TEORIE DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA

TEORIE DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA
1. SOCIETA' E COMUNICAZIONI DI MASSA
1.1 La società di massa
Gili definisce la società di massa come un <<società in cui le istituzioni relative ai diversi sottosistemi sociali
sono organizzate in modo tale da trattare con vasti insiemi di persone viste come unità indifferenziate di un
aggregato o “massa”>>. I tratti tipici della società di massa si rintracciano nelle << società differenziate
funzionalmente, cioè composte “atomisticamente” di individui che non appartengono più integralmente ad
un certo segmento o status sociale, ma dispongono dell'accesso ai diversi sistemi differenziati, rilevanti nella
loro vita>> . Questa differenziazione funzionale di Gili è propria delle società moderne, dell'organizzazione
sociale nata con le trasformazioni di fine XIX. Proprio da quel periodo si parte per capire la natura della
società di massa e delle comunicazioni di massa.
Di fronte alle trasformazioni conseguenti l'industrializzazione, gli strumenti interpretativi sembrano
inadeguati.
In realtà, è la società che sta cambiando e che necessita di un approccio nuovo per cogliere la complessità
delle relazioni.
Tra i primi che si interrogano sulla natura della società nuova c'è Claude-Henri Saint Simon (1760-1825),
che offre una nuova chiave di lettura, ed è visto come il fondatore del socialismo moderno e della sociologia
positivista. Egli elabora il concetto di “società organica”, una società equiparata ad un organismo in cui tutti i
soggetti sono parti. In questo organismo regna l'armonia, frutto di uno sviluppo di tutti i suoi elementi: se ci
fosse un mutamento solo in uno, ci sarebbe uno squilibrio. Perché si affermi questo modello, la
riorganizzazione della società deve avvenire su basi scientifiche e su lavori industriali. Nella sua “fisiologia
sociale” la differenziazione delle parti nell'organismo sociale è inevitabile controllabile e organizzabile su
basi scientifiche. La società deve basarsi sul lavoro e l'unico potere legittimo e giustificabile è quello
economico i Mattelart sostengono che il saintsimonismo esprime lo spirito imprenditoriale della secondo
mondiale XIX secolo.
Nonostante il loro ottimismo, Saint Simon apporta un contributo significativo allo sviluppo della sociologia
elaborando una società composta da parti separate, che si ricompongono e trovano armonia sviluppandosi.
Proprio l'accentuazione della differenziazione tra parti sarà la base per l'elaborazione di una teoria di una
società di massa.
Seguiremo il legame tra Saint Simon e Comte, padre della sociologia.
Nel suo Corso di filosofia positiva, Comte propone una concezione organica della società, che vede la
società come un particolare organismo collettivo. In questo organismo c'è una molteplicità di parti che opera
in modo coordinato. Questo comporta l'esistenza di una divisione dei compiti tra i soggetti per mantenere un
armonia complessiva; quindi, l'introduzione del concetto di specializzazione. La nostra semplice vita
domestica,che, contiene il germe essenziale della vita sociale, ha sempre dovuto manifestare lo sviluppo di
una certa specializzazione individuale delle funzioni, senza cui la famiglia non potrebbe realizzare il suo
scopo.
La specializzazione nell'organismo sociale, tuttavia, comporta il rischio di un eccesso di specializzazione tale
da indebolire lo spirito di insieme.
Può accadere, cosi, che in una società in cui si ha una sviluppata specializzazione delle funzioni, si assista a
una scomposizione della stessa società “in una moltitudine di corporazioni incoerenti, che sembrano quasi o
per niente appartenere alla stessa specie”. Più gli individui occupano posizioni diverse,sviluppando forti
legami fra simili, più si riduce la capacità di comprendere i soggetti che occupano altre posizioni. La
specializzazione, che pure garantisce l'armonia dell'organismo sociale rischia di produrre distanza tra gli
individui dando vita a inattese forme di disorganizzazione. Questa distanza e l'incomunicabilità tra individui,
frutto dell'eccesso di specializzazione, saranno uno dei <<punti di partenza di dibattito sulle comunicazioni
di “massa”>>. Sarà l'isolamento sociale in cui saranno proiettati gli individui l'humus su cui si svilupperà la
teoria ipodermica.
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Riprendendo il filo rosso che lega Saint Simon a Comte, ciò che prende forma con il loro pensiero è l'idea di
una progressiva atomizzazione della società. A fronte dell'indispensabile specializzazione delle funzioni, c'è
il rischio di una perdita delle relazioni sociali significative per gli individui, rappresentati sempre più soli e
isolati.
Su questa trasformazione della sfera relazionale, altri elementi di conferma sono forniti da Ferdinand
Toennies (1855-1936) nel suo famoso lavoro “comunità e società”. Per lui, la Gemeinschaft (comunità) si
rifà a un modo di sentire comune, che fa si che gli uomini si sentano parte di un tutto. Al contrario, la
Gesellschaft (società) è impersonale e anonima, basata sulla relazione sociale tipica del contratto tra
individui per un tornaconto personale. Illustra cosi le differenze tra comunità e società: << la comunità è la
convivenza durevole e genuina, la società è solo una convivenza passeggera e apparente. E' coerente che la
comunità debba essere intesa come organismo vivente, e la società come aggregato e prodotto meccanico>>.
Pur manifestando un apprezzamento per la comunità, è consapevole dell'inevitabile affermazione della
società a danno della comunità dopo l'industrializzazione. Cosi prevede che nella società industriale
scompariranno i sentimenti comuni e reciproci, con cui gli individui restano uniti, mentre si affermeranno
relazioni basate sul contratto. Gli individui continuano ad essere descritti soli e immersi in relazioni sociali
meno condivise fino ad arrivare a ciò che Durkheim chiama “anomia”, mancanza di norme.
Il concetto di anomia, elaborato ne La divisione del Lavoro Sociale, sta in una più ampia riflessione sul
fondamento morale che deve avere la società. Con la solidarietà meccanica e organica, Durkheim
ricostruisce le relazioni stabilite in una società. La solidarietà meccanica deriva dalle somiglianze tra
individui, si accompagna a una divisione del lavoro elementare e si caratterizza per dare vita a un essere
collettivo. La solidarietà organica, nasce, dall'eterogeneità tra individui, si traduce in una divisione del lavoro
sviluppata e vive a seguito di numerose relazioni formali e frammentate.
Le caratteristiche della solidarietà organica possono dar vita, in casi estremi, a un istituzione di anomia dove
la società non è più in grado si regolare e limitare l'agire degli individui. Gli individui, qui, esasperano
l'individualità e si mostrano incapaci di autoregolarsi, alla ricerca di nuove mete e nuove soddisfazioni.
La costruzione ideale degli individui fatta dai padri della sociologia, si definisce con un diffuso senso di
isolamento, un rischio di anomia e una separatezza frutto di un eccesso di specializzazione. Ciò che viene
meno è la capacità di sentirsi parte di una comunità.
In una società cosi gli individui vivono in una condizione di isolamento, fuori da una rete di relazioni
significativa come quella caratteristica della comunità; vivono quasi esclusivamente relazioni impersonali,
caratteristiche della società; sono relativamente liberi da pressioni sociali vincolanti, rischiando di dar vita a
situazioni di anomia.
Queste categorie analitiche continuarono ad essere usate per interpretare il nuovo modello di società e per
sostenere elaborazioni della teoria della società di massa e poi della teoria ipodermica.
1.2 La teoria della società di massa
Il sipario del XX secolo offre un palcoscenico occupato da un nuovo soggetto: la massa. Secondo Statera
<<il primo affacciarsi delle masse nelle società europee produsse diverse reazioni contrastanti tra gli
intellettuali. Il termine massa fu inizialmente associato a qualcosa di amorfo, magmatico imprevedibile e
pericolosamente instabile; massa era sostanzialmente la massa bruta, soggetta alle più svariate sollecitazioni.
Con la sola accezione di chiavi di lettura ispirate al Marxismo che vedevano nelle masse l'occasione per
accelerare il processo rivoluzionario, prevaleva una concezione della massa manipolabile e portatrice di un
istinto di sottomissione, come teorizzato dalla psicologia delle folle di Le Bon.
Il concetto di massa assume, cosi, centralità nelle riflessioni di studiosi e intellettuali.
In sociologia politica, un contributo significativo a un clima di preoccupazione circa la massa viene dai
teorici dell'élitismo, Mosca, Pareto e Michels. Essi condividevano l'idea secondo cui in tutte le società, la
massa è uno strumento di manovra a disposizione delle élites. Questo deriva dalla forza delle élites, capaci di
costituirsi come gruppo omogeneo, in contrapposizione alla disorganizzazione delle masse. Per avanzare
rivendicazioni e proporsi come alternativa al governo, non basta essere numerosi; piuttosto è necessario
dotarsi di un organizzazione. <<il meccanismo dell'organizzazione, mentre crea una solida struttura, provoca
nella massa organizzata notevoli mutamenti, come il capovolgimento del rapporto del dirigente con la massa
la divisione di ogni partito in due parti: una minoranza che deve dirigere e una maggioranza diretta>>.
Abbandonando il campo della politica, si trovano preoccupazioni sui rischi della massificazione da parte di
Ortega y Gasset. Ortega pone al centro della sua riflessione la qualità dell'uomo-massa in antitesi
all'individuo “colto”: la massa è irrazionale e incompetente, e con il suo avvicinarsi alla società rischia di
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diffondere ignoranza e irrazionalità, facendo venir meno la razionalità, unica in grado di preservare in vita
l'organismo sociale. Ortega è smarrito e preoccupato: <<il cambiamento del mondo sta nel fatto che esso è
crollato>>. L'irruzione della massa sulla scena sociale rappresenta l'indicatore più evidente di una
trasformazione profonda di un mondo che mai tornerà come prima. L'immagine dell'individuo colto è
destinata a far parte della memoria di pochi superstiti dei ceti colti.
Da un versante sociologico, Simmel sostiene che la massa si fonda sull'esaltazione delle parti che
accomunano gli individui piuttosto di quelle che le differenziano.
Ancora una volta vengono sottolineati i tratti dell'irrazionalità, della disorganizzazione della difficoltà a
trovare tratti identitari comuni, dell'isolamento degli individui che abitano la società di massa.
Isolamento sottolineato anche da Blumer (1946) quando sostiene che <<la massa è un aggregato anonimo o
più precisamente, un aggregato di individui anonimi tra cui esiste scarsa interazione>> questa carenza di
interazione si riflette sulla difficoltà degli individui a condividere quadri valoriali, e di difendersi dal sogno
di modelli estranei alla propria sfera di vita. Oltre a ciò la massa non sa darsi una struttura organizzativa e
regole di comportamento.
Ovviamente decenni di riflessioni sul concetto di società di massa non possono essere sintetizzati in poche
pagine.
Il precedente quadro riepilogativo ha l'obiettivo di ricostruire il clima culturale e scientifico dei primi anni
del secolo che ha visto nascere la prima teoria sulle comunicazioni di massa. La teoria ipodermica, la prima
usata per dar conto della presenza dei mass media, può tranquillamente essere ridotta a un modello: un
dispositivo di connessioni che lega emittente e destinatario, annullando ogni variabile interveniente.
I postulati a cui si riferisce la teoria ipodermica discendono da quelli alla base della teoria della società di
massa:
1. nella società contemporanea sono scomparsi i gruppi primari;
2. gli individui sono isolati
3. gli individui annullano l'esaltazione dei tratti personali per lasciare spazio a quelli impersonali della
massa;
4. il pubblico delle comunicazione di massa è un pubblico atomizzato;
5. i mezzi di comunicazione di massa sono onnipotenti e permettono a chi li controlla di manipolare gli
individui
Per sintetizzare il punto di partenza della nascita delle teorie nelle comunicazioni di massa si può essere
d'accordo con Wolf, << isolamento del singolo individuo nella massa anonima è il prerequisito della prima
teoria sui media>>.
L'intreccio che lega la sociologia alla nascita dei media non può essere marginalizzato alla luce del fatto che
<<il momento storico che ha visto la nascita dei media è il medesimo che ha preoccupato i sociologi e ha
dato origine alla sociologia moderna, la nuova società prodotta dalla rivoluzione industriale è intimamente
attraversata dai mezzi di comunicazione di massa>>.
1.3 La teoria Ipodermica, ovvero la teoria che <<Never Was>>
La teoria ipodermica, o bullet theory (teoria del proiettile magico), o teoria della cinghia di trasmissione, fa
riferimento a un modello comunicativo caratterizzato da una relazione diretta e univoca che lega lo stimolo
alla risposta. In termini grafici ( R): S → R.
Questa ha goduto di uno strano destino: definita dai Lang come una teoria che <<never was>>, per la
profonda estraneità mostrata dagli scienziati sociali, è stata recuperata per enfatizzare il carattere
manipolatorio delle comunicazioni di massa. A tal proposito si citano Adorno e Horkaimer che hanno dato
vita alla <<teoria critica>>.
Con la teoria ipodermica il potere dei media consegue l'obiettivo di voler imporre la volontà di chi li governa
agli individui della massa. Noelle-Neumann, nella sua ricostruzione ciclica delle teorie della comunicazione
colloca la teoria ipodermica nella fase iniziale, cioè, in quella dei “media potenti”.
Le preoccupazioni sul potere manipolatorio dei media trovarono buon terreno nel clima di opinione che, da
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un lato temeva i pericoli dell'avanzata delle masse nella vecchia Europa e le conseguenze devastanti della
guerra e, dall'altro, adottava a riferimento la teoria dell'azione elaborata dalla psicologia behaviorista. Questo
riferimento comportava l'estensione dell'unità stimolo-risposta ad ogni forma di comportamento. 'approccio
behaviorista, saldandosi alla teoria della società di massa, completava il rapporto tra individui e mezzi di
comunicazione di massa determinati da questi ultimi. Per ciò che riguarda il contesto sociale,politico e
culturale, circolava, fra gli studiosi e gli intellettuali, una preoccupazione circa i rischi derivanti dal ricorso
alla propaganda. Questa preoccupazione fu data dalla grande guerra e dai profondi sconvolgimenti avvenuti
in quegli anni in Europa. In un contesto così la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa dava molti
problemi. Il loro sistema di allora consisteva nella stampa, nella radio e nel cinema. A tale proposito si
trovano le ricerche condotte dai Payne Fund Studies sul consumo cinematografico.
La preoccupazione sugli effetti manipolatori dei mezzi di comunicazione era molto diffusa anche in assenza
di elementi empirici di sostegno.
I postulati su cui si fonda la teoria ipodermica sono:
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il pubblico è una massa indifferenziata, all'interno della quale ci sono individui isolati;
i messaggi dei media sono potenti fattori di persuasione capaci di entrare all'interno degli individui;
gli individui sono indifesi di fronte al potere dei mezzi di comunicazione di massa;
i messaggi sono ricevuti da tutti i membri nello stesso modo.
Il punto di partenza x studiare il rapporto tra mezzi di comunicazione di massa e individui si caratterizza x la
collocazione di questi ultimi in una sorta di vacuum sociale: non vi sono più relazioni familiari, di lavoro, di
amicizia. Gli individui sono soli, esposti agli stimoli esercitati dai media.
In questo vuoto i messaggi colpiscono come un proiettile magico gli individui; non essendovi barriere gli
individui risultano indifesi e preda dei messaggi mediali, che vengono ricevuti in modo standard.
In questo modello c'è l'assoluta semplificazione del rapporto comunicativo, ridotto a mero automatismo
come quello che consegue alla somministrazione al cane di Pavlov. Non c'è nessuna traccia di qualche forma
di potere ascrivibile ai destinatari, ridotti a semplici comparse sulla scena organizzata e gestita dalle
istituzioni mediali. Sono chiaramente evidenti le suggestioni che derivano da un'idea di società di massa, ma
stupisce la raffigurazione di un individuo ideale, privo di qualsiasi legame con i gruppi primari. Questo
disinteresse arriva fino a negare qualsiasi azione interpretativa dei messaggi ricevuti: tutti sono raggiunti
dagli stessi messaggi, i messaggi sono ricevuti da tutti allo stesso modo.
Il modello comunicativo dell'approccio stimolo-risposta proprio della bullet theory è visto come il primo
tentativo di individuazione del rapporto esistente tra media e individui. E' un modello semplice che
rispondeva all'esigenza conoscitiva di stabilire un nesso tra il momento della veicolazione del messaggio e
quello della fruizione.
