Maturazione dei linfociti B
La “storia” dei linfociti B
La “storia” dei linfociti B
• I vari stadi di maturazione linfocitaria sono definiti dalle varie fasi di riarrangiamento
ed assemblaggio del BCR
• Superamento dei checkpoint di controllo per il passaggio alla fase successiva di
maturazione
• I linfociti derivano da un precursore (CLP, common lymphoid progenitor) che origina
dalle cellule staminali ematopoietiche del midollo osseo
• Il microambiente del midollo osseo contribuisce in maniera determinante a fornire I
segnali necessari per la maturazione
• Per esempio le cellule stromali del midollo osseo esprimono il ligando di Flt3,
che è un recettore presente su progenitori ematopoietici che dopo il legame con
il ligando attiva il differenziamento a CLP
La gerarchia di differenziamento linfocitario
Il ruolo delle cellule stromali del
midollo osseo
Differenziamento delle cellule B e
riarrangiamento dei geni Ig
Differenziamento delle cellule B e
riarrangiamento dei geni Ig
• L’inizio dei riarrangiamenti è allo stadio di pro-B cells (catena pesante)
• Nelle pre-B cells viene espressa una catena µ principalmente nel citosplasma ed in parte
sulla membrana
• Dopo una fase di proliferazione le pre-B cells diventano quiescenti, e continuano il
processo di riarrangiamento (catena leggera)
• La cellula B immatura esprime una IgM completa sulla superficie cellulare
• La cellula B matura esprime anche IgD
• Le cellule che commettono “errori” nel riarrangiamento vengono eliminate
• Il riarrangiamento procede per un allele alla volta: se funziona il primo, viene esclusa la
possibilità di riarrangiamento del secondo allele: esclusione allelica
Eliminazione delle cellule B autoreattive
Eliminazione delle cellule B immature
autoreattive
• Cellule non autoreattive: migrazione ai tessuti linfatici periferici dove maturano
• Cellule autoreattive verso antigeni multivalenti (esempio MHC): o avviene un
“receptor editing” per cambiare specificità antigenica, oppure le cellule vanno
incontro a morte programmata
• Se la molecola “self” è solubile, le cellule possono maturare in periferia ma
esprimono poche Ig sulla superficie e sono dette anergiche, non possono essere
attivate dal legame con l’antigene
• Se l’antigene “self” è inaccessibile o ha affinità scarsa per il BCR, la cellula B
matura normalmente ma è potenzialmente autoreattiva
Maturazione dei linfociti T
La “storia” dei linfociti /
La “storia” dei linfociti /
• I progenitori delle cellule T migrano al timo, dove avviene il riarrangiamento dei
TCR
• Cellule T compatibili con “self “-MHC sono in grado di sopravvivere
• TCR autoreattivi vanno incontro a morte cellulare
• I linfociti T maturi migrano nel sangue ed organi linfatici periferici, dove vengono
attivati dall’incontro con l’antigene
• L’attivazione porta alla maturazione in cellule effettrici che migrano ai siti di
infezione o ad aree di attivazione dei linfociti B
Struttura del timo
Struttura del timo
• Zona corticale: timociti immaturi, con cellule epiteliali corticali, e macrofagi per
rimuovere le cellule che vanno incontro a morte
• Zona midollare: timociti maturi, cellule epiteliali midollari, macrofagi e cellule
dendritiche. I corpuscoli di Hassall sono probabilmente areee di distruzione cellulare
• I timociti nella zona corticale interna sono le cellule T che vanno incontro a selezione
(>98% dei timociti totali), mentre nella zona esterna c’è proliferazione
• IN assenza di timo non c’è sviluppo dei linfociti T (sindrome di De George nell’uomo,
topi “nude”)
I vari stadi di sviluppo dei timociti sono
associati a specifici marker di membrana
• I timociti immmaturi sono negativi per TCR (CD3) e
corecettori CD4 e CD8
• Dalle cellule negative emergono
• Cellule CD4/CD8 negative che hanno riarrangiato le
catene gamma/delta del TCR (minoranza)
• Cellule con riarrangiamento delle catene alfa/beta
• All’inizio CD4/CD8 positive
• Poi dopo vari stadi diventano positive per CD4 o
CD8 e migrano alla periferia
Correlazione degli stadi di sviluppo con riarrangiamento genico
ed espressione di proteine di membrana
La struttura del timo riflette la presenza di
timociti a diverso stadio di sviluppo
Evidenza sperimentale del processo di
selezione positiva timica
Evidenza sperimentale del processo di
selezione positiva timica
• Trapianto di midollo osseo da topi MHC axb in topi MHCa o MHCb
• Ogni cellula T per il fenomeno della restrizione di MHC può riconoscere o MHCa o
MHCb
• Nei topi MHCaxb il 50% delle cellule riconoscono MHCa ed il 50% MHCb
• Nelle chimere in cui le cellule T del genotipo MHCaxb si sviluppano in topi MHCa, le
cellule T quando immunizzate contro un antigene lo riconoscono esclusivamente
quando è presentato da MHCa, anche se le APC presentano l’antigene legato sia a
MHCa che MHCb. Questo implica che le cellule T sono “selezionate” per riconoscere
la classe di molecole MHC a cui sono esposte durante il loro differenziamento
Caratteristiche del processo di
selezione
• Solo I timociti I cui recettori interagiscono con
complessi self-MHC/peptide possono
sopravvivere e maturare
• Il repertorio di TCR ha una intrinseca specificità
per molecole MHC
• L’interazione dei timociti con le cellule epiteliali
corticali timiche determina il processo di
selezione positiva
• I timociti che reagiscono fortemente con antigeni
self/MHC vengono eliminati
Come viene distinto il processo di
selezione negativa da quella positiva?
• Sia la selezione positiva che quella negativa dipendono
dall’interazione di TCR con peptidi/MHC self
• Teoricamente, devono esistere meccanismi in grado di
distinguere timociti potenzialmente capaci di
danneggiare I tessuti self da quelli che possono
sfruttare il riconoscimento del self per diventare
efficaci linfociti T effettori
• L’ipotesi corrente è che la discriminazione fra I due fati
è data dalla forza dell’interazione del TCR con
peptide/MHC self
– Interazione debole: selezione positiva
– Interazione forte: selezione negativa
Maturazione dei linfociti nei tessuti periferici:
homing è mediato da chemochine