4 - K. MARX 1. Una valutazione del marxismo 2. La concezione

4 - K. MARX
1. Una valutazione del marxismo
2. La concezione materialista della società e dialettica della storia
3. L’ideologia
4. Il Capitale: l’analisi dell’economia capitalista
5. La teoria politica: dalla società capitalista alla società comunista
4 - K. Marx – Materialismo storico e futura società comunista
1. Una valutazione del marxismo
L’opera di Karl Marx (1818-1883)1 ha avuto una duplice valenza: politica e
culturale e sotto entrambi gli aspetti ha esercitato un’importante influenza per il
Novecento.
Dal punto di vista politico il marxismo ha rappresentato per tutto il Novecento la
fonte di ideologie politiche che hanno ispirato partiti politici, sindacati, stati e,
tramite questi, ha contribuito alla creazione di buona parte dei movimenti
collettivi del secolo scorso.
Uno storico italiano, M. Salvadori, nel valutare il ruolo svolto dal marxismo sotto
l’aspetto politico ha scritto, all’inizio degli anni novanta in contemporanea ,
dunque, con il disfacimento dell’impero sovietico, che: “Il pensiero di Marx che si può giudicare in molti modi ma a cui non si può certo negare di aver
segnato una delle massime tappe del pensiero umano - costituì il tentativo di
inglobare in un'unica sintesi, sottoponendole al tempo stesso ad una critica e
distruttrice e purificatrice, tutte le grandi tendenze, tutti i grandi miti e tutte le
grandi idee dell'epoca: l'idea di rivoluzione come produttrice di felicità ed
eguaglianza (ricavata dalla Grande Rivoluzione e dalla critica dei suoi limiti);
l'idea della possibilità di un progresso materiale illimitato (fondata sullo
spettacolo mai visto della moltiplicazione dei beni prodotta dall'incipiente
processo di industrializzazione e sulla convinzione di poterne annullare i
difetti dovuti alla forma capitalistica); l'idea della potenziale definitiva
fraternità del genere umano (radicata insieme nel cosmopolitismo illuministico
e rivoluzionario, nell'esempio fornito dallo sviluppo incessante del mercato
internazionale e nella fiducia nella capacità del proletariato di dare alla
fraternità il suo definitivo mezzo di affermazione); l'idea che la violenza
abbia un ruolo ineliminabile nel mutamento politico-sociale in corrispondenza
sia della natura oppressiva dello Stato sia dell’incompatibilità degli interessi
fra le classi fondamentali (basata su una lettura di tutte le lotte sociali del
passato culminate nei conflitti emersi nel corso delle rivoluzioni borghesi in
Inghilterra e Francia e prodotti dallo sviluppo capitalistico); l'idea che la
rivoluzione proletaria moderna potesse essere opera soltanto delle masse
proletarie, educate dai punti alti del progresso economico, politico e sociale,
unite con le minoranze intellettuali radicali (fondata sugli insegnamenti,
ancora una volta, delle rivoluzioni moderne e dei loro sviluppi in Inghilterra
e in Francia); l'idea, infine, che l'incontro fra rivoluzione, masse proletarie ed
intellettuali socialisti di tipo nuovo potesse condurre da ultimo l'umanità al
raggiungimento di quella armonia fra individuo e collettività, Stato e Stato,
nazione e nazione, razza e razza che aveva costituito il nobile sogno di tutti
1
Per la vita e le opere vedi pag. 86.
61
coloro che avevano desiderato la pace universale, la fine della miseria materiale, la felicità collettiva. La potenzialità «religiosa» di una simile dottrina era
immensa. [...]
... il progetto marxiano, coperto sotto il manto della scienza, si rivelò
come una delle più gigantesche utopie della storia, non dissimile, nella sostanza,
da quelle di Platone, Moro e Campanella. Ma questo stesso pensiero - e qui è
una delle chiavi decisive per comprendere il marxismo -, se nella unitarietà dei
suoi nessi costituiva una gigantesca utopia, conteneva in sé la capacità di produrre squarci di geniale intelligenza della storia passata e presente, che hanno
avuto una enorme influenza sulla cultura contemporanea e hanno contribuito
a rendere tanto importante la presenza del marxismo non solo come «religione» sociale, non solo come fonte di ideologie politiche ispiratrici di grandi
movimenti collettivi, ma anche come componente decisiva della cultura
contemporanea: e presenza quasi schiacciante. Insomma, se nella sua unitarietà
ha svolto essenzialmente un ufficio religioso di grande efficacia pratica,
utilizzato per singole parti il marxismo ha dato luogo da un lato alla fecondazione (per assimilazione o per rigetto) di gran parte della scienza economica e
sociale contemporanea e dall'altro alla fondazione dei vari «marxismi».
... i vari marxisti finirono per dar luogo a un'ondata di successive
«revisioni» del pensiero del loro grande maestro, producendo in tal modo
diversi «marxismi». Orbene tutti questi revisionisti, con la sola eccezione di
Bernstein, non soltanto continuarono a chiamarsi orgogliosamente marxisti,
ma presentarono la loro opera revisionistica nei termini di restaurazione del
«vero» marxismo o di aggiornamento necessario. D'altro canto mi sembra
indubitabile che i revisionisti stessi erano i primi a credere nella verità
«globale» di quel marxismo che pure essi vivisezionavano, a credere che il
marxismo in quanto forza rivoluzionaria si sarebbe evirato se avesse messo da
canto la sua promessa di totale palingenesi umana e sociale.
Per questo suo carattere utopico il marxismo può o deve essere considerato
quale un mito fuori dall'ambito della storia reale? In effetti, il progetto utopico
marxiano, come tutti i grandi progetti utopici, non avrebbe potuto esercitare
un così grande ruolo storico se non avesse realmente risposto alle aspirazioni di
grandi masse e delle élites postesi a capo di esse. Sicché, se per un verso si può
assimilare il marxismo alle grandi religioni, bisogna però subito sottolineare che
esso è diventato tanto efficace nella nostra epoca perché, a differenza delle grandi
religioni tradizionali, si è presentato come una «religione» in grado di
confrontarsi con i problemi della modernità e di ancorare il proprio messaggio di
salvezza a un orizzonte non oltremondano, ma mondano.... A un gran numero
di vittime del capitalismo, del colonialismo, dell'imperialismo il marxismo è
riuscito con una efficacia unica a trasmettere la convinzione che i mali di cui
esse soffrivano costituivano non un prodotto naturale e inevitabile del destino,
ma il prodotto di particolari modi storici dell'organizzazione della vita sociale,
e quindi la convinzione che si potesse dare la scalata a quel cielo che per le
religioni tradizionali restava una promessa legata alla morte. Il marxismo si è
presentato come una promessa di vita in questa terra ed è riuscito a far leva
sulla convinzione - che era anche la convinzione e la grande passione di Marx che si potesse, con l'organizzazione politica e l'azione cosciente, prima
combattere e poi rovesciare e cambiare le strutture costruite dalle classi
dominanti per la difesa dei propri privilegi. Questa diffusa coscienza generata
dal marxismo che l'uomo può dominare la costruzione del proprio ambiente
anziché esserne dominato per legge di natura o legge della società, che i mali
sociali non debbono più essere accettati dalla coscienza civile come una fatalità
costituisce indubbiamente una delle grandi rivoluzioni del nostro tempo e il
contributo non perituro che il marxismo ha dato alla civiltà universale.” (M.L.
Salvadori “L’utopia caduta”, Laterza, 1991).
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Scindere la coscienza generata dal marxismo della necessità di giungere a
controllare “il potere sociale” per poterlo volgere alla realizzazione dell’uomo
“onnilaterale”, di cui parla Marx, dalla promessa utopica di una società nuova, o
meglio ancora, di una strategia per la sua realizzazione con i suoi dogmi (la guida
infallibile del partito) o i suoi culti (il culto dei capi), alimentata soprattutto dai
diversi marxismi, sembra oggi inevitabile, dopo che essa è stata usata per
imporre immensi sacrifici per la sua realizzazione, anche se per la verità tale
strada era già stata intrapresa da non pochi marxisti non ortodossi.
“La capacità di produrre squarci di geniale intelligenza della storia passata e
presente”, di cui parlava Salvadori è, invece, legata alla valenza culturale
dell’opera di Marx che è stata fondamentale non solo per elaborare il nostro
A – ______________________ __________________________ del marxismo
______________________________________
______________________________________
promessa ________________________________________________
______________________________________
A differenza _____________________________: ______________________________________________________________________
Aspetti negativi: _________________________+___________________________ (vedi ______________________________ - Storia)
Aspetti positivi: 1 - ________________________________________________________________________________________________
2 - ________________________________________________________________________________________________
B – ______________________ __________________________ del marxismo
________________________________________________________________________________________________________________
Freud: __________________________________________________________________________________________________________
1 - ______________________________________________________________________________________________________
2 - ______________________________________________________________________________________________________
3 - ______________________________________________________________________________________________________
4 - ______________________________________________________________________________________________________
________________: _______________________________________________________________________________________________
1 - ______________________________________________________________________________________________________
2 - ______________________________________________________________________________________________________
3 - ______________________________________________________________________________________________________
modo di vedere la storia, ma anche per quanto riguarda il nostro modo di
comprendere la società e l’uomo. L’importanza dell’opera di Marx da
questo punto di vista è stata riconosciuta nel Novecento da molti autori che
non si possono affatto considerare marxisti. Tra le interpretazioni più
suggestive del ruolo avuto dal pensiero marxiano vi sono sicuramente quelle
di Freud e Ricoeur.
S. Freud (1856-1939) ha visto nella cultura moderna una progressiva
liberazione “dall’illusione narcisistica” che, fondata sull'amore infantile che
l'uomo nutre per sé, si è espressa in tutte quelle concezioni che ponevano
l’uomo al centro dell’universo e/o finalizzavano quest’ultimo all’uomo. Si
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tratta di una scorretta valutazione dell’uomo che si esprime, ad esempio, nel
pensiero religioso nel ritenere l’uomo un essere perfetto, perchè immagine
di Dio o re del creato, perchè il mondo è stato creato per lui, e nelle visioni
idealistiche nel ritenere l’uomo, in quanto dotato di coscienza, un essere
non condizionato dalla natura. Tale processo, iniziato da Copernico, che ha
inflitto la prima grande “umiliazione” universale alla nostra specie, scalzando la
terra dal suo ruolo centrale nell’universo, è stato proseguito da Darwin, che ha
“accorciato” le distanze fra l'uomo e il mondo animale, mentre Marx con il suo
materialismo storico ha svelato, al di là dei paraventi ideali, i moventi
economici della storia. L’ultima, la quarta, delle “umiliazioni” del narcisismo è
quella della psicoanalisi freudiana stessa, che ha mostrato come l'io dell'uomo
non sia affatto il sovrano incontrastato della psiche, essendo per lo più manovrato
da forze emotive ed inconsce.
P. Ricoeur (1913-2005), invece, ha visto in Marx, insieme a Nietzsche e Freud,
uno dei “maestri del sospetto”. Maestri del sospetto in quanto condividono un
atteggiamento che li porta a scorgere al di sotto della superficie delle
giustificazioni e delle razionalizzazioni via via elaborate una dimensione della
realtà non indagata, anzi tenuta nascosta, finendo in questo modo per insinuare
un sospetto su alcuni degli atteggiamenti prima condivisi da tutta la cultura
europea. Così, mentre Nietzsche ha messo in dubbio che la morale rappresenti
qualcosa di eterno, universale ed assoluto, svelando la sua funzione di
asservimento del singolo al gruppo sociale, e Freud che il nostro comportamento
sia diretto da motivazione razionali ritenendolo, invece, condizionato da impulsi
inconsci, Marx ha, invece, messo in dubbio che le idee, i valori, la cultura siano
qualcosa di indipendente dalle condizioni storico-sociale in cui si manifestano,
insinuando il sospetto che la storia spirituale (la cultura, i valori, i modi di vedere
il mondo) sia condizionata dalla vita materiale, ovvero dal modo in cui la società
si organizza.
Ecco allora che mentre con Marx scopriamo che per comprendere e determinare
l'essere del soggetto dobbiamo partire dalle condizioni materiali e dai rapporti
sociali e produttivi, e con Nietzsche che il soggetto altro non è che la maschera
dietro la quale si nasconde la profonda illusione del pensiero metafisico, che
induce l'uomo a credere nell'esistenza di verità immutabili, con il pensiero di
Freud che la vita psichica dell'io non è contenuta e non si esaurisce nella
coscienza, perché al di là di questa si nasconde un autentico abisso, l’inconscio
un luogo psichico, sede di desideri inappagati e inibiti, rimossi dalla coscienza,
che rende l’io sconosciuto a se stesso.
Scrive Ricoeur: “Il filosofo educato alla scuola di Descartes sa che le cose sono
dubbie, che non sono come appaiono; ma non dubita che la coscienza non sia
così come appare a se stessa; in essa, senso e coscienza del senso coincidono; di
questo, dopo Marx, Nietzsche e Freud, noi dubitiamo. Dopo il dubbio sulla cosa,
è la volta per noi del dubbio sulla coscienza.” (Della interpretazione. Saggio su
Freud)
LE OPERE DI MARX
Manoscritti economico-filosofici (postumo, 1932)
Ideologia tedesca (postumo, 1932)
Manifesto del partito comunista (1848)
Lineamenti fondamentali di critica dell'economia politica, cosiddetti Grundrisse (postumo, 1939)
Capitale (I Vol. 186,7 il secondo e il terzo uscirono postumi, a cura di Engels, rispettivamente nel 1885 e nel 1894)
La guerra civile in Francia (1871)
Critica del Programma di Gotha (1875)
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LA CONCEZIONE MATERIALISTA
DELLA SOCIETÀ E DIALETTICA
DELLA STORIA
2. La concezione materialista della società e dialettica della storia
3.1 La critica alla visione idealistico-religiosa e naturalistica dell’uomo
3.2 La società: struttura e sovrastruttura
3.3 La storia: la concezione dialettica della storia
3.4 L’uomo: uomo alienato e uomo onnilaterale
LA CRITICA ALLA VISIONE IDEALISTICORELIGIOSA E NATURALISTICA DELL’UOMO
L’originalità della prospettiva marxiana è forse rimarcabile sottolineando come
Marx rifiuti sia la prospettiva idealistico-religiosa, per cui nell’uomo e nella
storia agiscono forze spirituali come tali non riconducibili al solo uomo materiale
o alla natura, sia alla prospettiva naturalista che vede nell’uomo il frutto della
sola evoluzione naturale. In effetti, la visione della storia, della società e
dell’uomo di Marx si è venuta elaborando con il suo progressivo distacco da
Hegel (1770-1831) e da Feuerbach (1804-1872), in quanto rappresentanti della
prospettiva idealista2 l’uno e naturalista l’altro3.
