Il trattamento farmacologico della sindrome di Cushing a etiologia

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Recenti Prog Med 2016; 107: 574-581
Il trattamento farmacologico della sindrome di Cushing
a etiologia surrenalica
ANTONIO STIGLIANO1, LIDIA CERQUETTI1, VINCENZO TOSCANO1
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Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Ospedale Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma.
Pervenuto il 17 ottobre 2016. Accettato il 27 ottobre 2016
Riassunto. La sindrome di Cushing surrenalica o ACTHindipendente è la forma meno frequente di ipercortisolismo endogeno. Recentemente, i progressi della genetica
hanno permesso la descrizione di numerose forme differenziate, patogeneticamente diverse tra loro per etiologia,
caratteristiche morfostrutturali e rapidità di autonomia in
senso funzionale. Accanto a queste si colloca il carcinoma
corticosurrenalico, anch’esso frequentemente responsabile
di un quadro clinico di ipercortisolismo. La disponibilità di
farmaci inibitori della steroidogenesi, quali il metirapone e
il chetoconazolo, fornisce all’endocrinologo una chance terapeutica nei confronti delle alterazioni metaboliche sostenute dall’ipercortisolismo. Il mitotane, composto ad azione
adrenolitica, è impiegato da solo in terapia adiuvante e in
associazione con diversi chemioterapici nel trattamento del
carcinoma corticosurrenalico e nella terapia della sindrome
di Cushing particolarmente severa.
Pharmacological treatment in adrenal Cushing’s syndrome.
Parole chiave. Carcinoma corticosurrenalico, chetoconazolo, metirapone, mitotane, sindrome di Cushing.
Key words. Adrenocortical carcinoma, Cushing’s syndrome,
ketoconazole, metyrapone, mitotane.
Introduzione
L’ipercortisolismo è una condizione biochimica caratterizzata da una aumentata concentrazione ematica
di cortisolo, generata da cause esogene o endogene.
L’ipercortisolismo da cause esogene è imputabile alla
protratta somministrazione di farmaci steroidei impiegati nella terapia di patologie infiammatorie croniche. L’ipercortisolismo cosiddetto “endogeno” viene
classificato sulla base della dipendenza dallo stimolo
ipofisario dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH)
sulle ghiandole surrenaliche o viceversa dalla sua
indipendenza. Appartengono quindi alla categoria
dell’ipercortisolismo ACTH-dipendente la malattia di
Cushing e la sindrome di Cushing da ACTH-ectopico.
La malattia di Cushing propriamente detta è caratterizzata dall’iperincrezione di ACTH da parte di un
adenoma, più frequentemente un microadenoma, localizzato nella adenoipofisi. La sindrome di Cushing
da ACTH-ectopico è indotta dalla secrezione di ACTH
da parte di un tumore neuroendocrino. Il Cushing di
origine surrenalico rappresenta il 20-30% delle cause
totali di ipercortisolismo di origine endogena1. Questo
è determinato dalla sintesi in eccesso di cortisolo da
parte di una massa surrenalica sia essa benigna che
Summary. ACTH-independent adrenal Cushing’s syndrome
is the least common form of endogenous hypercortisolism.
Recently, advances in genetics have allowed the description of several forms different to pathogenetic etiology,
morphostructural characteristics and evolution towards
the hypercortisolism. Alongside these, the adrenocortical
carcinoma is also frequently responsible of a hypercortisolism clinical picture. The availability of steroidogenesis
inhibitors, such as metyrapone and ketoconazole, provides
to endocrinologist a therapeutic chance against different
metabolic disorders sustained by hypercortisolism. Mitotane, an adrenolitic compound, is used alone in adjuvant
therapy or in combination with different chemotherapy
drugs in the treatment of adrenocortical carcinoma and in
the treatment of severe Cushing’s syndrome.
maligna o in alternativa da una iperplasia surrenalica
che interessa entrambe le ghiandole. La causa più comune di questa forma di ipercortisolismo è da ascriversi nel 75-90% dei casi alla presenza di un adenoma
surrenalico che si sviluppa nella corticale di una sola
ghiandola. Molto meno frequenti sono i carcinomi
che interessano una delle ghiandole surrenaliche nel
5% dei casi. Le caratteristiche radiologiche e biochimiche permettono, nella maggior parte dei casi, di
discriminare la natura di una lesione surrenalica. Infatti, le maggiori dimensioni della lesione (superiore
a 4 cm di diametro massimo), la presenza di margini
irregolari e di estese aree di necrosi associati ad alti
livelli di deidroepiandrosterone solfato inducono a sospettare la natura aggressiva della neoplasia piuttosto
che la forma adenomatosa2. Il rimanente 10% di tutte
le lesioni surrenaliche responsabile della sindrome di
Cushing surrenalica è attribuibile a forme di iperplasia
che interessano entrambe le ghiandole. L’iperplasia
surrenalica bilaterale è caratterizzata dalla presenza
di nodularità di diametro superiore o inferiore a 1 cm
per le forme macronodulari o micronodulari rispettivamente e dalla presenza o assenza di pigmentazione
all’esame istologico. Le varianti più comuni di questa
forma comprendono l’iperplasia surrenalica macronodulare bilaterale primitiva (primary bilateral ma-
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cronodular adrenal hyperplasia - PBMAH), la malattia
nodulare pigmentata surrenalica (primary pigmented
nodular adrenocortical disease - PPNAD) e l’iperplasia micronodulare surrenalica isolata (isolated micronodular adrenocortical disease - iMAD) a cui si aggiungono forme miste di queste varianti principali3,4.
