luogo di lavoro; eccetera);
pressioni esterne da parte di determinate categorie di stakeholder
(ad esempio protocolli rigidi sui controlli qualitativi del processo di
fornitura);
particolari opportunità (come il miglioramento della corporate image nei confronti di determinati interlocutori);
stimoli disinteressatamente sociali basati su motivazioni etiche e
sull’esigenza di recupero di generalizzati rapporti fiduciari.
I comportamenti sociali8, anche quando hanno un’indubbia rilevanza
strategica, possono comportare una valutazione dei benefici economici ad
delle risorse della collettività sia destinato nel lungo termine a minare la responsabilità
pubblica. Tale atteggiamento sembra, fra l’altro, giustificato dall’entrata su taluni segmenti
di mercato (telecomunicazioni, mobilità,…) di aziende profit con un conseguente aumento
della pressione concorrenziale e, conseguentemente, un incremento di attenzione verso i
principi base dell’economicità.
6
Cfr S. Sciarelli, “ Scelte aziendali ed equilibrio fra responsabilità economica e sociale
dell’impresa”, XVI Convegno di Sinergie, Verona, 18 e 19 novembre 2004.
7
Cfr C. Chirieleison, Le strategie sociali nel governo dell’azienda, Giuffrè, Milano,
2002.
8
La responsabilità sociale dell’impresa può essere vista come uno degli aspetti
dell’etica aziendale: la prima, tuttavia, rispetto alla business ethics tende ad avere come focus i comportamenti dell’impresa vista nel suo complesso, più che quelli dei membri
dell’organizzazione visti individualmente. Anche il riferimento normativo è diverso: mentre
la business ethics richiede che un individuo, o un’organizzazione o un sistema economico,
si comportino coerentemente con le regole elaborate dalla filosofia morale, la responsabilità
4
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
essi connessi estremamente complessa. Gli investimenti socialmente responsabili si giustificano, in questo caso, solo se vi è una forte preferenza da
parte del soggetto economico, se cioè vi è una cultura che attribuisce valore
alla socialità e se sono considerati elementi critici di successo aziendale risorse quali l’immagine, la fiducia, la reputazione, la collaborazione con i
soggetti a monte e a valle.
La considerazione degli aspetti sociali, tuttavia, se vuole costituirsi come
uno dei fattori in grado di garantire la durabilità dell’impresa nel lungo periodo, non può manifestarsi in modo sporadico o legato a particolari iniziative di carattere promozionale. In particolare, in questi ultimi tempi si è andata affermando la necessità di diffondere presso tutti i livelli decisionali
d’azienda una cultura fondata sui principi di equità, correttezza e trasparenza9, nonché l’esigenza di un corretto collegamento fra le attese di tutti gli interlocutori sociali e le decisioni e le azioni d’impresa10.
L’agire di impresa nel rispetto di un concetto di responsabilità ampia finalizzato ad un’equa realizzazione delle attese degli stakeholder richiede
l’adozione di un atteggiamento comportamentale improntato alla trasparenza, nonché la diffusione dello stesso presso tutti i livelli aziendali e con gli
interlocutori esterni.
La trasparenza comportamentale dovrebbe tradursi in una trasparenza
della comunicazione, volta a facilitare l’apprezzamento, da parte dei pubblici interni ed esterni, delle modalità di assunzione delle responsabilità agevolando l’instaurarsi di rapporti fiduciari destinati a durare nel tempo.
In sintesi, le aziende sono chiamate ad un salto di qualità, in primo luogo
riconducibile alla diffusione di un nuovo approccio di governance, fondato
sul contemperamento delle attese di tutti gli interlocutori aziendali e volto a
sociale ha come riferimento imprescindibile la consonanza dei comportamenti aziendali con
le aspettative e le istanze espresse dal contesto ambientale in cui è calata. Anche se i due
concetti, in termini pratici, spesso portano alle stesse conclusioni, tuttavia, in alcune situazioni ciò non si verifica: azioni che una data impresa definisce responsabili nel suo contratto sociale, possono essere viste dai filosofi morali eticamente neutre o addirittura scorrette.
C. Chirieleison, cit.; S. Sciarelli, responsabilità asociale ed etica d’impresa : una relazione
finalizzata allo sviluppo aziendale, Finanza Marketing e Produzione, n.1, 1999; G. Rusconi,
Responsabilità sociale ed etica d’impresa: una relazione finalizzata allo sviluppo aziendale, Finanza Marketing e Produzione, n.1, 1999.
9
“Abbiamo modificato la nostra corporate governance in cinque punti fondamentali:1)accresciuto la trasparenza […]; 2)avere un board competente e indipendente […];
3)compensi agli executive in linea con le performance complessive dell’azienda […]; 4)più
contatti con gli investitori […]; 5)diffondere ad ogni livello la cultura aziendale della trasparenza […]”. J. Immelt, chairman e chief executive officer della General Electric, Il Sole
24 Ore, 01/02/2004.
10
Si pensi all’introduzione di posizioni manageriali e di codici di comportamento rivolti
a creare un comune e condiviso approccio ai problemi aziendali (ad esempio, codici etici,
responsabili dell’etica, manager per la responsabilità sociale, Comitati etici).
5
Francesca Gennari
dare corretta e trasparente attuazione alla capacità di assunzione delle proprie responsabilità.
In particolare, si qualificano come condizioni fondamentali dell’attività
di governo11: la capacità dell’impresa di rispondere adeguatamente ai bisogni espressi dai mercati e di creare valore; l’efficace interazione con tutte le
classi di stakeholder ─ da cui dipende l’ottenimento di consensi e di risorse
in grado di sostenere lo sviluppo aziendale e la produttività interna – nel rispetto delle condizioni base di correttezza e di trasparenza comportamentale12.
2. Evoluzione del contesto competitivo e processi di governo
L’evoluzione del contesto competitivo, da una parte, e del concetto di
responsabilità aziendale dall’altra hanno indotto, nel corso degli ultimi anni,
a frequenti modificazioni nelle normative, nelle raccomandazioni e nei codici di disciplina, nonché a significativi cambiamenti negli indirizzi di governance, nelle decisioni di vertice e nei processi di controllo della gestione.
La globalizzazione dei mercati, la generalizzata eccedenza dell’offerta
sulla domanda di beni e servizi, una competitività basata sul fattore tempo
inducono le imprese ad un recupero di efficacia nelle relazioni con tutte le
categorie di stakeholder e ad un conseguente processo comunicazionale orientato alla trasparenza ed alla simmetria dell’informazione. L’evoluzione
del contesto di riferimento ha, d’altra parte, ingenerato negli stakeholder una
maggiore consapevolezza delle proprie attese ed una maggiore possibilità
di accesso alle informazioni aziendali.
Si afferma, pertanto, la necessità della diffusione di una cultura aziendale fondata sui principi base di equità, di correttezza e di trasparenza; principi
che dovrebbero guidare la realizzazione delle attese di tutti gli interlocutori
sociali, contribuendo a generare rapporti fiduciari a livello intra ed interaziendale, a creare opportunità e ad agevolare il contrasto delle minacce.
11
D.M. Salvioni, Corporate govenance e responsabilità d’impresa, Symphonya.
Emerging Issues in Management, n.1, 2003.
12
“La sostenibilità deve entrare nei comportamenti quotidiani dei singoli, a tutti i livelli
dell’azienda deve essere sempre presente l’impegno a mantenere un comportamento che
rispetti gli interessi degli stakeholder e contribuisca allo sviluppo economico integrando le
aspettative della comunità di cui fa parte nel proprio modello di business. […]La sostenibilità deve essere parte integrante dei meccanismi aziendali: è determinante per rafforzare la
reputazione d’impresa e potenziare il valore del brand; spingere verso l’innovazione di
prodotto e di processo e migliorare la gestione dei rischi; attarre capitali e facilitare
l’accesso ai mercati finanziari”. E. Parazzini, chief financial officer di Telecom Italia, Il
Sole 24 Ore, 25/11/2004.
6
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
Il mantenimento di soddisfacenti livelli di efficacia aziendale induce a
valutare con grande attenzione le relazioni interne ed esterne, nonché i collegamenti fra attese, orientamenti gestionali, comportamenti, risultati e comunicazioni. Tutto ciò attribuisce evidenza ai processi di governo in
un’ottica integrata, volta a ricongiungere le scelte di vertice ai comportamenti dell’intera struttura 13.
Condizione per la sopravvivenza durevole di un’impresa è la capacità di:
percepire le attese per tradurle in idonei indirizzi strategici; trasferire gli orientamenti di vertice nei comportamenti gestionali; verificare la coerenza
fra finalità, obiettivi e risultati effettivi. Quanto affermato si realizza garantendo l’ottimizzazione delle performance e delle relazioni con i propri interlocutori sociali se sono rispettate le basilari connessioni fra indirizzi di sviluppo, dimensioni di successo, assunzione delle responsabilità ed orientamento finalizzato dei comportamenti.