La semplicità di queste relazioni affascina due ingegneri, che elaborano la “teoria matematica della
comunicazione”. L'obiettivo era quello di elaborare una teoria sulla trasmissione ottimale dei messaggi: i due
ingegneri erano interessati a limitare i danni di un processo di trasferimento di informazioni. Per esempio,
una conversazione telefonica, corre il rischio di perdere numerose informazioni a seguito di scariche presenti
sulla linea. Il modello comunicativo sotteso alla teoria ipodermica e a quella matematica vi coincide: vi è un
emittente che costruisce e veicola un messaggio (lo stimolo nella teoria ipodermica) che deve arrivare al
destinatario, consentendo l'attivazione di una risposta. Eco sottolinea come sia possibile rintracciare una
fonte o una sorgente dell'informazione, dalla quale, attraverso un apparato trasmittente viene messo un
segnale; questo viaggia attraverso un canale lungo, il quale può essere disturbato da un rumore. Uscito dal
canale, il segnale viene raccolto da un ricevente che lo converte in un messaggio. Come tale, il messaggio
viene compreso dal destinatario.
Come afferma Eco, questo schema può essere applicato ad una comunicazione tra macchine, tra esseri umani
e tra macchine ed esseri umani. Estraneo a questo processo è il momento dell'attribuzione di significato al
messaggio da parte del ricevente: esso è semplicemente dato a tutti i soggetti.
La semplicità e la versatilità do un modello fondato su un rapporto diretto tra emittente e destinatario sono
alla base del successo delle analisi sul rapporto tra media e individui. Considerando il modello matematicoinformazionale si può intuire il fascino di una formulazione sul piano formale e in grado di dare risposte
semplici seppure poco argomentate. Qualsiasi modello che ha alla base delle sue riflessioni un rapporto tra i
media e gli individui ha come difetto l'assoluta irrilevanza conoscitiva. La teoria ipodermica può solo
continuare a rappresentare il pezzo più pregiato dell'archeologia del presente.
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1.4 Il modello di Lasswell
Introducendo il modello di Lasswell, Wolf sottolinea l'aspetto di superamento della teoria ipodermica,
evidenziandone le innovazioni. Non si tratta di un superamento ma di un perfezionamento quando lo
studioso illustra gli elementi della formula: <<la formula ribadisce un assunto molto forte, che invece la
bullet theory asseriva esplicitamente nella descrizione della società di massa: l'assunto cioè che l'iniziativa
sia esclusivamente del comunicatore e che gli effetti siano esclusivamente sul pubblico>>.
La passività del destinatario viene ribadita ancora. Il modello di Lasswell si configura come una messa a
punto del modello precedente, sollecitata dalla necessità di fare ordine nel campo della comunication
research. E' sufficiente illustrare il modello per cogliere appieno la sua validità euristica: un modo
appropriato per descrivere un atto di comunicazione è rispondere alle seguenti domande:
chi
dice che cosa
a chi
con quale effetto.
Oltre a descrivere il processo comunicativo, il modello di Lasswell organizza il caotico campo della ricerca e
dell'analisi di oggetti di indagine distinti.
Prestare attenzione a chi attiva il processo comunicativo significa collocarsi nell'area dell'emittenza: cioè di
quei soggetti che producono messaggi comunicativi.
Gli studi sull'organizzazione del lavoro giornalistica, delle nuove tecnologie di comunicazione si trovano in
un filone di studi che ruotano intorno alla figura dell'emittente e che hanno percorso due strade, prima
separate e poi fatte confluire in alcuni approcci più recenti, l'una tracciata dalla sociologia delle professioni,
l'altra dalla sociologia del lavoro e dell'organizzazione.
Prestare attenzione a <<cosa>> viene comunicato, comporta una collocazione nell'area di studio del
messaggio. Il filone ricco della content analysis trova in Lasswell il suo padre fondatore, con studi sulle
tecniche di persuasione usate durante la prima guerra mondiale. In seguito egli perfezionò la sua metodologia
di ricerca applicandola all'analisi degli slogan pronunciati nella festa del 1 maggio nell'Unione Sovietica.
Questa ricerca continua ad essere un applicazione esemplare dell'analisi del contenuto .
Prestare attenzione a <<Chi>> è il destinatario del messaggio implica l'assunzione di un focus di attenzione
centrato sul pubblico dei media. Gli studi sull audience dei media sono molto cresciuti soprattutto negli
ultimi anni. Dopo aver per decenni fatto riferimento a un pubblico dei media noto e scontato, si è scoperto
che esistono pubblici con gusti e palinsesti trasversali ai vari media, di difficile individuazione. La difficoltà
a fare i conti con unsoggetto polimorfo è attuale e si manifesta nel volume Cercasi odiens disperatamente.
Infine, prestare attenzione a <<quali effetti>> vengono attivati nei destinatari significa entrare di forza nel
campo di studio degli effetti. Gli effetti intenzionali o inintenzionali, diretti o indiretti a breve o lungo
termine saranno, sin dagli inizi il campo privilegiato dagli studiosi che ricercano conseguenze attribuibili
all'azione dei media.
La tripartizione del campo di studio (emittenza, messaggio, ricezione) , frutto del modello di Lasswell,
continua ad essere un utile strumento di lavoro per organizzare la raccolta dei dati e per costruire una prima
visione di insieme. Nel voler dare conto dei processi comunicativi attivati dai mezzi di comunicazione di
massa, esso rende possibile l'individuazione dei diversi soggetti coinvolti e dei diversi momenti nel processo.
Questo processo comunicativo non supera però le critiche rivolte ai suoi presupposti teorici, che sono:
1. nell'asimmetria della relazione che lega l'emittente al destinatario: il processo comunicativo ha
origine solo nell'emittente, il ricevente entra in gioco solo come termine ultimo con cui si conclude il
processo;
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2. nell'indipendenza dei ruoli: l'emittente e il destinatario vengono raffigurati come due soggetti che
non entrano mai in contatto diretto ne appartengono allo stesso contesto sociale e culturale;
3. nell'intenzionalità della comunicazione: i messaggi veicolati dai media hanno sempre un obbiettivo,
che può essere nobile o meno nobile, buono o meno buono: in ogni caso, vi è sempre un
intenzionalità da parte dell'emittente.
Collocare il processo comunicativo in un contesto cosi significa escludere qualsiasi possibilità di attribuire
un ruolo più attivo al destinatario nonché di considerare la ricezione del messaggio un atto interpretativo da
parte del ricevente. Significa condannarsi a un impotenza conoscitiva derivante dall'impossibilità di integrare
nel modello ruoli e dinamiche utili a una lettura più complessa della comunicazione mediale.
Pur con questi e altri limiti, il modello di Lasswell può essere visto comeil primo che introduce allo studio
dei processi comunicativi, attribuendo ruoli e parti ai diversi soggetti coinvolti e precise dinamiche e
interazioni. Questo modello si pone come una pietra miliare che segna il punto di partenza di un percorso
conoscitivo ancora in corso.
1.5 L'allarme per gli effetti dei media: i << Payne Fund Studies>>
Negli anni 30 negli Stati Uniti si crearono le condizioni per fornire risposte agli interrogativi sugli effetti
delle comunicazioni di massa sul pubblico. Lo sviluppo dei metodi di ricerca empirica e l'incredibile
successo di pubblico registrato dal cinema sono le 2 condizioni che favorirono la nascita dei Payne Fund
Studies, un progetto di ricerca mirato a studiare gli effetti del cinema sulle giovani generazioni.
Sul versante dello sviluppo dei metodi di ricerca empirica,vanno ricordati i lavori di Bogardus sulla
costruzione di una scala di distanza sociale capace di misurare i pregiudizi razziali; e quelli di
Thurestone,finalizzati a costruire una scala di intervalli uguali per misurare qualsiasi atteggiamento.
Con questi studi,la metodologia quantitativa iniziativa il suo lungo cammino.
Una maggiore accuratezza metodologica degli scienziati sociali si accompagnò ad una crescente
preoccupazione di uno dei più diffusi mezzi dell'epoca,il cinema. Si parla di 40000000 di biglietti venduti
ogni settimana nel 1922,e di 40000000 di minori presenti tra gli spettatori cinematografici nel1929. All base
di tale successo c'è,innanzitutto, la relativa economicità del consumo, in un periodo di grande incertezza
economica,come quello creatosi intorno alla crisi del 1929. Il cinema si rivela la strada più percorribile per
trovare evasione e riposo nelle grandi storie prodotte da Hollywood. Queste storie,però, a volte,raccontano
vicende ritenute da alcuni riprovevoli. La preoccupazione per le giovani preoccupazioni, esposte a tali
messaggi,porta alla nascita dei Payne Fund Studies,che finanziarono ben 13 ricerche dal 1929 al 1932.
Riferendoci al modello di Lasswell,si può dire che oggetto di studio del gruppo di ricerca è il <<cosa>>
viene comunicato,cioè il contenuto del film e <<con quali effetti>> sul pubblico.
Non si presta attenzione al <<chi>> è diritta la comunicazione perché l'universo di riferimento coincide con
quella fascia d'età che va dagli scolari agli studenti universitari.
Il filone che si è interrogato sul contenuto dei film ha individuato 10 generi maggiormente presenti: crimine,
sesso, amore, mistero, guerra, infanzia, storia, avventura, commedia e questioni sociali.
I dati mostrano che il 75% dei film analizzati riguarda i generi crimine, sesso e amore. Spesso, venivano
ritratti individui che consumavano tabacco e alcool. Si trattava di risultati che confermavano la pericolosità
di un'offerta che era in contrasto con valori e comportamenti delle generazioni adulte e integrate.
Il filone della ricerca sugli effetti può essere articolato in due grandi are di interesse:
1. lo studio degli effetti del cinema sugli atteggiamenti degli individui;
2. lo studio degli effetti del cinema sul comportamento quotidiano degli individui.
La ricerca + significativa riguardo alla prima area è quella di Peterson e Thurstone che ha l'obiettivo di
prevenire alla costruzione di uno strumento di misurazione degli atteggiamenti; i due analizzarono
l'orientamento dei bambini nei confronti di alcuni gruppi etnici, di soggetti di nazionalità diversa, di alcune
questioni sociali, ecc.
L'atteggiamento del bambino venne misurato in procinto di vedere il film e poi al termine dell'esposizione. I
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risultati sottolinearono l'effettiva influenza esercitata dai film sugli atteggiamenti dei bambini, soprattutto di
quelli + piccoli. Essi rilevarono il fatto che l'esposizione a + film relativi a una medesima tematica favoriva
con maggiore frequenza, un mutamento di atteggiamento.
Un interesse x gli effetti attivati dal cinema sulla vita quotidiana interessa Blumer. Al contrario di Peterson e
Thurstone, Blumer adotta una metodologia qualitativa che verrà criticata. Nonostante ciò, la ricerca di
Blumer è ricca di suggestioni ancora attuali: influenza sui giochi infantili, imitazione di stili di vita,
coinvolgimento emotivo.
Il cinema influenza la vita dei bambini quando propone soggetti nei quali identificarsi e quando suggerisce
nuove scene, situazioni di comportamento da adottare nei giochi con i compagni. Ogni generazione ha avuto
i suoi eroi dell'infanzia ai quali ha donato un'altra vita ambientata nella creatività del gioco quotidiano.
Crescendo il cinema offre altro: consente l'acquisizione di un linguaggio e di uno stile. Diviene x molti una
“scuola di etichetta”: lì si può imparare lo stile femme fatale, si possono avere suggerimenti x condurre un
cortometraggio, si può imparare come vestirsi. Il cinema consente anche di immaginare una vita diversa: i
2/3 delle relazioni contenevano fantasia che spaziavano dal guidare una slitta trainata da cani tra le nevi
dell'Alaska, per gli uomini, al cadere tra le braccia di affascinanti corteggiatori, x le donne. Il coinvolgimento
emotivo rimanda alla capacità dei film di suscitare forti emozioni degli spettatori: una studentessa nella sua
relazione sostenne <<tutti i film in cui vi è pathos mi costringono ad usare il fazzoletto>>.
Al termine dell'analisi Blumer sostiene che le immagini dei film propongono tipi di vita estranei a molti
individui e modellano la loro concezioni di tali modelli di vita.
Queste parole contengono il superamento di qualsiasi approccio fondato su una dinamica stimolo-risposta, da
un lato, e su una visione comportamentista degli effetti dei media, dall'altro. Esse introducono un esplicito
riferimento alla funzione modellizzante attribuita dai media. L'incredibile portata innovativa presente nelle
riflessioni di Blumer sugli effetti di consumo prolungato di film fa considerare la ricerca The moovies and
conduct come la + rappresentativa tra quelle prodotte nell'ambite dei Payne Funde Studies.
Un'esperienza che si caratterizza per un significativo contributo allo studio delle comunicazioni di massa
mediante il ricorso alle tecniche di ricerca empirica, tanto da essere definita come una pietra miliare del
lungo percorso che ha portato lo studio dei mass media a divenire ciò che oggi è diventato: i Payne Fund
Studies possono essere accusati di mancanza di accuratezza metodologica e apprezzati perché hanno
costretto i futuri ricercatori a ricorrere a metodologie + raffinate, criticati per la loro naivité, dal punto di
vista teorico, o encomiati per la loro anticipazione di concetti e teorie che saranno sviluppate.
2. LO SVILUPPO DELLA RICERCA EMPIRICA: DALLA
MANIPOLAZIONE ALLA COMUNICAZIONE PERSUASORIA
2.1 La scoperta delle variabili intervenienti
Nel 1948 Berelson scriveva che: <<certi tipi di comunicazione su certi temi sottoposti all'attenzione di certi
tipi di persone, in certe condizioni, hanno certi effetti>>. Con questo testimoniava la grande cautela che si
stava diffondendo tra gli studiosi in merito alla problematica degli effetti. Questa problematica,
coerentemente col modello di Lasswell, presupponeva l'intenzionalità della comunicazione, cioè la volontà di
perseguire un obiettivo da parte dell'emittente.
Proprio in conseguenza all'intenzionalità della comunicazione, oggetto di studio privilegiato divengono le
campagne caratterizzate in relazione a <<obiettivi specifici e dichiarati e durata limitata, sponsor autorevoli i
cui obiettivi sono in sintonia con i valori condividi e con i fini delle istituzioni vigenti, e una popolazione di
target di notevole dimensione e dispersione>>.
L'assunzione dell'oggetto di studio campagna rispondeva a esigenze proveniente da ambiti diversi:
commerciali, interessati a ottenere dati sull'efficacia di campagne pubblicitarie e quelli degli studiosi, capaci
di descrivere e misurare gli effetti dell'esposizione ai messaggi mediali sugli individui. L'attenzione si
concentrò, quindi, su un unico tipo di effetto:quello sulla dimensione di influenza dei mass media sul
cambiamento di opinioni e atteggiamenti a brevissima scadenza.
Questo interesse congiunto per gli effetti delle campagne si pone come la chiave di lettura per identificare le
coordinate in cui si colloca la ricerca amministrativa e <<tutta la ricerca sperimentale che forniva dati utili ad
aumentare l'efficacia dei messaggi: il punto di vista presupposto era cioè quello degli effetti voluti o
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progettati dall'emittente>>.
Si pone anche come un'esplicita adozione dell'effetto a breve termine che segue l'esposizione al messaggio.
Su questo aspetto si sono soffermati i Lang, che hanno sottolineato come un approccio simile si neghi
qualsiasi possibilità di considerare l'effetto <<totale>> della comunicazione:quell'effetto frutto di una
comunicazione che non si riduce ai tempi di una campagna elettorale ma che si estende proprio tra una
campagna e l'altra.
L'elevato numero di ricerche prodotte in quegli anni testimonia la grande attività dei numerosi centri di
ricerca. Testimoni anche la progressiva diffusione di una consapevolezza circa la necessità di introdurre
fattori di mediazione tra i messaggi mediali e i membri dell'audience.
Il problema che si poneva era che il potere manipolatorio dei media sembrava non superare la prova della
ricerca empirica.
In breve, esistevano numerosi indicatori che si spingevano nella direzione di introdurre fattori di mediazione
tra i messaggi dei media e il pubblico.
Inizialmente, secondo McQuail, <<i ricercatori distinsero i possibili effetti secondo caratteristiche sociali e
psicologiche>>: ipotizzarono l'esistenza di fattori di mediazione connessi a tali ambiti. Usando l'espressione
<<variabili intervenienti>>, Katz e Lazarsfeld ampliano l'ambito applicativo del concetto e dichiarano che
esse contribuiscono a facilitare il flusso delle comunicazioni tra media e masse e a bloccare il flusso delle
comunicazioni. Pur in presenza di espressioni diverse appare chiara la consapevolezza del complesso
rapporto tra mass media e individui.
Una prima occasione x riflettere sulla complessità di tale rapporto venne offerta dal lavoro di Cantril, volto
ad analizzare le reazioni di panico derivati dall'ascolto del radiodramma La guerra dei mondi. Cantril prende
una netta distanza dell'approccio secondo cui i messaggi veicolati dai media sono ricevuti da tutti nello stesso
modo. Al contrario, lo stesso messaggio può essere ricevuto in modo diverso.
