C - Padis

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RIASSUNTO
I recettori Notch (N1, N2 e N3) regolano la scelta differenziativa T (Artavanis-Tsakonas
et al., 1999). L'attivazione costitutiva del signaling di Notch è una delle maggiori cause
dell’insorgenza della leucemia linfoblastica acuta (T-ALL) nel topo e negli esseri
umani.
La funzione di Notch3 come oncogene nella T-ALL è stata dimostrata da un modello
murino creato nel nostro laboratorio, caratterizzato dall’espressione costitutiva della
forma attiva di Notch3 (N3-IC) nei timociti immaturi (N3-IC Tg) (Bellavia et al., 2000).
Nei topi N3-IC Tg è stata osservata una deregolazione della proliferazione e della
maturazione nella fase di transizione da preT a T, oltre all'attivazione costitutiva del
preTCR (Bellavia et al., 2002).
Il differenziamento delle cellule T dipende da molti segnali forniti dallo stroma, il quale
produce citochine, chemochine e ligandi e sostiene i processi maturativi timocitari
all'interno del micro-ambiente timico (Sun et al., 2010). In particolare è noto che il
recettore di chemochine CXCR4 è espresso sulla superficie dei timociti dallo stadio
DN1 (doppi negativi 1) a quello DP (doppi positivi), con un picco di espressione nelle
transizioni DN2-DN3 e DN-DP, mentre è completamente assente nei SP (singolo
positivi) (Plotkin et al., 2003). Ѐ altresì dimostrato che il signaling cooperativo fra il
preTCR, CXCR4 e Notch3 è richiesto nella selezione β per consentire il
differenziamento dei timociti T dallo stadio DN a quello DP (Janas et al., 2010). Infatti
il fattore derivato dalle cellule stromali SDF-1 (CXCL12) ed il suo recettore CXCR4
promuovono la sopravvivenza dei timociti DN e regolano la migrazione durante la
transizione da DN a DP (Plotkin et al., 2003). Inoltre è stato suggerito un ruolo dell'asse
CXCR4/SDF-1 nello sviluppo e nella progressione della T-ALL (Scupoli et al., 2008).
Scopo della Tesi di Dottorato è stato lo studio del cross-talk molecolare della via di
segnalazione, innescata dall’over-espressione di Notch3 sulla pathway della
chemochina CXCR4, come possibile meccanismo deregolatore dei programmi
differenziativi intratimici in un modello murino di T-ALL.
Esperimenti al FACS hanno dimostrato una diminuzione nella percentuale di cellule DN
CXCR4 positive nel topo N3-IC Tg rispetto al wt, non attribuibile ad alcuna riduzione
nel numero totale di timociti DN. Al contrario è stato osservato un incremento
dell’espressione di CXCR4 nelle cellule DP. Esperimenti di migrazione ex vivo dei
timociti, in risposta al ligando fisiologico, CXCL12, dimostrano una alterata migrazione
1
dei timociti dei topi N3-IC Tg rispetto al wt. Inoltre sono stati eseguiti esperimenti di
cell sorting focalizzati all’analisi molecolare della sottopopolazione timocitaria delle
DN. I dati sembrano suggerire che l’over-espressione di Notch3 possa compromettere
eventi iniziali nella maturazione delle cellule pre-T, riducendo anche l’espressione di
EpCAM, una molecola di adesione omotipica coinvolta nell’interazione linfo/stromale
del timo. Supponiamo che questi eventi possano essere coinvolti nello sviluppo della TALL.
2

INTRODUZIONE
1. Il differenziamento delle cellule T nel timo
Il sistema immunitario è costituito da diversi tipi cellulari ma anche da tessuti ed organi
composti da cellule di origine linfoide, anatomicamente definiti, in cui vengono
trasportati e concentrati gli antigeni. I tessuti linfoidi vengono classificati in organi
linfoidi primari, dove i linfociti acquisiscono la capacità di esprimere i recettori per
l’antigene e raggiungono la maturità fenotipica e funzionale, quali il midollo osseo (da
cui hanno origine tutti i linfociti) ed il timo (dove i linfociti maturano e raggiungono lo
stadio di competenza funzionale) e in organi linfoidi secondari o periferici, in cui hanno
inizio e si sviluppano le risposte linfocitarie agli antigeni, quali i linfonodi, la milza, il
sistema immunitario cutaneo ed il sistema immunitario associato alle mucose.
Lo sviluppo dei linfociti T maturi ha inizio, sia nel topo che nell’uomo, dai precursori
pluripotenti del fegato fetale e del midollo osseo dell’aduto (cellule staminali
ematopoietiche); mentre il raggiungimento dello stadio di maturazione ultimo avviene
in seguito alla migrazione nel microambiente timico (figura 1).
Il timo è infatti il primo organo linfoide deputato allo sviluppo ed al differenziamento
delle cellule T. La sua struttura è conservata durante l’evoluzione (Anderson G. et al.,
2001) e normalmente la sua funzionalità e le sue dimensioni diminuiscono nell’adulto in
cui avviene il processo noto con il nome di “involuzione timica” (Rodewald HR., 2008;
Boyd RL. et al., 1993). Lo sviluppo ed il differenziamento delle cellule T avvengono
grazie al contatto fisico diretto tra queste ultime ed il tessuto stromale tridimensionale in
cui sono immerse (Boyd RL. et al., 1993; van Ewijk W. et al., 1994; Pearse G., 2006;
Takahama Y., 2006), il quale inizialmente fa in modo che i precursori linfoidi appena
giunti, attraverso i vasi sanguigni della regione corticale, maturino lungo la linea
differenziativa dei linfociti T ed in seguito assicura il riconoscimento del self (selezione
positiva ) e l’eliminazione dei cloni T autoreattivi (selezione negativa) (Petrie HT.,
2003; Starr TK. et al., 2003) (Figura 1).
Lo sviluppo delle cellule T e la corretta architettura timica sono dunque strettamente
correlate ed efficacemente coordinate (Van Ewijk W.et al., 1994; van Ewijk W. et
al.,2000).
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In questo processo le chemochine hanno un ruolo importante, esse vengono secrete
dalle cellule stromali e riconosciute dai recettori dei linfociti.
Fig.1 Composizione cellulare del timo e migrazione e maturazione dei timociti T (Petrie HT, Cell Nat
Rev Immunol, 2003)
I linfociti T per assolvere alla loro principale funzione, la difesa contro i microrganismi
intracellulari ovvero il riconoscimento delle strutture peptidiche autologhe (self) da
quelle estranee (non self), richiedono l’interazione con cellule presentanti l’antigene
(APC) (cellule dell’ospite infettate, cellule dendritiche, macrofagi e linfociti B).
L’esposizione degli antigeni sulla membrana cellulare avviene per mezzo di speciali
proteine codificate da geni localizzati in un locus che prende il nome di complesso
maggiore di istocompatibilità (MHC). Si distinguono due principali prodotti dei geni
MHC: MHC di classe I e MHC di classe II, che discriminano fra i diversi tipi di
proteine antigeniche. Nello specifico le MHC di classe I sono espresse su tutte le cellule
nucleate, mentre le MHC di classe II sono espresse soprattutto sulle cellule specializzate
nella presentazione dell’antigene.
4
Dall’altro lato i linfociti T riconoscono l’antigene attraverso l’uso di uno specifico
recettore per l’antigene, il TCR (T cell antigen receptor). Sulla maggior parte delle
cellule T, i TCR sono costituiti da due catene α e due catene β transmembrana, legate
covalentemente attraverso ponti disolfuro. L’affinità dei recettori tende però ad essere
bassa perciò le cellule T, per incrementarla, aumentano l’avidità, che si verifica quando
TCR multipli si legano simultaneamente a più ligandi presenti sulla membrana. Inoltre,
vari corecettori e proteine di adesione cellula-cellula rafforzano notevolmente il legame
di una cellula T ad una cellula che presenta l’antigene o ad una cellula bersaglio.
Una minoranza di cellule T invece di produrre catene α e β produce un tipo diverso, ma
correlato, di recettore eterodimerico, composto da catene γ e δ. Sebbene queste cellule
costituiscano il 5-10% delle cellule T, rappresentano la popolazione dominante negli
epiteli, con funzioni non ancora ben conosciute (Reiner SL., 2007).
I segnali biochimici che sono innescati dal riconoscimento dell’antigene non sono
trasdotti dal TCR ma da proteine non polimorfe chiamate CD3 e ζ, che sono legate in
maniera non covalente al TCR formando il “complesso del TCR”. Le proteine CD3 e ζ
sono identiche in tutti i linfociti T indipendentemente dalla loro specificità e questo
riflette il loro ruolo di proteine coinvolte nella trasduzione del segnale e non nel
riconoscimento dell’antigene.
I linfociti T esprimono anche molecole accessorie, come recettori di membrana, che non
riconoscono l’antigene ma aiutano a stabilizzare l’interazione aumentando la forza
totale dell’adesione cellula-cellula. Vi sono inoltre alcuni corecettori che hanno un ruolo
diretto nell’attivazione delle cellule T generando dei segnali intracellulari. I corecettori
meglio conosciuti sono le proteine CD4 e CD8, esse legano regioni non polimorfe delle
molecole MHC e facilitano la trasduzione del segnale che, insieme ai segnali inviati dal
complesso TCR, avviano l’attivazione dei linfociti T. Le cellule CD8+ vengono definite
linfociti T citotossici e sono in grado di causare la lisi di cellule estranee o infettate da
patogeni intracellari (come virus e alcuni parassiti), tramite il rilascio di granuli ricchi di
perforina (che forma dei pori nella membrana cellulare) e di granzimi (proteasi che
attivano l’apoptosi nella cellula bersaglio). Le cellule CD4+ vengono invece definite
linfociti T helper (Th) e sono i principali regolatori delle funzioni degli stessi linfociti T,
attraverso la produzione di linfochine o per contatto diretto.
Il CD4 è espresso sia sulle cellule T helper che sulle cellule T regolatrici e si lega alle
proteine MHC di classe II, mentre il CD8 è espresso sulle cellule T citotossiche e si lega
alle proteine di MHC di classe I. Perciò CD4 e CD8 contribuiscono al riconoscimento
5
della cellula T aiutandola a concentrarsi su particolari proteine MHC e quindi su
particolari tipi di cellule bersaglio; il riconoscimento delle proteine MHC di classe I
permette alle cellule T citotossiche di concentrarsi su qualsiasi cellula ospite, mentre il
riconoscimento delle proteine MHC di classe II permette alle cellule T helper di
concentrarsi su una piccola sottopopolazione di cellule, le più importanti delle quali
sono le cellule dendritiche, i macrofagi e le cellule B (Abbas AK. et al., 2010).
La maturazione dei linfociti segue diverse fasi consecutive che consistono nel
riarrangiamento e nell’espressione dei geni del TCR e dei corecettori CD4 e CD8, nella
proliferazione cellulare, nella selezione indotta dall’antigene e nell’acquisizione di
capacità funzionali (Glimcher and Singh, 1999; Abbas AK. et al., 2010).
Quando precursori ematopoietici raggiungono il timo (stadio pro-T), infatti, non
esprimono ancora il TCR poichè i geni delle catene , ,  e  del recettore risultano
silenti ed in configurazione germinale (non esprimo CD3). Inoltre mancano
dell’espressione delle molecole corecettoriali CD4 e CD8; ciò consente di classificare
tali cellule come timociti doppio negativi (CD4-CD8-CD3- o DN). Queste cellule si
localizzano nella corticale esterna o a livello sottocapsulare e rappresentano circa l’12% dei timociti totali di topo adulto (figura 1). Le cellule DN pro-T sono in grado di
evolvere lungo due linee differenziative: i linfociti T (circa il 5%) e i linfociti T
(MacDonald and Wilson, 1988). Nello stadio successivo di sviluppo (pre-T) hanno
infatti inizio il riarrangiamento e la trascrizione dei geni delle catene β, γ e δ del TCR.
Le cellule che riarrangiano produttivamente le catene γ e δ maturano in linfociti Tγδ che
migrano poi in periferia, altrimenti viene intrapresa la linea differenziativa Tαβ che, in
questa fase precoce di timociti DN, assembla una forma immatura del TCR, il pre-TCR
in cui la catena β riarrangiata del TCR è presente in associazione con una proteina
invariante detta pre-Tα o pTα. La funzione del complesso pre-TCR è fondamentale
nello sviluppo dei linfociti T, esso infatti media la sopravvivenza delle cellule DN e
contribuisce alla grandissima espansione proliferativa che avviene durante lo sviluppo
delle cellule T. Il ruolo del pre-TCR nel differenziamento linfocitario è stato chiarito
con la caratterizzazione e lo studio di un modello murino dotato dell’inattivazione
funzionale del gene pTα. I topi pTα
-/-
presentano infatti una severa alterazione dello
sviluppo dei timociti Tαβ.
Ѐ inoltre noto che tra le sue funzioni principali vi è quella di rendere le cellule che lo
esprimono permissive al riarrangiamento della catena α del TCR. I segnali provenienti
dai recettori DN fanno dunque iniziare la ricombinazione al locus della catena α (Lind
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EF. et al., 2001). Perciò il Pre-TCR da un lato stimola l’espressione dei corecettori CD4
e CD8 e la proliferazione, dall’altro ferma il riarrangiamento addizionale della catena β
(esclusione allelica).
L’espressione dei marcatori specifici CD25 e CD44 distinguono inoltre quattro
differenti stadi nelle cellule DN: nel primo stadio si riconoscono i timociti CD25CD44+ (DNl); nel secondo stadio vi sono CD25+ CD44+ (DN2); nel terzo CD25+ CD44(DN3) e infine nel quarto CD25- CD44- (DN4) (figura 1). Le cellule incapaci di
riarrangiare il TCR andranno quindi incontro a morte, al contrario i timociti DN3
esprimono la catena β, che si appaia con il pTα, che consente l’assemblaggio di un
prerecettore della cellula T (figura 2), esprimono il CD3, perdono nuovamente il CD25
e progrediscono fino allo stadio DN4.
Fig. 2 Struttura del pre-TCR e del TCR
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L’assemblaggio di pTα e CD3 porta alla proliferazione cellulare, all’arresto di
un’ulteriore riarrangiamento nei geni della catena α e all’espressione sia del CD4 che
del CD8 (timociti doppio positivi, DP). Questi timociti doppio positivi, che esprimono
anche il recettore per le chemochine CCR7 che le guida dalla zona corticale alla
midollare dove le cellule stromali secernono chemochine specifiche per questo recettore
si localizzano nella parte corticale interna dell’organo e costituiscono la maggior parte
dei timociti presenti nel timo (circa l’80%). In particolare il riarrangiamento dei geni
della catena α del TCR e l’espressione di eterodimeri αβ si verificano nella popolazione
DP subito prima o durante la migrazione dei timociti nella corticale midollare, quando
l’espressione tardiva del gene RAG nello stadio pre-T promuove la ricombinazione del
gene α, con la conseguente espressione in superficie della forma matura del complesso
del TCRαβ. Dunque l’espressione del gene TCRα nello stadio doppio positivo porta alla
formazione del TCRαβ completo, che è espresso sulla superficie cellulare in
associazione con il CD3 e la catena ζ (Starr TK. et al., 2003). Tale complesso è
necessario per l’interazione con gli antigeni self, in associazione con le molecole MHC
ed i conseguenti fenomeni di selezione che consentono la sopravvivenza dei timociti DP
che altrimenti sarebbero destinati a morire nel giro di pochi giorni. A questo stadio i
progenitori linfoidi vanno infatti incontro a processi di selezione positiva e negativa che
si basano rispettivamente sul riconoscimento delle molecole del complesso maggiore di
istocompatibilità e del complesso MHC-peptide self (Starr TK. et al., 2003). Ciò
determinerà la formazione di due possibili eventi differenziativi: immunità o tolleranza
al self. I timociti DP che riconoscono l’antige “non-self” associato al complesso MHC
di classe I o II, proseguiranno verso stadi maturativi finali, rappresentati dalle cellule
singole positive (SP) (Jameson and Bevan, 1998).
La selezione positiva dei cloni T con recettore αβ dotato di bassa affinità per peptidi self
associati a molecole MHC di classe I o di classe II espresse dalle cTECs avviene nella
zona corticale timica (figura 3)(Bousso P. et al., 2002). Nello specifico, i timociti DP i
cui recettori riconoscono gli antigeni in associazione all’MHC di classe I, proseguono
verso gli stadi maturativi successivi, migrando nella regione midollare timica dove
daranno luogo alla popolazione di timociti CD4-CD8+ singolo positivi (SP) con
funzione citotossica (SP CD8+), pari al 3% dei timociti dell’animale adulto.
Analogamente il riconoscimento degli antigeni in associazione con molecole MHC di
classe II consente il differenziamento in cellule CD4+CD8- singolo positive (SP CD4+)
con funzione di linfociti T helper, circa il 12% dei timociti, presenti nel timo adulto. Nel
8
complesso a questa selezione sopravvivono solo una piccola percentuale dei timociti
(Egerton M. et al.,1990; Goldrath AW. and Bevan MJ., 1999), di conseguenza tutte le
cellule T che hanno riarrangiato un TCR non funzionale e dunque non hanno nessuna
affinità per le molecole di istocompatibilità del self vengono eliminate per apoptosi
(Zijlstra M. et al., 1990; Cosgrove D.et al., 1991; Grusby MJ.et al., 1991; Starr TK. et
al., 2003).