Ad evidenza, data la strumentalità della gestione per la realizzazione
delle condizioni di efficacia aziendale è intuitivo il collegamento fra corporate governance e sviluppo responsabile della gestione. In caso contrario si
possono manifestare affermazioni di comportamento responsabile che in realtà non trovano riscontro nei comportamenti gestionali.
L’attività di corporate govenance si concretizza, fra l’altro, nella verifica
della correttezza delle procedure predisposte e delle relazioni di causaeffetto fra il soddisfacimento delle attese, gli obiettivi strategici ed operativi,
i risultati conseguiti. Di conseguenza, risulta essenziale la predisposizione di
procedure di controllo con caratteri tali da consentire la costante realizzazione di un valido supporto per una governance efficace14.
Nel contesto delineato l’introduzione di efficaci sistemi di controllo della gestione rappresenta, unfatti, uno strumento per il trasferimento delle responsabilità aziendali nei processi decisionali e nell’attività gestionale, in
modo da ottimizzare le potenzialità di successo in rapporto ai mutevoli fenomeni interni ed esterni.
L’azione di controllo15 tende a coinvolgere, direttamente o indirettamente, tutta l’organizzazione nell’ambito di logiche improntate al miglioramento
continuo e all’apprendimento.
13
Cfr D.M. Salvioni (a cura di), Corporate governance, controllo di gestione e risorse
immateriali, Franco Angeli, Milano, 2004, p. 23 e ss.
14
Le forme di controllo attuabili in questo senso possono essere svolte da soggetti diversi, seppur sinergicamente utili per l’efficacia di impresa. In particolare si richiamano
forme di controllo svolte da: organismi di governo (come il collegio sindacale); preposti
interni (intenal auditor, controller della gestione); unità esterne indipendenti (revisori esterni). Nel proseguo del lavoro ci si riferirà, tuttavia, soltanto al controllo della gestione.
15
Si assume un concetto di controllo interno a supporto della qualità della corporate governance, in relazione all’effettivo raggiungimento delle finalità e delle condizioni base di
7
Francesca Gennari
La strumentalità del controllo di gestione per la realizzazione degli indirizzi di governo (e dunque per la soddisfazione delle attese degli stakeholder
secondo equità e convenienza) è un fenomeno noto e sottolineato dagli studiosi di materie economico aziendali anche in un passato non troppo recente16. In particolare, gli studi più evoluti sul controllo hanno spesso sottolineato – implicitamente o esplicitamente – i collegamenti fra governo aziendale
e controllo della gestione, rimarcando il ruolo di supporto del controllo, osservato nella dimensione strategica ed operativa, per l’efficace realizzazione
delle decisioni di vertice.
Solo recentemente, però – a fronte del manifestarsi di fenomeni di globalizzazione dei mercati, di eccesso di offerta, di progressiva crescita della
complessità aziendale, di crescente importanza delle capacità innovative e di
gestione del consenso – si è affermata la necessità di miglioramento delle
relazioni azienda-ambiente e con essa: da una parte l’esigenza di una governance più responsabile; dall’altra parte l’opportunità di un costante adeguamento dei sistemi di controllo della gestione, per garantire la coerenza fra
trasparenza. In particolare, i sistemi di controllo interno sono sistemi predisposti per: garantire l’intermediazione fra attese degli stakeholder e comportamenti gestionali; garantire la
conformità alle norme e ai regolamenti interni; la completezza e la trasparenza delle comunicazioni provenienti dal management e di quelle dirette verso l’esterno. In questo ambito il
controllo di gestione è destinato alla corretta attuazione dei processi di governo. Cfr D.M.
Salvioni, Corporate governance e responsabilità d’impresa, cit. e D.M. Salvioni (a cura
di), Corporate governance, controllo di gestione e risorse immateriali, cit.
16
“Il controllo direzionale è il processo mediante il quale i dirigenti si assicurano che
le risorse siano ottenute ed usate efficacemente ed efficientemente per il raggiungimento
degli obiettivi dell’organizzazione”. R.N. Anthony, planning and control systems, Harvard
College, 1965. “[Il controllo ha anche la finalità di]orientamento in modo preventivo, concomitante e susseguente dei processi amministrativi dell’organizzazione e della gestione”.
Aldo Amaduzzi, L’azienda nel suo insieme e nell’ordine delle sue rilevazioni, Utet, Torino,
1968. “Il controllo di gestione consiste in una funzione d intermediazione, di coordinamento e di supporto decisionale, volta ad assicurare l’efficace ed efficiente ottenimento ed impiego delle risorse per il raggiungimento degli obiettivi economici prestabiliti”.D.M. Salvioni, Il controllo finanziario della gestione, Giuffrè, Milano, 1983. “Si tratta […] di un
supporto e di un insostituibile strumento di guida del quale il manager si serve nello svolgimento dell’attività decisionale”. M. Bergamin Barbato, Programmazione e controllo in
un’ottica strategica, Utet, Torino, 1991. “Il controllo della gestione può definirsi come un
insieme di operazioni, variamente strutturate e fondate su porcessi di comunicazione, di
rilevazione e di misurazione, specificamente dirette ad agevolare la coerente e sintonica
attuazione delle finalità economiche istituzionali”. D.M. Salvioni, Il sistema di controllo
della gestione, Giappichelli, Torino, 1997. Si veda anche Antonio Amaduzzi, Il controllo
integrato del sistema aziendale, budget integrato e sistemi di pianificazione, Cacucci, Bari,
1970; G. Brunetti, Il controllo di gestione in condizioni ambientali perturbate, F. Angeli,
Milano, 1979; M. Saita, Il controllo di gestione, Giuffrè, Milano, 1979; F. Amigoni (cura
di), Misurazioni d’azienda, Programmazione e controllo, Giuffrè, Milano, 1988.
8
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
scelte di governo, comportamenti organizzativi e risultati effettivi nella mutevolezza dello scenario competitivo.
Quanto affermato rimarca l’importanza del controllo della gestione non
solo come strumento di supporto per l’ottenimento di risultati coerenti con
le attese degli stakeholder, ma anche come elemento atto a rafforzare la cultura aziendale, a generare apprendimento e a fornire elementi valutativi su
minacce ed opportunità esistenti.
Specificamente, l’evoluzione nell’ambiente e nelle modalità di ottenimento
di consenso hanno determinato:
-
-
una profonda modificazione del ruolo delle diverse classi di stakeholder, enfatizzando come la soddisfazione di ciascun gruppo passi
attraverso l’equo contemperamento di tutti gli interessi e lo sviluppo
di un’attenzione particolare per i processi di comunicazione;
una progressiva trasformazione nei fattori critici di successo con una
crescita di attenzione per le risorse immateriali.
Per quanto riguarda il rinnovato ruolo del controllo della gestione per
l’efficacia aziendale una dimensione significativa è rappresentata dal passaggio da situazioni di eccesso della domanda a stati di equilibrio fra domanda ed offerta, alle recenti situazioni di generalizzato eccesso di offerta.
Quando le imprese non incontravano particolari difficoltà nel collocare i
propri prodotti sul mercato (purché in grado di soddisfare i bisogni esistenti), i sistemi di controllo tendevano a focalizzare l’attenzione in via prioritaria sui fenomeni di efficienza operativa, dati i vincoli posti dalle scelte di
governo ed i fattori di dinamismo esterno. In questo contesto i fattori critici
di successo erano primariamente riconducibili al contenimento dei costi di
trasformazione fisico-tecnica ed all’ottimizzazione delle performance commerciali nell’ambito delle scelte operate dai vertici aziendali.
Il passaggio da situazioni di eccesso di domanda a situazioni di eccesso
di offerta, invece, ha indotto ad una attenzione crescente verso la capacità di
innovare, di anticipare i cambiamenti nelle attese della domanda, di creare
elementi distintivi e di qualificazione della propria offerta. Di conseguenza,
si è determinata la necessità di attuare una più stretta integrazione fra governance e controllo. Inoltre, nei sistemi di controllo si è manifestata l’esigenza
di un opportuno bilanciamento fra dimensioni di efficacia e di efficienza e
fra le componenti materiali (fattori produttivi, prodotti, attività, eccetera) e
le componenti immateriali di successo. Si assiste così alla comparsa, accanto ai tradizionali indicatori economico-finanziari, di altri indici destinati a
monitorare variabili rilevanti di carattere qualitativo e quantitativo non monetario espressione dell’ottimizzazione del successo economico, competitivo e sociale.
9
Francesca Gennari
Inoltre, la crescente importanza attribuita all’etica ed alla trasparenza
tende a rimarcare il ruolo del controllo a garanzia del corretto trasferimento
degli orientamenti di govenance all’organizzazione, in stretta integrazione
con i sistemi di pianificazione, di ricompensa, di carriera e degli incentivi, di
diffusione della cultura etica, di comunicazione.
