Appunti di comportamento organizzativo

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Comportamento organizzativo
Prof. Costa - [6 crediti] - II Semestre
Introduzione al corso
Il comportamento organizzativo è come si riesce a far accadere le cose all’interno di un’azienda.
L’organizzazione aziendale non è fatta di formule o organigramma, ma è fatta di uomini. I comportamenti
che i modelli economici ipotizzano come razionale deve fare i conti con le persone, con la varietà umana. Il
comportamento che nella teoria economica è postulato come razionale deve fare i conti con la realtà umana.
Gli individui inoltre non sono soli, ma in azienda sono in gruppo.
La disciplina si occupa di interpretare come implementare le decisioni nella realtà concreta delle persone.
Le decisioni sono processo decisionale all’interno dell’azienda, ad esempio, come implementare una
campagna di vendita per il lancio di un nuovo prodotto.
C’è una varietà di soggetti il cui comportamento deve essere indirizzato e realizzato nella situazione
concreta: il processo decisionale.
Altro tema è la leadership: come una persona riesce effettivamente a coinvolgere le persone, a mobilitarle
per il raggiungimento degli obiettivi.
Altro aspetto è la negoziazione: altra variabile è il potere all’interno dell’organizzazione. Chi detiene il
potere tende a negoziare ovvero arrivare ad un compromesso per arrivare a realizzare un quantum per
entrambe le parti. Ad esempio, negoziare un comportamento, un budget.
La cultura e la comunicazione. Un’azienda è sessista: discriminare un sesso. Un’azienda è internazionale:
ha una cultura di apertura alle problematiche multietniche, multirazziali o multinazionali.
Il cambiamento organizzativo: cambiare una strategia presuppone probabilmente cambiare anche
organizzazione.
Infine, un’incursione dei tratti della personalità: non si tratta dell’uomo aeconomicus, ma delle persone vere.
Film1: Alpacino in un episodio di leadership. Espediente dell’empowerment. Simon: scomposizione del
problema.
Alle basi del comportamento individuale (capitolo 1)
Il comportamento nasce dalle caratteristiche delle persone. Dalla prima impressione nasce il giudizio: poi
conosciuta la persona, il giudizio cambia. Attraverso i suoi comportamenti si è capito di più della sua
personalità. I comportamenti dipendono dalla situazione e dai tratti profondi della persona.
In che misura lo studio della personalità può indirizzare il comportamento all’interno dell’organizzazione.
Senza entrare nella psicologia vengono espressi dei giudizi e facciamo delle congetture sulle persone: è
necessario produrre qualche schema di riferimento per interpretare il nostro comportamento e quello degli
altri.
In termini generali, il comportamento è funzione dell’individuo, delle sue caratteristiche e della situazione.
L’ambiente in genere è un ambiente sociale fatto da altre persone: il fatto d’essere un gruppo ristretto può
essere diverso da quello di un gruppo più ampio. I tratti personali non possono essere modificati, ma
possono essere accentuati in una situazione o nell’altra a seconda dell’ambiente e della situazione sociale.
Gli eventi cioè cosa accade nell’ambiente in cui un individuo è collocato. L’evento cambia il ruolo
dell’ambiente nel comportamento.
L’individuo. Ognuno ha un patrimonio genetico e l’individuo è definito in una certa misura dai suoi geni: è
un fatto ereditario e genetico. Altri fattori possono essere di ordine cognitivo come le conoscenze che sulla
base di geni, l’esperienza e la conoscenza che si è inserita, gli atteggiamenti, l’orientamenti rispetto ad un
fenomeno o ad un altro, i bisogni della personalità, ecc.
Comportamento = f (individuo, ambiente)
Gli studi di comportamento organizzativo sono di orientamento “behviourista” (=comportamento in
inglese): non si può conoscere nulla se non quello che vedo. Tale orientamento postula che l’unica forma di
conoscenza degli uomini è quella che si vede nei comportamenti. Ci sono invece scuole di pensiero
contrarie a questo approccio.
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Ci possono essere comunque delle ipotesi in cui far indagare della mente umana. Lo sviluppo delle
neuroscienze pensano di leggere ciò che accade nel cervello: è un altra opzione.
Noi adottiamo l’opzione che il comportamento è quello visibile: forme, espressioni, verbali e non.
I comportamenti hanno delle conseguenze in termini di produttività, efficacia e risultato dell’azione.
La personalità
Escluse le categorie genetiche, adottiamo un approccio non determista (viceversa si dice che tutto è
determinato dal patrimonio genetico) che dipende dalla:
- prospettiva cognitiva: capacità attraverso l’apprendimento e della valorizzazione del patrimonio genetico
per arrivare a patrimoni diversi.
- prospettiva evolutiva: fonde la prospettiva genetica e cognitiva.
Entrambe sono positive nel ruolo dell’individuo.
La prospettiva cognitiva
L’apprendimento.
Ci sono due fenomeni da considerare: il fenomeno della socializzazione e l’altro che tende ad assumere
comportamenti di gruppo che un individuo assume. Nei comportamenti di gruppo ci sono dei processi di
mimetismo all’interno del gruppo, ovvero individui che sono portati ad identificarsi col gruppo e ad
assumerne i comportamenti. Il gruppo dice come si deve comportare un soggetto (ad esempio, il
comportamento dei “branchi”).
La socializzazione.
E’ uno dei fenomeni che porta ad interiorizzare i comportamenti del gruppo. L’apprendimento è un fenomeno
più complesso: tende a selezionare i comportamenti più appropriati. Dalla famiglia, si selezionano gli
ambienti anche diversi in base ad una strategia di apprendimento.
Nella prospettiva cognitiva c’è un modello del condizionamento, studiato da uno psicologo sovietico che
facendo esperimenti sugli animali ha scoperto come indurre un comportamento attraverso degli stimoli. Si
parla di comportamento per stimolamento.
La teoria del rinforzo che si basa su questo. Se c’è uno stimolo di un comportamento, c’è una conseguenza
che funge da rinforzo al comportamento. L’apprendimento è una sequenza di prove ed errori che ripetuto
da luogo ad un rafforzamento del comportamento che viene interiorizzati.