Successivamente alla selezione positiva si verifica il processo di selezione negativa che
può avvenire nella giunzione cortico-medullare o nella midollare, rispettivamente allo
stadio di cellule DP o di SP appena formate (figura 3) (Hogquist KA. et al., 2005;
Kyewski B and Klein L., 2006). Tale evento risulta essenziale per garantire la tolleranza
del sistema immunitario nei confronti degli antigeni self, attraverso cui i timociti
vengono in contatto con gli auto-antigeni circolanti e vengono eliminati quelli dotati di
elevata affinità per le MHC.
Terminata la maturazione, i timociti maturi SP esprimenti alti livelli di CD3,
abbandoneranno il timo per colonizzare gli organi linfoidi periferici (Ardavin C., 1997;
Farr AG. and Rudensky A. 1998).
Fig. 3 Maturazione dei linfociti T e meccanismo di selezione positiva e negativa.
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2. La famiglia dei geni NOTCH
La famiglia dei geni NOTCH codifica per proteine recettoriali transmembrana implicate
nella determinazione del destino cellulare in vari tessuti di organismi diversi (ArtavanisTsakonas et al., 1999), regolando il differenziamento, la proliferazione, l’apoptosi
cellulare ed influenzando una serie di processi di morfogenesi ed organogenesi. Queste
molecole perciò partecipano attivamente allo sviluppo delle cellule T e all’emopoiesi,
oltre a ricoprire un ruolo di primo piano nella regolazione funzionale delle cellule
linfoidi periferiche influenzando così le risposte immunitarie (Osborne and Miele, 1999;
Radtke et al., 2010).
Nei vertebrati sono stati identificati quattro geni NOTCH (NOTCH -1, 2, 3 e 4) che
presentano un elevato grado di omologia per il gene NOTCH di Drosophila
Melanogaster e per i geni LIN-12 e GPL-1 di C. elegans,probabilmente derivanti da
eventi di duplicazione genica di un unico gene ancestrale (Osborne and Miele, 1999).
Il gene NOTCH venne caratterizzato in Drosophila Melanogaster per la prima volta da
Morgan nel 1917. Morgan ed i suoi colleghi notarono nell’organismo modello delle
tacche ai margini delle ali. Molti anni dopo risultò da ulteriori studi che questo fenotipo
era associato ad una parziale perdita di funzione del gene NOTCH, che fu clonato a
metà degli anni ottanta (Kidd et al., 1986; Wharton et al., 1985).
I geni NOTCH codificano per proteine recettoriali transmembrana di 300 kDa, che
attraversano una sola volta la membrana citoplasmatica (Wharton et al., 1985; Kidd et
al., 1986; Artavanis-Tsakonas et al., 1999). Ogni molecola presenta due regioni
importanti: una extracellulare che media il legame con il ligando, ed una intracellulare
che è deputata alla trasduzione del segnale (Milner and Bigas, 1999). L’ampia porzione
extracellulare è formata da circa 1700 amminoacidi ed è costituita da 29-36 ripetizioni
in tandem EGF-simili (fattore di crescita endoteliale) che mediano l’interazione con i
ligandi; da tre ripetizioni Lin-12/Notch, ricche in cisteina, che mediano il legame con il
ligando e la conseguente attivazione della proteina poiché probabilmente implicate nel
mantenimento del recettore in uno stato inattivo in assenza di legame; ed una regione
che si collega al dominio transmembrana e al frammento intracellulare (HD). Ogni
ripetizione EGF conta circa 40 residui e comprende 6 residui di cisteina che formano 3
ponti disolfuro caratteristici; inoltre le ripetizioni 11 e 12 sono essenziali per il legame
al ligando. Il legame fra il dominio extracellulare e quello intracellulare è assicurato
grazie alla presenza di ponti disolfuro.
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La regione intracellulare, composta da circa 1000 amminoacidi, contiene un dominio
RAM e sei domini ripetuti di anchirina (Ank/cdc10), importanti per la trasduzione del
segnale, un dominio di transattivazione TAD e un dominio PEST (prolina, glutammato,
serina e treonina) al C-terminale (Milner and Bigas, 1999). Nei mammiferi, inoltre, i
recettori Notch1, 2 e 3, ai margini del dominio PEST, presentano due domini aggiuntivi
entrambi implicati nei processi degradativi della proteina: il dominio di localizzazione
nucleare (NSL) ed il dominio OPA, ricco in glutammina e responsabile del processo di
maturazione del recettore (Weinmaster, 1997). La regione maggiormente conservata fra
i tre recettori nella porzione citoplasmatica è il dominio di anchirina che conta 33
residui in ogni ripetizione ed è essenziale per la trasduzione del segnale da parte dei
recettori (Gordon et al., 2008).
Studi di carattere biochimico hanno evidenziato come la proteina Notch vada incontro a
modificazioni post-traduzionali nell’apparato trans-Golgi, probabilmente ad opera di
una convertasi Furina-simile che ne determina il taglio proteolitico in un frammento
transmembrana C-terminale ed uno N-terminale comprendente la maggior parte del
dominio extracellulare. I due frammenti vengono successivamente assemblati sulla
superficie cellulare a costituire il recettore eterodimerico finale. La struttura dei recettori
Notch è rappresentata nella figura 4.
Fig. 4 Rappresentazione schematica dei domini strutturali dei recettori Notch.
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La via di trasduzione del segnale, mediata dall’attivazione della famiglia dei recettori
Notch, è un meccanismo antico e molto conservato che svolge un ruolo centrale nelle
scelte differenziative sia durante lo sviluppo embrionale che nell’omeostasi dei tessuti
adulti. Ciononostante tale signaling risulta molto complesso e strettamente dipendente
dal contesto cellulare in cui funziona (Artavanis-Tsakonas et al., 1999).
Durante il loro trasporto alla superficie cellulare, i recettori Notch neo-sintetizzati,
subiscono un primo taglio proteolitico a livello del dominio HD (S1) mediato dalla
Furin-like proteasi nell’apparato di Golgi; il risultato è un recettore eterodimerico
costituito dalla subunità extracellulare legata in modo non covalente al dominio
transmembrana ed alla subunità intracellulare.
L’interazione dei recettori Notch con numerosi ligandi, espressi sulla superficie delle
cellule vicine, innesca il taglio proteolitico attivante la porzione intra-cellulare del
recettore capace di traslocare nel nucleo e di attivare la trascrizione di geni bersaglio
(Fleming et al., 1997; Gordon et al., 2008). I diversi ligandi mostrano una parziale
sovrapposizione nella funzione e nella distribuzione nell’organismo.
In Drosophila, i ligandi di Notch sono “Delta” e “Serrate”; in C. elegans sono Lag-2 e
Apx-1, mentre nei mammiferi sono Delta-like1 e 3 (omologhi di “Delta”) e Jagged 1 e 2
(omologhi di “Serrate”) (Osborne and Miele, 1999; Milner and Bigas, 1999). I ligandi
di Notch sono proteine transmembrana a singolo passo che possiedono un dominio
extracellulare contenente un numero variabile di ripetizioni di tipo EGF ed una regione
altamente conservata all’estremità ammino-terminale ricca in cisteina (dominio DSL)
che, in aggiunta alle ripetizioni tipo-EGF, è direttamente coinvolto nel legame alla
regione extracellulare del recettore Notch (Fleming et al., 1997; Bray, 2006; Radtke et
al., 2010). Inoltre la presenza o assenza, nella subunità extracellulare, di un dominio
ricco in cisteina (CR) permette la distinzione dei ligandi nelle due classi,
rispettivamente Jagged e Delta. Il dominio intracellulare dei diversi ligandi, che non
presenta particolari omologie di sequenza, media l’endocitosi del complesso ligandodominio extracellulare di Notch svolgendo un importante ruolo nella trasduzione del
segnale all’interno della cellula esprimente il ligando (Parks et al., 2000). La struttura
dei ligandi di Notch è schematizzata in figura 5.
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Fig. 5 Rappresentazione schematica dei domini funzionali dei ligandi di Notch.
Data l’assenza di funzioni autocatalitiche, l’attivazione della via di segnalazione di
Notch è innescata unicamente dal legame recettore-ligando. In seguito al legame con il
ligando, si determina l’esposizione dei due siti di taglio (immediatamente all’esterno del
dominio transmembrana e all’interno della porzione intracellulare) per cui Notch viene
sottoposto a tagli proteolitici sequenziali che liberano la porzione intracellulare (IC) che
è in grado di traslocare nel nucleo e prendere contatti, mediante il dominio
ANK/CDC10, con diversi fattori di trascrizione. Nello specifico, successivamente
all’interazione con il ligando, il recettore Notch subisce due ulteriori tagli proteolitici. Il
primo è mediato da una metalloproteasi della famiglia ADAM, che scinde il recettore
sui residui amminoacidici 12-13 del dominio transmembrana (S2). La porzione
extracellulare rilasciata è internalizzata dalle cellule che esprimono il ligando in seguito
alla mono-ubiquitinazione della coda citoplasmatica del ligando da parte della E3ubiquitin ligasi. Molto probabilmente, il legame con il ligando induce un cambiamento
conformazionale nel recettore esponendo il secondo sito di proteolisi. La seconda
scissione, ad opera del complesso multiproteico γ-secretasi a livello del dominio
transmembrana (S3), libera il dominio intracellulare (NICD) che trasloca nel nucleo.
Qui, reclutando co-attivatori, il dominio intracellulare di Notch attivato interagisce
fisicamente con le proteine della famiglia di regolatori trascrizionali CSL: Su(H)
(Suppressor of Hairless) in Drosophila, Lag (anche noto come RBP-J nel topo) in
C.Elegans e gli omologhi CBF-1/RBP-Jk e Deltex nei mammiferi (Fortini and
Artavanis-Tsakonas, 1994; Artavanis-Tsakonas et al., 1999).
La funzione dei co-attivatori come la proteina Mastermind (MAML), è quella di
convertire CSL da repressore ad attivatore promuovendo così la trascrizione dei geni
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bersaglio (Radtke et al., 2010). Uno schema esemplificativo della via di trasduzione dei
recettori Notch è illustrato in figura 6. Studi genetici, molecolari e biochimici, hanno
stabilito che il legame tra CSL e NICD è duplice, attraverso un’affinità più alta e
un’interazione più stabile con il dominio RAM (Kovall and Hendrickson, 2004;
Lubman et al., 2007; Tamura et al., 1995) e una molto più debole con il dominio di
anchirina (Aster et al., 1997; Tamura et al., 1995). Al contrario, il reclutamento del terzo
componente chiave per la regolazione trascrizionale, MAML, al complesso CSL-NICD
sul DNA è indipendente dal dominio RAM, ma richiede esclusivamente il dominio di
anchirina (Nam et al., 2003).
Tale modello di trasduzione del segnale è caratterizzato da notevole rapidità, in quanto
il dominio intracellulare di Notch è in grado di influenzare direttamente l’espressione
genica della cellula bersaglio, caratteristica che ne spiega l’alto grado di conservazione
evolutiva.
In particolare, il recettore Notch3 di topo risulta omologo agli altri membri della
famiglia Notch anche se presenta due ripetizioni EGF in meno e un dominio
intracellulare più piccolo. Si pensa che queste (minime) differenze possano influenzare
la specificità nell’interazione con i ligandi e nella trasduzione del segnale (Lardelli et
al., 1994).
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Fig. 6 La via di segnalazione di Notch. La figura rappresenta in maniera schematica le tappe essenziali
della via di segnalazione di Notch. L’interazione sulla membrana cellulare tra il dominio extracellulare
del recettore sulla cellula ricevente il segnale e il dominio extracellulare dei ligandi sulla cellula che
genera il segnale. Il successivo processamento che rende il dominio intracellulare funzionale del recettore
libero di traslocare nel nucleo e di trasformare il repressore Su(H)/RBP-Jk in attivatore trascrizionale per
geni che bloccano il differenziamento e facilitano la proliferazione della cellula bersaglio.
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3. Notch ed il ruolo nel differenziamento timocitario
Sia negli animali che nell’uomo le mutazioni di Notch provocano alterazioni dello
sviluppo (Artavanis-Tsakonas et al., 1999). In diversi organismi, tra cui vermi, mosche
e topi, la carenza del signaling di Notch è letale in epoca embrionale mentre nell’uomo
deficienza o incremento del signaling di Notch sono invece associati a varie patologie,
incluso il cancro. Le proteine Notch infatti influenzano diversi stadi del
differenziamento linfocitario; in particolare Notch1 e Notch3 sono coinvolti nella
maturazione intratimica delle cellule T (Bellavia et al., 2003; Osborne and Miele, 1999)
(figura 7), dimostrato anche dalla loro elevata espressione rispettivamente nella zona
subcapsulare e in tutta la corteccia del timo, sede di accumulo dei linfociti DN.
In particolare, Notch1 viene espresso negli stadi precoci dello sviluppo linfocitario, la
sua espressione è alta nei primi due stadi di sviluppo dei timociti immaturi DN (DN1 e
DN2), diminuisce notevolmente negli stadi successivi (DN3 e DN4), torna ad
aumentare lentamente nei timociti DP, dove è espresso a livelli molto bassi e risale fino
a livelli intermedi nelle cellule SP CD4+ e CD8+ (Hasserjian et al., 1996).
Conseguentemente, un ruolo specifico di Notch1 è stato descritto nell’influenzare le
scelte differenziative dei linfociti T versus B (Radtke et al., 1999), e Tαβ versus Tγδ
(Washburn et al., 1997), diversi studi hanno infatti dimostrato che in assenza del
segnale mediato da Notch1, il differenziamento delle cellule T si arresta agli stadi
iniziali, mentre si nota un accumulo di cellule B. La spiegazione di questo fenomeno
risiede nell’espressione dei ligandi di Notch Delta-like 1-4, confinata alle sole cellule
epiteliali del timo (TEC): infatti solo dopo l’interazione di queste cellule con i
precursori comuni, multipotenti o almeno bipotenti, delle cellule B e T si attiva il
signaling di Notch che promuove il differenziamento verso la linea cellulare T, mentre i
progenitori che non ricevono il segnale si differenziano in cellule B (Hosoya et al.,
2010; Jenkinson et al., 2006; Maillard et al., 2005; Sambandam et al., 2005).
Esperimenti in vitro hanno evidenziato, invece, che l’espressione di Notch3 è bassa nei
timociti DN1 e DN2, ma è particolarmente espresso nei timociti DN3 e DN4, nella fase
della selezione beta regolata dal recettore del pTα/preTCR. Inoltre è stato evidenziato
che Notch3 è un importante regolatore durante la maturazione timocitaria della
transizione dallo stadio DN a DP; evento che correla con l’aumentata espressione del
recettore Notch3 indotta dalle cellule stromali timiche che esprimono i ligandi Deltalike 1-4 e rilasciano segnali proliferativi e maturativi (Felli et al., 1999).
16
Nel complesso queste osservazioni dimostrano che i segnali dei due recettori Notch1 e
Notch3 controllano momenti diversi del differenziamento delle cellule T nel timo,
secondo lo schema illustrato in figura 7.
Fig. 7 Modello del differenziamento timocitario. Sono riportate le diverse fasi di sviluppo dei timociti:
DN, DP, SP, CD4+ o CD8+. La figura illustra il possibile ruolo di Notch1 e Notch3 nel differenziamento
dei timociti e nei segnali che portano alla sopravvivenza e alla proliferazione cellulare.
Studi successivi hanno permesso di capire che una deregolazione del signaling di Notch
contribuisce allo sviluppo della leucemia linfoblastica acuta a cellule T (T-ALL),
arrestando la maturazione delle cellule T allo stadio di doppie positive o in stadi precoci
(Campese et al., 2003).
17
Le leucemie linfoblastiche acute a cellule T sono disordini neoplastici che originano nei
precursori linfoidi; rappresentano il 15-20% delle ALL. Si sviluppano con un’incidenza
maggiore nei bambini di età inferiore ai 5 anni e negli adolescenti rispetto agli adulti.
Caratteristiche diagnostiche sono epatomegalia, splenomegalia e linfoadenopatia. Si
assiste all’ aumento numerico dei linfociti prevalentemente immaturi (blasti) sia negli
organi centrali sia in periferia. Si accumulano, inoltre, larghe masse mediastinali che
causano compressione tracheale e difficoltà respiratorie. Sebbene l’organo bersaglio
delle T-ALL sia il timo, la patologia si distribuisce in tutto il corpo e in assenza di
terapia l’esito è fatale.
Le trasformazioni neoplastiche dei timociti sono causate da mutazioni geniche che
portano le cellule normali ad intraprendere una crescita incontrollata. Questi
cambiamenti possono colpire il controllo del ciclo cellulare, e gli eventi di
differenziazione e sopravvivenza cellulare.