Infatti, nell’ultimo ventennio è cambiato il modo di concepire i presupposti di successo duraturo delle imprese. Al riguardo, è possibile osservare alcuni fenomeni diffusi, tra cui:
-
-
-
la rilevanza della conoscenza nell’ambito dell’apprezzamento delle attese, dell’impostazione dei processi decisionali – sia di governance che di gestione – del coordinamento fra decisioni ed azioni, della realizzazione di positive relazioni con tutti gli stakeholder;
la crescente importanza della dimensione competitiva, con frequente enfatizzazione della capacità di anticipare i cambiamenti
delle preferenze dei consumatori e di creare stabili elementi distintivi dell’offerta;
la considerazione dei valori e degli atteggiamenti condivisi per
agevolare la coerenza fra scelte effettuate, attività realizzative, risultati ed attese.
La variazione nei presupposti di successo duraturo delle imprese sottolinea un cambiamento sostanziale nei fattori critici di successo prevalenti, con
un chiaro passaggio da una netta dominanza delle componenti materiali ad
una situazione in cui assume importanza anche la valorizzazione dei fattori
immateriali. In tal senso, nelle imprese ben gestite, accanto alle tradizionali
risorse materiali di impresa, sono andati assumendo rilevanza i cosiddetti intangibile assets, ossia fattori immateriali diretti ad agevolare la creazione di
valore per le varie categorie di stakeholder, anche se spesso non suscettibili
di rappresentazione diretta nelle tradizionali misurazioni economicofinanziarie17.
In particolare, esistono alcune risorse immateriali di impresa che – sebbene con caratteristiche e importanza differenti in funzione degli specifici
contesti aziendali ed ambientali – sono andate sempre più qualificandosi
come fattori critici di successo dominanti. Tra queste un ruolo significativo,
con riguardo alla capacità di creare specifici elementi distintivi nell’ambito
17
Le principali caratteristiche degli intangibili di offerta si riconducono a:
- formazione interna all’impresa;
- influenza reciproca con altre risorse immateriali;
- elevata volatilità;
- mancanza di rappresentazione diretta nel sistema di misurazione economica di impre-
sa.
10
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
delle relazioni azienda-ambiente, può essere attribuito al patrimonio di marca.
La brand equity, nella sua accezione più tradizionale, può costituire un
fattore critico di successo18 laddove i consumatori attuali e potenziali, percependo i comportamenti socialmente responsabili dell’impresa come un
valore, sono disposti a pagare un premium price o ad aumentare la propria
fedeltà di acquisto.
L’evoluzione del contesto competitivo ha inoltre indotto un allargamento
del ruolo della brand, che evolve da elemento qualificativo in ambiti specifici ad elemento di differenziazione in tutti i mercati in cui l’azienda si trova
ad operare. Infatti, accanto al tradizionale concetto di brand, riferito
all’offerta che l’impresa propone sui mercati di consumo (marca-prodotto),
si è andato affermando un concetto di marca-impresa atto a qualificare
l’azienda in senso ampio nella generalità delle proprie negoziazioni (ad esempio nei mercati monetari, finanziari, del lavoro, eccetera) e
nell’ambiente interno alla stessa.
La brand equity si qualifica, dunque, come fattore critico di successo in
un contesto molto più ampio di quello tradizionalmente legato alla qualificazione del prodotto sui mercati tipici, costituendo uno degli elementi di
qualificazione delle modalità di assunzione delle responsabilità di impresa.
Ad evidenza, il patrimonio di marca è una risorsa immateriale a validità
variabile in relazione al contesto di riferimento, il cui corretto accrescimento
può, non di rado, assumere valenze significative nelle moderne realtà aziendali operanti in un ambiente caratterizzato da un ampio confronto competitivo per effetto della caduta delle barriere di spazio e di fenomeni di eccesso di offerta nei mercati tipici e di eccesso di domanda, accompagnata
dalla necessità di equa razionalizzazione dei comportamenti, nei mercati finanziario-monetari.
3. Il governo del patrimonio di marca
Il concetto di marca, negli studi di economia aziendale tende ad essere inteso, per lo più, con riferimento al prodotto ed alla qualificazione
dell’offerta di prodotti/servizi di impresa nei mercati tipici.
18
“In effetti, mai come oggi i valori etici hanno assunto un’importanza critica. E questo,
a parer nostro, soprattutto perché l’intensità delle pressioni concorrenziali richiede alle imprese livelli di consenso e capacità di mobilitazione delle energie e delle risorse difficilmente realizzabili in assenza di un orientamento strategico saldamente fondato su tali valori” V.
Coda, L’orientamento strategico dell’impresa, Utet, Torino, 1988, p.269.
11
Francesca Gennari
In realtà la marca19, quando riferita all’intero complesso aziendale, è una
risorsa intangibile che assume un ruolo di qualificazione in tutte le relazioni
interaziendali. L’affermarsi di una marca-impresa in grado di veicolare le
valenze direttamente derivanti dall’insieme delle scelte aziendali garantisce,
infatti, l’ottenimento di consensi da parte di soggetti non direttamente coinvolti nella relazione marca-prodotto, quali i dipendenti, gli azionisti e gli investitori istituzionali. Poiché sul mercato finale si verifica la validità delle
politiche operate sulla marca, la brand-impresa trova un momento di consolidamento o, viceversa, di indebolimento delle relazioni istituite con le categorie di stakeholder attraverso il proprio sistema di offerta in cui il prodotto
assume, comunque, un ruolo predominante.
Il patrimonio di marca viene, così, a definirsi quale fattore critico di
successo con valenze dominanti non solo competitive.
La tendenza ad un graduale abbandono di un modello gestionale product
based a favore di una cultura caratterizzata da un forte orientamento al mercato comporta necessariamente una revisione dei rapporti con gli stakeholder e dei processi di governo interno. In questo contesto risultano avvantaggiate le imprese dotate di efficaci sistemi di controllo della gestione con
ampia focalizzazione sulle risorse immateriali20.
Il patrimonio di marca (brand equity21) – diversamente da altre risorse
immateriali d’impresa, quali la cultura ed il sistema informativo22 – si quali19
Con il termine marchio, e impropriamente con quello di marca, ci si riferisce ad un
nome, un termine, un simbolo, o un disegno, o una combinazione di questi, che mira ad identificare i beni o i servizi di un venditore o di un gruppo di venditori e a differenziarli da
quelli dei concorrenti. In economie caratterizzate da un’elevata pressione concorrenziale e
dalla predominanza dei caratteri intangibili di offerta, invece, la marca tende ad esprimere,
dal lato dell’offerta, un sistema di responsabilità nei confronti di un pubblico di riferimento
e, dal lato della domanda, un complesso di attese, qualificandosi come una specifica relazione istituita con un dato mercato per l’affermazione di una particolare offerta. Cfr. S.M
Brondoni., “Patrimonio di marca e gestione d’impresa”, Symphonya. Emerging Issues in
Management, n.1, 2000.
20
Si può affermare che la marca, in economie di scarsità in cui prevalgono le componenti materiali di prodotto e le esigenze della clientela sono elementari, svolge una funzione
prevalentemente segnaletica e distintiva nei confronti delle offerte concorrenti. Nelle economie con eccesso di offerta il patrimonio di marca si qualifica come una risorsa autonoma
nell’ambito del processo di creazione del valore aziendale ed integrata, nei processi di governo, con le altre componenti il sistema delle risorse immateriali di offerta.
21
Specificamente la brand equity è definibile come lo stato, in un dato momento t, della
specifica relazione consolidata da una definita offerta con un mercato di riferimento. Il valore della marca è così inteso come capacità di generare risorse e valore aziendale e non necessita di criteri di misurazione quantitativo-monetari per effetto delle interrelazioni istituite
con le altre risorse immateriali. Al contrario, la valorizzazione della marca in ipotesi di
cessione (brand value) della stessa o del suo valore (ad esempio nei rapporti di licensing o
franchising) si basa, di norma, sulla considerazione di fenomeni esterni all’azienda (forza
contrattuale o motivazioni di acquisto/vendita delle parti interessate) o su accadimenti a-
12
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
fica come fattore critico di successo solo in conseguenza di una precisa volontà di renderlo tale23. In effetti, l’affermazione della marca trova determinanti prime nella volontà di differenziazione della propria proposta progettuale, al fine di ottenere un vantaggio competitivo durevole e non imitabile.
La marca si correla a condizioni di successo tipicamente esterne, riconducibili al posizionamento strategico24, ma assume anche caratteristiche di
criticità interna per effetto delle interrelazioni che istituisce con le altre risorse immateriali e del senso di appartenenza che può ingenerare a livello
intraorganizzativo.