La critica al metodo idealistico avviene sulla base delle argomentazioni già
elaborate dalla sinistra hegeliana e in particolare da Feuerbach; per Feuerbach la
maniera idealistico-religiosa di rapportarsi al mondo consiste sostanzialmente in
uno stravolgimento dei rapporti reali per cui ciò che è originario diventa derivato
e viceversa. Tale capovolgimento avviene nella religione che fa dell’uomo un
prodotto di Dio, mentre nella realtà è l’uomo che ha prodotto Dio, ma anche
nell’idealismo hegeliano che pone come originaria l’Idea, ciò che consente al
nostro pensiero di conoscere la realtà, riducendo la realtà a una sua
manifestazione. Allo stesso modo secondo Marx il metodo hegeliano consiste
nel costruirsi il concetto astratto di Spirito partendo dall’analisi delle istituzioni,
della cultura della morale reali, finendo per fare di esse una manifestazione dello
Spirito, una personificazione di una realtà spirituale che se ne sta occultamente
dietro di loro. In questo modo i concetti, ad esempio quello di stato, invece di
essere utilizzati come semplici strumenti per l’esame dei fatti, delle istituzioni,
degli uomini concreti diventano enti reali, i veri soggetti della storia.
Il superamento dell’idealismo deve avvenire per Marx, come già per Feuerbach,
ri-capovolgendo ciò che l’idealismo ha capovolto, ovvero ponendo come
originaria la realtà e non ciò che le nostre indagini su di essa scoprono, l’uomo
2
In filosofia si parla di «idealismo», in senso lato, a proposito di quelle visioni del
mondo, come ad esempio il platonismo e il cristianesimo, che privilegiano la dimensione
«ideale» su quella «materiale» e che affermano il carattere «spirituale» della
realtà «vera». Inoltre l'idealismo costituisce, come abbiamo visto, il nome di una
corrente filosofica post-kantiana che si originò in Germania nel periodo romantico e
che ha tra i suoi protagonisti Fichte, Schelling e Hegel. In quest’ultimo, che è
l’incarnazione più tipica dell’idealismo tedesco, esso emerge nella tesi per cui l’Idea
rappresenta il momento iniziale del processo che, attraverso la sua negazione nella
natura, conduce allo Spirito assoluto in cui l’Idea, nella cultura umana, prende piena
coscienza di sé. Secondo l’idealismo, quindi, lo Spirito è il principio unico di tutto e al
fuori di esso non c'è nulla.
3
La formazione filosofica di Marx è avvenuta all’interno della cosiddetta “sinistra
hegeliana” di cui Feuerbach costituisce il filosofo più rappresentativo. L’espressione
“destra e sinistra hegeliana” indica la spaccatura che si venne a creare tra i giovani
intellettuali tedeschi seguaci di Hegel alla scomparsa del maestro. Mentre la destra
hegeliana accentuava gli aspetti conservatori e religiosi del pensiero di Hegel, mettendo in
secondo piano gli aspetti immanentistici dell’hegelismo per cercare di armonizzarlo con il
cristianesimo, la sinistra, invece, vedeva nei testi di Hegel un invito alla critica della
religione e dell’esistente fondato sul presupposto che la realtà più che coincidere con la
razionalità, come voleva Hegel, coincida con un processo in cui è chiamata a farsi
razionale.
65
Marx rifiuta le prospettive:
A - ________________________________
(Hegel)
Uomo = frutto di _____________________
B - ________________________________
(______________________)
Uomo = frutto _______________________
concreto, reale e non lo Spirito. All’interno di questa prospettiva, che era comune
alla sinistra hegeliana, si affermava un atteggiamento materialista volto a mettere
al centro dell’attenzione non tanto ciò che è razionale ma ciò che
è reale, non tanto le idee ma gli interessi e i bisogni degli uomini reali.
Il naturalismo di Feuerbach appare a Marx una prima forma di superamento
dell’idealismo. Secondo Feuerbach, rinunciando a ricorrere ad elementi
sopranaturali e a identificare l’uomo in un’astratta razionalità, occorre
identificare la realtà primaria dell’uomo nella natura. L’uomo, che deve diventare
l’oggetto della filosofia, è l’uomo reale che si presenta come un’entità psicofisica condizionata dal corpo e dalla necessità di entrare in rapporto con il mondo
e con gli altri per soddisfare i propri bisogni.
Per Marx l’equazione uomo = natura operata da Feuerbach va però superata in
quanto continua a considerare, come l’antropologia tradizionale, l’uomo come
un’entità atemporale, fornita di proprietà immutabili. Il principale merito
LE CRITICHE DI MARX ALLE CONCEZIONI
A - ___________________________________
Critiche: 1_______________________________________________________________________________________________________
religione: _______________________________________________________________________________________
Hegel: __________________________________________________________________________________________
2 ______________________________________________________________________________________________________
Superamento: _____________________________________________________________________________________________________
B - ______________________________________
Critica: __________________________________________________________________________________________________________
Superamento: _____________________________________________________________________________________________________
di Feuerbach consiste, agli occhi di Marx, nella rivendicazione della naturalità e
concretezza degli individui umani viventi e nel rifiuto dell'idealismo teologizzante
di Hegel, che ha ridotto l'uomo ad autocoscienza e a manifestazione di un
soggetto spirituale infinito. Pur avendo sottolineato la naturalità dell'uomo (e
questo è il passo in avanti rispetto ad Hegel), Feuerbach (e questo è il passo
indietro rispetto a lui) ha perso di vista la sua storicità, non rendendosi debitamente
conto che l'uomo, più che natura è società, e quindi storia, in quanto «l'essere umano
non è un'astrazione immanente all'individuo singolo», bensì «l'insieme dei
rapporti sociali» (“Tesi su Feuerbach”,1845). Marx sostiene che l'individuo è reso tale
dalla società storica in cui egli vive, per cui non esiste 1'«Uomo» in astratto,
l’uomo naturale, ma l'uomo figlio e prodotto di una determinata società e di uno A – IL MARELISMO _______________
specifico mondo storico.
MATERIALISMO STORICO = l’uomo frutto di
Marx qualifica il suo materialismo come materialismo storico il quale consiste
nell’affermazione che l’uomo è il frutto di un processo storico-sociale.
Già Feuerbach aveva sostenuto l’origine relazionale dell’uomo affermando che
“l’io non si dà senza il tu”, dal momento che l’uomo singolo non ha in sé
l’essenza totale dell’uomo che gli è data solo dalla comunione con l’altro. La
relazione dell’io con l’altro è per Feuerbach a fondamento sia della vita che del
pensiero, poiché, scrive Feuerbach “Le idee scaturiscono soltanto dalla
comunicazione, solo dalla conversazione dell'uomo con l'uomo. L'uomo si eleva al
66
___________________________________
Feuerbach:
l’origine _________________________
(Io
_____) dell’uomo
concetto, alla ragione in generale, non da solo, ma insieme con l'altro. Due uomini
occorrono per creare l'uomo, sia l'uomo spirituale sia quello fisico: la comunione
dell'uomo con l'uomo è il primo principio e il primo criterio della verità e della
validità universale. La certezza che esistano altre cose al di fuori di me è ottenuta
attraverso la certezza che esiste al di fuori di me un altro uomo. Di quello che vedo da
solo, non posso far a meno di dubitare: è certo soltanto quello che anche l'altro
vede” (“Principi della filosofia dell’avvenire” 1844).
Anche questa dimensione relazionale va, per Marx, superata affermando
l’essenza sociale dell’uomo che ne costituisce con la storicità la
caratteristica principale. Il m a t e rialismo storico intende, infatti, riferirsi a
quel profondo carattere storico e sociale dell'uomo per il quale i suoi bisogni, la
sua cultura, la società da cui il singolo trae il proprio carattere, sono condizionati dal processo storico. Capovolgendo l'idealismo in materialismo, si deve
capovolgere la tesi hegeliana per la quale il vero soggetto storico non è l'uomo, ma
lo Spirito che in lui si esprime acquisendo coscienza di sé. Si avrebbe tuttavia
torto se si indicasse (come fa Feuerbach) nell'individuo il vero soggetto storico,
in opposizione alla astrattezza dello Spirito. Il singolo uomo, infatti, è a sua
volta influenzato dal movimento storico, non lo domina e non ne esprime
compiutamente il carattere. La storia ha una dimensione più ampia. E necessario
riconoscere che il soggetto più autentico della storia è l'insieme collettivo dei singoli uomini, al cui interno ciascuno vive ed acquista coscienza di sé.
Lo studio dell'uomo non può dunque arrestarsi all'antropologia
feuerbachiana, perché non si dà un uomo universale, ma esistono solo
singoli uomini appartenenti a un certo contesto storico-sociale che ne
orienta il carattere e ne determina i rapporti. L'uomo non è un essere
semplicemente naturale, esclusivamente figlio di un ordine oggettivo e
biologico: la sua più profonda natura è storico-sociale, nel senso che il
mondo autenticamente umano nasce in risposta agli impulsi che il singolo
subisce nelle relazioni con gli altri uomini, ma all'interno di una società
storicamente determinata, dotata di una precisa cultura e di un suo sistema di
bisogni e di valori che finiscono per determinare le stesse relazioni. Infatti,
l'uomo è sì un ente naturale, perché appartiene al grande regno della natura e
soggiace alle sue leggi, ma allo stesso tempo la natura stessa in qualche modo
Marx:
l’origine ___________________________
dell’uomo
Spirito, _______________________ e
_______________________________
Critiche all’_________________________
di Feuerbach:
1 ________________________________
2 _________________________________
HEGEL, FEUERBACH, MARX A CONFRONTO
- Spirito = _________________________
Hegel: __________________________________________________________________
_________________________________
__________________________________________________________________
_________________________________
- Natura = _________________________
Feuerbach: ______________________________________________________________
_________________________________
__________________________________________________________________
_________________________________
- _______________________________
Marx: __________________________________________________________________
(materiali ) = ______________________
___________________________________________________________________
_________________________________
che organizza un sistema per soddisfare i suoi bisogni (______________________)
è sua manifestazione, è "natura umanizzata", perché l'uomo la trasforma
incessantemente con il suo lavoro, la inserisce nella rete delle relazioni sociali,
trasformando le cose in merce, il terreno in proprietà privata, e così via.
67
Comprendere l'uomo significa studiare la società in cui egli vive per comprendere
quale dinamica sociale ne determina le caratteristiche e quale influsso ha sul sin- La natura _____________________
golo. Marx mostrerà che la radice ultima di questa dinamica è di natura economica. delle __________________________
La vita degli uomini è influenzata tanto dal rapporto con la natura (le basi
naturali della vita: clima, condizioni ambientali, disponibilità in natura di ______________________________
determinati beni, e così via), quanto dall'organizzazione sociale, ed i due aspetti
sono inscindibilmente connessi.
A – IL MARELISMO _______________
In un’ottica materialista l’uomo deve essere visto, secondo Marx, come un’entità
corporea dotata di un apparato percettivo-intellettivo che gli consente, attraverso
la capacità d’agire, di rapportarsi con il mondo esterno. Costitutiva dell’uomo è
questa capacità di agire, di istituire una prassi volta a modificare il mondo esterno
e con esso anche se stesso. Infatti, attraverso l’azione l’uomo instaura rapporti con
gli altri, modifica la natura e costruisce se stesso. L’attività dell’uomo si presenta
sempre come un’attività sociale, in quanto inserita nell’insieme delle attività degli
altri individui, ed è volta prima di tutto a organizzare un sistema di mezzi per
soddisfare i suoi bisogni. Bisogni cha appartengono dapprima alla sfera naturale
(mangiare, bere, coprirsi,....) ma che presto tendono a denaturalizzarsi, in quanto
vengono creati dal nuovo ambiente sociale determinato dall’utilizzo di quei
mezzi, per cui Marx può affermare che “tale produzione di nuovi bisogni è la
prima azione storica”. Infatti, questi bisogni e l’attività che essi promuovono non
possono essere considerati come istintuali, naturali, biologici quanto invece come
elaborati dalla società umana nella sua storia e da essa trasmessa agli individui
umanizzandoli. Così, ad esempio, la comparsa dell’attività cosciente, non
determinata da finalità direttamente biologiche, del linguaggio e, quindi, delle
“facoltà superiori” dell’uomo può essere rintracciata nel lavoro sociale della
costruzione degli strumenti.
Poichè l’attività dell’uomo è volta innanzitutto all’organizzazione di un sistema di
mezzi per soddisfare i suoi bisogni, attraverso la produzione di beni materiali e
intellettuali, tale sistema rappresenta anche l’elemento attorno a cui ruota l’intera
organizzazione sociale. Infatti, secondo Marx, all’interno di una società occorre
distinguere tra struttura e sovrastruttura.
La struttura di una società è di tipo economico ed è costituita dalla forma assunta
dall’organizzazione del lavoro sociale in un determinato periodo storico. Tale
organizzazione dipende da due elementi: il livello raggiunto dalle forze produttive
che sono rappresentate dalla forza lavoro, gli uomini che producono, i mezzi di
produzione, i mezzi utilizzati nel corso del processo produttivo, e, infine, dalle
conoscenze tecnico-scientifiche necessarie; inoltre essa dipende dai rapporti di
produzione, ovvero dai rapporti che si instaurano nel processo di produzione che
determinano la proprietà dei mezzi di produzione e la ripartizione di ciò che viene
prodotto.
I rapporti di produzione che storicamente si sono instaurati hanno dato luogo a
delle società classiste che hanno diviso gli uomini in due classi contrapposte: la
classe dominante, che possedendo i mezzi di produzione impone la ripartizione di
ciò che viene prodotto, e una classe sottomessa che provvede alla produzione
(mondo antico: liberi/schiavi; società feudale: nobili/servi della gleba; società
borghese: capitalisti/operai).