Il ruolo dei geni Notch nelle leucemie a cellule T venne inizialmente suggerito
dall’osservazione del potenziale oncogenico di mutazioni dell’omologo umano di
Notch1, TAN-1 (Ellisen et al., 1991). La prima prova dell’importanza che Notch riveste
nello sviluppo della leucemia è stata l’osservazione che in alcuni rari casi di T-ALL, la
traslocazione cromosomica (t 7;9) (q 34; q 34.3) provoca l’espressione della forma
tronca di TAN1 e la sua attivazione costitutiva. Un forte sostegno al ruolo oncogenico
di TAN-1 venne successivamente dato da esperimenti di trapianto in topi,
precedentemente irradiati, di precursori midollari murini sovraesprimenti il dominio
intracellulare della proteina mediante trasduzione con virus ricombinanti. Nella totalità
dei casi veniva indotta l’insorgenza di leucemie a cellule T con fenotipo di timociti
immaturi (DN e DP) (Pear et al., 1996; Aster et al., 2000). Inoltre, topi transgenici
esprimenti costitutivamente il dominio intracellulare di Notch1 sotto il controllo del
promotore prossimale dell’lck, specifico dei timociti immaturi, manifestavano
sporadicamente sviluppo di leucemie a cellule T (Robey et al., 1996; Deftos and Bevan,
2000). Infine, è stato dimostrato che la via di segnalazione di Notch1 è necessaria al
sostenimento della crescita di linee cellulari leucemiche T-ALL, che risulta soppressa in
presenza di inibitori della via di segnalazione di Notch, quali gli inibitori delle gamma
secretasi (Weng et al., 2003).
Parallelamente, la caratterizzazione di un modello murino transgenico per il dominio
intracellulare del recettore Notch3 (Notch3-IC), reso costitutivamente attivo nel
compartimento timocitario, ha permesso di estendere il coinvolgimento nei processi di
18
linfomagenesi a cellule T ad altri membri della famiglia (Bellavia et al., 2000). I topi
transgenici Notch3-IC, infatti, sviluppano invariabilmente una forma precoce e
aggressiva di leucemia/linfoma a cellule T.
I casi descritti di associazione dei geni NOTCH allo sviluppo di neoplasie a cellule T
sono spesso riconducibili all’espressione costitutiva del dominio intracellulare della
proteina, dimostrando che questo rappresenta il dominio funzionalmente attivo e
suggerendo un suo ruolo fisiologico nel differenziamento timocitario.
L’analisi di topi transgenici per il dominio intracellulare di Notch3 (Notch3-IC) ha
confermato il ruolo non ridondante del recettore Notch3 nello sviluppo intratimico e,
quindi, nello sviluppo della T-All (Bellavia et al., 2000).
4. Modello murino: il topo transgenico per Notch3
Al fine di studiare il coinvolgimento di Notch nell’insorgenza della leucemia, è stato
creato un topo transgenico del gene Notch3 sotto il controllo del promotore prossimale
dell’lck, specifico dei timociti immaturi, che conduce a specifiche alterazioni nello
schema differenziativo e determina lo sviluppo di una forma aggressiva di T-ALL.
All’estremità 3’ di N3-IC è stata fusa una sequenza dell’ematoglutinina del virus
dell’influenza umana (HA), che fornisce un epitopo non murino, permettendo quindi di
discriminare tra l’espressione del gene endogeno ed il transgene inserito. A valle del
frammento N3-IC sono presenti delle sequenze introniche ed esoniche del gene che
codifica hGH (ormone della crescita umano), che hanno la funzione di aumentare
l’efficienza d’espressione del transgene stesso (figura 8).
19
Fig. 8 Generazione del topo transgenico Notch3-IC.
L’attivazione costitutiva del signaling di Notch3 è testimoniata dall’aumento di
espressione dei geni HES1 e DELTEX, entrambi fattori di trascrizione e regolatori delle
funzioni dello stesso Notch3 e dello sviluppo dei linfociti T.
I topi transgenici Notch3-IC, infatti, presentano uno sviluppo alterato delle cellule T
premature e sviluppano invariabilmente una forma precoce e aggressiva di
leucemia/linfoma a cellule T con un decorso clinico rapido che ricorda le T-ALL umane
dell’infanzia.
Nello specifico in tale modello si osserva un accumulo di cellule agli stadi DN2 e DN3
dalla quarta settimana di vita. Inoltre, i timociti pre-tumorali e le cellule linfomatose
presentano caratteristiche che consentono di individuare negli stadi tardivi delle cellule
DN il bersaglio iniziale delle alterazioni indotte dalla deregolazione di Notch3. In
particolare, in tutti i timociti e nelle cellule T periferiche si osserva una elevata e
persistente espressione del gene del CD25 (recettore dell’interleuchina-2), che
normalmente viene reso silente durante la transizione DN3-DN4, ed è presente
un’espressione costituiva della catena invariante alpha del pre-TCR (pTα), che consente
la formazione del complesso del preTCR (Bellavia et al., 2000).
Inoltre contrariamente al wild-type, tutte le sottopolazioni, incluse le cellule esprimenti
alti livelli di CD25, sono largamente distribuite nelle sezioni di cortex e medulla del
timo (figura 9) (Bellavia et al., 2000).
20
Fig 9 Distribuzione differenziale delle sottopopolazioni timocitarie nella cortex e nella medulla di topi
wild-type e transgenici N3-IC. C=cortex e M=medulla. La freccia indica la localizzazione delle cellule
CD25+ nella cortex (Bellavia et al., 2000).
A 16 settimane di vita gli animali N3-IC Tg hanno una malattia conclamata, con
numerose alterazioni linfoproliferative. Dopo una fase d’iperplasia timica, l’esame
istologico mostra una completa distruzione della normale architettura ed una massiva
infiltrazione di una popolazione linfoblastica (figura 10) (Bellavia et al., 2000).
21
Fig. 10 Distruzione dell’architettura di timo (a e b) e milza (c e d) nei topi Tg (b e d) rispetto al wt (a e c)
dovuta alla completa sostituzione delle normali componenti con popolazioni di cellule linfoblastiche a 16
settimane di vita. C=cortex, M=medulla, RP=polpa rossa, WP=polpa bianca (Bellavia et al., 2000).
Studi più approfonditi condotti su modelli murini doppio mutanti, transgenici per
Notch3-IC e knock-out per pTα, hanno poi dimostrato il ruolo essenziale di tale proteina
nel mediare il potenziale oncogenico di Notch3 (Bellavia et al., 2002). In particolare,
nei topi doppio mutanti si assiste da un lato ad un blocco nello sviluppo della leucemia,
mentre dall’altro, l’espressione costitutiva del dominio intracellulare di Notch3 è in
grado di assicurare un recupero significativo del blocco differenziativo allo stadio DN,
che normalmente si ha nei topi pTα-/-. Infine nei topi Notch3-IC Tg si osserva
un’attivazione costitutiva del complesso NF-kB, fattore di trascrizione antiapoptotico
implicato in processi oncogenici ed avente un ruolo specifico nel regolare la
sopravvivenza ed il differenziamento cellulare a livello della transizione da CD44CD25+ a CD44-CD25- (Voll et al., 2000). I topi transgenici N3-IC sviluppano leucemia
a cellule T in età precoce, suggerendo che Notch esplica il suo effetto oncogenico nel
timo attivando, via pre-TCR, il fattore trascrizionale anti-apoptotico NF-kB in maniera
costitutiva.
Partendo dalla considerazione che nel signaling del TCR un ruolo fondamentale
nell’attivazione di NF-kB è svolto dalla PKCθ, è stato studiato il ruolo di questa chinasi
22
nel modello murino N3-IC, ed è stato scoperto che l’attività chinasica è aumentata nel
transgenico rispetto ai topi di controllo wild-type. Ѐ stato dunque dimostrato che la
protein chinasi C-theta è un target fondamentale del signaling di Notch3 nell’induzione
di Foxp3 gene regolatore fondamentale delle cellule T regolatorie NF-kB regolato (Felli
et al., 2005).
Tali dati suggeriscono che il recettore Notch3 possa esercitare un controllo a livello
degli eventi cruciali che si verificano nella fase di transizione DN-DP, in accordo con il
normale profilo di espressione del recettore. È quindi possibile che il persistere di un
recettore Notch3 attivato sia in grado di alterare i meccanismi che coordinano la crescita
ed il differenziamento nella fase di transizione preT-T, costituendo il substrato per
ulteriori processi di linfomagenesi, indipendenti dalla progressione dello sviluppo
(Bellavia et al., 2000).
23
5. Le chemochine ed i loro recettori nella risposta immunitaria
Qualora vi sia uno stimolo i leucociti hanno la capacità di muoversi in modo orientato
verso la sorgente dello stesso fino a raggiungere il sito in cui devono svolgere la loro
funzione. Affinché una migrazione regolata e direzionale abbia luogo tutte le attività, pur
se separate spazialemente, devono essere estremamente coordinate. Il processo di
migrazione direzionale prende inizio con la risposta della cellula ad uno stimolo
chemotattico, proveniente dal microambiente circostante, che induce la polarizzazione
delle strutture cellulari e la conseguente estensione di una protusione citoplasmatica nella
direzione del movimento. La successiva formazione di complessi di adesione permette al
fronte cellulare protrudente di interagire con il substrato circostante. Successivamente si
assiste alla contrazione del corpo cellulare ed alla rottura delle interazioni adesive della
porzione posteriore, che a questo punto si ritrae, completando il ciclo di attività associate
al movimento direzionale. In particolare un’ampia gamma di molecole presenti nel
microambiente extracellulare è stata descritta come capace di iniziare e promuovere i
processi di polarizzazione e migrazione cellulare.
Il movimento direzionale, guidato da gradienti di sostante chemo-attrattive e chemorepulsive
all’interno
di
un
determinato
microambiente
extracellulare,
dette
“chemotattiche”, è definito “chemiotassi”. Una classe di tali sostanze è rappresentata
dalle chemochine. Esse rappresentano una grande famiglia di citochine strutturalmente
omologhe in grado di stimolare il movimento dei leucociti direzionandone la migrazione
dal circolo ai tessuti. Sono piccole proteine, di 67-127 residui aminoacidici (8-10 kDa),
idrosolubili e con la principale funzione di fattori migratori solubili (Del Pozo et al.,
1998). Le chemochine sono prodotte e rilasciate da una grande varietà di cellule durante
la fase iniziale della risposta immunitaria a lesioni, allergeni, antigeni e microorganismi
patogeni.
La famiglia delle chemochine può a sua volta essere distinta in quattro sottofamiglie
caratterizzate da due a quattro residui cisteinici altamente conservati nella sequenza
molecolare: la famiglia CXC (alpha), formata da due residui di cisteina conservati
separati da un residuo aminoacidico variabile; la famiglia CC (beta), caratterizzata da due
residui di cisteina conservati; la famiglia XC (gamma), comprendente chemochine
analoghe a quelle del primo gruppo, ma con un solo residuo di cisteina; e la famiglia
CXXXC (delta), in cui i due residui di cisteina sono separati da tre residui aminoacidici
variabili (figura 11) (Rossi D. et al., 2000).
24
Fig.11 Classificazione delle chemochine.
Questa separazione su base strutturale ha tuttavia pochi riscontri a livello funzionale.
Ciascuna chemochina può infatti esercitare la sua funzione chemiotattica su cellule molto
diverse, in sedi anatomiche differenti, rendendo particolarmente difficile una
classificazione su basi funzionali (Laurence A. et al., 2006).
Il sistema delle chemochine, caratterizzato da ridondanza e pleiotropia, condiviso da tutte
le cellule del sistema immunitario, con più di 50 chemochine e 20 recettori finora
conosciuti, rappresenta il codice di comunicazione comune a tutti i tipi cellulari implicati
nella risposta immunitaria affinchè essa sia responsiva, efficiente, sicura e rapida,
modulando la migrazione cellulare. Per assolvere a questa funzione il codice
chemochinico risulta essere ricco, versatile e finemente modulabile.
Data la loro selettiva proprietà di chemoattrazione, le chemochine coordinano l’omeostasi
tessutale e l’infiammazione, orchestrando la circolazione leucocitaria in condizioni sia
fisiologiche che patologiche. Benché il controllo della migrazione sia la principale
funzione delle chemochine, esse svolgono anche molti altri ruoli differenti a seconda del
tipo di recettore, di cellula e dello stadio di sviluppo cellulare. Ad esempio sono implicate
nella
scelta
tra
proliferazione
e
apoptosi,
nell’angiogenesi,
nell’ematopiesi,
nell’organogenesi e, attivando le integrine, nell’adesione cellulare.
Si può però operare una distinzione in base al profilo di espressione. Nell’adulto, la
maggior parte delle citochine presenta un profilo di espressione inducibile e viene secreta
in concomitanza a situazioni di stress fisiologico o di danno cellulare, andando ad agire
come mediatori di segnali di pericolo, come parte di fenomeni di difesa e di riparazione.
In tali situazioni, la principale funzione della rete citochinica è quella di reclutare
25
leucociti, stimolandone la migrazione direzionale ed attirandoli nei siti di danno. Esistono
tuttavia anche chemochine costitutivamente espresse, che svolgono un ruolo chiave nei
processi di organogenesi a livello embrionale e nella regolazione omeostatica di specifici
microambienti o nicchie regolatorie. Ne è un esempio la chemochina CXCL12 (stromal
cell derived factor, SDF-1), per la quale è stata dimostrata un’espressione costitutiva, sia
nel topo che nell’uomo, da parte delle cellule endoteliali del midollo osseo e delle cellule
stromali, e che è considerata la principale responsabile della regolazione del traffico e
della localizzazione di leucociti maturi e in via di maturazione (Ma Q. et al., 1999; RosuMyles M. et al., 2000).
A causa del grande spettro di funzioni assolte, le chemochine giocano un ruolo
importante in ogni passaggio della vita delle cellule T.
Specificamente le cellule reticolari secernono ad alte dosi il ligando CXCL12 che ha la
capacità di mantenere le cellule staminali nelle nicchie del midollo osseo (Broxmeyer et
al., 2005), mentre i progenitori linfoidi esprimono i recettori CCR7 e il CCR9 ed i loro
ligandi CCL21 e CCL25 che consentono il reclutamento dei timociti nel timo (Liu et al.,
1996; Wurbel et al., 2001). All’interno del timo CCR4, CCR7, CCR9 e CXCR4
promuovono e guidano la maturazione timica sia nella zona corticale che in quella
midollare (Bleul and Boehm, 2000), alla fine le cellule T mature riescono ad uscire dal
timo grazie all’espressione dei recettori S1P1 e CXCR4, potendo raggiungere la
circolazione linfatica ed ematica (Poznansky et al., 2002; Matloubian et al., 2004).
L’attività attrattiva esercitata dalle chemochine si esplica attraverso il legame di
specifiche molecole recettoriali espresse sulla membrana delle cellule bersaglio. I
recettori chemochinici sono recettori accoppiati a proteine G eteromeriche (GPCR),
costituiti da una singola catena polipeptidica di circa 40 kDa e lunga 340-370 aminoacidi,
che forma sette eliche transmembrana connesse da tre loop intracellulari e da tre loop
extracellulari, con un domino N-terminale extracellulare che lega la chemochina ed uno
C-terminale
citoplasmatico
coinvolto
nella
trasduzione
del
segnale
e
nell’internalizzazione del recettore (figura 12) (Murphy, 1994).
26
Fig. 12 Rappresentazione schematica dei recettori GPCR (Murphy, 1994).
Come i loro ligandi, anche i recettori chemochinici vengono suddivisi in quattro famiglie,
i cui nomi derivano dalla struttura delle chemochine stesse: CCR, CXCR, XCR e
CX3CR.
Una peculiarità di questa famiglia di molecole riguarda l’alto grado di promiscuità che
caratterizza l’interazione ligando-recettore, che produce una certa ridondanza nella
trasduzione dei segnali che si pensa sia essenziale per la fine modulazione di risposte
specifiche(figura 13) (Balkwill 2004).
27
Fig.13 Rappresentazione schematica che spiega i modelli ligando-recettore delle chemochine. I recettori
CXCR1-CXCR3, CCR1-CCR5, CCR7, CCR8, CCR10 e CXCR1 legano molte chemochine.
Contrariamente, CCR6, CCR9, CX3CR1 e CXCR4-CXCR6 legano solamente un ligando. Duffy e D6
sono considerati “deceptors” inquanto legano i ligandi ma non sono in grado di segnalare, piuttosto
agiscono come regolatori negativi della risposta chemochinica (Immagine modificata da Balkwill, 2004).
Ad esempio, nonostante chemochine CC leghino esclusivamente recettori CC, ciascuna
chemochina CC è in realtà in grado di interagire con molteplici recettori CC. Lo stesso
vale, analogamente, per i recettori CC, essendo ciascuno in grado di legare diverse
chemochine CC. Ciò che conferisce specificità all’attività chemochinica è in gran parte
dipendente dalla fine regolazione dell’espressione dei recettori chemochinici, la cui
presenza in membrana varia contestualmente ai diversi stati differenziativi e maturativi
che un certo tipo di cellula può attraversare. Fino a qualche tempo fa si pensava che
CXCL12 rappresentasse un’eccezione nell’ambito della famiglia di chemochine in
quanto questa chemochina e il suo recettore CXCR4 si distinguevano per la stretta
28
monogamia della loro interazione, senza legami spuri con altri membri del gruppo. Ad
oggi è però stato identificato un nuovo recettore fisiologico di CXCL12, CXCR7.
In seguito al legame del recettore, viene attivata una complessa cascata di trasduzione
del segnale, che conduce all’incremento dei livelli di fosfatidilinositolo-3-fosfato (PIP3)
e all’attivazione di proteine serin-chinasiche (PKB e Akt), delle chinasi MAPK
(Mitogen Activated Protein Kinases) e di PKC. Ѐ stato dimostrato che l’attivazione di
queste chinasi è implicata nella regolazione di molteplici funzioni cellulari, che non
riguardano soltanto la motilità cellulare, ma anche i processi di adesione, proliferazione
e sopravvivenza cellulare.