La corretta individuazione dei fattori critici di successo agevola il collegamento e l’integrazione tra i momenti strategici ed i momenti operativi, attraverso la definizione dei principali parametri obiettivo. Questi ultimi rappresentano uno strumento fondamentale di orientamento comportamentale
nel rispetto dell’esigenza di perseguimento delle condizioni di economicità e
di creazione di valore.
Con specifico riferimento al patrimonio di marca, l’individuazione dei
parametri obiettivo presenta talvolta elevate difficoltà, derivanti primariamente dall’impossibilità di istituire una relazione fra risorse investite e risultati ottenuti per effetto di:
ziendali ritenuti significativi ai fini della negoziazione (ad esempio investimenti pubblicitari
passati). Tale quantificazione monetaria, in realtà, non presenta alcuna utilità per misurare
lo stato di competitività di una marca, ovvero per fornire indicazioni di continuità di valore
al management aziendale o a terze parti interessate, rispondendo a necessità di ordine contabile o negoziale.
22
Tali risorse costituiscono elementi rilevanti per una consapevole ed efficace attività
di governo in tutti i contesti operativi.
23
In particolare la marca non rappresenta un elemento di criticità per l’impresa nelle seguenti ipotesi:
- particolari settori merceologici nei quali, per le caratteristiche dei beni negoziati,
l’impresa non può apportare con la marca alcun valore aggiuntivo al prodotto stesso (ad esempio materie prime quali metalli o cereali) abbinati a forme di concentrazione del capitale di rischio e di una stretta dipendenza dell’ottenimento delle risorse finanziarie e umane
dalla capacità di remunerazione delle stesse;
- la produzione di beni industriali in cui la domanda ed il conseguente processo di acquisto si qualificano in relazione a caratteristiche intrinseche nel bene a causa della complessità del concetto di prodotto e della forte interdipendenza sussistente fra il produttore ed
i clienti;
- strategie gestionali basate esclusivamente sull’efficienza di prezzo. In questo caso, infatti, i prodotti presentano il marchio specifico dell’azienda produttrice ma non è interesse
di quest’ultima istituire una relazione con la domanda finale fondata su specifiche valenze
insite nella marca (ad esempio beni venduti presso i discount).
24
Sul concetto di posizionamento si vedano, fra gli altri, G. Corigliano, Marketing.
Strategie e tecniche, Etas, Milano, 1999 e J.J. Lambin, Marketing strategico ed operativo,
McGraw-Hill, Milano, 2000.
13
Francesca Gennari
-
azioni degli altri operatori finalizzate a determinare uno spostamento, anche solo temporaneo, delle preferenze;
presenza di fattori di disturbo esterni non previsti;
elevata soggettività o impossibilità di misurazione quantitativa di
elementi quali l’immagine aziendale e la capacità di ottenere una
relazione fiduciaria con i pubblici di riferimento;
assenza di un sistema informativo in grado di isolare le relazioni
fra risorse e risultati.
La corretta individuazione degli indicatori richiede, pertanto, che gli
stessi siano caratterizzati da:
-
validità, ossia evidenza del nesso di causalità fra l’indicatore utilizzato ed il parametro oggetto di misurazione;
convergenza, intesa come coerenza fra i risultati dell’utilizzo di diversi indicatori nella misurazione di uno stesso fenomeno;
capacità di discriminazione della specifica attività da effetti di attività concomitanti;
semplicità tecnica e convenienza in termini di costo della misurazione;
disponibilità/tempestività dei dati necessari.
Quanto affermato evidenzia la necessità di utilizzo di parametri esprimibili in termini quantitativi – seppure interpretati anche alla luce di elementi
squisitamente qualitativi - in quanto:
- rilevanti nella traduzione degli indirizzi di governo in orientamenti gestionali e non suscettibili di equivoci interpretativi nell’ambito del processo di pianificazione, programmazione e controllo;
- associabili con chiarezza a specifiche responsabilità;
- sintetici e monitorabili secondo condizioni di efficienza;
- confrontabili nel tempo con riguardo alla stessa impresa ed in relazione ai
concorrenti.
La considerazione del concetto di responsabilità sociale impone, da parte
dell’impresa, un’attenta considerazione dei nessi di causalità fra le risorse
investite ed i risultati perseguiti nell’ottica della perdurante sopravvivenza
aziendale; ciò a significare che il rispetto di valori etici deve contemplarsi,
ovviamente, nell’ambito del concetto di economicità.
Dal momento che il significato di performance sociale coinvolge aspetti
complessi e multidimensionali, una questione decisiva da affrontare è la
scelta di cosa misurare25: poiché tutto ciò che un’impresa fa ha inevitabil25
Si parla di auditing, oltre che per indicare un processo esterno di revisione volto a verificare la conformità ai principi dichiarati, anche per indicare un’attività interna di sistema-
14
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
mente un impatto, più o meno immediato, sull’ambiente circostante, la difficoltà risiede nello scegliere i parametri ritenuti più significativi ai fini di un
giudizio specifico. Nel caso in questione ci si chiede se un’azienda, attraverso la marca (qualificabile come marca-prodotto o marca-impresa) sia in grado di trasmettere aspetti sociali della propria attività, i quali verranno così
misurati indirettamente attraverso la valutazione della brand equity.
Per una corretta comprensione del fenomeno sociale è, pertanto, imprescindibile l’attenta considerazione dei principi e dei valori guida (esplicitati
o meno) che costituiscono la forza ispiratrice dei comportamenti aziendali
(rintracciabili, ad esempio, nei contenuti della mission o nell’adesione a codici di condotta settoriale). La comprensione dei principi sulla base dei quali
l’azienda attribuisce valore ai vari aspetti della socialità ha, infatti, rilevanti
implicazioni pratiche nelle scelte perfezionate ed individua l’orientamento
che ci si può attendere dal sistema in futuro.
Infine, un corretto giudizio sulla performance sociale implica la considerazione dell’atteggiamento del principale soggetto giudicante l’attività di
impresa, gli stakeholder, cosicché può sempre manifestarsi l’eventualità di
un gap fra i risultati che l’impresa pensa di perseguire e la relativa percezione.
Le precedenti considerazioni mirano ad evidenziare la necessità di adozione di diversi livelli di parametrizzazione delle variabili di controllo del
patrimonio di marca, in relazione alle esigenze di opportuna integrazione tra
componenti qualitative e quantitative di analisi delle performance. Nel proseguo si riporta pertanto una sintetica rappresentazione dei parametri di valutazione del patrimonio di marca di primo livello (espressi precipuamente
in termini qualitativi) e di secondo livello (atti ad esprimere idonee misure
quantitative di valutazione), distinguendo fra parametri riferiti prevalentemente all’ambiente interno e al contesto esterno all’azienda.
tica e periodica misurazione e valutazione delle performance sociali attraverso la verifica
dell’impatto sociale delle relative attività, della coerenza con gli altri obiettivi aziendali e
dell’adeguatezza delle risorse destinate. Tale tema è rimasto a lungo sopito sostanzialmente
per la difficoltà a: sviluppare indici di misurazione oggettivi; inglobare misure di risultato
(capaci di esprimere la responsabilità sociale di impresa) con misure di processo (esprimenti la capacità dell’impresa di anticipare e rispondere alle istanze sociali); poca affidabilità
riconosciuta dagli stakeholder alla misurazione interna della performance sociale.
Negli ultimi anni, tuttavia, si è assistito ad un maggior impegno nell’apprestare misure
di performance sociale, sia per soddisfare bisogni conoscitivi interni, sia per rispondere ad
esigenze esterne anche se, pur nella molteplicità delle proposte, manca ancora uno standard
di riferimento unanimemente accettato.
15
Francesca Gennari
Tabella 1. Parametri di valutazione del patrimonio di marca
Determinanti
I livello
II livello
Relazioni con i dipendenti
Permeabilità sociale
Sintonia interna
Coerenza comunicazione implicita/esplicita
Pari opportunità
Condivisione dei valori
…
Ambiente interno
Qualità dei processi produttivi Grado di innovatività
Coerenza prezzo/qualità
Sicurezza del prodotto
Riciclabilità dei materiali
…
…
…
Conoscenza di marca
Conoscenza spontanea/aiutata
Percezioni positive/negative
Numero accessi al sito web
…
Soddisfazione domanda finale Vendite/quota di mercato
Reclami dei consumatori
…
Soddisfazione domanda
Incidenza resi/lamentele
intermedia
Metri lineari a scaffale
…
Fiducia finanziatori a titolo di
Financial rating
rischio
Andamento quotazione
Frequenza, trasparenza e qualità delle informazioni
Portafoglio in investimenti etici
Ripartizione valore aggiunto
…
Ambiente esterno
Fiducia finanziatori a titolo di
Equilibrio monetario/finanziario
credito
Andamento quotazione
Ripartizione valore aggiunto
…
Concorrenti
No abuso di posizione dominante
Correttezza delle politiche concorrenziali
…
Relazioni sociali
Riconoscimento interventi nel sociale
Somme in valore assoluto ed in %
sui ricavi allocate a donazioni e
sponsorship
Coerenza comunicazione sociale/economica
…
…
….
