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OSSERVATORIO ASTRONOMICO GALILEO
GALILEI
28019 SUNO (NO) - Tel. 032285210 – 335 275538
apansuno @ tiscalinet.it
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BOLLETTINO N. 331
Mercoledì 15 gennaio 2014, dopo le ore 21, in osservatorio, per i tradizionali incontri del terzo
mercoledì di ogni mese si parlerà delle stelle variabili. Al termine, se il cielo sarà sereno, si potranno
fare delle osservazioni al telescopio.
La Luna sarà di un giorno prima del plenilunio e sarà visibile tutta sera. Sarà molto luminosa. Si
potranno vedere le costellazioni invernali. Data la presenza della Luna sarà difficoltoso riuscire a
vedere nebulose e galassie ma si potranno scorgere gli ammassi stellari.
Giove sarà visibile nei Gemelli vicino alla Luna. Marte sorgerà a tarda notte nella Vergine.
Saturno sarà visibile al mattino nella la Bilancia. Venere sorgerà poco prima del Sole nel Sagittario.
Mercurio tramonterà poco dopo il Sole nel Capricorno.
RECENSIONI
MARGARET WERTHEIM
TUTTI PAZZI PER LA FISICA
Anelli di fumo, circloni e teorie alternative del tutto
Edizioni Dedalo 2013
Pag. 304 – 14x21 cm -€ 16.00
Nel 1993 Jim Carter, proprietario di un campo di roulotte nelle
vicinanze di Seattle, annunciava la pubblicazione di un libro che
ambiva a descrivere una teoria fisica totalmente alternativa per
spiegare la gravità, la materia, la tavola periodica degli elementi e la
stessa origine dell’Universo.
Negli ultimi 15 anni, Margaret Wertheim ha collezionato i lavori di Jim
Carter e di altri «outsider della fisica» per lo più privi di un’educazione
formale ma convinti di aver trovato la vera teoria definitiva
dell’Universo. Questo libro analizza il rapporto della fisica teorica con
il mondo contemporaneo, cercando di definire i confini non sempre
chiari tra scienza e pseudoscienza.
Scopriamo così che i teorici fai-da-te non sono una caratteristica dei nostri giorni. Il fenomeno era
presente già nell’Ottocento: ne è testimone il celebre matematico Augustus De Morgan, che colleziona
centinaia di esempi di quelli che lui stesso battezza «paradossisti».
Il libro si conclude con un paragone provocatorio tra la pseudoscienza e la teoria delle stringhe: se è
vero, come affermava Sir Arthur Eddington, che il giudice supremo delle validità di una teoria è
l’osservazione sperimentale, che cosa distingue l’infinità di varianti della teoria delle stringhe dagli
universi inventati dagli outsider? In entrambi i casi, per riprendere le parole di Albert Einstein,
l’immaginazione è diventata più importante della conoscenza.
A cura di Silvano Minuto
MERIDIANE E QUADRANTI SOLARI
Continuiamo dal numero precedente l’esame dell’orologio della cattedrale di Messina
Figura n. 2: MESSINA - Cattedrale, Campanile con orologio astronomico e fontana di Orione.
(continua)
A cura di Salvatore Trani
CONSIGLI PER L’OSSERVAZIONE
PEGASO
Alfa – Markab
AR 23h 05m – D + 15° 12’ - mag. 2.5 – sp. A0
In arabo significa “spalla”, segna l’angolo sud ovest del “Grande Quadrato del Pegaso”. Il colore è
bianco e la classe spettrale A0. Dista 140 anni luce ed è 150 volte più luminosa del nostro Sole.
Beta – Scheat
AR 23h 05m – D + 15° 12’ – separazione 108“ e 253“ – m. 2.4 – 11.6 – 9.4 – AP° 211 – 98
Il nome dovrebbe significare “parte anteriore” riferito alle gambe del cavallo. Occupa l’angolo nord
ovest del quadrato. E’ una stella di colore rosso, mediamente 330 volte più luminosa del Sole e
distante 200 anni luce da noi. La sua luminosità varia tra le mag. 2.1 e 2.7 con periodi irregolari. Fu
una delle prime stelle di cui si tentò di misurare il diametro, che risulta essere tra 200 e 450 volte
quello solare, in relazione al variare della sua luminosità. Per un confronto possono essere utilizzate le
stelle: Alfa And (mag. 2.1), Alfa Peg (mag. 2.5) e Gamma Peg (mag. 2.8).