I quadri clinici attribuibili alla sindrome di Cushing a
etiologia surrenalica sono molto eterogenei e possono
variare da forme lievi con segni clinici sfumati a forme
franche con segni e sintomi classici di questa patologia. La sindrome di Cushing può interessare qualsiasi
età della vita, tuttavia per alcune di queste forme si
riconosce un’età di insorgenza particolare. Studi di
biologia molecolare hanno permesso di identificare
nei meccanismi di induzione della steroidogenesi presenti nell’adenoma e nelle diverse forme di iperplasia
surrenalica un frequente coinvolgimento della via di
segnalazione ormonale relativa all’adenosin monofosfato ciclico (cAMP) e alla proteina chinasi A (PKA)5.
Forme surrenaliche responsabili della
sindrome di Cushing e sindromi genetiche
correlate
Adenoma surrenalico isolato cortisolo secernente
Si definisce tale lo sviluppo di un singolo clone cellulare che si sviluppa all’interno di una ghiandola,
mantenendo le caratteristiche di benignità all’interno della zona fascicolata della corticale surrenalica,
potenzialmente capace di secernere una maggiore
quantità di cortisolo indipendentemente dai meccanismi di feed-back ipotalamo-ipofisari. Recenti scoperte hanno stabilito l’esistenza di una relazione tra
la via di segnalazione del cAMP e la protein-chinasi
A (PKA) negli adenomi surrenalici isolati cortisolosecernenti. Frequentemente si tratta di mutazioni
puntiformi a carico del gene PRKACA che codifica
per la subunità catalitica della PKA capaci di indurre l’attivazione costitutiva di PKA, attraverso la sostituzione di un singolo aminoacido6. L’effetto che ne
consegue è un aumento della produzione di cortisolo e della proliferazione cellulare in questi tumori7. È
stato dimostrato come l’attivazione della PKA nelle
cellule corticosurrenaliche promuova sia la sopravvivenza sia la proliferazione cellulare. In particolare,
l’attivazione di questa via induce lo sviluppo di masse rappresentate da cellule ben differenziate a basso
potere proliferativo che ne limita la crescita ma non
ne impedisce l’attività secretiva8. I pazienti portatori
di mutazioni di PRKACA, infatti, sono generalmente
giovani e affetti da sindrome di Cushing franca con
adenomi di piccole dimensioni6,7.
Inoltre, mutazioni attivanti del gene GNAS che codifica per la subunità stimolatoria a della proteina G
(Gsa) (vedi sindrome di McCune-Albright) sono state
descritte come responsabili dell’aumentata secrezione ormonale da parte dell’adenoma9.
PBMAH
Le sono stato assegnate nel corso degli anni varie
denominazioni tra cui quella più diffusa fino a poco
tempo fa era iperplasia surrenalica macronodulare
ACTH-indipendente (ACTH-Indipendent Macronodular Adrenal Hyperplasia - AIMAH). L’acronimo
con il quale viene oggi definita è quello di PBMAH,
dalla traduzione inglese di iperplasia surrenalica macronodulare bilaterale primitiva (primary bilateral
macronodular adrenal hyperplasia), nel quale viene
omessa, rispetto all’acronimo precedente, la menzione di “ACTH-indipendente”. Questa nuova denominazione deriva dall’evidenza della secrezione in sede
surrenalica intranodulare di corticotropina, la quale,
attraverso un meccanismo paracrino, sembra contribuire attivamente al processo di sviluppo iperplastico
delle ghiandole surrenaliche10.