Se la struttura di un società è costituita da ciò che Marx definisce come “le
condizioni materiali”, ovvero le condizioni economiche e i rapporti sociali, la sua
sovrastruttura è rappresentata da ciò che egli indica come “le condizioni
spirituali” o anche “forme ideologiche” identificate nella politica (leggi e
istituzioni), nella cultura (intesa come l’elaborazione delle idee sul mondo da
parte della religione, dell’arte, della filosofia), infine la morale (valori e norme che
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LA SOCIETÀ: STRUTTURA E
SOVRASTRUTTURA
Capacità _______________________ e
_______________________ sociale
_____________________ e ___________
_____________ per soddisfarli
__________________ e _______________
non naturali ( ________________):
__________________________________
dell’uomo
La struttura _____________________:
1 - ________________________________
a - ________________________________
b - ________________________________
c - ________________________________
2 - ________________________________
determinati:
a________________ mezzi di __________
b__________________________________
le società ___________________________
La sovrastruttura
1 _________________________________
2 - ________________________________
3 - ________________________________
regolano il comportamento).
Con il termine sovrastruttura Marx intende chiaramente sottolineare la dipendenza
di questi elementi dalla struttura, dalle condizioni economiche-sociali. Infatti,
secondo Marx la politica, la cultura, la morale e con loro la coscienza degli
uomini mutano al mutare della struttura economico-sociale.
Marx nel descrivere i rapporti tra struttura e sovrastruttura utilizza due termini
quali, determinare e condizionare. Termini che indicano una dipendenza (della
sovrastruttura nei confronti della struttura), nel primo caso più immediata, nel
secondo più indiretta. In ogni caso Marx non sembra pensare a un rapporto
meccanico, di completa subordinazione della sovrastruttura, tant’è che definisce
la produzione di idee come “direttamente intrecciata” con le condizioni materiali
e quindi non passivamente determinata. (Per tali rapporti vedi la lettura Marx
“Materialismo storico e futura società marxista” e il cap. relativo all’ideologia,
sul ruolo delle idee nei mutamenti storici).
Se confrontiamo, ad esempio, le idee sulla morale o sulla funzione della famiglia
che gli uomini hanno avuto nel corso dei secoli, ci accorgiamo che quest'analisi
marxiana presenta elementi di verità indiscutibili. Un tempo, quando l'economia era
legata alla terra e al lavoro dei campi, la famiglia aveva una struttura patriarcale e
considerava l'elevato numero dei figli come una risorsa importante, in quanto si
trattava di braccia in più da impiegare nel faticoso lavoro agricolo. Oggi, in una
economia sempre più complessa e tecnologizzata, la famiglia patriarcale è stata
sostituita da forme differenti di convivenza, in cui è dato rilevare l'abbassamento
della natalità e la maggiore libertà nelle relazioni parentali, con grandi livelli di
autonomia dei figli rispetto ai genitori. Cambiano le condizioni storiche di vita e
cambiano anche i nostri modi di valutare le cose e i nostri comportamenti privati e
sociali. La sovrastruttura non ha una propria autonomia, ma dipende dalla
struttura materiale della particolare epoca storica.
Da questo punto di vista, il capovolgimento dell'idealismo in materialismo è
completo. Mentre per il primo la storia è essenzialmente "storia spirituale" e le
manifestazioni culturali dell'uomo hanno una loro vita autonoma e una loro ragione
interna (si dà quindi un'autonoma storia dell'arte, delle religioni, della
filosofia, della politica e della morale), per il materialismo marxiano le manifestazioni spirituali dell'uomo dipendono strettamente dall'evoluzione socio-economica
della realtà umana. Il compito dello studioso delle discipline che riguardano la
sfera spirituale dell'uomo è quello di studiare la radice sociale delle idee, perché
non le idee hanno una storia autonoma, ma solo l'uomo nella dinamica della
relazione sociali. Questa visione marxiana ha influenzato in modo
amplissimo la storiografia del novecento sia nel campo della storia politica,
sociale ed economica, sia nel campo della storia delle idee e dei prodotti
dello spirito umano.
Da quanto si è detto emerge chiaramente come il termine materialismo, usato da
Marx per denominare la propria dottrina, non alluda, come nel linguaggio
filosofico tradizionale, alla tesi metafisica secondo cui la materia è la sostanza e la
causa delle cose. Ma al convincimento secondo cui le vere forze motrici della storia
non sono di natura spirituale, come pensavano per lo più i filosofi precedenti, bensì
di natura socio-economica. In altri termini, quello di Marx è un materialismo storico
che si contrappone polemicamente all'idealismo storico. Soltanto con Engels
troviamo il materialismo inteso come dottrina complessiva dell'universo4.
4
F. Engels (1820 -1895) fu legato a Marx da un lungo rapporto di amicizia, di
collaborazione intellettuale (hanno scritto insieme alcuni testi) e di militanza politica (alla
guida delle prime organizzazioni operai) (vedi vita e opere). Per Engels, e sulle sue orme
per il marxismo sovietico, il materialismo e in particolare il metodo dialettico che esso
utilizza, deve essere inteso come un principio esplicativo non solo della realtà umana, ma
anche della totalità della natura. Durante lo stalinismo il materialismo dialettico divenne il
modello di razionalità a cui tutte le scienze dovevano adeguarsi, conseguentemente la sua
69
I ___________________________tra
struttura e sovrastruttura
la struttura _________________________
__________________________________
__________________________________
un esempio: ________________________
Il _______________________________
dell’Idealismo
Le radici ___________________________
delle _________________________
Materialismo ____________________ e
materialismo _______________________
Forze produttive e rapporti di produzione, oltreché rappresentare la struttura
della società, si configurano anche come lo strumento interpretativo della storia.
Marx ritiene, infatti, che ad un determinato grado di sviluppo delle forze
produttive tendano a corrispondere determinati rapporti di produzione e di
proprietà (ad esempio, rapporti di produzione di tipo feudale corrispondono a
forze produttive di tipo agricolo). Tuttavia i rapporti di produzione si mantengono
soltanto sino a quando favoriscono le forze produttive e vengono distrutti quando
si convertono in ostacoli o catene per le medesime. Ora, poiché le forze produttive,
in connessione con il progresso tecnico, si sviluppano più rapidamente dei
rapporti di produzione, che esprimendo delle relazioni di proprietà tendono a
rimanere statici, ne segue periodicamente una situazione di frizione o di
contraddizione dialettica fra i due elementi, che genera «un'epoca di
rivoluzione sociale».
Infatti, le nuove forze produttive sono sempre incarnate da una classe in ascesa,
mentre i vecchi rapporti di proprietà sono sempre incarnati da una classe
dominante al tramonto. Di conseguenza, risulta inevitabile lo scontro fra di esse,
che si gioca non solo a livello sociale, ma anche politico e culturale (sotto forma,
in quest'ultimo caso, di «battaglia delle idee»). Alla fine finisce quasi sempre
per trionfare la classe che risulta espressione delle nuove forze produttive, che in
tal modo riesce ad imporre la propria maniera di produrre e di distribuire la
ricchezza, nonché la sua specifica visione del mondo, poiché «le idee della classe
dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza
materiale dominante è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante»
(Marx-Engels “L’ideologia tedesca”, 1845-46).
Proprio perchè le forze produttive e i rapporti produttivi sono sempre legate
a determinati gruppi sociali Marx può affermare che il soggetto autentico
della storia è la lotta di classe. Come scrive nel “Manifesto del partito
comunista” (1848):” La storia di ogni società, esistita fino a questo
momento, è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni
e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori
e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una
lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una
trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle
classi in lotta”.
Così, ad esempio, il passaggio dalla società feudale alla società borghese
avvenne quando la borghesia riuscì a imporre il proprio modo di produrre, non
più fondato sull’agricoltura, superando i vecchi rapporti produttivi che
garantivano il dominio sociale dell’aristocrazia e del clero, grazie al loro
controllo della proprietà della terra. Con l’industrializzazione la borghesia
impose un nuovo modello produttivo e nuovi rapporti produttivi che grazie al
suo controllo dei mezzi produttivi le garantirono il dominio sociale. Il dominio
sociale borghese si espresse in un cambiamento della sovrastruttura con
l’affermazione di un nuovo modello di stato (lo stato liberale), una nuova
cultura (laica in opposizione alla visione religiosa tipica delle società
preindustriali), una nuova morale (fondata sulla laboriosità, sulla competizione,
ecc... (Per questi aspetti vedi E. Fromm “Il significato psico-sociale delle
dottrine di Lutero e Calvino”).
Analogamente, secondo Marx, nel capitalismo moderno si sta delineando una
contraddizione sempre più «esplosiva» fra forze produttive sociali e rapporti
di produzione privatistici. Infatti la fabbrica moderna, pur essendo proprietà di
un capitalista (o di un gruppo di azionisti), produce soltanto grazie al lavoro
collettivo di operai, tecnici, impiegati, dirigenti ecc. Ma se sociale è la
non accettazione bollata come “irrazionalità”, cioè follia, e come tale curata nei
manicomi.
70
B – IL MARELISMO _______________
LA STORIA: LA CONCEZIONE DIALETTICA
DELLA STORIA
Storia come superamento delle __________
_______________________ dialettiche
che generano periodi di ________________
___________________________________
contraddizioni che si esprimono:
1 sul piano economico come contraddizioni
tra ________________________________
e ________________________________
2 sui piani _________________________
____________________ come __________
_____________________
La storia come _______________________
Esempio _____
Esempio ______
produzione della ricchezza, sociale deve essere, secondo Marx, la distribuzione
di essa. Ma questo significa che il capitalismo porta in sé, come esigenza
dialettica, il socialismo. Infatti, Marx afferma che il capitalismo pone le basi
del socialismo, in quanto genera, per la prima volta nella storia, le «condizioni
oggettive» favorevoli ad una rivoluzione comunista mondiale.
La legge della «corrispondenza» e della «contraddizione» tra forze
produttive e rapporti di produzione permette, dunque, a Marx di delineare un
quadro generale della storia passata e presente, e di scandire il cammino
dell'umanità nel tempo secondo alcune grandi formazioni economico-sociali
qualificate da determinati modi di produrre, da specifici rapporti di proprietà,
da peculiari istituzioni giuridico-politiche e da corrispondenti forme di
coscienza. Marx distingue quattro «epoche» della formazione economica della
società: quella asiatica (fondata su forme comunitarie di proprietà), quella antica
di tipo schiavistico, quella feudale e quella borghese. Tuttavia, poiché sia
Marx che Engels accennano talora ad una «comunità primitiva» di stampo
comunista (sia intesa alla stregua di un tipo generale di cui la società asiatica
sarebbe un sottotipo, sia intesa come tipo distinto e a sé stante) si può dire che le
grandi formazioni economico-sociali individuate dai «classici del marxismo»
siano la comunismo primitiva, la società asiatica, la società antica, la società
feudale, la società borghese e la futura società socialista.
Sebbene queste epoche non costituiscano, a rigore, delle tappe necessarie, in
quanto molte società hanno saltato l'una o l'altra fase, è indubbio che esse
costituiscano, dal punto di vista di Marx, altrettanti gradini di una
sequenza che procede dal1'inferiore al superiore. Altrettanto indubbio è che la
storia, secondo i classici del marxismo, proceda dal comunismo primitivo
(comunque inteso o prospettato) al comunismo futuro, attraverso, il momento
intermedio della società di classe la quale si basa sulla divisione del lavoro e
sulla proprietà privata. Parimenti indubbio è che questo diagramma storico
dello sviluppo della civiltà poggi sulla tesi-convinzione del socialismo come
sbocco inevitabile della dialettica storica: «II comunismo per noi non è uno
stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà
conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di
cose presenti» (“L’ideologia tedesca”).
Il carattere «dialettico» del materialismo storico di Marx ed il suo persistente
legame con Hegel risulta dunque evidente. Infatti, anche per Marx, come per
Hegel, la storia si configura - formalmente - come una totalità, processuale
dominata dalla forza della contraddizione e mettente capo ad un risultato finale.
Però con questa notevole differenza di contenuto: che Marx ritiene di aver fatto
camminare la dialettica di Hegel «sui piedi», anziché sulla «testa», in quanto
il soggetto della dialettica storica non è più lo Spirito, ma la struttura
economica e le classi sociali 5.
Se possiamo considerare il materialismo storico, inteso come l’ottica che
presuppone l’origine storico-sociali delle attività umane e dà vita a una critica
5
Il rapporto di Marx con Hegel appare sicuramente alquanto complesso. In maniera
schematica possiamo dire che Marx rifiuta il sistema hegeliano e il suo metodo idealista
ma utilizza, adattandoli al proprio metodo materialista, molti dei concetti e delle categorie
introdotte da Hegel, quali, ad esempio, appunto la dialettica. Egli riconosce ad Hegel una
serie di meriti: 1) per aver concepito l'uomo in un'ottica storica e come risultato della
propria attività, ossia come «processo di autogenerazione»; 2) per aver compreso
l’importanza delle contraddizioni all’interno dello sviluppo storico; 3) per aver intuito
l'importanza del lavoro all’interno del processo auto-formativo. Inoltre Hegel e Marx
condividono, con gran parte della cultura ottocentesca (vedi il positivismo) l’idea che
la storia abbia una sua razionalità, una sua direzione progressiva, nonché entrambi
concordano nell’assegnare un primato alla dimensione collettiva che per Hegel
coincide con la sfera etico-culturale, mentre per Marx con la sfera socio-economica.
71
Le formazioni _______________________
__________________________________
1 _________________________________
2 _________________________________
3 _________________________________
4 _________________________________
5 _________________________________
La visione dialettica della storia:
1 _________________________________
2 _________________________________
Marx - ______________ e la concezione
della ____________________________
in comune: _________________________
___________________________________
in contrasto: ________________________
___________________________________
rapporto Marx - ______________ (vedi
nota 5)
fondata sull’analisi delle contraddizioni, alla base del contributo culturale del
marxismo, la concezione della storia, che Marx stesso ha definito materialismo
dialettico, può essere considerata ciò che ha consentito al marxismo di
trasformarsi in una grande “religione sociale”, come osservava Salvadori nel
testo citato all’inizio. Infatti, su questa concezione dialettica della storia
(comunismo primitivo
società classiste
comunismo finale), che fonda la
“fede” nella necessità storica del socialismo e la conseguente convinzione
della missione storica affidata al proletariato che lo deve realizzare, si è
innestata la concezione del partito-chiesa in quanto sola fonte di verità
poiché rappresenta l’autentica coscienza del proletariato. In nome di questa
fede che affidava loro una missione storica il partito-chiesa ha chiesto e
imposto a milioni di uomini il sacrificio della loro vita.