16
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
3.1 Determinanti dell’ambiente interno
La capacità del patrimonio di marca di qualificarsi come fattore di aggregazione nelle relazioni con i dipendenti, anche con riguardo ai principi di responsabilità sociale, può essere utilmente verificata dall’analisi del grado di:
permeabilità sociale; sintonia interna; coerenza della comunicazione implicita ed esplicita; assenza di discriminazioni fra i dipendenti; grado di condivisione dei valori.
La marca impresa, simbolo del passato storico dell’azienda e dei valori
guida dell’attività strategica e gestionale, si qualifica come un elemento aggregante e rafforzativo della cultura interna in grado di partecipare alla creazione di un senso di appartenenza dei dipendenti, con conseguenze positive
sull’interiorizzazione degli obiettivi aziendali e sul coinvolgimento nel perseguimento dei risultati. Si ritiene che i parametri atti a quantificare, quando
possibile, la qualità delle relazioni fra impresa e dipendenti, possano precipuamente ricondursi a:
- tasso di turnover; percentuale di assenteismo e di permanenza media in
azienda;
- azioni/quote della società detenute dai dipendenti;
- numero di incontri di coordinamento atti a rilevare tempestivamente eventuali cause di disagio al fine di evitare fenomeni di disaggregazione e
di conflittualità interna;
- prestiti ai dipendenti;
- benefits;
- corsi di formazione e sviluppo (ore);
- frequenza dei licenziamenti;
- imparzialità/discriminazione nelle assunzioni;
- grado di sicurezza sul lavoro (numero incidenti sul lavoro; cause legali in
corso; eccetera);
- grado di coinvolgimento dei dipendenti nei processi di decision making;
- presenza di strutture quali mense, asili nido per figli dei dipendenti, eccetera;
- offerta di piani previdenziali integrativi.
Le strategie sociali rivolte, direttamente o indirettamente, ai dipendenti si
basano sul presupposto che le azioni di responsabilità sociale comportino un
irrobustimento della legittimazione interna e, quindi, la possibilità di creare
condizioni di impiego migliori che si traducano, successivamente, in vantaggi economici.
La coerenza fra la comunicazione implicita e quella esplicita è considerata un parametro significativo di verifica del ruolo della marca nell’ambito
delle relazioni con i dipendenti, in quanto espressiva della capacità
17
Francesca Gennari
dell’azienda di creare un’immagine coerente sia nell’ambiente interno che
nell’ambiente esterno.
La comunicazione implicita, infatti, è sostanzialmente riconducibile alla
qualità dell’ambiente interno ed ai comportamenti; si sviluppa non di rado in
modo autonomo fra i dipendenti e può essere un fattore determinante o destabilizzante della cultura esistente. La comunicazione esplicita è invece
veicolata volontariamente dagli organi – solitamente nell’ambito di modelli
integrati di diffusione delle informazioni – sia all’interno che all’esterno e
contribuisce alla diffusione di un’immagine che deve trovare un momento di
verifica nell’ambito dei comportamenti adottati dall’intera organizzazione.
In questo senso si considera significativa l’analisi di:
- la tempestività nella risoluzione dei problemi dei dipendenti;
- la tempestività/qualità dei flussi informativi veicolati sia internamente
che esternamente, espressivi dell’esistenza di un coerente modello di interazione con i pubblici interni ed esterni.
- la rispondenza alle attese conoscitivo/valutative.
La marca si qualifica come una caratteristica determinante nelle scelte di
carattere produttivo quando le valenze in essa insite sono rappresentative
della capacità dell’azienda di rispondere alle attese della domanda in termini
di soddisfazione dei bisogni e di rispetto della sicurezza e dell’ambiente.
Quanto affermato è tanto più vero nelle situazioni in cui la marca coincide
con le caratteristiche merceologiche del bene prodotto, portando con sé connotazioni tali da qualificarsi come l’elemento discriminante nella scelta di
acquisto. In questo contesto la qualità dei processi produttivi, la relativa coerenza fra il valore insito nel bene e il prezzo di vendita e, conseguentemente,
la qualificazione dell’immagine aziendale possono essere verificate attraverso l’analisi di:
- il grado di innovatività del processo finalizzato alla produzione di beni
rispondenti alle attese della domanda e, allo stesso tempo, rispettanti le
condizioni di massima efficienza;
- il numero di ore investite nell’attività di Ricerca e Sviluppo sui beni e sui
processi;
- il numero di interventi operati sul prodotto al fine di qualificare la sua
immagine (restyling, modifiche del packaging, eccetera);
- il numero di modifiche del prezzo, in un determinato intervallo temporale, non conseguenti ad azioni dei concorrenti;
- il rispetto delle norme di sicurezza di fabbricazione del prodotto;
- l’utilizzo di materiali riciclati o riciclabili e di processi produttivi rispettosi dell’ambiente;
18
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
- imposizione ai fornitori di codici di condotta etica (non sfruttamento lavoro minorile, non inquinamento ambientale, eccetera).
3.2 Determinanti dell’ambiente esterno
Il parametro più completo di valutazione della brand equity
nell’ambiente esterno è rappresentato dall’analisi delle associazioni presenti
nel concetto di conoscenza di marca26: la notorietà (carattere misurabile in
termini quantitativi) e l’immagine (carattere misurabile in termini qualitativi). Il parametro in oggetto si compone, pertanto, di un elemento determinabile solo qualitativamente ed un elemento determinabile quantitativamente.
In considerazione del fatto che la conoscenza di marca è caratterizzabile solo attraverso entrambe le citate qualificazioni si è optato per la collocazione
della stessa fra i parametri di orientamento strategico non scindendo, almeno
ad un primo livello, i diversi elementi rilevanti.
L’analisi di tali dimensioni permette all’impresa la verifica
dell’affermazione e della sedimentazione presso i pubblici di riferimento
delle valenze insite nel sistema di offerta, qualificandosi come utile strumento di interpretazione del posizionamento competitivo dell’impresa27.
L’analisi della notorietà della marca28 rappresenta per l’azienda un momento significativo poiché, attraverso la stessa, si mette in evidenza il nesso
esistente fra la marca e l’offerta con riguardo ad un range di preferenze
coinvolgente anche i concorrenti. Un elevato tasso di notorietà costituisce
per l’impresa un importante patrimonio, la cui costruzione ed il cui mante15.
S.M Brondoni., Pubblicità collettiva, notorietà di prodotto e immagine di marca,
Giuffrè, Milano, 1987.
27
Da un’indagine condotta dagli organismi aderenti al network Lavoro Etico nel periodo settembre 2002-gennaio 2003 su un campione di 350 imprese è emerso che le motivazioni che spingono le imprese ad adottare comportamenti socialmente responsabili sono le
seguenti:
Migliore immagine sui mercati
89%
Tutela del marchio
67%
Conoscere i comportamenti sociali dei
67%
fornitori su tutta la filiera
Maggiore probabilità di attivare rapporti di
66%
lavoro stabili con le migliori professionalità
Miglioramenti dei rapporti tra proprietà e
65%
rappresentanti dei lavoratori
Maggior valore della produzione derivante
63%
dal suo “livello etico”
Richiesta del mercato
43%
Si veda www.ciseonweb.it/etica
28
La notorietà esprime, in sintesi, il grado di consapevolezza dei pubblici con riguardo
ad una particolare marca.
19
Francesca Gennari
nimento esigono una regolare politica di investimenti. La notorietà acquisita
garantisce, quindi, una maggiore efficacia dei messaggi veicolati ed una minore dispersione delle risorse (con il conseguente perseguimento di condizioni di massima efficienza)29.
L’immagine di marca esprime le associazioni abbinate all’offerta aziendale da parte di gruppi omogenei di fruitori della stessa evidenziando, attraverso le percezioni positive o negative, la sua componente valutativa.
La considerazione congiunta di notorietà e di immagine (attraverso parametri quali la capacità di identificazione spontanea o guidata della marca e
le percezioni alla stessa abbinate) permette di esprimere la conoscenza di
marca, la cui stima valuta le potenzialità del patrimonio di marca
dell’impresa interessata dall’analisi ad agevolare la formazione di relazioni
positive nei mercati in cui si realizzano negoziazioni.
La sempre maggiore potenzialità dei media elettronici induce, inoltre,
quale parametro atto ad esprimere il grado di conoscenza raggiunto da una
determinata marca, la considerazione del numero di accessi al sito web
dell’azienda e del tempo medio di collegamento. Tali parametri possono essere in grado di esprimere la notorietà di marca, ma non forniscono informazioni utili per effettuare considerazioni sulla relativa immagine.