Seguendo Klapper i fattori di mediazione possono essere individuati in relazione al pubblico e al messaggio.
Con fattori di mediazione si fa riferimento a quell'insieme di variabili intervenienti che favoriscono o
ostacolano l'esposizione a determinati messaggi. Per la prima volta s affaccia la lettura secondo cui i membri
dell'audience possono sottrarsi ai messaggi dei media.
I fattori di mediazione rispetto al messaggio, invece, fanno riferimento al contenuto e alle modalità di
presentazione di quest'ultimo.
La grande mole di ricerche condotte alla fine degli anni 40 ha portato alla ribalta la questione dei fattori di
mediazione che si frappongono tra i media e gli individui, ponendo le basi x la costruzione delle teorie
dell'influenza selettiva, influenza che deve fare i conti con le differenze individuali rintracciabili nel pubblico
dei media.
Le acquisizioni conoscitive derivanti da una lettura che pone il destinatario dei messaggi mediali nella
condizione di sottrarsi alla comunicazione costituiranno le basi x l'elaborazione del cosiddetto <<paradigma
degli effetti limitati dei media>>.
Ci basti sottolineare che le ricerche che hanno
individuato i fattori di mediazione hanno contribuito in modo significativo a far abbandonare il concetto di
manipolazione x adottare quello di <<comunicazione persuasoria>>.
2.2 Il trionfo della radio: il caso della <<Guerra dei mondi>>
Il 30 ottobre 1938, la CBS trasmise il programma Mercury Theathre On the Air, che prevedeva la messa in
onda del radiodramma di Orson Welles dal titolo La Guerra dei mondi, uno dei + rilevanti eventi mondiali di
tutti i tempi. Su circa di 6 milioni di radioascoltatori una consistente quota, 1 milione circa, credette che gli
Stati Uniti fossero invasi effettivamente dai marziani. Paradossalmente, i responsabili del programma
radiofonico valutavano i l dramma molto debole. Prima di descrivere la scaletta del dramma è necessario
soffermarmi sulle caratteristiche del contesto. Deve essere sottolineata la grande popolarità del mezzo
radiofonico di quell'epoca. Il presidente degli Stati Uniti utilizzava la radio x diffondere le fireside chats,
ovvero le famose chiacchierate del caminetto. Roosevelt entrava in ogni casa. Oltre a portare notizie e info,
la radio portava nelle case seguitissime soap operas, cronache sportive, portava info, divertimento e
intrattenimento a costi contenuti e accessibili a tutti.
Sul fronte delle condizioni economiche, sociali e politiche, vanno ricordati il clima di incertezza che ancora
si respirava a seguito della grande depressione e le preoccupazioni sull'inarrestabile ascesa del nazismo.
In un contesto così segnato, venne mandato in onda il radiodramma la domenica del 30 ottobre alle ore 20.
6 milioni si sintonizzarono sulla lunghezza d'onda della CBS. La ricerca empirica aveva l'obiettivo di
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determinare l'ampiezza del pubblico radiofonico, nonché le motivazioni di coloro che scambiarono il
radiodramma x un resoconto giornalistico sull'invasione dei marziani. Alle ore 20 l'annunciatore prese la
parola x introdurre “Orson Welles e The Mercury Theathre on the air in La guerra dei mondi di Welles”.
Subito dopo Welles iniziò a raccontare: <<sappiamo oggi che nei primi anni del ventesimo secolo il nostro
mondo veniva osservato da vicino da intelligenze superiori all'uomo, mentre gli esseri umani si
affaccendavano nelle loro attività, venivano esaminati minuziosamente e studiati>>.
Pochi minuti dopo l'introduzione di Welles prese la parola un annunciatore x fornire le previsioni
meteorologiche. Il programma si trascinava stanco tra la voce narrante di Welles, le previsioni e gli inserti
musicali. A quel punto il collegamento e la musica vennero interrotti x dar modo ad un annunciatore di
comunicare: <<Signore e signori alle 19e40 il prof. Farrel dell'osservatorio del monte Jenings, Chicago,
Illinois, dichiara di aver osservato di aver osservato diverse esplosioni di gas incandescente sul pianeta Marte
e descrive il fenomeno come un getto di fiamma blu sparato da un fucile>>.
Come ha osservato Cantril il riferimento a istituzioni specifiche e universitarie contribuì non poco a dare una
patina di ufficialità a quanto veniva detto. Dopo 12 minuti dall'inizio si verificò un'altra interruzione
apparentemente imprevista. Oltre a confermare interesse della comunità quest'ultima interruzione colloca
spazialmente l'evento di cui si sta parlando: Trenton, New Jersey. Il riferimento preciso a zone contribuì ad
aumentare il carattere di verosimiglianza. Con l'obiettivo di far salire la tensione vennero trasmessi gli
interventi di alcuni testimoni che attingevano a piene mani al repertorio della letteratura di fantascienza.
Prima di individuare le ragioni alla base del panico che colse circa un milione di persone, vale la pena di
ricordare che, nel corso del programma, vennero trasmessi ben 4 annunci. Alla luce della situazione creatasi,
la CBS trasmise altri annunci per ribadire che l'intera vicenda e tutti gli avvenimenti erano totalmente
immaginari. Nonostante questi i disagi e i danni creati a segno del radiodramma furono portati a sostegno
della richiesta di risarcimento avanzata nei confronti della CBS dal alcuni individui.
In primo luogo Cantril individuò i fattori che avevano reso il programma + veritiero di altri e + soggetto a
un'interpretazione distorta:
1. il tono realistico: l'alternanza tra la narrazione, le interruzioni e i sipari musicali.
2. L'affidabilità della radio;
3. l'uso di esperti: in situazioni di incertezza o di elevata complessità la figura dell'esperto contribuisce
a semplificare i termini della questione e a offrire chiavi di lettura appropriati.
4. L'uso di località realmente esistenti;
5. la sintonizzazione dall'inizio del programma o a programma già iniziato; i soggetti che si
sintonizzarono dopo l'inizio del programma furono + propensi a credere che stessero ascoltando un
new report.
Se la sintonizzazione dopo l'inizio del radiodramma può aver contribuito a far nascere l'equivoco sulla natura
del programma essa non basta a dar conto delle ragioni x cui altri non furono tratti in inganno.
Per spiegare questa diversità Cantril costruì 4 categorie di radioascoltatori che potevano aver creduto di
essere sintonizzati con un programma informatico.
La prima comprendeva quei soggetti che erano stati in grado di controllare la coerenza interna del
programma; troppo simile alla fantascienza. La seconda comprendeva i radioascoltatori che avevano
proceduto a controlli esterni. La terza comprendeva quei soggetti che, pur avendo tentato la strada dei
controlli esterni, si convinsero che era effettivamente caduto un meteorite. La quarta comprendeva quei
soggetti che non effettuarono nessun controllo perché ritennero il programma un vero notiziario
giornalistico. Alcuni interruppero addirittura l'ascolto x scappare via. I radioascoltatori classificati nella
prima e seconda categoria mostrarono di possedere quella che Cantril definì “abilità critica”, la capacità di
valutare uno stimolo in modo tale da esserne in grado di coglierne le caratteristiche”.
Il concetto di abilità critica si correla con il livello di istruzione dei soggetti. Anche la variabile religiosa si
correla con il concetto di abilità critica, allorchè porta a una interpretazione degli eventi come frutto della
volontà divina. In ultimo anche alcuni fattori di personalità si dimostrarono utili x spiegare la difficoltà a
ricorrere al concetto di abilità critica da parte di un segmento della platea radiofonica. Tramite l'introduzione
di tale concetto Cantril mostrò di aver ben presenti le differenze individuali che potevano frapporsi tra lo
stimolo dei media e la risposta del pubblico, finalmente rappresentato con tratti multiformi. La ricerca si
pone come un importante tourning point lungo la strada che porterà a fare i conti con la prospettiva
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dell'influenza selettiva basata sulle differenze individuali. Cantril è stato uno dei primi studiosi a presentare
dati che raffiguravano non già uno ma molti profili di destinatari di messaggi mediali.
2.3 I fattori di mediazione rispetto al pubblico
Spesso le campagne volte a persuadere gli individui a modificare determinati comportamenti, non
raggiungono i loro obiettivi. Klapper sostiene che la comunicazione persuasoria agisce + spesso nella
direzione del rafforzamento piuttosto che in quella della conversione, ne consegue che gli individui
tenderanno a sottrarsi a quei messaggi che appaiono in contraddizione con le opinioni preesistenti. Secondo
Katz e Lazarsfeld la variabile interveniente dell'esposizione aiuta a comprendere le ragioni dell'insuccesso di
numerose campagne. Prima ancora di valutare l'eventuale distanza di alcuni messaggi rispetto alle opinioni
preesistenti è necessario che vi sia una qualche forma di interesse ad acquisire info sull'argomento trattato.
Questo interesse emerse con grande chiarezza nella ricerca di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet in occasione
della campagna presidenziale del 1940. i ricercatori scoprirono che un diversificato interesse x le elezioni si
correlava positivamente con l'esposizione alle occasioni comunicative della campagna. L'interesse ad
acquisire info rappresenta solo il primo step. Il secondo step che può favorire o bloccare il flusso
comunicativo si rintraccia nell'esposizione selettiva.
I ricercatori scoprirono che la scelta di ascoltare un candidato piuttosto che un altro precedeva la stessa
esposizione trasformando questo momento in una sorta di conferma di una decisione già assunta. Per capire a
pieno i meccanismi della selettività, può essere utile fare riferimento al concetto di “Dissonanza cognitiva”
sviluppata da Festinger. Secondo lui, gli individui sono maggiormente propensi a esporsi a quei messaggi
che riducono la discrepanza tra l'effettivo comportamento e ciò in cui essi stessi credono. Se x caso il
soggetto nn dovesse riuscire a innalzare reti protettive intorno alle opinioni preesistenti, può far intervenire il
meccanismo della “percezione selettiva”: un meccanismo che porta a una sorta di distorsione del significato
del messaggio fino al punto da renderlo coerente e integrato all'interno del + ampio sistema valoriale e di
credenze. Allport e Postman analizzando la metamorfosi delle dicerie scoprirono che, nel processo di
diffusione sociale, alcuni messaggi venivano via via trasformati. Uno di questi casi fu quello del litigio tra un
uomo bianco e uno nero in un treno. Nelle immagini mostrate ai soggetti, il bianco aveva un coltello in mano
con cui minacciava il nero. I soggetti coinvolti nella ricerca furono invitati a raccontare le immagini viste. Il
racconto capovolse il gioco delle parti. Questa capacità degli individui di intervenire sul significato del
messaggio diverrà centrale nell'elaborazione del concetto di “decodifica aberrante” da parte di Eco e Fabbri,
e nella ricostruzione del processo di negoziazione ad opera di Hall. L'ultima barriera disponibile a colui che
per caso fosse stato esposto a un messaggio dissonante è quella della “memorizzazione selettiva”, la
costruzione di un ricordo “depurato” dalla presenza di eventuali fonti di disturbo.
Una specificazione di quanto affermato da Klapper proviene da Bartlett, che ha associato il nome al
cosiddetto “effetto Bartlett”, quell'effetto tale da portare, nel corso del tempo, a memorizzare gli elementi +
vicini al proprio modo di sentire e a scartare quelli + difformi. A cavallo tra l'ambito della memorizzazione
selettiva e quello della valutazione della credibilità della fonte, si colloca il cosiddetto sleeper effect: se
inizialmente può apparire nulla la capacità persuasoria di un messaggio, essa può aumentare nel corso del
tempo.
2.4 I fattori di mediazione rispetto al messaggio
Può accadere che un messaggio costruito in un certo modo sia efficace x certi soggetti ma nn x altri.
Il lavoro di ricerca sviluppatosi x anni e diretto da Carl Hovland consente di individuare alcuni elementi che
possono giocare un ruolo rilevante nel facilitare o ostacolare l'efficacia dei messaggi persuasori.
Una sintesi dei principali risultati ai quali pervennero deve partire dagli elementi relativi alla credibilità della
fonte, all'ordine e alla completezza delle argomentazioni e all'esplicitazione delle conclusioni.
L'area di indagine relativa alla credibilità della fonte rimanda all'assunto secondo cui l'efficacia di una
comunicazione dipende dal comunicatore. Il concetto è stato articolato nella dimensione della competenza
intesa come attribuzione o meno di un intento persuasorio da parte del comunicatore. Hovland e i
collaboratori sottoposero a un gruppo dichiarazioni relative ad argomenti diversi, ospitati ora da una fonte
con alta credibilità, ora da una fonte con bassa credibilità. I risultati presentati mostravano chiaramente come
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l'attribuzione di scarsa credibilità a una fonte influiva sulla valutazione dell'argomentazione offerta.
La credibilità della fonte agisce anche quando la scelta delle testimonial di prodotti di bellezza ricade su
donne bellissime e affascinanti.
Gli elementi di mediazione che fanno riferimento alle modalità di costruzione del messaggio hanno assunto
rilevanza e centralità nella ricerca a partire dagli studi condotti nell'ambito del progetto The American
Soldier , uno dei progetti + interessanti realizzati dagli scienziati sociali, chiamati dalle autorità militari
statunitensi a condurre ricerche sulle centinaia di migliaia di soldati in partenza x la seconda guerra.
Per preparare e mobilitare i soldati americani le autorità militari predisposero un complesso piano di
comunicazione persuasoria che vide coinvolto anche il regista Frank Capra nella direzione di una serie di
film dal titolo Wby we fight.
Hovland, Lumsdaine e Sheffield organizzarono numerosi esperimenti x valutare l'efficacia dei film trasmessi
ai soldati nei vari centri di reclutamento e addestramento.
Per individuare le differenze nell'elaborazione dei messaggi proposti, particolare attenzione fu prestata alle
modalità di costruzione dei messaggi stessi. Si indagò sulla rilevanza da attribuire all' ordine delle
argomentazioni all'interno di un messaggio. L'interesse x l'argomento, il livello di istruzione, l'intervallo di
tempo trascorso dalla comunicazione sono tutte variabili che modificano il risultato finale al punto tale che è
impossibile pervenire a un assunto valido x tutti. Così, se un preesistente interesse x l'argomento sembra
sostenere la collocazione in coda della posizione che si vuole diffondere, la non conoscenza dell'argomento
sembrerebbe suggerire di invertire nettamente questo posizionamento.
Infine, la valutazione sull'opportunità o meno di pervenire all'esplicitazione delle conclusioni all'interno del
messaggio sfugge, come le precedenti, a ogni intento definitorio. Anche in questo caso se i soggetti con un
elevato livello di istruzione preferiscono che le conclusioni nn vengono esplicitate, esattamente i contrario
avviene tra i soggetti con un livello basso. Ancora, un interesse preesistente x l'argomento trattato si correla a
una scelta x conclusioni non esplicitate, mentre la mancanza di conoscenza sembrerebbe fare optare x una
esplicitazione delle conclusioni.
Al termine si può sostenere che la rilevanza delle differenze individuali sia tale da lasciare senza risposta
molti interrogativi.
Pur muovendosi ancora nell'ambito di un tentativo di costruzione di una teoria sistematica della persuasione,
l'introduzione dei fattori di mediazione ha contribuito a far emergere la complessità del processo
comunicativo.
3. GLI EFFETTI LIMITATI DEI MEDIA
3.1 La centralità delle reti sociali
Un'altra tappa del cammino che porta il processo comunicativo nel contesto sociale e culturale in cui è
collocato l'individuo coincide con la riscoperta delle reti sociali. In realtà, che la comunicazione non fosse un
processo che riguardava individui isolati e atomizzati aveva già modo di emergere nella ricerca condotta da
Lazersfeld, Berelson e Gaudet sulla campagna presidenziale del 1940. Già da quel lavoro emersero precise
indicazioni sulla rilevanza assunta da alcuni individui che, fornendo materiale conoscitivo e interpretativo ad
altri soggetti, assumono il ruolo di leader d'opinione.
E' necessario soffermarsi sulla cosiddetta riscoperta del gruppo primario che si diffondeva in quegli anni. Si
può parlare di riscoperta in relazione agli studiosi delle comunicazioni di massa piuttosto che in senso
assoluto: gli psicologi sociali e i sociologi già da tempo avevano riscoperto il gruppo primario.
In ambito sociologico, i contributi + impo che vanno ricordati sono quelli emersi dall'esperimento condotto
negli stabilimenti Hawthorne alla fine degli anni 20 e dalla ricerca che studiò i soldati americani.