La PBMAH si caratterizza per un aumento volumetrico di entrambi i surreni, nei quali si riscontrano
formazioni adenomatose multiple del diametro superiore al centimetro. Interessa l’età adulta tra la quinta
e la settima decade di vita. Tale condizione di iperplasia si associa nel tempo a un aumento della produzione di cortisolo accompagnato dal corteo sintomatologico caratteristico della sindrome di Cushing,
oppure può presentare soltanto alcuni dei caratteri
fenotipici tipici dell’ipercortisolismo, che, qualora
non riconosciuti, espone comunque il paziente agli
effetti dell’eccesso ormonale11. La presenza di un quadro clinico sfumato viene il più delle volte associato a
posteriori all’iperplasia surrenalica quando questa è
rivelata dall’impiego di metodiche di radiodiagnostica eseguite per motivi clinici differenti11.
Il progressivo sviluppo delle lesioni nodulari prevede la partecipazione di diversi meccanismi che da
soli o in associazione tra loro diventano responsabili
nel tempo della PBMAH. Alcuni di essi sono rappresentati dall’attivazione di recettori eutopici fisiologicamente presenti sulla membrana cellulare, quali il
recettore per l’ACTH, o ectopici (recettori per vasopressina, catecolamine, LH, serotonina, GIP, ecc.) accoppiati a proteine G di tipo stimolatorio, attivati dai
rispettivi ligandi12.
Inoltre, in alcuni pazienti affetti da PBMAH è stata descritta un’alterazione genetica, trasmessa con
modalità autosomica dominante o indotta ex novo
nel locus cromosomico 19p13.2p13.12 responsabile
di un aumentato numero di copie del gene PRKACA,
che correla direttamente con la severità del quadro
clinico13.
Mutazioni attivanti del gene GNAS (vedi sindrome
di McCune-Albright), al pari di quelle identificate in
alcune forme di adenoma surrenalico, sono state descritte come responsabili di questa forma9.
Recentemente, attraverso tecniche di sequenziamento genico, è stato identificato un nuovo gene,
denominato ARMC5, che codifica per la “Armadillo
repeat-containing protein 5” coinvolto nell’etiopatogenesi della PBMAH, il quale sembra essere responsabile della tumorigenesi surrenalica14. Esso è
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considerato un gene soppressore dei tumori, pertanto mutazioni a livello germinale e somatico a
suo carico favoriscono la crescita cellulare15. Sono
state inoltre identificate alcune proteine coinvolte
nel metabolismo ossidativo cellulare insieme a specifiche subunità della PKA capaci di interagire con
ARMC5. Il legame diretto tra ARMC5 e PKA rafforza
il ruolo di questa ultima proteina nella steroidogenesi surrenalica15. A questo proposito è stato dimostrato come le forme genetiche di PBMAH recanti
mutazioni di ARMC5 presentino un quadro clinico
più severo dal punto di vista ormonale con livelli di
cortisolo plasmatico e urinario più elevati16. Queste
recenti acquisizioni dimostrano come la PBMAH
rappresenti una malattia genetica la cui diagnosi
precoce permette di anticipare l’instaurarsi di un
quadro clinico più o meno manifesto di sindrome
di Cushing.
Malattia micronodulare surrenalica
Questa forma, che si inscrive in un’età compresa tra i
10 e i 40 anni, prevede la presenza di noduli di dimensioni inferiori al centimetro di diametro. Sono state
descritte due forme di iperplasia con formazioni nodulari non pigmentate, denominate “iperplasia surrenalica micro nodulare” o “isolata micro nodulare”
(isolated micronodular adrenal hyperplasia: iMAH)
a seconda della presenza di noduli multipli o singoli, francamente rara, più frequente in età pediatrica
e nei giovani adulti. Un’altra variante, la PPNAD, è
invece caratterizzata dalla presenza di noduli ricchi
di pigmento scuro che non determinano un aumento volumetrico complessivo della ghiandola poiché il
parenchima internodulare tende al contrario a essere
atrofico17.
Queste alterazioni anatomo-patologiche, caratteristiche dell’infanzia e dell’età puberale, sono nella
maggior parte dei casi associate alle diverse patologie che compongono il complesso di Carney (vedi
oltre).
Difetti genetici inattivanti le fosfodiesterasi
PDE11A e PDE8B che legano il cAMP sono stati descritti nella PPNAD e in alcune delle forme di iperplasia surrenalica micronodulare. L’inattivazione
di questi enzimi permette un aumento dei livelli di
cAMP con conseguente attivazione della pathway di
cAMP-PKA18,19.
Recentemente, in alcuni casi di iperplasia micronodulare sono stati descritti difetti genici a carico del
gene PRKACA, in comune con la PBMAH13.
La presenza di mutazioni inattivanti, anche in
eterozigosi, del gene PRKAR1A codificante per la subunità R1α della PKA, è frequentemente riscontrabile nei soggetti affetti da PPNAD tanto da far ritenere
questo gene implicato direttamente nell’origine della
malattia. Mutazioni inattivanti di questo gene comportano un’attivazione costitutiva della via di segnalazione di cAMP-PKA aumentando la disponibilità
della subunità catalitica della PKA20.