La versatilità funzionale che caratterizza il sistema delle chemochine è conseguenza
della molteplicità di vie di trasduzione del segnale indotte dai recettori chemochinici.
Questi ultimi in seguito all’interazione col ligando possono attivare cascate di signaling
che controllano la polarizzazione cellulare, la migrazione e l’espressione genica (Viola
et al., 2006).
Le proteine G a cui sono accoppiati sono eterotrimeri α, β, γ in cui le subunità βγ
costituiscono unità funzionali e la subunità α lega nucleotidi guaninici, essendo attiva
quando lega GTP. Nello stato inattivo la proteina G non è associata con il recettore e ha
una molecola di GDP legata a livello della subunità α. Il legame della chemochina
induce un cambiamento conformazionale della struttura terziaria del recettore che gli
permette di legare a livello intracellulare e attivare la proteina G, promuovendo la
sostituzione del GDP con il GTP nella subunità α. La presenza del GTP regola la
modificazione della conformazione della subunità α e la sua dissociazione dal dimero
βγ, che agisce come un’unità funzionale e non presenta differenze strutturali con il
dimero all’interno della proteina G intatta. Questa organizzazione delle subunità le
rende capaci di attivare vie differenti di signaling. Il legame della subunità α al suo
ligando innesca la sua lenta attività GTPasica che idrolizza il GTP a GDP, permettendo
alle tre subunità di riassociarsi. Il signaling è pertanto controllato da tre interdipendenti
cicli di associazione-dissociazione: recettore-proteina G, nucleotidi guaninici-Gα e GαGβγ. La fosforilazione di alcuni residui altamente conservati di Tyr, rappresenta
l’evento di inizio della cascata di trasduzione del segnale (Rodriguez-Frade et al., 2001).
I recettori chemochinici possono interagire con diverse proteine G, appartenenti a
differenti famiglie α, e trasmettere il segnale a distinte vie intracellulari, determinando
distinti effetti biologici (figura 14).
29
Fig. 14. Vie di segnale multiple indotte dai GPCR. Il recettore chemochinico (rosso) può segnalare
attraverso diverse famiglie di proteine Gα, risultando in distinte vie di signaling e differenti effetti
biologici.
Un altro fattore che può influenzare la conformazione dei recettori chemotattici ed il
loro signaling è la dimerizzazione. Essi infatti esistono e funzionano come omo- o
etero-dimeri (Bulenger et al., 2005; Prinster et al., 2005): mentre l’eterodimerizzazione
è necessaria per la funzione di alcuni, diversi studi hanno dimostrato che recettori che
funzionano perfettamente come omodimeri possono anche formare eterodimeri con altri
recettori causando importanti cambiamenti fenotipici del recettore, comprese marcate
alterazioni nella farmacologia del recettore, cambiamenti nell’accoppiamento con le
proteine G e nel signaling, nonché modificazioni nella regolazione e nel traffico
cellulare del recettore (Kroeger et al., 2003).
A complicare ulteriormente la natura delle interazioni tra recettori e chemochine vi è
l’abilità anche di queste ultime di formare sia omo- che eterodimeri. Ѐ stato infatti
dimostrato che i fenomeni di dimerizzazione sono in grado di alterare la funzione delle
30
chemochine coinvolte, sia incrementandone, sia diminuendone il potenziale
chemiotattico.
L’importanza che rivestono le chemochine ed i loro recettori sta nel fatto che essi hanno
un ruolo importante in diversi processi patologici quali, ad esempio, infiammazione,
allergia, danno tissutale, infezioni, malattie cardiovascolari e tumori maligni. In
particolare è ormai accertato che le chemochine hanno una funzione essenziale nel
facilitare la comunicazione tra cellule cancerose e non neoplastiche all’interno del
microambiente
tumorale,
promuovendo
processi
quali
l’angiogenesi
e
la
metastatizzazione (Sun et al., 2010). Recentemente infatti è stato osservato come le
cellule tumorali sovraesprimenti una serie di recettori per chemochine, attraverso
l’interazione con specifici ligandi prodotti nei siti di sviluppo delle metastasi,
determinano sia la progressione del tumore primario che la destinazione finale delle
metastasi.
31
6. CXCR4 nel differenziamento intratimico
CXC chemokine receptor 4 (CXCR4) è un membro della superfamiglia dei GPCR.
L’attivazione di questo recettore, da parte della chemochina CXC chemokine ligand12,
CXCL12 (nota anche, secondo la vecchia nomenclatura, come SDF-1, Stromal cellDerived Factor-1) rappresenta senza dubbio uno degli assi di trasduzione più studiati
negli ultimi anni, a causa del ruolo chiave che esso svolge nella biologia del
comportamento migratorio delle cellule staminali emopoeitiche.
Il CXCL-12 è prodotto nei linfonodi, nei polmoni, nel fegato e nel midollo osseo ed è
un potente chemoattrattore di linfociti T, neutrofili e cellule staminali ematopoietiche
CD34+ e rappresenta l'unico ligando naturale noto del recettore CXCR4. A
dimostrazione dell’importante funzione biologica svolta da CXCL12, la sequenza
amminoacidica di questa chemochina è estremamente conservata tra le diverse specie
nel corso dell’evoluzione, tanto che la chemochina umana e la corrispondente murina
sono in grado di cross-reagire. Durante lo sviluppo CXCR4 è espresso costitutivamente
in maniera diffusa in una varietà di tessuti sani, tra cui il tessuto linfatico, il tessuto
cerebrale, la milza e lo stomaco. CXCL12 svolge un ruolo di primaria importanza già
durante lo sviluppo embrionale. Infatti tale recettore è anche espresso in cellule
staminali normali di diversi tessuti incluse le cellule staminali mammarie. Questo
suggerisce che CXCR4 è essenziale per quelle cellule staminali che sembrano essere le
progenitrici delle cellule tumorali. Il segnale prodotto dall’interazione di questo
recettore produce tutta una serie di molecole coinvolte in processi chiave come il
controllo del ciclo cellulare e l’apoptosi. Questi studi hanno contribuito a delineare
CXCL12 come la principale e più potente chemochina attrattiva per cellule staminali
emopoietiche, sia nel modello murino che nell’uomo (Peled A. et al., 1999). Un gran
numero di evidenze suggerisce che l'asse CXCL12/CXCR4 è essenziale per la
migrazione delle cellule progenitrici durante l’ematopoiesi embrionale e l’organogenesi
così come durante l’omeostasi dell'organo, la vascolarizzazione e la rigenerazione del
tessuto (Cojoc et al., 2013).
Nel timo CXCR4 è espresso sulla superficie dei timociti dallo stadio DN1 a DP, mentre
è completamente assente nei timociti SP. In particolare, è stato dimostrato che i più alti
livelli di espressione per CXCR4 si hanno nei timociti negli stadi differenziativi da
DN2-DN4 a DP suggerendo quindi un ruolo rilevante del recettore nelle transizioni tra
questi stadi (Plotkin et al., 2003). Nell’ambiente intratimico SDF1α è espresso da una
32
particolare sottopolazione di cellule epiteliali corticali, con la più alta concentrazione a
livello della zona sub capsulare (SCZ).
Ѐ appunto l’espressione differenziale di questa chemochina a guidare i progenitori
timici derivanti dal circolo ematico: questi giungono nel timo a livello della giunzione
cortico-medullare e, da qui, in risposta al gradiente di CXCL12, migrano all’interno del
microambiente timico seguendo un processo di differenziamento che li porterà alla
maturità funzionale (Janas and Turner, 2010).
Molti studi hanno portato alla conclusione che lo sviluppo e il differenziamento delle
cellule T risulta essere regolato dall’asse CXCR4 (Ma et al., 1998; Zou et al., 1998; Ara
et al., 2003; Plotkin et al., 2003; Hernandez-Lopez et al., 2002), ciò nonostante esistono
prove controverse.
Vista l’espressione di CXCR4 sui precursori delle cellule T, è stato proposto e
dimostrato che questo recettore ha un ruolo nelle fasi più precoci del processo di
maturazione cellulare che avviene nel timo, in particolare a livello della selezione β
(Janas et al., 2010). La richiesta di CXCR4 per il processo di selezione è stata
dimostrata in studi che utilizzavano topi knockout per il gene di CXCR4: in questi topi
veniva riscontrata atrofia timica, un numero ridotto di cellule DP ed un accumulo di
timociti DN3. Analisi istologiche mostravano un incremento nella proporzione di
cellule DN2 e DN3 nella corteccia timica e inoltre una riduzione di queste ultime a
livello della zona subcapsulare (Plotkin et al., 2003), dove normalmente avviene la
selezione β.
Evidenze recenti suggeriscono inoltre che CXCR4 e SDF1α contribuiscono direttamente
all’onda proliferativa che segue la selezione β sopprimendo l’apoptosi. In particolare
CXCR4 promuove l’espressione di Bcl2A1, un membro della famiglia di Bcl-2 che
inibisce la via apoptotica iniziata dalla caspasi 3 (Janas and Turner, 2010). Già in
precedenza era stato dimostrato che Bcl2A1 è un target del fattore di trascrizione NFκB, il quale è attivato sotto la stimolazione del pre-TCR (Mandal M. et al., 2005). Da
questi presupposti sono partiti gli studi che hanno delineato ancora meglio il ruolo di
CXCR4 nella selezione β. Esso agirebbe come recettore costimolatorio del pre-TCR
(Trampont et al., 2010). Ѐ stato dimostrato che sotto l’influenza di SDF1α, CXCR4 e il
pre-TCR si ridistribuiscono nella membrana plasmatica e muovono l’uno verso l’altro
colocalizzando (Kumar et al., 2006). Si ha quindi un’interazione fisica tra i due recettori
tramite un meccanismo che coinvolge la riorganizzazione citoscheletrica e l’attività
della PI3 chinasi (Kumar et al., 2006). L’associazione di CXCR4 con il TCR porta alla
33
costitutiva fosforilazione del complesso TCR-ZAP70 che a sua volta determina una più
robusta attivazione della proteina G monomerica Ras e di conseguenza alla prolungata
attività della chinasi ERK in risposta a SDF1α. Infine la prolungata azione di ERK
aumenta l’attività trascrizionale del fattore AP-1 che media l’espressione di citochine
quali IL-10 e IL-2 che sono coinvolte nella sopravvivenza e proliferazione cellulare, nel
differenziamento e nell’esclusione allelica (figura 15) (Kumar et al., 2006).
Fig. 15. Pathway di CXCR4 (Kumar et al., 2006).
Successivamente, nonostante Notch è un regolatore del metabolismo delle DN3
(Ciofani and Zuniga-Pflucker, 2005), è stato suggerito che per il continuo
differenziamento in vitro di queste cellule, in aggiunta al preTCR e Notch, è richiesto il
CXCR4, in quanto il solo signaling di Notch non è sufficiente a supportare i
cambiamenti metabolici associati alla selezione β (figura 16) (Janas et al., 2010).
Ciò ha suggerito che l’asse CXCR4-CXCL12 probabilmente ha un ruolo in vivo nella
leucemia linfoblastica acuta (T-ALL), dove tali signaling sono frequentemente alterati.
Diversi lavori descrivono infatti la presenza del recettore CXCR4 e della relativa
chemochina SDF-1α in numerose neoplasie umane, quali il tumore mammario, il
34
melanoma, il carcinoma del colon, il carcinoma renale, del colon retto, del polmone
(Murphy PM. et al., 2000).
Fig.16 Signaling cooperativo tra preTCR, CXCR4 e Notch richiesto per la selezione β e per il continuo
differenziamento delle cellule T. L’assemblaggio del preTCR da inizio alle pathway di segnalazione PI3K
e MAPK. Anche il legame della chemochina SDF1 al suo recettore CXCR4 da l’input per l’inizio dei
MAPK e PI3K signalling pathways. Insieme a Notch, le pathway di segnalazione del preTCR e di
CXCR4 danno inizio ai cambiamenti cellulari che sono richiesti per il continuo differenziamento delle
cellule T attraverso la beta-selezione inclusi l’espansione proliferativa e la migrazione cellulare (Janas et
al., 2010).
35
7. CXCR4 ed il suo ruolo nella carcinogenesi
CXCR4 è uno dei recettori più comuni per chemochine ed è stata dimostrata la sua
overespressione in oltre 23 tumori umani tra cui il cancro al seno, alle ovaie, il
melanoma e il cancro alla prostata (Sun et al., 2010). CXCL12 ha un ampio spettro di
effetti in relazione allo sviluppo delle neoplasie, ma il ruolo primario del CXCL12 è
nella mobilizzazione di precursori ematopoietici e nella definizione di una nicchia di
cellule staminali neoplastiche in cui l’elevata concentrazione di CXCL12 richiama una
sottopopolazione di cellule altamente tumorigeniche e ne promuove sopravvivenza,
proliferazione, angiogenesi (Bajetto et al., 2006; Kucia et al., 2005; Orimo et al., 2005)
e diffusione metastatica, come recentemente mostrato in un modello di carcinoma
mammario (Muller A. et al., 2001).
L’importanza del recettore CXCR4 in vivo è stata dimostrata dall’utilizzo di anticorpi
specifici per tale recettore che significativamente riducono la formazione di metastasi
nei topi immunodeficienti (Zlotnik A. et al., 2000).
Di norma, nella maggior parte dei tessuti normali l’espressione di CXCR4 è bassa o
assente; essa è invece regolata positivamente nelle cellule cancerose attraverso diversi
meccanismi.
Appurato che l’innalzamento dell’espressione di CXCR4 e CXCL12 si osserva in
situazioni pato-fiosiologiche di stress, danno cellulare e flogosi, parte del meccanismo
molecolare che traduce queste condizioni in un segnale regolatorio in grado
d’influenzare i livelli di CXCL12 o CXCR4 potrebbe essere collegato al fatto che a
numerose condizioni di stress si associano situazioni ipossiche a livello locale o, in
alcuni casi, estese anche a livello sistemico. In tali condizioni si assiste all’innalzamento
dei livelli del fattore di trascrizione HIF-1 (Hypoxia Inducile Factor-1) che si è mostrato
in grado di agire legando specifiche sequenze di riconoscimento rinvenute anche nei
geni codificanti per CXCL12 e CXCR4. Il modello attuale prevede pertanto che HIF-1
possa agire, a livello delle cellule endoteliali presenti nella regione ischemica,
inducendo un incremento dei livelli di trascrizione ed espressione di CXCL12 e
CXCR4, favorendo il reclutamento nella sede del danno di progenitori circolanti
CXCR4-positivi. Un simile modello spiegherebbe, inoltre, l’esistenza di un meccanismo
di riparazione intrinseco all’organismo, in grado di reclutare nelle sedi di danno tissutale
cellule staminali o progenitori immaturi, contribuendo alla riparazione del danno stesso
e alla rigenerazione del tessuto. Tale capacità riparatrice, se esiste, è comunque limitata
36
a danni di piccola entità ed è estremamente variabile in funzione del tessuto in
considerazione.
Il VEGF (vascular endothelial growth factor), ad esempio, è un noto induttore
dell’espressione di CXCR4 ed è stato dimostrato che il fattore trascrizionale HIF-1
agisce a monte inducendo VEGF ed aumentando di conseguenza l’espressione di
CXCR4 (Sun et al., 2010). Così nelle regioni ipossiche dei tumori in espansione, i livelli
dei recettori per chemochine vengono aumentati in modo da facilitare la sopravvivenza
e l’uscita dalla massa tumorale primaria, portando a proliferazione, resistenza
all’apoptosi e invasione locale (Sun et al., 2010).
In generale nei tumori solidi l’asse CXCR4/CXCL12 promuove la sopravvivenza
cellulare, la proliferazione, l’angiogenesi e la metastatizzazione. Ad esempio, studi
incentrati sul cancro alla prostata hanno dimostrato che neutralizzando l’interazione
CXCL12/CXCR4 viene inibita la crescita e la vascolarizzazione del tumore (Sun et al.,
2010) confermando il ruolo di questo recettore nella proliferazione e nell’angiogenesi.
Nel cancro al seno, invece, il signaling di CXCR4 in risposta al suo ligando media la
polimerizzazione del citoscheletro di actina e la formazione di pseudopodi inducendo di
conseguenza risposte chemotattiche ed invasive in altri tessuti: le cellule neoplastiche
possono infatti utilizzare i loro recettori per migrare in tessuti dove le chemochine sono
normalmente espresse e che sono comuni siti metastatici come il midollo osseo o i
linfonodi (Sun et al., 2010).
In contrasto con i tumori solidi che invadono il midollo osseo, la maggior parte delle
neoplasie ematopoietiche ha origine proprio nel midollo. In questo particolare
microambiente le cellule ematopoietiche maligne sono in stretto contatto con le cellule
stromali da cui ricevono segnali di crescita e sopravvivenza tramite fattori legati alla
loro superficie o secreti (Sun et al., 2010). La dipendenza dall’asse CXCR4/CXCL12 è
stata dimostrata, ad esempio, nel mieloma multiplo e nella leucemia acuta.