A livello di successo competitivo, la soddisfazione dei consumatori è uno
dei principali obiettivi di interesse di un’impresa orientata al mercato. La fiducia insita nella marca, infatti, si sviluppa in funzione della capacità
dell’azienda di confermare nel tempo le aspettative maturate dalla domanda
con riferimento alle performance offerte e percepite. Il miglioramento della
capacità di appagare le attese della clientela finale diventa, così, uno dei migliori indicatori degli incrementi di fiducia ed il principale mezzo tramite il
quale raggiungere e consolidare la stabilità competitiva nel lungo periodo.
Alla citata dimensione competitiva si collega il successo economico e sociale, riconducibili all’impiego dell’identificativo di marca per migliorare le
modalità di assunzione delle responsabilità di impresa. In tale ambito, assume rilievo il concetto di responsabilità di prodotto, associato alla capacità di
29
“[…] I dati di febbraio dicono però che, per la prima volta dalla “notte dei tempi”,
la Panda esce dalla graduatoria delle top ten d’Italia. […] Ma forse non sono estranei a
questo repentino disamoramento l’inevitabile invecchiamento dell’essenziale Panda e la
presentazione anticipata della sua erede, quella Gingo svelata a Ginevra che sarà disponibile però non prima di settembre. Quando, cioè, la Panda, è stato confermato, abbandonerà le catene di montaggio con una serie speciale di dimensioni e caratteristiche ancora da
definire. Peccato, perché sparisce non solo un modello (inevitabile tributo alla legge del
tempo) ma anche un nome che per fiat rappresenta un indiscutibile patrimonio e quindi sarebbe stato forse più opportuno mantenere, come insegnano le fortunate esperienze estere
(Golf, alla quarta serie, è un caso da manuale). Gingo, nome inedito, deve invece costruirsi
la sua storia da zero. E non sarà impresa da poco”. G. Bottino, Il Sole 24 Ore, 06/06/03.
20
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
offrire un bene/servizio che risponda non solo a bisogni particolari (correlati, cioè, alle caratteristiche fisiche ed immateriali del prodotto) ma anche a
bisogni generali di quella parte di collettività che può non essere coinvolta
nel consumo dello stesso (tutela dell’ambiente; mancato utilizzo del lavoro
minorile; tutela della salute pubblica; rispetto dell’ambiente di lavoro; eccetera).
L’accrescimento della customer satisfaction, pertanto, deve guardare
all’intera catena di creazione del valore nell’osservanza dei principi guida
che l’azienda, esplicitamente o implicitamente, adotta nello svolgimento
della propria attività e nel rapporto con gli stakeholder.
I principali e più immediati parametri di verifica della soddisfazione della
domanda finale nei confronti di una determinata offerta ed in grado di influenzare l’andamento del valore della marca possono ricondursi a:
- vendite e quota di mercato caratterizzati da semplicità di calcolo ed estrema sinteticità nei confronti spazio/temporali, ma prevalentemente orientati al breve e medio periodo30;
- frequenza dei reclami dei consumatori (tramite intermediari commerciali
o direttamente all’azienda)
- frequenza di riacquisto di un determinato bene, anche in relazione alle
sue pecularità.
In relazione alle sinergie tra strategie sociali, performance competitive ed
economiche è interessante verificare la presenza di eventuali vantaggi derivanti all’impresa sui mercati finali a seguito di comportamenti socialmente
responsabili. Si tratta, cioè, di valutare se e a quali condizioni l’effettivo
comportamento del consumatore/acquirente sia influenzato anche da considerazioni più generali di efficacia dell’interazione con le diverse classi di
stakeholder.
30
Una semplice analisi dell’evoluzione delle vendite, inoltre, non è sufficiente per valutare con correttezza la performance reale di una marca, poiché essa non fa generalmente
riferimento al grado di concorrenza presente sul mercato. Così, un aumento delle vendite
può essere dovuto ad un miglioramento generale del mercato senza avere alcun rapporto
causale diretto con azioni sulla marca; in alcuni casi, addirittura, un tale aumento può celare
un deterioramento relativo della posizione dell’azienda (aumento meno che proporzionale
delle vendite di quest’ultima rispetto ai concorrenti). Per questi motivi l’analisi delle vendite deve essere completata da un’analisi delle quote di mercato riferita a ciascun segmento di
operatività considerando, però, che: quando nuove marche sono introdotte sul mercato la
quota detenuta da ciascun concorrente diminuisce, senza tuttavia che sussista una cattiva
performance generalizzata; le quote possono fluttuare per effetto di cause accidentali o eccezionali (come ad esempio una grossa commessa); una caduta della quota di mercato può
essere provocata deliberatamente dall’impresa che decide di abbandonare una rete di distribuzione o un segmento di mercato.
21
Francesca Gennari
L’espressa adozione dei principi di responsabilità, con particolare riferimento alla dimensione sociale, può avere un effetto sulla fidelizzazione del
cliente finale sia quando essa è rivolta direttamente allo stesso, sia quando
essa è rivolta ad altri operatori della catena di produzione/distribuzione. In
quest’ultimo caso si possono manifestare, ad esempio, le seguenti situazioni:
l’impresa crea attributi del prodotto che possono essere, in ultima analisi,
adeguatamente valorizzati dal consumatore finale (come acquisto di cellulosa da fornitori in grado di certificarne la provenienza da zone non protette e
di rimboschimento o acquisto di cereali per la produzione di pasta da fornitori che garantiscano la non modificabilità genetica); l’impresa cliente si
propone come responsabile non solo della propria performance sociale ma
anche di quella dei propri fornitori (ad esempio imposizione a questi ultimi
del rispetto di determinate specifiche).
Nell’ambito del business to counsumer la percezione di una coerente assunzione di responsabilità di impresa può avere un peso significativo nel
rafforzare la fiducia del consumatore e quindi nell’influenzarne, direttamente o indirettamente, il comportamento di acquisto soprattutto in due fattispecie31:
a) strategie sociali che generano attributi del prodotto e/o del processo
capaci di creare un vantaggio immediato per il consumatore;
b) strategie sociali che non generano vantaggi diretti per il consumatore,
ma impattano sul suo sistema etico valoriale.
Le strategie aziendali sub a) si correlano a parametri tipicamente interni
espressivi della qualità dei processi produttivi (prodotti biologici, packaging
riciclabile, processi produttivi a basso impatto inquinante, e così via).
L’azienda si prefigge, attraverso tali investimenti, la differenziazione dei
propri prodotti rispetto a quelli dei competitors con la finalità di incrementare la fedeltà dei consumatori già acquisiti, di attirarne di nuovi o di ottenere
un premium price32.
Le strategie sociali sub b), invece, non danno luogo ad investimenti con
effetti destinati ad essere incorporati nel prodotto, bensì agiscono a livello di
sistema etico valoriale del consumatore33 ingenerando atteggiamenti di con31
Cfr. C. Chirieleison, cit., p.185 ss.
In molte circostanze l’attenzione dei consumatori verso tali caratteristiche differenzianti è generata da fattori esogeni all’azienda, principalmente fenomeni di massa (paura
della “mucca pazza”) e influenza dei mass media (ad esempio enfasi sui problemi
dell’inquinamento).
33
Uno fra gli strumenti maggiormente utilizzati in questo ambito è il Cause related
marketing ossia il marketing di iniziative sociali volto a migliorare il proprio posizionamento grazie alla valorizzazione della partnership con soggetti non profit che godono della fiducia dei consumatori. In simili ipotesi, pertanto, la performance sociale dell’azienda è ad
32
22
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
divisione ed agevolando la formazione di atteggiamenti positivi (ad esempio
donazioni ad associazioni non profit, tutela espressa dei diritti umani, eccetera).
La sempre maggiore importanza delle aziende della grande distribuzione
suggerisce l’utilizzo di parametri relativi al rapporto fra le stesse e le imprese industriali.
Nelle ipotesi di istituzione di legami stabili con gli altri operatori del canale distributivo la fiducia rappresenta un fattore strategico, in quanto consente di prevedere le reazioni della controparte e di stabilizzare i rapporti.
L’aumento dell’importanza della dimensione etica, sociale e relazionale, deriva direttamente dalla crescente rilevanza dell’affidabilità riconosciuta
all’impresa e dalla preferibilità di comportamenti moralmente condivisibili
rispetto ad una logica meramente conflittuale.
Fra i principali indicatori espressivi della qualità dei rapporti istituiti fra
l’azienda ed i propri clienti si annoverano:
- l’incidenza dei resi e delle lamentele sul fatturato: un rapporto elevato,
infatti, può accompagnarsi ad una generale insoddisfazione sulle forniture tale da impedire il protrarsi del rapporto;
- i metri lineari o cubici di scaffale occupati da una determinata marca,
espressivi sia della fedeltà manifestata dalla domanda finale nei confronti
di un’offerta, sia della qualità dei rapporti con la clientela intermedia.