L'esperimento condotto negli stabilimenti Hawthornen della Western Electric Company, collocati nella
periferia di Chicago, iniziò nell'aprile del 1927 e durò circa 5 anni. Esso faceva parte di un programma che
aveva come obiettivi quelli di migliorare il morale dei lavoratori dell'industria e aumentare la produzione. La
ricostruzione degli esperimenti di Roethlisberger e Dickson prende le mosse da un programma con l'obiettivo
di valutare l'incidenza dell'illuminazione sull'efficienza del lavoro. I 4 esperimenti fecero emergere
l'irrilevanza del livello di illuminazione sulla produttività degli operai. I ricercatori notarono che sia in
relazione ad un aumento dell'intensità di illuminazione o a un decremento la produzione rimaneva costante.
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Si abbandonò la semplicità dell'approccio iniziale e si diede vita alla nascita di un gruppo di operaie
informate sugli obiettivi degli esperimenti. Con la figura dell'osservatore emerse la problematica della
rilevanza degli atteggiamenti e delle preoccupazioni dei lavoratori in relazione alla produzione. L'ultimo
esperimento fu condotto in una sala di montaggio dei quadri telefonici. Il gruppo di operai coinvolto aveva
elaborato un sistema che regolava il lavoro quotidiano in base a norme autoprodotte in sostituzione a quelle
della direzione. Queste regolavano l'appartenenza o l'esclusione al gruppo qualora nn fossero applicate.
La scoperta dell'esistenza di un gruppo informale, in grado di affiancarsi e talvolta di opporsi a un gruppo
formale, è il contributo conoscitivo + rilevante offerto dai risultati degli esperimenti Hawthorne. La rilevanza
dell'appartenenza a un gruppo da parte di un individuo nella determinazione di un comportamento è messa in
risalto.
Di uguale interesse è la ricerca condotta sui soldati americani impegnati nella seconda guerra. Tra i numerosi
meriti va elencato anche quello che ha portato a prestare una nuova attenzione al gruppo primario in
un'organizzazione come quella dell'esercito.
In entrambe le ricerche l'attenzione prestata al gruppo informale, al quale appartiene l'individuo, ha
contribuito in modo significativo a dare risposte a quesiti di difficile soluzione. D'altro canto l'indifendibilità
di un assunto che negava all'individuo qualsiasi appartenenza ad una rete sociale nn poteva sopravvivere allo
sviluppo della ricerca empirica.
3.2 L'influenza personale e il flusso a due fasi della comunicazione
L'interessi degli studiosi x il ruolo esercitato dall'influenza personale nelle comunicazioni di massa si
manifesta x la prima volta nella ricerca condotta da Lazersfeld, Berelson e Gaudet sulla campagna
presidenziale del 1940. Gli studiosi dichiarano che: << In qualsiasi momento della campagna sia stato
chiesto agli intervistati di descrivere la loro esposizione a tutti i tipin di comunicazione, le discussioni
politiche sono state menzionate dall'esposizione alla radio e alla stampa>>.
Gli stessi ricercatori sostengono che gli elettori che erano giunti a una decisione di voto nel corso della
campagna, chiamati ad indicare cosa avesse contribuito alla loro decisione di voto, rispondevano i contatti
personali. La maggiore efficacia dei contatti personali deriva da alcune caratteristiche dei contatti face to
face.
In primo luogo il peso dei contatti personali è da attribuirsi alla loro casualità e alla non intenzionalità della
comunicazione.
A questo riguardo i ricercatori sostengono che: <<l'influenza personale è + pervasiva e meno autoselettiva
dei media>>.
In secondo luogo i contatti personali sono caratterizzati dalla flessibilità, che può aiutare a evitare effetti
boomerang. Nel corso di una conversazione si può intervenire minimizzando alcuni aspetti o possono esserne
enfatizzati altri. Evidentemente non si pu operare allo stesso nel caso della comunicazione di massa. A fronte
di una comunicazione così costruita, gli individui possono difendersi con i meccanismi della selettività.
In terzo luogo i contatti personali offrono una ricompensa immediata, a seguito della condivisione di una
opinione e, nel caso ciò non accada, possono dar vita a forme di emarginazione.
In ultimo, nelle interazioni personali gioca un ruolo rilevante l'elemento della fiducia e del prestigio.
L'attribuzione da parte degli intervistati di una maggiore capacità persuasoria ad alcune persone piuttosto che
ai mezzi di comunicazione condusse i ricercatori ad individuare alcuni soggetti dotati di influenza, x la prima
volta definiti leader d'opinione.
Sin dall'inizio tali leader erano rintracciati in ogni strato sociale ed economico, sì da farli definire leader
molecolari. Era necessario indagare il rapporto intrattenuto dai leader d'opinione con i mezzi di
comunicazione di massa. I dati raccolti tratteggiavano un leader d'opinione caratterizzato da un elevato e
frequente uso dei media x l'acquisizione di info di natura politica. Per interpretare i dati raccolti Lazersfeld,
Berelson e Gaudet elaborarono il famoso modello del flusso a due fasi della comunicazione: le idee
sembravano passare spesso dalla radio e dalla stampa ai leader d'opinione, e da questi ai settori meno attivi
della popolazione.
Seguendo la lettura del modello di McQuai e Windahl, ci sono alcuni rilevanti assunti:
a) gli individui nono sono isolati socialmente;
b) la risposta ai messaggi veicolati dai media non è diretta e immediata ma mediata e influenzata dalle
relazioni sociali;
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c)due processi sono all'opera, uno di ricezione e attenzione e un altro di risposta; la ricezione non equivale a
una risposta, così come la non-ricezione non equivale a una non-risposta;
d) gli individui non sono tutti uguali di fronte alle campagne mediali, hanno diversi ruoli nel processo
comunicativo;
e) i leader d'opinione hanno un consumo mediale + elevato, una percezione di sé come persona influente
sugli altri.
Gli assunti del “flusso a due fasi della comunicazione” verranno poi ripresi da Lazersfeld e Katz. Per poter
individuare le reti di influenza (chi influenza chi) gli studiosi ricorsero all'approccio della sociometria, in
grado di ricostruire le interrelazioni tra gli individui. Gli strumenti sociometrici, infatti, consentono di
individuare i rapporti tra i membri di un gruppo mediante l'analisi delle risposte a domande tipo: chi
sceglierebbero x andare al cinema, x avere consigli, x parlare ecc. L'analisi delle risposte permette di
individuare i soggetti oggetto di scelta e quelli in una condizione di marginalità, ovvero quelli che esercitano
un'influenza e quelli sui quali essa viene esercitata.
La ricerca pervenne a interessanti risultati circa la caratterizzazione dei soggetti designati come influenti e al
loro rapporto con le istituzioni mediali: le leader d'opinione hanno un maggior contatto con gli annunci
pubblicitari e la con la pubblicità relazionale che compaiono sui rotocalchi americani. Le leader d'opinione in
ogni singolo campo tendono ad essere + esposte ai mess media. La conferma empirica della mediazione dei
messaggi comunicativi ad opera della figura del leader d'opinione spinse Katz e Lazersfeld ad approfondire
l'analisi di quest'ultimo soggetto. Prendendo le mosse dalla definizione di leader molecolare elaborata
introdussero una differenziazione tra tipi di leadership. La leadership orizzontale di opinione è un'influenza
che si esercita tra simili e che può essere intercambiabile. La leadership verticale d'opinione è un'influenza
esercitata da soggetti collocati ad un livello superiore nella scala sociale, ai quali viene attribuita una
maggiore competenza.
Un'ulteriore differenziazione è stata introdotta da Merton, che distingue tra leader d'opinione locale e leader
d'opinione cosmopolita. Il primo ha sempre vissuto nella comunità, perviene ad una conoscenza personale di
molti individui, non esibisce competenze specifiche ma è profondamente addentrato nella vita complessiva
della comunità. In virtù di questo suo forte radicamento alla comunità il leader locale può esercitare
influenza su aree diverse, tanto da essere considerato un leader polimorfico. Si identifica con quei soggetti
riconosciuto come portatori di una saggezza e di un'autorevolezza che li mette nelle condizioni di distribuire
consigli. Il secondo non viene percepito come un membro della comunità, spesso vi è arrivato da fuori,
intrattiene poche e selezionate relazioni, consuma media di qualità elevata e specialistici. Gli vengono
riconosciute conoscenze specifiche tali da consentirgli di esercitare influenza in relazione ad un ambito
circoscritto; si parla di un leader monomorfico.
Se la comunicazione si articola in un flusso a due fasi, obiettivo degli emittenti non potrà che essere quello di
raggiungere quei soggetti che si collocano a un punto di snodo rispetto ad altri. Un approccio del genere
presuppone un ambiente mediale estremamente semplice, quello degli Stati Uniti negli anni 40.
Cosa accade in un contesto comunicativo come quello attuale?
3.3 Gli effetti dei media tra rafforzamento e conversione
Nel volume di Klapper si sostiene che la comunicazione persuasoria di massa, tende, di norma, ad agire + in
direzione del rafforzamento e della modificazione di lieve entità.
Per sostenere tale affermazione, Klapper, prende le mosse dalla ricerca di Lazersfled, Berelson e Gaudet. In
questa occasione la ricerca sulla campagna elettorale del 1940 viene letta attraverso la chiave degli effetti, o
meglio, mediante una lente in grado di cogliere li eventuali elementi di conferma della presenza dei
meccanismi di rafforzamento piuttosto che di conversione.
Nella ricerca condotta nella contea di Erie era emerso che al termine della campagna e a ridosso del voto il
53% aveva confermato l'intenzione di voto, il 26% era passato da una condizione di adesione a un partito a
una condizione di incertezza, solo il 5% aveva cambiato idea. I media erano maggiormente in grado di
attivare un rafforzamento piuttosto che una conversione.
Una successiva ricerca condotta da Berelson, Lazersfeld e McPhee sulla campagna elettorale del 1949 nella
cittadina di Elmira offrì ulteriori elementi alla lettura che privilegiava l'effetto di rafforzamento rispetto
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all'effetto di conversione.
I ricercatori dichiarano che <<l'esposizione cristallizza e rafforza + che non converta>>.
Le ulteriori evidenze portate da Klapper si collocano tutte nella stessa direzione e vengono spiegate mediante
i meccanismi della selettività, e alla rilevanza dei contatti personali, confermando che le comunicazioni di
massa rafforzano.
I rari casi di conversione registrati e analizzati sembrano dipendere da una condizione di estraneità verso gli
argomenti presentati nei messaggi mediali. Berelson sostiene che la comunicazione ha maggiore efficacia
quando si deve influenzare l'opinione pubblica su argomenti nuovi e non strutturati. Le difficoltà ad
operazionalizzare il concetto di neutralità nella sua accezione di mancanza di opinioni, porta Klapper a
sostenere che l'efficacia della comunicazione di massa nella creazione di opinioni va misurata solo su
argomenti x i quali sia ben nota la mancanza di opinioni da parte del pubblico al momento dell'esposizione.
Esplicita presa di posizione da parte dello studioso in favore di una lettura tesa a ridurre il ventaglio dei
possibili effetti dei mezzi di comunicazione di massa. Già dalle prime pagine del volume vengono presentate
e articolate le principali ipotesi elaborate circa gli effetti dei media:
1. le comunicazioni di massa sono di solito causa necessaria e sufficiente x gli effetti dell'audience; si
combinano con fattori e influenze intermediarie;
2. i fattori intermediari agiscono in modo tale che i mass media rappresentino un soggetto cooperante e
non la causa principale di un processo di rafforzamento delle condizioni preesistenti;
3. qualora le comunicazioni di massa dovessero produrre modificazioni sull'audience è probabile ce i
fattori intermediari non siano operanti o che essi stessi siano promotori della modificazione;
4. possono esservi dei casi in cui le comunicazioni di massa sembrano produrre effetti diretti;
5. l'efficacia delle comunicazioni di massa dipende da molti effetti relativi agli stessi mezzi, alla
comunicazione stessa o alla situazione entro la quale si colloca il processo comunicativo.
La pubblicazione nel 1960 del volume di Klapper in USA, mise fine alle preoccupazioni infondate circa gli
effetti manipolatori dei media nei confronti degli individui.
3.4 Il paradigma degli effetti limitanti dei media
Gitlin parla di un <<paradigma dominante>> della teoria e della ricerca comunicativa. L'introduzione del
concetto di paradigma rimanda al lavoro di Kuhn sulle diverse fasi di sviluppo della scienza e rappresenta la
preponderanza di teorie e approcci di ricerca dati.
Quando parla di un <<paradigma degli effetti limitati>> intende riferirsi a una accettazione talvolta
aproblematica della limitatezza degli effetti dei media. L'accettazione di tali assunti ha portato alla
marginalizzazione di altri approcci che sarebbero stati di grande aiuto x spiegare la presenza e le
conseguenze dei media.
La scuola di Chicago costituisce uno degli esempi + eclatanti. Park a partire dall'analisi delle comunità
etniche, si interrogava sulle funzioni di assimilazioni assolute dei giornali. Di analogo interesse potevano
essere le sue riflessioni sulla professionalità del giornalismo e su ciò che lo differenzia dalla propaganda. Il
disinteresse mostrato x gli studi dagli esponenti di Chicago deriva, secondo i Mattelart, dal prevalere di
un'altra corrente di pensiero: la mass communication research, sposta la ricerca verso una misurazione
quantitativa in grado di rispondere meglio alla domanda proveniente da coloro che gestiscono i mezzi di
comunicazione. Il carattere amministrativo della prima fase della mass communication research costituisce
l'oggetto della critica dei Mattelart.
Per dare conto dell'affermazione del paradigma degli effetti limitati bisogna sottolineare come
nell'elaborazione e nell'accettazione del flusso a due fasi della comunicazione sia presente l'adesione
profonda a un'idea della democrazia americana fondata sull'individualismo e sulla partecipazione, e come
essa consenta di scacciare una volta x tutte lo spettro di una società di massa.
La teoria del formalismo enfatizzerà l'aspetto dell'integrazione e individuerà il ruolo specifico del sistema
mediale all'interno della società. L'ipotesi che il flusso a due fasi della comunicazione potesse essere
maggiormente idoneo a dar conto dei fenomeni comunicativi nel contesto specifico di una società era stata
avanzata da uno studioso che aveva tentato di replicare la ricerca sulla figura del leader d'opinione in Olanda.
I risultati presentati da Van den Ban smentivano le acqusizioni di Katz e Lazersfeld sui seguenti punti:
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1. i leader d'opinione non erano + esposti all'offerta mediale degli influenzati;
2. i leader d'opinione avevano un consumo mediale differenziato: leggevano con + frequenza la stampa
ma nn ascoltavano affatto la radio;
3. i leader d'opinione non appartenevano alla stessa categoria sociale degli influenzati.
La ricerca di Van den Ban smontava pezzo x pezzo la teoria dell'influenza personale.
Decisamente + solide le obiezioni di Robinson che, sulla base della ricerca empirica condotta sulla campagna
elettorale, introduce un nuovo soggetto nel processo comunicativo: coloro che non discutono. Oltre ai leader
d'opinione e ai soggetti da loro influenzati, esistono anche altri soggetti che non si fanno coinvolgere in
discussioni politiche e che possono essere maggiormente influenzati dalla comunicazione mediale. E'
innegabile che la riduzione di tutti i soggetti entro le due categorie elaborate da Katz e Lazersfeld sia
decisamente forzata. La tripartizione suggerita da Robinson ha il merito di ampliare la prospettiva di
indagine e di inglobare anche altre figure.
Un ulteriore ampliamento di prospettiva proviene dall'approccio che analizza le modalità attraverso cui si
diffondono le notizie.
Qui l'attenzione si focalizza sulle modalità di diffusione delle notizie in diverse circostanze e in presenza di
argomenti diversi.
La percentuale di soggetti che viene a conoscenza di particolari notizie attraverso i contatti personali è molto
bassa in presenza di argomenti di nicchia, mentre cresce nel caso di notizie di forte impatto e interesse.
La profonda trasformazione del sistma mediale avvenuta dall'epoca della ricerca di Katz e Lazersfeld non va
ignorata. Non solo si è verificato l'avvento della televisione come principale mezzo di comunicazione di
massa, ma si è assistito anche alla diffusione di nuove forme di comunicazione. L'offerta mediale oggi
disponibile non è minimamente paragonabile a quella presente + di 50 anni fa negli USA.
Per un esempio di ciò che è mutato basta riflettere sull'elemento della flessibilità, attribuito da Katz e
Lazersfeld alla comunicazione personale. Questo elemento consentirebbe di evitare argomenti sgraditi e di
enfatizzare tematiche + interessanti x l'interlocutore; permetterebbe di targettizzare la comunicazione. Se si
riflette sulle caratteristiche di alcune offerte mediali oggi disponibili ci si rende conto che la targettizzazione
dei messaggi ha assunto proporzioni tali da far temere la perdita di un universo comunicativo a tutti
disponibile.