Il lavoro, per Marx, non rappresenta soltanto ciò attorno a cui si organizza la
società e da cui dipende la sua evoluzione storica, ma anche ciò che caratterizza
l’uomo, ne costituisce l’essenza. Scrive Marx:: ”La libera attività consapevole è il
carattere specifico dell’uomo”, identificando tale attività nelle attività produttive
definite le “attività vitali dell’uomo”.
Il lavoro rappresenta per Marx, innanzitutto, ciò che differenzia l’uomo
dall’animale, dal momento che le attività vitali dell’animale appaiono
inconsapevoli, prive di intenzionalità, mentre il lavoro umano essendo diretto da
un’idea, uno scopo si caratterizza come un’attività consapevole. Inoltre, il lavoro è
ciò che consente all’uomo di stabilire un rapporto con le cose del mondo,
trasformando la natura. Nell’intervenire sulla natura forgiandola secondo un
proprio scopo prefissato, l’uomo “umanizza” la natura, poiché la rende parte della
sua vita, e, viceversa la natura modifica l’uomo, lo “umanizza”, ne estende i
confini della conoscenza e ne soddisfa i bisogni. Il lavoro oltre a essere ciò che
consente di entrare in rapporto con il mondo è anche ciò che consente all’uomo di
oggettivizzare se stesso, le proprie capacità e, infine, ciò che lo mette in relazione
con gli altri.
Nelle società classiste il lavoro perdendo la caratteristica di libera e creativa
attività consapevole invece di essere ciò che valorizza l’uomo, la realizzazione
dell’essenza stessa dell’uomo, è diventato la causa della sua alienazione, ovvero
della perdita di se stesso, dell’abbrutimento del lavoratore. Alienazione che trova
la sua più evidente manifestazione nelle condizioni di lavoro degli operai
dell’industria capitalista. Infatti, l’alienazione dell’operaio riguarda in primo
luogo il prodotto della sua attività, di cui viene espropriato, finendo per produrre
un oggetto (il capitale) che non gli appartiene e che si costituisce come una
potenza dominatrice, invece di essere ciò che ne oggettivizza le qualità. In
secondo luogo il lavoratore è alienato rispetto alla sua stessa attività, che non è più
un momento di realizzazione dell’uomo, in quanto l’uomo non è più il fine, ma un
semplice mezzo, uno strumento di fini estranei (il profitto). Inoltre, in quanto il
lavoro dell’operaio non è il frutto di un’attività libera, diretta consapevolmente a
uno scopo esso rappresenta anche una alienazione dal genere umano, in quanto si
perde in questo modo la caratteristica più propria dell’essenza dell’uomo.
L’alienazione rispetto alla propria attività e quindi alla propria essenza finiscono
per comportare la reificazione, la trasformazione in cosa, dell’operaio stesso.
Infatti, nell’organizzazione di fabbrica l’operaio è costretto a divenire macchina
egli stesso, deve disumanizzarsi: deve divenire una cosa per lavorare bene, deve
ridursi ad essere, da uomo che è, pura forza lavoro. È questo il processo di
disumanizzazione che Marx descrive come reificazione, come un divenir cosa.
E che si tratti davvero di una cosa, lo si può osservare anche da questo, che le
stesse ore di lavoro sono una merce, che viene scambiata sul mercato del lavoro
come qualsiasi altra, sottoposta alle stesse leggi economiche.
Infine, in quarto luogo il lavoratore è alienato anche rispetto agli altri, perché
72
Materialismo _______________ = ______
___________________________________
valenza _________________ del marxismo
Materialismo _______________ = _______
___________________________________
valenza _________________ del marxismo
L’UOMO: UOMO ALIENATO E UOMO
ONNILATERALE
1'altro per lui, è soprattutto il capitalista, ossia un individuo che lo tratta come un
mezzo e lo espropria del frutto della sua fatica, facendo sì che il suo rapporto
con lui, e con l'umanità in genere, sia per forza conflittuale.
Alienato in tutta la sua attività lavorativa - quell'attività che dovrebbe invece Funzioni _________________ come
configurarsi come la realizzazione dell'uomo - l'uomo si sente libero «soltanto
nelle sue funzioni animali, come il mangiare, il bere, il procreare [...]. E invece ______________________________
si sente nulla più che una bestia nelle sue funzioni umane. Ciò che è animale
diventa umano, e ciò che è umano diventa animale» (“Manoscritti economici-filosofici
del 44”). Infatti, sebbene queste ultime, puntualizza Marx, siano «anche funzioni
schiettamente umane», esse, in quell'astrazione che le separa dalla restante
cerchia de1l'attività umana e le fa diventare scopi ultimi e unici, sono
IL LAVORO UMANO
- Il lavoro ___________________________________________________________________________________________________
1 _____________________________________________________________________________________________
2 _____________________________________________________________________________________________
3 _____________________________________________________________________________________________
4 _____________________________________________________________________________________________
Fattori che rendono il lavoro un processo di oggettivazione del soggetto:
1 _____________________________________________________________________________________________
2 _____________________________________________________________________________________________
- ___________________________________________________________________________________________________________
1 _________________________________________________perchè __________________________________________________
2 _________________________________________________perchè __________________________________________________
3 _________________________________________________perchè __________________________________________________
4 _________________________________________________ perché __________________________________________________
- Conseguenze _____________________________________________________________________________
1 _________________________________________________________________________________________
precondizione
2 _________________________________________________________________________________________
___________
3 _________________________________________________________________________________________
___________
4 _____________________________________________________________________________________________
funzioni animali. Tutto ciò stravolge il giusto essere, la giusta collocazione Estraneità al proprio ____, ____________,
dell'individuo. Anzi, nel corso della sua crescente alienazione, l'individuo è reso
______________
estraneo perfino al proprio io, al proprio corpo, al proprio prossimo: ogni uomo «è
reso estraneo all'altro uomo e [...] ciascuno di essi è reso estraneo all'essere
_________________________________
dell'uomo».
Per Marx il processo di oggettivazione del soggetto, che si realizza nel rapporto
con gli altri e, soprattutto, nell'attività lavorativa, è dunque importante per
l'autoriconoscersi del singolo e per la stessa costruzione della personalità. È
attraverso i rapporti sociali e i rapporti di produzione che si forma l'essenza stessa
73
dell'uomo. Ma perché tale processo sia positivo è necessario il concorso di due
fattori: 1. l'attività e i rapporti umani nei quali il soggetto si oggettiva devono
essere espressione della sua umanità, devono essere umanizzanti; 2. il processo
deve chiudersi con la riappropriazione, da parte del soggetto, degli aspetti che
aveva in precedenza proiettato nell'oggetto. Nella società capitalistica, nessuna
di queste condizioni si realizza, sia perché il lavoro parcellizzato non consente
all'operaio di riconoscersi nella propria attività, sia perché il prodotto del suo
lavoro gli viene sottratto dal capitalista, sia infine perché i rapporti sociali sono
reificati, diventano rapporti tra merci (feticismo delle merci).
Nelle analisi di Marx, il concetto di «alienazione» assume quindi una
connotazione negativa, diventando sinonimo di estraniazione da sé e di
impoverimento della personalità. Il termine, con questo significato e in
congiunzione con quelli di reificazione e feticismo, conoscerà una larga
applicazione nella filosofia marxista del Novecento, in particolare nella
Scuola di Francoforte.
L’alienazione del lavoro umano ha, secondo Marx, la sua origine nella divisione
del lavoro che rappresenta anche il cardine attorno a cui si strutturano i primi
rapporti sociali complessi. Concretizzatasi anzitutto in divisione tra lavoro
manuale e lavoro intellettuale, la divisione del lavoro ha costituito la
precondizione di una frattura sociale tra due classi diverse. Ha permesso, in
effetti, che «l'attività spirituale e l'attività materiale, il godimento e il lavoro, la
produzione e il consumo tocchino a individui diversi» (“L’ideologia tedesca”). La
divisione del lavoro ha inoltre finito col determinare la «ripartizione ineguale, sia
per quantità che per qualità, del lavoro e dei suoi prodotti», nonché col generare
la stessa proprietà privata. Da quest'ultimo punto di vista, la divisione del lavoro
è anche la prima responsabile dell'alienazione dell'uomo. L'ancoramento della
maggior parte degli individui a lavori manuali, non produttivi di frutti adeguati
per chi lavora ha creato un mondo nel quale troppi esseri umani sono schiavi di
un'attività vissuta come sofferenza e generante prodotti che accrescono il
potere altrui.
Dal momento che ciò che consente di perpetuare tale condizione è, secondo
Marx, la proprietà privata dei mezzi di produzione, in virtù della quale il
possessore ( ad esempio il capitalista) può utilizzare il lavoro di una certa
categoria di individui (i salariati) per accrescere la propria ricchezza, secondo
una dinamica che Marx, nel Capitale, descriverà in termini di «sfruttamento» e
«logica del profitto», la dis-alienazione dell'uomo si identifica, dunque, con il
superamento del regime della proprietà privata e con l'avvento del comunismo. Di
conseguenza, per Marx, la storia si configura come il luogo della perdita e della
riconquista, da parte dell'uomo, della propria essenza e il comunismo diviene il
luogo dove ritrova se medesimo, con una dialettizzazione del corso storico che
rivela, come abbiamo già notato, un evidente influsso hegeliano.
La mancata _______________________
del soggetto nel ____________________
_________________ perché:
1 - _______________________________
2 - ________________________________
3 - ________________________________
La ______________________ del lavoro
pagato come __________________
Proprietà privata dei __________________
__________________________________
Alienazione dell’uomo
Disalienazione = _____________________
___________________________________
________________________ e uomo
futuro
Società ________________________
Ora qual’e il compito che Marx affida al comunismo per quel che riguarda il
superamento dell’alienazione? Marx ha affermato che “se l'uomo è plasmato dalle plasmare _______________________ la
circostanze, è necessario plasmare umanamente le circostanze” (“La sacra
famiglia”, 1845); ed è proprio questo il compito che egli affida alla futura società
società comunista6.
6
Marx, che non apprezzava le astratte descrizioni di comunità utopistiche (magari
comuniste) circolanti in gran numero nell'Ottocento, ha affrontato solo episodicamente il
problema di come sarà la futura società comunista.
Ha parlato naturalmente
dell'abolizione delle classi, dello stato e della proprietà privata. E ha sottolineato
l'emancipazione dell'individuo da qualsiasi forma di obbligo a svolgere una certa attività
invece che un'altra. Coerentemente però coi suoi principi, realistici ed anti-idealistici,
egli riteneva che sarebbe stata la realtà stessa a suggerire al momento opportuno i
74
Infatti, il comunismo appare a Marx come quella situazione in cui l'uomo,
controllando il potere sociale che sinora lo ha schiacciato, darà vita a una società
veramente umana. Verrà allora superato completamente l'orizzonte sociale ed
antropologico della proprietà, l’uomo cesserà di intrattenere con il mondo rapporti
di puro possesso e consumo: «la proprietà privata ci ha resi così ottusi ed unilaterali
che un oggetto è considerato nostro soltanto quando lo abbiamo, e quindi quando
esso esiste per noi come capitale o è da noi immediatamente posseduto, mangiato,
bevuto, portato sul nostro corpo, abitato ecc., in breve quando viene da noi usato»
(“Manoscritti economico-filosofici” 1844). All'uomo della civiltà proprietaria, all'homo
oeconomicus, ossessionato dall'avere, Marx contrappone invece un uomo nuovo,
considerato come un essere “onnilaterale” e “totale”, che esercita in modo creativo
l'insieme delle sue potenzialità, intrattenendo un rapporto poliedrico con la
realtà e con gli altri uomini. Un uomo ricco, non per il suo capitale, ma perchè
“bisognoso di una totalità di manifestazioni di vita umana” e perchè ricco di
relazioni, dal momento che “la ricchezza spirituale reale dell’individuo dipende
interamente dalla ricchezza delle sue relazioni reali”. Un uomo che sarà “messo in
condizione di acquisire la capacità di godere di questa produzione universale di
tutta la terra (creazione degli uomini)”. Un uomo che va oltre l’ateismo, poichè
non ha più bisogno, per affermare l’autonomia umana, di negare l’alienazione
religiosa, ma è consapevole di essere “debitore a se stesso della propria esistenza”.
In questa situazione, scrive Marx , “la dipendenza universale, questa forma della
cooperazione degli individui sul piano storico universale, è trasformata da questa
rivoluzione comunista nel controllo e nel dominio cosciente di queste forze le
quali, prodotte dal reciproco agire degli uomini, finora si sono imposte ad essi e
li hanno dominati come forze assolutamente estranee” (“L’ideologia tedesca”).
Marx ritiene che il comunismo porterà in questo modo alla realizzazione
compiuta dell’umanismo, ovvero alla completa realizzazione dell’uomo.
Il controllo _________________________
l’orizzonte umano dell’uomo _________
__________________: ________________
l’orizzonte umano dell’uomo _________
__________________: ________________
___________________________________
___________________________________
___________________________________
___________________________________
___________________________________
Marx e la futura società comunista (vedi
nota 6)
L’IDEOLOGIA
3. L’ideologia
All’interno del materialismo storico teorizzato da Marx ha assunto una
particolare rilevanza, nel corso del dibattito novecentesco, il concetto di
ideologia che si ricollega alla distinzione da lui operata tra struttura e
sovrastruttura. Infatti, il termine ideologia è usato polemicamente da Marx per
indicare la funzioni che le idee politiche, etiche, e le produzioni culturali in
genere (filosofiche, artistiche, letterarie, religiose,...) – ovvero i componenti della
sovrastruttura – svolgono nelle società classiste.
Ideologia è ogni forma di rappresentazione teorica inconsapevole della propria
condizionatezza storico-materiale; l'ideologo lavora separando le "idee" dalle
loro radici storiche, autonomizzandole e, al contempo, universalizzando
arbitrariamente valori, concezioni del mondo, teorie, che nascono invece
dall'intreccio con una situazione storicamente determinata. Questo
atteggiamento teorico assolve a funzioni ben precise: esso corrisponde
all'esigenza della classe in ogni epoca dominante di presentarsi come classe
modi e le forme specifiche di una nuova convivenza comunista. Infatti, se non esistono
valori e principi eterni e se la realtà si trasforma perennemente, allora il comunismo non
può essere la realizzazione di valori dati una volta per sempre, ma deve esso stesso
configurarsi come processo. Abbiamo già ricordato la definizione di comunismo data da
Marx ed Engels: «Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato,
un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale
che abolisce lo stato di cose presente». Tale atteggiamento è stato interpretato da molti
suoi critici come un grave vuoto teorico.