Sindrome di McCune-Albright
È la prima sindrome in cui fu riconosciuta un’associazione tra sviluppo di tumori surrenalici e alterazione del segnale di cAMP-PKA. Questa forma è dovuta a mutazioni attivanti a carico del gene GNAS21
che determina un’attivazione costitutiva dell’adenilato ciclasi. Clinicamente la malattia è caratterizzata
dalla displasia fibrotica ossea, dall’iperpigmentazione di alcune parti della superficie cutanea, le cosiddette macchie caffè-latte, e dalla pubertà precoce che
rappresentano la triade classica della malattia17,18. È
possibile, inoltre, osservare in questa forma disordini endocrini quali l’ipercortisolismo, l’eccesso di
ormone della crescita e l’ipertiroidismo18. Caratteristicamente nella sindrome di McCune-Albright le
ghiandole surrenaliche sviluppano una forma tipica
di iperplasia denominata bimorfica caratterizzata
dallo sviluppo di noduli multipli con caratteristiche
cellulari di tipo fetali22.
Complesso di Carney
Questa sindrome genetica trasmessa con modalità
autosomica dominante comprende una serie di neo­
plasie multiple endocrine e non associate alla presenza di mixomi. I tumori endocrini associati con il
complesso di Carney comprendono diversi tumori
testicolari, neoplasie tiroidee anche benigne, adenomi ipofisari GH-secernenti e PPNAD23. L’etiologia genetica di questa forma è dovuta alla presenza di mutazioni germinali inattivanti a carico del gene PRKAR1A24. Inoltre, in molti tumori associati al complesso
di Carney è stata osservata la perdita di eterozogosità
della regione 17q22-24 di PRKAR1A25. Il 60% circa
dei pazienti con complesso di Carney presenta una
PPNAD. Infatti, come detto precedentemente, mutazioni inattivanti del gene PRKAR1A sono frequentemente riscontrabili nei soggetti affetti da PPNAD23.
Tuttavia, la ricerca, estesa anche a pazienti affetti da
neoplasie surrenaliche sporadiche, ha dimostrato come mutazioni somatiche di questo gene e la perdita
di eterozigosità 17q22-24 siano riscontrabili nel 23%
e 53% in adenomi e carcinomi corticosurrenalici rispettivamente12.
Carcinoma corticosurrenalico
Rappresenta una rara forma di neoplasia endocrina a prognosi frequentemente infausta, responsabile in una percentuale inferiore al 5% dei casi
di sindrome di Cushing ACTH-indipendente. Presenta una modalità di insorgenza bimodale privilegiando la prima e la quinta-settima decade di
vita. Nella maggior parte dei casi (circa 50-80%) i
pazienti affetti da questa neoplasia presentano un
quadro di ipercortisolismo franco26. I meccanismi
patogenetici alla base di questa forma non sono
completamente noti. Tuttavia a essa sono state ri-
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condotte alterazioni molecolari a livello germinale
in alcune malattie ereditarie e somatico in tumori
sporadici. Molti studi hanno dimostrato che la perdita di funzione di p53, identificate in circa il 70%
di famiglie affette dalla sindrome di Li-Fraumeni,
rappresenta un importante fattore per lo sviluppo
della neoplasia. La perdita di eterozigosità della
regione 17p13 di p53 è infatti dimostrata nei carcinomi ma non negli adenomi surrenalici27. Particolarmente coinvolta nella genesi del carcinoma del
surrene nella popolazione pediatrica del Brasile
del Sud (3,4-4,2 per milione per anno vs 0,3 per milione) è una mutazione endemica di p53 (R337H)
con sostituzione di un’arginina con un’istidina al
codone 337 del gene 28. La via di segnalazione del
fattore di crescita insulino-simile di tipo II (insulin
growth factor II - IGF-II), situato nel locus 11p15,
è particolarmente coinvolta nell’etiopatogenesi di
questa neoplasia. Inoltre, la perdita di eterozigosità della regione 11p15 è associata ad alto rischio
di recidiva e si ritrova con maggiore frequenza nei
carcinomi rispetto agli adenomi surrenalici. Alterazioni geniche capaci di attivare le complesse vie
di segnalazione di Wnt e della β-catenina sembrerebbero coinvolte nella patogenesi della malattia29.