Si rivela molto simile a Betelgeuse in Orione anche se di minor luminosità e dimensione. Scheat è
anche una stella tripla con componenti di mag. 11.6 e 9.4 distanti rispettivamente 108” e 253”. A
causa el contrasto di luminosità con l’astro principale, si tratta di due oggetti difficili da rintracciare.
Epsilon – Enif
AR 21h 44m – D + 09° 52’ - mag. 2.3 – sp. K0
E’ la stella più luminosa della costellazione. In arabo il nome significa “naso” el cavallo. Supergigante
arancione di mag. 2.3 si trova a 670 anni luce da noi e brilla 4000 volte più del Sole. Nel campo si
osservano due stelle di mag. 11.5 e 8.8 distanti 81” e 140” che pare non formino un sistema fisico.
Appaiono nelle descrizioni lasciateci da Herschel. Enif viene
Utilizzata per ricercare l’ammasso globulare M 15 che si trova 4.1 gradi a nord ovst.
R Pegasi.
AR 23h 06m – D + 10° 32’
Variabile tipo Mira che passa dalla mag. 6.9 alla 13.8 in 378 giorni. Il suo colore è rosso arancio e si
può rintracciare a 1.1° a nord della stella 55 Peg, di mag. 4.54.
Ngc 7078 M 15
AR 21h 30m – D + 12° 10’
Dimensione 12.3’ – mag. 6.0
Ammasso globulare
L'oggetto più affascinante del Pegaso.
E' uno degli ammassi globulari più
belli e interessanti. Risulta al limite
della visibilità ad occhio nudo; nei
binocoli appare come una macchia
nebbiosa di forma circolare. Si trova a
4.1 gradi a nord ovest di epsilon Peg.
Una stella di mag. 6.1 è molto vicina,
a 17' ad est. Risulta molto compatto e
chi ha la possibilità di utilizzare uno
strumento di 20 cm. di diametro può
distinguere un nucleo concentrato e
brillante circondato da un diffuso alone. Le stelle più luminose sono di mag. 14.4 e quindi al di sopra
delle possibilità della maggior parte degli strumenti amatoriali. Dovrebbe contenere 500.000 stelle ed
essere distante 42.000 anni luce.
NGC 7177
AR 22h 01m – D + 17° 44’
Dimensioni 3.0’ – mag. 11.2
Galassia barrata che si può tentare di
osservare con uno strumento di 15-20
cm di diametro. Occorrono condizioni
di cielo veramente buoi e l’utilizzo di
buoni ingrandimenti.
NGC 7217
AR 22h 08m – d + 31° 22’
Dimensioni 3.5 x 3.0’ – mag. 10.1
Galassia a spirale vista frontalmente. Per la sua
ricerca vale quanto detto per NGC 7177. A causa
della sua forma questo oggetto può essere
scambiato per un piccolo ammasso globulare.
NGC 7331 - AR 22h 37m – D + 34° 25’
Dimensioni 10.5x3.7’ – mag. 9.5
Può essere individuata a poco più di 4° a Nord di
beta Peg. E' una bella galassia vista con
inclinazione intermedia che assomiglia molto a M
31 in Andromeda, anche se le sue dimensioni
angolari sono notevolmente più piccole. La
luminosità centrale può essere già vista con un
buon binocolo che fornisca almeno 20
ingrandimenti. Nei piccoli strumenti l'alone
centrale diventa nettamente visibile. I particolari
sono però difficili da osservare in quanto si tratta
di un oggetto molto esteso con bassa luminosità
superficiale. Si trova a circa 50 milioni di anni
luce di distanza. Nelle vicinanze, mezzo grado a
sud, è posizionato il famoso "Quintetto di
Stephan", troppo debole per i nostri strumenti ma
che viene attentamente studiato dagli astronomi
perché pare che i componenti, seppur collegati
da ponti di materia, mostrino delle velocità radiali
di allontanamento diverse.
NGC 7479
AR 23h 05m – D + 12° 19’
Dimensioni 4.0’ – mag. 10.8
Galassia barrata di cui è visibile distintamente
solo la zona centrale. Si trova a meno di 3° a sud
della stella Alfa e quindi, la sua posizione, risulta
facilmente individuabile
MORTO L’ASTRONOMO HALTON ARP
Si oppose alla teoria del Big Bang
Halton Christian Arp (New York, 21 marzo 1927 – Monaco
di Baviera, 28 dicembre 2013) è stato un astronomo
statunitense, dal 1983 al Max-Planck Institute di Monaco.
