Il Cushing spiegato da Edward Feldman Diagnosi, caratterizzazione e terapia medica dell’iperadrenocorticismo a Rimini Tre relazioni della sessione di Medicina Interna del 62° Congresso Internazionale SCIVAC (Rimini, 29-31 maggio 2009) sono state dedicate alla sindrome di Cushing, affidata di diritto a Edward Feldam (DVM, Dipl. ACVIM, Università della California). Il relatore ha inizialmente passato in rassegna i sintomi che la caratterizzano: PU, PD, polifagia, aumento di volume dell’addome, alopecia, polipnea, debolezza muscolare, assottigliamento della cute e letargia. Questi sintomi sono determinati da un eccesso di cortisolo, che nell’85% dei casi è dato dalla presenza di un tumore ipofisario e nel restante 15% da una neoplasia delle corticale surrenalica. In alcune razze è di riscontro più frequente (Barboncini, Bassotti, Beagle, Boston Terrier, Boxer ecc.) ma può colpire tutti i cani, di ogni età, con una particolare prevalenza in soggetti di 7-8 anni. Fin dall’inizio il relatore ha voluto sottolineare che la diagnosi deve essere essenzialmente clinica ed è per ciò importante dialogare con il proprietario, fare un buona anamnesi e un accurato esame obiettivo generale. Il proprietario di un cane affetto da questa patologia spesso lamenta il fatto che il proprio animale beve molto, problema molto sentito e che inficia la buona convivenza tra i due, oppure può a volte riferire la perdita di pelo. Molto spesso i sintomi vengono sottovalutati e imputati all’invecchiamento dell’animale. Partendo da questa premessa e dal fatto che nessun test possiede sensibilità e specificità ideali, Feldman ha presentato i diversi test che si possono utilizzare. Dagli esami di laboratorio eseguiti abitualmente (esame emocromocitometrico, profilo biochimico, esame urine) si possono avere dei dati aspecifici, quali l’aumento della fosfatasi alcalina e del colesterolo, azotemia ai limiti inferiori della norma, peso specifico urinario inferiore a 1020. Il test di stimolazione con ACTH non aiuta molto a distinguere tra cani sani e cani affetti da Cushing, essendo poco sensibile (risultati anomali nel 40% dei soggetti con iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente (PDH) e in meno del 35% dei soggetti con tumore surrenalico (ACT), valori border line nel 20% dei PDH e nel 15% dei ACT), ma può aiutare nel monitoraggio della terapia. Il rapporto cortisolo/creatinina nell’urina è invece un ottimo test di screening in quanto è molto sensibile, ma è poco specifico, per cui non può essere usato da solo nella diagnosi del Cushing. Possiamo invece avere una conferma della diagnosi con il test di stimolazione con basse dosi di desametazone (LDDS) (0,01 mg/kg), grazie alla sua elevata sensibilità e specificità. Nel 90% dei casi di Cushing si ha un valore di cortisolo maggiore di 1,4 microg/ml dopo 8 ore dalla somministrazione. Quest’ultimo test può essere inoltre utilizzato nella differenziazione tra PDH e ACT semplicemente misurando il valore di cortisolo anche dopo 4 ore dalla somministrazione: se dopo 4 ore è soppresso (cioè presenta un valore minore di 1 mcg/dl oppure inferiore del 50% rispetto al valore basale) e dopo 8 ore è elevato (maggiore di 1,4 mcg/dl ma inferiore del 50% del valore basale), nel 65% dei casi si tratta di PDH; al contrario, nei casi di ACT il valore rimane sempre elevato (poiché l’ACTH è comunque soppresso dalla presenza in circolo di cortisolo prodotto dalla neoplasia). Altro test da eseguire, al fine di evitare di trascurare il restante 35% dei casi di PDH che non seguono questo criterio, è l’ecografia addominale. In caso di PDH l’ecografia mostra in genere surreni bilateralmente ingrossati mentre in caso di ACT si può identificare la massa. Nella relazione riguardante la terapia della sindrome di Cushing, Feldman non si è soffermato sull’approcio chirurgico del PDH. Infatti sono ancora pochissimi i chirurghi veterinari preparati ad eseguire questi tipo di intervento, che in medicina umana rappresenta la terapia di elezione. La surrenalectomia dovrebbe essere effettuata da chirurghi specialisti e in strutture capaci di affrontarne le eventuali complicanze postoperatorie. La lezione è stata invece incentrata sulla terapia medica, in particolare con o,p’DD e trilostano. Nel cane il primo di questi determina una distruzione della corticale surrenalica e, al dosaggio adeguato, risparmia la zona glomerulare. Un protocollo prevede una somministrazione giornaliera del farmaco (50 mg/kg SID) finché il cane non beve meno di 60 ml/kg/die, ma il relatore preferisce somministrare 25 mg/kg BID. Al proprietario dell’animale viene raccomandato di somministrare in totale 2/3 della razione giornaliera di cibo e di fermarsi quando diminuisce l’appetito del cane, o se vomita o presenta diarrea. Questo si ottiene con una buona compliance del proprietario, che dovrà essere chiamato tutti i giorni per valutare la situazione. Generalmente la soppressione avviene in 5-9 giorni (nell’80% dei casi). A questo punto dovrà essere eseguito una test di stimolazione con ACTH per valutare se è stato ottenuto un buon controllo, cioè concentrazioni di cortisolo plasmatico pre- e post ACTH maggiori di 1,5 mg/dl e minori di 5,5 mg/dl. In seguito la terapia prosegue con uguali dosi di mantenimento una volta alla settimana, con controlli a 1-3-6 mesi. Se la concentrazione plasmatica di cortisolo post-ACTH è normale o elevata bisogna aumentare la dose o la frequenza di somministrazione, se al contrario è inferiore a 1,5 mg/dl è necessario diminuire la dose. Il trilostano agisce mediante blocco della sintesi del cortisolo. Il relatore stesso e i suoi collaboratori hanno compiuto diversi studi per ottiminizzarne le dosi e la frequenza di somministrazione. Feldman ha consigliato di iniziare la terapia con una dose più bassa (0,5-1 mg/kg BID), rispetto a quelle utilizzate nei primi studi. Al primo controllo dopo 8-10 giorni, si effettua un test di stimolazione con ACTH dopo 2-4 ore dalla somminstrazione del farmaco e si richiede un campione di urine prelevate al mattino stesso. L’intervallo desiderato per la concentrazione di cortisolo è tra 1 e 2 mcg/ml. Se il cortisolo è elevato è necessario aumentare la dose del farmaco, se à basso viene diminuita. Allo stesso tempo si controlla il peso specifico urinario o il rapporto cortisolo/creatinina che, se alterati, indicano un rapido metabolismo del farmaco e quindi la necessità di somministrarlo più volte durante la giornata. Il relatore ha concluso ricordando che, alla fine, più che dei test bisogna fidarsi del proprietario, in quanto nella gestione di questo tipo di patologia è molto importante che egli riferisca un buon controllo dei sintomi e che sia stato salvaguardato il rapporto con il suo animale da compagnia.