Il mieloma multiplo (MM) è la seconda malattia ematologica più comune. Essa risulta
dalla proliferazione clonale di plasmacellule maligne nel midollo osseo (BM). SDF1α e
il suo recettore CXCR4 inducono la localizzazione delle cellule tumorali nel BM e
promuovono l’osteolisi. SDF1α è secreto dall’endotelio osseo, dalle cellule stromali del
BM e dagli osteoblasti immaturi. Le cellule di MM producono anch’esse SDF1α che
insieme all’overespressione di CXCR4 favorisce la migrazione al BM, l’adesione e
l’extravasazione (Mirandola et al., 2013). Ѐ stato ipotizzato e successivamente
dimostrato che gli effetti della via di segnalazione di Notch nel MM, tra cui la resistenza
37
all’apoptosi e l’attività osteolitica, sono mediati dall’asse CXCR4/CXCL12. In
particolare nelle cellule di mieloma multiplo trattate con GSI si osserva una downregolazione dei livelli di CXCR4 e SDF1α, direttamente collegata con l’aumento della
mortalità nella popolazione esaminata. Inoltre è stato dimostrato che bloccando il
signaling di Notch in vivo si ha una significativa diminuzione dell’infiltrazione delle
cellule di mieloma umano nel midollo osseo di topo in seguito a xenotrapianto
(Mirandola et al., 2013).
La leucemia linfoblastica acuta a cellule T (T-ALL) risulta dalla proliferazione clonale
di precursori linfoidi T e origina nel timo. Sebbene nella minoranza dei casi le cellule TALL rimangano confinate nel timo, nella maggior parte dei casi le cellule leucemiche
migrano nel midollo osseo (Scupoli et al., 2008). All’interno del microambiente
tumorale, l’adesione cellulare e il rilascio di citochine hanno un ruolo cruciale nella
regolazione della crescita e della sopravvivenza delle cellule leucemiche. In particolare,
è stato recentemente dimostrato che il gene dell’interleuchina-8 (IL-8) è altamente
espresso nelle cellule di T-ALL refrattarie alla chemioterapia, inducendo angiogenesi e
contribuendo direttamente alla progressione del tumore. Ѐ proprio l’aumentata attività
di CXCR4 nelle cellule di T-ALL che regola positivamente l’espressione di IL-8
producendo gli effetti sopra citati. Il legame con CXCL12, infatti, attivando le vie di
segnalazione di NF-κB e JNK/AP-1 porta all’aumento dell’espressione di IL-8 nelle
cellule cancerose. L’asse CXCL12/CXCR4 gioca quindi un ruolo importante nella
patogenesi della T-ALL regolando positivamente l’espressione di IL-8 (Scupoli et al.,
2008).
In uno studio recente partito da cellule staminali mesenchimali isolate dal midollo osseo
di topo trattate con GSI, capace di ridurre l’espressione di Notch, nelle quali veniva
valutata l’efficienza di differenziamento in osteoblasti, è stato dimostrato che la
presenza di GSI promuove il differenziamento indicando che la via di segnalazione di
Notch inibisce il differenziamento terminale in osteoblasti. Infine nelle cellule trattate
con GSI si ha un rilevante aumento dell’espressione di CXCR4 sia in mRNA che in
proteina (Xie et al., 2013). Dipendendo la migrazione cellulare e il differenziamento da
CXCR4, si evince da questo studio che bloccando l’attività dei recettori Notch, i quali
inducono proliferazione, si ha un aumento dell’espressione del recettore per chemochine
che porta quindi ad un aumento del differenziamento cellulare.
38
Anche se, come si evince dagli esempi appena descritti, in letteratura sono riportati
pareri discordanti, è chiaro che esiste una correlazione tra le pathway di segnalazione di
CXCR4 e Notch nella tumorigenesi.
La formazione di metastasi richiede diversi passaggi distinti, tra cui il raggiungimento
dei vasi sanguigni da parte di cellule tumorali, la sopravvivenza nella circolazione, il
movimento verso un organo secondario, l’adesione e la proliferazione delle cellule
tumorali nell’organo o nel tessuto bersaglio. Secondo studi effettuati in vitro ognuno di
questi stadi è potenzialmente regolato da segnali da parte di CXCR4. L’asse CXCR4/
SDF-1α, infatti, attiva una serie di cascate metaboliche che portano alla produzione di
molecole che giocano un ruolo chiave nei processi sopra elencati. Ad esempio tale
interazione stimola la via del fosfatidilinositolo-3-chinasi che attiva la proteina chinasi
AKT che porta all’inibizione dell’apoptosi e al prolungamento della vita cellulare in
numerosi tipi di cranco. Tale proteina è anche implicata nella proliferazione cellulare e
nella migrazione attraverso un gradiente di SDF-1α. La polimerizzazione dell’actina,
che determina la mobilità cellulare, e l’attivazione di alcune proteine tirosin-chinasiche
della famiglia src, che attivano l’adesione della cellula a componenti esterne, derivano
dall’interazione CXCR4/ SDF-1α. Infine, anche il processo di angiogenesi sembra
scaturire da tale interazione attraverso la non regolata produzione di VEGF (Vascular
Endothelial Growth Factor) (Locati M. et al., 2002).
Da tali evidenze consegue che l’asse CXCR4/ SDF-1α gioca un ruolo fondamentale
nella diffusione e nella progressione di numerosi tipi di tumore, quindi, sia SDF-1 che
CXCR4 potrebbero essere utili bersagli di nuovi agenti terapeutici e diagnostici
nell'ambito delle patologie tumorali.
39

SCOPO DELLA TESI
Grazie all’attivazione costitutiva del “signaling” di Notch3 nei timociti immaturi del
modello murino creato nel nostro laboratorio, il topo transgenico Notch3-IC (N3-IC
Tg), è stata dimostrata la funzione di tale recettore come oncogene nella leucemia
linfoblastica acuta a cellule T (T-ALL) che si sviluppa in tale modello animale. Il topo
transgenico N3-IC ricorda come decorso clinico la T-ALL umana, caratteristica dell’età
pediatrica (Bellavia et al., 2000). In tale modello infatti la T-ALL è caratterizzata da un
aumento di espressione persistente della catena pT del pre-TCR in tutte le
sottopopolazioni timocitarie ed è stata anche osservata una deregolazione della
proliferazione e della maturazione nella fase di transizione da cellule preT a timociti T
(Bellavia et al., 2002).
Le cellule T, immerese nel microambiente timico, differenziano sfruttando una
moltitudine di segnali che vengono inviati da e verso lo stroma. Quest’ultimo produce
molecole quali citochine, chemochine e ligandi che rappresentano il maggiore
sostentamento dei processi maturativi timocitari (Sun et al., 2010). Un interesse
particolare è stato suscitato dal recettore per chemochine CXCR4. Ѐ noto che questo
recettore chemochinico è espresso sulla superficie di tutti i timociti, dallo stadio DN1 a
quello DP (Ara et al., 2003; Plotkin et al., 2003), con un picco di espressione nelle
transizioni DN2-DN3 e DN-DP, mentre è completamente assente nei SP (Plotkin et al.,
2003). Quando espresso assolve la funzione di regolazione della migrazione linfocitaria
verso gradienti del suo ligando CXCL12. Nei topi CXCR4 deleti infatti è stata trovata
una diminuita proporzione di timociti DP ed una aumentata di timociti DN2 e DN3 (con
accumulo di DN3), oltre ad una significativa atrofia timica che corrisponde ad una
riduzione numerica di tutti i subset timici da DN2 a DP (Janas et al., 2010).
Ѐ altresì noto che Notch funziona come regolatore del metabolismo delle DN (Ciofani
and Zuniga-Pflucker, 2005), ma anche che tale signaling non è sufficiente a supportare i
cambiamenti metabolici associati alla selezione β. Per consentire il differenziamento dei
timociti T dallo stadio di DN a quello di DP il signaling di Notch deve cooperare con i
signaling del preTCR e di CXCR4-CXCL12 (Janas et al., 2010). L’instaurarsi di questa
collaborazione sostiene l’ipotesi del possibile ruolo del complesso CXCR4-CXCL12
nello sviluppo e nella progressione della T-ALL in vivo (Scupoli et al., 2008). Inoltre
40
CXCR4 ed il suo ligando oltre a promuovere la sopravvivenza dei timociti DN ne
regolano la migrazione durante la transizione verso le DP (Plotkin et al., 2003).
Questo lavoro nasce con lo scopo di capire la correlazione tra le due pathway di Notch e
CXCR4 in un sistema normale ed un uno patologico. Ciò si basa sul presupposto che
tale crosstalk possa avere un effetto sulla deregolazione del differenziamento e della
migrazione dei linfociti T immaturi associati all’insorgenza della T-ALL nel nostro
modello murino patologico N3-IC Tg rispetto al modello selvatico.
41

MATERIALI E METODI
1. Modello murino
Gli esperimenti sono stati svolti su topi con diverso genotipo tutti con lo stesso
“background” genetico: C57/Bl6 (BK8). Sono stati utilizzati topi wt e topi transgenici
Notch3-IC. La generazione e la tipizzazione fenotipica di tali modelli murini
transgenici, che esprimono costitutivamente il dominio intracellulare del recettore
Notch3 sotto il controllo del promotore Lck, specifico per i timociti, è descritto nella
referenza Bellavia D. et al., 2000.
Per tutti gli esperimenti sono stati utilizzati topi tra le 6 e le 12 settimane di età.
2. Anticorpi, chemochine e reagenti
In questo studio sono stati utilizzati anticorpi direttamente coniugati a fluoresceina
isotiocianato (FITC), ficoeritrina (R-PE), alloficocianina (APC), peridinaclorofillinacianina 5.5 (PerCP-Cy5.5), e specifici per l’antigene (nome del clone tra parentesi). In
particolare sono stati usati: CD4 APC (Rat Anti-Mouse, clone RM4-5, 553051, BD
Bioscience Pharmingen), CD4 PerCP (Rat Anti-Mouse, clone RM4-5, 550954, BD
Bioscience Pharmingen),CD8 APC (Rat Anti-Mouse, clone 53-6.7, 553035, BD
Bioscience Pharmingen), CD8 PerCP (Rat Anti-Mouse, clone 53-6.7, 551162, BD
Bioscience Pharmingen), CD44 PE (Anti-Mouse, clone Pgp-1 Ly-24 M7, BD
Bioscience Pharmingen), CD25 FITC (Rat Anti-Mouse, clone 7D4, BD Bioscience
Pharmingen), CD45R/B220 PE (Rat Anti-Mouse, clone RA3-6B2, BD Bioscience
Pharmingen), CD90.2/Thy1 FITC (Rat Anti-Mouse, clone 53-2.1, 553004, BD
Bioscience Pharmingen), NK1.1 FITC (Rat Anti-Mouse, clone PK136, 553164, BD
Bioscience Pharmingen), CXCR4 (CD184, clone 2B11, eBioscience) e relativo controllo
isotipico IgG2b PE, EpCAM APC (Rat Anti-Mouse, clone G8.8, ab95641 Abcam) e
relativo controllo isotipico IgG2a APC.
SDF-1α ed SLC (Protech) sono stati ricostituiti in acqua alla concentrazione e aliquotati
in “STOCK” da 1mg/ml.
42
Il terreno DMEM High Glucose senza L-Glutammina (EuroClone), il D-PBS senza Ca2+
e Mg2+ (EuroClone)
3. Preparazione dei campioni cellulari dagli organi
Gli organi ed i tessuti di interesse (timo e milza) sono stati prelevati dai topi sia wildtype che transgenici Notch3-IC, tra le sei e le dodici settimane di età, sacrificati per
dislocazione cervicale. I timi, privati della capsula connettivale e dei capillari sanguigni,
sono stati sminuzzati e filtrati, utilizzando filtri cellulari da 70µm (Falcon; Becton
Dickinson), fino ad ottenere una sospensione di singole cellule in terrreno DMEM con
lo scopo di recuperare la componente linfocitaria. La sospensione cellulare ottenuta è
stata sottoposta a due lavaggi successivi in terreno DMEM mediante centrifugazione a
1250 rpm per 7 minuti a +4°C per eliminare i detriti.
Gli eritrociti presenti nei campioni di milza sono stati eliminati mediante incubazione a
temperatura ambiente con buffer di lisi ammonio cloruro ACK (NH4Cl 0.15 M, KHCO3
1 mM, Na2EDTA-2H2O 0.1 mM) e due successivi lavaggi a freddo in PBS 1X.
4. Purificazione delle cellule CD4-/CD8- timiche
I timociti ottenuti da topi wild-type o Notch3-IC Tg sono stati sottoposti alla deplezione
delle cellule CD8+ tramite marcatura con un anticorpo anti-CD8 coniuguato a biglie
magnetiche (anti-CD8a Ly-2 microbeads 130-049-401) e passaggio su colonna LD
(Miltenyi Biotec) seguendo le istruzioni del produttore. Le cellule eluite dalla colonna,
arricchite per le popolazioni CD4-/CD8+ e CD4+/CD8-, sono state quindi marcate con
anticorpi specifici anti-CD4 PE e anti-CD8 PE. Le cellule PE negative sono state
purificate tramite “FACS assisted cell sorting” con l’utilizzo del FacsAria cell sorter
(BD biosciences) con una purezza maggiore del 95%.
43
5. Analisi citofluorimetrica di timociti e splenociti
L’espressione delle molecole sulla superficie cellulare è stata determinata mediante
esperimenti di citometria a flusso utilizzando la metodologia standard.
Per le colorazioni dirette contro antigeni extracellulari vengono utilizzate circa 1x106
cellule. I timociti isolati dal timo e dalla milza dei topi sono stati lavati in tampone
fosfato fresco (PBS1X) a temperatura ambiente per CXCR4 ed il suo anticorpo
isotipico, a freddo per tutti gli altri anticorpi utilizzati. Successivamente le cellule sono
state incubate al buio a +4C° con anticorpi specifici coniugati con fluoresceina
isotiocianato (FITC), ficoeritrina (R-PE), alloficocianina (APC), peridinaclorofillinacianina 5.5 (PerCP-Cy5.5), rispettivamente per 45 minuti per CXCR4 ed il suo
anticorpo isotipico e per 15 minuti per tutti gli altri anticorpi. Al termine del tempo di
incubazione le cellule vengono nuovamente lavate in 1 ml di PBS1X freddo in modo da
eliminare l’anticorpo non legato. Sono stati utilizzati anticorpi monoclonali anti-CD4
PerCP (BD Bioscences, Cat. No. 550954), -CD4 APC (BD Bioscences, Cat. No.
553051), anti-CD8 APC (BD Bioscences, Cat. No.553035), anti-CXCR4 Pe (E
Bioscences Cat. No. 12-991-82), mentre l’anticorpo monoclonale anti-IgG2b PE (E
Bioscences Cat. No. 12-4031-82) è stato utilizzato come controllo isotipico per
l’immunoglobulina anti-CXCR4.
I campioni sono stati successivamente acquisiti al citofluorimetro FACSCalibur (BD
Bioscences) ed analizzati mediante il programma CellQuest (Becton Dickinson).
Le cellule morte sono state escluse dall’analisi mediante un’opportuna selezione dei
parametri fisici di dimensione e granulosità (rispettivamente, `forward-scatter’ e `sidescatter’).
Per caratterizzare le diverse popolazioni di linfociti T sono stati utilizzati i seguenti
anticorpi monoclonali di ratto, anti-topo: anti-CD4 PerCP-Cy5.5 (fluorescenza 3), antiCD8 APC (fluorescenza 4). Per evidenziare le sottopopolazioni delle doppie negative
sono stati utilizzati i seguenti anticorpi monoclonali di ratto, anti-topo: anti-CD44 FITC
(fluorescenza 1) ed anti-CD25 APC (fluorescenza 4).
Gli anticorpi sono stati utilizzati contemporaneamente alla concentrazione finale di
1/200, in un’analisi multiparametrica a quattro colori dei campioni.
I campioni sono stati successivamente acquisiti al FACSCalibur (BD Bioscences) ed
analizzati mediante il programma CellQuest (Becton Dickinson).
44
La fluorescenza nei diversi campioni è stata messa in relazione a quella dei
corrispondenti controlli isotipici, colorati con il medesimo protocollo.
Per ogni campione sono stati misurati almeno 10 000 eventi positivi.
6. Estrazione dell’RNA, RT-PCR e PCR semiquantitativa
Gli RNA totali sono stati estratti da linfociti T sortati DN/NK- del timo dei topi
transgenici N3-IC Tg e wilde-type utilizzando un kit di estrazione (MicroKit Quiagen)
seguendo il protocollo.
Una quantità pari a 1 µg di RNA precedentemente estratto è stato sottoposto ad RTPCR come descritto in letteratura (Felli et al., 1999).
La PCR è stata eseguita mantenendo un’appropriata temperatura di annealing (62°C per
CXCR4 e 60°C per actina) e utilizzando i seguenti primers: mouse CXCR4 Forward 5’TCCTCATCCTAGCTTTCTTTGC-3’
TTGCATAAGGGTTAGCTGGAGT-3’;
GTGGGCCGCTCTAGGCACCAA-3’
e
Reverse
mouse
e
-actina
Forward
Reverse
5’5’5’-
CTCTTTGATGTCACGCACGATTTC-3’.
Per quantificare i livelli d’espressione del trascritto, il prodotto della PCR è stato
analizzato a 25 e 35 cicli rispettivamente per actina e CXCR4. Il campione caricato è
stato monitorato tramite il trascritto di -actina che è stato utilizzato come
normalizzatore dell’espressione.