La teoria dell’apprendimento sociale sviluppo il concetto della socializzazione: si impara imitando le
persone con le quali abbiamo relazioni. Per questo motivo, nel management si dice che l’apprendimento di
gruppo è più efficace dell’apprendimento individuale.
La prospettiva evoluzionista
Mescola le influenze oggettive sia di tipo genetiche che ambientali con la prospettiva di razionalizzazione dei
comportamenti. Questo è importante perché serve per mettere in evidenza una caratteristica importante che
differenzia un uomo dagli altri animali.
L’uomo è un organismo dotato di un intrinseca capacità di apprendimento. La storia dell’umanità è una
storia di apprendimento. Mentre nella storia del mondo animale non si conoscono evoluzioni dei loro
comportamenti: gli animali hanno dei comportamenti sociali (come il branco): il processo d’apprendimento
degli animali si è fermato se c’è stato. Non son stati selezionati solo i tratti genetici ma anche i
comportamenti sociali. Ad esempio, la cura dei piccoli è qualcosa che è avvenuta per apprendimento.
La novità è aver scoperto l’innata capacità dell’uomo di apprendere.
L’ ideal tipo
Una personalità nevrotica: tendenza a percepire comportamenti negativi. E’ un tratto comune a tutti gli
uomini, ma attraverso la parola nevrotica definiamo un ideal tipo con queste caratteristiche.
Un estroverso è uno che sta bene in mezzo agli altri.
La coscienziosità è una tendenza all’autodisciplina. Si può appaiare con un comportamento organizzativo
della personalità detto il professionista: è colui che ha interiorizzato comportamenti o regole tipiche di un
certo ruolo e ha un elevato commitement riguardo queste regole.
Potere = necessità di primeggiare (diverso dall’essere estroverso).
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I tratti della personalità
1) estroversione;
2) amabilità;
3) coscienziosità;
4) nevroticismo;
5) apertura, alle esperienza, ha capacità di ascolto. Un soggetto più ha potere che responsabilità più deve
avere la capacità di ascoltare gli altri (e non se stesso).
In un processo organizzativo avere la capacità di diagnosticare il tratto prevalente di una persona serve ad
esaltare i tratti di personalità che possono essere complementari. Gli uomini sono tutti fatti di tratti dell’ideal
tipo. Questo serve anche per l’autodiagnosi.
Tratti e orientamento al lavoro
a) l’affettività positiva (personalità aperta): persone che stanno bene con se stesse e con gli altri e riescono a
ritrovare gli aspetti piacevoli di tutte queste situazioni. Se l’affettività positiva è bassa, sono persone
spente perchè soffrono;
b) l’affettività negativa se è alta aggrava i tratti negativi, sono pessimiste. Se questa è bassa, c’è una
personalità più tranquilla.
L’affettività è un fattore di ponderazione degli altri tratti.
In quali situazioni organizzative hanno maggiore impatto i tratti della personalità e questi orientamenti; ci
sono due situazioni organizzative di base:
1) deboli: c’è un basso grado di ristrutturazione; sono situazioni poco definite e formalizzate e quindi
l’organizzazione ha un ruolo debole nei riguardi delle persone.
2) forti: il livello di formalizzazione è elevato, ci sono delle procedure, delle regole e dei ruoli già definiti.
L’individuo, sia in quanto tale, sia nei suoi difetti e carenze, ha un ruolo minore nel bene e nel male. Le
sue caratteristiche impattano poco nell’organizzazione perché è la stessa a guidare l’individuo.
Mentre nelle situazioni a bassa formalità, è tutto da definire e il ruolo dell’individuo gioca una misura
maggiore.
Anche a seconda dell’attività che viene svolta, la formalizzazione può essere più o meno ampia
Orientamenti organizzativi della personalità
1) l’istituzionalizzato: ha interiorizzato i valori dell’organizzazione, c’è committment e impegno nei riguardi
dell’organizzazione; crede e rispetta la gerarchia;
2) il professionista ha un elevato grado di committment, ma nei riguardi di se stesso, in quanto
professionista. Il concetto non è identico a quello di professional nell’organizzazione.
Il conflitto fra il ruolo professional e manageriale (il manager ha una tendenza a identificarsi nel ruolo e nei
valori aziendali), mentre il professional ha un interesse che può entrare in conflitto con i valori dell’azienda.
Ciò non è sempre negativo e va bene quando: le organizzazione il cui successo dipende dall’exploitation
plasmano la razionalità di tipo istituzionalizzato, le altre exploration.
Locus control: sono caratteristiche diverse.
- interno: siamo portati a attribuire ciò che capita a se stessi;
- esterno: siamo portati ad attribuire ciò che capita agli altri.
L’equazione dell’idea di se:
- l’uomo è un essere che ha bisogno di trovarsi in equilibrio fra la valutazione e l’idea che ha di se stesso e il
feedback che ricevono dall’ambiente su questo loro essere. Se l’idea che si ha di se stessi è superiore alla
valutazione effettiva: es. pensavo prendere 30, ma prendo 15: 15/30 = 0,5 < 1 si apre un conflitto e siccome
“è colpa degli altri” c’è una tendenza al riportare al pari studiando di più o delegittimo l’altra parte. L’altra
strada è abbassare l’idea di sè. Se una persona ha una forte tendenza nevrotica conferma questa tendenza.
Legge Brunetta: assegnazione dei premi di produttività.
Un’organizzazione è invece più attenta a valori di tipo affettivo. Ad esempio, le burocrazie hanno una forte
connotazione di questo tipo: culture femminili, perchè richiama la “mamma”. Si contrappone alle culture
maschili: stressano e sono attente alle meritrocazie.
Una pratica retributiva coerente con una cultura maschile crea un conflitto (con se stessi o con gli altri).
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C’è incoerenza fra la cultura dell’organizzazione e questa pratica (si pensi alla pubblica amministrazione).
Ma è possibile intervenire in una cultura dell’organizzazione?
L’aspetto negativo è che non credo nella competenza di chi mi ha valutato e premia i soggetti che cercano di
mettere in atto comportamenti opportunistici.