È noto per il suo Atlas of Peculiar Galaxies pubblicato nel
1966 che (ma questo sarebbe apparso evidente solo in
seguito) cataloga molti esempi di galassie in interazione.
Arp è anche noto per essere un critico della teoria del Big
Bang, sostenendo invece una cosmologia non in linea con
il modello accettato dalla maggioranza dei suoi colleghi, in
particolare per quanto riguarda il redshift, lo spostamento
verso il rosso.
Consegue la laurea all'Università Harvard nel 1949, e il
Ph.D. al Caltech nel 1953. In seguito diventa membro del
Carnegie Institute di Washington nel 1953, conducendo
ricerche all'osservatorio di Monte Wilson e all'osservatorio
di Monte Palomar.
Nel 1955 Arp divenne assistente di ricerca presso l'Università dell'Indiana; più tardi, nel 1957, entrò
nello staff del Palomar, dove ha lavorato per 29 anni. Esperto di distanze astronomiche, ha osservato
da Palomar soprattutto i quasar e certe galassie particolari: per le sue ricerche ha vinto l' American
Astronomical Society's Helen Warner Prize, riservato a scienziati che si siano distinti prima del
compimento del loro trentacinquesimo anno.
Nel 1983 si trasferisce in Europa e si unisce allo staff dell'Istituto Max Planck a Monaco di Baviera in
Germania dove continua a svolgere la sua attività scientifica fino al giorno della sua morte (28
Dicembre 2013).
Un suo importante campo di indagine astronomica riguarda le quasar, oggetti cosmici con un
elevatissimo redshift. Secondo la teoria dominante, la teoria di Maarten Schmidt, ciò può significare
solo una cosa: questi oggetti si stanno allontanando da noi ad altissima velocità e si trovano agli
estremi confini dell'universo. Ma secondo Arp, se si evidenziano nelle foto e nelle rilevazioni i
collegamenti tra i quasar ad elevato redshift ed alcune galassie a basso redshift, ecco che decenni di
teorie e revisioni cadono. L'ipotesi di Arp, che egli espose nel 1960, è che le quasar siano oggetti
locali eiettati dal nucleo di galassie molto attive.
Arp evidenzia come in alcune fotografie appaiano evidenti legami fisici fra le quasar e altre galassie,
che secondo la legge di Hubble sono molto più vicine a noi di quanto non dovrebbero essere le
quasar in questione. Inoltre Arp fa anche notare come le quasar non siano uniformemente diffuse
nell'Universo a noi noto, piuttosto tendono a concentrarsi in zone dello spazio angolarmente poco
distanti da un determinato tipo di altre galassie. Galassie vicine, caratterizzate da forti emissioni radio
e da una particolare morfologia, come la M87 e la NGC 5128, sembrerebbero confermare l'ipotesi di
Arp.
L'implicazione dell'ipotesi è che il redshift di queste quasar debba avere un'origine non cosmologica, o
intrinseca.
Arp spiega il redshift con la teoria della relatività generale di Albert Einstein e la teoria di Narlikar del
1977 secondo la quale la massa delle particelle (e per estensione dei corpi che di particelle sono
formati) aumenterebbe progressivamente nel tempo. Se ne deduce che una delle innumerevoli cause
del redshift sarebbe quindi l'età delle particelle. Arp cita anche la teoria della quantizzazione del
redshift come spiegazione del redshift delle galassie.
Nei suoi libri, Arp spiega alcune delle ragioni che lo portano ad criticare la teoria del Big Bang, citando
le sue ricerche sulle quasar.
LA NEBULOSA IC 410 NELL’AURIGA
Astronomy Picture of The Day (APOD) è un archivio redatto a partire dal 1995 da Robert Nemiroff e
Jerry Bonnell. L’archivio APOD contiene la più grande raccolta di immagini astronomiche ed ognuna di
esse è corredata da una breve descrizione fatta da esperti. Per visionare l’archivio basta digitare in
internet la sigla “APOD” e di seguito l’indice. Immagine pubblicata l’8 novembre 2013
Immagine pubblicata il 9 gennaio 2014
I girini di IC 410 – Costellazione dell’Auriga – 12.000 a.l. di distanza.
Immagine in falsi colori di questa nebulosa ad emissione che evidenzia due formazioni dalla forma
molto strana.
E’ stata realizzata utilizzando diverse immagini riprese con filtri a banda stretta, che mettono in
evidenza atomi di zolfo (in rosso) di idrogeno (in verde) e ossigeno (in blu). Parzialmente oscurati dalla
polvere in primo piano, si osserva la nebulosa NGC 1893, un giovane ammasso galattico di stelle che
eccita il gas della nebulosa.