75
universale, e dunque di presentare come universali i valori che le sono propri:
«le idee della classe dominante - scrivono Marx ed Engels - sono in ogni epoca
le idee dominanti; la classe che è la potenza materiale dominante della società è
in pari tempo la sua potenza spirituale dominante» (“L’ideologia tedesca”).
L'ideologia è dunque quella forma di pensiero che ha la pretesa di fondare in
modo assoluto dei valori o delle verità che, invece, sono funzionali a un particolare momento storico-sociale.
Le idee svolgono, quindi, una funzione ideologica quando mascherano,
consapevolmente o per lo più inconsapevolmente, questa loro origine. Tale
mascheramento può avvenire presentando come eterno, e dotato di validità
assoluta ciò che invece è solo frutto di determinate condizioni storico-sociali,
oppure presentando come espressione degli interessi di tutti, della comunità ciò
che in realtà risponde innanzitutto agli interessi particolari della classe
dominante.
Si prenda il caso di Hegel. Nella filosofia dello Spirito oggettivo Hegel ha
elevato a carattere necessario dello Spirito oggettivo il diritto alla proprietà
privata, come fondamento della libertà dell'uomo. In realtà, il diritto di
FUNZIONI IDEOLOGIA
1 – Funzionale al mantenimento _____________________________________________________________________
Ideologia = rappresentazione teorica inconsapevole della ________________________________________________________
compie 2 errori considerando i valori e le idee:
a – Autonomi rispetto ______________________________
b - ______________________________________________
cosa maschera
___________________
come lo maschera
_______________________
___________________
_______________________
___________________
________________________
___________________
________________________
ignora che _____________________________________________________________________________________________
2 – Funzionale al mutamento ______________________________________________________________________________________
Ideologia = rappresentazione teorica che:
coglie le ____________________________ del presente che ______________________________ per creare nuove
condizioni storico-sociali consentendo di concepire il _____________________ che porta alle nuove condizioni storico-sociali
tra: a - __________________________ funzionali al dominio della
vecchia _____________________________________
b – nuove ideologie funzionali __________________________
_________________________________________________
proprietà è proprio di un particolare tipo di società, la società borghese dominata
da precisi rapporti di produzione tra gli uomini. La proprietà privata è funzionale al
potere della borghesia. Hegel dunque non ha fatto altro che riflettere nel concetto un carattere necessario della struttura economica del suo tempo, fornendo
una giustificazione teorica assoluta a quello che a tutti gli effetti è uno strumento di
potere necessario all'egemonia borghese. Hegel ha così fornito una giustificazione
ideologica alla classe dominante, scambiando ciò che è proprio di una determinata
fase storica per un diritto fondato sul carattere proprio ed eterno dello Spirito.
76
Questa funzione di mascheramento, di falsificazione della realtà è resa
possibile dall’accettazione della convinzione, altrettanto falsa, che la
sovrastruttura non dipenda dalla struttura e che quindi le idee siano un prodotto
autonomo, indipendente dal contesto sociale in cui sono state prodotte.
Marx riconosce però all’ideologia non solo una funzione di razionalizzazione
del dominio di classe, o se vogliamo del dominio sociale, ma anche un ruolo
nei mutamenti socio-culturali, dal momento che l'ideologia contiene anche
aspetti autenticamente critici e svolge un ruolo nel superamento delle
contraddizioni legate a tale dominio. La storia è percorsa da una
conflittualità, la quale genera le premesse per il superamento del vecchio
ordine. Le contraddizioni che si generano all'interno di un sistema sociale ne
producono alla fine la scomparsa e fanno intravedere il nuovo tipo di
ordinamento che nascerà dalla crisi del vecchio ordine. Questo carattere
intimamente dialettico della realtà storica spiega come sia possibile per la
coscienza - e in generale per la teoria -anticipare criticamente gli sviluppi
successivi. Essa è bensì espressione del proprio tempo, ma nella misura in cui
ne coglie le contraddizioni è anche in grado di prevederne gli sviluppi. Infatti,
da un lato le forme artistiche, giuridiche, filosofiche, religiose, ossia le forme
ideologiche sono condizionate dai rapporti di produzione e dal conflitto in essi
esistente; dall'altro, sono queste stesse forme ideologiche «che permettono agli
uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo» (“Per la critica dell’economia
politica”, 1859). In questo modo Marx non nega che le idee possano influire sugli
avvenimenti storici, anche se ciò, dal suo punto di vista, può accadere soltanto
perchè le nuove idee trovano un gruppo sociale in ascesa disposto a farle
proprie7.Se l’ideologia, per quanto inconsapevolmente, è una falsificazione, un
inganno il compito della filosofia diventa, per Marx, quello di criticare
l’ideologia col mostrare la sua vera radice nella struttura economica della società,
smascherando la deformazione della realtà che essa attua per poter legittimare lo
stato di cose esistenti e quindi gli interessi della classe dominante.
Concepire la filosofia come critica delle ideologie accosta, come abbiamo
visto, il pensiero di Marx a quello di Nietzsche e, sotto a questo aspetto, anche a
quello di Freud. Per questo motivo la filosofia del nostro tempo accomuna questi
autori indicandoli come i grandi maestri del sospetto (vedi pag. 64). È da
sottolineare che mentre nell’analisi marxiana il dominio sociale era prerogativa
di una precisa classe sociale (la borghesia, i capitalisti), coloro che nel Novecento
hanno ripreso tale tipo di atteggiamento critico hanno identificato il soggetto di
questo dominio nello stesso sistema socio-economico. Spostamento di soggetto
legato anche al mutamento di condizioni sociali determinato dal passaggio dalla
società classista dell’Ottocento alla società di massa del Novecento (per questo
aspetto vedi la Scuola di Francoforte, ma anche Eco “Superman”).
Un esempio di critica dell’ideologia è costituito dall’analisi marxiana della
religione.
La religione in quanto costituisce una visione del mondo elaborata dagli uomini,
una loro produzione culturale (“spirituale”) è uno degli elementi della
sovrastruttura. Essa, come le altre produzioni culturali, svolge una funzione
ideologica in quanto deforma la realtà per legittimare l’egemonia sociale della
classe dominante.
Infatti, da un lato la religione è l'espressione della volontà di dominio
della classe egemone, che si serve di questo strumento per mantenere un
controllo sociale fondato su valori che si pretende siano assoluti. (Si pensi,
per comprendere il punto di vista marxiano, alla concezione che vuole che il
potere dei sovrani derivi da Dio). Questa "verità" è stata posta al servizio degli
7
Il termine ideologia viene usato spesso, anche in ambito marxista, in modo generico
come sinonimo di “sistema di idee”, perdendo quindi, almeno, in parte la prevalente
connotazione negativa che ha in Marx.
77
Compito della filosofia = ______________
___________________________________
(vedi ______________________________)
da dominio sociale della _______________
__________________________ al dominio
del _______________________________
La critica ________________________
come critica _______________________
funzione 1:
la religione come ____________________
__________________________________
interessi delle classi che detengono il potere: esse hanno così potuto
legittimare il loro dominio in modo assoluto, fondandolo su Dio, cioè su un
principio eterno, del tutto svincolato dal controllo sociale, dalla dinamica della
storia e dai rapporti di forze).
D'altro lato la religione è l'espressione della "protesta contro la miseria
reale", è la risposta delle masse al bisogno di uscire dallo stato di miseria,
materiale e morale, a cui le costringono i rapporti di forze tra le classi nella società.
In questo contesto Marx definisce la religione come “oppio del popolo”, in
quanto promette un’illusoria felicità nell’al di là per far accettare la miseria reale
dell’al di quà. Attraverso le acquisizioni della critica filosofica, le masse
devono acquistare la coscienza dell'inganno implicito nel messaggio religioso
e della illusione di cui sono vittime quando pongono in Dio la soluzione dei
loro problemi. Ma il reale superamento della religione avverrà, secondo Marx
coerentemente con il suo materialismo storico, solo quando si affermerà “l’esigenza
di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni”, ovvero quando il
“mondo capovolto”, di cui la religione è la “coscienza capovolta”, sarà rimesso in
piede poiché l’uomo tornerà a essere un fine e non un mezzo8.
Così scrive Marx in “Per la critica della filosofia del diritto di Hegel” (1844): "La
critica della religione disinganna l'uomo affinché egli pensi, operi, configuri
la sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si
muova intorno a se stesso e, perciò, intorno al suo sole reale. [...] E dunque
compito della storia, una volta scomparso l'al di là della verità, quello di
ristabilire la verità dell'al di qua. È innanzi tutto compito della filosofia, la
quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la figura sacra
dell'autoestraneazione umana, quello di smascherare l'autoestraneazione
nelle sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della
terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella
critica della politica. ... La critica della religione finisce con la dottrina per cui
l'uomo è per l’uomo l'essenza suprema, dunque con l'imperativo categorico di
rovesciare tutti i rapporti nei quali l'uomo è un essere degradato, assoggettato,
abbandonato, spregevole, rapporti che non si possono meglio raffigurare che con
l'esclamazione di un francese di fronte ad una progettata tassa sui cani: poveri cani!
Vi si vuole trattare come uomini!”.
Emerge qui una delle caratteristiche fondamentali del pensiero di Marx e cioè il
suo legame con la prassi, ovvero la tendenza a fornire un'interpretazione dell'uomo
e del suo mondo che sia anche impegno di trasformazione rivoluzionaria. Nel
discorso pronunciato sulla tomba dell'amico, Engels afferma che « lo scienziato
non era neppure la meta di Marx... Perché Marx era prima di tutto un
rivoluzionario». Marx ha scritto: « I filosofi hanno solo interpretato il mondo in
modi diversi; si tratta però di mutarlo».
8
La critica alla religione illustra bene la diversità delle posizioni di Marx (materialismo
storico) e Feuerbach (naturalismo). Pur avendo «scoperto» il meccanismo generale
dell'alienazione religiosa - per cui non è Dio a creare l'uomo, ma l'uomo a «proiettare» Dio
sulla base dei propri bisogni - Feuerbach, in virtù della sua concezione prevalentemente
«naturalistica» dell'uomo, non è stato in grado, secondo Marx, di cogliere le cause reali
del fenomeno religioso, né di offrire dei validi mezzi per il suo superamento. Infatti, a
Feuerbach è sfuggito che chi produce la religione non è un soggetto astratto, avulso dalla
storia ed immutabilmente uguale a se stesso, ma un individuo che è un prodotto sociale. Per
Marx, risulta ovvio che le radici del fenomeno religioso non vanno cercate nell'uomo in
quanto tale, ma in un tipo storico di società. Allora se la religione è il sintomo di una
condizione umana e sociale alienata, l'unico modo per eliminarla non è la critica filosofica
(come pensava ancora Feuerbach, nella sua astrattezza di intellettuale), ma la trasformazione rivoluzionaria della società. In altri termini, se la religione è il frutto malato di
una società malata, l'unico modo per sradicarla è quello di distruggere le strutture
sociali che la p r o d u c o n o .
78
funzione 2:
la religione come ____________________
___________________________________
Il _____________________________ della
religione: ___________________________
___________________________________
Il ______________________________
e la critica _____________________
Feuerbach – Marx e la religione (vedi nota
8)
Filosofia e _________________________
IL CAPITALE: L'ANALISI
DELL'ECONOMIA CAPITALISTA
5. Il Capitale: l’analisi dell’economia capitalista
Marx è sicuramente il teorico del movimento operaio più rappresentativo, in
quanto le sue idee sono state la base delle maggiori organizzazioni politicosindacali che lo stesso movimento si è dato, grazie anche all’ampiezza delle sue
analisi: Marx ha infatti elaborato una teoria sociale, una teoria politica nonché
una teoria economica9.
Marx si differenzia dai teorici dell’economia borghese Smith e Ricardo poiché è
convinto che non esistano leggi universali dell'economia e che ogni formazione
sociale abbia caratteri e leggi storiche specifiche (le leggi che valgono per il
feudalesimo, ad esempio, non valgono per il capitalismo). In secondo luogo,
Marx è convinto che la società borghese porti in se stessa delle contraddizioni
strutturali che ne minano la solidità, ponendo le basi oggettive della sua fine.
Secondo Marx, la caratteristica specifica del modo capitalistico di produzione,
rispetto alle società precedenti, è di essere produzione generalizzata di merci
che non risulta finalizzata al consumo, bensì all'accumulazione di denaro. Di conseguenza, il ciclo capitalistico non è quello «semplice», prevalente nelle
società preborghesi e descrivibile con la formula schematica M D M (mercedenaro-merce), formula che allude al doppio processo per cui una certa quantità di
merce viene trasformata in denaro ed una certa quantità di denaro viene ritrasformata in merce (ad esempio, il contadino che vende del grano per comperarsi
un vestito). Il ciclo economico peculiare del capitalismo è piuttosto quello
descrivibile con la formula schematica D M + D (denaro-merce-più denaro).
Infatti nella società borghese abbiamo un soggetto (= il capitalista) che investe
del denaro in una merce, per ottenere, alla fine, più denaro. Ma com'è
possibile che qualcuno acquisti una merce che gli procura più denaro, e
quindi - essendo il denaro l'equivalente del valore - più valore? Da dove deriva
questo «più» monetario, ovvero tale plus-valore? A prima vista il processo di
generazione del plusvalore appare una sorta di «mistero». Infatti il plusvalore (=
+D) non può provenire né dal denaro in se stesso, che è un semplice mezzo di
scambio, né dallo scambio medesimo, poiché gli scambi, in termini di statistica
sociale, hanno sempre luogo fra valori equivalenti, per cui ciò che il capitalista
acquista come venditore di merce deve già averlo perso prima come compratore.