Il fine identifica il mezzo: se si vuole dominare gli altri, tutto quello che mi consente di raggiungere questo
obiettivo è lecito. La personalità macchiavellica si associa ad una persona fredda e disposta a tutto.
Atteggiamenti, percezioni e giudizi (capitolo 2)
Gli atteggiamenti possono derivare da credenze (da un aspetto cognitivo, da un processo d’apprendimento e
non valoriale) ed è un processo con una sua razionalità, oppure può derivare da valori.
Si definisce atteggiamento come la tendenza a rapportarsi ad un determinato oggetto in termini
positivi o negativi.
Gli atteggiamenti possono essere modificati o per effetto dell’indottrinamento o di processi d’apprendimento.
Gli atteggiamenti cercano l’equilibrio.
L’equilibrio richiede un processo d’aggiustamento incrementale per riportare all’equilibrio quando si crea
una dissonanza fra valori e credenze.
Un esempio di valore
In una società multietnica si crede che tutte le persone hanno la stessa dignità e che tutte le persone devono
avere le stesse opportunità indipendentemente dall’etnia e dalla personale. Questo può essere profondamente
radicato e che conforma i comportamenti.
Una società razzista e sessista invece non dà questa idea di multietnicità.
Un esempio di credenza
E’ un processo cognitivo che in base ad un’esperienza non si associa una valenza in termini di valori: è un
fatto neutro dal punto di vista valoriare. Non bisogna confondere un valore da una credenza. I valori sono
difficili da modificare, mentre le credenze è possibile.
Valori e credenze si formano attraverso la socializzazione. La forma di socializzazione è la famiglia
(socializzazione primaria), poi la scuola, lo sport, la vita di comunità.
La socializzazione primaria è la più importante fra le altre. Ci sono degli studi sugli investimenti in capitale
umano: 100 dollari investiti nella socializzazione primaria rende più di 1000 volte che in capitale fisico.
Investire nel miglioramento della qualità della vita e della famiglia determina fenomeni molto importanti.
In una festa: da uno stimolo o “corbeffo” o costruisco un frame di tipo positivo.
Gli atteggiamenti sono sempre rivolti ad un oggetto che può essere una cosa fisica o una persona: hanno una
componente di tipo affettivo. C’è l’elemento cognitivo e l’elemento emotivo, quest’ultimo introduce un
elemento di distorsione.
Dissonanza cognitiva
Richiamo il concetto di equilibrio. Le persone hanno bisogno di sentire una corrispondenza fra credenze e
valori. Quando la coerenza viene a mancare si parla di dissonanza cognitiva e si crea un conflitto interiore o
organizzativo. Si può spostarsi dall’ambiente o ci sottraiamo dalla stessa.
Il tasso di assenteismo è un criterio per osservare la presenza di una dissonanza o di un conflitto. La prima
cosa che si guarda allora è l’orientamento dei capi: in questi casi l’assenteista deve far sapere che può
derivare da una sua decisione: è una forma implicita.
Lo sciopero è invece è il voice esplicito.
La percezione
Ci sono delle situazioni che percepiamo in un modo o in un altro. La percezione non è un dato oggettivo.
La dimensione, l’intensità: non esiste una realtà data, ma una realtà percepita che dipende dalla
caratteristiche delle persone e dell’oggetto.
Il senso di una situazione è dato dai frame che possono diventare delle distorsioni di tipo cognitivo. Per
descrivere questo concetto è importante il senso dell’organizzazione.
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1) Prima impressione
2) Errori di percezione
E’ l’effetto alone: una caratteristica della persona getta il suo alone su altre caratteristiche. Per esempio, “se
c’è una bella ragazza, sicuramente è stupida”. E’ una persona importante “e quindi sicuramente sarà forte,
leale, intelligente, ecc.”.
3) L’attribuzione
Attribuisco i miei tratti di personalità ad altri. “Cooptare le persone più simili a se stesse”: si selezionano
persone simili. E’ una proiezione di proprie caratteristiche sugli altri. E’ una patologia di un leader molto
frequente, soprattutto se è un leader con bisogno di affiliazione.
Mclelland: potere, affiliazione, achievent. L’affiliazione è il bisogno d’essere accettato dagli altri. Un
soggetto viene accettato da sè stesso. Un leader che ha un forte bisogno d’affiliazione è uno che tende a
cooptare le persone con le caratteristiche che lui reputa simili.
4) Teoria implicita della personalità
Utilizzare un frame per indurre delle caratteristiche particolari.
5) Stereotipi
“quelli nati sotto o sopra il Po”.
Questi errori sono chiamati anche euristiche: procedimento semplificato per arrivare rapidamente ad una
certa decisione, intuitiva o saltando dei passaggi. L’euristica è tipicamente definita come un errore di
percezione. La situazione viene percepita come semplificata in base ad alcuni elementi della situazione. C’è
chi dice che l’euristica è un espediente voluto per arrivare ad una decisione, in una situazione di stress di
tempi.
Il falso negativo è un errore, un giudizio negativo su una persona: ma perdo un’opportunità. Nel trade off fra
tempo e necessità di prendere una decisione conviene fare così.
Simon: “non esiste l’uomo aeconomicus, l’uomo organizzativo è pieno di difetti, non ha la disponibilità e la
capacità di elaborare le informazioni per prendere una decisione massimizzante: si ferma alla ricerca di
alternative alla prima soluzione accettabile”.
Si perde più tempo ad approfondire il problema, però guadagno tempo”. Si parla di comportamento
soddisfacente.
L’euristica è un espediente per risparmiare la razionalità limitata in quanto limitata, saltando passaggi e
fermandomi alla prima scelta. L’euristica diventa così uno strumento per economizzare in razionalità.
La teoria dell’attribuzione
Parte da una percezione e un evento e su questo si genera un determinato comportamento: dipende dal
giudizio che diamo a noi stessi e sugli altri: mettendo insieme i due elementi facciamo un attribuzione e
spieghiamo un comportamento. In questo possono avvenire degli errori di attribuzione = spiegare un risultato
con un fattore o un elemento che genera un risultato.
In strategia si possono fare degli errori di attribuzione, come nella competizione, ad esempio la disponibilità
di una risorsa rara genera un vantaggio competitivo: come un’innovazione. E’ sufficiente che sia scarsa?