Recenti studi genetici hanno dimostrato numerose
mutazioni in vari loci, alcuni dei quali rappresentano un guadagno cromosomico (4q, 4p16, 5p15,
5q12-13, 9q34, 12q13, 12q24, 19p), altri una perdita di materiale genetico (1p, 2q, 11q, 17p, 22p e
22q), identificando geni potenzialmente coinvolti
nella trasformazione neoplastica quali il fattore di
crescita dei fibroblasti (fibroblast growth factor 4 FGF4), la chinasi 4 ciclino-dipendente (cyclin-dependent kinase 4 - CDK4) e la ciclina E1 (cyclin E1
- CCNE1)26. Studi di epigenetica hanno permesso
di identificare in alcuni carcinomi corticosurrenalici regioni ipermetilate dei geni H19, GOS2, PLAGLI e NDRG226. Infine, recentemente è stato osservato che la disregolazione di alcuni miRNA (la upregolazione del miR-483 e la down-regolazione di
miR-195 e miR-335) sembra essere coinvolta nella
tumorigenesi surrenalica30.
Fisiopatologia e quadro clinico
Sotto la definizione generica di sindrome di Cushing
si celano le diverse varianti patologiche descritte responsabili del quadro clinico di ipercortisolismo. I
segni e i sintomi clinici derivanti da un eccesso degli ormoni steroidei sono l’espressione dell’effetto
di questi sul metabolismo cellulare di ogni tessuto.
È importante sottolineare come il quadro clinico sia
molto eterogeneo e come l’entità di questo rispecchi
il livello di cortisolo prodotto. Tuttavia, la variabilità
nella presentazione dei segni caratteristici ha una
penetranza molto variabile nell’ambito delle diverse forme patogenetiche di Cushing rendendone non
sempre facile il riconoscimento31.
I segni fenotipici classici sono rappresentati
dall’aumento di peso con distribuzione caratteristica di tessuto adiposo a livello addominale, dall’atrofia della muscolatura degli arti, dalla facilità alle
ecchimosi32. Nella popolazione pediatrica l’obesità
addominale e l’arresto della crescita rappresentano
gli elementi patognomonici dell’ipercortisolismo33.
L’ipertensione arteriosa, riscontrabile nel 7080% dei casi, non ha un’etiopatogenesi accertata.
Gli ormoni glucoattivi esercitando un effetto inotropo positivo aumentano il tono arteriolare con
conseguente incremento delle resistenze periferiche totali. Essi stimolano anche il sistema reninaangiotensina mediante la sintesi epatica di angiotensinogeno34. L’ipokaliemia che spesso si riscontra
associata all’ipertensione è giustificata dall’eccesso
di cortisolo che, vincendo il meccanismo protettivo esercitato dall’enzima 11β-HSD2, lega nel rene
i recettori dei mineralcorticoidi con conseguente
ritenzione di sodio ed escrezione di potassio35.
Inoltre, l’ipercortisolismo, attraverso l’induzione
di molecole attive a livello vascolare quali il fattore
di crescita endoteliale (vascular endothelial growth
factor - VEGF), l’insulina, l’ossido nitrico endoteliale (endothelial nitric oxide synthase - eNOS) e l’inibizione della sintasi dell’ossido nitrico (nitric oxide
synthase - NOS) partecipa a modificazioni strutturali dello spessore di arterie di piccolo e grande calibro36,37. Questi effetti associati a un’alterazione del
metabolismo glucidico con quadri variabili dalla
ridotta tolleranza glicidica al franco diabete mellito
sono responsabili di un aumentato rischio cardiovascolare36,38. A questi si associa la compromissione
dei meccanismi della coagulazione che incrementano il rischio trombotico peggiorando l’outcome
cardiovascolare39. L’inibizione dell’assorbimento intestinale del calcio associata a un blocco dell’attività
osteoblastica in favore del riassorbimento da parte
degli osteoclasti è responsabile di un aumento del
riassorbimento osseo e di osteoporosi. Non è insolito osservare fratture vertebrali come segno clinico
d’esordio della sindrome di Cushing. Il grado di demineralizzazione ossea può essere infatti molto più
severo nelle forme primitive surrenaliche rispetto a
quelle ipofisarie40. La litiasi renale interessa circa la
metà dei pazienti affetti ed è più frequente nel genere
maschile41. Effetto comune a entrambi i generi è dato
dalla riduzione della fertilità per l’inibizione indotta
dall’eccesso di cortisolo sulla sintesi di gonadotropine42. Una percentuale di pazienti, stimata intorno
al 70%, affetta da sindrome di Cushing presenta sintomi psichiatrici riconducibili a forme di depressione maggiore o di franca psicosi che spesso perdura
anche dopo la remissione dell’ipercortisolismo43.
L’aumentata sintesi di cortisolo partecipa in maniera
determinante all’inibizione dell’immunità umorale
e cellulo-mediata ed è responsabile dell’aumentato
rischio di infezioni in questi pazienti44. Le molteplici
comorbilità ascrivibili all’eccesso di cortisolo rendono ragione dell’alto rischio di mortalità a cui è esposto il paziente affetto da sindrome di Cushing45.