Nonostante i limiti segnalati, la teoria dell'influenza personale può mantenere una sua validità euristica
perché sottolinea da un lato la non linearità del processo con cui si determinano gli effetti sociali dei media, e
dall'altro la selettività intrinseca alla dinamica comunicativa. Riconoscere questi elementi significa accettare
e utilizzare una lettura che considera la mediazione delle reti sociali come una variabile interveniente nel
processo comunicativo di cui è impossibile ignorare l'esistenza.
Capitolo 4 – La teoria del funzionalismo e l’approccio degli usi e delle gratificazioni
4.1. Elementi della teoria funzionalista
La teoria del funzionalismo è la più complessa di tutta la sociologia.
I principali autori furono Spencer, Comte e Durkheim, i quali sostenevano che è possibil cogliere il tratto
costitutivo della teoria del funzionalismo nell’individuazione sociale come un sistema di parti interconnesse.
Nel funzionalismo, la società è un insieme di parti interconnesse nel quale nessuna parte può essere
compresa se isolata dalle altre. Un qualsiasi cambiamento in una delle parti è considerato come causa di uno
squilibrio che produce ulteriori cambiamenti in altre parti del sistema se non una riorganizzazione del
sistema stesso.
Gli elementi che caratterizzano questo approccio possono essere rintracciati in relazione a:
 Interconnessione fra le parti
 L’equilibrio come prodotto in maniera naturale
 La riorganizzazione sociale fa si che le perturbazioni vengano ricondotte all’equilibrio
Si potrebbe vedere la società come un organismo biologico: vi è una divisione dei compiti tra i vari organi.
Nei lavori di Parsons, il fondamento alla base del sistema sociale si rintraccia nell’integrazione in termini
normativi degli individui, che vengono presentati come «drogati culturali».
Parsons sostiene anche che nel caso di una società, esistono istituzioni che operano per mantenere
l’equilibrio e per risolvere eventuali problemi, cioè gli «imperativi funzionali».
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Tali imperativi seguono il modello AGIL, Adaptation, Goal attainment, Integration, Latency of structure, i
quattro problemi fondamentali dei sistemi sociali:
 Adattamento all’ambiente: la necessità di disporre di istruzioni e strutture in grado di assicurarsi le
risorse necessarie e di distribuirle all’interno del sistema
 Raggiungimento di un fine: capacità di mobilitare le risorse per un unico scopo
 Integrazione delle varie parti: mantenimento dell’unità e funzionalità del sistema
 Mantenimento della struttura latente e gestione delle tensioni: verifica costante dell’esistenza di una
struttura di valore condivisa dagli individui e l’individuazione di meccanismi per gestire le tensioni
interne al sistema.
Per far sì che tali imperativi funzionino, bisogna chiamare diversi sottosistemi a collaborare.
Tra questi vi è il sistema dei media che soddisfa il bisogno di mantenimento della struttura valoriale
rinforzando i modelli comportamentali nella struttura sociale.
Merton introduce il concetto di «disfunzione». È possibile individuare due dimensioni del concetto, una che
si riferisce alla possibilità che ci siano fatti che diminuiscono il grado di adattamento del sistema, un’altra
che introduce una differenziazione riguardo alle conseguenze.
Inoltre, Merton introduce:
 Le «funzioni manifeste» cioè quelle conseguenze che gli individui possono aspettarsi dopo certe
azioni
 Le «funzioni latenti», cioè quelle che si identificano non intenzionalmente.
4.2. Le funzioni delle comunicazioni di massa
L’analisi del contributo fornito dal riferimento al funzionalismo non può che prendere le mosse dal termine
«funzione» e non più «effetto».
Le comunicazioni di massa vengono analizzate ora in base alle funzioni, latenti o manifeste che siano.
La prima conseguenza di questo capovolgimento di eventi la si trova nell’abbandono dell’idea
dell’intenzionalità della comunicazione e nella ricerca di effetti di manipolazione e di influenza.
La seconda conseguenza riguarda l’abbandono di un approccio di ricerca basato sullo studio delle campagne
a favore di una nuova strategia di analisi che parte da una situazione di normale presenza dei media nella
società.
Lasswell individua 3 ambiti di attività principali:
 Il controllo dell’ambiente, cioè la raccolta e la distribuzione delle informazioni
 La correlazione tra le varie parti della società nel rispondere alle sollecitazioni provenienti
dall’ambiente stesso
 La trasmissione del patrimonio sociale da una generazione all’altra
Tra le funzioni delle comunicazioni di massa, Wright ne aggiunge una quarta: il divertimento che include
quegli atti comunicativi intesi a divertire.
I rapporti tra media e società devono essere letti con l’obiettivo di articolare:
 Le funzioni e disfunzioni…
 …latenti e manifeste…
 …delle trasmissioni giornalistiche, informative, culturali e di intrattenimento…
 …rispetto alla società, ai gruppi, all’individuo e al sistema culturale
Rispetto al sistema sociale, i media esercitano una «funzione di allertamento» quando avvertono i cittadini di
un qualche pericolo o minaccia, ad esempio, gli eventi meteorologici.
Poi esercitano una «funzione strutturale» come gli scambi economici e la pubblicizzazione.
Rispetto agli individui, la diffusione delle notizie ha una funzione di «utilità» in quanto consente di esercitare
una sorta di controllo sull’ambiente circostante.
Le disfunzioni a livello individuale, invece sono collegate a un eccesso di informazione. Il sovraccarico di
notizie che si riversa sugli individui provoca in essi quella che Lazarsfeld e Merton hanno definito
«disfunzione narcotizzante», cioè la facilità di accesso alle informazioni che provoca un falso senso di
dominio sull’ambiente.
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Gli studiosi che si sono rifatti al funzionalismo hanno prestato all’individuazione dell’uso da parte dei
cittadini dell’offerta mediale. Abbiamo per la prima volta un’«audience attiva». «Cosa le persone fanno con i
media» e non «cosa i media fanno alle persone».
4.3 L’infanzia dell’approccio degli usi e delle gratificazioni: funzioni semplici e complesse
Nella ricostruzione dello sviluppo degli usi e delle gratificazioni, Blumler e Katz individuano la fase iniziale
a cavallo degli anni ’40 e la definiscono «infanzia».
In questa fase, essi collocarono i primi tentativi di avere una descrizione degli orientamenti dei sottogruppi
dell’audience nei riguardi di selezionati contenuti mediali.
L’individuazione degli atteggiamenti degli individui di fronte ai media, costituì l’oggetto di ricerca di
numerosi sociologi.
Klapper riconduce il consumo dei media a due categorie di funzioni:
 Le funzioni semplici: che offrono relax, stimolazione dell’immaginazione, interazione sostitutiva, e
tutti quegli altri fattori che diciamo possono fare compagnia o far stare bene chi usufruisce dei
media.
 Le funzioni complesse tra le quali si collocano la distensione comunicativa e la scuola di vita.
4.4. La «maturità» dell’approccio degli usi e gratificazioni: classi di bisogni e consumo mediale
I tratti caratteristici dell’approccio sono:
 Un approccio metodologico fondato su domande aperte
 Un approccio esclusivamente qualitativo
 Nessuna attenzione al rapporto gratificazioni cercate/origini psicologiche del bisogno
 Nessun tentativo di individuare relazioni tra le funzioni dei diversi media
Nel tentativo di pervenire a una sistematizzazione degli elementi di conoscenza acquisiti, si sono registrati
diversi tentativi di costruzione di classi di bisogni che spingono gli individui a consumare i prodotti dei
media:
 Bisogni cognitivi
 Bisogni affettivi/estetici (rafforzamento esperienza emotiva)
 Bisogni integrativi a livello della personalità (rassicurazione)
 Bisogni integrativi a livello sociale (rafforzamento dei legami)
 Bisogni di evasione
Un ulteriore elemento di cui è necessario tener conto è quello relativo alle circostanze ambientali e sociali
che spingono il soggetto a gratificarsi con i media:
 La situazione sociale crea tensioni e conflitti
 La situazione sociale crea consapevolezza circa l’esistenza di problemi
 La situazione sociale crea rare opportunità di soddisfazione a cui i media sopperiscono
 La situazione sociale fa emergere determinati valori rinforzati dal consumo mediale
 La situazione sociale crea aspettative e familiarità verso certi prodotti mediali
Con la maturità dell’approccio usi e gratificazioni, abbiamo anche il concetto audience attiva, che dispone
delle cosiddette “alternative funzionali”, cioè che può scegliere tra diverse fonti quelli che più soddisfa il
bisogno.
In realtà, però, non si può ignorare che alcune fonti non siano di facile accesso: per esempio, Internet
richiede l’acquisto di un computer e le competenze di base necessarie al suo funzionamento.
L’approccio degli usi e delle gratificazioni non si sottrae al tentativo di contribuire a illuminare l’annosa
problematica degli effetti dei media.
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Il contributo è più significativo viene da Blumler e McQuail che costruiscono un disegno di ricerca
finalizzato a dare risposta all’interrogativo: “Se gli elettori non sono sensibilmente influenzati nelle loro
opinioni politiche dall’esposizione ad una campagna televisiva, perché la seguono?”.
L’occasione per la realizzazione della ricerca fu la campagna per le elezioni del 1964 in Inghilterra. Tramite
un panel di elettori, venne studiata l’esposizione alla campagna elettorale televisiva insieme alle motivazioni
per l’esposizione.
Il primo risultato fu la differenziazione di due categorie di elettori:
 Cercatori di sostegno: alla ricerca di conferme alle proprie opinioni (congruente con altre
ricerche)
 Cercatori di guida: alla ricerca di elementi utili alla decisione di voto (bisogno cognitivo e
maggiore esposizione alle campagne).
L’età matura dell’approccio spiegato si chiude dando alla comunità dati, suggestioni e risultati sui quali
ancora si fanno ricerche.
4.5. Un rovesciamento di prospettiva
In cosa l’approccio usi e gratificazioni è diverso? (Katz, Blumler, Gurevitch 1974)
 L’audience è attiva
 È il destinatario a connettere le gratificazioni all’offerta mediale
 Il sistema dei media è in competizione con altre fonti di soddisfazione dei bisogni
 Metodologicamernte le gratificazioni dei media sono analizzabili con i dati forniti dagli utenti
 I giudizi di valore sul significato culturale dei media devono essere sospesi
Le assunzioni dell’approccio (Rubin 2002)
 Il comportamento mediale è finalizzato ad un obiettivo ed è intenzionale e motivato
 Gli individui attivano la selezione e l’uso dei mezzi di comunicazione
 I media competono con altre forme di comunicazione, comprese le relazioni personali
 Normalmente gli individui sono influenzati più dalle persone che dai media.
Alcuni limiti
 Non tutta l’esposizione ai media è intenzionale: il caso della fruizione rituale
 Non sempre le alternative funzionali sono vere alternative
 La focalizzazione sull’individuo rende marginale l’apporto con gli altri sistemi coinvolti
Capitolo 5 – Teoria critica e teoria culturologica, ovvero l’industria culturale come oggetto di
studio
Uno dei concetti più importanti delle teorie delle comunicazioni di massa è senza dubbio la contrapposizione
tra ricerca critica e ricerca amministrativa.
La ricerca amministrativa ha come obiettivo quello di soddisfare i bisogni delle organizzazioni mediali e
tiene poco conto del contesto sociale e storico.
La ricerca critica, invece, esamina i media all’interno di contesti storici e sociali e ha come obiettivo
principale quello di servire il bene pubblico.
Lazarsfeld individuava le principali differenze tra i due campi sostenendo che se si studiano gli effetti della
comunicazione si sarà in grado di studiare soltanto gli effetti dei materiali attualmente diffusi. La ricerca
critica si interesserà a quel materiale che non trova mai accesso ai canali di comunicazione.
Grazie a queste osservazioni si capisce come si possa pensare a una divisione del lavoro piuttosto che a una
contrapposizione. Sono gli anni ’40-’50 a far emergere questa situazione accentuando ricerche sui materiali
più disparati e avendo la tensione conoscitiva verso qualcosa di effimero di un dato rilevato sull’ascolto di
un’opera.
La vera contrapposizione nasce dalla centralità del concetto di «totalità» in contrapposizione a quello di
«frammentazione» della ricerca amministrativa.
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Secondo i teorici “critici”, il sistema dei media non fa che riprodurre i rapporti di forza dell’apparato
economico-sociale e i media manipolano gli individui.
Secondo i rcercatori “amministrativi”, invece, i mass media non sono altro che strumenti per raggiungere
determinati scopi e possono persuadere o influenzare gli individui.
La distanza che separa i due approcci è tale da richiamare una similitudine con la teoria ipodermica.
Infatti Merton ricerca una teoria a medio raggio, da cui poi prenderà posto Wolf dicendo che il punto che
accomuna entrambi gli approcci è il riferimento ad una idea informazionale di comunicazione.
5.2. Elementi della teoria critica
La Scuola di Francoforte nacque nel 1923 in Germania grazie a un vasto gruppo di studiosi: Herbert Marcuse
(critico del capitalismo), Erich Fromm (l’uso di Freud come critica socio-psicologica), Walter Benjamin
(opera d’arte e tecnologia), Theodor Adorno e Max Horkheimer (le conseguenze sociali della dialettica
dell’illuminismo).
Dal punto di vista politico e culturale, si andava affermando in Europa una corrente di pensiero che rifiutava
l’ortodossia sovietica e il revisionismo socialdemocratico. Gli studiosi della teoria critica privilegiavano i
riferimenti di Marx e agli studiosi sull’alienazione e non sono esenti dalle influenze della fenomenologia e
dell’esistenzialismo.
Per Wolf, l’identità della teoria critica si configura come costruzione analitica dei fenomeni che essi indaga,
da un lato, e come capacità di riferire tali fenomeni alle forze sociali che li determinano, dall’altro.
La ricerca sociale praticata dalla teoria critica si propone come teoria della società intesa come tutto.
Il concetto di «totalità» alla base di questa elaborazione rifiuta qualsiasi possibilità di accontentarsi dello
studio di uno specifico fenomeno privo di una contemporanea contestualizzazione e di una individuazione
delle strutture di potere esistenti.
Horkheimer e Adorno sostengono che la sociologia diventa critica della società quando non si restringe a
descrivere e ponderare le istituzioni e i processi sociali, per confrontarli, invece, con questo sostrato, la vita
di coloro cui le istituzioni si sovrappongono e con cui esse stesse vengono a coesistere.
Horkheimer e Adorno inoltre colgono la nascita dell’industria culturale che si articola in tre principali punti:
 Il potere economico e politico come onnipervasivo e fonte di sfruttamento degli individui
 La produzione di un film come la produzione di un’automobile
 Il “genere” nell’industria culturale: stereotipi per un pubblico passivo
5.3. L’industria culturale e la nascita dei generi
Horkheimer e Adorno sono diventati famosi per aver dato vita al concetto di «industria culturale».
Film, radio e settimanali costituiscono un sistema. Ogni settore è armonizzato in sé e tutti fra loro. Film e
radio non sono arte, sono affari. Essi si autodefiniscono industrie.
Si è di fronte a un sistema governato dai «direttori generali» che presentano un’offerta apparentemente
diversificata.
Secondo Horkheimer e Adorno, la società è il frutto di una razionalità tecnica che è la razionalità del
dominio stesso. L’industria culturale deve agire sull’autonomia del consumatore e sulla qualità del consumo
stesso.
Divertirsi significa accordo. Il divertimento è possibile solo in quanto si isola e si ottunde dalla totalità del
processo sociale e rinuncia alla pretesa di riflettere il tutto. Divertirsi significa non pensarci e dimenticare il
dolore anche la dove viene mostrato. Ciò annichilisce l’autonomi e la critica del consumatore.
I prodotti stessi paralizzano quelle facoltà per la loro stessa costituzione oggettiva.
L’easy listening o «consumo distratto» diviene l’obiettivo per l’industria culturale e modello di consumo. La
riproposizione della dominazione degli individui si manifesta mediante una molteplicità di occasioni che
tolgono ogni speranza all’individuo di potervisi sottrarre. Qualsiasi fruizione deve avvenire senza alcuno
sforzo.
L’industria culturale ricorre allo stereotipo, cioè la stabilizzazione di alcuni elementi utili per la loro
riconoscibilità in futuro. Il ricorso alla stereotipizzazione si traduce nella nascita dei «generi», che
definiscono il modello attuale dello spettatore, prima che si interroghi di fronte a qualunque contenuto.