Deve avere un valore e deve essere difficilmente imitabile per il suo brevetto: il brevetto dà informazioni agli
imitatori i quali possono con delle piccole varianti creare prodotti simili.
L’innovazione deve basarsi su risorse complementari.
L’ambiguità causale induce l’errore di attribuzione.
Tutti i comportamenti di un individuo sono rivolti a dare una spiegazione sbagliata del proprio successo o
meno. Un altro errore di attribuzione importante è quello nella valutazione del personale di valutare lo
sforzo anziché la performance. Può diventare un criterio in un’organizzazione. Si deve aver chiaro cosa si
vuol valutare o premiare. Viceversa si genera un’incoerenza dal punto di vista organizzativo.
[Saltiamo tutto il Capitolo delle Motivazioni]
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Dal comportamento individuale a quello di gruppo (capitolo 5)
Le norme e le regole strutturano un gruppo e inducono comportamenti. In maniera informale c’è un
comportamento di cooperazione.
a) la condivisione è un confronto di valori;
b) l’essere accettati dal gruppo; è questo bisogno d’essere accettati: è un mimetismo ovvero il voler essere
simile agli altri perché una cosa che conviene: protezione, sicurezza.
C’è una patologia nei comportamenti di gruppo chiamata group think. E’ un eccesso di conformismo
all’interno del gruppo. L’effetto che il gruppo plasma i comportamenti arriva ad essere disfunzionale alla
finalità del gruppo.
Se uno ha la percezione che il gruppo sta sbagliando, ma se vuole rimanere all’interno al gruppo, rinuncia
alla propria idea, e il gruppo perde così una risorsa.
Un gruppo performante cade in questo tranello di group think: eccesso di conformismo e i valori della
performance sbagliata non si riproducono.
Si parla di gruppo in generale quando due o più persone interagiscono fra loro per raggiungere un fine.
Si parla di team quando il gruppo ha un minimo di strutturazione e i compiti sono in qualche misura definite.
Sulle ragione di attivare i gruppi all’interno dell’organizzazione: le fondamentali sono le regole di
suddivisione del lavoro: specializzare le attività e coordianarle; due problemi:
1) la divisione dei lavori in base alle competenze;
2) l’unificazione attraverso il coordinamento, far convergere gli sforzi delle specializzazioni verso un
determinato risultato.
Il lavoro di gruppo cerca di raccogliere i vantaggi della specializzazione.
Una forma di coordinamento:
1) le regole;
2) la gerarchia: attraverso l’intervento diretto della decisione del capo;
3) il mutuo adattamento: o meglio auto coordinamento. Ad esempio, il distretto.
In questo modo è il vantaggio dell’integrazione e lo sviluppo delle competenze. La complessità delle attività
da svolgere in azienda porta verso le esigenze di lavorare in gruppo.
Questa necessità viene riportata all’interno del gruppo dei mercati. L’alleanza è una forma per limitare la
competizione, è una decisione di non farsi concorrenza sul prezzo.
Si distingue fra:
1) gruppo primario; come la famiglia. E’ un dato naturale, non è il portato di una decisione, si trova in
natura.
2) gruppo sociale; implica una decisione: si decide d’appartenere ad un gruppo, è un processo di selezione e
identificazione.
Altra classificazione:
1) gruppi formali: vengono stabiliti ruoli e norme di comportamento;
2) gruppi informali: la stessa ragione d’essere nel gruppo non è chiarita, trovando nel tempo la ragione
d’esistere.
Elementi di un gruppo:
a) la caratteristiche personali:
b) interessi e obiettivi:
c) potenziale di influenza:
d) opportunità di interazione:
All’interno del gruppo è più facile avere interazioni.
La teoria dei luoghi e dei non luoghi: un luogo è un ambiente ampio e ristretto dove avviene un elevata
interazione fra le persone e ci sono delle regole e delle norme di comportamento ove le persone si trovano, si
riconoscono. I non luoghi sono situazioni dove c’è una enorme quantità di persone ma non c’è integrazione
sociale. Questo limita le persone, come un aereoporto. Nel luogo tutto è definito, nel non luogo c’è il
massimo di libertà. Se un individuo cerca di arricchire il suo rapporto di esperienze. I gruppi son fatti anche
da persone, obiettivi e situazione fisica.
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Perché si formano i gruppi?
1) Per quanto riguarda le caratteristiche personali si rimanda a valori, idee, atteggiamenti.
2) Attività di team-bulding;
3) Le performance dipendono da interessi ed obiettivi che possono avere in comuni i membri del gruppo. Ciò
comporta la coesione e i conflitti dei membri del gruppo;
4) Le potenzialità di influenza derivano dal maggior potere di pressione (lobbying) che delle persone in
gruppo esercitano rispetto a quelle isolate;
5) le opportunità di interazione derivano dalle economie di prossimtà, il fatto d’essere faccia a faccia
genera queste economie di prossimità. Tipiche dei luoghi.
I fattori che determinano o condizionano la performance e l’efficacia del lavoro di gruppo
1) fattori di contesto: in cui il gruppo a seconda di dove lo colloco può essere più o meno efficace. Se il
contesto è un settore farmaceutico il gruppo evoca l’idea della ricerca scientifica e ci sono elementi che
favoriscono la formazione di un gruppo; se si parla di un venditore, questa è un’azione tipicamente
individuale.
2) l’organizzazione: sistema di vautazione della performance, premi e punizione definiti dalle scelte
organizzative. Ci possono essere sistemi di incentivazione individuale o che premia comportamenti
cooperativi; i fattori di contesto determinano il successo più o meno accentuato di lavorare in gruppo.
3) la sponsorship: il fatto che il gruppo sia sponsorizzato da un’entità che ha una rilevanza. Fare un gruppo
all’interno di un organizzazione favorito dall’AD si realizza in un contesto diverso da un gruppo
spontaneo, allora il livello di sponsorizzazione è basso e ciò influenza lo status del gruppo, il committment
del gruppo.