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Terapia delle forme surrenaliche
La terapia risolutiva della sindrome di Cushing a etiologia surrenalica è affidata alla chirurgia. Essa trova
precisa indicazione nelle forme focali quali l’adenoma e il carcinoma corticosurrenalico. L’indicazione
chirurgica nelle forme di iperplasia micro- e macronodulare pone maggiori problemi relativi all’identificazione della sorgente ormonale in eccesso e alla
possibilità che la malattia subisca una recidiva. Questa possibilità è resa molto probabile alla luce delle
attuali conoscenze genetiche alla base di molte forme
nodulari iperplastiche.
Quindi, il ruolo della terapia medica, un tempo
decisamente di seconda scelta rispetto alla terapia
chirurgica andrebbe probabilmente ripensato sulla
scorta di queste considerazioni. Oggi la terapia farmacologica nella sindrome di Cushing risponde a
delle esigenze specifiche rappresentate più frequentemente dalla preparazione all’intervento chirurgico,
dalle complicanze acute dell’ipercortisolismo severo
e più raramente dalla ripresa dell’ipercortisolismo recidivato in sede controlaterale nei casi di iperplasia
nodulare o nel caso di metastasi di carcinoma corticosurrenalico secernenti. Talvolta, la terapia medica
si rende necessaria nei casi in cui il paziente, in ragione delle sue compromesse condizioni metaboliche,
non possa o rifiuti di essere sottoposto a intervento
chirurgico46. Di seguito discuteremo dei farmaci attualmente disponibili in Italia per il trattamento
dell’ipercortisolismo primitivo.
Metirapone
È un inibitore della steroidogenesi, dotato di affinità
per la 11ß-idrossilasi (CYP11B1) e l’aldosterone sintetasi (CYP11B2), enzimi che catalizzano le tappe finali della steroidogenesi surrenalica, inducendo una
riduzione dei livelli plasmatici di corticosterone e di
cortisolo con conseguente accumulo dei precursori
11-desossicortisolo e 11-desossicorticosterone (11DOC) a monte nella cascata enzimatica47. Il “vantaggio” farmacologico del metirapone è legato alla sua
breve emivita e alla rapidità d’azione nel blocco enzimatico, capace di ridurre i livelli di cortisolo a partire
da 30 minuti dalla somministrazione. Pertanto, per
assicurare un blocco enzimatico duraturo, si possono rendere necessarie somministrazioni multiple del
farmaco. Poiché esso viene metabolizzato in composti anch’essi farmacologicamente attivi (metirapolo)
dosabili, è necessario osservare un attento monitoraggio clinico al fine di evitare la comparsa dell’insufficienza surrenalica48. L’efficacia di questo farmaco
non soltanto nel trattamento delle forme di ipercortisolismo ACTH-indipendente ma anche di quelle dipendenti dall’ACTH è ampiamente documentata in
letteratura49. Il dosaggio iniziale varia da 250 a 1000
mg, attestandosi in media sui 750 mg. Le dosi sono
titolate su base individuale dopo alcuni giorni, per
raggiungere la riduzione voluta dei livelli plasmatici o
urinari del cortisolo. In pazienti con adenoma o iperplasia surrenalica, dosi complessivamente più basse
sono sufficienti in genere a mantenere il controllo del
cortisolo49. Va ricordato che nelle donne con un irsutismo clinico evidente, la somministrazione di metirapone potrebbe causare un ulteriore incremento degli
androgeni a monte del blocco enzimatico esercitato
dal farmaco48. La rapidità d’azione del farmaco ne indica il suo impiego nei casi di ipercortisolismo severo qualora si renda necessario un controllo urgente
dei livelli di cortisolo, nella preparazione alla terapia
chirurgica, nel trattamento dell’ipercortisolismo nel
carcinoma corticosurrenalico in associazione con il
mitotane in attesa dell’effetto adrenolitico indotto da
quest’ultimo.