Di conseguenza, Marx ritiene che l'origine del plus-valore non debba essere cercata a
livello di scambio delle merci, bensì a livello della produzione capitalistica delle
medesime. Infatti nella società borghese il capitalista ha la possibilità di comperare ed
usare una merce particolare, che ha come caratteristica quella di produrre
valore. Tale è la «merce umana», ossia, fuor di metafora, l'operaio. Infatti il
capitalista compera la sua forza-lavoro, pagandola come una qualsiasi merce, ovvero
secondo il valore corrispondente alla quantità di lavoro socialmente necessario a
produrla, che, nel caso dell'operaio, corrisponde a quello dei mezzi che gli sono
necessari per vivere, lavorare e generare, ossia al salario. Tuttavia l'operaio- ed è
questa la fonte del plus-valore- ha la capacità di produrre un valore maggiore di
quello che gli è corrisposto col salario.
Chiarendo il tutto con un esempio: poniamo che un operaio lavori 10 ore al
giorno e che in questo tempo produca un valore pari a 10. Evidentemente, se
l'imprenditore gli corrispondesse tutto il valore prodotto, non avrebbe, per sé,
alcun guadagno. Di conseguenza, il valore equivalente al salario deve per forza
essere inferiore al valore globale prodotto dall'operaio. Poniamo che esso sia
pari a 6. In tal caso, l'operaio, in 6 ore di lavoro, si sarebbe già guadagnato il
proprio salario, «regalando» al capitalista 4 ore di plus-lavoro, che
equivalgono ad una quantità corrispondente di plus-valore.
9
Per ciò che riguarda la teoria sociale essa ha il suo fondamento nel materialismo storico.
79
La rilevanza di Marx
Differenze ____________________
borghesi (__________________________)
1 - ________________________________
___________________________________
2 - ________________________________
___________________________________
Il _______________________________
tradizionale: ________________________
Il _______________________________
capitalista: ________________________
IL ________________________________
origine:
non _______________________________
non _______________________________
ma dal _____________________________
un esempio
Proprietà __________________ dei mezzi
_________________________ = ________
_____________________________ sociale
società socialista
abolizione _________
___________________________________
= fine ______________________________
___________________________________
Il plus-valore discende quindi dal plus-lavoro dell'operaio, e si identifica
con l'insieme del valore da lui gratuitamente offerto al capitalista . Con questa
teoria Marx ha voluto fornire una spiegazione «scientifica» dello
«sfruttamento» capitalista, che si identifica quindi con la possibilità, da parte
dell'imprenditore, di utilizzare la forza lavoro altrui a proprio vantaggio. Ciò
avviene in quanto il capitalista dispone dei mezzi di produzione, mentre il
lavoratore dispone unicamente della propria energia lavorativa ed è costretto,
per vivere, a «vendersi» sul mercato, in vista del salario. Ed è proprio per
questo che nella futura società socialista la proprietà privata dei mezzi di
produzione sarà abolita.
Delineando un'analisi del capitalismo a sfondo tragico, Marx dimostra come
nell’inseguire il suo fine, che è costituito dal produrre la maggior quantità
possibile di plus-valore, poiché il capitalismo si regge sul ciclo D M + D,
tale sistema generi una serie di contraddizioni e difficoltà, che ne minano la
sopravvivenza, preparandone la morte futura. Analizziamo alcune di queste
contraddizioni.
Innanzitutto, alle forme sempre più organizzate e razionali della produzione
industriale si contrappone il carattere «anarchico» della concorrenza, la quale fa
sì che i capitalisti si precipitino «alla cieca» nei settori dove il profitto è più
alto, facendo sì che, ad un certo punto, si verifichi un eccesso di produzione
rispetto alle esigenze di mercato. Tutto ciò genera la crisi, che ha come effetti
concomitanti sia la distruzione capitalistica dei beni, sia la disoccupazione, che
va ad accrescere il cosiddetto «esercito industriale di riserva».
Le stesse crisi di sovra produzione dimostrano poi che alla tendenza espansiva insita
nello sviluppo capitalistico (più macchine, più investimenti, maggiore produzione)
fa riscontro l'incapacità del sistema di allargare in proporzione l'area di assorbimento
dei suoi prodotti (di qui appunto le periodiche crisi di sovrapproduzione, o «crisi
cicliche»).
L’anarchia della concorrenza e l’incapacità di allargare l’area di assorbimento dei
propri prodotti sono alla base di una terza contraddizione, destinata secondo Marx,
a giocare il ruolo fondamentale per il passaggio alla futura società socialista,
ovvero la sempre più profonda scissione delle società in due sole classi
antagonistiche. Marx ha una visione sostanzialmente dualistica della società di
classe, in quanto ritiene che in ogni momento della storia le classi fondamentali
siano due. Questa dottrina, portata ad attribuire minore importanza alle classi
medie, riflette compiutamente, a giudizio di Marx, la situazione stessa del
capitalismo industriale avanzato nel quale, in seguito al fenomeno della
concorrenza e delle crisi, da un lato abbiamo una progressiva «espropriazione di
molti capitalisti da parte di pochi», avente come effetto «la diminuzione
costante dei magnati del capitale» e, dall'altro, abbiamo una massa sempre più
grande di salariati, occupati e disoccupati. In altre parole, Marx tende a
prospettare la situazione finale del capitalismo in termini dualistico-dialettici:
da un lato una minoranza industriale, dalla gigantesca ricchezza e
dall'immenso potere, dall'altro una maggioranza proletaria sfruttata.
Tali contraddizioni appaiono sicuramente legate alle caratteristiche della
particolare fase storica del capitalismo ottocentesco che Marx ha conosciuto; esse
più che portare al superamento del capitalismo, come pensava Marx, sono state
affrontate all’interno del sistema stesso. Così, ad esempio, l’anarchia della
concorrenza è stata “mitigata”, a partire dalla cosiddetta Seconda rivoluzione
industriale, dall’affermazione dei trust e degli accordi di mercato (e comunque
alle irrazionalità del mercato ha cercato di porre rimedio, durante il Novecento,
l’intervento dello stato) o, ancora, l’affermazione del mercato di massa nel corso
del Novecento ha consentito di allargare l’area di assorbimento dei prodotti
industriali, contribuendo a omogeneizzare i comportamenti e quindi attenuando
le differenze sociali (benché l’opulenza delle società tecnologicamente avanzate
80
LE CONTRADDIZIONI DEL
__________________________
resti compatibile con sacche più o meno grandi di emarginazione al suo interno,
si pensa al fenomeno degli immigrati, e si fondi comunque su una profonda
disparità nella divisione delle risorse a livello mondiale, tant’è che costringe - o
perlomeno convive con - buona parte dell’umanità a vivere ancora al livello della
penuria).
LE CONTRADDIZIONI DEL ________________________________
Contraddizioni società capitalista
futura ____________________________________
A – Tipiche del ______________ _________________________
1 _______________________
1 - _________________________________
crisi di ______________________________
2_______________________
2_________________________________________________________________________________________________________
3 _________________________________________________________________________________________________________
Superate nel Novecento: 1 da
_________________________ _____________________________________________
2 da
_______________________________________________________________________
3 da
_______________________________________________________________________
B – Tipiche _______________________________________________
1 - alienazione ______________________________
operaio = _________________________________________________
2 – Contrapposizione tra profitto _________________ e __________________ sociale
Sistema produttivo ___________________
interesse privato
1e2
‘900 ____________________________________
Oltre a queste tre contraddizioni Marx ne individua altre due tipiche di tutte le
società classiste e che vengono portate al loro massimo livello dalla società
capitalista, ovvero l’alienazione del lavoro e il conflitto tra logica del profitto
privato e logica dell’interesse collettivo. Per quanto riguarda l’alienazione del
lavoro, esaminata in precedenza, ricordiamo solo che l’attività libera e creativa è
secondo Marx ciò che costituisce l’essenza dell’uomo, mentre il lavoro nelle
fabbriche capitaliste, a causa della suddivisione tra lavoro intellettuale e lavoro
manuale e la parcellizzazione dello stesso, riduce l’operaio a semplice strumento
al servizio delle macchine.
Rimane un’ultima contraddizione di fondo quella che sta alla base di tutte le
altre contraddizioni del capitalismo: il contrasto tra forze produttive sempre più
sociali ed il carattere privatistico dei rapporti di produzione e di proprietà,
caratterizzandosi la società capitalista come un tipo di società retto dalla logica
del profitto privato, anziché dalla logica dell'interesse collettivo. Infatti, il
capitalismo, da un lato rende sempre più sociali le forze produttive, in quanto
tende a coinvolgere sempre più persone, dall’altro, ciò che il sistema produce non
è determinato dall’utilità per la società, ma dal creare più o meno profitto per il
capitalista.
Da ciò il celebre epilogo del I libro del Capitale (1867): «La centralizzazione dei
mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro raggiungono un punto in cui
diventano incompatibili col loro involucro capitalistico. Ed esso viene spezzato.
Suona l'ultima ora della proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono
espropriati».
81
LA TEORIA POLITICA DALLA
SOCIETÀ CAPITALISTA ALLA
SOCIETÀ COMUNISTA
5. La teoria politica: dalla società capitalista alla società comunista
Dal momento che sono le stesse leggi della produzione capitalistica a determinare la
crisi finale del sistema il socialismo, secondo Marx, non doveva essere presentato
come il sogno di un mondo migliore, la cui realizzazione sia legata alla riuscita di
questo o quel movimento insurrezionale, ma veniva fatto scaturire dalle leggi stesse
dello sviluppo economico, oltre che dall'azione consapevole del proletariato
organizzato. L'utopia diventava necessità, la profezia acquistava il fascino della
previsione scientifica. Per i militanti socialisti, per i lavoratori impegnati nelle
lotte sociali, Marx non era soltanto il teorico del materialismo storico, colui che
aveva individuato nel proletariato di fabbrica il protagonista del processo
rivoluzionario. Era anche il grande economista che aveva analizzato fino in fondo
i meccanismi dell'economia capitalistica e ne aveva svelato le contraddizioni, era lo
studioso che aveva detto una parola nuova e definitiva nel campo delle scienze
sociale, allo stesso modo in cui Darwin aveva rivoluzionato il settore delle scienze
naturali.
Di tutto il complesso insegnamento marxiano fu questo l'aspetto che più
profondamente penetrò nella cultura del movimento operaio e che permise al
marxismo di affermarsi gradualmente sulle altre teorie socialiste fino a diventare,
alla fine del secolo, la dottrina ufficiale del movimento operaio e a rimanere tale per
molto
tempo, anche quando molte delle sue indicazioni (come quella
sull'immiserimento progressivo del proletariato o sull'incapacità del capitalismo di
controllare i processi di sviluppo) apparvero inadeguate alle trasformazioni
intervenute nella realtà economica e sociale.
La penetrazione delle dottrine di Marx nel movimento operaio europeo non fu
però immediata né incontrastata. Sul piano politico l'affermazione del socialismo
marxista fu il risultato di un lungo e aspro scontro di tendenze che ebbe per
teatro la prima organizzazione internazionale fra i lavoratori.
Le contraddizioni della società-borghese rappresentano la base oggettiva della
rivoluzione del proletariato10, il quale, impadronendosi del potere politico dà
avvio alla trasformazione globale della vecchia società, attuando il passaggio
dal capitalismo al comunismo. Di conseguenza, il proletariato, nella prospettiva
di Marx, appare investito di una specifica missione storico-universale. Infatti,
mentre le fratture rivoluzionarie del passato si traducevano nel trionfo di un
nuovo modo di produrre e di distribuire la proprietà e in una nuova
egemonia di classe, la rivoluzione comunista non abolisce soltanto un tipo
particolare di proprietà, di divisione del lavoro e di dominio di classe, ma
cancella ogni forma di proprietà privata, di divisione del lavoro e di dominio
di classe, dando origine ad un'epoca nuova nella storia del mondo. Lo strumento
della trasformazione rivoluzionaria è la socializzazione dei mezzi di produzione e
di scambio, che passando dalle mani dei privati a quelli della comunità,
pongono fine al fenomeno del plus-valore e dello sfruttamento di classe (Marx
immagina una società in cui le strutture produttive siano di proprietà dello stato,
mentre i cittadini potranno usufruire dei beni di consumo in misura proporzionata
alle loro necessità).
Sui metodi per accedere al potere Marx ammette una gamma di possibilità,
legate alle specificità storico-nazionali. Sebbene sia propenso a ritenere che la
rivolu z i o ne come insegna la storia, implichi sempre forme violente, negli
ultimi anni appare indirizzato ad ammettere anche la p o s s i b i l i t à di una via
10
Il termine proletariato, che letteralmente indica coloro che possiedono solo la prole,
designa tutti quei gruppi sociali che essendo esclusi da ogni forma di ricchezza occupano
i gradini più bassi della scala sociale. Nel linguaggio marxista indica coloro che non
possedendo i mezzi di produzione sono costretti a vendere la loro forza lavoro, o anche,
nella contrapposizione proletari-sottoproletari, la sola classe operaia.
82
IL SOCIALISMO SCIENTIFICO
(Valenza ___________________del
marxismo)
Dall’________________________ alla
_________________________________
Marxismo e ________________________
LA RIVOLUZIONE PROLETARIA
__________________________________
rivoluzione _______________________
conquista del ________________________
nuova _____________________
1 – il fine: __________________________
___________________________________
(missione __________________________
__________________________________)
2 – il mezzo: ________________________
___________________________________
3 - __________________________:
rivoluzione e ________________________
«pacifica» al socialismo. Ad esempio, nel gennaio 1867 afferma: «è possibile
che la lotta fra lavoratori e capitalisti sia meno terribile e meno sanguinosa della
lotta fra signori feudali e borghesia in Inghilterra e in Francia. Speriamolo».
Violenta o pacifica che sia, la rivoluzione proletaria - e su questo punto le idee
di Marx sono rimaste ferme - deve tuttavia mirare, come primo traguardo,
all'abolizione dello Stato borghese e delle sue forme istituzionali. In una lettera
egli scrive: «il prossimo tentativo della rivoluzione francese non consisterà nel
trasferire da una mano all'altra la macchina militare e burocratica com'è
avvenuto fino ad ora, ma nello spezzarla... tale è la condizione preliminare di
ogni rivoluzione popolare sul continente». Di conseguenza, sebbene certo
marxismo successivo di stampo «revisionistico», dall'Ottocento ad oggi,
abbia diffuso l'idea secondo cui il nucleo della rivoluzione comunista, per
Marx, consisterebbe nel «riempire» di contenuti sostanziali o sociali la
democrazia ancora «formale» dello Stato borghese, i testi del filosofo, a questo
proposito, parlano in modo «duro » e «chiaro»: il compito del proletariato non è
quello di impadronirsi della macchina statale-borghese, manovrandola per i
propri scopi, ma quello di «spezzarne» o distruggerne i meccanismi
istituzionali di fondo.