2) Dinamiche e processi di gruppo:
a) dimensioni: il gruppo piccolo ha dei vantaggi ma può essere meno ricca la varietà di contenuti; le
dimensioni hanno influenza sulle interazioni e nei gruppi piccoli è più facile interagire;
b) la struttura: c’è un leader o meno? è un gruppo inter pares o meno?
c) il grado di maturità: il modo in cui il gruppo ha fatto esperienza con cui si è consolidato attraverso
conflitti. Se non si è mai litigato, genera esperienza e capacità di gestire i conflitti.
d) lo status delle persone all’interno del gruppo;
e) norme: le regole che si è dato il gruppo.
La struttura del gruppo
E’ importante in termini di ruoli all’interno del gruppo capire i problemi di ruolo e singoli all’interno del
gruppo.
- Potrebbe esserci un’incongruenza di ruolo (“quello non ha le caratteristiche del leader”);
- un’ambiguità di ruolo: non si sa bene cosa deve fare all’interno dell’organizzazione: non chiarire il ruolo
dei partecipanti;
- o i conflitti di ruolo: sulla stessa persona fanno capo delle finalità che sono in contrasto fra di loro.
Tutto questo si precisa attraverso il ciclo di vita del gruppo.
La forma di un gruppo passa attraverso delle fasi ciascuna delle quali ha una funzione rispetto alla
performance del gruppo:
1) forming: quali sono gli obiettivi, si precisano gli scopi e i perimetri del gruppo e si comincia a definire il
gruppo e si orienta rispetto ai propri membri e rispetto a quelli che stanno al di fuori del gruppo.
2) storming può essere una fase conflittuale in cui si comincia a prendere le misure uno con l’altro. Ciascuno
cerca di capire e precisare un ruolo rispetto agli altri. Comunque si formano dei sottogruppi e delle
alleanze, emergono delle leadership oppure la leadership è già definita.
3) la risoluzione della conflittualità genera delle norme, regole condivise che genera la coesione del gruppo.
C’è chi si trova bene a fare il follower che accetta il leader. La bravura del leader è quella di attivare il
follower.
4) Passate queste fasi il gruppo comincia a generare risultati e si affinano comportamenti e c’è un processo di
apprendimento. Bisogna però aver prima risolto problemi nelle fasi precedenti.
Adiourning?
C’è una fase di chiusura del gruppo o sentimenti negativi per il fatto che il gruppo ha concluso la sua ragione
d’essere. C’è il problema del tourover all’interno dell’azienda. Si studiano le tecniche d’ingresso e
integrazione del gruppo, ma poco il processo di abbandono. Quindi è fisiologico che un gruppo si trasformi.
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E’ importante a livello di organizzazione per i gruppi temporanei (task force). Un gruppo di progetto. Tali
gruppi si inseriscono nella struttura organizzativa, che può essere ad esempio una matrice che lavora per le
stesse finalità.
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Modelli per prendere le decisioni (capitolo 6)
Prendere una decisione significa risolvere una situazione rispetto ad un dato problema. Bisogna decidere se
andare al cinema o vedere quale film vedere. Significa anche eliminare una situazione di incertezza.
Ci sono varie tipologie di decisioni: bisogna situare il problema decisionale, contestualizzarlo e rispetto a
questo dire qual’è il modello decisionale più appropriato per risolvere la questione.
Bisogna prendere decisioni giuste o prendere decisioni in forma corretta?
Nell’azienda il capo contabile deve applicare le norme contabili (razionalità procedurale) e le cose si fanno
nel modo corretto, mentre inventarsi la strategia non è ne corretto ne incorretto. Son decisioni però hanno
una logica decisionale e di performance completamente diversa.
Simon sosteneva che ci sono le decisioni e le pseudo-decisioni: le decisioni son quelle che hanno
effettivamente un contenuto innovativo, rispetto la decisione di un problema. La pseudo-decisione è
l’applicazione di una routine.
Esempio. Prendo una decisione sul livello delle scorte e riempio i magazzini. Il capo magazziniere in base ai
programmi di produzione settimanale decide di ordinare 50 scatole di viti: la prima è un decisione richiede di
saper combinare molte informazioni, la seconda è una pseudo decisione.
Il lotto economico è economico perché utilizza il capitale di scorta con l’esigenza di alimentare la catena di
montaggio: ma è sbagliato perché si impiega il capitale. Nel punto d’incrocio c’è il lotto economico: come
trasformare la pseudo-decisione in una decisione? Con una dotazione tecnologica di un pc. Il sistema delle
due scatole: quando una scatola è vuota, egli sa che deve lanciare l’ordine. La dimensione è calcolata in base
alla quantità di assorbimento durante il periodo di approvigionamento. Ho trasformato la decisione con una
conoscenza in una pseudo-decisione.
Si prendono decisioni in condizioni di incertezza. La differenza fra rischio ed incertezza.
Con il rischio ha un elemento per calcolare una funzione di probabilità. La speranza matematica è il prodotto
di un valore con una probabilità. Quando non conosco le probabilità sono in una situazione di incertezza.
Nelle situazioni di rischio si possono proceduralizzare le decisioni, nelle situazioni di incertezza ho bisogno
di altri strumenti.
Io mi colloco con una logica di decisione razionale. Ho in mente una funzione di utilità, un dato di fatto (la
situazione da analizzare), calcolo delle probabilità e prendo la decisione che ottimizza o in senso determinato
o probabilistico che utilizza la mia funzione di utilità: sono un decisione razionale.
Nella decisione si risolve un gap fra situazione attuale e desiderata. Implica l’idea che ci sia qualcosa di
migliore rispetto alla situazione in cui ci troviamo.
Le decisioni dipendono dal grado di certezza, incertezza, rischio in una determinata situazione. La
complessità e la natura della decisione cambia a seconda del dato di contesto. Se si cambia un titolo
azionario, il rischio si calcola attraverso la variabilità, calcolata come dispersione sui dati storici. Ma le
performance passate non sono indicative di quelle future: nessuno può dire come andrà in futuro: siamo in
una situazione di incertezza.
Altra variabile è il tempo: ci possono essere decisioni di lungo e di breve periodo, i cui effetti potrebbero
manifestarsi tempi dopo. Più è di lungo periodo, più aumenta l’incertezza. Si pone un problema di previsioni
e di affidabilità delle previsioni.