Chetoconazolo
È un preparato imidazolico antifungino che inibisce
la sintesi del cortisolo agendo su diversi enzimi del
CYP450 inducendo una riduzione non solo nella sintesi del cortisolo e dell’aldosterone ma anche degli
androgeni. Inoltre, la capacità di questo composto
di legare il recettore dei glucocorticoidi gli conferisce
un duplice meccanismo d’azione: l’inibizione della
steroidogenesi e il mancato effetto ormonale per il
blocco a livello recettoriale50. Il chetoconazolo è stato
per più di tre decadi largamente utilizzato (off-label),
come inibitore della steroidogenesi, nel trattamento
di pazienti con sindrome di Cushing51. Dal 2014 l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ne ha permesso l’immissione in commercio per il trattamento della
sindrome di Cushing endogena in adulti e in adolescenti di età superiore ai 12 anni. Il chetoconazolo,
nella formulazione in compresse da 200 mg, prevede
una somministrazione iniziale compresa tra 400-600
mg/die suddivisa in più somministrazioni giornaliere
fino a un massimo di 1200 mg/die considerando come obiettivo il raggiungimento della normalizzazione
dei livelli di cortisolo urinario e/o plasmatico. L’evento avverso più temuto nel trattamento con questo farmaco è rappresentato dalla epatotossicità. È opportuno, quindi, prima di iniziare la terapia con il farmaco
eseguire una valutazione completa della funzionalità
epatica (AST, ALT, γGT, fosfatasi alcalina, bilirubina).
Livelli enzimatici due volte superiori il limite massimo di normalità sconsigliano di intraprendere terapia con chetoconazolo. Si raccomanda di eseguire un
monitoraggio della funzione epatica ogni qualvolta
si decida di incrementare la posologia del farmaco.
Tuttavia, le diverse casistiche pubblicate segnalano
un aumento significativo delle transaminasi solo nel
2,5% dei pazienti sottoposti a trattamento. Comunque
la riduzione della posologia comporta un miglioramento degli indici epatici compreso tra le 2 e le 12
settimane52. L’esecuzione di un tracciato elettrocardiografico per il controllo sull’intervallo QTc deve
essere eseguito prima dell’inizio della terapia e a una
settimana dall’inizio del trattamento. Il monitoraggio
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biochimico e clinico è indispensabile, poiché in percentuali che si aggirano intorno al 5,4% di pazienti
trattati con alte dosi di chetoconazolo è stato descritto un quadro di insufficienza surrenalica. Inoltre, non
va trascurato il fenomeno dell’escape che si verifica
nell’11% circa dei pazienti trattati52. Deve essere considerato nell’uso concomitante di altri farmaci che il
chetoconazolo inibisce il citocromo CYP3A4 e questo
effetto comporta una riduzione del metabolismo degli altri farmaci e un aumento del loro effetto. Inoltre,
l’inibizione da parte del chetoconazolo della pompa di efflusso P-gp che lega i composti farmacologici, aumenta la biodisponibilità plasmatica di questi
ultimi51. Considerato il molteplice effetto inibitorio
nel processo di biosintesi steroideo, il farmaco può
essere considerato nel trattamento di tutte le forme
di ipercortisolismo. Esso permette oltre che una diminuzione del cortisolo anche una diminuzione degli ormoni androgeni, ponendosi come trattamento
particolarmente indicato nelle pazienti iperandrogeniche affette da sindrome di Cushing. Tuttavia, il chetoconazolo è controindicato in gravidanza, quindi il
suo impiego nelle donne in età fertile deve prevedere
il ricorso a metodiche contraccettive valide. È opportuno considerare che nei soggetti di sesso maschile
però, l’inibizione della sintesi degli androgeni dovuta
al chetoconazolo può, a lungo andare, essere causa di
effetti estrogenizzanti51,52.
tivi al farmaco sul controllo della malattia avanzata
sono incoraggianti, questo ha suggerito l’impiego del
farmaco in terapia adiuvante. Le linee-guida ESMO
del 2012 raccomandano l’impiego del mitotane in
quei pazienti ad alto rischio, rappresentati da neoplasia in stadio III (secondo la classificazione proposta
dallo European Network for the Study of Adrenal Tumors - ENSAT), dalla persistenza di malattia residuale
post-chirurgica (margini di resezione R1 o Rx) associata a un indice di proliferazione definito dal Ki67
superore al 10%. Mentre la scelta di intraprendere
terapia adiuvante con mitotane nei casi di neo­plasia
in stadio I e II, assenza di residui di malattia (margini
di resezione indenni: R0) e Ki67 inferiore al 10% non
è obbligatoria e rimane una libera scelta del medico59.
Nella malattia metastatica spesso il mitotane si associa a diversi agenti chemioterapici60,61. Il razionale di
questa scelta risiede nell’osservazione che il farmaco
riduce l’espressione del gene MDR1, codificante per
una pompa di estrusione che espelle chemioterapici
dalla cellula, contrastando così il fenomeno della resistenza farmacologica della neoplasia62. Sebbene in
una casistica minoritaria, il mitotane trova indicazione anche nella terapia della sindrome di Cushing particolarmente severa, secondo la prescrivibilità della
normativa vigente.