Adorno individua i tratti portanti dell’offerta televisiva che soddisfa tipi di pubblici diversi a partire da un
unico modello stereotipato.
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Nell’industria culturale si propongono nuovi generi nel tentativo di evitare un rifiuto del pubblico, cioè si
cerca di creare degli ibridi come informazione e intrattenimento.
5.4. Il ritorno del concetto di manipolazione
Nell’industria culturale l’individuo è illusorio non solo per la standardizzazione delle sue tecniche
produttive. Esso è tollerato solo in quanto la sua identità senza riserve con l’universale è fuori di ogni
dubbio. L’obiettivo dell’industria culturale è manipolare il pubblico. Tale manipolazione avviene tramite
l’azione combinata di tutti i sistemi di comunicazione.
Gli effetti manipolatori si muovono in modo manifesto o latente. Tali modi manifestano la tendenza a
canalizzare la reazione del pubblico.
L’offerta mediale punta alla riproduzione della mediocrità. Per gli individui non vi è possibilità di fuga dai
media.
Però c’è un paradosso: come fa l’industria culturale a chiedere rapporti con un pubblico che non ha
autonomia?
Le scappatoie offerte dalla percezione e memorizzazione selettiva sono inutili e non consentono alcuna via di
fuga. Neanche l’appartenenza a un certo strato sociale ha importanza.
In conclusione, abbiamo un nuovo gruppo di concetti, cioè quello di manipolazione, industria culturale e
dominio e un nuovo modo di affrontare i media con la strategia della totalità.
5.5 La cultura di massa nella teoria culturologica
Morin afferma che la cultura trae origine dalle società tecniche, industriali e corrisponde a una vita dove la
fame non è più un problema e dove emerge l’uomo dei consumi.
Egli vuole indagare sulla società intesa come corpo di simboli, miti, concernenti la vita pratica e quella
simbolica. Non si occupa delle problematiche comunicative ma della cultura di massa espressa nel tempo in
cui vive.
Morin adotta l’approccio della totalità che ingloba in se il metodo autocritico, poiché tende a cogliere
l’osservatore nel sistema delle relazioni. Al tempo stesso, sarà possibile evitare il sociologismo astratto del
ricercatore tagliato fuori dalla sua ricerca.
A partire dalla consapevolezza che il prodotto culturale può essere un prodotto industriale, Morin individua
una contraddizione tra le esigenze della standardizzazione della produzione e l’individualizzazione
dell’opera. La razionalizzazione del lavoro richiesto per la produzione di un film o di un qualsiasi altro
prodotto impone regole che possono entra in conflitto con l’individualizzazione dell’opera.
Sul fronte della produzione, l’obiettivo è quello di creare un prodotto di massa per un pubblico di massa che
riconosca e apprezzi gli stereotipi proposti. Un ulteriore risultato è la tendenza a omogeneizzare sotto un
comune denominatore contenuti diversi.
Secondo Morin, un film sincretizza diversi temi presenti nei generi classici.
L’immaginario mima il reale, e il reale assume i colori dell’immaginario.
La cultura di massa è la cultura del loisir, cioè non solo di svago nel tempo libero, ma anche del consumo dei
prodotti che diviene autoconsumo.
La vita reale passa in secondo piano rispetto alla vita mediale e così la cultura di massa indebolisce le altre
istituzioni.
Capitolo 6: I «cutlural studies» e il contributo dell’approccio comunicativo
6.1. La nascita dei «cultural studies»
L’esigenza si studiare la cultura di massa si diffonde dalla metà degli anni ’50 fino agli anni ’60.
Hall afferma che la cultura non è una pratica, né semplicemente la descrizione della somma delle abitudini e
dei costumi di una società. Essa passa attraverso tutte le pratiche sociali ed è il risultato delle loro
interrelazioni.
Fiske definisce la cultura come un processo continuo di produzione di significati sociali e frutto della nostra
esperienza sociale; tali significati producono un’identità sociale riguardo alle persone coinvolte.
L’esigenza di difendere le espressioni della cultura popolare si manifestò in Inghilterra, qualche anno dopo la
2° guerra mondiale. Hall e Turner, che hanno ricostruito le radici della nascita dei cultural studies, il primo
negli anni 60 e 70 e il secondo nella fase pioneristica, offrono numerosi elementi per una ricostruzione
20
complessiva. Nell’Inghilterra degli anni 50 si verificarono profonde trasformazioni: dal welfare state
all’alleanza con l’Occidente contro l’URSS, nemico comune.
Sul fronte culturale, fu importante il contributo di Hoggart. Con il suo libro The Uses of Literacy, per la
prima volta venivano studiati i prodotti culturali più disparati, dai film ai fumetti, ecc….
Hoggart studiò i luoghi della cultura pubblica come i pub e continuava a volgere il capo su una cultura
organica a rischio a causa dell’omogeneizzazione dei prodotti culturali
Sul mezzo televisivo si sofferma Williams. Egli sostiene che la fruizione televisiva è un’esperienza di flusso,
una sequenza programmata.
Le caratteristiche principali dei cultural studies sono, secondo Grandi:
 La riscoperta della funzione dell’ideologia e la revisione dei modelli comunicativi
 Interesse verso l’analisi del testo e del contesto di consumo
 I processi di significazione della vita quotidiana
I temi principali dei cultural studies sono da un lato, individuati nella revisione dei modelli comunicativi,
dall’altro, in un’analisi sul momento del consumo mediale.
6.2. Un nuovo modo di guardare l’audience
A partire dal riconoscimento che il consumo televisivo avviene, in ambito familiare, lo strumento di analisi
prescelto è quello dell’«approccio etnografico», cioè uno studio che si svolge all’interno del contesto
naturale entro il quale si manifesta il fenomeno in esame, in questo caso il consumo televisivo.
L’approccio etnografico può essere tradotto in termini semplici e di vita quotidiana come la presenza di un
estraneo in casa che ci osserva mentre guardiamo la tv e ci fa domande su ciò che facciamo.
Nell’ambito della family television, Morley studia le reali modalità di consumo realizzato in 18 nuclei
familiari.
La fruizione televisiva viene considerata un’attività sociale che diventa collettiva ed esprime la vita
quotidiana dei soggetti.
Morley sostiene che la televisione funge anche da elemento delle attività domestiche.
Egli afferma che si possono esaminare tutte le opportunità che la tv offre ai membri della famiglia per avere
dei momenti di collettività e divertimento privato.
Secondo Lull ci sono due dimensioni di utilizzo della fruizione televisiva:
 Dimensione strutturale: uso ambientale (compagnia, rumore di fondo), uso regolativo (scandisce
attività quotidiane)
 Dimensione relazionale: occasioni di comunicazione (temi per la discussione), dinamiche di
appartenenza-esclusione (legami tra membri), apprendimento sociale di modelli e valori, le
dinamiche competenza-dominio.
Tale modello si può accomunare all’approccio degli usi e delle gratificazioni in quanto l’uso ambientale
ricorda le dichiarazioni della casalinga che ascoltava le soap operas negli anni 40.
Gli studiosi dei cultural studies sottolineano che la teoria “usi e gratificazioni” avrebbe un’impronta
psicologica in quanto si occuperebbe delle motivazioni individuali.
6.3. Il modello «encoding-decoding»
Secondo Hall, il sistema mediale svolge tre funzioni principali:
 Offerta e costruzione selettiva della conoscenza sociale
 Visibilità di una apparente pluralità delle situazioni della vita sociale
 Organizzazione e direzione di ciò che essi tengono insieme
I media vengono visti come in grado di provvedere al mantenimento dell’ordine sociale egemonico. Ciò
comporta una “lettura preferita”.
Hall definisce due tipi di codici ideologici:
 Codice egemonico: riproduce l’universo dei significati legittimi espressi da una società
 Codice professionale: valorizza la dimensione professionale mantenendo sullo sfondo l’aspetto
egemonico.
Nel proseguire la sua analisi sul rapporto tra significati codificati e decodificati, Hall elabora il modello
encoding-decoding secondo il quale i media codificano e il pubblico decodifica.
Ci sono tre modalità di decodifica:
21



Lettura egemonico-preferita: il telespettatore decodifica con lo stesso codice con cui il messaggio è
stato costruito
Lettura negoziata: il telespettatore riconosce il codice egemonico ma si riserva il diritto di elaborare
interpretazioni alternative
Lettura “di opposizione”: il telespettatore riconosce il codice egemonico ma usando un quadro di
riferimento esterno, elabora un’interpretazione antitetica a quella suggerita dal codice.
6.4. Il modello semiotico-informazionale
Un contributo importante al superamento del modello matematico dell’informazione viene da Eco e Fabbri
introducendo il problema della significazione.
La connessione relazionale tra media e pubblici si colloca in un modello in cui l’attribuzione di significato è
un’operazione che salda il momento della codifica con quello della decodifica.
Inoltre i due studiosi introducono i codici e i sottocodici.
La fonte elabora un messaggio che viene emesso come significante con un certo significato. Attraverso il
canale con cui viene affidato, il messaggio viene ricevuto dal destinatario prima come significante, poi come
significato. L’introduzione dei codici attribuisce grande importanza al momento dell’attribuzione di
significato al messaggio pervenuto come significante.
Il processo comunicativo diventa un processo in cui l’operazione di trasformazione del messaggio è l’unica
che consente l’attribuzione di significato.
La mancata presenza di codici o sottocodici provoca la cosiddetta “decodifica aberrante”, che avviene con:
 Codice sconosciuto, messaggio non compreso
 Codici alternativi, messaggio non compreso
 Interferenze ambientali, messaggio non compreso
 Emittente delegittimato, messaggio rifiutato
Se esistono diversi codici e sottocodici che consentono l’attribuzione di significato, ne consegue che tale
operazione sarà negoziata tra il destinatario e l’emittente.
I codici sono sistemi all’interno dei quali sono organizzati segni mediante regole che consentono a tutti i
membri della comunità di usarli. Gli elementi base dei codici sono:
 Un numero di unità di base dal quale viene effettuata la selezione
 Tutti i codici sono portatori di significato
 Tutti i codici dipendono dall’accordo tra chi li usa e si basano su un background culturale condiviso
 Tutti i codici rappresentano un’identità sociale o una funzione comunicativa
 Tutti i codici possono essere trasmessi da media o canali appropriati
Fiske classifica due tipi di codici:
 Codici broadcast: codici semplici, non richiedono apprendimento, sono orientati alla comunità
 Codici narrowcast: codici definiti, richiedono apprendimento, sono orientati alla persona e
conferiscono status.
6.5. Dal messaggio al testo: il modello semiotico-testuale
Nel 1978, Eco e Fabbri sottolineano come al centro del processo comunicativo vi sia un testo.
La situazione è questa:
 I destinatari non ricevono singoli messaggi, ma insiemi complessi ovvero testi
 Il messaggio può usare un singolo codice, il testo usa molteplici codici
 Il messaggio esaurisce la sua significazione con il riferimento al codice, il testo invece incorpora in
sé anche il non detto e il presupposto che vanno oltre il codice.
La nozione di testo implica anche altri due fattori:
1. La nozione di testo comporta il riferimento a più sostanze e più codici
2. Nel riferimento al codice il messaggio esaurisce la sua significazione mentre il testo ingloba in sé
anche il non detto, cioè le presupposizioni e le argomentazioni implicite.
Per poter fruire di tali testi, il destinatario ricorre alla “competenza testuale”, cioè quella competenza che si è
andata formando nelle vesti di consumatore di prodotti mediali.
Le competenza testuale si costruisce in riferimento ai prodotti già presenti nell’esperienza mediale del
soggetto. A partire dal testo, si dà vita a una cultura testualizzata.
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Il genere, infine, diventa fondamentale per la costruzione della competenza testuale dei soggetti e unità
minima di contenuto delle comunicazioni di massa.
Il modello semiotico-testuale riesce a superare il dato strutturale dell’asimmetria tra emittente e destinatario:
l’incontro avviene su un possibile terreno comune frutto di esperienze condivise.
Capitolo 7 – La teoria dell’«agenda setting»
7.1. Media e costruzione sociale della realtà
Luhmann afferma che ciò che sappiamo della nostra società, lo sappiamo dai mass media.
La rilevanza assegnata all’esistenza di rappresentazioni sociali del mondo ad opera degli individui segna
l’approccio massmediologico, allorché riconosce la riduzione delle esperienze di prima mano a vantaggio di
quelle di seconda.
L’inevitabilità della prevalenza di esperienze di seconda mano viene dalle trasformazioni delle società
industriali da un lato, e dall’opportunità offerta dai media di vivere esperienze altrimenti impossibili
dall’altro.
Secondo Lippmann, la stampa, ma più in generale i mass media, consentono ai cittadini, attraverso la
costruzione di “stereotipi” che contribuiscono a creare uno pseudo-enviornment, di conoscere eventi e
argomenti del tutto estranei alla loro realtà soggettiva.
Gli elementi chiave che costituiscono tale posizione premetto di stabilire le coordinate di base che
caratterizzano l’approccio massmediologico.
I mass media offrono i riferimenti contestuali all’interno dei quali collocare e dar senso agli eventi stessi.
Il riconoscimento del ruolo giocato dai mass media nel processo di costruzione della realtà da parte degli
individui caratterizza l’attuale fase degli studi mediali.
Nella fase che secondo la Noelle-Neumann segna il ritorno ai powerful media, si abbandona lo studio delle
campagne per passare allo studio interno dei sistemi mediali.
7.2. Dall’agenda dei media all’agenda del pubblico
Cohen presenta l’agenda setting come una metafora: la stampa non può non essere capace di suggerire alle
persone cosa pensare, ma ha un potere sorprendente nel suggerire ai proprio lettori intorno a cosa pensare.
La stampa, come l’intero sistema mediale, offre agli individui temi e problemi sui quali pensare: non li
costringe ad assumere un punto di vista, ma ne organizza l’orizzonte tematico.
Per Shaw, l’ipotesi dell’agenda setting non sostiene che i media cercano di persuadere. I media presentano al
pubblico una lista di ciò su cui possono avere un’opinione.
L’agenda setting è la comprensione che la gente ha di gran parte della realtà sociale mutata dai media.
Gli individui sono esposti all’influenza dei media per ciò che riguarda l’individuazione dei temi, non per
quello che attiene alla valutazione.
Gli elementi chiave dell’ agenda setting sono:
 I media determinano/ordinano gerarchicamente la presenza dei temi nell’agenda
 I media costruiscono l’agenda degli individui come conseguenza dell’agenda dei media
La prima ricerca per constatare tale nesso viene da McCombs e Shaw.
I due si concentrarono sul contributo della campagna del 1968 a Chapel Hill, ipotizzando che i mass media
determinano l’agenda setting di ogni campagna elettorale influenzando l’importanza attribuita dal pubblico
ai vari temi.
La ricerca avvenne in due fasi:
 Fase 1: interviste ai 100 soggetti prescelti
 Fase 2: identificare i temi presenti dei media di Chapel Hill
I risultati mostrarono delle correlazioni tra i temi dei soggetti e i temi dei media.
Ora la domanda era: esistono temi uguali o differenti?
Lang e Lang danno una risposta definendo:
 Temi a soglia alta: lontani dalla vita quotidiana dei soggetti
 Temi a soglia bassa: vicini alla vita quotidiana dei soggetti
Perché un tema entri nell’agenda del pubblico è necessario che esso sia a soglia bassa e affinché ciò avvenga
è importante una debita azione di copertura da parte dei media.
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Patterson e McClure sottolineano come l’effetto dell’agenda sia correlato con il consumo di carta stampata.
Le notizie offerte dalla stampa risultano in grado di segnalare i temi di maggiore rilevanza e forniscono al
lettore di un’informazione forte e costante.
Benton e Fraizer avevano come obiettivo quello di individuare il diverso livello di informazione offerto dalla
stampa e dalla tv riguardo i temi economici.
Dopo aver distinto 3 livelli informativi:
1. Etichetta del tema
2. Individuazione dei problemi, cause, soluzioni e proposte
3. Individuazione delle opinioni pro e contro,
i due ricercatori giunsero alla conclusione che solo la stampa conduceva i suoi lettori ai livelli più alti.
In ultimo, Rogers e Dearing affermano che l’agenda dei media non influenza l’agenda dell’individuo se il
sistema mediatico ha bassa credibilità.
McCombs afferma che la natura fondamentale dell’agenda sembra spesso essere organizzata dai giornali,
mentre la tv riordina e risistema i temi principali.
L’attenzione dei ricercatori si è concentrata sui fattori di omogeneità o differenziazione presenti nel pubblico.
Cook et al ha fatto emergere che i bisognosi di assistenza non mostrano nessun effetto di agenda, mentre i
funzionari o pubblico generico mostrano un forte effetto di agenda.