L’investimenti in impianti non è che sono in assoluto irreversibili ma hanno un basso grado di reversibilità
(sostenendo sunk cost o costi affondati, non recuperabili): secondo Williamson è un investimento di tipo
idiosincratico, al di fuori di questa situazione ha un valore più basso, perchè è farm specific. Più lungo è
l’orizzonte di vita dell’investimento, maggiore è il grado di irriversibilità e idiosincrasia.
La rilevanza. Si parla di decisioni strategiche e di tipo routinario. Investire soldi sulle materie prime è di
tipo strategiche che ci dice il grado di accuratezza e di razionalità che devo dispiegare per prendere la
decisioni giusta da prendere.
La decisione programmata o pseudodecisiono: applico un argoritmo, non implica un calcolo.
Le decisioni non programate affrontanoinvece problemi non strutturati: una delle prime questioni è come
definire il problema, aspetto fondamentale dell’assunzione di decisione.
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La burograzia è un insieme di lavori routinaria. Organizzare un’azienda in maniera efficiente significa
creare routinarie, standardizzare e tutto ciò che risparmia in razionalità è un modo per aumentare la capacità
di un organizzazione nell’affrontare il problema. L’uomo ha razionalità limitata.
La burocrazia è un tipo di organizzazione che non impara dai propri errori, sono routine sbagliate. Ma di per
se l’affermazioen di una rountine significa risolvere un problema in maniera stabile. Quando la routine
non funziona più emerge il problema del cambiamento.
I modelli decisionali
1) il modello razionale normativo:
2) il modello euristico: l’euristica è uno strumento semplificato per affrontare la questione.
3) il modello garbage can: è il modello cestione della spazzatura che è un modello apparentemente casuale
di decisione che ha una sua logica.
4) il modello cibernetico
5) un modello inconscio- intuitivo.
Il modello razionale
Definisce una funzione di utilità e si propone di massimizzarla. Implica che io abbia chiaro qual’è il
problema e che conosca tutte le alternative.
- Che io sappia quali sono le alternative, che conosca effettivamente la mia funzione di utilità ovvero
obiettivi chiari;
- Che non ci siano vincoli in termini di scelta (vincoli monetari, ad esempio);
- massimizzazione del risultato ottenuto.
Nella valutazione delle alternative per sapere qual’è la relazione fra una decisione e l’effetto su determinate
grandezze: non solo conoscere la relazione di causa effetto, ma anche di quantificare questa relazione.
E’ il modello prescelto dall’Homo Aeconomicus.
Il modello euristico
Non conosco la funzione di utilità, gli obietivi, le alternative, ne quantificare relazioni di causa effetto: si
entra in una logica che invece di massimizzare ed ottenere un minimo di soddisfazione e faccio un calcolo
con una sua razionalità su un trade off per migliorare la qualità della decisione o rischio/probabilità che il
miglioramento non produce l’effetto dovuto. Invece di perdere tanto tempo per un risultato aleatorio decido
“a spanne” con una risultato soddisfacente.
Mi arresto nella ricerca di alternative e di informazioni alla prima soluzione accettabile.
L’unica informazione che è necessario sia nota è il prezzo: in un mercato efficiente è necessario conoscere il
prezzo. Non ci sono asimmetrie informative. Nel mercato non è così perchè ci sono asimmetrie informative.
L’informazione costa, mentre nella concorrenza perfetta è un’esternalità positiva. L’informazione è invece un
bene privato che costa.
In questo modello mi fermo alla prima scelta perchè la ricerca di informazione costa e l’unità ennesima è una
curva decrescente. E’ razionale essere soddisfacentisti perchè calcolo il trade off fra il costo di miglioramento
della decisione.
Le euristiche. L’euristica dice “a spanna” che ho una qualce probabilità di entrar alla ricerca della soluzione
corretta ma ci arrivo attraverso delle scorciatoie. Se io ho troppe informazioni devo trovare un criterio per
ridurle.
La tipica euristica è fare credito ad una persona in base alla prima impressione. Ad esempio, “è vestito in
maniera elegante, quindi ha dei costi” ma siccome funziona con una buona probabilità, applico questa
euristica.
Quindi riduco il numero di informazioni e alternative da analizzare.
Altra euristica è decidere sulla base di come viene prospettato un problema.Il modo di affrontarlo può
influenzare il modo in cui viene presa.
Il modello garbage can
Il modello garbage can è un modo di razionalizzare il fatto che nell’organizzazione vengono prese decisioni
in modo casuale. Si valutano le possibili soluzioni e le possibili alternative. Un problema è che problemi e
soluzioni sono mescolate in maniera casuale. Prendere una decisione è combinare questi elementi che sono
estratti casualmente. C’è un problema che ha bisogno di una soluzione: può essere invertito; c’è una
soluzione che ha bisogno di un problema e il processo di decisione può avvenire in maniera casuale.
Il fatto che ci sono delle potenzialità per risolvere i problemi.
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Il modello cibernetico
La cibernetica nasce quando con la missilistica: con un missile si colpisce un aereo. Prima invece un cannone
fermo doveva colpire qualcosa. Quando invece ho due oggetti in movimento ho bisogno di un sistema capace
d’apprendere in grado di fare delle ipotesi o delle congetture per individuare la posizione dell’obiettivo dato
il percorso del missile.
Dietro c’è un processo di decisione che procedere per aggiustamenti, per errori. Tali sistemi devono
scegliere un punto fisso, una scelta e che serve come punto di partenza per fare una serie di calcoli
complessi. Il modello cibernetico è un modello incrementale che si avvicina alla soluzione per progressivi
aggiustamenti sia attraverso un sistema di feedback che sistemi di riferimento.
Si tratta di trovare delle routine, degli strumenti di apprendimenti. E’ anche un modello che copia. Il
processo di decisione cercando di vedere la soluzione.
Il modello inconscio intuitivo
Il modello inconscio intuitivo che è il contrario della razionaltà e sviluppa l’intuizione. La capacità di
decidere a fronte di un problema complesso, con pochissime informazioni ed elementi, ma sviluppando la
visuale d’insieme del problema (visione ghestatica).
Tale metodo cerca di sviluppare la capacità di sintesi delle persone, piuttosto che all’analisi.