Questa dottrina di Marx si lega coerentemente con le sue convinzioni teoriche
circa lo Stato, visto come sovrastruttura di una società civile prestatale dominata
dagli interessi di classe della borghesia. Da ciò le «classiche» affermazioni de
“L'ideologia tedesca”: «lo Stato è la forma in cui gli individui di una classe
dominante fanno valere i loro interessi comuni» o del “Manifesto del partito
comunista”: «il potere politico è il potere di una classe organizzata per
opprimerne un'altra». Ma se lo Stato borghese, compresa la democrazia
rappresentativa, è un insieme di apparati istituzionali (e «ideologici») che
«servono» specificamente alla borghesia per esercitare il proprio dominio di
classe, esso, per Marx, non costituisce un insieme di tecniche neutrali che
possano essere usate anche a vantaggio del proletariato (secondo uni
concezione oggi prevalente, ed accettata anche dalle sinistre europee). Infatti, lo
Stato, per Marx, è, sì, una macchina, ma non è una macchina che ognuno
possa utilizzare ad arbitrio e piacimento, in quanto ogni classe dominante, secondo
il materialismo storico, è costretta a foggiare una macchina statale secondo le
proprie esigenze.
Questo rifiuto netto ed inequivocabile delle forme istituzionali dello Stato
borghese prende corpo nella dottrina della dittatura del proletariato.
L'espressione «classica» di questa teoria la si trova nella “Critica del
programma di Gotha” (1875), in cui Marx scrive che «tra la società
capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione
rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un periodo
politico di transizione, il cui Stato non può essere altro che la dittatura
rivoluzionaria del proletariato». Anche la nozione di dittatura del proletariato
discende coerentemente da tutto l’impianto concettuale del marxismo e dalla
sua filosofia dello Stato. Infatti, se quest’ultimo, nel capitalismo, esprime il
dispotismo o la «dittatura di classe» della borghesia, risulta ovvio che il
proletariato, se vuole davvero costruire il comunismo, parando nel con t e m p o
l e inevitabili mosse controrivoluzionarie della borghesia, non può fare a meno
di instaurare una sua dittatura che, a differenza delle altre dittature
storicamente esistite, che sono sempre state dittature di una minoranza di
oppressori su di una maggioranza di oppressi, appare invece come una dittatura
della maggioranza degli oppressi su di una minoranza di (ex-)oppressori,
destinata a scomparire.
Ma quali forme concrete dovrà prendere, secondo Marx, questa dittatura del
proletariato? Su questo punto Marx ha taciuto per parecchio tempo, sinché le
83
LO STATO COME STRUMENTO DELLA CLASSE
DOMINANTE
______________________________ dello
___________________________________
Stato = strumento ____________________
di una _____________________________
abolizione classi __________________ =
abolizione _______________________
LA DITTATURA DEL PROLETARIATO
_________________________________
dal __________________ al socialismo
1 – ____________________________:
resistenza dello stato _______________ =
dittatura ___________________________
2 – _____________________________:
___________________________________
___________________________________
La ________________________________
come prima forma di __________________
___________________________________
vicende della Comune parigina11, di cui parla in “La guerra civile in Francia”
(1871), si sono configurate, ai suoi occhi, come «la forma politica finalmente
scoperta, nella quale si poteva compiere l'emancipazione economica del lavoro».
Le caratteristiche fondamentali che Marx enuclea dalla breve esperienza della
Comune sono: la sostituzione dell'esercito permanente con l'organizzazione
degli operai armati, garanzia reale del carattere di classe della nuova
organizzazione politica; la soppressione del parlamentarismo, cioè della delega
dell'esercizio del potere a un apparato politico specializzato, nominalmente
responsabile davanti al popolo ma di fatto autonomo e sovrapposto ad esso,
sostituendo il parlamento con delegati eletti a suffragio universale, direttamente
responsabili del loro operato, revocabili in ogni momento e retribuiti con salari
corrispondenti a un normale salario operaio; soppressione del privilegio
burocratico attraverso l’estensione di quei criteri a tutte le cariche pubbliche,
giudici e magistrati compresi. In definitiva, Marx sottolinea l'eliminazione di tutte le
funzioni repressive e parassitarie dello Stato borghese e la riduzione delle funzioni
utili a semplici funzioni "di lavoro", spogliate di autonomia politica rispetto al
popolo organizzati in comuni. Inoltre il modello comunardo, embrione della
futura dittatura proletaria, prevede anche, secondo Marx, l'abolizione della
celebrata, ma per lui fittizia separazione dei poteri («la Comune doveva essere
non un organismo parlamentare, ma di lavoro, esecutivo e legislativo allo stesso
tempo»).
Secondo Marx la dittatura del proletariato è solo una misura storica di transizione (sia
pure a lungo termine), che mira tuttavia al superamento di se medesima e di ogni
forma di stato. Anche questa tematica dell'«estinzione dello Stato» discende dai
principi del materialismo storico. Infatti, se tutti gli Stati storicamente esistiti si sono
sempre configurati come strumento di oppressione e come dittature di classe, il
proletariato, abolendo le classi, pone le basi per quello che Engels chiamerà il
«deperimento» dello Stato.
Al fondo del comunismo marxista vi è dunque un ideale di tipo anarchico. A
differenza di Bakunin, Marx ritiene tuttavia che l'auspicata società senza Stato
non si possa raggiungere subito, ma solo in una prospettiva futura. In altri
termini, il modello marxista si diversifica non solo dal modello
«socialdemocratico», ma anche da quello «anarchico». Infatti, se contro i
socialdemocratici, i quali vogliono conquistare lo Stato dall'interno ed
utilizzarlo per i propri scopi, Marx afferma che il proletariato deve «spezzare»
la democrazia ed il parlamentarismo borghese, sostituendolo con una sua
democrazia di tipo diretto, contro gli anarchici sostiene che non si può pensare di
distruggere immediatamente lo Stato senza passare attraverso un lungo
periodo di dittatura proletaria, che coincide con il farsi della rivoluzione.
Solo quando l'edificazione del socialismo sarà compiuta lo Stato, secondo Marx,
11
È cosiddetta una breve esperienza di governo rivoluzionario instauratosi a Parigi in
seguito alla decisione del popolo parigino di opporsi alle condizioni di pace dettate da
Bismarck dopo la sconfitta nella guerra franco-prussiana che portò a completamento il
processo di unificazione nazionale tedesco. Anche dopo l’elezioni, indette dal comitato
rivoluzionario, il potere restò nelle mani dei gruppi di estrema sinistra: democratico
rivoluzionari, socialisti e anarchici. Per quanto divisi da seri contrasti, i dirigenti della
Comune diedero vita nel giro di poche settimane a un radicale esperimento di democrazia
diretta.
L’esperienza della Comune non durò più due mesi: il tempo necessario al governo
provvisorio francese, che aveva abbandonato Parigi, per raccogliere, con la benevola
neutralità degli occupanti tedeschi, un esercito sufficientemente forte per muovere alla
conquista della capitale. Le truppe governative procedettero all'occupazione di Parigi,
che fu difesa strada per strada dalle milizie popolari. Alle esecuzioni sommarie (circa ventimila
uomini furono passati per le armi senza processo), i difensori della Comune risposero con
sanguinose rappresaglie, che contribuirono a diffondere nell'opinione pubblica moderata un
senso di paura e di odio per i rivoluzionari.
84
1 – ________________________________
2 – ________________________________
___________________________________
___________________________________
3 - ________________________________
__________________________________
__________________________________
4 - ________________________________
___________________________________
___________________________________
L’ESTINZIONE DELLO STATO
comunismo = abolizione _____________
stato = _____________________________
comunismo = _______________________
Marx:
rivoluzione
_______________________
____________(___________________)
___________________________________
Bakunin: rivoluzione
_______________
__________________________________
Socialdemocrazia = __________________
_________________________________
(no _______ ____________)
potrà davvero estinguersi e far posto all'ideale di un autogoverno dei produttori
associati, in cui, secondo la nota espressione di Engels, il dominio sugli uomini
sarà completamente sostituito dalla semplice amministrazione delle cose.
Consigli di un artista ai suoi figliuoli. Ovvero dei diritti, dei
doveri e delle convenienze sociali” scritto dal saviglianese
Pietro Casimiro Gandi e stampato nel 1877.
Il libro contiene alcuni capitoli (“Degli scioperi”, “Del
socialismo e del comunismo” e ”Dell’Internazionale”) in cui il
benestante saviglianese esprime i suoi giudizi sulle nuove
ideologie e sugli strumenti di lotta del movimento operaio i cui
primi echi stavano giungendo anche da noi.
Sotto è riportato una parte del capitolo relativo agli scioperi.
Nella Critica del programma di Gotha, Marx distingue due fasi della società
futura. Nella prima fase abbiamo a che fare con una società comunista non
come si è sviluppata sulla propria base, ma viceversa come emerge dalla società
capitalistica, che porta ancora, sotto ogni r apporto ( economico, morale e
spirituale), le macchie della vecchia società, dal cui seno è uscita. In questa
fase l'avvenuta socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio fa della
società l'unico datore di lavoro e trasforma tutti in salariati. In essa ogni produttore
riceve una quantità di beni equivalente al lavoro prestato. Il principio di
uguaglianza che regge questo stadio comunista consiste dunque nel misurare con
una misura eguale il lavoro erogato. Tuttavia, questo «uguale diritto» si rivela
ancora di tipo borghese, in quanto non tiene conto delle differenze
individuali, limitandosi ad annullare astrattamente le persone e dimenticando che
«l’uno è fisicamente o moralmente superiore all'altro, e fornisce quindi nello
stesso tempo più lavoro, oppure può lavorare durante un tempo più lungo...
Inoltre un operaio è ammogliato, l'altro no; uno ha più figli dell'altro...
l'uno riceve più dell'altro, l'uno è più ricco dell'altro e così via».
L'uguaglianza ancora imperfetta di questa prima fase della società comunista,
«qual è uscita, dopo i lunghi travagli del parto, dalla società capitalistica»,
richiede quindi di essere messa da parte a favore di una «superiore» forma di
uguaglianza e di comunismo, che tenga conto dei «bisogni» e non solo delle
85
LA FUTURA SOCIETÀ COMUNISTA
LE DUE FASI DELLA SOCIETÀ COMUNISTA
La prima fase:
1 -_____________________________
_______________________________
2 ______________________________
3 – l’uguaglianza _________________
beni in base _____________________
non tiene conto di ________________
_______________________________
Rapporto individuo - _____________:
__________________ e ___________
«capacità» degli individui.
«In una fase più elevata della società comunista, dopo che è scomparsa la
subordinazione asservitrice degli individui alla divisione del lavoro, e quindi
anche il contrasto fra lavoro intellettuale e fisico; dopo che il lavoro non è
divenuto soltanto mezzo di vita, ma anche il primo bisogno della vita; dopo che
con lo sviluppo onnilaterale degli individui sono cresciute anche le forze
produttive e tutte le sorgenti della ricchezza collettiva scorrono in tutta la loro
pienezza, solo allora l'angusto orizzonte giuridico borghese può essere superato, e
la società può scrivere sulle sue bandiere: Da ognuno secondo le sue capacità, a
ognuno secondo i suoi bisogni ».
Questo passo della Critica del programma di Gotha rappresenta il
documento più importante che possediamo circa le idee di Marx sulla futura
società comunista. Pur nella sua sinteticità, esso contiene alcune delle ideeguida che, sin dagli anni giovanili, hanno ispirato la sua critica al
capitalis m o e alla società di classe: l'abolizione della divisione del lavoro e
dell'antitesi fra occupazione « manuale » e mansione «intellettuale»; l'idea di
un lavoro non puramente costrittivo («mezzo di vita») bensì creativo
(«bisogno di vita»); l'idea di un'umanità onnilaterale; il rilievo attribuito allo
sviluppo delle forze produttive, inteso come presupposto economico-strutturale
di una società in cui ognuno possa davvero avere secondo i sui bisogni. In
sintesi, dopo i travagli della storia ecco profilarsi l'attesa società comunista
senza divisione del lavoro, senza proprietà privata, senza classi, senza
sfruttamento, senza miseria, senza divisioni fra gli uomini e senza Stato.
La seconda fase:
1 -_____________________________
2 - _____________________________
3 - _____________________________
4 - _____________________________
5 _____________________________
“La critica del programma di Gotha” =
_______________________________
_______________________________
Vita e opere
Karl Marx nacque a Treviri, in Germania, nel 1818. Il padre era un agiato avvocato di famiglia ebraica,
poi battezzato. Studiò diritto a Bonn e a Berlino, ma il suo interesse per la filosofia divenne sempre più
vivo.
Iniziò presto l'attività di giornalista. Collaborò alla «Gazzetta renana», di cui divenne direttore.
Costretto a emigrare a Parigi per motivi politici, vi fondò gli «Annali franco-tedeschi». Espulso da Parigi
nel 1845 su richiesta del governo prussiano, si rifugiò a Bruxelles. Qui entrò nella Lega dei comunisti.
Espulso anche da Bruxelles, nel 1848 tornò in Germania, dove partecipò attivamente agli avvenimenti
rivoluzionari di quell'anno. A Colonia fondò la «Nuova gazzetta renana». Fallita la rivoluzione, fu
nuovamente espulso dalla Germania. Alla fine del 1849 si stabilì a Londra, dove, salvo brevi viaggi, visse
in precarie condizioni economiche fino alla morte, avvenuta nel 1883. Nelle sue frequenti difficoltà
economiche Marx fu aiutato sovente dall’amico Friedrich Engels che aveva conosciuto a Parigi nel 1844
e con cui strinse un rapporto di amicizia e collaborazione di studio durato tutta la vita.
Le opere di Marx, nel periodo giovanile, sono strettamente filosofiche, e rivolte in particolare alla critica
dell'eredità hegeliana; avvenimento capitale fu l'incontro con l'opera di Feurbach.
Nel biennio 1844-45 Marx e Engels procedono insieme ad un lavoro di "resa dei conti" con la propria
anteriore coscienza filosofica (come Marx dirà): ne nascono La sacra famiglia e L'ideologia tedesca,
opere entrambe di grande e puntiglioso impegno polemico, che segnano la rottura definitiva con
l'ambiente "giovane-hegeliano" e il superamento dell'influenza di Feuerbach.