7. Test di migrazione
Il test chemiotattico con CXCL12 (SDF-1) ed SLC, rispettivamente alla concentrazione
di 20 ng/ml e 200 ng/ml per il primo e di 1 µg per il secondo, è stato allestito
utilizzando dei particolari inserti (Costar) che consentono di generare una camera
superiore ed una camera inferiore, costituita da un pozzetto di una piastra da 24, grazie
alla presenza di una membrana porosa alla loro base (pori di 5-µm di diametro). In
questo modo è possibile valutare la migrazione delle cellule posizionate al di sopra
dell’inserto (1X106 timociti) verso la camera inferiore in cui è presente la chemochina
45
disciolta nel mezzo di migrazione (RPMI + 0,5% BSA + 25mM Hepes). Ogni campione
è stato valutato in duplicato e pozzetti col solo terreno sono stati utilizzati come
controllo negativo. Dopo 90 minuti, il contenuto presente nella camera inferiore di
chemiotassi è stato trasferito in un tubo di polipropilene in seguito alla rimozione della
membrana-inserto. Vista la rarità di alcune popolazioni analizzate le cellule migrate
derivate dai duplicati sono state mischiate.
Le cellule migrate sono state quindi centrifugate a 300g per 10 minuti e risospese in
20µl di soluzione di colorazione contenente l’anticorpo anti-CD16/32 (24G2). A questo
punto le cellule dei campioni e 2X106 di cellule totali (utilizzate per definire il 100% di
migrazione) sono state incubate in ghiaccio per 10 minuti e sono stati aggiunti gli
anticorpi appropriati. I campioni cellulari sono stati nuovamente incubati in ghiaccio per
30 minuti, lavati con 2 ml di soluzione di colorazione e risospese in 200µl della stessa.
Ogni campione è stato acquisito per un tempo, calcolato sulla base della rarità
dell’evento, pari a 150 secondi. La migrazione di ogni popolazione cellulare è stata
valutata sulla base delle cellule fluorescenti (FACS).
I risultati sono espressi come percentuale di cellule migrate che è stata calcolata con la
formula:
(eventi acquisiti per il campione) / (eventi acquisiti per il controllo positivo) * 100
8. Analisi Statistica
Tutti i grafici a blocchi presentati in questo lavoro sono stati disegnati sulla base del
valor medio dei valori ottenuti dai vari esperimenti e resi statisticamente significativi
dalla deviazione standard ripotata negli stessi. Molti dati in vitro d’espressione di
superficie sono stati analizzati calcolando il numero assoluto delle cellule positive
all’anticorpo d’interesse, calcolato sulla base della percentuale di cellule fluorescenti e
del numero effettivo di cellule esaminate, per rendere il dato più facilmente visibile ed
ulteriormente significativo.
46

RISULTATI E DISCUSSIONE
1. Caratterizzazione delle sottopopolazioni timocitarie nei topi wild-type e
transgenici Notch3-IC
Il nostro studio si propone di analizzare in un sistema normale ed in uno patologico,
l’espressione del CXCR4, recettore per la chemochina SDF-1(CXCL12), il quale regola
i meccanismi di migrazione e di progressione del differenziamento delle cellule T nel
timo.
Prima di tutto, abbiamo caratterizzato le quattro principali sottopolazioni timocitarie nei
due modelli murini, attraverso esperimenti di citofluorimetria a flusso (analisi al
FACSCalibur), sulla base dell’espressione dei markers di superficie CD4 e CD8
utilizzando anticorpi specifici coniugati anti-CD4 e anti-CD8, la fluorescenza 3
corrisponde al CD4 PerCP e la CD8 APC alla FL4 (figura 17). Dai plot del FACS è
possibile osservare l’assetto della popolazione cellulare timica, in particolare in ascissa
viene mostrata la positività crescente della fluorescenza dell’anticorpo anti-CD4, in
ordinata quella crescente dell’anticorpo anti-CD8. In base alla positività o negatività ai
due diversi anticorpi è possibile distinguere quattro sottopopolazioni principali: nel
quadrante in basso a sinistra sono presenti i timociti CD4-CD8-/DN, in alto a destra i
timociti CD4+CD8+/DP, in alto a sinistra i timociti SP CD8+ ed infine in quello in basso
a destra i timociti SP CD4+.
Il timo del topo wild type è rappresentativo della caratteristica distribuzione percentuale
delle quattro sottopolazioni: le cellule più numerose sono le DP che costituiscono
pressappoco l’80% della popolazione totale, mentre le cellule DN ne rappresentano una
piccola frazione costituendo circa il 3-4% del totale; le SP CD8+ rappresentano quasi il
5% della popolazione ed infine le SP CD4+ ne costituiscono più o meno l’11-14%, circa
quattro volte in più rispetto alle SP CD8+.
Al contrario, nel timo del topo transgenico, ed al progredire della malattia, si riscontra
una diminuzione in percentuale dei timociti DP, che scendono al 60% ed oltre, mentre si
ha un aumento dei timociti DN, che possono raggiungere il 15% della popolazione
totale timica. Invece le percentuali dei timociti SP CD4+ e SP CD8+ risultano
leggermente modificate o in alcuni casi, come quello mostrato in figura, si osserva una
concomitante espansione soprattutto dei timociti CD8+.
47
Fig. 17 Distribuzione delle sottopolazioni dei timociti nei topi wt e transgenico N3-IC di circa 12
settimane. Differenti percentuali delle popolazioni timocitarie nei topi wt e N3-IC Tg sulla base
dell’osservazione dell’espressione dei markers CD4 e CD8. I timociti (8X10 5) sono stati colorati con antiCD4 PerCP (FL 3) e anti-CD8 APC (FL 4) per l’analisi al FACS. In accordo con dati precedenti, i
risultati confermano che nel topo N3-IC Tg si ha un incremento delle cellule T DN e SP ed un
decremento delle DP rispetto al wt.
48
2. Analisi dell’espressione del recettore chemochinico CXCR4 nei timociti DN dei
topi wild-type e N3-IC Tg
Il deregolato sviluppo timocitario associato all’aumento delle DN osservato nel topo che
over-esprime la forma attiva di Notch3 (N3-IC Tg) ed il ruolo svolto da Notch e
preTCR insieme al recettore CXCR4 nel differenziamento delle cellule T, in particolare
nella transizione da DN a DP, ha suggerito l’analisi dell’espressione del recettore
chemochinico CXCR4 sulle cellule timiche più immature: le DN del wt e del N3-IC Tg
(figura 18 A, plot a sinistra).
Per ogni diverso genotipo, wt e N3-IC Tg, sono stati preparati due campioni con circa
8x105 cellule. Ciascuno dei due campioni, dopo essere stato colorato con anticorpi
specifici anti-CD4 PerCP-Cy5.5 (fluorescenza 3) e anti-CD8 (fluorescenza 4), è stato
incubato con l’anticorpo specifico anti-CXCR4 PE (fluorescenza 2) o con il suo
controllo isotipico IgG2b PE (fluorescenza 2). Questa tripla colorazione ha permesso di
analizzare selettivamente le cellule DN e di valutare l’espressione del recettore CXCR4
o del suo controllo isotipico esclusivamente su tale popolazione. L’anticorpo anti-IgG2b
è risultato necessario per eliminare il “rumore di fondo” e misurare l’effettiva e
specifica positività o negatività del campione, rappresentando il normalizzatore
d’espressione dell’anticorpo d’interesse. La percentuale di positività è stata infatti
calcolata sottraendo al valore di positività del CXCR4 quello del suo controllo isotipico.
Nel pannello destro della figura 18 A, è mostrata la sovrapposizione delle due
Gaussiane, rispettivamente fra la curva corrispondente alla fluorescenza del CXCR4 (in
verde) e quella corrispondente alla fluorescenza del controllo isotipico (in blu),
associata alle percentuali di positività calcolate per sottrazione del background, come
precedentemente spiegato. Ѐ possibile osservare che l’area compresa fra le due curve
varia nei due modelli, nello specifico si rivela una forte riduzione nel topo N3-IC
rispetto al wt. Tali dati hanno chiaramente mostrato un’espressione differenziale del
recettore CXCR4 sulle membrane dei timociti DN provenienti dal topo transgenico
rispetto al wild type scendendo dal 48,3% al 19,4% di positività. Questi dati sono
rappresentativi considerando l’intervallo di posititività nel wt compreso tra il 37% ed il
55% e nel N3-IC Tg compreso fra il 12% ed il 23,6%. In conclusione, i timociti DN
derivanti dal topo transgenico, mostrano una netta diminuzione dell’espressione in
superficie del CXCR4 quantificabile in almeno 20-30 punti percentuali.
49
Nel pannello B della figura 18 sono riportati in numero assoluto i valori delle cellule
DN e DN/CXCR4+ calcolato da tre diversi esperimenti. Nel primo grafico a blocchi da
sinistra è rappresentato il numero assoluto delle sole cellule T DN, mentre nel grafico a
blocchi a destra si osservano i valori assoluti delle cellule T DN CXCR4+. In entrambi i
pannelli è riportata la deviazione standard che rende significativo il risultato ottenuto. I
dati dei due grafici suggeriscono che l’iperespressione di N3-IC incrementa la
percentuale delle cellule T DN nel timo, ma riduce drasticamente il numero dei timociti
DN CXCR4+ nel topo transgenico N3-IC. Non essendo questo effetto attribuibile ad
alcuna riduzione nel numero totale di timociti DN, è possibile ipotizzare che Notch3
deregoli l’espressione in superficie di CXCR4, forse modulando a livello trascrizionale
o post-traduzionale l’espressione del recettore chemochinico.
50
Fig. 18. L’espressione di CXCR4 scende drasticamente nei timociti DN. I timociti isolati di fresco
(1X106) sono stati colorati con anticorpi anti-CD4 PerCP-Cy5.5 (FL 3), anti-CD8 APC (FL 4), antiIgG2b PE o anti CXCR4 PE (FL 2) (tripla colorazione). A) Nelle cellule DN selezionate la percentuale di
cellule CXCR4+ è stata normalizzata all’isotipo di controllo (IgG2b, in blu), come mostrato dalle
gaussiane sovrapposte (pannello destro). Nel timo dei topi N3-IC Tg è stato osservato un decremento
delle cellule CXCR4+ (19,7%) rispetto al wt (48,3%). B) Calcolo del numero assoluto delle cellule T DN
(grafico a blocchi a sinistra) calcolato da tre diversi esperimenti. Nel grafico a blocchi destro si osservano
i valori in numero assoluto delle cellule T DN CXCR4 +. In entrambi i pannelli è riportata la deviazione
standard. Questo dato suggerisce che l’iperespressione di N3-IC incrementa la percentuale delle cellule T
DN ma riduce drasticamente il numero dei timociti DN CXCR4+ nel topo N3-IC transgenico rispetto al
wt.
51
Le cellule Natural Killer (NK) sono grandi linfociti granulari caratterizzati dall’assenza
del TCRalfa/beta e gamma/delta, ed inoltre CD4 e CD8 negativi. Essi esprimono bassi
livelli di CXCR4 e rappresentano circa il 2% della popolazione delle cellule T DN. Per
escludere la possibilità che la riduzione dell’espressione del CXCR4 osservata nei topi
N3-IC transgenici potesse dipendere da un’alterata presenza delle cellule NK, è stata
analizzata l’espressione del CXCR4 nelle cellule NK negative nel timo del N3-IC
transgenico e del wt. Per entrambi i fenotipi sono stati preparati campioni con circa
8x105 cellule.
Ciascun campione, dopo essere stato colorato con anticorpi specifici anti-CD4 PerCPCy5.5 (fluorescenza 3), anti-CD8 APC (fluorescenza 4) e anti-NK1.1 FITC
(fluorescenza 1), è stato incubato con l’anticorpo specifico anti-CXCR4 PE
(fluorescenza 2) o con il suo controllo isotipico IgG2b PE (fluorescenza 2). Questa
quadrupla colorazione ha permesso di selezionare le cellule DN escludendo le NK+
(gate R6) e perciò di valutare l’espressione del recettore CXCR4 o del suo controllo
isotipico sulla popolazione DN/NK1.1-. Com’è possibile osservare nella seconda fila di
pannelli le percentuali delle cellule NK sono lievemente aumentatate nel N3-IC Tg, ma
non sembrano correlare con la modulazione delle percentuali delle cellule DN/NK1.1 ma CXCR4+della figura 19. Quindi, le cellule NK non hanno nessun effetto di
diluizione e/o di interferenza e non compromettono in alcun modo il risultato ottenuto.
Il risultato dei plots è confermato dal grafico a blocchi nel pannello B della figura 19,
che mostra la drastica riduzione del numero assoluto delle cellule T DN/NK1.1- positive
al CXCR4 nel timo.
I risultati ottenuti suggeriscono che l’over-espressione di Notch3-IC nel topo
transgenico deregola l’espressione di superficie di CXCR4 nel timo allo stadio di DN.
Poiché questo recettore è coinvolto nella regolazione della proliferazione e della
migrazione dei timociti nella transizione da cellule DN a DP nei diversi comparti del
timo, una sua diminuzione suggerisce una possibile alterazione della capacità di
migrazione delle cellule T in questo organo.
52
Fig. 19 Decremento dell’espressione di CXCR4 nei timociti DN/NK1.1 -. I timociti isolati di fresco
(1X106) sono stati colorati con anticorpi anti-CD4 PerCP-Cy5.5 (FL 3), anti-CD8 APC (FL 4), antiIgG2b PE o anti CXCR4 PE (FL 2) (tripla colorazione) e anti-NK1.1 FITC (FL 1). (quadrupla
colorazione). A) La componente percentuale della presenza delle NK nella popolazione DN del timo è
stata valutata (pannello di sinistra). Nelle cellule DN selezionate (gate R6) la percentuale di cellule
CXCR4+ (in verde) è stata normalizzata all’isotipo di controllo (IgG2b, in blu), come mostrato dalle
Gaussiane sovrapposte (overlay) (pannello destro). Nel timo dei topi N3-IC Tg, escludendo la
componente NK, è stato osservato un decremento delle cellule CXCR4 + (20,6%) rispetto al wt (60%). B)
Calcolo del numero assoluto delle cellule T DN/NK - CXCR4+. Questo dato suggerisce che
l’iperespressione di N3-IC incrementa la percentuale delle cellule T DN, ma riduce drasticamente il
numero dei timociti DN CXCR4+ nel topo N3-IC transgenico rispetto al wt, indipendentemente dalla
presenza delle NK.
53
3. Positività delle DP dei topi wild-type e N3-IC Tg a CXCR4 nel timo
Ѐ noto che il recettore CXCR4 per la chemochina SDF1 è altamente espresso sui
timociti dallo stadio DN2 allo stadio di DP, regolandone proliferazione e migrazione nei
diversi comparti del timo.
Dopo aver osservato la deregolata espressione di CXCR4 nei linfociti T DN, il passo
successivo è stata l’analisi della sua espressione sulla superficie dei timociti T DP nei
due sistemi murini: wt e N3-IC Tg (figura 20, plot del pannello A).
Come descritto in precedenza, timociti del wt e del N3-IC Tg, sono stati colorati con
anticorpi specifici anti-CD4 PerCP-Cy5.5 (fluorescenza 3) e anti-CD8 APC
(fluorescenza 4), è stato incubato con l’anticorpo specifico anti-CXCR4 PE
(fluorescenza 2) o con il suo controllo isotipico IgG2b PE (fluorescenza 2). Questa
tripla colorazione ha permesso di analizzare in modo selettivo le cellule DP e di valutare
la percentuale di positività sottraendo al valore del CXCR4 quello del suo controllo
isotipico. La sovrapposizione delle due Gaussiane, rispettivamente fra la curva
corrispondente alla fluorescenza del CXCR4 (in verde) e quella corrispondente alla
fluorescenza del controllo isotipico (in blu), associata alle percentuali di positività
calcolate per sottrazione del background, non mostra una evidente differenza fra wt e
N3-IC Tg. rispettivamente 93,2% e 96,2%. Per una analisi più dettagliata, abbiamo
valutato, sui timociti di 5 topi wt e 6 N3-ICtg, la differenza (Δ) della Mean
Fluorescence Intensity (MFI) e la differenza (Δ) delle Median Fluorescence Intensity. I
dati evidenziano delle importanti variazioni delle Δ Mean e Δ Median Fluorescence
Intensity, rivelando livelli più alti di recettore CXCR4 per cellula nei timociti del topo
N3-IC Tg rispetto al wt. I dati analizzati sono stati ottenuti dalle medie di tre diversi
esperimenti ed è stata calcolata la deviazione standard, rendendo statisticamente
significativo il dato. Dati non mostrati di mRNA del CXCR4 hanno evidenziato un
aumento di espressione del recettore in campioni di timociti non frazionati, rappresentati
in massima parte da DP, di topi N3-IC Tg rispetto al wt. L’incremento dell’espressione
di CXCR4 a livello di singola DP del topo N3-IC Tg rispetto al wild-type, suggerisce
che l’over-espressione di Notch3 nel topo transgenico probabilmente deregola in modo
opposto il CXCR4 nei due compartimenti, promuovendo la funzione di CXCR4 nelle
DP e riducendo drasticamente la sua funzione nelle DN. A sostegno di un’aumentata
funzione del CXCR4 potrebbero essere dati precedenti (Talora et al., 2003) che hanno
dimostrato, in popolazioni selezionate di DP, un’elevata espressione di forme fosforilate
54
di ERK. Infatti, è stato dimostrato nei timociti DN3, che le ERK ed i loro livelli di
fosforilazione indotti dall’attivazione del CXCR4, sono correlati ed essenziali per la
migrazione delle cellule T nel timo (Trampont et al., 2010).