Bias decisionali ed euristiche
1) errori nella selezione e nella definizione del problema: molte conseguenze partono da questi errori;
2) errori nella generazione e valutazione delle soluzioni;
3) errori nell’attuazione delle decisioni.
C’è poi il problema dei comportamenti e passaggi di gruppo.
1) Un primo errore è l’ancoraggio. Si emette un giudizio e facciamo delle approssimazioni che ci impedisce
di vedere la vera natura del problema. Il punto di partenza del giudizio è errato ed ha di fronte a se un velo.
Esempio: Manuale di Marketing/ Albergo. Da un segno esteriore si inferisce dalla sua capacità di pagare e
della sua onestà: ma cambiando le mode, si potrebbero commettere errori.
Errori di ancoraggio possono essere ridotti da routine e procedure a livello aziendale.
Gli uomini sono più noti delle donne. Potrebbe esserci sia un errore di ancoraggio: l’attenzione è stata attirata
più dai nomi famosi che dagli altri nomi. L’accoppiamento rispetto al genere avviene in base al quale c’è un
file che dà un senso a quel nome. C’era più disponibilità delle figure maschili elencate che rispetto a quelle
femminili.
Esempio 2. Ci siamo fatti attrarre dalle caratteristiche della persona e non abbiamo pensato alla possibilità di
estrarre l’individuo dalla popolazione. Ci sono elementi di distorsione che si porta ad analizzare un
problema in maniera errata. Abbiamo trascurato la frequenza nella popolazione italiana di queste cose. Ci
sono varie informazioni, ma siamo portati a selezionare quelle più disponibili o in base agli ancoraggi.
2) Errori di disponibilità:
Nelle euristiche c’è un altro effetto importante che è l’effetto framing che è il modo in cui viene presentato
il problema.
I piani vengono presentati con logica più o meno positivistica.
Quando abbiamo una prospettiva positiva quando siamo dei conservatori. Siamo portati a prendere una
decisione poco rischiosa di fronte a dei guadagni, siamo portati ad assumere dei rischi quando invece siamo
di fronte ad una perdita.
Il modo in cui si presenta la cosa può rendere difficoltoso per l’altro dire di si o di no.
Il framing serve a capire qual’è il ruolo del framing nel prendere una decisione e nei processi di
negoziazione.
Nelle decisioni di gruppo, le variabili sono:
- meno tempo si ha, meno è possibile analizzare le alternative, anche quelle scartate.
- la numerosità del gruppo: se eccessiva, rende difficile prendere una decisione condivisa;
- la disposizione delle persone: lungo un tavolo, in cerchio; la disposizione è importante. Assumere una
posizione dominante aiuta ad imporre la decisione;
- per i comportamenti: ci portano a vedere alcuni concetti relativi alle distorsione nei gruppi.
1) il conformismo:
2) il group think:
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In alcuni gruppi, alcuni aspetti prevalgono su altri: l’unanimità rispetto alla qualità della decisione. E’ il
tentativo di avere una decisione di gruppo, un pensiero unico, a discapito di una decisione migliore che
dovrebbe analizzare tutte le alternative, si scartano, si rivalutano in un processo lungo e razionale. Ma in
alcuni gruppi (numerosi, poco tempo, ecc.) è difficile.
Emergono quindi alcune patologie:
1) emerge una dimensione di gruppo e di coesione che nasce dal confronto con gli altri gruppi;
2) il gruppo come migliore oppure come il gruppo che sta facendo il lavoro migliore: illusione di moralità.
Ma ciò non è a favore di prendere una migliore decisione, ma una decisione unita.
Conformismo: è il idea più ampia, si può manifestare all’interno del gruppo, ma è più ampio. Il fatto che le
pressioni che ci sono da parte della maggioranza, portano le persone ad allinearsi alle stesse anche se hanno
idee diverse. Ciò penalizza il processo decisionale e penalizza chi ha un pensiero minoritario. Si ricorda
l’esperimento di Asch. Il 75% delle persone cambiava idea.
All’interno dei gruppi c’erano meccanismi per presa di decisione, e alcune persone non partecipavano:
- si sentivano allineate;
- il gruppo premeva, e non solo il leader, affinchè non si ridiscutesse la decisione già presa: chiusura
mentale e pressioni per l’uniformità. La critica è limitata; quando va contro una buona decisione.
Altre figure:
- guardiani del pensiero: se alcuni si prendono l’incarico di criticare le idee diverse, qualcuno che quando
emergono le critiche si sente tutelare le idee del gruppo ed eliminarle. Cerca comunque di prendere la
decisione insieme;
- c’erano delle idea killer qualcuno che muove critiche in termini distruttivi. Elimina possibili alternative di
scelta in modo non razionale. L’idea killer ammazza le idee, è diverso dal guardiano del pensiero; è uno che
sta sempre fuori dal gruppo.
- l’avvocato del diavolo è un critico costruttivo e può essere una tecnica personale, al fine di far progredire
la decisione, resistente alle critiche. L’obiettivo è capire se la critica che viene mossa può far bene alla
decisione oppure no.
La polarizzazzione: quando prende una decisione all’interno del gruppo trova la forza per spostare il peso
della propria decisione, più o meno rischiosa. Ci aspettiamo che la quantità di rischio nel gruppo è una media
dei rischi individuali (fra quelli con alta e bassa avversione al rischio). Avvengono comunque effetti di
polarizzazione e spostamento del rischio medio della decisione media.
Per prevenire questi fenomeni: Cercare di far intervenire tutti. la ricchezza dei punti di vista può generare
migliori decisioni. Provocare atteggiamenti critici (simile all’avvocato del diavolo). I sottogruppi non per
creare confusione o conflitto ma per lavorare su specifici aspetti, costruiti all’interno dei gruppi di lavoro.
Oppure rimettere in discussione delle decisioni prima di assumerle definitivamente: sarebbe opportuno
rivedere se le decisioni fossero corrette o meno.
Storming: è una tecnica decisionale, un modo per avere il maggior numero di idee permettendo a tutti di
esprimerle, non avendo idea killer; bisognerebbe scrivere tutte le idee, e per altri è possibile costruire le idee
proposte. La migliore decisione avviene comunque per rindondanza di idee: la ricchezza delle idee migliora
la decisione alla quale si può arrivare.