MORTE DI UNA COMETA
Che cosa ci ha insegnato il passaggio di ISON
La cometa ISON non ha resistito al calore e alla
gravità del Sole e si è disintegrata. Ma
l'osservazione dell'evento ha permesso di ricavare
preziose informazioni sulla costituzione di queste
visitatrici celesti.
La fine della cometa C/2012 S1, meglio nota come
ISON, dissoltasi durante il suo luminoso
passaggio vicino al Sole il 28 novembre scorso,
ha deluso chi sperava che si qualificasse come
"cometa del secolo".
Ma per gli astronomi, osservare ISON mentre andava incontro al suo destino ha permesso di
studiarne la struttura e la composizione e ottenere così un quadro più chiaro dei processi che ne
hanno causato la sua distruzione in vicinanza del Sole.
La cometa ISON era un intruso per il sistema solare interno: proveniva infatti dalla Nube di Oort, a
circa un anno luce di distanza. La sua traiettoria l’ha portata entro tre raggi solari dalla superficie della
nostra stella, classificandola tra le comete radenti. “Prima d’ora non avevamo mai osservato una
cometa radente proveniente dalla Nube di Oort”, ha dichiarato Karl Battams del Naval Research
Laboratory di Washington. “È stato un evento senza precedenti”.
Scoperta nel settembre del 2012, nella sua corsa verso il Sole ISON ha innescato una campagna
osservativa di proporzioni inusitate. Telescopi di tutto il mondo e 13 osservatori spaziali, nonché
centinaia di astrofili dilettanti, hanno dedicato alla cometa le loro osservazioni per diversi mesi.
All’inizio, non era chiaro se sarebbe sopravvissuta all’incontro con il Sole, diventando visibile a occhio
nudo. Alla fine, la cometa si è dissolta sotto l’effetto di un intenso calore e di forze di marea, con
grande delusione degli appassionati. Eppure osservando la disgregazione fatale di ISON, i ricercatori
hanno capito di più sul perché è collassata.
Una delle delusioni maggiori è stata legata al fatto che ISON ha aumentato la sua luminosità dopo
aver superato il Sole, alimentando la falsa speranza che fosse sopravvissuta a questo passaggio
ravvicinato, noto come perielio. Analizzando attentamente i video ripresi da satellite, gli scienziati
hanno formulato una teoria sul perché ciò sia accaduto.
“Una possibile spiegazione è che la frammentazione sia avvenuta prima che il nucleo raggiungesse il
perielio”, ha sottolineato Geraint Jones dello University College di Londra. Se si è frantumata
precocemente, i pezzi si sono dispersi per effetto delle forze di marea impartite dall’interazione col
Sole: i più vicini sono stati attratti più intensamente per effetto della gravità, mentre i frammenti più
lontani sono rimasti indietro per effetto della minore attrazione gravitazionale.
Una volta superato il perielio, lo stesso processo è avvenuto con effetto opposto. Quando la nube si è
aggregata nuovamente per breve tempo, probabilmente la luminosità della massa è aumentata per
poi affievolirsi nuovamente.
In realtà qualcuno riteneva che ISON avesse una chance di sopravvivenza perché nel 2011 un’altra
cometa radente, chiamata C/2011 W3, o Lovejoy, ha resistito a un passaggio ancora più vicino al
Sole.
Confrontando le osservazioni delle comete, gli scienziati hanno formulato un'ipotesi su questa
differenza. “La Lovejoy non proveniva della Nube di Oort”, spiega Battams. “Quindi dev’essere
passata vicino al Sole almeno un paio di volte, costruendosi una sorta di pelle spessa": lo strato più
esterno di ISON era grezzo e forse volatile, mentre Lovejoy era stata bruciata dal Sole, acquisendo
una crosta più dura e coriacea, in grado di resistere al calore e all’attrazione del Sole.
Un altro fattore potrebbe essere la dimensione di ISON. È difficile determinare l’ampiezza del suo
nucleo, e le migliori stime vengono dalle osservazioni effettuate dalla sonda Mars Reconnaissance
Orbiter (MRO) della NASA a ottobre, quando ISON ha compiuto il suo passaggio più ravvicinato a
Marte.
