Cambiamenti nei consumi alimentari

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Cambiamenti nei
consumi alimentari
Evoluzione nel tempo …
Per lo studio dei consumi alimentari degli italiani è ovviamente
necessario avvalersi di dati statistici, che pur con tutti i loro limiti
consentono di delineare l'immagine dell'alimentazione nel nostro
Paese, dei suoi mutamenti, e delle tendenze in atto.
Le fonti statistiche in Italia sono calcolate dall’istituto
nazionale di statistica (ISTAT).
Prima dell'inizio del secolo il quadro generale dei
consumi della nostra popolazione, anche attraverso
i pochi dati disponibili, dà l'immagine di una mensa
diffusamente molto povera e spesso, in vaste zone
d'Italia, al di sotto dei livelli minimi di sussistenza.
Con il trascorrere dei decenni, la situazione
alimentare si evolve in senso positivo con
progressi rispetto alla fine del secolo scorso.
Si tratta sempre di una razione media molto
povera specie di alimenti di origine animale,
ma senza più quegli aspetti di fame per
larghi strati della popolazione.
Migliorano infatti le condizioni alimentari
delle popolazioni urbane e della classe
operaia, mentre rimane spesso carente
l'alimentazione delle classi contadine specie
meridionali. Questo processo continua fino
alle soglie della seconda guerra mondiale.
I grandi cambiamenti però, sul piano
quantitativo e qualitativo nei consumi
alimentari degli italiani si realizzano a
partire dalla prima metà degli anni
Cinquanta,
quando
cioè,
con
la
ricostruzione, la crescita industriale ed
economica del Paese porta un sensibile
aumento del reddito pro capite, una forte
urbanizzazione ed una sempre più vasta
offerta di prodotti agroalimentari.
Vediamo quanto è accaduto appunto dal
1950 alla prima metà degli anni Ottanta e
successivamente fino ai nostri giorni,
iniziando dagli alimenti di origine vegetale
e fra questi dai cereali.
A partire dal 1950 il consumo crescente e più diffuso di pane e pasta, ha
sostituito quello degli altri cereali mentre riguardo agli ortaggi vi è un
gruppo di prodotti (patate, legumi freschi, cavoli e cavolfiori) il cui
consumo, dopo una prima fase di incremento, mostra una tendenza a
diminuire, mentre per tutti gli altri ortaggi continua l'andamento
crescente.
Anche nel consumo della frutta vi è un andamento
differenziato: gli italiani hanno mangiato per un certo periodo
di tempo quantità crescenti di mele, pere, pesche, uva e
anche di fichi, nespole, albicocche, ma successivamente
questi consumi divengono stazionari. Per l'altra frutta, specie
per gli agrumi in genere e per la frutta esotica di importazione
e non, continua l'espansione dei consumi. Per quanto
concerne i prodotti di origine animale, che sono quelli il cui
consumo è aumentato molto più di quanto non sia avvenuto
per i prodotti di origine vegetale, è interessante sottolineare
le diverse dinamiche di aumento, anche per individuarne le
tendenze future. Il consumo di pesce in totale cresce in
misura moderata rispetto a quanto auspicabile, specie per
quei tipi (pesce azzurro) che sono abbondantemente presenti
nei nostri mari.
Fra le carni si è avuta una crescita molto superiore, rispetto ad
altri tipi, delle carni cosiddette alternative (maiale, pollo,
coniglio), il cui consumo, agli inizi degli anni Ottanta è circa sei
volte superiore a quello degli anni Cinquanta. Il consumo di
carne bovina, che pure è costantemente cresciuto fino a metà
degli anni Settanta, si è successivamente stabilizzato.
Ciò è dipeso tanto dall'andamento dei prezzi quanto dalle maggiori cognizioni dei
consumatori sull'equivalenza, dal punto di vista nutritivo delle varie carni (per
esempio, sul fatto che le proteine contenute in tutti i tipi di carne sono pressoché
identiche). I consumi di altre specie di carne, come quella ovina, caprina ed anche
equina, rimangono modesti, e anche il loro aumento nel corso degli anni è stato
lieve.
Aumenta leggermente il consumo di pesce fresco,
anche grazie allo sviluppo della tecnologia del
freddo che consente di avere prodotti conservati
come freschi. Al contrario, si va contraendo il
consumo di pesce secco e conservato (baccalà,
pesce sott'olio, inscatolato, etc.), probabilmente
anche a causa del prezzo crescente di questi
prodotti. Lo sviluppo tecnico-produttivo del settore
lattiero caseario ha reso possibile un sensibile
incremento del consumo dei relativi prodotti.
L'introduzione del latte a lunga conservazione ed i
nuovi metodi di confezionare il latte in contenitori
hanno fatto sì che il suo consumo si diffondesse,
specie nelle zone del Mezzogiorno dove prima era
difficile avere a disposizione latte fresco per tutto
l'anno. Anche riguardo i formaggi, lo sviluppo della
produzione ne ha fatto raddoppiare il consumo medio
per abitante dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta.