Gruppo nominale: il brainstorming ha il limite del tempo. Un metodo alternativo è questo, ovvero nominale
come “formale”, è un modo di decidere individuale che ha a che fare con una presentazione delle proprie
idee sul giro di tavolo. Non c’è discussione sulle proprie idee. C’è un elenco e vota l’idea che appare più
convincente (senza discussione critica) e permette d’arrivare alla decisione in tempi abbastanza rapidi.
Il gruppo Delphi è una tecnica utilizzata più complessa, perché intervengono esperti che possono essere
addirittura lontani. Gli individui (che sono opinion leader e possono avere punti di vista molto diversi)
rispondono tramite questionari, mentre il leader misura la variabilità delle risposte e doveva scegliere fra le
alternative chiuse, riducendo la complessità, basandosi sulle risposte ricche basate su gruppi diversi.
Possibile prevalenza della minoranza - Anche la minoranza può influenzare il pensiero della minoranza,
rimanendo con una posizione ferma, influenzando la decisione sulla minoranza. Ad esempio, con
l’ostruzionismo.
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Potere: i gruppi sono coalizioni. Emerge la dimensione politica: la differenza fra manager e leader è che
quest’ultimo ha il potere, al di là della sua autorità. L’ostruzionismo, lo sciopero sono modalità per
aumentare il proprio potere. Non c’è il diritto di serrata, non può chiudere l’azienda per ricatto.
Solo le aziende che non hanno un organizzazione non sessista ed hanno un apertura verso le donne, allora le
aziende che hanno questo tipo di orientamento che ad un certo punto arrivano ad aumentare un certo numero
di persone femminili nel Consiglio di Amministrazione. La relazione causa effetto non è questo: l’apertura ai
team manager e poi nel CdA.
Stessa cosa vale per i consiglieri indipendenti: uno che non risponde agli ordini del padrone, ma che porta
la sua competenza e la sua professionalità. Le minoranze svolgono un ruolo di contrastare il group think:
“famiglia” ecc.
Il conflitto fa bene: senza conflitto non c’è apprendimento. La morte del group think è eliminare il
conformismo.
Alcuni fattori importanti:
1) tempo:
2) il pericolo delle soluzioni già sviluppate (viene prima la risposta al problema che la definizione del
problema stesso);
3) il ruolo dei diversi punti di vista;
Il tempo
Nelle decisioni negoziali il limite di tempo è decisivo: quando non è stabilito, non si finisce mai.
La “riunionite”: la produzioni di riunioni dalle riunione. Deve essere stabilito un orario di fine, perchè
sapendo che c’è un vincolo di tempo, il modo di lavorare cambia in funzione di quell’obiettivo. Ciò dipende
dalla complessità del problema, che è ambiguo e che forse è necessaria una certa rindondanza. La variabile
tempo deve essere gestita da noi e non dagli altri.
Il favorito implicito
E’ una soluzione predeterminata e prestabilita, una modalità attraverso cui il leader e il gruppo tende a
trovare argomenti in favore di un idea, piuttosto che favorire delle alternative. La sua riflessione è trovare
argomenti che consolidino una decisione che aveva già preso. Il favorito implicito è un buyers sia ex ante
che ex post la decisione.
Quello di generare alternative è non censurare alcuna idea perché significa favorire altre alternative. Il
brainstorming è l’assenza di giudizio nel momento di generazione delle idee.
Influenze post decisionali
Un momento importante è il pentimento post decisionale detto pianto il coccodrillo. Ci possono essere
ragioni ambientali; come il costo di exit il fatto di revocare una decisione sono fondi affondati
nell’affrontare una decisione. Militari in Afganistan: l’impegno post decisionale è così elevato, per via degli
altri costi di uscita, mi costringe ad aumentare le risorse.
La logica di mediare: si spera che salgano e intanto compro. Se si abbassa il prezzo di carico (esempio della
Borsa), credendo che si rialzi il prezzo, raggiungerò prima il punto di pareggio.
Effetto escalation del committment.
La sindrome di giocatore d’azzardo: si valutano diversamente le opportunità di guadagno che i rischi di
perdita. E’ l’esempio di “salvare la faccia”. La Ford decise per la linea dedicata, ma si sopravvalutò la
capacità d’entrare nel segmento.
La matrice di Rowe e Bulgarides
Lo stile decisionale dipende da due cose:
- le caratteristiche del decisore;
- il modo il cui ci si rapporta alla decisione.
Le due variabili sono la tolleranza per l’ambiguità: in che misura si ha capacità di sopportazione verso una
situazione di carattere ambiguo. Secondo uno studioso canadese, la teoria dell’equa retribuzione, e ha
formulato in termini empirici una correlazione molto alta fra la retribuzione e il tempo di autonomia del
decisore, ovvero il tempo che passa dal momento in cui viene presa la decisone e il momento il cui il
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superiore dice che la decisione è corretta. Un operaio alla catena di montaggio è 0, mentre l’amministratore
delegato ha un tempo minimo di un anno, da un’assemblea all’altra.
La capacità di sopportare l’ansia di sapere se ha fatto una cosa giusta o sbagliata ovvero la capacità di stare
in una situazione ambigua sotto il punto di vista della correttezza.
Si può avere un livello di tolleranza bassa e un modo di pensare più sul razionale o più intuitivo ed inconscio
intuitivo. Abbiamo il modello direttivo definito da una bassa tolleranza per l’ambiguità e un modo di pensare
razionale:
1) il ruolo direttivo;
2) analitico; ho bisogno di ricercare le informazioni, essere sicuro, prendere le decisioni per affrontare
problemi nuovi, mentre lo stile direttivo è diverso. C’è uno stile decisionale di tipo concettuale quando
associamo un ruolo direttivo e un’alta ambiguità.
Spesso i creativi concettuali sono confusionali.
Il modello relazionale: nel momento in cui decide cerca il consenso del gruppo. Lavora molto sul gruppo. Ha
una bassa tolleranza all’ambiguità e un modo di pensare intuitivo.
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