55
Fig. 20 Aumento dell’espressione di CXCR4 nei timociti DP. I timociti sono stati processati come
descritto nella fig. 18 A) Nelle cellule DP selezionate, la percentuale di cellule CXCR4 + è stata
normalizzata con l’isotipo di controllo (IgG2b), come mostrato dalla sovrapposizione delle curve
(pannello di sinistra). Le cellule T DP mostrano un’alta percentuale di positività per l’anticorpo specifico
CXCR4, in entrambi i topi wt and N3-IC Tg. B) L’analisi della differenza (Δ) della MFI (Mean Fluoresce
Intensity) e la differenza (Δ) delle Median Fluorescence Intensity rivelano alti livelli del recettore CXCR4
per cellula nel topo N3-IC Tg rispetto al wt. I dati analizzati sono stati ottenuti da tre diversi esperimenti.
Ѐ riportata la deviazione standard. I risultati dimostrano un reale incremento dell’espressione di CXCR4 a
livello di singola cellula DP del topo N3-IC Tg rispetto al wt.
56
4. Profilo di espressione del CXCR4 nei diversi stadi di maturazione delle DN
La progressiva maturazione dei timociti DN, da DN1 a DN4, è influenzata dalla loro
localizzazione nell’architettura timica, così come dai segnali dei recettori di superficie.
DN1 e DN2 iniziano una migrazione verso l’esterno dalla giunzione cortico-midollare
diretta alla cortex, con le DN3 che si localizzano principalmente nella o vicino la zona
sub-capsulare. La beta-selezione che discrimina per un produttivo riarrangiamento del
TCRβ e l’assemblaggio del complesso pre-TCR, inizia allo stadio di DN3 ed è completo
allo stadio DN4. Questa selezione-β coincide con un movimento delle cellule DN4 dalla
cortex indietro nella medulla.
Dati di letteratura indicano che, in condizioni fisiologiche, le DN esprimono livelli
diversi di CXCR4 a stadi maturativi diversi. Prima di tutto sono state valutate le
differenze d’espressione di CXCR4 nelle quattro sottopopolazioni di timociti DN tra wt
e N3-IC Tg. A tal proposito, sono stati preparati campioni con circa 1x106 cellule sia dal
topo wt che dal transgenico N3-IC. Ciascuno dei due campioni è stato colorato con
anticorpi specifici anti-CD4 e anti-CD8 coniugati allo stesso fluorocromo (PerCP), antiCD44-FITC e quindi anti-CD25-APC. Questa tripla colorazione al FACS, dopo aver
escluso le DP e le SP4+ e SP8+, ha permesso di analizzare le sole cellule DN1-4 divise
in base all’espressione di CD44 e CD25.
Nella figura 21 sono rappresentate le quattro sottopopolazioni nel quadrante in basso a
destra la popolazione DN1 (CD25- CD44+), il quadrante in alto a destra rappresenta la
popolazione DN2 (CD25+ CD44+), il quadrante in alto a sinistra rappresenta la
popolazione DN3 (CD25+ CD44-) ed infine il quadrante in basso a sinistra rappresenta
la popolazione DN4 (CD25- CD44-). Come si osserva nella stessa figura (pannello
superiore), nel transgenico aumentano le DN2 rispetto al wt, al contrario le DN1
mostrano una lieve diminuzione nel N3-IC Tg.
Particolarmente interessante, mentre nel wt le DN3 sono in percentuale circa uguali alle
DN4, questo rapporto nel N3-IC Tg è alterato a favore delle DN3 che aumentano
rispetto alle DN4. Ciò, combinato con l’aumento delle DN2, suggerisce che l’overespressione di Notch3 causa una diminuita progressione nella β-selezione.
57
Fig. 21 Profilo delle quattro sottopopolazioni DN1-4 nei topi wt and N3-IC Tg. Sulla base
dell’espressione dei markers CD44 e CD25, dopo aver escluso i timociti DP e SP4 + e SP8+, sono state
osservate percentuali diverse di timociti DN1-4 nel topo N3-IC Tg rispetto al wt.
58
A questo punto, ci si è proposti di analizzare l’espressione del recettore CXCR4 nei
diversi stadi maturativi DN1-DN4, sia nel sistema fisiologico che in quello tumorale
overesprimente la forma attiva di Notch3. Questi esperimenti, nati sulla base
dell’osservazione mostrata in precedenza secondo cui le DN del topo transgenico
mostrano una diminuita espressione del CXCR4 rispetto al wt, si propongono di
individuare, l’espressione di CXCR4 nei quattro stadi maturativi e quale di essi sia
modulato dal deregolato signaling di Notch3.
Circa 1x106 timociti derivati dai topi wt e N3-IC Tg sono stati colorati con anticorpi
specifici anti-CD4 e anti-CD8 (coniugati allo stesso fluorocromo, PerCP), anti-CD44
(FITC), anti-CD25 (APC) e anti-CXCR4 (PE) o con il suo controllo isotipico IgG2b
(PE). Questa quadrupla colorazione al FACS, dopo aver escluso DP e SP4+ e SP8+, ha
permesso di selezionare le cellule DN in base all’espressione di CD44 e CD25
consentendo di valutare per ogni singolo stadio DN1-4 l’espressione del recettore
CXCR4 e del suo controllo isotipico sia nel N3-IC Tg che nel wt.
La percentuale di positività è stata calcolata sottraendo al valore di positività del
CXCR4 quella del suo controllo isotipico IgG2b.
Nei pannelli della figura 22 sono mostrate, dopo analisi al CellQuest, le curve
d’espressione del CXCR4 normalizzate rispetto all’espressione del controllo isotipico
(curve di sovrapposizione) ed i valori percentuali di positività. Come mostrato in figura
22, i dati ottenuti sulle cellule selezionate da DN1 a DN4 dimostrano che l’espressione
di CXCR4 è lievemente aumentata allo stadio DN1, mentre è fortemente diminuita
soprattutto negli stadi DN3 e DN4 nel N3-IC Tg rispetto al wt, con una riduzione di
circa 35 punti percentuali nelle DN3 e di 14 nelle DN4. Nella stessa figura sono
riportati i numeri assoluti delle cellule delle quattro sottopopolazioni analizzate nel N3IC Tg e nel wt. Questi valori soprattutto evidenziano che, la metà delle cellule DN3
passa a DN4 (4,3X106 a 1,63X106 cellule) nel wt e solo 1/3 (2,3 X106 a 0,7 X106
cellule) nel topo transgenico, suggerendo una restrizione al passaggio DN3/DN4.
I risultati indicano, che l’overespressione di Notch3 causa la down-modulazione del
recettore chemochinico CXCR4 allo stadio di DN del transgenico e suggeriscono che
tale evento sia stadio-specifico, ovvero DN3/DN4-specifico. Questa drastica riduzione
avviene allo stadio DN3 e DN4, transizione fisiologicamente sotto il controllo di Notch
e preTCR.
Nell’insieme, i dati indicano chiaramente che c’è una drastica riduzione sia nel numero
che nella percentuale delle sole cellule DN CXCR4+ agli stadi DN3 e DN4. Sapendo
59
che CXCR4 è un co-stimolatore, insieme al preTCR, specificatamente durante lo step
della beta selezione ed avendo osservato una quota ridotta di cellule DN3 che passano a
DN4 nel N3-IC Tg rispetto al wt, si può ipotizzare che Notch3-IC deregolando
l’espressione di CXCR4 nei timociti immaturi DN influenza negativamente il
differenziamento timocitario contribuendo positivamente allo sviluppo della leucemia
nel nostro modello.
60
Fig. 22. Espressione di CXCR4 nelle sottopopolazioni timocitarie DN1-4. L’espressione di CXCR4 è
fortemente diminuita nello stadio DN3 del N3-IC Tg rispetto al wt.
61
5. Espressione in superficie della molecola d’adesione omotipica EpCAM in
timociti di topi wild-type e N3-IC Tg nel timo
I dati finora mostrati indicano che Notch3 è in grado di compromettere i primi eventi
nella progressiva maturazione delle cellule pre-T, forse alterando la migrazione
attraverso il timo, o per esempio modulando l’interazione tra le cellule T e lo stroma,
stimolando la proliferazione ed il differenziamento. A tal proposito è stata scelta la
molecola di adesione omotipica EpCAM che è noto, da dati di letteratura, avere un
ruolo nell’interazione tra i timociti T e le cellule epiteliali. La molecola d’adesione a
cellule epiteliali (Epithelial cell adhesion molecule, EpCAM) è una glicoproteina
transmembrana che media l’adesione omotipica cellula-cellula Ca2+-independente
(Litvinov et al., 1994), ma è anche coinvolta nel signaling cellulare (Maetzel et al.,
2009), nella migrazione (Osta et al., 2004), nella proliferazione e nel differenziamento
(Litvinov et al., 1996). EpCAM inoltre può promuovere la transizione epiteliale
mesenchimale e la metastasi tumorale.
Sono stati condotti esperimenti di citofluorimetria a flusso su campioni rappresentanti
sia lo stato fisiologico che quello patologico. In particolare 1X106 di timociti prelevati
di fresco da topi wt e N3-IC Tg sono stati colorati con anticorpi specifici anti-CD4
PerCP (fluorescenza 3) e anti-CD8 APC (fluorescenza 4). Successivamente i campioni
sono stati incubati con l’anticorpo specifico anti-EpCAM APC (FL4) o con il suo
controllo isotipico IgG2a APC. Questa tripla colorazione ha permesso di selezionare le
cellule DN e di valutare l’espressione della molecola d’adesione EpCAM o del suo
controllo isotipico solo sulla suddetta popolazione. La percentuale di positività è stata
infatti calcolata sottraendo al valore di positività dell’Ep-CAM quello del suo controllo
isotipico.
Nel pannello di destra della figura 23, è mostrata la sovrapposizione delle due
Gaussiane, rispettivamente fra la curva corrispondente alla fluorescenza dell’Ep-CAM
(in verde) e quella corrispondente alla fluorescenza del controllo isotipico (in blu),
associata alle percentuali di positività calcolate per sottrazione del background, come
precedentemente spiegato. Ѐ possibile osservare che l’area compresa fra le due curve
varia nei due modelli, nello specifico si rivela una forte riduzione nel topo N3-IC
rispetto al wt. Tali dati hanno chiaramente mostrato un’espressione differenziale della
molecola d’adesione sulle membrane dei timociti DN provenienti dal topo transgenico
rispetto al wild type passando dal 49,2% al 9,6% di positività. Quindi, i timociti DN
62
derivanti dal topo transgenico, mostrano una netta diminuzione dell’espressione in
superficie dell’EpCAM quantificabile in circa 40 punti percentuali.
Ѐ probabile che nel topo transgenico l’overespressione di Notch3-IC determini
l’accumulo di timociti DN, deregolando i segnali di recettori di superficie, come
CXCR4, che normalmente influenzano la progressione differenziativa delocalizzando le
DN1-DN4 nell’architettura timica ed interferendo, attraverso lo spegnimento di
EpCAM, con i meccanismi fisiologici di adesione omotipica necessari al normale
“crosstalk” cellulla-cellula e cellula-stroma. Ciò potrebbe suggerire che Notch3
diminuendo l’interazione cellulare possa sottrarre le cellule T ai normali segnali
innescati dal ligando SDF1. Ovviamente, i dati fin qui riportati sembrano però suggerire
un meccanismo cellula-autonomo nella regolazione di CXCR4.
63
Fig. 23 Decremento dell’espressione di EpCAM nei timociti DN. I timociti isolati di fresco (1X106)
sono stati colorati con anticorpi anti-CD8, anti-CD4, anti-IgG2a o anti EpCAM (tripla colorazione). Nelle
cellule DN selezionate la percentuale di cellule CXCR4 + è stata normalizzata all’isotipo di controllo
(IgG2a), come mostrato dalle gaussiane sovrapposte (overlay) (pannello di destra). Nel timo dei topi N3IC Tg è stato osservato una diminuzione delle cellule CXCR4+ (9,6%) rispetto al wt (49,2%). Questo dato
suggerisce che l’iperespressione di N3-IC incrementa la percentuale delle cellule T DN ma riduce
drasticamente il numero dei timociti DN EpCAM + nel topo N3-IC transgenico rispetto al wt, è probabile
che ciò correli con una diminuita adesività ed il conseguente deregolato differenziamento delle DN.
64
6. Analisi trascrizionale di CXCR4 nelle DN/NKL’espressione di CXCR4 è regolata a livello trascrizionale, post-trascizionale e posttraduzionale da numerosi fattori. Allo scopo di comprendere se il meccanismo di
riduzione del CXCR4 fosse cellula-autonomo, ci si è indirizzati all’analisi
dell’espressione, in mRNA, del CXCR4 nelle sole DN. La ridotta espressione del
CXCR4 sulla superficie delle DN del topo transgenico over-esprimente la forma
intracellulare di Notch3 potrebbe, infatti, essere il risultato di un effetto diretto di
Notch3 sul gene CXCR4.
Considerate le analisi al FACS precedenti, le sole cellule CD4-/CD8-/NK1.1-,selezionate
dal timo in toto, sono state utilizzate per l’estrazione dell’mRNA. Dopo aver arricchito
attraverso colonna magnetica in sole cellule CD4+, le cellule selezionate sono state
sottoposte a sorting al FACS ARIA escudendo anche le cellule NK+ che possono
contaminare le DN, soprattutto la popolazione delle DN4 che sono negative per
CD4/CD8/CD25/CD44. Per l’estrazione dell’RNA sono stati utilizzati timociti derivati
da due topi per ogni genotipo, due per il wt e due per il N3-IC Tg.
L’RNA estratto è stato successivamente retrotrascritto in cDNA e quest’ultimo
utilizzato come templato per le reazioni di PCR semiquantitative. La PCR ha permesso
di valutare l’espressione in mRNA del CXCR4 oltre che dell’actina, utilizzata come
normalizzatore, utilizzando primers murini specifici. Nella figura 24 A è riportata
l’espressione del CXCR4 e dell’actina nei due sistemi murini. Nel pannello B, si
osserva una riduzione dell’espressione in mRNA di tale recettore nel transgenico
rispetto al wt. L’istogramma a blocchi è stato disegnato usando il valor medio
dell’espressione osservata nei diversi esperimenti calcolato in rapporto all’espressione
osservata per l’actina. Normalizzando l’espressione del CXCR4 sull’espressione del
controllo è stato infatti possibile ottenere la differenza effettiva tra wt e N3-IC Tg, con
una forte riduzione nel secondo, di circa il 50%, rispetto al primo. Nella stessa figura
sono riportate le barre d’errore, calcolate come deviazione standard, che rendono credito
alla differenza osservata.
I dati indicano che Notch3 regola trascrizionalmente l’espressione del CXCR4
suggerendo un meccanismo cellula-autonomo, forse svincolato da eventuali
modulazioni da parte del ligando SDF1. Sicuramente studi futuri chiariranno l’eventuale
ruolo di SDF1, o meglio di Notch3 su SDF1, e come Notch3 riduce l’espressione di
CXCR4, considerando che Notch1 non è in grado di modulare il CXCR4 in linee
65
cellulari umane di leucemie T-ALL (Mirandola et al., 2012). Ciò, potrebbe suggerire un
effetto specifico di Notch3.
66
Fig. 24 Regolazione trascrizionale di CXCR4 nei timociti DN/NK1.1 -. Da cellule CD4-/CD8-/NK1.1- è
stato estratto l’RNA, retrotrascritto in cDNA e utilizzato in reazioni di PCR. A) I timociti del N3-IC Tg
mostrano una ridotta espressione in mRNA del CXCR4 rispetto al wt. B) Il grafico a blocchi mostra il
valor medio dell’espressione osservata in due diversi esperimenti calcolato in rapporto all’espressione
osservata per il controllo (actina). Ѐ riportata la deviazione standard.
67
7. Migrazione delle DN di topi wt e N3-IC Tg in risposta alla chemochina SDF-1
Naturale ligando del CXCR4 è SDF1(CXCL12), entrambi sono ampiamente distribuiti
nei tessuti ed hanno un ruolo importante nello sviluppo embrionale (Zou et al., 1998),
nell’ematopoiesi (Nagasawa et al., 1996), nell’organogenesi e nella vascolarizzazione
(Tachibana et al., 1998; Ceradini et al., 2004). SDF1 è espresso nella cortex e nella
regione sub-capsulare del timo.
Avendo osservato che Notch3 deregola trascrizionalmente CXCR4 risultando in una
diminuita espressione di superficie, e sapendo che questo recettore regola lo sviluppo
progressivo delle DN a DP influenzando la loro localizzazione nell’architettura del
timo, è stata analizzata la capacità di migrazione delle cellule T “in vitro”. Sono stati
allestiti test di migrazione utilizando 1x106 timociti prelevati di fresco dal timo del topo
transgenico Notch3-IC e wt. I timociti sono stati indotti alla migrazione “in vitro” in
risposta a stimoli fisiologici quali, ad esempio, il trattamento con il ligando specifico di
CXCR4, CXCL12 (SDF-1). Per verificare la specificità è stato usato in parallelo un
altro ligando SLC capace di stimolare CCR7 e non il CXCR4. Nello specifico i timociti
ed il terreno contenente le chemochine sono stati separati da membrane con porosità di
5-micrometri (Transwell, Costar) le quali permettono il passagio delle cellule nella
camera sottostante. I timociti sono stati stratificati nella camera superiore sopra la
membrana. Dopo 90 minuti, il contenuto della piastra di chemiotassi inferiore, che
contiene le cellule che hanno migrato in risposta allo stimolo chemochinico, sono state
immunofenotipizzate al FACS, previa colorazione con anticorpi anti CD4 e anti-CD8.