Da questo momento in poi, si avvia l'attività politica di organizzazione e coordinamento del movimento
comunista (a partire dall'ingresso nella "Lega dei comunisti") che culminerà, nel 1864, con la fondazione
a Londra della Prima Internazionale, sciolta nel 1876, a cui seguirà, dopo la morte di Marx, la Seconda
Internazionale, che Engels contribuirà a fondare e, da lontano, a dirigere. È dunque ormai in veste di
dirigenti autorevoli del movimento socialista che Marx e Engels prenderanno parte a tutte le discussioni e
agli avvenimenti politici: le lotte tra le varie correnti (particolarmente importante quella contro gli
anarchici, in seno alla Prima Internazionale), la fitta trama di scambi epistolari che accompagna la
formazione e l'orientamento dei gruppi dirigenti dei nascenti partiti nazionali, il continuo commento
giornalistico di un'attualità ricca di guerre e di rivoluzioni. Parallelamente Marx prosegue il suo studio
sistematico dell'economia, del "modo di produzione" capitalistico. Il capitale è letteralmente, l'opera di
tutta una vita. II primo volume fu pubblicato nel 1867 (e in nuova edizione nel 1873, con un importante
"poscritto" metodologico); il secondo e il terzo uscirono postumi, a cura di Engels, rispettivamente nel
1885 e nel 1894.
86
4 - K. MARX – MATERIALISMO STORICO E FUTURA SOCIETÀ COMUNISTA
La concezione materialistica della storia.
Attività materiale e produzioni spirituali.
II comunismo come riappropriazione delle forze estraniate dell'umanità.
Distinzione di una prima e seconda fase della società comunista.
La concezione materialistica della storia.
II risultato generale al quale arrivai e che, una volta acquisito, mi servì da filo
conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato così: nella produzione
sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari,
indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono ad un
determinato grado di sviluppo delle forze produttive materiali. L'insieme di questi
rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la
base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale
corrispondono forme determinate della coscienza sociale. II modo di produzione
della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale
della vita Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al
contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. Ad un dato punto
del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in
contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà
(che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi
s'erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si
convertono in loro catene e allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il
cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la
gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti è
indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni
economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle
scienze naturali, e le norme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche,
ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto
e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se
stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla
coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con
le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive
della società e i rapporti di produzione. Una formazione sociale non perisce finché
non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e
superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in
seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché
l'umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a
considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando
le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in
formazione. A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e
borghese moderno possono essere designati come epoche che marcano il
progresso della formazione economica della società. I rapporti di produzione
borghesi sono l'ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale;
antagonistica non nel senso di un antagonismo individuale, ma di un antagonismo
che sorga dalle condizioni di vita sociali degli individui. Ma le forze produttive che si
sviluppano nel seno della società borghese creano in pari tempo le condizioni
materiali per la soluzione di questo antagonismo. Con questa formazione sociale si
chiude dunque la preistoria della società umana.
(Per la critica dell'economia politica, "Prefazione")
87
Attività materiale e produzioni spirituali.
Il fatto è dunque il seguente: individui determinati che svolgono un'attività
produttiva secondo un modo determinato entrano in questi determinati rapporti
sociali e politici. In ogni singolo caso l'osservazione empirica deve mostrare
empiricamente e senza alcuna mistificazione e speculazione il legame fra
l'organizzazione sociale e politica e la produzione. L'organizzazione sociale e lo
Stato risultano costantemente dal processo della vita di individui determinati; ma di
questi individui, non quali possono apparire nella rappresentazione propria o altrui,
bensì quali sono realmente, cioè come operano e producono materialmente, e
dunque agiscono fra limiti, presupposti e condizioni materiali determinate e
indipendenti dal loro arbitrio.
La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo
direttamente intrecciata all'attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini,
linguaggio della vita reale. Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale
degli uomini appaiono qui ancora come emanazione diretta del loro
comportamento materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione spirituale,
quale essa si manifesti, nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della
religione, della metafisica, ecc… di un popolo. Sono gli uomini i produttori delle loro
rappresentazioni, idee, ecc., ma gli uomini reali, operanti, così come sono
condizionati da un determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle relazioni
che vi corrispondono fino alle loro formazioni più estese. La coscienza non può mai
essere qualche cosa di diverso dall'essere cosciente e l'essere degli uomini è il
processo reale della loro vita. Se nell'intera ideologia gli uomini e i loro rapporti
appaiono capovolti come in una camera oscura, questo fenomeno deriva dal
processo storico della loro vita, proprio come il capovolgimento degli oggetti sulla
retina deriva dal loro immediato processo fisico.
Esattamente all'opposto di quanto accade nella filosofia tedesca, che discende dal
cielo sulla terra, qui si sale dalla terra al cielo. Cioè non si parte da ciò che gli
uomini dicono, si immaginano, si rappresentano, né da ciò che si dice, si pensa, si
immagina, si rappresenta che siano, per arrivare da qui agli uomini vivi; ma si parte
dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita si
spiega anche lo sviluppo dei riflessi e degli echi ideologici di questo processo di
vita. Anche le immagini nebulose che si formano nel cervello dell'uomo sono
necessarie sublimazioni del processo materiale della loro vita, empiricamente
constatabile e legato a presupposti materiali. Di conseguenza la morale, la
religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le forme di coscienza che ad
esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza dell'autonomia. Esse non
hanno storia, non hanno sviluppo, ma gli uomini che sviluppano la loro produzione
materiale e le loro relazioni materiali trasformano, insieme con questa loro realtà,
anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero. Non è la coscienza che
determina la vita, ma la vita che determina la coscienza. Nel primo modo di
giudicare si parte dalla coscienza come individuo vivente, nel secondo modo, che
corrisponde alla vita reale, si parte dagli stessi individui reali viventi e si considera
la coscienza soltanto come la loro coscienza.
Questo modo di giudicare non è privo di presupposti. Esso muove dai presupposti
reali e non se ne scosta per un solo istante. I suoi presupposti sono gli uomini, non
in qualche modo isolati e fissati fantasticamente, ma nel loro processo di sviluppo,
reale ed empiricamente constatabile, sotto condizioni determinate. Non appena
viene rappresentato questo processo di vita attivo, la storia cessa di essere una
raccolta di fatti morti, come negli empiristi che sono anch'essi astratti, o un'azione
immaginaria di soggetti immaginari, come negli idealisti.
L'ideologia tedesca. I, 1)
88
II comunismo come riappropriazione delle forze estraniate dell'umanità.
Questo fissarsi dell'attività sociale, questo consolidarsi del nostro proprio prodotto
in un potere obiettivo che ci sovrasta, che cresce fino a sfuggire al nostro controllo,
che contraddice le nostre aspettative, che annienta i nostri calcoli, è stato fino ad
oggi uno dei momenti principali dello sviluppo storico. Il potere sociale, cioè la forza
produttiva moltiplicata che ha origine attraverso la cooperazione dei diversi
individui, determinata nella divisione del lavoro, appare a questi individui, poiché la
cooperazione stessa non è volontaria ma naturale, non come il loro proprio potere
unificato, ma come una potenza estranea, posta al di fuori di essi, della quale essi
non sanno donde viene e dove va, che quindi non possono più dominare e che al
contrario segue una sua propria successione di fasi e di gradi di sviluppo la quale è
indipendente dal volere e dall'agire degli uomini e anzi dirige questo volere e agire.
[...]
Nella storia fino ad oggi trascorsa è certo un fatto empirico che i singoli individui,
con l'allargarsi dell'attività sul piano storico universale, sono stati sempre asserviti a
un potere a loro estraneo (oppressione che essi si sono rappresentati come un
dispetto del cosiddetto spirito del mondo ecc..), a un potere che è diventato sempre
più smisurato e che in ultima istanza si rivela come mercato mondiale. Ma è
altrettanto empiricamente dimostrato che col rovesciamento dello stato attuale
della società, attraverso la rivoluzione comunista (di cui parleremo più avanti) e
l'abolizione della proprietà privata che con essa si identifica, questo potere così
misterioso per i teorici tedeschi verrà liquidato, e allora verrà attuata la liberazione
di ogni singolo individuo nella stessa misura in cui la storia si trasforma
completamente in storia universale. Che la ricchezza spirituale reale dell'individuo
dipenda interamente dalla ricchezza delle sue relazioni reali è chiaro dopo quanto
si è detto. Soltanto attraverso quel passo i singoli individui vengono liberati dai vari
limiti nazionali e locali, posti in relazione pratica con la produzione (anche
spirituale) di tutto il mondo e messi in condizione di acquistare la capacità di
godere di questa produzione universale di tutta la terra (creazioni degli uomini). La
dipendenza universale, questa forma spontanea della cooperazione degli individui
sul piano storico universale, è trasformata da questa rivoluzione comunista nel
controllo e nel dominio cosciente di queste forze le quali, prodotte dal reciproco
agire degli uomini, finora si sono imposte ad essi e li hanno dominati come forze
assolutamente estranee.
(L'ideologia tedesca, I,2)
Distinzione di una prima e seconda fase della società comunista.
All'interno della società collettivista, fondata sulla proprietà comune dei mezzi di
produzione, i produttori non scambiano i loro prodotti; tanto meno il lavoro
trasformato in prodotti appare qui come valore di questi prodotti, come una
proprietà oggettiva da essi posseduta, poiché ora, in contrapposto alla società
capitalistica, i lavori individuali non esistono più come parti costitutive del lavoro
complessivo attraverso un processo indiretto, ma in modo diretto. L'espressione
«reddito del lavoro», che anche oggi è da respingere a causa della sua ambiguità,
perde così ogni senso.
Quella con cui abbiamo da far qui, è una società comunista, non come si è
sviluppata sulla sua propria base, ma viceversa, come emerge dalla società
capitalistica; che porta quindi ancora sotto ogni rapporto, economico, morale,
spirituale, le «macchie» della vecchia società dal cui seno essa è uscita.
Perciò il produttore singolo riceve - dopo le detrazioni - esattamente ciò che le dà.
Ciò che egli ha dato alla società è la sua quantità individuale di lavoro. Per
esempio: la giornata di lavoro sociale consta della somma delle ore di lavoro
individuale; il tempo di lavoro individuale del singolo produttore è la parte della
giornata di lavoro sociale fornita da lui, la sua partecipazione alla giornata di lavoro
89
sociale. Egli riceve dalla società uno scontrino da cui risulta che egli ha prestato
tanto lavoro (dopo la detrazione del suo lavoro per i fondi comuni), e con questo
scontrino egli ritira dal fondo sociale tanti mezzi di consumo quanto costa il lavoro
corrispondente. La stessa quantità di lavoro che egli ha dato alla società in una
forma, la riceve in un'altra.
Domina qui evidentemente lo stesso principio che regola lo scambio delle merci in
quanto è scambio di cose di valore uguale. Contenuto e forma sono mutati,
perché, cambiate le circostanze, nessuno può dare niente all'infuori del suo lavoro,
e perché d'altra parte niente può passare in proprietà del singolo all'infuori dei
mezzi di consumo individuali. Ma per ciò che riguarda la ripartizione di questi ultimi
tra i singoli produttori, domina lo stesso principio che nello scambio di equivalenti di
merci: si scambia una quantità di lavoro in una forma contro una uguale quantità in
un'altra.
L'uguale diritto è qui perciò ancora sempre, secondo il principio, il diritto borghese,
benché principio e pratica non si azzuffino più, mentre lo scambio di equivalenti,
nello scambio di merci, esiste solo nella media, non per il caso singolo.
Nonostante questo progresso, questo ugual diritto reca ancor sempre un limite
borghese. Il diritto dei produttori è proporzionale alle loro prestazioni di lavoro,
l'uguaglianza consiste nel fatto che esso viene misurato con una misura uguale al
lavoro.
Ma l'uno è fisicamente o moralmente superiore all'altro, e fornisce quindi nello
stesso tempo più lavoro, oppure può lavorare durante un tempo più lungo; e il
lavoro, per servire come misura, dev'essere determinato secondo la durata o
l'intensità, altrimenti cesserebbe di essere misura. Questo diritto uguale è un diritto
disuguale per lavoro disuguale. Esso non riconosce nessuna distinzione di classe,
perché ognuno è soltanto operaio come tutti gli altri, ma riconosce tacitamente la
ineguale attitudine individuale, e quindi capacità di rendimento, come privilegi
naturali. Esso è perciò, per il suo contenuto, un diritto della disuguaglianza, come
ogni diritto. II diritto può consistere soltanto, per sua natura, nell'applicazione di
una uguale misura; ma gli individui disuguali (e non sarebbero individui diversi se
non fossero disuguali) sono misurabili con uguale misura solo in quanto vengono
sottomessi a un uguale punto di vista, in quanto vengono considerati soltanto
secondo un lato determinato: per esempio, nel caso dato, soltanto come operai, e
si vede in loro soltanto questo, prescindendo da ogni altra cosa. Inoltre: un operaio
è ammogliato, l'altro no; uno ha più figli dell'altro, ecc. ecc. Supposti uguali il
rendimento e quindi la partecipazione al fondo di consumo sociale, l'uno riceve
dunque più dell'altro, l'uno è più ricco dell'altro e così via. Per evitare tutti questi
inconvenienti, il diritto, invece di essere uguale, dovrebbe essere disuguale.
Ma questi inconvenienti sono inevitabili nella prima fase della società comunista,
quale è uscita, dopo i lunghi travagli del parto, dalla società capitalistica. Il diritto
non può essere mai più elevato della configurazione economica e dello sviluppo
culturale, da essa condizionato, della società.
In una fase più elevata della società comunista, dopo che è scomparsa la
subordinazione asservitrice degli individui alla divisione del lavoro, e quindi anche il
contrasto fra lavoro intellettuale e fisico; dopo che il lavoro non è divenuto soltanto
mezzo di vita, ma anche il primo bisogno della vita; dopo che con lo sviluppo
onnilaterale degli individui sono cresciute anche le forze produttive e tutte le
sorgenti della ricchezza collettiva scorrono in tutta la loro pienezza, solo allora
l'angusto orizzonte giuridico borghese può essere superato, e la società può
scrivere sulle sue bandiere: Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i
suoi bisogni!
(Critica del Programma di Gotha, 3)
da "Il pensiero di Karl Marx" a cura di C. Pianciola, Loescher
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