Un ultimo elemento riguarda la natura dell’agenda.
Possiamo definire tre tipi di agenda del pubblico:
 Agenda intrapersonale: quali i temi più importanti per l’individuo
 Agenda interpersonale quali i temi più importanti per la rete sociale dell’individuo
 La percezione dell’opinione pubblica: quali i temi più importanti per l’opinione pubblica.
7.3. La costruzione dell’agenda dei media
I temi sono sempre in competizione tra di loro per trovare posto in agenda. L’importanza di un tema non è
mai assoluta ma relativa. L’inserimento di un tema in agenda viene visto come il risultato finale di un
processo che ha visto coinvolti altri soggetti e temi e che è stato valutato in termini migliori rispetto ad altri.
La costruzione dell’agenda dei media avviene per mezzo di tre fattori:
 Realtà esterna: i temi nascono da impulsi del mondo esterno (la disoccupazione diventa un tema
dell’agenda in conseguenza dell’aumento dei disoccupati).
 La logica che governa la selezione delle notizie: si manifesta nella selezione dei temi e nel loro
trattamento tramite le regole giornalistiche. I media contribuiscono, inoltre, a scandire le diverse fasi
che accompagnano la nascita e la crescita di un tema.
 Infine, abbiamo i rapporti di potere ipotizzati da Reese: cioè la determinazione di potere dei media,
che dispongono del potere di destinare spazio e attribuire enfasi ai temi selezionati, e delle fonti, che
dispongono del potere di diffondere le informazioni utili alla copertura dei temi. Ci possono essere 4
combinazioni di basso o alto potere della fonte e alto o basso potere dei media.
7.4. Agenda politica e agenda dei media
L’analisi del rapporto tra l’agenda dei media e l’agenda politica induce necessariamente a prestare attenzione
all’impatto che l’opinione pubblica ha sul policy making, cioè il rapporto con i cittadini.
Allo stesso tempo viene ipotizzato un rapporto con il sistema politico.
Partendo dall’analisi delle modalità attraverso le quali il sistema politico tenta di determinare il contenuto
dell’agenda dei media, emerge una prossimità tra organizzazioni giornalistiche e sistema politico.
Il primo dato di partenza è costituito dall’alto numero di notizie pubblicate che si rifanno a fonti ufficiali.
Alcune ricerche hanno dimostrato come la maggior parte delle notizie venga da comunicati stampa.
Una grande disponibilità dalle fonti significa un’elevata stabilità nell’organizzazione del lavoro. Poter
disporre continuamente di comunicati stampa implica una riduzione del margine di incertezza nella
produzione di notizie. Così si spiega la disponibilità a ricorrere alle fonti governative da parte dei giornalisti
e giustifica l’analogia con il mercato avanzata de Entman.
Poi abbiamo il concetto di news slant, cioè quando i giornalisti fanno riferimento a dichiarazioni di altri
politici nel riferire le notizie.
In termini più generali, l’influenza del sistema politico sull’agenda dei media può essere valutata in relazione
alla capacità di offrire notizie, alla definizione del terreno di discussione di un tema, alla capacità di evitare
l’attenzione dei media.
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Si possono definire due tipi di influenza:
 Influenza di specifiche news story, cioè quando il giornalista può attivare risposte utili a intervenire
sulla situazione denunciata, in caso di soprusi e violazioni.
 Influenza sulla determinazione dei temi
Infine abbiamo la funzione di linkare che può realizzarsi in tre modi:
1. indirizzare i cittadini verso alcuni temi
2. consentire la comunicazione “interna” al sistema politico
3. assumere il ruolo di interprete delle vicende pubbliche
7.5. Tra tema e «frame», ovvero il livello dell’«agenda setting»
Come abbiamo detto, l’agenda setting è una teoria sul trasferimento si salienza dagli elementi costituenti le
immagini del mondo presentate dai mass media agli elementi costituenti le nostre rappresentazioni mentali
della realtà. L’assunto teorico di fondo è che gli elementi che hanno maggiore rilievo nelle rappresentazioni
offerte dai media assumono lo stesso rilievo anche nelle rappresentazioni del pubblico.
Oltre all’agenda degli oggetti esiste un’altra dimensione: quella degli attributi cioè caratteristiche e proprietà
che completano l’immagine di tali oggetti.
Un importante elemento dell’agenda dei media e degli oggetti sono le prospettive e i frame che i giornalisti e
i membri del pubblico utilizzano per pensare a questi oggetti e parlarne.
La ricerca più nota sulle dimensioni dell’agenda setting è quella condotta sulle elezioni generali del
Giappone nel 1983 da Takeshita e Mikami.
La ricerca ha dato come risultati:
 Il tema delle riforme politiche come predominante
 Verifica dell’ipotesi della salienza: grado di informazione e grado di esposizione alla campagna
 Analisi fattoriale dell’importanza degli intervistati: fattore etico e fattore sistemico come guida alla
copertura mediale.
In conclusione, l’agenda setting è utile perché offre una spiegazione di come informazioni in merito a certi
temi e non ad altri siano disponibili al pubblico in una democrazia; come l’opinione pubblica si forma e
come certi temi sono affrontati.
Capitolo 8 – La spirale del silenzio
8.1. Una teoria dell’opinione pubblica
Il ruolo dei media nei processi di costruzione della realtà da parte degli individui si arricchisce con la teoria
della spirale del silenzio.
Il concetto di “spirale del silenzio deriva da una più ampia teoria dell’opinione pubblica elaborata da NoelleNeumann, che riguarda l’interazione fra quattro elementi:
1. Mezzi di comunicazione di massa
2. Comunicazione interpersonale e rapporta sociali
3. Manifestazioni individuali di opinione
4. Percezioni che gli individui hanno dei “climi di opinione” nel proprio ambiente sociale.
Nell’interazione ipotizzata,i media vengono messi in relazione con la comunicazione interpersonale, con le
prese di posizione individuali e con la percezione del clima di opinione.
Nel ricostruire il suo interesse per la problematica dell’opinione pubblica, la Noelle-Neumann racconta un
episodio di quando era direttrice dell’Allensbach Institut, un importante centro di ricerca. Nel 1972, il Partito
Socialdemocratico vinse le elezioni. La Noelle-Neumann descrive la situazione gerarchica che si era creata. I
più forti che accettavano e incoraggiavano la nuova politica, chi invece rifiutava tale politica e si sentiva
abbandonato, diventò parte del “gruppo debole”. Gli uni dominavano pubblicamente e gli altri erano
scomparsi dalla scena pubblica. Questo è quel processo che si può definire “Spirale del silenzio”.
Questo processo può dar vita a una maggioranza “rumorosa” e una minoranza “silenziosa”. La NoelleNeumann sceglie quella “integrativa”, cioè che la pubblica opinione è interpretata come un processo che si
svolge tra i cittadini. L’opinione pubblica è un’opinione ricca di valori in determinate aree che può essere
espressa in pubblico senza aver paura di subire danni.
La concezione integrativa dell’opinione pubblica si caratterizza per la pressione a conformarsi e per la paura
dell’isolamento sociale.
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8.2. Il ruolo dei media nella formazione dell’opinione pubblica.
La Noelle-Neumann elabora la sua teoria, articolata nei seguenti punti:
 La società minaccia i comportamenti individuali devianti con l’isolamento
 Gli individui hanno paura dell’isolamento
 La paura dell’isolamento porta gli individui a valutare il clima d’opinione
 Il risultato della valutazione influisce sugli individui
 I punti precedenti sono alla base di formazione, difesa e mutamento dell’opinione pubblica
In questo processo di valutazione e affermazione dell’opinione pubblica i mezzi di comunicazione di massa
giocano un ruolo importante, poiché consentono quell’operazione di monitoraggio che occupa tutti gli
individui.
Il ruolo predominante dei media deriva dall’affermazione del mezzo televisivo che aggira la legge della
percezione selettiva.
La legge della selettività viene messa in discussione dalla studiosa a partire dalla centralità del mezzo
televisivo nel sistema mediale. È proprio la tv a rendere la percezione selettiva più difficile.
Poi ci sono i caratteri di:
 consonanza: argomentazioni simili su temi prossimi nella programmazione tv
 cumulatività: le argomentazioni appaiono in tv a ciclo continuo
Secondo Wolf, in base alla spirale del silenzio i media forniscono: pressione ambientale, definiscono
l’ambiente sociale e il clima di opinione all’interno del quale gli individui si orientano.
8.3. La «competenza quasi statistica» degli individui
Nell’ambito della spirale del silenzio, si dà per scontato che gli individui osservino il mondo circostante, che
posseggano una “competenza quasi statistica” che non richiede apprendimento e conoscenza di regole ma
semplice osservazione e consumo dei media.
La paura dell’isolamento è alla base di una intensa attività, consapevole o meno, che deve poter mettere il
soggetto nella condizione di evitare l’imbarazzo e l’isolamento.
La competenza quasi statistica è il frutto dell’interazione con l’ambiente sociale e con i media.
Inoltre tutti i soggetti sono impegnati in una costante operazione di monitoraggio del clima d’opinione su
certe tematiche. Il mezzo televisivo è quello più adatto per far emergere posizioni.
8.4. I media tra posizioni maggioritarie e posizioni minoritarie
Per evidenziare il ruolo dei media nella costruzione del clima d’opinione, la Noelle-Neumann procede a
un’analisi comparata tra previsioni elettorali del pubblico e programmi televisivi a contenuto politico andati
in onda in quel periodo. L’esposizione al mezzo televisivo era emersa come una variabile in grado di favorire
la percezione del mutato clima d’opinione.
La Noelle-Neumann ritenne che la popolazione avesse ricevuto due diverse interpretazioni della realtà:
nacque così un doppio clima d’opinione, cioè quella data dall’osservazione in prima persona e quella
derivata dagli occhi della televisione.
L’effetto del clima d’opinione televisivo viene visto come deleterio se il risultato delle politiche è incerto.
L’effetto spirale come spostamento di opinione può essere definito in due modi:
 Risonanza: chi ha un punto di vista minoritario lo esprime se sostenuto dai media che così aiutano a
far crescere e “montare” il nuovo clima di opinione prima minoritario
 Articolazione: i media forniscono argomenti per aiutare i sostenitori dell’idea a difenderla nelle
proprie interazioni sociali
8.5. Il limite dell’abbattimento della selettività
La complessa teoria della spirale del silenzio ha dei limiti.
Secondo Noelle-Neumann, la diffusione del mezzo televisivo mutano profondamente gli equilibri precedenti
perché consentono di superare la legge della percezione selettiva, punto forte della teoria sugli effetti limitati
dei media.
Poi ci sono i fattori di consonanza e cumulatività come elementi che superano la percezione selettiva. In base
a questi fattori la studiosa fa riferimento a un sistema mediale che è molto più complesso di come è stato
rappresentato.
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È difficile che in un paese l’intero sistema mediale assuma un’unica posizione.
Se negli ultimi decenni osserviamo molti paesi democratici, possiamo osservare che l’opinione pubblica è
spesso divisa su molti temi e che le differenze tra posizioni maggioritarie e minoritarie sono davvero esigue.
Oltre a consentire di cogliere il clima d’opinione, i media contribuiscono tramite sondaggi a ribadire lo stato
di forza tra le diverse posizioni. Il rinforzo che tali sondaggi offrono è stato individuato da Baudrillard, il
quale sostiene che i sondaggi costringono i cittadini alla coerenza statistica, cioè a un continuo confronto con
la conferma statistica del proprio comportamento.
Infine abbiamo il concetto di pluralistic ignorance, cioè una situazione nella quale gli individui credono di
essere gli unici a pensare in un certo modo e preferiscono non esprimersi e rimanere in silenzio.
La spirale del silenzio è importante perché ci spiega il mutamento sociale, che può essere agevolato dai
media senza che questi ultimi siano dotati di particolari poteri.
Capitolo 9 – La teoria della coltivazione
9.1. La televisione come «storyteller»
La televisione ha la funzione di storyteller, cioè di qualcuno che ci narra eventi e storie.
Casetti e Di Chio affermano che la funzione affabulatoria della televisione è legata alla riflessione sulla
natura orale del discorso televisivo: la televisione parla, racconta storie che riflettono l’attitudine dello spirito
umano a ricercare emozioni.
Più complessa è la funzione bardica della tv, intesa come capacità di raccontare storie della comunità così
come il bardo leggeva gli editti e le ultime disposizioni.
La televisione ci propone mondi, comportamenti, atteggiamenti e opinioni sottoponendocele sottoforma di
storie che narrano del passato e del presente.
Le caratteristiche della funzione bardica delle televisione sono:
 Individuare: l’opinione culturale circa la natura della realtà
 Coinvolgere: i membri nel sistema di valori dominanti
 Celebrare: le azioni dei rappresentanti verso il mondo esterno
 Rassicurare: la cultura in generale della sua adeguatezza
 Svelare: inadeguatezze pratiche della cultura
 Convincere: il destinatario che statue e identità gli sono garantiti dalla cultura
 Trasmettere: attraverso queste proprietà un senso di appartenenza culturale
9.2. «Cultural Indicators Program»
Il Cultural Indicators Program, prende il via nel 1967 e analizza il contenuto televisivo fino al 1974.
Scopo di tale programma è analizzare le conseguenze del crescere e del vivere con la televisione.
Gebner afferma che la teoria della coltivazione è basata sui risultati di ricerca che indicano l’esistenza di un
persistente, pervasivo e compiuto mainstream televisivo su una grande varietà di correnti e controcorrenti
concettuali. Mainstreaming significa che i telespettatori forti possono asorbire o non tenere conto delle
differenze di prospettiva e di comportamento che normalmente provengono da altri fattori e influenze.
Il Cultural Indicators Program si articola in tre strategie:
 Analisi dei processi istituzionali, che consiste nell’analisi dei meccanismi della produzione di fiction
 Analisi del sistema dei messaggi, che consiste nello studio sistematico di un campione di fiction tv
(identificazione dei pattern)
 Analisi del pubblico, che consiste nella correlazione tra rappresentazione del mondo in tv e
rappresentazione dei telespettatori (survey locali o nazionali e confronto con Istituti di ricerca
nazionali).
Gli studiosi, però si occupano prevalentemente delle ultime due.
Il centro focale della teoria è l’analisi della coltivazione, cioè l’analisi empirica delle risposte fornite dai
telespettatori circa la realtà sociale. I ricercatori vogliono individuare eventuali differenze tra coloro che
dedicano molto tempo al mezzo televisivo, al punto di fornire le cosiddette «risposte televisive», e coloro che
vengono definiti telespettatori deboli.
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Il concetto di coltivazione sta nel fatto che coloro che passano molto tempo a vedere la televisione sono
maggiormente propensi a interpretare la realtà in termini “televisivi”. Il differenziale di coltivazione altro
non è che il margine che separa telespettatori deboli e forti.
9.3. La coltivazione televisiva
Il progetto viene presentato come un tentativo di esplorare l’ipotesi che coloro che riguardano molta
televisione esprimeranno e percepiranno il mondo come un luogo squallido, descritto con parole che
riflettono alienazione e depressione.
Si tengono delle indagini sulla violenza indotta dalla televisione.
La definizione di violenza può essere data dai seguenti termini:
 Qualsiasi espressione di forza fisica contro se stessi o altri con l’obiettivo di ferire o uccidere
 Forme accidentali di violenza o catastrofi naturali, soprattutto quelle con un elevato numero di
vittime
 Ogni atto che può provocare seri effetti, pur collocato in contesti fantastici o umoristici
I ricercatori hanno contato sui dati registrati dal General Social Survey, per individuare l’esistenza e la
diffusione di forme di sfiducia interpersonale tra la popolazione, e dell’Index of Alineation and Gloom, che
era articolato nei seguenti termini:
 La situazione dell’uomo medio sta peggiorando
 È difficile avere un bambino in un mondo così
 Una gran parte degli ufficiali pubblici non è interessato ai problemi della comunità.
Poi ci sono anche i risultati del Mean World Index.
I telespettatori sono stati classificati in deboli, medi e forti.
I risultati dell’analisi evidenziano che le vittime del sistema televisivo più frequenti sono i giovani, le donne
e gli anziani.
I teleconsumatori forti percepiscono la violenza come maggiormente presente.
9.4. Il contraddittorio nesso tra esposizione e «risposte televisive»
La teoria della coltivazione continua ancora oggi a stimolare gli studiosi sul rapporto tra gli individui e la
realtà televisiva.
In primo luogo, la correlazione ipotizzata tra la quantità di esposizione di «risposte televisive» in termini di
un effetto di coltivazione non può essere accettata.