I risultati mostrati in figura 25 evidenziano un’alterata capacità di migrazione dei
timociti del N3-IC Tg rispetto al wt. Ѐ evidente che la capacità di migrazione dei
timociti DN del N3-IC Tg è fortemente ridotta rispetto al wt anche alla concentrazione
più bassa di SDF1, suggerendo che Notch3 altera l’espressione di CXCR4 risultando in
una diminuita capacità di migrazione e di probabile localizzazione nel timo,
interferendo con i normali processi differenziativi. Al contrario ed in accordo con
l’aumento di espressione di CXCR4 per cellula, la capacità di migrazione delle DP del
N3-ICtg è aumentata rispetto al wt già alla concentrazione più bassa, ma cresce al
dosaggio superiore. Nessuna differenza è invece osservabile tra wt e N3-IC Tg in
risposta al ligando SLC, sostenendo la specificità dell’effetto.
In conclusione, questi risultati dimostrano che l’iperattivazione di Notch3 nei timociti è
in grado di compromettere i primi eventi nella progressiva maturazione delle cellule
68
pre-T immature, probabilmente andando ad alterare la migrazione e localizzazione
attraverso il timo.
CXCR4 è anche coinvolto nei meccanismi di fuoriuscita dal timo delle cellule mature,
suggerendo un possibile aumentato abbandono del timo da parte delle DP. Ciò
concorderebbe anche con le differenti percentuali di DN e DP osservate nel wt e nel
transgenico.
69
Fig. 25. L’overespressione di Notch3 ostacola la migrazione dei timociti in risposta alle chemochine
SDF-1 and SLC. 1x106 timociti del topo transgenico Notch3-IC e wt sono stati sottoposti alla migrazione
in vitro in risposta a SDF-1alpha (ligando di CXCR4) e SLC (ligando di CCR7)
70
8. Espressione di CXCR4 negli splenociti DP
Dati precedenti del nostro laboratorio hanno indicato che nel topo transgenico, dopo le 8
settimane, inizia a svilupparsi un linfoma T Notch3-positivo che domina la milza ed i
linfonodi. A questo stadio la milza mostra anomalie nella distribuzione delle
sottopopolazioni spleniche. Sulla base di queste precedenti osservazioni e sulle presenti,
che evidenziano una modulazione dell’espressione di CXCR4 e della migrazione,
entrambe diminuite fortemente allo stadio pre-T di DN ed aumentate allo stadio di DP
nel timo, è stata analizzata l’espressione di CXCR4 anche a livello delle cellule T della
milza. Per questo motivo gli splenociti sono stati prelevati di fresco dalla milza degli
stessi diciassette animali in cui sono state analizzate le cellule pre-T del timo, dell’età di
10-12 settimane.
Gli splenociti provenienti dalle milze dei due modelli murini sono dunque stati
caratterizzati immuno-fenotipicamente al FACS, sulla base dell’espressione dei markers
di superficie CD4 e CD8, utilizzando anticorpi specifici anti-CD4 APC (FL4) e antiCD8 PerCP (FL3). Nella milza del topo wild-type le cellule più numerose sono le DN
che costituiscono circa il 60% della popolazione totale, le SP CD8+ rappresentano circa
il 25% della popolazione ed infine le SP CD4+ ne costituiscono approssimativamente il
12-13%, circa la metà delle SP CD8+. Non sono presenti DP, se non con percentuali più
basse del 2%.
La distribuzione percentuale degli splenociti è sovvertita nella milza del topo
transgenico. In particolare, si riscontra una diminuzione delle percentuali dei timociti SP
CD8+ e soprattutto SP CD4+ rispetto al wt, ed una anomala presenza di cellule T DP che
sono praticamente assenti nel wt (figura 26).
71
Fig.26 Distribuzione delle sottopolazioni degli splenociti nella milza di topi wt e N3-IC Tg. Differenti
percentuali delle popolazioni spleniche nei topi wt e N3-IC Tg sulla base dell’espressione dei markers
CD4 e CD8. Gli splenociti (8X105) sono stati colorati con anti-CD4 e anti-CD8 per l’analisi al FACS. In
accordo con dati precedenti, i risultati confermano che nella milza del topo N3-IC Tg si ha un’anomala
presenza di DP ed un decremento delle SP, soprattutto CD4 +, rispetto al wt.
72
Ѐ stata successivamente valutata l’espressione di CXCR4 negli splenociti (1x106)
prelevati di fresco dalla milza degli stessi topi wt e transgenici per Notch3.
Ciascun campione, è stato colorato con anticorpi specifici anti-CD4 APC ed anti-CD8
PerCP in combinazione con l’anti-Thy1 FITC. Quest’ultimo anticorpo, marcatore
specifico per la selezione delle cellule T, è stato utilizzato per analizzare esclusivamente
cellule T escludendo dall’analisi tutte le cellule non T presenti nel campione (come
cellule B, macrofagi, etc.). Gli stessi campioni sono stati incubati anche con l’anticorpo
specifico anti-CXCR4 PE o con il suo controllo isotipico IgG2b PE. Selettivamente,
l’espressione del recettore CXCR4 o del suo controllo isotipico, sono state analizzate
sulle cellule T DP della milza. Nel pannello destro della figura 27, è mostrata la
sovrapposizione delle due Gaussiane, rispettivamente fra la curva corrispondente alla
fluorescenza del CXCR4 (in verde) e quella corrispondente alla fluorescenza del
controllo isotipico (in blu), associata alle percentuali di positività. I dati in figura
mostrano che nel wt le DP sono molto poco rappresentate e sostanzialmente negative
per il CXCR4. Al contrario, nel transgenico N3-IC Tg l’alta percentuale di DP spleniche
è caratterizzata da cellule che esprimono livelli elevati di CXCR4. Questi dati
suggeriscono che l’over-espressione di Notch3 nel topo transgenico deregola
l’espressione di superficie di CXCR4 non solo nel timo ma anche nella milza. Questo
dato in combinazione con l’aumentata espressione del CXCR4, con la fosforilazione del
suo target pERK e con la capacità di migrazione osservata nelle DP del timo,
suggeriscono che Notch3 modula probabilmente la mobilizzazione delle cellule T in
distretti linfatici primari e secondari.
73
Fig. 27 Espressione del CXCR4 negli splenociti. Gli splenociti sono stati colorati con l’anticorpo
specifico anti-Thy1 allo scopo di analizzare le sole cellule T della milza (plot a sinistra). Le cellule T DP
sono state selezionate (plot centrale) e la percentuale di cellule CXCR4 + è stata normalizzata con l’isotipo
di controllo (IgG2b), come mostrato dalla sovrapposizione delle curve (grafico a sinistra). Le cellule T
DP prelevate dal topo N3-IC Tg mostrano un’aumentata percentuale di positività per l’anticorpo specifico
CXCR4 rispetto a quelle del wild-type.
74

CONCLUSIONI
Ѐ noto che la deregolazione del signaling di Notch è considerata la principale causa di
T-ALL. Mutazioni attivanti Notch1 e, nella maggior parte dei casi di T-ALL, iperattivazione di Notch3 sono state descritte in letteratura.
Il modello murino di T-ALL che over-esprime la forma intracellulare attiva di Notch3
(N3-IC) nei timociti immaturi (N3-IC Tg) (Bellavia et al., 2000), prodotto nel nostro
laboratorio, ricapitola alcune delle caratteristiche della T-ALL umana: come attivazione
costitutiva di NF-kB, della catena pT-alpha del preTCR e maturazione e proliferazione
deregolate nella fase di transizione preT/T con un incremento dei timociti immaturi DN.
Il differenziamento delle cellule T non è cellula-autonomo, ma dipende da segnali
multipli forniti dalla rete tridimensionale di cellule che collettivamente compongono lo
stroma, elaborano citochine, chemochine ed i loro ligandi. Le cellule tumorali
esprimono spesso profili deregolati di recettori per chemochine che il signaling di Notch
è noto regolare in numerosi tipi di cancro (Mirandola et al., 2012).
L’asse CXCL12/CXCR4 modula migrazione cellulare, proliferazione, sopravvivenza ed
angiogenesi. Il CXCR4 è il recettore per chemochine più frequentemente espresso sulle
cellule tumorali (Balkwill, 2004), dove svolge un ruolo critico nella crescita e nella
sopravvivenza delle cellule tumorali ed è stato anche dimostrato che l’asse
CXCL12/CXCR4 media homing e crescita metastatica secondaria negli organi
CXCL12-produttori (Muller et al., 2001; Wang et al., 2005; Sun et al., 2010).
CXCL12 è inoltre considerato il più potente chemo-attraente delle cellule T e nel timo il
suo recettore CXCR4 è altamente espresso nei timociti dallo stadio di sviluppo DN2 a
DP (Ara et al., 2003; Plotkin et al., 2003). La delezione di CXCR4 causa la riduzione di
timociti DP ed un incremento nel numero di DN, atrofia timica con riduzione delle
sottopopolazioni timiche da DN2 a DP, suggerendo un ruolo importante in queste fasi.
Infatti, le cellule DN3 per il loro progressivo sviluppo richiedono CXCR4 in
combinazione con preTCR e Notch, eventi essenziali per la progressione nella selezione
β (Janas et al., 2010).
La cooperazione fra CXCR4, PreTCR e Notch ha permesso di supporre che questo
recettore chemochinico potesse avere un ruolo in vivo nella leucemia linfoblastica acuta
a cellule T (T-ALL), dove tali signaling sono frequentemente alterati. Su questa base, è
75
stato utilizzato il sistema transgenico N3-IC comparato al wt con lo scopo di studiare
eventuali meccanismi d’interferenza fra le pathways di Notch e del CXCR4.
Nel nostro studio, esperimenti di citometria a flusso hanno dimostrato una diminuzione
percentuale di cellule CXCR4 positive nei timociti selezionati DN ed un aumento di
recettore per singola cellula nelle DP del timo del topo N3-IC Tg rispetto al wt,
deregolando la capacità di migrazione di entrambi.
Per un’analisi fine delle DN, le cellule NK1.1 sono state escluse allo scopo di evitare
possibili contaminazioni da parte di cellule negative per il CD4 ed il CD8 che
esprimono bassi livelli di CXCR4 rispetto ai timociti DN veri. Come abbiamo
dimostrato, nel presente studio, escludendo questa sottopopolazione l’effetto downmodulatore di Notch3 è ancora più evidente. Inoltre, le DN sono distinte, con l’uso dei
marker CD44 e CD25, in quattro diversi stadi maturativi DN1-2-3-4. Questo ci ha
permesso di studiare i livelli di CXCR4 in queste fasi maturative e soprattutto ha
evidenziato che la diminuita espressione del CXCR4 di superficie avviene
principalmente nelle DN3 del N3-IC Tg rispetto al wt, proseguendo sempre in modo
marcato allo stadio DN4. Questa diminuzione stadio-specifica si correla bene con
l’espressione della forma attiva del N3-IC (Lck-dipendente) e con l’aumento delle DN3
rispetto alle DN4, già osservato in passato (Bellavia et al., 2000) e riconfermato dai
nostri dati, suggerendo che il Notch3 spegne il CXCR4 inficiando il passaggio a DN4
ed aumentando la quota di forme più immature come le DN2. Questo dato suggerisce la
centralità della cooperazione a tre, fra Notch, preTCR e CXCR4, ed individua in
quest’ultimo il mediatore del deregolato differenziamento osservato nelle DN nel
transgenico.
Il timo del topo transgenico nel tempo (dopo le 9-10 settimane) mostra una completa
sovversione della normale architettura della cortex e della medulla timica,
delocalizzando le diverse sottopolazioni timocitarie come precedentemente dimostrato
(Bellavia et al., 2000). In accordo con questa evidenza, nel topo transgenico, N3-IC
sembra deregolare non solo il differenziamento, ma anche le interazioni cellulari, come
dimostrato dalla diminuzione di espressione nelle DN di EpCAM, proteina
transmembrana che con le catenine media le interazioni omo- ed etero-tipiche cellulacellula. Questo evento, quindi, potrebbe anche interrompere l’interazione fra timociti e
cellule epiteliali dello stroma, che producono il ligando CXCL12, interferendo con
l’asse CXCL12/CXCR4 e potrebbe svincolare i timociti da segnali negativi proproliferativi.
76
Allo scopo di comprendere se la diminuzione di CXCR4 nelle DN fosse cellulaautonomo, abbiamo purificato DN/NK1.1 al CellSorter FACS/ARIA ed analizzato
l’espressione dell’mRNA del CXCR4. I dati indicano chiaramente che l’iperattivazione
di N3-IC riduce drasticamente l’espressione del gene CXCR4. Questo evidenzia per la
prima volta, che al contrario di Notch1, che non regola CXCR4 in linee cellulari di TALL umana (Mirandola et al., 2012), Notch3 è in grado di regolare “in vivo”
trascrizionalmente il gene CXCR4 in un modello murino di T-ALL. Sicuramente, nel
futuro analizzeremo “in vitro” il promotore di CXCR4. Interessante a riguardo, sono
stati descritti due siti importanti di regolazione: il sito Nuclear Respiratory Factor-1
(NRF-1) che è il principale fattore di regolazione trascrizionale positivo, insieme ad SP1, ed il regolatore negativo YingYang1 (YY1) posizionato a -300bp dal sito d’inizio
(Busillo and Benovic, 2007). Inoltre, numerose citochine possono esercitare effetti
positivi (IL-2, IL-4, etc.) e negativi ( TNFalfa, IFNgamma, IL1-beta) di regolazione
trascrizionale.
Il CXCR4 è richiesto negli stadi precoci di sviluppo dei timociti attraverso tre possibili
meccanismi (Trampont et al., 2010). Prima di tutto CXCR4 regola la localizzazione
stabile dei timociti CD25 nella regione sub-capsulare piuttosto che nelle parte bassa
della cortex, Secondo, CXCR4 funziona come co-stimolatore con il pre-TCR per fornire
segnali di sopravvivenza che sono essenziali durante la maturazione dei timociti. Terzo,
CXCR4 promuove la proliferazione ottimale di timociti DN.
Notch3 regolando negativamente CXCR4, probabilmente altera la localizzazione dei
timociti nei topi N3-IC Tg che mostrano nelle sezioni istologiche non solo una
architettura sovvertita, ma anche una anomala localizzazione dei timociti CD25+ spersi
fra regione sub-capsulare e cortex (Bellavia et al., 2000).
CXCR4, come altri recettori chemochinici, regola il pattern di migrazione dei timociti
influenzando il processo differenziativo. In questa ottica abbiamo analizzato “in vitro”
la capacità di migrazione delle DN e delle DP, dimostrando in risposta al ligando
fisiologico ed a due dosaggi diversi di SDF1, che le DN del N3-IC Tg hanno una ridotta
capacità di migrazione rispetto a quelli del wt, effetto opposto è esercitato da Notch3
sulle DP del N3-IC Tg che invece migrano di più rispetto a quelle del wt. Ciò evidenzia
che la down-modulazione di CXCR4 permette a Notch3 di interferire con le proprietà
differenziative e di migrazione dei timociti DN immaturi, risultando in un completo
perturbamento della normale architettura delle regioni corticali e midollari dei lobi
timici.
77
In accordo con la capacità di migrazione, Notch3 aumenta la presenza di recettore
CXCR4 per singola cellula nelle DP del N3-ICtg rispetto al wt, come evidenziato dalle
differenze di Mean e Median (MFI). La capacità di migrazione dei timociti ha come
bersaglio importante nel signaling del CXCR4, la fosforilazione delle ERK. Infatti,
inibitori dell’attivazione delle ERK si traducono in un blocco di migrazione, associato
all’inibizione della polimerizzazione dell’actina, come osservato nei timociti DN in
risposta all’SDF1 (Trampont et al., 2010).
Infatti, i timociti DP selezionanti del N3-IC Tg mostrano aumentati livelli di
fosforilazione delle ERK, che potrebbero suggerire un amplificato signaling del CXCR4
a questo stadio.
SDF1 e CXCR4 sono stati associati all’uscita delle cellule mature SP dal timo
(Poznansky et al., 2000; Cyster, 2002). Si può suggerire che questo aumento di
espressione del CXCR4 e di migrazione delle DP, possa tradursi in un’aumentata
emigrazione dal timo. Le DP in modo anomalo popolano anche la milza dei topi N3-IC
Tg e dai nostri dati, si evince che più della metà esprimono CXCR4. Questo potrebbe
far ipotizzare che Notch3 negli stadi avanzati della malattia possa non solo sovvertire
l’architettura dell’organo, ma possa svuotarlo alterando processi maturativi precoci ed
aumentando la capacità di migrazione e quindi di fuoriuscita delle cellule T DP dal
timo.
Nel futuro ci si propone di comprendere come Notch3 possa regolare positivamente
CXCR4 ed il suo signaling nelle DP, seppure si ipotizza che meccanismi di
modificazione post-trascrizionali del recettore stesso, come la fosforilazione da parte
delle PKC (Busillo and Benovic, 2007), particolarmente attive nel N3-IC Tg, ne
regolino localizzazione in membrana e funzione.
78

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