Sulla base di quelle osservazioni, si ritiene che il nucleo di ISON avesse un diametro di meno di 600
metri, il che lo renderebbe un oggetto relativamente compatto. “Per questo, la sua frantumazione e la
sua evaporazione non sono sorprendenti”, ha sottolineato Alfred McEwen dell’Università dell’Arizona a
Tucson, principal investigator della camera HiRISE (High-Resolution Imaging Science Experiment)
dell'MRO.
Più di un mese dopo il flyby con Marte, ISON è passata vicino a Mercurio, intorno al quale orbitava la
sonda MESSENGER, che ha potuto condurre migliaia di misurazioni spettroscopiche, permettendo lo
studio della costituzione dell’oggetto. Le osservazioni hanno rivelato le firme caratteristiche di
carbonio, ossigeno, zolfo, sodio e altri elementi presenti nel nucleo di ISON.
“Si tratta di un insieme di dati molto ricco e abbiamo solo iniziato ad analizzarlo”, ha detto Ralph
McNutt, dell’Applied Physics Laboratory della Johns Hopkins University, nel Maryland, project
scientist di MESSENGER. “L'aspetto più interessante è il numero di linee del carbonio che si possono
osservare in questi spettri: alcune di queste strutture spettrali non sono mai state identificate”.
Sebbene sia ormai distrutta, ISON potrebbe avere ancora qualcosa da insegnare: i team dei telescopi
Hubble, Spitzer e Chandra stanno infatti tutti valutando la possibilità di studiare le polveri lasciate dalla
cometa.
La campagna di osservazioni di ISON è stata anche una palestra perfetta per osservare in futuro un
altro avvicinamento cometario degno di nota. Nel 2014, una cometa della Nube di Oort chiamata
C/2013 A1, o Siding Spring, dovrebbe entrare nel sistema solare; sorvolerà molto da vicino Marte,
dove la camera HiRISE diMRO dovrebbe essere in grado di ottenere un’immagine con una
risoluzione più alta di quella delle immagini di ISON, rese poco nitide dalla distanza. “Sarà la nostra
prima immagine ad alta risoluzione di una cometa di lungo periodo”, ha spiegato McEwen. “Con essa
speriamo di rispondere a importanti domande sulle differenze tra comete di lungo periodo e comete di
breve periodo”.
Fonte. Rivista Le Scienze
LE COSTELLAZIONI CHE NON CI SONO PIÙ
Le costellazioni hanno subito variazioni e modifiche nel corso dei secoli, alcune sono nate in epoche
medioevale e altre sono definitivamente scomparse nei secoli successivi.
Emisfero australe : QUADRATO
Ideata da Allard, nel 1706, si trovava vicino alla Grande Nube di
Magellano
Fonte UAI
FLY ME TO THE MOON
Il cratere Canon
Nella regione dei Monti Appennini possiamo osservare il cratere "Conon", una formazione circolare
isolata di 22Km situata nei Montes Apenninus.
Ha versanti abbastanza scoscesi e alte pareti. Il fondo piatto è poco esteso con una piccola collina
centrale. La sua formazione risale al periodo Copernicano (da -1.1 miliardi di anni ad oggi). Il periodo
migliore per la sua osservazione è al primo quarto oppure 6 giorni dopo la Luna piena.
Alcuni dati:
Longitudine: 2.0° Est
Latitudine: 21.6° Nord
Quadrante: Nord-Est
Area: Regione dei Monti Appennini
Origine del nome:
Dettagli: Conone di Samo
Matematico e astronomo greco del 4° secolo a.C. nato in Grecia
Nato a: Samo nel 301 a.C.
Fatti notevoli: Amico di Archimede. Ideatore della costellazione 'Chioma di Berenice'. Autore di 7 libri.
dedicati all'astronomia.
Autore del nome: Sconosciuto
Nome dato da Langrenus: Nome non assegnato
Nome dato da Hevelius: Nome non assegnato
Nome dato da Riccioli: Nome non assegnato
Nelle foto una ripresa amatoriale del cratere "Conon". Lo strumento minimo per poter osservare
questo cratere è un rifrattore da 60mm.
.Davide Crespi
IL SOLE DEL 08/01/2014 RIPRESO DA GIUSEPPE BIANCHI
Ieri ho voluto provare, nonostante le pessime condizioni atmosferiche, la mia nuova ASI 120
monocromatica, purtroppo lo stazionamento approssimativo, il continuo passaggio di veli di nubi, la
polvere, tantissima, che è depositata sul sensore, il seeing mediocre e il manico scarsino, hanno
contribuito a far si che le immagini non siano particolarmente riuscite.