Il consumo dei grassi da condimento è in espansione
per tutti i prodotti. È però quello dell'olio di semi che,
unitamente alla margarina, è maggiormente cresciuto,
passando da 2 kg annui a oltre 10 kg annui pro capite
nel periodo considerato. Anche il consumo di olio di
oliva, tipico prodotto della nostra agricoltura
meridionale, è aumentato, sebbene in misura inferiore
di quanto sia accaduto per l'olio di semi. Il consumo di
burro, come quello di lardo e strutto, pur
raddoppiando dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta,
rimane sempre moderato in confronto ad altri Paesi
occidentali. Per quanto riguarda l'andamento del
consumo di bevande, si hanno situazioni diverse.
Il consumo di vino, anche questo caratteristico delle
abitudini alimentari italiane, è andato costantemente
aumentando dal 1950 fino all'inizio degli anni
Settanta.
Parallelamente è cresciuto il consumo dei
superalcolici, della birra e soprattutto delle bevande
analcoliche.
In seguito grazie alle campagne di comunicazione sui
danni alla salute provocati dal consumo di sostanze
alcoliche e grazie anche all’autoregolamentazione
delle campagne pubblicitarie l’utilizzo di queste
sostanze è più consapevole.
IN SINTESI …
1900:
All’inizio del secolo la situazione alimentare della massa presenta
sempre grossi problemi. Infatti, sia nelle campagne sia nelle città il popolo vive
sulle soglie dell'indigenza.
La popolazione era divisa in:
Famiglie facoltose: Il pasto giornaliero cominciava al
mattino con pane bianco, burro, latte e caffè. A pranzo
di solito c'era una minestra in brodo e un piatto di
carne, accompagnato sempre da pane bianco. A cena
altro piatto di carne, seguito da pane verdura di
stagione e formaggio. La frutta e i dolci costituivano
l'ultima portata del pranzo e spesso anche della cena.
Famiglie povere: A colazione sostituivano il caffè con
una bevanda ottenuta da un composto di ceci e orzo
bruciato chiamata "cicoria“. Il pranzo, era costituito da
un piatto unico, generalmente una minestra a basso
costo.
1950:
il consumo crescente di pane e pasta ha sostituito quello degli altri
cereali mentre riguardo agli ortaggi vi è un gruppo di prodotti (patate, legumi
freschi, cavoli e cavolfiori) il cui consumo, dopo una prima fase di incremento,
mostra una tendenza a diminuire, mentre per tutti gli altri ortaggi continua
l'andamento crescente.
1970:
i comportamenti alimentari diventano razionali,
selettivi e meno simbolici. Le abitudini alimentari cambiano
anche perché la donna lavora sempre più fuori casa e quindi
la preparazione di pranzo e cena diventano semplici e di
rapida preparazione.
1980:
si ricerca uno stile alimentare che
possa migliorare le qualità della vita. L’industria
alimentare cerca di produrre alimenti di qualità
superiore. Si riscopre l’importanza dei cibi
poveri e semplici della dieta mediterranea, si
rifiutano gli alimenti con additivi e infine si
ricerca il cibo biologico integrale. Inizia però la
consumazione dei pasti fuori casa.
1990: Si cercano cibi che piacciono senza trascurare
il problema della qualità e della salute. Il pasto
quotidiano in famiglia perde la sua importanza e muta
la propria struttura, confermando una radicale
evoluzione nel settore dei consumi.
2000/2013: introduzione di “nuovi” cibi a causa di
una popolazione multi-etnica nel nostro Paese che ha
contribuito al diffondersi di una maggiore conoscenza
di prodotti alimentari caratteristici dei Paesi di origine.
Ne consegue il diffondersi di un comportamento
alimentare alternativo a quello tipico del nostro Paese,
che stimola una domanda sempre più differenziata e
orientata verso cucine extra-nazionali. Questo ha
determinato un aumento, soprattutto tra le nuove
generazioni, del consumo di alimenti non propriamente
mediterranei quali il “sushi”, la “bistecca argentina”,
specialità orientali e altri tipici del bacino del
Mediterraneo quali il “Kebab”, il cous cous, il prosciutto
“Jamon Iberico”. In termini di nuove tecnologie questo
implica l’aumento di importanza di tecniche di
conservazione degli alimenti e di packaging che è
l’insieme degli elementi e materiali usati per
confezionare il prodotto al fine di renderlo più attraente,
più riconoscibile, per facilitarne il trasporto e
l'utilizzazione.
Riferimenti:
http://www.italiadonna.it/public/percorsi/01053/01053002.htm
http://89.97.218.226/web1/Dieta/cultura/consumi1.htm
http://www.dps.tesoro.it/documentazione/uval/consumi%20e%20innovaz
ioni%20marzo_rev.pdf
Rogna Agnese 5°D
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