Mitotane
La risoluzione della sindrome di Cushing surrenalica si avvale con successo nella maggior parte dei casi
della terapia chirurgica. Tuttavia, la terapia medica
con gli inibitori della steroidogenesi rappresenta un
supporto farmacologico fondamentale, sicuramente
nella fase di preparazione chirurgica all’intervento o
in presenza di un quadro ormonale grave che necessiti di una veloce risoluzione. Le recenti acquisizioni
della genetica dimostrano che il Cushing è un’entità
patologica eterogenea dal punto di vista etiopatogenico e clinico-morfologico. In ognuno di questi casi però l’incrementata sintesi di cortisolo, effettore finale
della patologia, determina un pericoloso incremento
del danno metabolico in questi pazienti. Alla luce di
queste conoscenze la sfida che si presenta all’endocrinologo prevede il riconoscimento diagnostico dei
“diversi tipi” di Cushing. Esistono infatti alcuni quadri
patogenetici che più o meno lentamente determinano l’instaurarsi di un ipercortisolismo con un coinvolgimento talvolta bilaterale della ghiandola, come
accade nelle forme di PBMAH. L’ipercortisolismo
insorto o più spesso diagnosticato in età avanzata è
frequentemente gravato da complicanze, che impediscono di sottoporre il paziente a intervento chirurgico
o per il quale l’intervento chirurgico probabilmente
non sarebbe più in grado di risolvere il disordine
metabolico cronicamente indotto dall’eccesso ormonale. L’indicazione all’impiego degli inibitori della
steroidogenesi risulta adeguata in rapporto alle loro
caratteristiche farmacodinamiche e allo scenario clinico da fronteggiare: il metirapone nella remissione
Indicato nel trattamento del carcinoma corticosurrenalico, il mitotane è un isomero dell’insetticida
DDT dotato di una potente azione adrenolitica. Il suo
meccanismo d’azione, non definitivamente chiarito,
prevede l’inibizione di geni che codificano per enzimi coinvolti nella steroidogenesi all’interno dei mitocondri53. Il farmaco produce una degenerazione focale delle zone fascicolata e reticolare (surrenectomia
chimica) e in minor misura della zona glomerulare54.
La somministrazione del farmaco in compresse da
500 mg avviene per via orale fino al raggiungimento
della concentrazione plasmatica target compresa tra
14 e 20 mg/L. Tale “finestra terapeutica” raggiunta
in media con l’assunzione di circa 4-6 g/die è quella che identifica l’attività antitumorale del farmaco55.
L’osservazione di questo range ha permesso di osservare, in studi retrospettivi, una risposta farmacologica nettamente superiore (55% vs 25% circa) quando
l’intervallo di concentrazione era rispettato56. Questi
dati dimostrano la necessità di monitorare la concentrazione plasmatica del farmaco e di attenersi al range
terapeutico di riferimento57. Il mitotane essendo un
induttore enzimatico del citocromo CYP34A, aumenta il metabolismo di diversi farmaci provocando la
perdita di efficacia di molte molecole impiegate comunemente in terapia, quali i farmaci antiipertensivi,
le statine, gli antibiotici58. Il mitotane è attualmente
considerato il farmaco di scelta nella terapia medica
del carcinoma corticosurrenalico. Poiché i dati rela-
Considerazioni finali
579
580
Recenti Progressi in Medicina, 107 (11), novembre 2016
in tempi brevi dell’ipercortisolismo e nel trattamento
preoperatorio, il chetoconazolo, per le sue caratteristiche di blocco enzimatico multiplo, trova particolare
indicazione in pazienti con elevati livelli di androgeni
ricordando che un attento monitoraggio epatico permette un trattamento a lungo termine63. Il mitotane
ha una precipua indicazione oncologica nella terapia
adiuvante e in combinazione con diversi chemioterapici nel trattamento del carcinoma corticosurrenalico. Esperienze recenti hanno provato a combinare tra
loro inibitori diversi della steroidogenesi in pazienti
con controllo incompleto della sintesi ormonale o
nel tentativo di migliorare la tollerabilità delle diverse molecole attraverso la riduzione della posologia. I
risultati ottenuti, sebbene preliminari, sembrano essere promettenti64. La disponibilità di questi farmaci,
oggi, rappresenta un valore aggiunto nella strategia
terapeutica della sindrome di Cushing, fornendo una
significativa chance terapeutica all’ipercortisolismo.
Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di
interessi.
Gli autori (AS, LC, VT) hanno contribuito in egual misura alla stesura
dell’articolo. La strutturazione del manoscritto è stata curata da AS e
da LC; la revisione critica da VT.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Antonio Stigliano
Endocrinologia
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare
Ospedale Sant’Andrea
Sapienza Università di Roma
Via di Grottarossa 1035/1039
00189 Roma
E-mail: [email protected]
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