Secondo me comunque, anche da queste immagini si possono intuire le potenzialità della camera,
sicuramente con altre condizioni atmosferiche e con un po’ più di risoluzione, le riprese ad
ingrandimento più alto le ho fatte con il Vixen 102ED e la barlow apocromatica 2X, con il 150 della
TecnoSky o il C9 ¼, sono convinto che si possa fare molto meglio.
Comunque non si poteva non riprendere la AR 1944, una gruppo di macchie che copre più di 200.000
Km di superficie solare, visibile con il Sole basso sull'orizzonte anche ad occhio nudo.
Nell'immagine la granulazione è appena percepibile cosi pure i filamenti nella penombra, pazienza, se
dovesse venire, prima che tramonti una bella giornata tenterò di rifarla.
Oggi il NOAA ha stimato la possibilità per la AR 1944 l'80 % di probabilità di dare origine a un
brillamento di classe M e il 50% di classe X, magari se siamo fortunati e il cielo si rasserena potrebbe
capitare che come tanti anni fa si possa vedere qualche aurora anche alle nostre latitudini
Giuseppe Bianchi
LA NEBULOSA ROSETTA
Vi invio il primo oggetto ripreso in questo 2014.
Le pose purtroppo sono poche a causa delle condizioni meteo che sono variate durante la sessione
fotografica: sono 7 pose da 7 minuti ciascuna, riprese con Canon Eos Rebel XT 350D, guidate con
Magzero MZ5.
Riprese effettuate con il mio Newton C8N (appena tornato da collimazione) su montatura Skywatcher
NEQ-6 Pro.
Alessandro Segantin
CONSIDERAZIONI SULLE COMETE
Ad oggi, ottobre 2013, sono 293 le comete periodiche note e catalogate come tali, quindi che sono
subalterne sicuramente alla stella Sole, ovvero il Sole occupa un fuoco dell'orbita ellittica, quindi
destinate a tornare nei pressi del Sole una volta ogni tanti anni quanto il periodo di rivoluzione intorno
al nostro astro del giorno.
Le orbite delle comete possono essere di qualsiasi tipo di conica, in pratica le forme cometarie sono
infinite nelle forme che possono anche cambiare per incontri con altri corpi nel lontanissimo o vicino
spazio.
Con riferimento ai dati orbitali, per definizione si dice che una cometa è retrograda quando
l'inclinazione dell'orbita "i" è maggiore di 90 gradi e gira attorno al Sole nel senso contrario a quello
dei pianeti, come la più famosa delle comete la 1P/Halley.
Mentre se l'inclinazione dell'orbita è meno di 90 gradi, si dice diretta, e vuol dire che gira attorno al
Sole nel senso di tutti gli altri pianeti, come la 2P/Encke.
Dall'esame attento degli elementi orbitali si può presumere se una cometa si presenta per la prima
volta al giro di boa attorno al Sole, e sono oggetti celesti poco affidabili nella loro apparizione perché
tra di loro diversa è la composizione chimico-fisica.
Per questo sono oggetti del Cielo fantastici !
Interessante è la statistica delle comete visibili ad occhio nudo od addirittura visibili di giorno. Si
proprio con il Sole sopra all'orizzonte !
Per quanto riguarda le comete visibili ad occhio nudo mi permetto una statistica personale. Delle 77
comete da me osservate ,dal 1957 ad oggi ottobre 2013, in 56 anni ho visto solo 14 comete ad occhio
nudo.
Quindi posso concludere che ogni 4 anni appare (statisticamente !) una cometa visibile ad occhio
nudo, 56 : 14 = 4.
Da ultimo vediamo le comete visibili di giorno, neppure una vista da Uranio. Dalla prima storicamente
nota per essere stata visibile di giorno quella el 43 a.C. ad oggi, solamente 14 comete sono state
osservate, con certezza, anche di giorno, quindi 2013 + 43 = 2056 anni, poi, per concludere 2056 : 14
= circa 147 anni.
Possiamo affermare che Il genere umano deve aspettarsi una cometa visibile anche di giorno ogni
147 anni circa ! (sempre statisticamente !)
Uranio
OSSERVATORIO DI SUNO
Le coordinate dell’osservatorio sono:
45° 36’ 16” Nord
08° 34’ 25” Est
Hanno collaborato:
Silvano Minuto
Salvatore Trani
Davide Crespi
Sandro Baroni
Giuseppe Bianchi
Alessandro Segantin
Vittorio Sacco
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