L’uso, le modalità di fruizione della tv, le rappresentazioni sociali che si costruiscono a seguito del consumo
televisivo rappresentano problematiche complesse.
La scoperta dei processi di negoziazione di significato dei testi mediali viene spazza via per lasciar spazio a
variabili quantitative relative al tempo dedicato alla televisione.
Hughes ha dei dubbi sulla scelta delle variabili e sull’efficacia dell’analisi multivariata effettuata, mostrando
nuovi risultati frutto di applicazioni diverse.
La teoria si bassa sulla correlazione tra esposizione televisiva e coltivazione di determinate immagini della
realtà.
Le persone alienate posso cercare la conferma di quanto li preoccupa nel mezzo televisivo, o possono cercare
conferme sulla composizione sociale ed economica della popolazione americana.
9.5. Una coltivazione strisciante?
Nonostante i limiti e i problemi analizzati, la teoria della coltivazione può mostrare una sua utilità per
interpretare il rapporto tra sistema dei media e sistema sociale.
Signorielli e Morgan definiscono alcuni problemi aperti della teoria:
 Come si verifica l’effetto coltivazione?
I ricercatori hanno dato spazio a numerose critiche avanzate in merito alla semplicità del rapporto tra
televisione e individui
 Quali sottogruppi demografici rendono evidente il processo di coltivazione?
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I ricercatori ammettono che sono necessarie altre indagini per dar conto di diversità di
comportamento tra i vari gruppi
 In che modo la coltivazione è mediata da rapporti familiari e interpersonali?
Si assiste al recupero di categorie analitiche largamente note ed elaborate nel corso di anni di ricerca.
 Quali sono i livelli di coltivazione?
I ricercatori definiscono la coltivazione di primo grado, che rimanda a concezioni rispetto a fatti
della vita, e coltivazione di secondo grado, che si correla a inferenze più generali
 Qual è il ruolo dell’esperienza personale nella coltivazione?
L’esperienze personale torna ad assumere rilevanza in coerenza con l’agenda setting e la spirale del
silenzio
 In che modo gli orientamenti degli spettatori influenzano la coltivazione?
I ricercatori recuperano la possibilità che vi siano orientamenti diversi verso la televisione da parte
dei soggetti.
 Quali sono i ruoli di programmi e generi specifici nella coltivazione?
I ricercatori sostengono la necessità di considerare la programmazione collegando la visione delle
soap operas con i programmi per famiglie, notiziari, ecc….
 Come e cosa coltivano gli altri media?
L’appartenenza del sistema televisivo a un sistema mediale sollecita i ricercatori all’adozione di un
approccio più ampio e rispondente alla realtà.
 In che modo le nuove tecnologie influenzano la coltivazione?
Il moltiplicarsi dell’offerta e la proliferazione dei canali televisivi non comportano una maggiore
differenziazione dei programmi.
 L’effetto coltivazione si verifica anche in altri paesi?
I ricercatori sostengono la necessità di proseguire lungo tale direzione tenendo conto di tutti i nuovi
elementi individuati e dei contesti mediali, sociali e culturali.
Per concludere, la televisione è diventata la fonte della cultura quotidiana.
Capitolo 10 – Gli scarti di conoscenza
10.1. La società della comunicazione crea differenze
Il modo migliore per presentare la teoria degli scarti di conoscenza o del knowledge gap di Tichenor,
Donohue e Olien consiste nel sottolineare che la diffusione e la penetrazione crescente dei mezzi di
comunicazione di massa tra la popolazione non portano affatto all’uguaglianza sociale ma alla creazione di
differenze.
Quando la diffusione di informazioni tratte dai mass media cresce nel sistema sociale, la popolazione con
status socioeconomico più elevato tenderà ad acquisire informazioni in maniera più veloce della popolazione
con status socioeconomico più basso, incrementando lo scarto di conoscenza fra i due.
Per individuare la dinamica che porta alla formazione di gap conoscitivi, i ricercatori hanno attinto elementi
utili dai risultati delle ricerche della tradizione dell’approccio della diffusione di notizie e di innovazioni. È
stata individuata la variabile dell’istruzione.
I fattori più importanti della teoria sono:
 Abilità comunicative degli individui
 L’informazione già posseduta (enciclopedia)
 I contatti sociali
 L’esposizione selettiva
 La natura del sistema dei media che distribuisce l’informazione
L’insieme di questi fattori porta i ricercatori a formulare l’ipotesi degli scarti conoscitivi nei seguenti termini:
1. L’acquisizione di conoscenza su argomenti fortemente pubblicizzati procederà con ritmo maggiore
tra i soggetti con istruzione più elevata piuttosto che tra i meno istruiti e
2. Ad un certo punto, dovrebbe esserci un’elevata correlazione tra l’acquisizione di conoscenza su
argomenti fortemente pubblicizzati dai media e il livello di istruzione.
I ricercatori individuano il cosiddetto «potenziale comunicativo», cioè quell’insieme di risorse che consente
di ottenere e dare informazioni e che facilita il processo comunicativo.
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Le caratteristiche principali del potenziale sono : personali, legate alla posizione sociale, struttura sociale di
riferimento dell’individuo.
10.2. Gli scarti conoscitivi
Numerosi elementi empirici frutto di dati di diverse ricerche di Tichenor, Donohue, Olien confermano la
correlazione con il livello di istruzione.
Tra le varie ricerche, una delle più famose è quella condotta sulla diffusione della notizia delle dimissioni di
Chruščëv e del caso Kenkins nel 1964.
Gli intervistati con un livello di istruzione superiore vennero a conoscenza degli eventi prima di coloro con
un più basso livello di istruzione.
Successivamente fu fatta un’altra ricerca su argomenti specifici nel periodo 1949-65, alcuni temi dei quali
erano il cancro, l’allunaggio, i satelliti, ecc….
Sono argomenti che non necessariamente arrivano alle persone e possono essere molto distanti dalla vita
quotidiana.
I risultati mostrarono che all’idea dell’allunaggio, ci aveva un basso potenziale comunicativo pensava fosse
improbabile.
I ricercatori dichiararono che non vi fu una misurazione puntuale della copertura mediale dell’argomento. Le
eventuali trasformazioni furono considerate, ma esse non portarono alla chiusura del gap, sulla quale i
ricercatori non si sono molto concentrati.
Secondo i ricercatori, la stampa ha un effetto di Knowledge Gap e la televisione ha un effetto di «livellatore
di conoscenza».
10.3. La chiusura degli scarti
Gli eventuali scarti conoscitivi tra gruppi possono scomparire in presenza di alcune condizioni.
Il meccanismo che porta alla chiusura o al rallentamento del gap è identificato negli «effetti soglia» che si
manifestano in base:

All’interesse nell’accesso all’informazione

Al grado di ripetitività e diffusione dell’informazione

Alla preoccupazione generata da un argomento

All’eventuale conflittualità determinata da un argomento che fa aumentare
l’interesse

All’omogeneità delle comunità
Gli effetti soglia si possono ritrovare in teorie già studiate:

Nell’agenda setting, in cui la ripetitività dell’informazione può essere letta
come una trasformazione di un tema a soglia alta in un tema a soglia bassa.

L’agenda setting, inoltre, è l’opposto del Knowledge Gap perché, la prima
attribuisce ai media un tipo di influenza che coinvolga INTORNO al contenuto dei media, il secondo
implica un costante processo di differenziazione sociale nei sistemi di conoscenza.

Infine, c’è un collegamento con il flusso di comunicazione a due fasi, che
favorisce la chiusura del gap nelle piccole comunità.
In conclusione gli effetti-soglia potrebbero essere considerati la punteggiatura di un processo costante di
generazione degli scarti di conoscenza.
10.4. Il tema del presente: la questione del «digital divide»
Il lento ingresso di Internet all’interno del sistema mediale ha riproposto con maggior forza l’esistenza di
squilibri tra gli information haves e information have nots, rendendo attuale la teoria degli scarti conoscitivi.
Nel caso di Internet, si alimenta la questione del digital divide.
Sul versante dell’offerta, Internet consente una frammentazione e targettizzazione dei messaggi più di ogni
altro media. Sul versante del consumo, vanno sottolineate alcune variabili che entrano nella definizione di un
attuale potenziale comunicativo, rendendo più evidenti i possibili scarti tra gruppi privilegiati e non.
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Internet marginalizza il ruolo di storyteller, in quanto impone agli utenti la costruzione autonoma di un
percorso.
Il digital divide rischia di diventare il moderno spartiacque che crea discriminazione tra i cittadini.
10.5. Società dell’informazione e differenziazione sociale
Lo sviluppo del sistema mediale nelle moderne società ha riposto l’ipotesi alla base della teoria degli scarti
conoscitivi. La diffusione della televisione via cavo, satellitare, digitale, ecc…, comporta effetti sociali di
differenziazione che diventano ogni giorno più evidenti.
Si può sostenere che si passa da un modello broadcast, che intende una diffusione di messaggi da uno a
molti, a un modello netcast, che intende una diffusione dei messaggi a rete.
Per soddisfare i bisogni del pubblico si è affermato il modello narrowcastin, basato su una categoria
(informazione, cinema, musica, ecc) ed è la risposta a una richiesta di differenziazione dell’offerta.
L’informazione diventa una risorsa alla quale i soggetti attingono con modalità diverse e con esiti diversi.
Capitolo 11 – La teoria della dipendenza
11.1. Una teoria ecologica
L’ultima teoria di cui parleremo è quella della dipendenza dai media formulata da DeFleur e Ball-Rokeach
nel 1976 e nel 1989.
Questa teoria definita «ecologica», pone l’accento sulle relazioni esistenti tra sistemi piccoli, medi e grandi e
considera la società come una struttura organica e analizza il modo in cui le componenti dei sistemi sociali
micro e macro sono collegate tra loro. Inoltre è detta ecologica perché le comunicazioni di massa hanno
qualche volta effetti potenti e diretti, altre volte deboli e indiretti.
I fattori principali di tale teoria sono:
 Stabilità sociale: paradigma del struttural-funzionalismo
 Cambiamento: paradigma conflittualista
 Adattamento sociale: paradigma evoluzionista
 Costruzione del significato sociale: interazionismo simbolico
 Fattori individuali: paradigma cognitivo
Nel 1976 il modello di tale teoria si articola tra:
 Il sistema sociale. Gradi diversi di stabilità, più instabilità, più informazione
 Il sistema dei media. Gradi diversi di sviluppo, maggiore la capacità di soddisfare i bisogni,
maggiore la sua centralità
 L’audience. Gradi diversi di dipendenza dal sistema, fonti alternative, attivazione di canali autonomi
11.2. Natura dei rapporti di dipendenza
La chiave di questa teoria sta nella relazione di dipendenza che può stabilirsi dopo l’interazione tra i diversi
sistemi. Riguardo al sistema dei media, l’interazione può riguardare singole parti del sistema o il sistema
intero. Le relazioni di dipendenza sono articolate sugli obiettivi o sulle risorse.
Gli individui utilizzano tutte le occasioni comunicative per attribuire significato e prevenire alla conoscenza
del mondo che li circonda.
Le risorse informativa controllate dai medi sono:
 La raccolta delle informazioni: il sistema mediale consente la copertura degli eventi
 Il trattamento delle informazioni: la trasformazione delle informazioni raccolte/create in contenuti
 La distribuzione delle informazioni: l’uso di diversi canali comunicativi per raggiungere il pubblico
Il sistema dei media dipende dal sistema politico e tale relazione è stata definita come “dipendenza
strutturale”, perché riguarda modelli ripetitivi di interdipendenza tra oggetti di analisi tra sistemi.
Il sistema dei media dipende dal sistema politico, inoltre, per quello che riguarda la regolamentazione e per
ciò che riguarda la sfera dell’espansione e del profitto.
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L’interazione con il sistema politico viene collocata da Blumler e Gutevitch lungo un continuum che va
dall’autonomia alla subordinazione del sistema mediale. Usando i parametri sistemico-normativo e massmediale, i due studiosi analizzano i rapporti che si stabiliscono tra i due soggetti per individuare i modelli di
interazione.
Il parametro sistemico-normativo si divide in quattro gradi:
 Grado di controllo statale sulle istituzioni (nomina dei vertici, finanziamenti)
 Grado di partisanship dei media (coinvolgimento politico massimo, neutralità)
 Grado di integrazione dell’elìte politico/mediale (sovrapposizione professionale)
 Grado di consapevolezza della funzione sociale della professione giornalistica
Il parametro mass-mediale si basa su due continuum orientamento, uno pragmatico (logica mediale) e uno
sacerdotale (logica politica).
A seconda delle combinazioni dei questi due parametri nascono 4 diversi modelli:
 Modello avversario (advocacy journalism)
 Modello collaterale (prevalenza del sistema politico)
 Modello dello scambio (interdipendenza politica/media)
 Modello della competizione ( confronto “duro” politica/media)
Si può rintracciare un rapporto di dipendenza biunivoca tra il sistema mediale e il sistema politico: si ha una
situazione di visibilità contro autonomia.
11.3. I rapporti di dipendenza degli individui dal sistema dei media
Come il sistema politico o gli altri sistemi, gli individui sviluppano relazioni di dipendenza dai media. È una
dipendenza diversa da quella tra i vari sistemi.
Gli individui sviluppano tale dipendenza per orientarsi, per orientarsi e per svagarsi.
Possiamo definire 3 rapporti di dipendenza:
 Comprensione
o Di sé: interpretare i propri modelli di comportamento e valori
o Sociale: raccolta di informazioni utili per capire il mondo circostante
 Orientamento
o All’azione: ricerca di indicazioni per individuare guide di comportamento (acquistare,
votare, decidere)
o All’interazione: acquisire informazioni per apprendere modelli di comportamento appropriati
 Svago
o Individuale: consumo di prodotti mediali per ottenere relax e intrattenimento
o Sociale: consumo di prodotti mediali per interagire con gli altri
Tali obiettivi non possono essere raggiunti se non si accede al sistema mediale che compete però con altre
fonti informative come le reti sociali.
Si ipotizza che i soggetti si costruiscano una specie di “dieta multimediale” personale in grado di permettere
di raggiungere gli scopi prefissati.
11.4. Relazioni di dipendenza dai media ed effetti
Uno degli obiettivi della teoria della dipendenza è quello di spiegare perché le comunicazioni di massa hanno
effetti potenti alcune volte e deboli effetti altre volte. A questo proposito si ipotizza un processo cognitivo
che aumenta le probabilità di influenza da parte di contenuti mediali.
Le relazioni di dipendenza avvengono in 4 fasi:
 FASE 1. La distinzione fra due soggetti: selezionatore attivo (esposizione selettiva) e osservatore
casuale (esposizione accidentale)
 FASE 2. L’effetto di altri elementi sulla dipendenza: scopi personali, ambiente, aspettative
sull’utilità, facilità di accesso
 FASE 3. La presenza di una forma di stimolazione – cognitiva o emotiva – al cui aumentare,
aumenta il coinvolgimento
 FASE 4. Aumentando il coinvolgimento, aumenta la dipendenza mediale e di conseguenza effetti
cognitivi, affettivi, comportamentali
Quando l’ambiente sociale è ambiguo e/o in cambiamento, le relazioni di dipendenza degli individui e dei
gruppi si rafforzano.
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Non può essere sufficiente ipotizzare che le relazioni di dipendenza possono produrre sia cooperazione che
conflitto, né che gli “effetti onda” possono essere generati tanto dalla società (dimensione macro) che dagli
individui ( dimensione micro).
11.5. Un’ipotesi di lavoro
La teoria della dipendenza si caratterizza per un approccio che tiene insieme acquisizioni precedenti e nuove
ipotesi di lavoro.
Essa infatti ricontestualizza i meccanismi della selettività e il ruoloo attivo del consumatore entro una cornice
che si caratterizza per un insieme di interrelazioni tra diversi sistemi. Inoltre, essa sottolinea esplicitamente la
centralità del sistema dei media nelle attuali società moderne.
Se all’improvviso non ci fossero più i mezzi di comunicazione (tv, internet, ecc…) come si comporterebbero
gli individui?
Il riconoscimento della centralità non si accompagna ad una analisi approfondita del funzionamento dei
mezzi di comunicazione di massa.
La teoria della dipendenza viene accusata di non prestare sufficiente attenzione alle reali relazioni che si
stabiliscono tra sistema mediale e sociale. Infatti, lo sviluppo empirico di tale teoria si caratterizza per
l’indagine del rapporto di dipendenza dal sistema mediale degli individui piuttosto che degli altri sistemi.
Infatti, McLeod e Blumler parlano di una psicologizzazione del modello modello, cioè che esso si concentra
sui comportamenti individuali piuttosto che sulle relazioni strutturali.
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