Ad evidenza, la marca è andata assumendo crescente rilievo quale elemento distintivo in tutti i principali ambiti di interazione con l’ambiente. Infatti, se dalla marca-prodotto si passa alla marca-impresa, la brand equity
può costituire un fattore critico anche per l’istituzione di rapporti fiduciari
con i conferenti capitale di rischio; in questo contesto validi parametri di verifica possono essere rappresentati dalla stabilità del rating e della quotazione dei titoli, ove presente. Continue modifiche del financial rating e repentini sbalzi dei titoli, infatti, influiscono sulle valenze associate alla marca impresa e, quindi, sulla sua immagine. Inoltre la frequenza e la qualità delle informazioni veicolate sono finalizzate alla creazione di un rapporto con gli
stakeholder improntato alla trasparenza e, quindi, alla fiducia o, viceversa,
alla riservatezza ed alla reticenza informativa.
Anche i mercati dei capitali risentono, pertanto, degli effetti generati dalla legittimazione di cui l’impresa gode e del grado di responsabilità (amministrativa, economica, sociale ed ambientale) che la caratterizza34.
esclusivo vantaggio della creazione di una sua corporate image, che deve essere chiaramente comunicata in modo opportuno.
34
Ad esempio si pensi agli effetti delle attese relative alle vendite dei prodotti ecologici:
se ci si attende un aumento della domanda, i prezzi delle azioni delle aziende che li commercializzano, incorporando visioni ottimistiche sui cash flow futuri, possono risentirne
23
Francesca Gennari
In particolare, la maggiore sensibilità agli aspetti sociali ha indotto la nascita dei cosiddetti “investitori etici”, ossia istituzioni di intermediazione finanziaria che, nelle loro scelte di investimento, tengono conto anche di parametri etici proprio per permettere agli investitori di discriminare,
nell’offerta dei propri risparmi, a favore di intermediari che garantiscano
certi requisiti di socialità degli impieghi35. Quanto affermato richiede, tuttavia, che l’azienda sia in grado di comunicare adeguatamente le proprie strategie sociali, in modo che il gestore di finanza etica possa prenderla in considerazione nella definizione del proprio portafoglio.
Si ritiene, infine, che anche particolari forme i comunicazione, quali il bilancio sociale ed il bilancio ambientale, possano rappresentare uno strumento di qualificazione dell’immagine aziendale contribuendo all’affermazione
della marca-impresa, soprattutto nei mercati dei capitali.
Con riguardo al bilancio sociale si richiama, in particolare,
l’evidenziazione del riparto del valore aggiunto e la “relazione sociale” nella
quale vengono evidenziati gli impegni verso gli stakeholder.
Allo stesso modo il bilancio ambientale è precipuamente finalizzato ad
abbinare alla marca-impresa l’attenzione verso l’ambiente e, quindi, ad orientare eventuali scelte di investimento dei capitali e di consumo dei prodotti. Le principali categorie di stakeholder a cui il bilancio ambientale è rivolto sono infatti, riconducibili a: pubblico interno (management, dipendenti); mercato (concorrenti, clienti/fornitori, organizzazioni dei consumatori);
soggetti pubblici (organizzazioni ambientaliste, popolazione locale, eccetera); finanziatori a titolo di rischio e di credito.
Con riguardo alle relazioni con i finanziatori a titolo di credito, si richiama la necessità che le imprese adottino politiche finalizzate a rafforzare la
propria immagine. In questo contesto, la marca impresa dovrebbe qualificarsi come espressione di una reputazione aziendale legata, fra l’altro, al perseguimento di condizioni di equilibrio reddituale e monetario-finanziario. Al
riguardo l’analisi del trend della quotazione dei titoli può rappresentare un
parametro atto ad evidenziare la presenza di un patrimonio adeguato, rispetto ad un’azienda con buone potenzialità di acquisizione di fiducia.
L’attenzione dell’impresa agli aspetti di eticità trova occasione di manifestazione anche nella gestione dei rapporti con la categoria dei concorrenti
e si riflette, primariamente, nella correttezza delle politiche concorrenziali
attuate, nonché nella mancata creazione di situazioni atte ad abusare della
positivamente. Al contrario i prezzi possono scontare negativamente il rischio di boicottaggio da parte dei consumatori connesso a produzioni particolarmente dannose per l’ambiente
35
Ciò richiede che gli analisti finanziari sviluppino competenze specialistiche sul rating
etico, ossia nell’attività di screening attraverso cui vengono inclusi o esclusi titoli da un
portafoglio o da un fondo sulla base di criteri sociali variamente combinati.
24
Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
posizione assunta nel mercato, soprattutto in ipotesi di posizione dominante36.
Imprese interessate a manifestare all’esterno i propri interessi sociali intervengono, frequentemente, nella promozione di iniziative quali sponsorizzazioni di eventi a scopo benefico, restauro di monumenti, sostenimento di
iniziative a tutela di particolari categorie (minori, rifugiati, eccetera). Si manifesta, pertanto, utile comprendere se questo impegno nel sociale viene effettivamente riconosciuto dall’ambiente trasferendosi nella creazione di un
rapporto di fiducia potenziale, ad esempio verificando mediante interviste se
il nome dell’azienda viene maggiormente ricordato in seguito a tali attività.
L’efficacia degli investimenti di carattere sociale quale elemento di qualificazione dell’offerta aziendale può essere influenzatala da numerosi fattori,
tra cui: la presenza di consumatori effettivamente responsabili dal punto di
vista sociale, ossia che utilizzano il proprio potere di acquisto per promuovere comportamenti socialmente responsabili da parte delle imprese; la coerenza fra gli investimenti sociali dell’impresa e gli interessi dei consumatori
appartenenti al proprio target di mercato; l’intensità della comunicazione relativa a tali investimenti e la coerenza con gli altri messaggi veicolati
dall’azienda; la credibilità della strategia sociale, ossia la percezione che
l’impresa crede realmente in determinati valori e sugli stessi basa le proprie
scelte.
Nel contesto delineato, la sinergia fra strategie sociali, performance competitive ed economiche è difficile da definire perché la costruzione della
corporate image deve comunque ricondursi all’acquisto del prodotto: è, infatti, l’unione delle attività sociali percepite e delle caratteristiche del prodotto a generare il processo di acquisto.
L’impegno dell’azienda nella costruzione di un proprio patrimonio di reputazione basato sull’attenzione alle problematiche sociali trova concretizzazione in alcuni parametri la cui interpretazione, tuttavia, non deve essere
isolata per effetto dell’azione congiunta di più determinanti. Fra gli indicatori maggiormente significativi si annoverano, a titolo esemplificativo: le
somme destinate a iniziative sociali in valore assoluto o come percentuale
sui ricavi; la coerenza fra le forme di comunicazione sociale e le altre forme
36
“ […] Proprio per rispondere alla preoccupazione della Commissione (sulla posizione dominante che il nuovo gruppo si troverà ad avere in Italia negli scooters e nei “cinquantini”), la Piaggio ha preso l’impegno di fornire, a condizioni competitive, il motore
50cc montato sul modello Liberty a tutti gli altri operatori che siano interessati a equipaggiarne i propri scooters. Una condizione considerata sufficiente dall’Antitrust europeo ad
alleviare eventuali rischi per i giovani consumatori italiani, derivanti dalla concentrazione
sotto uno stesso tetto di tanti marchi conosciuti, come Piaggio, Vespa, Galera e Aprilia”.
E. Brivio, Il Sole 24 Ore, 24/11/04.
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Francesca Gennari
di comunicazione aziendali; la coerenza fra l’indicazione esplicita dei valori
sociali perseguiti e le iniziative promosse.
4. Performance sociale e patrimonio di marca
L’organizzazione delle limitate risorse disponibili ed il correlato perseguimento di risultati secondo condizioni di efficacia ed efficienza si sostanziano nell’attivazione di processi in corrispondenza dei quali le risorse acquisite esternamente o generate internamente vengono convogliate nello
svolgimento di attività, i cui output mirano al soddisfacimento degli interessi delle diverse categorie di stakeholder e, quindi, all’ottenimento di ulteriori
risorse.
La performance sociale può, pertanto, essere vista come prodotto di un
sistema che, sulla base di determinati principi e valori guida, elabora le strategie sociali. Sulla base degli indirizzi delle politiche sociali, quindi, vengono impiegate una serie di risorse che, attraverso i processi aziendali, generano attività ed iniziative sociali, da cui derivano risultati e impatti sulla società. L’azienda ha poi la possibilità di apprendere dal percorso svolto, revisionando l’intero processo sociale e, se necessario, definendo nuovi principi e
nuovi valori guida, oppure formulando nuove strategie. Chiaramente i risultati della performance sociale possono essere influenzati da ciascun passaggio di tale circuito; ciò che interessa in questa sede è la focalizzazione sulla
capacità di trasmettere attraverso la marca l’impegno sociale dell’azienda
indipendentemente da dove esso sia stato generato.
La linea d’azione prescelta nella gestione del patrimonio di marca deriva
dai processi di pianificazione ed in sede di programmazione deve essere tradotta in obiettivi di breve periodo caratterizzati dalla controllabilità e dalla
misurabilità.
L’individuazione delle strategie competitive e la relativa traduzione dei
fattori critici di successo in misure di performance, può comportare difficoltà applicative quando non sussiste una correlazione diretta fra le risorse investite ed i risultati ottenibili. Non è sempre possibile, infatti, isolare gli effetti quantitativi di un investimento sulla propria brand equity.
Le azioni compiute e le finalità perseguite possono, inoltre, presentare
difficoltà di misurazione oggettiva per effetto delle relazioni che si instaurano fra le variabili del sistema di controllo e per la presenza di fattori contingenti che possono rappresentare elementi di “disturbo” sui risultati attesi.
Quando le strategie competitive sono precipuamente orientate all’efficienza
(strategie basate su vantaggi di costo) il loro legame con i risultati è immediato e le procedure del controllo della gestione maggiormente standardizzate. Viceversa, le aziende che vogliono competere sulla base della differen-
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Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
ziazione devono proporre un’offerta portatrice di valore attraverso una particolare attenzione all’innovazione di prodotto, all’immagine aziendale, al
servizio alla clientela. Nel citato contesto le misure di performance sono
maggiormente orientate all’efficacia e la misurabilità dei risultati può essere
talvolta problematica o non quantificabile in termini monetari. I processi caratterizzanti il controllo di gestione, conseguentemente, dovrebbero essere
più flessibili e garantire la massima partecipazione dei diversi livelli organizzativi coinvolti responsabilizzandoli, oltre che in termini finanziari, in
termini di innovazione di prodotto, di customer satisfaction, di sviluppo della brand equity.
Con particolare riguardo alla strategia sociale, si ritiene che la stessa dovrebbe configurarsi in modo da non creare tensione nel perseguimento delle
condizioni di efficacia ed efficienza quanto, semmai, in modo da potenziare
le suddette dimensioni. Apparentemente non si manifestano problemi
quando le scelte sociali sono vantaggiose o non contraddittorie al raggiungimento di obiettivi di tipo economico o competitivo; in questo caso è la
stessa razionalità economica a suggerire la soddisfazione delle esigenze sociali. Il problema è più evidente, invece, quando il soddisfacimento delle istanze sociali va palesemente a detrimento della posizione economica o
competitiva d’azienda generando, nel breve termine, una diminuzione di ricavo, un aumento di costi o un peggioramento del posizionamento nei confronti dei competitors. Questa ipotesi presenta, in realtà, una contraddizione
solo apparente basando le proprie considerazioni sul breve termine piuttosto
che sull’economicità di lungo periodo: se si accetta un’idea di sviluppo in
cui il benessere dell’impresa ed il soddisfacimento delle istanze sociali siano
un’unica cosa è possibile superare l’antitesi fra dimensione economica e
dimensione etica.
L’effetto delle scelte socialmente responsabili sull’equilibrio di lungo periodo e sulla performance dipende, cioè, dalla capacità di progettare una
strategia integrata che risulti adatta alle capacità dell’impresa e coerente con
gli interessi dei suoi stakeholder in cui la corporate social responsibility non
sia intesa come uno sforzo addizionale, bensì come un comportamento tipico della normale gestione d’impresa.
In sintesi una gestione efficace della responsabilità sociale: partecipa alla
creazione di valore rafforzando la reputazione dell’azienda presso gli stakeholder, generando fiducia e potenziando la brand; produce redditività trasformando i costi in vantaggi competitivi e migliorando le relazioni nel canale distributivo; contribuisce ad attrarre capitali di investimento addizionali
e a migliorare le performance nei mercati monetari e finanziari.
L’efficacia dei sistemi di governance passa anche attraverso la diffusione
di una cultura dell’etica aziendale, atta a rappresentare un valido presupposto per l’ottenimento di consensi e di risorse idonei a sostenere lo sviluppo
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Francesca Gennari
aziendale e la produttività interna. In proposito, a titolo esemplificativo, è
sufficiente fare riferimento alla recente introduzione di posizioni manageriali e di codici di comportamento diretti a generare un comune e condiviso
approccio ai problemi aziendali37 (diffusione di codici etici, attivazione di
piani per la costruzione di una cultura aziendale etica e l’introduzione di responsabili dell’etica, di manager per la responsabilità sociale e di Comitati
etici).
In assenza di una corporate governance improntata alla piena assunzione
di responsabilità e di significativi condizionamenti tra deliberazioni degli
organi di governo e fenomeni gestionali, si possono incrementare i fenomeni
di volatilità del patrimonio di marca, ovvero si rischia di perdere gran parte
dell’utilità degli sforzi diretti ad accrescere il valore di marca.
La coerenza tra risultati attesi ed effettivi trova dunque riscontro anche
nella valutazione del patrimonio di marca. Il diverso comporsi dei parametri
significativi per l’affermazione e lo sviluppo del valore di marca, oltre a costituire una verifica della capacità di competere in condizioni di complessità,
configura un momento fondamentale di analisi della correttezza degli indirizzi di vertice e della capacità di trasferimento degli stessi nei processi gestionali.
Conclusioni
Il cambiamento dello scenario competitivo, da una parte, ha indotto le
imprese ad un recupero di efficacia nelle relazioni con tutte le categorie di
stakeholder, dall’altra parte, ha ingenerato nei pubblici una maggior consapevolezza delle proprie attese.
Tale situazione attribuisce evidenza all’attività di corporate governance
al fine di garantire le basilari connessioni fra indirizzi di sviluppo volti a
soddisfare le attese degli stakeholder, dimensioni di successo, assunzione
delle responsabilità ed orientamento finalizzato dei comportamenti.
Una concorrenza basata sempre più sul fattore tempo (time-based competition); una generalizzata eccedenza di offerta sulla domanda di beni nei
mercati di consumo e, viceversa, una tendenziale eccedenza di domanda sul
mercato dei capitali; una maggiore disponibilità di informazioni sono solo
alcune fra i fattori che impongono alle imprese di rivedere i relativi presupposti di successo duraturo.
Nel contesto sopra delineato, infatti, si assiste al passaggio da una dominanza delle componenti materiali di successo ad una tendenziale valorizzazione anche delle componenti immateriali.
37
D.M. Salvioni, Corporate governance e responsabilità d’impresa, cit.
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Corporate governance e controllo della brand equity nell’attuale scenario competitivo
Di conseguenza, risulta essenziale la predisposizione di procedure di controllo della gestione che si qualifichino come un valido supporto alla realizzazione di una governance efficace e che siano in grado di garantire la coerenza fra scelte di governo, comportamenti organizzativi e risultati effettivi
nella mutevolezza dello scenario competitivo. Nei sistemi di controllo si
manifesta, cioè, l’esigenza di un opportuno bilanciamento fra dimensioni di
efficacia e di efficienza e fra componenti materiali e componenti immateriali
di successo.
Fra gli intangible assets che sono andati sempre più qualificandosi come
fattori critici di successo dominanti, un ruolo importante è assunto dal patrimonio di marca. In particolare, accanto al tradizionale concetto di brand
legato alla qualificazione esclusiva del prodotto nei mercati tipici (marcaprodotto) si sta affermando un concetto di marca-impresa atto a qualificare
l’azienda su tutti i mercati di operatività ed influenzato dalle responsabilità
assunte (in senso economico, ma anche amministrativo e sociale/ambientale). Conseguentemente, laddove la presenza di intangibile assets
risulta essere determinante per la sopravvivenza dell’impresa, il controllo
della gestione deve essere in grado di monitorare, oltre ai fattori tradizionali,
anche tali elementi – nel caso specifico la brand equity – sebbene i relativi
caratteri di immaterialità rendano difficoltosa l’individuazione dei parametri
di valutazione.
Nell’attuale contesto competitivo, pertanto, la nuova sfida che si pone alle aziende per il mantenimento dei presupposti di successo riguarda anche –
e talvolta soprattutto – lo sviluppo di specifiche capacità di controllo degli
immateriali di impresa attraverso l’individuazione di indicatori preferibilmente espressi in termini quantitativi.
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Francesca GENNARI
CORPORATE GOVERNANCE
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NELL’ATTUALE SCENARIO COMPETITIVO
Paper numero 45
Università degli Studi di Brescia
Dipartimento di Economia Aziendale
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Luglio 2005
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